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Legge regionale 2 maggio 1980, n. 40 (BUR n. 29/1980)

Norme per l'assetto e l'uso del territorio

Legge regionale 2 maggio 1980, n. 40 (BUR n. 29/1980) (Abrogata)

NORME PER L'ASSETTO E L'USO DEL TERRITORIO

Legge abrogata dall’articolo 121, della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 .


SOMMARIO
Sommario: Legge Regionale 40/1980
S O M M A R I O
Legge regionale 2 maggio 1980, n. 40 (BUR n. 29/1980)

NORME PER L’ASSETTO E L’USO DEL TERRITORIO. (1)


Titolo I
Il processo di pianificazione

Art. 1 - Finalità
La gestione e la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio della Regione sono programmate e disciplinate nel rispetto dei seguenti obiettivi:
1) salvaguardia delle componenti ambientali, culturali, economiche e sociali del territorio;
2) equilibrato sviluppo della comunità regionale attraverso il controllo pubblico degli insediamenti produttivi e residenziali secondo criteri di economia nella utilizzazione del suolo e delle sue risorse.
Le scelte per l’assetto del territorio sono stabilite in armonia con la programmazione nazionale e regionale, garantendo la partecipazione degli enti, delle organizzazioni sociali e dei cittadini.
Art. 2 - Soggetti della pianificazione
Sono soggetti della pianificazione:
1) la Regione e le Province;
2) i comuni singoli o riuniti in consorzio ai sensi degli articoli 153 e seguenti del TULCP, approvato con RD 3 marzo 1934, n. 383.
Art. 3 - Livelli di pianificazione
In corrispondenza ai soggetti, la pianificazione urbanistica si attua attraverso:
1) il livello regionale, che comprende:
a) il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) e i piani di settore di livello regionale estesi anche solo a parte del territorio della Regione;
b) il Piano Territoriale Comprensoriale (PTC), relativo al territorio di ogni comprensorio, e i piani territoriali di settore di livello comprensoriale, quali quello per l' edilizia economica e popolare e quello per gli insediamenti produttivi;
2) il livello comunale o intercomunale, che comprende:
a) il Piano Regolatore Generale( PRG) del comune o del consorzio di comuni;
b) i piani urbanistici attuativi.
Art. 4 - Processo di pianificazione
La pianificazione urbanistica regionale avviene nel rispetto della lett. a) del primo comma dell’art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e fa riferimento al Programma Regionale di Sviluppo ai sensi dell’art. 3 della legge regionale. 9 dicembre 1977, n. 72.
I livelli di pianificazione di cui all’art. 3 sono fra loro coordinati in modo che ogni livello costituisca, mediante i contenuti esclusivi di ciascun piano, il quadro obbligatorio di riferimento per quelli di livello inferiore.
In particolare, il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e il Piano Territoriale comprensoriale costituiscono insieme il complesso di direttive, nonchè di prescrizioni e vincoli, per la redazione dei singoli Piani Regolatori Generali; il Piano Regolatore Generale costituisce il complesso di prescrizione e vincoli per la redazione dei piani urbanistici attuativi e/o per l’esecuzione degli interventi diretti sul territorio.
I piani territoriali generali prevalgono sui piani di settore dello stesso livello o di livello inferiore.
Gli strumenti territoriali e urbanistici sono redatti sulla base di previsioni decennali, hanno validità a tempo indeterminato, sono soggetti a revisione almeno decennale e comunque entro sei mesi dal variare delle previsioni del programma regionale o comprensoriale di sviluppo e/o del piano territoriale di livello superiore.

Titolo II
Gli strumenti della pianificazione

Capo I
Gli strumenti generali

Art. 5 - Contenuti del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, redatto sulla base del Programma Regionale di Sviluppo, provvede, con riferimento esclusivo alle competenze regionali e nel rispetto di quelle nazionali, a:
1) indicare le zone da destinare a particolare disciplina ai fini della difesa del suolo e della sistemazione idrogeologica, della tutela delle risorse naturali, della salvaguardia degli ambienti fisici, storici e monumentali, della prevenzione e difesa dall’inquinamento;
2) individuare le aree corrispondenti a uno o più Comprensori, entro le quali operare le scelte territoriali ottimali per il coordinamento tra i singoli Piani Territoriali Comprensori;
3) definire, in rapporto alla mobilità regionale, i sistemi dei servizi, delle infrastrutture, dei parchi e delle riserve naturali e delle altre opere pubbliche;
4) indicare il complesso delle direttive, sulla cui base redigere i piani di settore di livello regionale e gli strumenti urbanistici;
5) determinare il complesso di prescrizioni e vincoli automaticamente prevalenti nei confronti dei piani di settore di livello regionale e degli strumenti urbanistici di livello inferiore.
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento costituisce quadro di riferimento per ogni programma di intervento di soggetti pubblici o privati di rilievo regionale.
Art. 6 - Elaborati del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento è formato da:
1) una relazione che, in corrispondenza ai contenuti di cui all’articolo precedente e sulla base di allegati tecnici e statistici atti a documentare lo stato di fatto indica gli obiettivi, i criteri e le principali priorità per l’attuazione degli interventi previsti dal piano;
2) gli elaborati grafici e cartografici in scala e numero adeguati, da cui risultino, tra l’altro, in quanto di esclusivo interesse nazionale o regionale ai sensi del precedente articolo:
a) le zone per le aree attrezzate industriali;
b) le zone destinate alla costituzione dei parchi e delle riserve naturali;
c) le zone di interesse paesaggistico, storico, artistico e monumentale, ivi comprese le “ vaste località ” di cui alla L. 29 giugno 1939, n. 1497;
d) le zone dichiarate sismiche e quelle sottoposte a vincolo idrogeologico, forestale e ad ogni altro vincolo;
e) le sedi per speciali impianti e attrezzature;
f) il tracciato dei sistemi di infrastrutture;
3) le norme di attuazione del Piano, con particolare riferimento a:
a) la tutela della funzione di alcune zone o di speciali infrastrutture indicate nella cartografia di cui al punto 2);
b) i limiti minimi e massimi per la pianificazione subordinata.
Art. 7 - Contenuti del Piano Territoriale Comprensoriale
Il Piano Territoriale Comprensoriale, sulla base della relazione di cui alla lett. a) dell'art. 15 della LR 9 giugno 1975, n. 80 , e nel rispetto del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, provvede, con riferimento esclusivo alla tutela di interessi comprensoriali, a:
1) individuare le zone e i beni di interesse provinciale da destinare a particolare disciplina ai fini della difesa del suolo, della tutela delle risorse naturali, e delle zone e aree aventi interesse storico e ambientale, nonchè delle zone archeologiche, stabilendone le norme speciali e recependone i vincoli, anche ai sensi rispettivamente del RD 30 dicembre 1923, n. 3267, e della L. 29 giugno 1939, n. 1497;
2) recepire le direttive e/o le prescrizioni e i vincoli dei piani di settore di livello regionale per la parte di competenza;
3) fornire le direttive per la redazione coordinata dei piani territoriali di settore di livello comprensoriale e degli strumenti urbanistici di livello inferiore;
4) indicare qualità e quantità del fabbisogno di residenze e di attività produttive e terziarie distinto per ciascun Comune del Comprensorio, insieme con i criteri per i relativi insediamenti;
5) indicare i sistemi dei servizi, le infrastrutture, i parchi, le riserve naturali e le altre opere pubbliche comprensoriali;
6) determinare il complesso di prescrizioni e vincoli automaticamente prevalenti nei confronti dei piani territoriali di settore di interesse comprensoriale e dei piani di livello inferiore.
In particolare, il Piano Territoriale Comprensoriale provvede a:
1) definire le fasce e le zone di tutela di cui all’art. 27, relative ai fiumi, ai canali, ai laghi, alle coste, alle golene e alle zone umide;
2) individuare le zone a prevalente destinazione agricola, forestale e ad agricoltura specializzata, anche in connessione con i piani zonali di sviluppo;
3) fissare il dimensionamento delle strutture turistiche in relazione alla vocazione, alle caratteristiche e alla capacità ricettiva dei luoghi.
Il Piano Territoriale Comprensoriale costituisce quadro di riferimento per i programmi di intervento a livello comprensoriale dei soggetti pubblici e privati, con particolare riguardo all'edilizia residenziale pubblica, agli insediamenti produttivi e alla struttura scolastica, sanitaria e dei trasporti.
Art. 8 - Elaborati del Piano Territoriale Comprensoriale
Il Piano Territoriale Comprensoriale è formato da:
1) una relazione programmatica che, in corrispondenza ai contenuti di cui all’articolo precedente, indica in particolare:
- gli obiettivi, i criteri e le principali priorità per l’attuazione degli interventi previsti dal piano;
- i criteri assunti per la determinazione delle zone di tutela;
- gli indirizzi e le dimensioni per gli interventi residenziali, produttivi e terziari, con le relative quantità di spazi per uso pubblico e per parchi pubblici;
- gli impianti e gli edifici di interesse comprensoriale;
2) una cartografia in scala non inferiore a 1: 25.000, che rappresenta lo stato di fatto, rilevante:
a) le caratteristiche geologiche e geopedologiche dell’intero Comprensorio con specificazione delle parti del territorio soggette a dissesto idrogeologico;
b) lo stato degli usi in atto del suolo, con le quantità destinate a insediamenti residenziali e produttivi e la dotazione di servizi sociali comunali e comprensoriali;
3) un documento di coordinamento dei piani di intervento programmati per la sistemazione idrogeologica e forestale;
4) una cartografia in scala non inferiore a 1:25.000 dell’intera Provincia da cui devono, fra l’altro, risultare, in quanto di esclusivo interesse comprensoriale e con riferimento ai contenuti di cui al precedente articolo:
a) le aree soggette a particolare tutela ai fini della difesa del suolo, dell’ambiente e dei valori storico-artistici;
b) le aree destinate a spazi di uso pubblico e a parchi pubblici;
c) le aree da riservare all'eventuale realizzazione di piani intercomunali per edilizia residenziale pubblica e per insediamenti produttivi;
d) le localizzazioni degli edifici pubblici, nonchè delle opere e degli impianti di interesse pubblico con riferimento anche alle strutture intermodali a servizio della mobilità e della distribuzione;
e) il tracciato delle infrastrutture, ad esclusione di quelle interne ai centri abitati e alle frazioni;
5) le norme di attuazione del Piano con particolare riferimento ai limiti minimi e massimi da osservare nei piani di livello comunale, nonchè ai criteri per l'edificabilità , anche in relazione alle caratteristiche geologiche e geotecniche del terreno.
Art. 9 - Contenuti del Piano Regolatore Generale
Il Piano Regolatore Generale, redatto dai Comuni singoli o riuniti in Consorzio ai sensi del punto 2) del precedente art. 2, estende la sua disciplina all’intero territorio degli stessi, sviluppando le direttive del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e del Piano Territoriale Comprensoriale, recependone automaticamente le prescrizioni e i vincoli, disciplinando autonomamente i contenuti esclusivi del proprio livello.
In particolare il Piano Regolatore Generale provvede a:
1) stabilire, in rapporto al Piano Territoriale Comprensoriale, il fabbisogno per vani a scopi residenziali, per servizi e per attrezzature, indicando altresì la quota da soddisfare col recupero dei beni esistenti e quella da soddisfare mediante l’espansione su nuove aree, sulla base dell’ipotizzata distribuzione della popolazione tra insediamenti concentrati e case sparse;
2) suddividere il territorio nelle zone territoriali omogenee, di cui al Titolo III della presente legge, avendo per obiettivo:
a) la difesa del suolo, dell’ambiente e dei centri storici;
b) la salvaguardia delle zone destinate all’attività agricola;
c) la localizzazione dei nuovi insediamenti residenziali, produttivi, commerciali, turistici, per servizi e per il tempo libero;
3) definire gli interventi diretti ammissibili in ciascuna zona in assenza di un piano urbanistico attuativo e individuare le aree in cui il piano stesso è richiesto, in modo che i primi siano possibili quando si tratti di intervento a carattere edilizio che necessita della sola viabilità di accesso e degli allacciamenti ai pubblici servizi ed il secondo quando sia necessario organizzare i sistemi delle principali opere di urbanizzazione primaria e secondaria relative all'insediamento;
4) individuare i manufatti, gli edifici e i complessi di importanza storico - artistica e ambientale, anche non vincolati dalle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, o dal Piano Territoriale Regionale di Coordinamento o dal Piano Territoriale Comprensoriale;
5) definire l'organizzazione del territorio in relazione ai sistemi di infrastrutture, di trasporto e di servizio occorrenti per gli insediamenti programmati.
Sono in ogni caso da ritenere ammissibili in diretta attuazione del Piano Regolatore Generale gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, di cui alle lettere a), b), c) e d) dell' art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, e quelli di completamento su parti del territorio già dotate delle principali opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Il Piano Regolatore Generale costituisce quadro di riferimento per gli interventi pubblici e privati su ciascuna zona del territorio comunale in rapporto alla rispettiva destinazione d' uso, in modo che siano particolarmente salvaguardati:
1) la difesa attiva del suolo e dell'ambiente naturale, storico e artistico, anche ai fini di consentirne la fruizione pubblica;
2) il recupero del patrimonio edilizio e infrastrutturale esistente e la riqualificazione dei tessuti edilizi e urbanistici degradati;
3) gli interventi di edilizia residenziale pubblica sia all’interno del patrimonio edilizio esistente sia nelle zone di espansione residenziale;
4) le aree minacciate da dissesto idrogeologico, quelle relative alle fasce di rispetto delle zone umide, della viabilità, delle ferrovie, dei cimiteri, delle piste sciistiche, degli impianti di risalita, degli impianti produttivi nocivi o inquinanti, nonchè quelle comunque oggetto di particolare tutela.
Art. 10 - Elaborati del Piano Regolatore Generale
Il Piano Regolatore Generale è formato da:
1) gli elaborati dello stato di fatto comprendenti:
a) una relazione contenente le analisi, anche ripartite per porzioni di territorio significative, concernenti la popolazione, l’occupazione e le attività produttive, la residenza, i servizi, nonchè la descrizione dei beni culturali e ambientali esistenti, lo stato del dissesto idrogeologico, le attitudini colturali dei terreni;
b) una cartografia dell’intero territorio in scala 1:5.000,e per alcune zone significative in scala 1:2.000, rilevante:
- gli edifici significativi esistenti e le aree a essi pertinenti;
- la viabilità;
- i servizi a rete;
- le opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
- lo stato del suolo con riferimento all’attività produttiva agricola, alle case e al dissesto idrogeologico;
- le zone meritevoli di particolare tutela;
- i beni culturali e ambientali;
2) gli elaborati di progetto comprendenti:
a) una relazione che in corrispondenza ai contenuti di cui all’articolo precedente e alle direttive del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e del Piano Territoriale Comprensoriale, indica gli obiettivi del Piano. Essa deve contenere i criteri per il soddisfacimento dei fabbisogni di cui al punto 1) del secondo comma del precedente articolo e le modalità per il conseguimento delle finalità di cui ai punti 1), 2) e 3) dell’ultimo comma dello stesso articolo;
b) una cartografia dell’intero territorio comunale in scala 1:5.000 e per alcune zone significative in scala 1:2.000, rilevante:
- le prescrizioni e i vincoli contenuti nel Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e nel Piano Territoriale Comprensoriale;
- la suddivisione dell’intero territorio nelle zone territoriali omogenee di cui all’art. 24 e, all’interno di queste, l’eventuale individuazione delle zone degradate sulla base della consistenza degli edifici e dello stato e della carenza delle urbanizzazioni;
- l’eventuale delimitazione delle aree da riservare ai piani per l’edilizia residenziale pubblica e a quelli per gli insediamenti produttivi;
- le zone da sottoporre a particolari vincoli ai fini della difesa del suolo e del relativo sistema idrogeologico e forestale o in rapporto all’attivazione e coltivazione di cave e torbiere;
- le aree all’interno delle quali il rilascio della concessione edilizia è subordinato all'approvazione di uno strumento urbanistico attuativo;
- le aree da riservare a edifici pubblici o di uso pubblico, nonchè a opere e impianti di interesse collettivo;
- le aree da riservare alle vie di comunicazione compresi i percorsi ciclabili e pedonali;
- il tracciato di massima delle reti tecnologiche con gli eventuali piani e programmi di settore;
- i gradi di protezione dei singoli edifici aventi valore di bene culturale e ambientale in relazione ai diversi tipi di intervento ammessi;
c) una cartografia geologico - tecnica in scala 1: 5.000, derivante da quella comprensoriale indicata al punto 2) dell' art. 8, qualora richiesta per la finalità della lett. a) del punto 4) dello stesso articolo. La cartografia rileva le attitudini delle singole unità del terreno, con particolare riferimento al loro assetto geologico e morfologico e ai processi geodinamici in atto e contiene una classificazione dei terreni ai fini della loro utilizzazione come risorsa naturale;
d) le norme per l’attuazione del Piano Regolatore Generale, con particolare riferimento a quelle che, nell’ambito delle tutela di ogni singola zona e delle sue destinazioni, stabiliscono gli interventi singoli ammessi, la massima e minima densità edilizia, la percentuale di copertura ammissibile, gli allineamenti obbligatori, specificando i casi in cui è ammesso, oltre al recupero degli edifici esistenti, il loro completamento e la nuova edificazione;
e) il regolamento edilizio, con i contenuti dell’art. 33 della L. 17 agosto 1942, n. 1150.

Capo II
Gli strumenti urbanistici attuativi

Art. 11 - Strumenti urbanistici attuativi
Sono strumenti urbanistici attuativi del Piano Regolatore Generale:
1) i piani di iniziativa pubblica comprendenti:
a) il Piano Particolareggiato (P.P.);
b) il Piano per l'Edilizia Economica e Popolare (P.E.E.P.);
c) il Piano per gli Insediamenti Produttivi (P.I.P.);
d) il Piano di Recupero di iniziativa pubblica (P.Ri.p.u.);
2) i piani di iniziativa privata comprendenti:
a) il Piano di Lottizzazione (P.di L.);
b) il Piano di Recupero di iniziativa privata (P.Ri.Pr.).
Rispetto al Piano regolatore generale gli strumenti urbanistici attuativi, possono prevedere le variazioni di perimetro e le trasposizioni di zona conseguenti alla definizione esecutiva delle infrastrutture e attrezzature pubbliche previste in sede di strumento urbanistico generale, purchè nel rispetto della capienza massima consentita.
Art. 12 - Piano Particolareggiato
Il Piano Particolareggiato è lo strumento urbanistico attuativo che definisce, anche per settori funzionali, l’organizzazione urbanistica di un centro abitato o di zone territoriali omogenee; la sua delimitazione è prevista dal Piano Regolatore Generale.
Il Piano Particolareggiato è formato da:
1) una cartografia in scala 1: 500 riproducente lo stato di fatto e il perimetro dell’area dell’intervento da cui risultino tra l’altro:
a) il rilievo del verde esistente con l’indicazione delle essenze arboree;
b) le costruzioni e i manufatti di qualunque genere esistente;
c) il tracciato delle reti tecnologiche con le relative servitù;
d) la viabilità con la relativa toponomastica;
e) le aree vincolate ai sensi delle LL. 1 giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497, e quelle che abbiano valore di bene ambientale e architettonico, anche se non vincolate;
f) altri eventuali vincoli;
2) una documentazione fotografica della zona con indicazione dei diversi coni visuali;
3) una cartografia di progetto in scala 1: 500 riproducente il perimetro dell’intervento e contenente inoltre:
a) le indicazioni del piano urbanistico generale vigente relativamente alle singole aree interessate al progetto;
b) la rete viaria suddivisa in percorsi pedonali, ciclabili e carrabili con indicazione dei principali dati altimetrici;
c) la progettazione di massima delle reti tecnologiche e di ogni altra infrastruttura necessaria alla destinazione dell’insediamento;
d) le aree da destinare a sedi di centri civici, di edifici per il culto, di uffici e servizi pubblici, a spazi di uso pubblico come piazze, mercati, parchi, nonchè le aree di sosta per i veicoli, compresi quelli senza motore;
e) l’eventuale delimitazione degli ambiti territoriali; dei comparti all’interno delle zone residenziali;
f) le zone e gli edifici da destinare a demolizione, a restauro o a svolgimento di attività pubbliche o di interesse pubblico;
g) il progetto planivolumetrico delle masse e gli allineamenti delle stesse lungo gli spazi pubblici e le zone destinate alla ristrutturazione;
h) le eventuali destinazioni d'uso prescritte o ammesse per gli edifici;
4) un elenco catastale delle proprietà da espropriare o da vincolare e relativo estratto di mappa;
5) le norme di attuazione del piano, con particolare riguardo a:
- le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate;
- le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti con le caratteristiche tipologiche degli edifici previsti, i relativi allineamenti, le altezze massime ammesse;
6) una relazione illustrativa contenente tra l’altro la previsione di massima delle spese occorrenti, dei mezzi per farvi fronte e dei termini previsti per la attuazione del piano.
Art. 13 - Piano per l’Edilizia Economica e Popolare
Il Piano per l’Edilizia Economica e Popolare, di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167, e successive modifiche, si forma in zone edificate come in zone.
Nei Piani per l’Edilizia Economica e Popolare, che prevedono interventi di restauro, risanamento o ristrutturazione di edifici o parti di edifici, il Comune può invitare i proprietari a realizzare gli interventi previsti sulla base di una convenzione ai sensi dell’art. 35 della L. 22 ottobre 1971, n. 865.
Nei Comuni non obbligati, ove ricorrano le condizioni che rendono opportuna l’adozione del piano, la percentuale di cui all’art. 2 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, è stabilita dal Consiglio Comunale all’atto dell’adozione del piano stesso e non può eccedere il limite massimo fissato per i Comuni obbligati.
Nell’ambito del Piano per l’Edilizia Economica e Popolare è consentita la previsione di attività produttive e terziarie convenzionate purchè compatibili e commisurate con la residenza.
Il Consiglio Regionale con propria deliberazione redige e modifica l’elenco dei comuni obbligati al Piano per l’Edilizia Economica e Popolare e i criteri che ne rendono opportuna l’adozione per i Comuni non obbligati.
Art. 14 - Piano per gli Insediamenti Produttivi
Il Piano per gli Insediamenti Produttivi, di cui all’art. 27 della L. 22 ottobre 1971, n. 865, si forma in zone non edificate come in zone già interessate da insediamenti produttivi.
In entrambi i casi il piano ha per obiettivi la realizzazione e il completamento delle opere di urbanizzazione con idonei collegamenti stradali e ferroviari e con allacciamenti alle reti tecnologiche, nonchè la salvaguardia dell’ambiente e la salubrità delle condizioni di lavoro.
Art. 15 - Piano di Recupero
Il Piano di Recupero, di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457, è lo strumento di intervento per il recupero del patrimonio edilizio esistente nelle zone dichiarate degradate ai sensi dell’art. 27 di detta legge, in qualsiasi zona territoriale omogenea si trovino ubicate.
La delimitazione dell’ambito territoriale del Piano di Recupero e i termini per l’eventuale istituzione del Consorzio e la presentazione del progetto sono deliberati o variati col Programma Pluriennale di Attuazione o, nei Comuni sprovvisti, con provvedimento del Consiglio Comunale, che diviene esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62.
Il Piano di Recupero è di iniziativa pubblica quando è redatto dal Comune; è di iniziativa privata quando è redatto e presentato al Comune dai privati; diviene un Piano di Recupero d' ufficio quando è redatto dal Comune in seguito a mancato accordo fra i soggetti interessati ai sensi dell’art. 61.
Il Piano di Recupero è formato da tutti gli elaborati cartografici necessari, in rapporto alle sue dimensioni, tra quelli previsti all’art. 12, dall’elenco catastale delle proprietà, nonchè, quando si tratti di Piano di Recupero di iniziativa privata, dalla convenzione di cui all’art. 63.
La concessione per le opere previste dal Piano di Recupero di iniziativa privata è lasciata dopo la stipula della predetta convenzione.
In ogni caso è parte integrante del Piano di recupero l’indagine conoscitiva preliminare contenuta in allegato negli elaborati dello stato di fatto, per garantire che il piano stesso non contrasti con l’eventuale valore di bene ambientale e architettonico della zona.
Art. 16 - Piano di Lottizzazione
Il Piano di Lottizzazione è lo strumento urbanistico attuativo per l’insediamento, mediante un disegno infrastrutturale sistematico, di nuovi complessi residenziali, produttivi, turistici e commerciali nelle zone a tale scopo delimitate dal Piano Regolatore Generale.
La delimitazione dell’ambito territoriale dei singoli Piani di Lottizzazione e i termini per l’eventuale costituzione del Consorzio e la presentazione del progetto sono deliberati o variati col Programma Pluriennale di attuazione o, nei Comuni sprovvisti, con provvedimento del Consiglio Comunale, che diviene esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62.
Il Piano di Lottizzazione è di iniziativa privata quando i soggetti interessati lo redigono e presentano al Comune di propria iniziativa; diviene un Piano di Lottizzazione d'ufficio quando è redatto dal Comune in seguito al mancato accordo tra i soggetti interessati ai sensi dell’art. 61.
Il Piano di Lottizzazione è formato da tutti gli elaborati cartografici di progetto necessari, in rapporto alle sue dimensioni, tra quelli previsti dall’art. 12, nonchè dall’elenco catastale delle proprietà e convenzione di cui all’art. 63.
La concessione per le opere previste dal Piano di Lottizzazione è rilasciata dopo la stipula della predetta convenzione.

Capo III
Gli strumenti di coordinamento

Art. 17 - Strumenti di coordinamento
Il coordinamento degli interventi previsti dagli strumenti urbanistici sul territorio comunale si attua:
a) sia con un coordinamento intersoggettivo attraverso il Comparto, mediante il quale sono definiti gli ambiti territoriali minimi, entro cui l’intervento edilizio deve essere realizzato in modo unitario da più aventi titolo;
b) sia con un coordinamento temporale attraverso il Programma Pluriennale di Attuazione (P.P.A.),mediante il quale sono individuate, all’interno del territorio comunale, le aree e le zone in cui, in un arco di tempo determinato, gli interventi devono realizzarsi prioritariamente e in combinazione con le opere di urbanizzazione.
Art. 18 - Comparto
Il Comparto comprende uno o più edifici e/o aree da trasformare, appartenenti a più proprietari o aventi titolo a edificare e costituenti insieme una unità minima per un intervento unitario e si realizza attraverso la costituzione di un Consorzio e la presentazione di un'unica istanza di concessione edilizia.
La delimitazione dell’ambito territoriale del Comparto e i termini per la costituzione del Consorzio e per la presentazione dell’istanza di concessione sono stabiliti da un piano urbanistico attuativo o da un Programma Pluriennale d'Attuazione, ma possono essere deliberati o variati anche separatamente con provvedimento del Consiglio Comunale, che diviene esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62.
Esso può estendersi a parti di un Piano di Recupero o di un Piano Particolareggiato o di un piano urbanistico attuativo d'ufficio oppure ricomprendere gli interventi singoli spettanti a più soggetti in attuazione diretta del Piano Regolatore Generale.
Il Consorzio di Comparto è costituito mediante atto sottoscritto dai soggetti interessati, ove, in particolare, sono fissati i criteri per un equo riparto degli oneri e dei benefici. L'atto costitutivo è corredato dagli elaborati di progetto richiesti dal regolamento edilizio per il rilascio della concessione, nonchè da un elenco catastale delle proprietà e dalla convenzione di cui all'art. 63.
Art. 19 - Contenuti del Programma Pluriennale di Attuazione
Il Programma Pluriennale di Attuazione del Piano Regolatore Generale o, in via transitoria, del Programma di Fabbricazione riguarda le parti del territorio comunale che saranno oggetto di trasformazione urbanistica ed edilizia in un periodo di tempo non inferiore a 3 e non superiore a 5 anni.
Esso deve indicare:
1) il perimetro delle zone territoriali omogenee o la porzione delle stesse di cui si prevede l’utilizzazione e la correlativa urbanizzazione, con esclusione delle aree già edificate nelle zone territoriali omogenee di tipo A e B, non assoggettate a un piano urbanistico attuativo ai sensi del successivo punto 4);
2) il perimetro e la specifica destinazione delle aree per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, di cui si prevede la realizzazione totale o per le percentuali prescritte all’interno delle singole zone territoriali omogenee;
3) per i Comuni obbligati alla formazione del Piano per l’Edilizia Economica e Popolare e per quelli che lo abbiano adottato, il perimetro delle aree destinate all’edilizia economica e popolare, di cui si prevede la realizzazione, rispettando, per i Comuni obbligati, la proporzione tra l'estensione di tali aree e quelle riservate all'attività edilizia privata ai sensi dell’art 2 della L. 28 gennaio 1977, n. 10. Nel computo della superficie possono essere incluse anche le aree di proprietà comunale con destinazione d'uso residenziale nello strumento urbanistico, di cui sia prevista l’utilizzazione ai sensi dell’art. 35 della L. 22 ottobre 1971, n. 865;
4) le aree nelle quali il rilascio della concessione a edificare è subordinato alla preventiva approvazione di uno strumento urbanistico attuativo e/o alla costituzione di un Consorzio di Comparto o di Piano di Recupero o di Piano di Lottizzazione;
5) il periodo di validità del Programma Pluriennale di attuazione;
6) i termini entro cui dovranno essere approvati gli strumenti urbanistici attuativi di iniziativa pubblica;
7) i termini entro cui dovranno essere costituiti gli eventuali Consorzi e presentati o l’istanza di concessione per il Comparto o il progetto per i piani urbanistici attuativi di iniziativa privata. La data ultima dovrà comunque essere fissata entro il primo anno di efficacia del Programma Pluriennale di Attuazione;
8) i termini entro i quali dovrà essere presentata l’istanza di concessione per le aree comprese nel programma relativamente agli interventi singoli. Tali termini, per le aree in cui la concessione è subordinata alla preventiva approvazione di un piano urbanistico attuativo, saranno determinati in sede di approvazione del piano e comunque non dovranno essere inferiori a mesi 12 dalla data di approvazione dello stesso;
9) il preventivo di spesa per la realizzazione delle opere di urbanizzazione generale, per l’espropriazione delle aree e per la progettazione dei Piani Particolareggiati;
10) il quadro generale delle risorse mobilitabili per l’attuazione delle opere previste nel Programma Pluriennale, indicando altresì i tempi entro cui si prevede la realizzazione dei singoli stralci funzionali e relative quote di spesa annuali da inserire nei bilanci comunali, suddivise per singole categorie di opere di urbanizzazione.
Il Programma Pluriennale di Attuazione potrà inoltre indicare le direttive per il coordinamento e la razionale sistemazione urbanistica delle aree di cui al precedente punto 4) nonchè le risorse necessarie per adeguare la dotazione dei servizi e degli spazi pubblici a quanto previsto dal successivo titolo III.
Art. 20 - Dimensionamento del Programma Pluriennale di Attuazione e scelta delle aree
Il Consiglio Comunale determina l’estensione delle parti di territorio comunale da includere nel Programma Pluriennale di Attuazione sulla base del prevedibile andamento, nel periodo di validità del programma, della domanda di edilizia residenziale, commerciale, per attività turistiche, direzionali, artigianali e industriali, tenendo anche conto dei fabbisogni arretrati e dimensionando conseguentemente l’estensione e la destinazione delle aree per spazi riservati alle attività collettive, a verde o a parcheggio.
In sede di prima applicazione, il Comune certifica la quota del Piano Regolatore Generale o del Programma di Fabbricazione attuata fino alla deliberazione del Programma Pluriennale di Attuazione, in relazione allo sviluppo residenziale, pubblico e privato, allo stato di attuazione dei servizi, delle aree produttive e delle opere di urbanizzazione previste dallo strumento urbanistico.
L’estensione delle aree con destinazione d'uso residenziale è determinata, per il periodo di efficacia del programma, in relazione agli indici di incremento assunti per il dimensionamento del Piano Regolatore generale.
Al fine del dimensionamento delle aree di cui al punto 2) dell’art.19 si tiene conto anche del fabbisogno pertinente alla quantità di popolazione insediata o da insediare in conseguenza degli interventi edilizi concessi nel periodo dal 31 gennaio 1977 alla data di approvazione del Programma Pluriennale di Attuazione.
Qualora lo strumento urbanistico preveda un incremento della popolazione residente inferiore alle mille unità , l'estensione delle aree potrà superare il limite indicato al secondo comma.
Per l’edilizia commerciale, turistica, direzionale, industriale e artigianale il fabbisogno è determinato sulla base delle previsioni dello strumento urbanistico generale e delle richieste degli operatori del settore; per gli spazi riservati ai sensi dell’art. 25, il fabbisogno è almeno uguale a quello derivante dal rispetto dei rapporti di dimensionamento degli strumenti urbanistici definiti ai sensi della presente legge e applicati agli interventi residenziali, commerciali, direzionali, turistici, artigianali e industriali previsti nel Programma Pluriennale di Attuazione.
Le aree e gli edifici da includere nel Programma Pluriennale di Attuazione sono scelti con priorità per:
1) gli interventi di riutilizzazione del patrimonio edilizio esistente;
2) le aree dotate di opere di urbanizzazione non completamente usufruite e, comunque, le aree nelle quali i costi di insediamento sono relativamente più contenuti;
3) le aree già dotate di strumento urbanistico attuativo approvato;
4) le aree sulle quali non insistono colture agricole pregiate.
Art. 21 - Elaborati del Programma Pluriennale di Attuazione
Il Programma Pluriennale di Attuazione, in corrispondenza ai contenuti dell’art. 19, è formato da:
1) una cartografia in scala non inferiore a quella utilizzata per la redazione dello strumento urbanistico generale contenente le indicazioni di cui ai punti 1), 2), 3), e 4);
2) un elenco catastale delle proprietà delle aree di cui al punto 2);
3) una relazione illustrativa delle motivazioni assunte al fine del dimensionamento e della scelta delle aree incluse nel programma e contenente tra l’altro le indicazioni di cui ai punti 5), 6), 7) e 8);
4) una relazione programmatica in ordine ai contenuti di cui ai punti 9) e 10).
Le indicazioni della cartografia e la relazione programmatica, di cui al precedente comma, sono aggiornate annualmente in relazione allo stato di attuazione del programma.

Titolo III
Il dimensionamento degli strumenti urbanistici

Art. 22 - Criteri di dimensionamento e capacità insediativa residenziale teorica
Il dimensionamento del Piano Regolatore Generale è fatto sulla base della capacità insediativa residenziale teorica. Questa risulta dalla somma delle capacità insediative di tutte le aree residenziali o a parziale destinazione residenziale previste nel piano stesso.
Per il calcolo della capacità teorica delle zone residenziali esistenti che il piano prevede di mantenere allo stato di fatto e al netto dei lotti inedificati si assume come numero dei residenti insediati il valore maggiore tra quello pari al 90% dei vani abitabili esistenti e il numero dei residenti insediati al momento dell’adozione del piano, purchè non si superi il rapporto di un abitante per vano. Non si computa l’incremento di volume teoricamente possibile per l’aumento fino al 20% degli edifici unifamiliari esistenti, di cui alla lett. d) dell’art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10.
Per le aree in cui è prevista la nuova edificazione o la ricostruzione previa demolizione, si assume come capacità teorica il valore ottenuto attribuendo a ogni abitante da insediare 120 mc. di volume edificabile.
Per le aree con destinazione d'uso residenziale - turistico, il valore di cui al comma precedente può essere diminuito fino a un minimo di mc. 60 per abitante.
Parametri diversi, con particolare riferimento agli interventi di edilizia residenziale pubblica, possono venire inseriti nel Piano Territoriale Comprensoriale in relazione alle situazioni obiettive.
Il volume da considerare per il calcolo del numero degli abitanti è pari al prodotto delle superfici delle singole zone territoriali per il rispettivo indice di edificabilità territoriale.
Art. 23 - Densità territoriale e densità fondiaria
La densità territoriale per le zone di espansione residenziale non può essere inferiore a 1 mc/mq e non superiore a 3 mc/mq; indici inferiori sono possibili per le zone di interesse paesaggistico e per i territori montani.
La densità fondiaria relativa ai singoli lotti liberi delle zone omogenee di completamento non deve superare:
a) nei Comuni fino a 10.000 abitanti 3 mc/mq;
b) nei Comuni fra 10.001 e 50.000 abitanti 4 mc/mq;
c) nei Comuni oltre 50.000 abitanti 5 mc/mq.
Restano valide le altre norme dell’art. 7 del D.M. LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444.
Eventuali prescrizioni diverse del Piano Regolatore Generale devono essere adeguatamente motivate sotto il profilo sia dei costi insediativi e di urbanizzazione, sia della qualità del paesaggio urbano risultante.
Il Piano Regolatore Generale prevede le densità edilizie massime e minime e la seconda non può essere inferiore al 75% della prima.
Le distanze minime tra fabbricati sono quelle di cui all’art. 9 del D.M. LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444.
Sono fatte salve maggiori distanze prescritte per le zone sismiche.
Minori distanze tra fabbricati e dalle strade sono ammesse nei casi di gruppi di edifici che formino oggetto di piani urbanistici attuativi planovolumetrici.
Art. 24 - Zone territoriali omogenee
Le zone territoriali omogenee in cui il Piano Regolatore Generale suddivide il territorio, previste dall’art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765, sono quelle stabilite dall’art. 2 del D.M.LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444,e dalla presente legge.
La zona territoriale omogenea di tipo C è suddivisa nelle due sottozone di tipo C1 e C2; nella sottozona di tipo C1 il limite della superficie coperta dagli edifici esistenti non deve essere inferiore al 7,5% della superficie fondiaria della zona e la densità territoriale non deve essere inferiore a 0,50 mc/mq; si ha la sottozona di tipo C2 quanto tali limiti non vengono raggiunti.
Nelle zone di tipo D vanno comprese anche le parti del territorio già destinate, totalmente o parzialmente, a insediamenti per impianti industriali o a essi assimilati.
La zona territoriale omogenea di tipo E comprende le parti del territorio destinato a usi agricoli.
Gli strumenti urbanistici possono prevedere zone risultanti dalla combinazione di destinazioni d' uso diverse purchè compatibili, tra cui zone destinate anche parzialmente a insediamenti turistici commerciali e direzionali e le modalità secondo cui dette funzioni vanno inserite in zone omogene con diversa destinazione.
Art. 25 - Limiti e rapporti di dimensionamento per gli insediamenti
I limiti e i rapporti di dimensionamento degli strumenti urbanistici sono assicurati mediante vincolo di destinazione sia di aree pubbliche sia di aree ad uso pubblico.
In via alternativa, per gli insediamenti turistici e commerciali, nonchè per i parcheggi, tali rapporti sono osservati nei limiti del 40% anche mediante vincolo di destinazione di aree private.
Il valore delle aree e delle opere cedute o vincolate è detraibile dal contributo di urbanizzazione in sede di rilascio della concessione edilizia.
La dotazione di parcheggio privato, di cui all' art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, è fissata in 1 mq / 20 mc di costruzione.
Nella formazione di nuovi strumenti urbanistici, generali e attuativi, e nella revisione di quelli vigenti devono essere assicurati:
a) rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti e gli spazi riservati alle attività collettive, a verde e a parcheggio;
b) quantità minime di spazi in rapporto agli insediamenti nelle singole zone territoriali omogenee;
in conformità l DM LLPP 2 aprile 1968, n. 1444, per quanto non modificati dalla presente legge.
I rapporti di dimensionamento, di cui al secondo comma dell’art. 3 del D.M. LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444, sono così modificati:
b) mq 4;
c) mq. 15,0 (riducibili a mq. 10,0 nei Comuni nei quali la popolazione prevista dallo strumento urbanistico non superi i 10.000 abitanti);
d) mq 3,50.
Sono soppresse le riduzioni previste dall’art. 4 del D.M.LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444, per le zone A, B, C.
Nei Comuni turistici, la dotazione minima per spazi riservati all’attività collettiva, al verde e ai parcheggi deve essere incrementata del fabbisogno per la popolazione turistica prevista dal piano, solamente per il calcolo delle superfici di cui alle lettere c) e d) dell’art. 3 del D.M. LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444; la dotazione minima di cui alla lettera c) del predetto decreto è elevata a mq. 20 per abitante o per vano.
La verifica dei rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi per servizi è effettuata per il Piano Regolatore Generale con riferimento alla capacità insediativa residenziale teorica come determinata all'art. 22.
In riferimento ai rapporti di dimensionamento, di cui all’art. 5 del D.M.LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444,
1) negli insediamenti di carattere industriale e artigianale, la superficie da destinare a servizi non può essere inferiore:
a) nelle zone di espansione, al 10% per opere di urbanizzazione primaria e al 10% per opere di urbanizzazione secondaria;
b) nelle zone di completamento, al 5% per opere di urbanizzazione primaria e al 5% per opere di urbanizzazione secondaria;
2) negli insediamenti di carattere commerciale e direzionale, la superficie da destinare a servizi non può essere inferiore:
a) nelle zone di espansione, a 1 mq/mq di superficie lorda di pavimento;
b) nelle zone di completamento, a 0,8 mq/mq di superficie lorda di pavimento.
Fermi restando i rapporti minimi di cui al presente articolo il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e il Piano Territoriale Comprensoriale possono imporre ulteriori dotazioni di spazi al servizio degli insediamenti.
Art. 26 - Spazi pubblici per parco, gioco, sport e attrezzature generali
La dimensione delle singole zone destinate a verde pubblico per la creazione di parchi urbani per il gioco e per lo sport, deve essere tale da garantire l’effettiva utilizzazione di tali impianti oltre che rispettare le dotazioni minime obbligatorie in rapporto alle capacità insediative del piano.
In ogni Piano Regolatore Generale deve essere prevista almeno un'area pubblica per il parco, nonchè una per lo sport e una per il gioco.
Le eccezioni devono essere motivate.
Per la formazione di parchi pubblici sono prescelte le aree tra quelle aventi nell’ordine le seguenti caratteristiche:
a) parco già formato;
b) facile accesso pubblico e vicinanza al centro urbano;
c) assenza di colture agricole pregiate.
Negli strumenti urbanistici attuativi delle zone residenziali di nuova formazione dovranno essere previsti specifici spazi attrezzati per il gioco e il parco nella misura di almeno mq 3 per abitante da insediare, in appezzamenti di misura non inferiore a mq 1.000 se destinati al gioco e in viali pedonali alberati se destinati a parco. La dotazione di mq 3 per abitante è in aggiunta rispetto alle dotazioni minime, di cui al precedente articolo.
Qualora la dimensione dello strumento urbanistico attuativo non consenta la realizzazione di tali superfici minime, gli oneri vengono monetizzati e il Comune individua gli spazi pubblici corrispondenti tra quelli previsti dal piano e fissa i tempi di realizzazione nel periodo di validità del Programma Pluriennale di Attuazione per i Comuni obbligati.
In ogni Piano Territoriale Comprensoriale devono essere previste una o più aree da destinare a parco territoriale della misura minima complessiva di mq 150.000, e comunque non inferiore a 15 mq per abitante; una o più aree destinate all'istruzione superiore (istituti universitari esclusi) della misura minima di mq 2,0 per abitante; una o più aree destinate ad attrezzature sanitarie, della misura minima di mq 1,5 per abitante.
Art. 27 - Zone di tutela e fasce di rispetto
Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano obbligatoriamente all’esterno dei centri edificati e delle zone edificabili previste dallo strumento urbanistico generale e già dotate delle opere di urbanizzazione.
La distanza minima dalle strade è fissata nella misura indicata nel D.M.LL.PP. 1 aprile 1968, n. 1404; eventuali riduzioni possono essere consentite con il Piano Regolatore Generale in relazione alle esigenze di sistemazione dei fabbricati in zona agricola, per la tutela di antiche preesistenze e per esigenze dovute alla morfologia del territorio.
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, il Piano Territoriale Comprensoriale e il Piano Regolatore Generale individuano le zone di tutela e dettano la relativa normativa.
Sono zone di tutela:
1) le aree soggette a dissesto idrogeologico, a pericolo di valanghe ed esondazioni o che presentano caratteristiche geologiche e morfologiche tali da non essere idonee a nuovi insediamenti;
2) le golene, i corsi d'acqua, gli invasi dei bacini naturali e artificiali, nonchè le aree a essi adiacenti per una profondità adeguata;
3) gli arenili e le aree di vegetazione dei litorali marini;
4) le aree umide, le lagune e relative valli;
5) le aree cimiteriali;
6) le aree comprese fra gli argini maestri e il corso di acqua dei fiumi e nelle isole fluviali, nonchè una fascia di profondità di almeno:
a) m. 15 dal ciglio dei fiumi, torrenti, canali, compresi nei territori classificati montani;
b) m. 50 dall'unghia esterna dell'argine principale per i fiumi, torrenti e canali arginati e canali navigabili;
c) m. 100 dal limite demaniale dei laghi naturali o artificiali e, nei restanti territori non montani, dalle zone umide e dal limite demaniale dei fiumi, delle loro golene, torrenti e canali;
7) le aree adiacenti al fiume Po e alle coste marine, per una profondità di almeno:
a) per il fiume Po, m. 300 dal piede esterno degli argini maestri e m. 100 dal limite esterno della zona golenale;
b) per le coste marine, m. 200 dal limite demaniale della spiaggia.
Sono fatte salve le norme relative alle zone portuali e aeroportuali.
8) le aree boschive o destinate a rimboschimento;
9) le aree di interesse storico, ambientale e artistico;
10) le aree per il rispetto dell’ambiente naturale, della flora e della fauna.
In tali aree l’edificazione avviene secondo le norme degli strumenti urbanistici, avuto riguardo agli insediamenti esistenti.
In sede di formazione o di revisione del Piano Regolatore Generale, nella fascia di 200 m. dal limite demaniale della spiaggia possono essere previsti servizi ed esercizi pubblici funzionali all’attività turistica, con esclusione delle attività ricettive.
Inoltre, per quanto riguarda le spiagge, il Piano Regolatore generale va dimensionato attraverso uno studio dell’arenile che regolamenti le costruzioni esistenti, la dotazione di aree per servizi pubblici e per tutte le attrezzature precarie necessarie all’attività turistica.
Il Piano Territoriale Comprensoriale recepisce la classificazione delle strade e detta norma per la regolamentazione dei relativi accessi all’esterno dei centri abitati.
Le distanze tra tali accessi non possono essere inferiori per le strade statali a m. 500 e per le provinciali a m. 300.
Le zone di rispetto dalla ferrovia devono avere una profondità minima di m. 20 misurati dal binario esterno, fermi restando i divieti di cui all' art. 235 della L. 20 marzo 1865, n. 2248 e successive modificazioni ed integrazioni..
Le zone di rispetto stradale sono normalmente destinate alla realizzazione di nuove strade o corsie di servizio, all’ampliamento di quelle esistenti, alla creazione di percorsi pedonali e ciclabili, alle piantumazioni e sistemazioni a verde e alla conservazione dello stato di natura. E' ammessa la costruzione a titolo precario di impianti per la distribuzione di carburante.
Il Piano Regolatore Generale determina le fasce di rispetto dagli edifici industriali, dai depositi di materiali insalubri e pericolosi, dalle pubbliche discariche, dalle opere di presa degli acquedotti, dagli impianti di depurazione delle acque reflue, _dagli impianti di risalita e dalle piste per lo sci, dagli impianti militari, dai cimiteri, e le caratteristiche delle colture arboree da piantare in dette fasce.
Il Piano Regolatore Generale detta norme specifiche per il restauro e la ristrutturazione delle costruzioni esistenti nelle fasce di rispetto dalle strade, dalle zone umide e dalle ferrovie di cui al presente articolo, stabilendo anche quote eventuali di ampliamento; determina per quali di questi edifici è vietata la modifica della destinazione d'uso.
L’ampliamento può essere concesso solo se la costruzione non sopravanza l’esistente verso il fronte da cui ha origine il rispetto.
Nel caso di esproprio di edificio di abitazione per la realizzazione di strade o loro ampliamenti e di opere pubbliche in genere, e nei casi di demolizione e ricostruzione per inderogabili motivi statici o di tutela della pubblica incolumità, può essere consentita la ricostruzione di egual volume in area adiacente, purchè non destinata a spazi pubblici, anche inferiore alla superficie minima di legge.
Le aree comprese nelle fasce di rispetto sono computabili ai fini dell’edificabilità delle aree finitime, secondo i parametri delle stesse.
Nelle zone soggette a vincolo idrogeologico, nelle zone boscate e sulle sponde dei laghi, dei fiumi, dei torrenti e dei canali possono essere realizzate le opere attinenti al regime idraulico, alle derivazioni d'acqua o a impianti di depurazione.
Art. 28 - Beni ambientali e architettonici
Il Piano Regolatore Generale individua i beni ambientali e architettonici del territorio comunale anche non vincolati a norma delle vigenti leggi.
Essi sono:
1) insediamenti urbani e rurali o loro parti, aggregazioni edilizie, singoli edifici e manufatti, aventi caratteristiche ambientali e architettoniche, con le rispettive aree e pertinenze;
2) aree di interesse paesaggistico o ambientale.
Il Piano Regolatore Generale formula norme per la tutela dei beni ambientali e architettonici, graduate secondo l’importanza degli stessi e individua le fasce di rispetto per garantirne la libera visione dagli spazi pubblici. Tali beni vanno individuati nella cartografia del Piano Regolatore Generale, a scala opportuna, con adeguata classificazione tipologica riferita alle singole unità immobiliari e sintetizzata in unità urbanistiche compiute.
In tali ambiti è fatto divieto di modificare gli elementi caratteristici dell’ambiente, del tessuto edificato e della rete viaria pedonale e veicolare.
Il Piano Regolatore Generale precisa gli obiettivi per la tutela e la riutilizzazione dei beni ambientali e architettonici e individua nella cartografia i perimetri delle zone in cui è obbligatorio il ricorso al Piano Particolareggiato o al Piano di Recupero.
Il Piano di Recupero può essere redatto e approvato solo previa classificazione tipologica e definizione delle destinazioni d'uso compatibili e delle modalità di intervento di cui al presente articolo.
Relativamente ai Centri Storici, l’attuazione dei Piani Regolatori Generali e dei Programmi di Fabbricazione avviene anche mediante Piani di Recupero formati ai sensi della L. 5 agosto 1978, n. 457, e della presente legge.
Nell’ambito dei Centri Storici sono consentiti, fino all’approvazione degli strumenti attuativi, solo gli interventi previsti dalle lettere a), b), c) e d) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, salvo che lo strumento urbanistico generale sia stato redatto o variato in conformità al comma successivo.
Gli strumenti urbanistici generali possono dettare le prescrizioni relative agli interventi ammessi per ogni singola unità edilizia, distinta in base alle caratteristiche dell’impianto tipologico di antica o recente origine, conservato, degradato o sostituito.
Le classificazioni operative sono approvate dalla Giunta regionale, sentita la Commissione Consiliare competente, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge.
Art. 29 - Zone di tipo residenziale
Il Piano Regolatore Generale individua le zone territoriali omogenee residenziali, come definite all’art. 24, e fissa gli obiettivi della pianificazione da perseguire in ciascuna zona e le modalità di attuazione degli interventi in queste previsti.
Il Piano Regolatore Generale perimetra le zone ove l’intervento è ammesso solo dopo l’approvazione di un piano urbanistico attuativo di iniziativa pubblica o privata, potendo comprendere in queste in tutto o in parte le zone di cui ai punti seguenti.
Per le zone territoriali omogenee di tipo A, B e C1 il piano delimita:
1) le zone e le aree da mantenere allo stato di fatto, ove sono ammessi gli interventi compatibili con il grado di protezione previsto per la zone, compresi quelli di cui all’art. 9 lettere b), c), d), e), f) e g) della L. 28 gennaio 1977, n. 10, secondo le definizioni di cui all’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457;
2) le zone ove è possibile l’uso di lotti liberi residui e l’ampliamento degli edifici esistenti secondo limiti di edificabilità prefissati;
3) le zone da destinare a verde pubblico, le aree e gli edifici da destinare a servizi pubblici e ad attrezzature generali;
4) le zone in condizione di degrado di cui al primo comma dell’art. 27 della L. 5 agosto 1978, n. 457, da sottoporre a Piano di Recupero.
Per tali zone gli obiettivi della pianificazione, in armonia con il D.M.LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444, devono essere volti:
1) al restauro e al risanamento conservativo degli edifici esistenti;
2) alla riutilizzazione del patrimonio edilizio;
3) al completamento delle zone parzialmente utilizzate;
4) al completamento delle opere di urbanizzazione.
Va determinata una capacità insediativa teorica non superiore a quella esistente; la capacità insediativa esistente può essere superata solo qualora siano soddisfatti i limiti e rapporti di dimensionamento disposti dalla legge in relazione agli abitanti esistenti e previsti per la stessa zona.
Per le zone territoriali omogenee di tipo A valgono le norme dell’art. 28.
Per le zone territoriali omogenee di tipo B e C1 il Piano Regolatore Generale:
1) individua le aree da destinare a verde pubblico e le aree ed edifici da destinare a servizi pubblici o ad attrezzature generali;
2) prevede le quantità di parcheggio aperto al pubblico per ogni nuova costruzione non inferiore a mq. 5,0 per abitante, in luogo di mq 3,5 per abitante;
3) fissa, anche per gli interventi di ristrutturazione, la dotazione minima di parcheggio privato di cui all’art 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765.
Il Piano Regolatore Generale stabilisce il dimensionamento delle zone territoriali omogenee di tipo C2 detraendo dal fabbisogno complessivo di edilizia residenziale la quota da soddisfare con gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e con le nuove costruzioni previste nelle zone edificate di tipo B e C1.
Per le zone omogenee C2, in cui l’intervento edilizio deve essere preceduto dalla approvazione di un piano urbanistico attuativo, vengono fissati con le norme di attuazione del Piano Regolatore Generale i criteri della progettazione, avendo riguardo al rispetto del tessuto viario ed edilizio dell’ambiente circostante, ponendo limiti di altezza e di distanza tra edifici, obbligando all'individuazione della tipologia, della destinazione d'uso, della sagoma degli edifici previsti, e dei tipi di materiali ammissibili, nonchè del tipo di sistemazione degli spazi pubblici.
Art. 30 - Zone di tipo industriale, artigianale e commerciale
Il Piano Regolatore Generale individua le zone territoriali omogenee di tipo D, specificando:
1) le zone destinate a insediamenti artigianali, industriali e commerciali esistenti in cui si intende conservare la destinazione d'uso e ammettere la ristrutturazione, la ricostruzione, l’ampliamento, nonchè nuove costruzioni;
2) le zone destinate a nuovi insediamenti industriali, artigianali e commerciali, compreso il commercio all’ingrosso;
3) gli impianti industriali esistenti che si confermano nella loro ubicazione, fissando le norme per la manutenzione straordinaria e gli ampliamenti ammessi, nonchè per la eventuale dotazione di infrastrutture carenti;
4) le aree per gli impianti industriali o artigianali o tecnologici isolati, che debbano sorgere al di fuori delle aree attrezzate o di completamento, per esigenze tecniche o perchè inquinanti, e le relative misure di salvaguardia;
5) gli impianti obsoleti o dichiarati in sede impropria, per i quali sono applicabili le norme di cui all’ultimo comma del presente articolo.
In ogni caso l’estensione e l’ubicazione delle nuove zone e la ristrutturazione di quelle esistenti devono garantire:
a) la realizzazione delle opere di urbanizzazione e dei relativi impianti tecnologici;
b) la prevenzione dell’inquinamento;
c) idonee condizioni di lavoro e di salvaguardia dell’ambiente;
d) idonei collegamenti con i centri abitati.
Per le aree e per gli edifici con insediamenti produttivi, attivi o inattivi, per i quali si rendano opportuni interventi di ristrutturazione urbanistica ed edilizia, ivi compresi il trasferimento delle attività produttive in aree idonee a destinazione industriale o artigianale, nel territorio dello stesso Comune o di altri Comuni, oltrechè il riutilizzo per altre destinazioni d'uso delle aree dismesse, il Piano Regolatore Generale assoggetta il complesso delle operazioni a convenzionamento.
Art. 31 - Zone di tipo agricolo
Il Piano Regolatore Generale individua come zone territoriali omogenee di tipo E le zone a prevalente destinazione agricola e forestale, la cui tutela ed edificabilità è disciplinata dalla legge regionale 31 gennaio 1975, n. 21 .

Titolo IV
I Procedimenti

Capo I
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e i Piani di settore di livello regionale

Art. 32 - Adozione e approvazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, formato con la partecipazione degli Enti Locali e delle Organizzazioni e Associazioni economiche, sociali e culturali della Regione, è adottato dalla Giunta Regionale, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, sentite la Commissione Tecnica Regionale e le Commissioni Consiliari competenti.
Il Presidente della Giunta Regionale, nei trenta giorni successivi, provvede a pubblicare nel Bollettino Ufficiale della Regione la delibera di adozione dando indicazione delle sedi in cui chiunque può prendere visione degli elaborati.
Entro il termine di 90 giorni dalla pubblicazione il Governo e le Aziende di Stato, i Comprensori, le Comunità Montane, gli Enti Locali, le Organizzazioni e le Associazioni Economiche, sociali e culturali, nonchè i proprietari interessati ai sensi del punto 5) dell'art. 5, presentano alla Giunta Regionale le loro osservazioni e proposte.
La Giunta Regionale, entro i successivi 90 giorni, presenta al Consiglio Regionale il Piano adottato con le eventuali proposte di modifica e tutte le osservazioni corredate del proprio parere.
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento è approvato con legge regionale nei 90 giorni successivi.
Art. 33 - Adozione e approvazione dei piani di settore
I piani di settore di livello regionale sono formati secondo le modalità previste dalle apposite leggi regionali.
In ogni caso, i privati o gli enti interessati possono presentare le proprie osservazioni e proposte, entro 60 giorni dalla pubblicazione dei piani adottati, presso le sedi dei Comprensori interessati, o, in assenza di questi, presso le sedi dei relativi Comuni.
Nei 30 giorni successivi, Comprensori o i Comuni rimettono le osservazioni e proposte, corredate dai rispettivi pareri, al Consiglio Regionale, che è tenuto a pronunciarsi entro i successivi 90 giorni.
Art. 34 - Varianti al Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e ai piani di settore
La Giunta Regionale presenta ogni anno al Consiglio Regionale una relazione sullo stato della pianificazione territoriale regionale e sui problemi di coordinamento con i programmi e i piani regionali.
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento è variato con le stesse procedure di cui all’art. 32, a seguito di nuovi criteri o previsioni che derivino da varianti alla Programmazione Nazionale o al Programma Regionale di Sviluppo, da varianti ai piani di settore o da esigenze di coordinamento con altri programmi e piani regionali.
Le varianti ai piani di area di livello regionale sono approvate con le stesse modalità previste per il piano originario dalla legge regionale istitutiva.
Art. 35 - Misure di salvaguardia del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento
Dall’adozione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento o di sue eventuali varianti e fino alla entrata in vigore della legge con cui viene approvato o variato e comunque non oltre 5 anni dalla data di adozione, per le prescrizioni e vincoli di cui al punto 5) dell’art. 5, i Sindaci dei Comuni interessati sono tenuti a sospendere ogni determinazione sulle domande di concessione edilizia che risultino in contrasto.
Contro il provvedimento del Sindaco è ammesso ricorso entro quindici giorni al Presidente della Giunta Regionale, il quale sentito il parere del Sindaco e della Commissione Tecnica Regionale, decide in proposito.
Il Presidente della Giunta Regionale, sentita la Commissione Tecnica Regionale, può disporre, con provvedimento motivato da notificare al Sindaco e all’interessato, la sospensione dei lavori che siano in contrasto con le prescrizioni del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento o siano tali da compromettere o rendere più onerosa l’attuazione del Piano.
Art. 36 - Efficacia del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento entra in vigore con la legge di approvazione.
L’approvazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento o di sue eventuali varianti comporta:
1) nei riguardi del Piano Territoriale Comprensoriale, e solo relativamente ai contenuti che, pur nella diversità di interessi disciplinati dai due piani, siano nel caso concreto interdipendenti:
a) quando ha per oggetto il complesso di direttive, di cui al punto 4) dell’art. 5, l’obbligo di adottare la variante di adeguamento in attuazione delle direttive approvate;
b) quando ha per oggetto il complesso di prescrizioni e vincoli, di cui al punto 5) dell’art. 5, l’automatica variazione del Piano Territoriale Comprensoriale e dei relativi elaborati in corrispondenza alle prescrizioni e ai vincoli approvati;
2) nei riguardi del Piano Regolatore Generale e degli strumenti urbanistici attuativi:
a) quando ha per oggetto il complesso di direttive, di cui al punto 4) dell’art. 5, non connesse con i contenuti del Piano Territoriale Comprensoriale, l’obbligo di adottare la variante di adeguamento in attuazione diretta delle direttive approvate;
b) quando ha per oggetto il complesso di prescrizioni e vincoli, di cui al punto 5), dell’art. 5, l’automatica variazione dei piani comunali e dei relativi elaborati, in corrispondenza alle prescrizioni e ai vincoli approvati, salva restando in tal caso la facoltà del Comune - ove necessario - di introdurre gli adattamenti conseguenti con deliberazione,che diventa esecutiva ai sensi dell’art. 130 della Costituzione;
3) nei riguardi dei Piani settore di livello regionale, la adozione della variante di adeguamento o la loro automatica variazione, secondo i rispettivi regimi.
Le varianti di adeguamento di cui alla lettera a) del punto 2) del precedente comma, quando interessino contemporaneamente il Piano Regolatore Generale e i piani urbanistici attuativi, sono adottate dal Comune con un unico atto redatto nell’osservanza delle procedure del Piano Regolatore Generale, consentendo in tal caso ai proprietari di presentare opposizioni.

Capo II
Il Piano Territoriale Comprensoriale e i Piani territoriali di settore di livello Comprensoriale

Art. 37 - Adozione e approvazione del Piano Territoriale Comprensoriale
Il Comprensorio adotta un progetto preliminare di piano.
Esso è depositato presso la Segreteria del Comprensorio e in quella di ogni suo Comune e viene inviato alla Regione, alle Provincie, alle Comunità Montane e ai Comprensori interessati; dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblico all'albo del Comprensorio e dei Comuni interessati e mediante affissione di manifesti, affinchè enti e organizzazioni sociali possano presentare le proprie osservazioni.
Entro 120 giorni dalla data del deposito, il Piano Territoriale Comprensoriale, anche sulla base delle osservazioni pervenute, viene adottato col voto favorevole della maggioranza dei Consiglieri assegnati al Comprensorio.
Entro 8 giorni, esso è depositato presso la segreteria del Comprensorio e in quella di ogni suo Comune per la durata di 30 giorni, durante i quali chiunque ha facoltà di prenderne visione e, nei 30 giorni successivi, presentare le proprie osservazioni al Comprensorio.
I termini, di cui al precedente comma, decorrono dalla data di pubblicazione dell'avvenuto deposito e dell'invio del Piano ai soggetti e secondo le modalità indicate al secondo comma.
Scaduto il termine per la presentazione di osservazioni, entro 90 giorni il Presidente del Comprensorio trasmette alla Regione il Piano Territoriale Comprensoriale adottato, unitamente alle osservazioni pervenute e alle controdeduzioni del Comprensorio.
Il Piano Territoriale Comprensoriale, previo parere della Commissione Tecnica Regionale, è approvato con delibera del Consiglio Regionale.
Il Piano approvato è depositato presso la segreteria del Comprensorio e dei Comuni interessati a disposizione del pubblico.
Art. 38 - Misure di salvaguardia del Piano Territoriale Comprensoriale
Dall'adozione del Piano Territoriale Comprensoriale o delle sue varianti e fino alla loro entrata in vigore, i Sindaci dei Comuni interessati-relativamente alle prescrizioni e vincoli di cui al punto 6) dell’art. 7 - applicano le misure di salvaguardia nei modi e per gli effetti previsti per il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, intendendosi sostituito al Presidente della Giunta Regionale il Presidente del Comprensorio e alla Commissione Tecnica Regionale l'organo tecnico comprensoriale.
Art. 39 - Varianti al Piano Territoriale Comprensoriale
Le varianti al Piano Territoriale Comprensoriale sono generali quando costituiscono adeguamento a nuovi criteri o previsioni del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento o della relazione, di cui alla lett. a) dell' art. 15 della LR 9 giugno 1975, n. 80 .
In tal caso esse sono adottate dal Comprensorio e approvate dal Consiglio regionale con lo stesso procedimento del piano originario.
Le varianti al Piano Territoriale Comprensoriale sono parziali quando interessano il territorio di un solo Comune o non incidono sull'impostazione e sul dimensionamento del Piano Territoriale Comprensoriale.
In tal caso esse sono adottate e approvate senza la preventiva adozione del progetto preliminare.
Art. 40 - Efficacia del Piano Territoriale Comprensoriale
Il Piano Territoriale Comprensoriale entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione della delibera di approvazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
L’approvazione del Piano Territoriale Provinciale o delle sue varianti comporta:
1) nei riguardi del Piano Regolatore Generale e dei relativi strumenti urbanistici attuativi:
a) quando ha per oggetto il complesso di direttive, di cui al punto 3) dell’art. 7, l’obbligo di adottare la variante di adeguamento in attuazione delle direttive approvate;
b) quando ha per oggetto il complesso di prescrizioni e vincoli, di cui al punto 6) dell’art. 7, l’automatica variazione degli strumenti urbanistici e dei relativi elaborati in corrispondenza alle prescrizioni e ai vincoli approvati;
2) nei riguardi dei Piani Territoriali di settore, l’adozione della variante di adeguamento o la loro automatica variazione secondo i rispettivi regimi.
Le varianti di adeguamento, di cui alla lett. a) del punto 1) del precedente comma, quando interessino contemporaneamente il Piano Regolatore Generale e piani urbanistici attuativi, sono adottate dal Comune ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 36.
Art. 41 - Piani territoriali di settore di livello Comprensoriale
I Piani territoriali di settore di livello comprensoriale, quando non siano disciplinati da apposite leggi, sono adottati dai singoli Comuni, per la parte di competenza, sulla base delle proposte del Comprensorio. Il procedimento per la loro pubblicazione, per il deposito, per la presentazione di osservazioni e opposizioni, nonchè per le controdeduzioni comunali avviene con le modalità dei piani urbanistici attuativi di iniziativa pubblica. In ogni caso la loro approvazione spetta al Comprensorio, che può introdurvi d'ufficio le eventuali modifiche di coordinamento.
Nel caso previsto al precedente comma, i Piani territoriali di settore di livello comprensoriale sono adottati e approvati anche indipendentemente dal rispettivo Piano Regolatore Generale e sono automaticamente introdotti nello stesso - relativamente alla parte interessante ciascun territorio comunale - secondo i contenuti e le modalità della loro approvazione.
Le varianti dei Piani territoriali di settore di livello comprensoriale sono redatte e approvate secondo i regimi fissati dalle rispettive leggi o, in mancanza, secondo le modalità previste ai precedenti commi.

Capo III
Il Piano Regolatore Generale

Art. 42 - Formazione e adozione
Il Piano Regolatore Generale è adottato dal Consiglio Comunale.
Entro otto giorni, esso è depositato a disposizione del pubblico per trenta giorni presso la segreteria del Comune e del Comprensorio; dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all'albo del Comune e del Comprensorio e mediante l' affissione di manifesti.
Nei successivi trenta giorni chiunque può formulare osservazioni sul piano adottato.
Il Comune con propria deliberazione si esprime sulle osservazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine di cui al comma precedente.
Nei successivi 8 giorni il Sindaco trasmette al Comprensorio il piano adottato unitamente alle osservazioni pervenute e alle controdeduzioni del Comune.
I Comuni possono far precedere l'adozione del Piano Regolatore Generale dalla predisposizione di un progetto preliminare di Piano Regolatore Generale contenente l' indicazione delle scelte urbanistiche fondamentali.
Tale progetto preliminare è deliberato dal Consiglio Comunale e depositato presso la segreteria del Comune e del Comprensorio; dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all'albo del Comune e del Comprensorio mediante l' affissione di manifesti.
Entro 60 giorni dalla pubblicazione gli enti, le organizzazioni e i privati interessati possono presentare osservazioni.
Art. 43 - Piano Regolatore Generale del Consorzio di Comuni
Quando il Piano Regolatore Generale è redatto ai sensi del punto 2) dell'art. 2, purchè si tratti di più Comuni contermini e all'interno di un ambito comprensoriale secondo le direttive di cui al punto 3) dell'art. 7, il piano è adottato col voto favorevole della maggioranza dei Consiglieri assegnati al Consorzio ed è pubblicato e depositato presso la segreteria di ogni Comune consorziato e del Comprensorio con le procedure e le modalità stabilite al precedente art. 42.
Art. 44 - Attribuzioni del Comprensorio
Il Comprensorio, entro 90 giorni dal ricevimento del Piano Regolatore Generale, sentito il parere dell' organo tecnico comprensoriale, lo approva.
In caso diverso, esso può entro lo stesso termine:
1) approvare il Piano introducendo direttamente modifiche d' ufficio;
2) approvare il Piano proponendo modifiche al Comune;
3) restituire il Piano per la sua rielaborazione.
Il piano approvato è depositato presso la segreteria del Comune e del Comprensorio a disposizione del pubblico.
Art. 45 - Approvazione con modifiche d' ufficio
Quando il Comprensorio condivide il Piano Regolatore Generale nei criteri informatori e nelle caratteristiche essenziali, lo approva introducendo d'ufficio le modifiche necessarie per:
1) il rispetto delle prescrizioni e vincoli contenuti nel Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e nel Piano Territoriale Provinciale;
2) l’accoglimento delle osservazioni presentate durante il procedimento di adozione di cui all’art. 42 e che abbiano ottenuto parere favorevole dal Comune;
3) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato e della Regione;
4) la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e architettonici;
5) l’osservanza dei limiti e dei rapporti di dimensionamento ai sensi del titolo III;
6) l’osservanza di prescrizioni e i vincoli stabiliti da leggi e regolamenti.
Art. 46 - Approvazione con proposte di modifica
Quando il Comprensorio condivide il Piano Regolatore Generale nei criteri informatori e nelle caratteristiche essenziali, l'introduzione di modifiche diverse da quelle dell'articolo precedente è soggetta al preventivo rinvio del Piano al Comune per l'adeguamento.
In tal caso il Piano è approvato con dettagliate proposte di modifica mediante provvedimento interlocutorio.
Entro 90 giorni dal ricevimento del provvedimento del Comprensorio, il Comune può far pervenire le sue controdeduzioni al Comprensorio.
Entro 90 giorni dal ricevimento del provvedimento del Comune, il Comprensorio introduce nel Piano Regolatore Generale le modifiche ritenute opportune fra quelle proposte.
In caso di inerzia del Comune, il decorso del termine di cui al terzo comma comporta l'automatica introduzione nel Piano Regolatore Generale delle modifiche proposte dal Comprensorio.
Art. 47 - Restituzione
Quando il Comprensorio non condivide il Piano Regolatore Generale nei criteri informatori e nelle caratteristiche essenziali, il Piano è restituito per la conseguente rielaborazione.
Il Comune è tenuto ad adottare un nuovo Piano Regolatore Generale entro 180 giorni dalla comunicazione del provvedimento del Comprensorio.
Art. 48 - Misure di salvaguardia
Dalla data di adozione del Piano Regolatore Generale o delle sue varianti si applicano le normali misure di salvaguardia fino all’entrata in vigore dello strumento o delle sue varianti, con le modalità e nei limiti di cui all’art. 71.
Art. 49 - Varianti generali
Sono generali le varianti al Piano Regolatore Generale sia quando conseguono a una modifica del Piano Territoriale Comprensoriale sia quando la comportano.
Nel primo caso il procedimento di adozione e approvazione è quello stabilito per il Piano originario; nel secondo caso, la variante quando sia adottata dal Comune ai sensi dell' art. 42 e abbia ottenuto il parere favorevole del Comprensorio, è approvata dal Consiglio Regionale come variante al Piano Territoriale Comprensoriale ai sensi dell'art. 37. La stessa è automaticamente recepita nel Piano Regolatore Generale e nel Piano Territoriale Comprensoriale secondo i contenuti dell'approvazione regionale.
In ogni caso non è richiesta l' adozione del progetto preliminare.
Art. 50 - Varianti parziali
Le varianti del Piano Regolatore Generale diverse da quelle dell'articolo precedente sono parziali.
Le varianti parziali sono adottate dal Comune e approvate dal Comprensorio con lo stesso procedimento del Piano originario escludendo in ogni caso l'adozione del progetto preliminare.
Art. 51 - Efficacia
Il Piano Regolatore Generale entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione del provvedimento di approvazione definitiva nel Bollettino Ufficiale della Regione.
L’approvazione del Piano Regolatore Generale e delle sue varianti non comporta la decadenza dei vigenti strumenti urbanistici attuativi che non siano incompatibili - o per la parte che non sia incompatibile - con il Piano stesso o con le sue varianti.
Il Piano e le varianti vengono inviati alla Giunta Regionale entro 15 giorni dall’approvazione definitiva.

Capo IV
I piani urbanistici attuativi di iniziativa pubblica

Art. 52 - Formazione e adozione
I piani urbanistici attuativi d'iniziativa pubblica, di cui al punto 1) dell'art. 11, sono redatti a cura del Comune in modo da prevedere altresì i termini per la loro attuazione e sono adottati dal Consiglio Comunale.
Entro 5 giorni il Piano è depositato presso la Segreteria del Comune per la durata di 10 giorni; dell’avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all’albo pretorio del Comune e mediante l’affissione di manifesti.
I proprietari degli immobili possono presentare opposizione e chiunque osservazioni fino a 20 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito.
Entro trenta giorni dal decorso di detto termine il Consiglio comunale approva il piano decidendo anche sulle osservazioni od opposizioni presentate e, entro 5 giorni, il Sindaco lo invia contemporaneamente alla Sezione del Comitato Regionale di Controllo e al Comprensorio.
La Giunta del Comprensorio, entro 45 giorni dalla comunicazione dell'avvenuto riscontro da parte della Sezione del Comitato Regionale di Controllo o dal decorso del relativo termine, può avocare il piano. In caso contrario, il piano diventa esecutivo.
L'avocazione spetta al Comprensorio ed è obbligatoria quando i piani urbanistici attuativi sono in variante del Piano Regolatore Generale.
Il Piano di Recupero di iniziativa pubblica non è trasmesso al Comprensorio e la delibera del Consiglio Comunale, che decide sul piano in rapporto alle osservazioni ed opposizioni presentate, vale quale delibera di approvazione dello stesso e diventa esecutiva ai sensi dell'art. 59 della L. 10 febbraio 153, n. 62.
Art. 53 - Attribuzioni del Comprensorio
Col provvedimento di avocazione, di cui al precedente articolo, la Giunta del Comprensorio, sentito l'organo tecnico comprensoriale, può :
1) approvare il piano introducendo modifiche d'ufficio;
2) approvare il piano proponendo modifiche al Comune;
3) restituire il piano per la sua rielaborazione.
Il piano esecutivo è depositato presso la segreteria del Comune e il relativo deposito è notificato a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal piano stesso, nelle forme degli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale, entro 30 giorni dall'avviso dell'avvenuto deposito.
Art. 54 - Approvazione con modifiche d'ufficio
Quando la Giunta del Comprensorio condivide il piano urbanistico attuativo nei criteri informatori e nelle caratteristiche essenziali, lo approva introducendo d'ufficio le modifiche necessarie per:
1) il rispetto delle prescrizioni contenute nel Piano Regolatore Generale;
2) l'accoglimento delle osservazioni o opposizioni presentate da Enti, Organizzazioni sociali e cittadini, che abbiano ottenuto parere favorevole del Comune;
3) l'accoglimento delle esigenze indicate ai punti 3), 4), 5) e 6) dell' art. 45.
Art. 55 - Approvazione con proposta di modifica
Quando la Giunta del Comprensorio condivide il piano urbanistico attuativo nei criteri informatori e nelle caratteristiche essenziali, l'introduzione di modifiche diverse da quelle indicate al precedente articolo è soggetta al preventivo rinvio del piano al Comune per l'adeguamento.
In tal caso il piano è approvato con proposte di modifica mediante un provvedimento interlocutorio.
Entro 60 giorni dal ricevimento del provvedimento di cui al precedente comma, il Consiglio Comunale può decidere sulle proposte di modifica, inviando al Comprensorio le proprie determinazioni.
La Giunta del Comprensorio ha 30 giorni di tempo dal ricevimento del provvedimento comunale per introdurre nel piano le modifiche ritenute opportune fra quelle proposte; in caso di sua inerzia, il decorso del termine, previo riscontro della Sezione del Comitato Regionale di Controllo ai sensi dell'art. 130 della Costituzione, rende esecutivo il piano secondo le determinazioni comunali.
In caso di inerzia del Comune, il decorso del termine di cui al terzo comma comporta l' automatica introduzione nel piano delle modifiche proposte.
Art. 56 - Restituzione
La Giunta del Comprensorio restituisce al Comune il piano urbanistico attuativo quando i suoi criteri informatori e le sue caratteristiche essenziali siano in contrasto con le indicazioni del Piano Regolatore Generale.
Qualora il piano sia obbligatorio, il Comune è tenuto a presentare il piano rielaborato entro 60 giorni dal ricevimento del provvedimento di restituzione .
Art. 57 - Modalità di attuazione
I Piani per l’Edilizia Economica e Popolare e i Piani per gli Insediamenti Produttivi sono attuati a norma delle specifiche disposizioni che li riguardano.
I Piani Particolareggiati e i Piani di Recupero di iniziativa pubblica sono attuati prioritariamente dagli aventi titolo mediante interventi singoli e/o mediante Comparti.
L’inutile decorso dei termini di cui al primo comma dell’art. 52, sia nei confronti degli interventi singoli sia degli interventi di Comparto, costituisce titolo per il Sindaco per procedere ai sensi dell’art. 62, adottando per gli interventi singoli la procedura prevista al quinto comma dello stesso articolo.
I termini di attuazione del piano, di cui all’art. 52,possono essere variati col Programma Pluriennale di attuazione o, nei Comuni sprovvisti, con provvedimento del Consiglio Comunale, che diventa esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62.
Art. 58 - Efficacia
Il piano urbanistico attuativo di iniziativa pubblica entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione all’albo pretorio del Comune dell’avviso di deposito del piano, approvato ai sensi degli artt. da 52 a 55.
L’approvazione del piano comporta la dichiarazione di pubblica utilità per le opere in esso previste e, salvo diverse disposizioni di legge per la singola fattispecie, esso ha efficacia per 10 anni.
L'approvazione di un piano urbanistico attuativo di iniziativa pubblica o di una sua variante ai sensi del sesto comma dell'art. 52, ad eccezione del Piano di Recupero, comporta l'automatica variazione delle corrispondenti previsioni del Piano Regolatore Generale quando queste non determinino modifiche al Piano Territoriale Comprensoriale.
Art. 59 - Validità
Decorso il termine stabilito per l’esecuzione del piano urbanistico attuativo di iniziativa pubblica, questo diventa inefficace per la parte non attuata, rimanendo fermo soltanto a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti nel piano stesso.
Il Comune provvede a presentare entro 60 giorni da detto termine un nuovo piano per il necessario assetto della parte rimasta inattuata.
Prima della scadenza, il Consiglio Comunale può prorogare la validità dei piani urbanistici attuativi per un periodo non superiore a 5 anni.

Capo V
I piani urbanistici attuativi di iniziativa privata

Art. 60 - Formazione, approvazione ed efficacia
I piani urbanistici attuativi di iniziativa privata, di cui al punto 2) dell’art. 11, sono redatti e presentati da tutti gli aventi titolo all’interno dei rispettivi ambiti territoriali, delimitati ai sensi del secondo comma degli articoli 15 e 16, e contengono altresì i termini per la loro attuazione.
Il Consiglio comunale, entro 60 giorni dal ricevimento del piano, lo approva.
Quando il piano, nei termini stabiliti ai sensi del secondo comma degli articoli 15 e 16, è presentato solo da alcuni aventi titolo, purchè rappresentanti almeno i tre quarti del valore degli immobili sulla base dell’imponibile catastale, il piano, entro lo stesso termine è adottato dal Consiglio comunale e, entro 5 giorni, depositato presso la Segreteria del Comune per la durata di 10 giorni.
L’avvenuto deposito è reso noto mediante avviso pubblicato all’albo pretorio del Comune e mediante l’affissione di manifesti.
I proprietari degli immobili possono presentare opposizioni, e chiunque osservazioni, fino a 20 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito.
Entro 30 giorni dal decorso di detto termine, il Consiglio comunale approva il piano decidendo anche sulle osservazioni ed opposizioni presentate e, il Sindaco lo invia contemporaneamente alla Sezione del Comitato Regionale di Controllo e al Comprensorio.
Il piano urbanistico attuativo d'iniziativa privata diventa efficace con l'esecutività della delibera di approvazione ai sensi dell'articolo 130 della Costituzione salvo che nei successivi 30 giorni la Giunta del Comprensorio non lo restituisca al Comune per gravi difformità dal Piano Regolatore Generale o per l' introduzione di dettagliate modifiche, che diventeranno esecutive dopo il riscontro della relativa deliberazione comunale di adeguamento ai sensi dell'art. 130 della Costituzione.
L’approvazione del piano redatto ai sensi del terzo comma comporta la dichiarazione di pubblica utilità per le opere in esso previste per la durata di 10 anni, prorogabile dal Consiglio Comunale per un periodo non superiore a 5 anni.
Il piano esecutivo è depositato, e il deposito notificato ai proprietari dissenzienti, ai sensi dell’art. 53 ed entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione all’albo pretorio del Comune dell’avviso dell’avvenuto deposito.
Dopo l’entrata in vigore, l’inutile decorso dei termini, di cui al primo comma, costituisce titolo per il Sindaco per procedere all'occupazione temporanea o all’espropriazione degli immobili degli aventi titolo dissenzienti, secondo le modalità e per gli effetti del quarto comma dell’art. 57.
I termini di attuazione del piano, di cui al primo comma, possono essere variati col Programma Pluriennale di Attuazione o, nei Comuni sprovvisti, con provvedimento del Consiglio Comunale, che diventa esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62.
Art. 61 - Piani urbanistici attuativi d' ufficio
Quando, entro i termini stabiliti ai sensi del secondo comma degli articoli 15 e 16, tra gli aventi titolo rappresentanti almeno i tre quarti del valore degli immobili determinato ai sensi del terzo comma dell’art. 60, non si verifichi l’accordo per la formazione di un Consorzio all’interno di un piano urbanistico attuativo di iniziativa privata o per la presentazione del relativo progetto di piano, il Sindaco lo fa redigere d'ufficio, prevedendo anche i termini per la sua attuazione, e lo notifica ai proprietari interessati, i quali entro 15 giorni possono presentare le loro opposizioni.
Sulla base di queste, il Sindaco propone il progetto di piano al Consiglio Comunale per la sua approvazione.
Il piano è approvato e diviene esecutivo ai sensi del sesto e settimo comma dell'art. 60.
L’approvazione del piano comporta la dichiarazione di pubblica utilità per le opere in esso previste per la durata di 10 anni, prorogabile dal Consiglio Comunale per un periodo non superiore a 5 anni.
Il piano esecutivo è depositato, e il deposito notificato, ai sensi dell’art. 53 ed entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione all’albo pretorio del Comune dell’avviso dell’avvenuto deposito.
Il piano è attuato, entro i termini di cui al primo comma, con le modalità e per gli effetti di cui al terzo comma e seguenti dell’articolo 57.

Capo VI
Il Comparto

Art. 62 - Formazione e attuazione
La delimitazione del Comparto è stabilita ai sensi del secondo comma dell’art. 18 e la costituzione del relativo Consorzio avviene con la sottoscrizione dell’atto costitutivo da parte di tutti gli aventi titolo all’interno della delimitazione stessa.
Quando ciò non avvenga o il Consorzio non presenti istanza di concessione per l’intervento unitario entro i termini stabiliti ai sensi del secondo comma dell’art. 18, l’inutile decorso del termine comporta la costituzione di un Consorzio obbligatorio quando vi sia la sottoscrizione dell’atto costitutivo e la presentazione dell’istanza di concessione relativa all’intero comparto da parte degli aventi titolo alla concessione, che rappresentino almeno i tre quarti del valore degli immobili del comparto in base all'imponibile catastale.
Nel caso di cui al primo comma, il Sindaco rilascia al Consorzio la concessione ai sensi e per gli effetti del Capo I e II del Titolo V della presente legge, previa, in particolare, la stipula della convenzione di cui all’art. 63.
Nel caso di cui al secondo comma, l’intervenuta costituzione del Consorzio obbligatorio costituisce titolo per il Sindaco per procedere all’occupazione temporanea degli immobili degli aventi titolo dissenzienti e affidarli al Consorzio per l’esecuzione degli interventi previsti con diritto di rivalsa delle spese sostenute nei confronti degli aventi titolo oppure per procedere all’espropriazione degli stessi immobili da cedere al Consorzio obbligatorio ai prezzi corrispondenti all’indennità di esproprio.
Quando non si costituisca il Consorzio obbligatorio, l’inutile decorso del termine costituisce titolo per il Sindaco per far redigere il progetto, previo parere della Commissione Edilizia Comunale, e procedere all’occupazione temporanea degli immobili per l’esecuzione diretta degli interventi previsti con diritto di rivalsa delle spese sostenute nei confronti degli aventi titolo oppure per procedere all’espropriazione degli immobili del Comparto e quindi all’esecuzione diretta degli interventi previsti o alla cessione degli immobili, mediante la convenzione dell’art. 63, al miglior offerente sulla base del prezzo di esproprio, con diritto di prelazione per i precedenti aventi titolo.
L’occupazione temporanea o l’espropriazione avvengono mediante provvedimento da notificare ai proprietari e agli aventi titolo, qualora si tratti di persone diverse, nelle forme degli atti processuali civili.
Art. 63 - Convenzione
La convenzione dei piani urbanistici attuativi di iniziativa privata e del Comparto, nonchè la convenzione per la cessione al miglior offerente dei beni espropriati di cui al penultimo comma dell’art. 62 contiene, compatibilmente con la singola fattispecie:
1) l’impegno a realizzare gli interventi previsti e, in proporzione al volume e alla superficie edificabile, le relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria mancanti ed espressamente descritte sulla base di progetti di massima e di appositi preventivi di costo, quando il Comune non preveda già di realizzarle per conto proprio;
2) la cessione al Comune o il vincolo di destinazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria già esistenti e di quelle da realizzare ai sensi del precedente punto 1), scomputando, a norma dell’art. 86, il loro costo dalla quota di contributo dovuto per gli oneri di urbanizzazione, fermo restando il pagamento della quota relativa al costo di costruzione; qualora tuttavia il cessionario si impegni ad applicare prezzi di vendita o canoni di locazione in conformità della convenzione-tipo di cui agli articoli 7 e 8 della L. 28 gennaio 1977,n. 10, lo stesso ha titolo all’esenzione dal pagamento della quota di contributo relativa al costo di costruzione;
3) in caso di edilizia convenzionata, i criteri per la determinazione e la revisione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione;
4) i termini, entro i quali deve essere ultimata la costruzione delle opere previste, nonchè le eventuali modalità di controllo circa l’attuazione delle stesse;
5) le sanzioni convenzionali e le garanzie finanziarie per l’adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.

Capo VII
Il Programma Pluriennale di Attuazione

Art. 64 - Formazione e approvazione
I Comuni, con strumento urbanistico generale approvato o adottato e trasmesso, sono autorizzati a dotarsi di un Programma Pluriennale di Attuazione.
Vi sono obbligati i Comuni non inseriti nell'elenco, di cui all'allegato C) della legge regionale 17 ottobre 1977, n. 61 , che potrà essere modificato o integrato con delibera del Consiglio Regionale.
In vista della formazione del Programma Pluriennale di Attuazione il Comune delibera un documento programmatico preliminare sugli obiettivi e i criteri di predisposizione del Programma e stabilisce un termine non inferiore a trenta giorni, entro il quale chiunque può presentare al Comune osservazioni o proposte.
Il documento è depositato per 30 giorni presso la segreteria del Comune, durante i quali chiunque può prenderne visione.
L'effettuato deposito è reso noto mediante avviso pubblicato all'albo pretorio del Comune e mediante l'affissione di manifesti.
Il Programma Pluriennale di Attuazione è approvato dal Consiglio Comunale con provvedimento, che, inviato entro 8 giorni alla Sezione del Comitato Regionale di Controllo, diventa esecutivo ai sensi dell'art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62. Il Programma Pluriennale di Attuazione è altresì inviato al Comprensorio entro 15 giorni.
I Comuni con strumento urbanistico generale adottato e trasmesso richiedono il preventivo nulla - osta del Comprensorio in ordine all'ubicazione e al dimensionamento delle aree da includere nel Programma; il nulla - osta è deliberato, entro 60 giorni dal ricevimento dell'istanza, dal Comprensorio, sentito l'organo tecnico comprensoriale.
Qualora, entro tale data, il Comprensorio non assuma alcuna deliberazione, il nulla - osta si intende concesso e le aree incluse nel Programma non possono essere stralciate all'atto dell'approvazione dello strumento urbanistico generale.
Il Programma Pluriennale di Attuazione divenuto esecutivo è depositato presso la segreteria del Comune e l' avvenuto deposito è notificato ai sensi del secondo comma dell'art. 53.
La perimetrazione, di cui al punto 3) dell'art. 19, vale come programma di attuazione del Piano per l' Edilizia Economica e Popolare.
Art. 65 - Efficacia
Il Programma Pluriennale di Attuazione entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione sull’albo pretorio del Comune della delibera di approvazione divenuta esecutiva.
La sua entrata in vigore obbliga gli aventi titolo indicati nel Programma Pluriennale di Attuazione a costituire gli eventuali Consorzi e comunque a presentare le istanze di concessione o i progetti di piano ai sensi dei punti 7) e 8) dell’art. 19 entro i termini dallo stesso stabiliti.
L’inutile decorso del termine costituisce titolo per il Sindaco per procedere ai sensi degli articoli 60 e 61 quando si tratti di piani urbanistici attuativi di iniziativa privata oppure ai sensi del secondo, quarto e quinto comma dell’art. 62 quando si tratti di Comparti oppure con la stessa procedura del quinto comma dell’art. 62 quando si tratti di interventi singoli.
In sede di attuazione del primo Programma Pluriennale, il Comune con deliberazione del Consiglio può procedere all'esproprio o decidere di inserire le aree per le quali non sia stata presentata la domanda di concessione nel secondo programma di attuazione.
Art. 66 - Edificabilità al di fuori del Programma Pluriennale di Attuazione
Fino all’entrata in vigore del Programma Pluriennale di Attuazione, nei Comuni obbligati il rilascio della concessione, in conformità agli strumenti urbanistici, è consentito solo per solo per gli interventi, di cui all'art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, nonchè per gli interventi di demolizione e di consolidamento statico prescritti dal Comune per tutelare la pubblica incolumità, gli allacciamenti ai pubblici servizi di edifici esistenti, gli interventi di ampliamento di complessi produttivi industriali o artigianali esistenti.
Fino alla stessa data e negli stessi Comuni, la concessione è rilasciata purchè in conformità agli strumenti urbanistici e all'eventuale documento programmatico preliminare del Programma Pluriennale di Attuazione, soltanto su aree dotate di opere di urbanizzazione o per le quali esista l'impegno dei concessionari o del Comune a realizzarle contemporaneamente.
Dopo l'entrata in vigore del Programma Pluriennale di Attuazione, oltre che per gli interventi di cui al primo comma, la concessione può essere data, al di fuori delle aree incluse nei Programmi Pluriennali di Attuazione, anche per gli interventi di ristrutturazione e, nei limiti della cubatura ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 19 per quelli di ampiamento di edifici esistenti.
Nei Comuni obbligati non possono essere rilasciate concessioni in attuazione di strumenti urbanistici attuativi di iniziativa privata entrati in vigore dopo il 31 dicembre 1978 fino all'approvazione del relativo Programma Pluriennale di Attuazione.
Art. 67 - Varianti
In connessione con la deliberazione di aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e con la determinazione delle partite del bilancio comunale afferenti i proventi, di cui all’art. 12 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, e le spese di cui al punto 9) dell’art. 19, il Consiglio Comunale, annualmente, procede alla verifica dello stato di attuazione del Programma Pluriennale di Attuazione e all'aggiornamento della planimetria e della relazione, di cui rispettivamente ai punti 1) e 4) dell’art. 21.
Sono ammesse varianti di aggiornamento del Programma Pluriennale di Attuazione assunte in adeguamento degli strumenti urbanistici generali o al fine dell’attuazione di un Piano per l’edilizia Economica e Popolare o di un Piano per gli Insediamenti Produttivi, ovvero assunte per l’attuazione di interventi di comprovato interesse pubblico, nonchè quelle necessarie per aumentare l’ampiezza del programma a seguito di comprovato incremento del fabbisogno o per modificazioni conseguenti a interventi di carattere produttivo.
Quando il Programma Pluriennale di Attuazione sia stato attuato prima del termine previsto, il Comune provvede a dotarsi di un nuovo Programma Pluriennale di Attuazione.

Capo VIII
Le norme generali sui procedimenti

Art. 68 - Termini per l’affidamento degli incarichi
Fatta salva ogni diversa disposizione per la singola fattispecie, nel procedimento di redazione o variazione di uno strumento urbanistico la nomina dei progettisti o l’assegnazione dell’incarico al competente ufficio provinciale o comunale deve avvenire almeno 120 giorni prima della data da cui, ai sensi della presente legge, la Provincia o il Comune hanno l’obbligo di adottare i rispettivi strumenti.
Art. 69 - Poteri sostitutivi
Quando i Comuni, nel procedimento di formazione, di adozione, di rielaborazione o di variazione dei propri strumenti di pianificazione urbanistica, non adottino o non compiano, entro i termini previsti, tutti gli atti o adempimenti cui sono espressamente obbligati, il Presidente del Comprensorio, salva l’ipotesi di rimedi diversamente previsti per la singola fattispecie, esercita i propri poteri sostitutivi promuovendo d'ufficio, ove possibile, la convocazione del Consiglio Comunale per la deliberazione dell’atto previsto oppure assegnando un termine al Sindaco per il compimento dell’atto o dell'adempimento. In ambedue i casi l'inutile decorso del nuovo termine comporta per il Presidente del Comprensorio la facoltà di nominare un Commissario.
Quando i Comprensori, nel procedimento di formazione, di adozione, di rielaborazione o di variazione del proprio strumento urbanistico generale o dei piani territoriali di settore di competenza ovvero in sede di approvazione degli strumenti urbanistici dei Comuni non adottino o non compiano, entro i termini previsti, tutti gli atti o adempimenti cui sono espressamente obbligata, il Presidente della Giunta Regionale, salva l’ipotesi di rimedi diversamente previsti per la singola fattispecie, esercita i propri poteri sostitutivi analogamente a quanto previsto dal comma precedente.
Il Presidente della Giunta Regionale è altresì tenuto, nei casi di particolare gravità, previa notifica di un nuovo termine al Sindaco e al Presidente della Comprensorio a nominare un Commissario per il compimento dell’atto o dell’adempimento previsto di fronte all’inerzia del Presidente della Comprensorio nell’esercizio dei propri poteri sostitutivi nei confronti dei Comuni.
Art. 70 - Osservazioni e opposizioni
In seguito alle osservazioni e opposizioni a uno strumento urbanistico o territoriale generale adottato, il Comune o il Comprensorio hanno facoltà di modificare lo strumento adottato se condividono le osservazioni od opposizioni presentate o di esprimere semplicemente il proprio parere al riguardo prima di trasmettere lo strumento, rispettivamente alla Comprensorio o alla Regione, per l’approvazione.
Solo nel primo caso, il Comune o la Comprensorio sono tenuti a ripubblicare la parte di piano interessata dalle modifiche apportate.
Art. 71 - Misure di salvaguardia
Salvo diversa disposizione per la singola fattispecie, dalla data dell’adozione degli strumenti urbanistici e dei loro progetti preliminari, nonchè delle relative varianti e fino alla loro entrata in vigore, si applicano le misure di salvaguardia, secondo le modalità della L. 3 novembre 1952, n. 1902, come integrata e modificata dalla L. 5 luglio 1966, n. 517. Il periodo massimo è di 5 anni, quando lo strumento sia stato inviato alla Regione o al Comprensorio entro un anno dall’adozione e, in caso contrario, di tre anni.
Lo strumento restituito non è più soggetto a misure di salvaguardia.
In caso di approvazione con proposte di modifica, anche quando il termine di applicazione delle misure di salvaguardia sia già scaduto, il Sindaco è tenuto a sospendere le proprie determinazioni sulle domande di concessione in contrasto con la parte del piano già approvata o con le modifiche proposte fino all'entrata in vigore dello strumento stesso, e comunque per un periodo non superiore a 1 anno.
In ogni caso, il Presidente del Comprensorio sentita l’organo tecnico comprensoriale, può disporre, con provvedimento motivato da notificare al sindaco e all’interessato, la sospensione dei lavori di trasformazione nei casi di entità tale da compromettere o rendere più onerosa l’attuazione degli strumenti urbanistici in itinere.
Art. 72 - Revoca degli strumenti urbanistici generali
La revoca dello strumento urbanistico generale approvato o adottato e trasmesso non può essere deliberato dal Comune senza la contemporanea adozione di un altro Piano Regolatore Generale.
In ogni caso, quando si tratti di strumento approvato, essa non ha effetto fino all’approvazione del nuovo strumento da parte della Comprensorio.
Art. 73 - Autorizzazione preventiva
Non è richiesta la preventiva autorizzazione per la formazione o variazione di strumenti della pianificazione urbanistica, ivi compresa quella prevista dall’art. 27 della L. 22 ottobre 1971, n. 865.
Art. 74 - Varianti per strutture di impianti pubblici
Quando si tratti dell’ubicazione di strutture non residenziali di modeste dimensioni a servizio di opere o di impianti pubblici e in contrasto con le prescrizioni urbanistiche di zona, la relativa variante è approvata con delibera di Consiglio Comunale, che diventa esecutiva ai sensi dell’art. 130 della Costituzione.
Art. 75 - Subordinazione della pianificazione urbanistica attuativa
E' fatto divieto al Comune di procedere all’adozione di strumenti urbanistici _attuativi di iniziativa pubblica prima dell’adozione del Piano Regolatore Generale e di approvare strumenti urbanistici attuativi di iniziativa privata prima dell’approvazione del Piano Regolatore Generale o prima comunque che sia trascorso un anno dalla sua adozione e trasmissione.

Titolo V
Disciplina dell’attività edilizia

Capo I
La concessione e l’autorizzazione

Art. 76 - Concessione e autorizzazione
L' esecuzione degli interventi di trasformazione urbanistica e/ o edilizia degli immobili compresi nel territorio comunale è soggetta al rilascio di una concessione comportante la corresponsione di un contributo e, in caso di manutenzione straordinaria e negli altri casi previsti eventualmente da leggi dello Stato, di un'autorizzazione.
Per la manutenzione ordinaria non è richiesta la concessione nè l'autorizzazione.
La concessione o l' autorizzazione sono rilasciate in conformità alle leggi, ai regolamenti e alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti.
In caso di strumenti urbanistici adottati e trasmessi, la concessione o l’autorizzazione è rilasciata in conformità alle previsioni degli stessi ai sensi dell’art. 4 della L. 1 giugno 1971, n. 291, salvo che non si tratti di Comuni compresi negli elenchi indicati nello stesso articolo, dove le limitazioni di cui al primo, secondo e terzo comma dell’art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765, si applicano fino alla loro approvazione.
Nei comuni privi di strumenti urbanistici generali o i cui strumenti adottati e trasmessi siano stati restituiti per rielaborazione, e fino all’adozione o riadozione e trasmissione dello strumento urbanistico generale, l’attività edilizia è limitata al recupero di 1 mc /1000 mq di terreno. Sono però sempre ammessi gli interventi di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, quelli al di fuori dei centri edificati nei limiti di cui alla L.R. 5 marzo 1985, n. 24 , nonchè quelli per nuovi edifici e complessi produttivi o loro ampliamenti, purchè la relativa superficie coperta non superi un decimo dell’area di proprietà.
Nei comuni obbligati a dotarsi o dotati del Programma Pluriennale di Attuazione, il rilascio della concessione avviene altresì ai sensi ai sensi dei primi due commi dell'art. 66 e, successivamente, ai sensi dell'art. 65 e del penultimo comma dell'art. 66. Negli altri Comuni il rilascio della concessione resta sempre subordinato all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte dei Comuni della loro attuazione nel successivo triennio o all’impegno dei privati di procedere alla loro attuazione contemporaneamente agli interventi concessi.
In ogni caso, anche in deroga ad altre leggi regionali, ai regolamenti e alle previsioni degli strumenti urbanistici, il Sindaco è autorizzato a rilasciare le concessioni o le autorizzazioni per la ricostruzione di edifici o di loro parte o comunque di opere edilizie o urbanistiche, integralmente o parzialmente distrutti a seguito di eventi eccezionali o per causa di forza maggiore.
Art. 77 - Rilascio e aventi titolo
La concessione o l' autorizzazione sono rilasciate dal Sindaco ai proprietari degli immobili o agli aventi titolo, previo parere della Commissione Edilizia Comunale e, nel caso di beni soggetti alla L. 29 giugno 1939, n. 1497, previo altresì il parere vincolante della Commissione Provinciale, di cui alla LR 8 agosto 1978, n. 41 .
Per gli immobili di proprietà dello Stato la concessione e l'autorizzazione sono date a coloro che siano muniti di titolo, rilasciato dai competenti organi dell'amministrazione, al godimento del bene.
Spetta al Presidente della Giunta Regionale l'esercizio delle competenze di cui al secondo e terzo comma dell'art. 81 del DPR 24 luglio 1977, n. 616.
La concessione o l'autorizzazione sono trasferibili ai successori o aventi causa e non incidono sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del loro rilascio.
Il committente titolare della concessione o autorizzazione, il direttore e l’assuntore dei lavori sono responsabili per ogni violazione delle norme generali di legge e di regolamento, nonchè delle modalità esecutive fissate nella concessione o autorizzazione.
Art. 78 - Validità
Per la validità della concessione o autorizzazione devono essere fissati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.
Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore a un anno dalla notifica; il termine, entro il quale deve essere presentata la richiesta del certificato di abitabilità o agibilità a seguito dell’ultimazione dei lavori, non può essere superiore a tre anni da quello del loro inizio; un termine più ampio è consentito solo in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive ovvero in caso di opere pubbliche da finanziare in più esercizi.
L’interruzione dei lavori per eventi eccezionali e di forza maggiore determina la sospensione del termine di ultimazione dei lavori per la durata dell’interruzione purchè questa sia debitamente comunicata al Comune. Il ritardo nell’esecuzione dei lavori per fatti sopravvenuti ed estranei alla volontà del titolare della concessione o autorizzazione consente al Sindaco l’emanazione di un provvedimento motivato di proroga.
Qualora i lavori non siano ultimati entro il termine stabilito, il titolare deve presentare istanza diretta a ottenere una nuova concessione o autorizzazione concernente la parte non ultimata.
La concessione e l’autorizzazione, trasferibili ai successori o aventi causa, sono irrevocabili, fatti salvi i casi di decadenza indicati al sesto comma dell’art. 4 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, e dalla presente legge.
In particolare, l’entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche comporta la decadenza delle concessioni e delle autorizzazioni in contrasto con le previsioni stesse, salvo che i relativi lavori siano stati iniziati e vengano completati entro il termine finale di 3 anni o quello determinato ai sensi del secondo e terzo comma.
Art. 79 - Procedimenti
Le determinazioni del Sindaco sulle domande di concessione o autorizzazione, motivate in caso di diniego, devono essere notificate all'interessato non oltre 60 giorni dalla data di ricevimento delle stesse o da quella di presentazione di documenti aggiuntivi eventualmente richiesti dal Sindaco; l'interruzione del termine è consentita una sola volta.
In caso di inerzia del Sindaco, gli aventi titolo hanno facoltà di ricorrere al Presidente del Comprensorio entro i successivi 60 giorni.
Il Presidente del Comprensorio, sentita la Commissione Edilizia Comunale quando non abbia ancora espresso il proprio parere o l'organo tecnico comprensoriale, provvede entro il termine perentorio di 60 giorni.
Nei 15 giorni successivi, dell’avvenuto rilascio della concessione o autorizzazione viene data notizia al pubblico mediante avviso affisso per 15 giorni all’albo pretorio, specificando il titolare della concessione e la localizzazione dell’intervento.
Chiunque può prendere visione presso gli uffici comunali della concessione o autorizzazione e presentare ricorso, non oltre 60 giorni dalla data di pubblicazione, al Presidente del Comprensorio per vizi di legittimità. L’affissione non fa decorrere i termini per l’impugnativa giurisdizionale.
La concessione o l’autorizzazione devono essere ritirate, a pena di decadenza, entro 120 giorni dalla notifica.
Nel caso invece di autorizzazione per interventi di manutenzione straordinaria, che non comportino il rilascio dell'immobile da parte del conduttore, e salvo il caso di edifici soggetti alla L. 1 giugno 1939, n. 1087 e alla L. 29 giugno 1939, n. 1497, l'istanza per l'autorizzazione si intende accolta qualora il Sindaco non si pronunci nel termine di 60 giorni. In tal caso il richiedente può dar corso ai lavori dando comunicazione al Sindaco del loro inizio.
Art. 80 - Deroghe
Il Piano Regolatore Generale può dettare disposizioni che consentano al Sindaco di rilasciare concessioni in deroga alle norme e alle previsioni urbanistiche generali quando riguardino edifici e/ o impianti pubblici o di interesse pubblico, purchè non abbiano per oggetto la modifica delle destinazioni di zona.
In tali casi il rilascio della concessione deve essere preceduto da deliberazione favorevole del Consiglio Comunale.

Capo II
Criteri per la determinazione del contributo

Art. 81 - Contributo
Il contributo per il rilascio della concessione è commisurato all’incidenza delle spese per gli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione.
La quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al Comune all’atto del ritiro della concessione.
La quota relativa al costo di costruzione è determinata all’atto del rilascio della concessione ed è corrisposta in corso d'opera con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune e comunque non oltre 60 giorni dall’ultimazione delle opere.
La quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è rateizzabile in non più di quattro rate semestrali, purchè i concessionari prestino ai Comuni opportune garanzie secondo le modalità previste dallo art. 13 della L. 3 gennaio 1978, n. 1.
In caso di modifiche della destinazione d'uso o di ampliamenti del volume o della superficie utile di calpestio, fuori delle ipotesi di cui all'art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, sia che si tratti di nuova concessione o di variante in corso d'opera, il contributo è pari alla parte di nuova edificazione e, in caso di mutamento della destinazione d'uso, alla differenza fra il nuovo uso e il precedente.
Il mancato versamento delle singole quote del contributo nei termini previsti comporta:
a) la corresponsione degli interessi legali se il versamento avviene nei successivi 30 giorni;
b) la corresponsione di una penale pari al doppio degli interessi legali, qualora il versamento avvenga negli ulteriori 30 giorni;
c) l’aumento di 1/3 del contributo dovuto, quando il ritardo si protragga oltre il termine di cui alla precedente lett. b) .
In caso di mancata utilizzazione della concessione, il contributo versato è utilizzato per altra concessione o restituito.
Art. 82 - Determinazione dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione
Il Consiglio Regionale adotta o varia con delibera apposite tabelle per la determinazione del costo teorico base e per i parametri per la determinazione dell’incidenza delle spese di urbanizzazione primaria e secondaria, con riferimento alle opere elencate all’art. 4 della L. 29 settembre 1964, n. 847, come modificato dall’art. 44 della L. 22 ottobre 1971, n. 865, nonchè alle quantità minime inderogabili fissate dal D.M.LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444, e dalla presente legge.
Il Consiglio Comunale delibera l’incidenza degli oneri di urbanizzazione moltiplicando il costo teorico base per i parametri che in relazione alla classe di ampiezza, all’andamento demografico e alle caratteristiche geografiche del Comune e delle zone territoriali omogenee previste dallo strumento urbanistico vigente, sono individuati dalle tabelle di cui al primo comma rispettivamente per le opere con destinazione d' uso residenziale; industriale e artigianale; turistica, commerciale e direzionale.
Agli effetti della determinazione degli oneri le zone territoriali omogenee C1 e C2 sono considerate come zona C.
Per i fini di cui al presente articolo, il volume da considerare è :
a) per gli interventi relativi a opere con destinazione d'uso residenziale e turistica, quello dato dal prodotto dell’altezza per la superficie complessiva, determinata ai sensi dell’art. 2 del D.M. LL.PP. 10 maggio 1977, concernente la determinazione del costo di costruzione degli i edifici;
b) per gli interventi relativi a opere con destinazione d'uso commerciale, direzionale, artigianale, industriale e agricola, quello dato dal prodotto dell’altezza per la superficie utile di calpestio di tutti i piani, compresi quelli interrati, con identica destinazione d'uso.
Per il calcolo dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione per le opere d’uso residenziale, il Consiglio Comunale determina preliminarmente il valore dell’incremento insediativo teorico dello strumento urbanistico vigente in base all’attuale popolazione residente e alla capacità insediativa derivante dall’applicazione degli indici di fabbricabilità stabiliti per le singole zone e assumendo che a ogni abitante insediato o da insediare corrispondono 100 mc di edificio.
Nei comuni classificati di montagna, con riferimento alle zone territoriali I.S.T.A.T., la pendenza va riferita alle singole zone di espansione previste dagli strumenti urbanistici ed è data dalla media fra la pendenza minima e la massima.
Il moltiplicatore relativo alla presenza di coste marine, lacustri o lagunari si applica solo nelle zone diverse dalle zone territoriali omogenee di tipo A, B o C1, individuate dal piano regolatore generale, e destinate a complessi residenziali che abbiano nell’uso della costa la loro ragione d' essere.
Il contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione relativo a interventi di restauro, di risanamento conservativo e di ristrutturazione, ivi compresi gli ampliamenti che non comportino aumento della superficie utile di calpestio, è pari a quello calcolato per interventi di nuova edificazione moltiplicando per 0,50, quando trattasi di interventi in zona territoriale omogenea di tipo A, per 0,40 in zona territoriale omogenea di tipo B e C1 e per 0,25 nelle altre zone territoriali omogenee.
Art. 83 - Determinazione della quota del costo di costruzione
La quota del contributo per il rilascio della concessione, variabile dal 5 al 20%, commisurata al costo di costruzione ai sensi dell' articolo 6 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, è determinata da apposite tabelle adottate o variate con delibera del Consiglio Regionale.
Il Sindaco all’atto del rilascio della concessione a edificare stabilisce, in base alle caratteristiche, alla tipologia e all’ubicazione dell’edificio e secondo quanto determinato nella tabella di cui al comma precedente, l’ammontare della quota di contributo pertinente all’intervento specifico.
Le modalità per il computo della superficie complessiva, su cui applicare il costo di costruzione, sono quelle previste dal D.M.LL.PP. 10 maggio 1977, concernente la determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici.
La determinazione delle caratteristiche dell’edificio è fatta con riferimento alle classi di edifici descritte all’art. 8 del sopra citato decreto.
Per gli alloggi, la cui costruzione è ammessa dagli strumenti urbanistici in zona artigianale o industriale, valgono i parametri pertinenti alle zone territoriali omogenee di tipo C.
Nelle zone territoriali omogenee di tipo A la quota relativa al costo di costruzione, indipendentemente dalle caratteristiche e dalla tipologia dell'edificio, è pari al 14% nei Comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti, al 16% in quelli con popolazione compresa fra i 5.001 e 10.000 abitanti, al 18% in quelli con popolazione compresa fra 10.001 e 50.000 abitanti, al 20% in quelli con popolazione residente superiore a 50.000 abitanti.
Nel caso di interventi su edifici esistenti e di costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, il costo di costruzione calcolato al fine della determinazione del contributo ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 6 e del secondo comma dell'art. 10 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, non può superare quello stabilito annualmente con decreto del Ministro dei Lavori Pubblici.
Art. 84 - Determinazioni comunali per la variazione degli oneri di urbanizzazione
Il Consiglio Comunale, all'atto della determinazione della quota del contributo per gli oneri di urbanizzazione, può apportare modificazioni in aumento o in diminuzione rispetto ai valori calcolati sulla base di quanto prescritto dall'art. 82 al fine di adeguare l'ammontare del contributo a specifiche situazioni locali in relazione ai criteri generali di cui al primo comma dell'art. 5 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, e nel rispetto degli obiettivi della programmazione regionale.
Le modificazioni in aumento non potranno superare il 30% e quelle in diminuzione non potranno essere superiori al 20% dei valori calcolati, tranne che per interventi edificatori nei Piani per l' Edilizia Economica e Popolare, nei piani realizzati su aree di proprietà del Comune e nei Piani per gli Insediamenti Produttivi, per i quali è ammessa la riduzione fino al 30%, elevabile fino al 40% per interventi di edilizia residenziale pubblica eseguiti dagli IACP e dalle cooperative a proprietà indivisa.
Qualora i Piani per gli Insediamenti Produttivi siano ubicati in Comuni dichiarati depressi ai sensi di legge, è ammessa la detrazione dal costo teorico base degli importi unitari spesi per opere realizzate con finanziamenti pubblici a fondo perduto.
Spetta al Consiglio Comunale determinare l’ammontare del contributo per il concorso nel pagamento degli oneri di urbanizzazione previsto al punto b) dell'art. 9 della L. 28 gennaio 1977,n. 10;l’ammontare di tale contributo non potrà comunque essere superiore al 20 per cento di quello calcolato in base a quanto prescritto all’ultimo comma dell’art. 82. Nei Comuni classificati montani o dichiarati depressi ai sensi di legge, è ammessa la modificazione in diminuzione fino al 30 per cento del contributo per gli oneri di urbanizzazione calcolato in base a quanto prescritto all’art. 82, in particolare per gli interventi edilizi nelle frazioni.
Per le opere destinate ad attività industriali o artigianali, la quota di contributo deve comprendere altresì l’incidenza delle opere necessarie al trattamento e allo smaltimento di rifiuti solidi, liquidi, gassosi e quella per la sistemazione ambientale dei luoghi eventualmente alterati dall’insediamento.
La determinazione dell’incidenza è fatta sulla base delle situazioni locali in relazione anche ai tipi di attività produttiva e va in aggiunta alla quota dovuta ai sensi delle tabelle degli oneri di urbanizzazione per le opere con destinazione d'uso industriale, artigianale e agricolo, di cui all’art. 82, al netto degli importi relativi alla parte di opere direttamente eseguite dai concessionari.
Art. 85 - Insediamenti turistici temporanei
Per la realizzazione di insediamenti turistici complementari, quali campeggi, asili per attrezzature mobili destinati ad alloggi temporanei itineranti e simili, il contributo per il rilascio della concessione è calcolato applicando i costi teorici ed i parametri della tabella relativa agli oneri di urbanizzazione per le opere con destinazione d'uso turistica, commerciale e direzionale, oltre che alle attrezzature fisse, anche alla superficie destinata alle unità di soggiorno temporaneo, assumendo per la determinazione del costo teorico base un indice di fabbricabilità fondiaria pari a 1,5 mc / mq.
Art. 86 - Scomputo della quota di contributo per oneri di urbanizzazione
Il concessionario ha titolo allo scomputo totale o parziale della quota di contributo dovuta per gli oneri di urbanizzazione qualora, in luogo totale o parziale della stessa, si obblighi col Comune a cedere le aree e le opere di urbanizzazione già esistenti o da realizzare con le modalità e le garanzie, di cui alla convenzione dell’art. 63.
La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, eventualmente eccedente il valore delle opere di urbanizzazione già eseguite e comunque cedute al Comune e di quelle che il concessionario si è obbligato a eseguire, è corrisposta all’atto del rilascio della concessione o secondo le modalità previste al quarto comma dell’art. 81.
Per le aree oggetto di un intervento convenzionato, ed entro i limiti di cui al primo comma, la determinazione degli oneri di urbanizzazione primaria è commisurata ai costi reali, valutati secondo stime analitiche, in base alle opere previste nell'intervento specifico, mentre la determinazione degli oneri di urbanizzazione secondaria è commisurata alla quantità di opere previste nel periodo di validità del Programma Pluriennale di Attuazione o prevedibili in un periodo analogo.
Nelle zone industriali o artigianali, istituite con leggi apposite ovvero deliberate dal consorzio o da altri Enti pubblici, dal contributo per le opere di urbanizzazione viene scomputato il corrispettivo in valore pagato per le stesse opere all’atto dell’acquisto delle aree occorrenti per le costruzioni oggetto di concessione.
Il Consiglio Comunale stabilisce, sulla base dell’analisi dei costi di urbanizzazione documentati dagli Enti attuatori della zona industriale e/o artigianale, l’ammontare delle quote oggetto di scomputo.
Art. 87 - Esenzione dal pagamento della quota di contributo per il costo di costruzione
Il concessionario ha titolo all'esenzione dal pagamento della quota di contributo per il costo di costruzione qualora si obblighi col Comune a praticare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione - tipo, di cui all'art. 8 della L. 28 gennaio 1977, n. 10.
Il concessionario assume gli obblighi, di cui al precedente comma, mediante una convenzione o un atto unilaterale d'obbligo.
Quando si tratti di interventi ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 27 della L. 5 agosto 1978, n. 457, la convenzione di cui al primo comma diviene obbligatoria ai sensi e per gli effetti ivi previsti.
Quando si tratti di interventi di rilevante entità per il recupero del patrimonio edilizio esistente nei Comuni superiori a 50.000 abitanti oppure quando sono ceduti ai privati beni espropriati in sede di attuazione dei piani urbanistici attuativi o del Programma Pluriennale di Attuazione, il Consiglio Comunale può deliberare che una quota degli edifici sia riservata all'edilizia convenzionata, stabilendo altresì nel primo caso una clausola preferenziale per alcune categorie sociali e la priorità per i precedenti occupanti.
In ogni caso la convenzione o l'atto unilaterale d'obbligo, tra l'altro devono contenere gli elementi della convenzione di cui all'art. 63.
Ai fini della convenzione - tipo di cui al primo comma, il Consiglio Comunale ne delibera lo schema in conformità alla convenzione - tipo e ad apposite tabelle parametriche adottate o variate con delibera del Consiglio Comunale.
La Giunta Regionale, sentita la competente Commissione Consiliare, determina, entro il 30 luglio di ogni anno, il valore del costo teorico base di costruzione da assumere per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, con riferimento ai costi di costruzione verificati a consuntivo per interventi di edilizia sovvenzionata e agevolata convenzionata; il costo teorico base così determinato è aggiornato dal Comune all'atto della stipula della convenzione sulla base delle variazioni del bollettino dei costi per fabbricati di nuova costruzione pubblicato dall'ISTAT.
Art. 88 - Esenzione dal pagamento del contributo
Il contributo non è dovuto per le concessioni di cui all’art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, entro i limiti e con le modalità ivi previste.
Per le opere da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, singolo o associato, la condizione di imprenditore agricolo a titolo principale è riconosciuta, su richiesta dell’interessato, dall’Ispettorato Provinciale per l’Agricoltura.
Le nuove costruzioni o gli ampliamenti di edifici esistenti con destinazione d' uso residenziale sono considerati funzionali alle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale se diretti ad assicurare al nucleo familiare dell’imprenditore stesso un alloggio con volume residenziale, esclusi gli accessori, fino a un massimo di 600 mc. e, quando si tratti di un nucleo familiare superiore a sei unità, un volume residenziale fino a un massimo di 100 mc. per componente.
Le opere relative agli annessi rustici, sono considerate funzionali alla conduzione del fondo solo per strutture necessarie alla realizzazione dei piani di sviluppo aziendali conformi ai piani zonali oppure a seguito di apposita certificazione del competente Ispettorato Provinciale per l’Agricoltura.
La vendita degli immobili, realizzati ai sensi della lettera a) dell’art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, a soggetti privi dei requisiti di imprenditore agricolo a titolo principale ovvero effettuata indipendentemente dalla vendita del fondo nei 10 anni successivi al rilascio del certificato di abitabilità o di agibilità costituisce modificazione d'uso ai sensi e per gli effetti dell’ultimo comma dell’art. 10 della L. 28 gennaio 1977, n. 10.

Capo III
Controllo dell’attività

Art. 89 - Vigilanza
Il Sindaco è tenuto a esercitare sul territorio comunale le funzioni di vigilanza generale, affinchè non siano eseguiti interventi di trasformazione urbanistica e/o edilizia in contrasto con le norme o i regolamenti vigenti o in assenza o in difformità dalla concessione o autorizzazione.
Art. 90 - Certificato di abitabilità e di agibilità
Anche ai fini di cui al precedente articolo, le opere conseguenti agli interventi edilizi e/ o urbanistici, per cui è richiesta la concessione, non possono essere abitate o usate senza il rilascio da parte del Sindaco di un certificato, rispettivamente, di abitabilità o di agibilità .
Il certificato è rilasciato a norma delle leggi vigenti, dopo che sia stata accertata la conformità della costruzione alla concessione rilasciata, nonchè ai nulla - osta e in genere alle autorizzazioni richieste nella fattispecie concreta, oltre che l' avvenuta corresponsione del contributo nei termini di cui all' art. 81.
Il Sindaco è tenuto a comunicare le sue determinazioni entro 30 giorni dalla richiesta del certificato.
In assenza del certificato è fatto divieto ai Comuni e alle aziende di erogazione dei servizi pubblici di effettuare le relative forniture.
Art. 91 - Sospensione di attività difformi
Qualora si constati che un intervento di trasformazione urbanistica e/ o edilizia su immobili compresi nel territorio comunale avvenga in assenza o in difformità dalla concessione o dall'autorizzazione edilizia, il Sindaco emette un'ordinanza con l' ingiunzione di sospendere provvisoriamente ogni attività ed eventualmente fa apporre sigilli alle opere in costruzione.
L'ordinanza è notificata, nelle forme previste per gli atti processuali civili, al proprietario e al titolare della concessione o dell'autorizzazione, e, quando si tratti di persona diversa, all'assuntore e al direttore dei lavori.
L'ordinanza è affissa all'albo pretorio del Comune e comunicata, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 15 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, agli uffici competenti per la cessazione delle forniture e dei servizi pubblici.
L'ordinanza di sospensione decade qualora il Sindaco non adotti un provvedimento definitivo entro 60 giorni.
Art. 92 - Sanzioni amministrative per opere eseguite in assenza o in totale difformità essenziali dalla concessione o autorizzazione
Le opere conseguenti ad interventi eseguiti in totale difformità o in assenza della concessione o dell' autorizzazione e in contrasto con gli strumenti urbanistici debbono essere demolite a cura e a spese del proprietario entro il termine fissato dal Sindaco con ordinanza, previo parere della Commissione Edilizia Comunale.
Con le stesse modalità il termine può essere prorogato per cause sopravvenute o di forza maggiore.
L'ordinanza è notificata ai soggetti, secondo le modalità e per gli effetti, di cui al secondo e terzo comma dell'art. 91.
Decorso tale termine, il Consiglio Comunale decide se le opere abusive non contrastino con rilevanti interessi urbanistici e/ o ambientali o se comunque possano essere utilizzate per fini pubblici.
In caso positivo, il Sindaco procede all'acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del Comune delle opere e dell'area su cui insistono ai fini di una loro utilizzazione per fini pubblici, compresi quelli di edilizia residenziale pubblica.
In caso negativo, il Sindaco, previa acquisizione dell'area, provvede alla demolizione o alla remissione in pristino, avvalendosi degli uffici comunali o di imprese private o pubbliche, ponendo in ogni caso le spese sostenute a carico dei soggetti responsabili.
L'acquisizione avviene ai sensi del quarto, quinto e sesto comma dell'art. 15 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, e, per area su cui insiste l' opera abusiva, si intende quella occupata dall'opera stessa con le sue immediate pertinenze, valutate anche ai fini dell'accesso e tenuto conto del rapporto di copertura previsto dal Piano Regolatore Generale.
Art. 93 - Sanzioni amministrative per opere in parziale difformità
Le opere conseguenti a interventi in parziale difformità dalla concessione o dalla concessione o dall'autorizzazione e in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, sono demolite a spese del concessionario oppure, nel caso in cui non possono esser rimosse senza pregiudizio della parte conforme, sono soggette ad una sanzione amministrativa pari al doppio del valore della parte dell'opera realizzata in difformità.
Il provvedimento di demolizione o l’irrogazione delle sanzioni sono emanati dal Sindaco, rispettivamente con ordinanza o con ingiunzione, previo parere della Commissione Edilizia Comunale.
L’ordinanza e l’ingiunzione del Sindaco devono contenere un termine per la demolizione o per il pagamento e devono essere notificate ai soggetti secondo le modalità e per gli effetti di cui al secondo e terzo comma dell’art. 91. Il termine è prorogabile ai sensi del secondo comma dell’art. 92.
Sono considerate opere in parziale difformità dalla concessione o dall'autorizzazione quelle in cui le costruzioni non superino di oltre un quinto il volume o di un terzo l'altezza prescritti nella concessione o autorizzazione.
Art. 94 - Sanzioni amministrative per cambiamento della destinazione d'uso
Quando il destinatario della concessione o dell'autorizzazione abbia apportato mutamenti sostanziali alla destinazione d'uso della costruzione rispetto a quella prevista nell'atto di concessione o autorizzazione, e questa non sia stata ripristinata entro il termine espressamente notificato dal Sindaco, questi, con apposita ordinanza, ordina l'interruzione delle somministrazioni relative a pubblici servizi fino al ripristino della destinazione d'uso conforme e al pagamento di una sanzione amministrativa pari al contributo dovuto per la destinazione abusiva.
Per mutamenti sostanziali si intendono quelli riguardanti almeno il 50% della superficie utile di calpestio o comunque comportanti attività nocive o l'esercizio di attività alberghiere.
Art. 95 - Sanzioni amministrative per opere abusive su terreni di proprietà dello Stato e di Enti Pubblici
Le opere conseguenti a interventi eseguiti da terzi su suoli di proprietà dello Stato o di Enti territoriali in totale difformità o assenza della concessione o autorizzazione e in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, sono acquisite gratuitamente dallo Stato o dagli Enti territoriali interessati al rispettivo patrimonio indisponibile, quando il Consiglio Comunale non abbia dichiarato l’opera abusiva in contrasto con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali.
L'acquisizione, avviene, previo parere della Commissione Edilizia Comunale circa la difformità dell'opera, mediante ordinanza del Sindaco, redatta ai sensi del quarto, quinto e sesto comma dell'art. 15 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, e notificata ai soggetti, secondo le modalità e per gli effetti, di cui al secondo e terzo comma dell’art. 91.
Nel caso in cui il Consiglio Comunale dichiari l’opera in contrasto con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali, il Sindaco ne ordina la demolizione da effettuarsi a cura e spese dei responsabili entro un termine stabilito e prorogabile ai sensi del secondo comma dell’art. 92.
L'ordinanza è notificata ai soggetti, secondo le modalità e per gli effetti, di cui al secondo e terzo comma dell'art. 91.
In caso di mancata esecuzione dell'ordine, alla demolizione provvede il Comune con recupero delle spese nei confronti dei responsabili.
Qualora invece le opere siano solo parzialmente difformi dalla concessione o dall'autorizzazione e in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, si applica il disposto dell'art. 93 e la sanzione pecuniaria è comminata dallo Stato o dagli enti territoriali interessati.
Art. 96 - Sanzioni conseguenti all’annullamento della concessione o autorizzazione
In caso di annullamento della concessione o dell’autorizzazione, qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la riduzione in pristino, il Sindaco applica con ordinanza motivata una sanzione pecuniaria pari al valore delle opere o di loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’Ufficio Tecnico Erariale.
La valutazione dell’Ufficio Tecnico Erariale è notificata dal Sindaco nelle forme previste per gli atti processuali civili e diviene definitiva col decorso dei termini per l’impugnativa.
Art. 97 - Disciplina delle opere sanabili
Le variazioni apportate in corso d'opera rispetto alla concessione o autorizzazione purchè non modifichino la sagoma, le superfici utili e la destinazione d'uso delle costruzioni e non siano in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, sono sanabili e non sono soggette ad alcuna sanzione amministrativa qualora approvate prima del rilascio del certificato di abitabilità o di agibilità.
Quando si tratti di mutamenti non sostanziali della destinazione d'uso ai sensi dell’art. 94, il Sindaco è autorizzato a rilasciare una concessione in sanatoria, previo il pagamento del contributo pari alla differenza tra la precedente e la nuova destinazione d'uso.
Art. 98 - Annullamento dei provvedimenti comunali
Entro 10 anni dalla loro adozione le deliberazioni e i provvedimenti comunali che autorizzano opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente, possono essere annullati dal Consiglio di Comprensorio interessato, sentito l’organo tecnico Comprensoriale.
Il provvedimento di annullamento è emesso entro 18 mesi dall’accertamento delle violazioni, previa contestazione delle stesse al destinatario della concessione o dell’autorizzazione, al proprietario se diverso e al progettista nonchè al Comune interessato, affinchè entro 60 giorni presentino le proprie controdeduzioni.
La contestazione di cui al comma precedente deve avvenire nelle forme previste per la notifica degli atti processuali civili.
Qualora i lavori siano in corso all'atto dell'accertamento, il Presidente del Comprensorio può sospendere i lavori con ordinanza notificata ai soggetti secondo le modalità e per gli effetti, di cui al secondo e terzo comma dell'art. 91. L'ordine di sospensione cessa di avere efficacia qualora, entro 6 mesi dalla sua emanazione, non sia stato disposto l' annullamento della concessione o autorizzazione.
Entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento di annullamento il Sindaco è tenuto a procedere ai sensi dell'art. 96.

Capo IV
Norme generali sull’attività costruttiva

Art. 99 - Procedure per contributi, sanzioni e spese
I contributi, le sanzioni e le spese, di cui alla presente legge, vengono riscossi con l’ingiunzione prevista dall’art. 2 del R.D. 14 aprile 1910, n. 639,che è emessa dal Sindaco del Comune interessato.
Art. 100 - Poteri sostitutivi
Qualora il Consiglio Comunale o il Sindaco, nello svolgimento delle funzioni di cui al presente titolo, entro i termini previsti, non compiano gli atti o non provvedano agli adempimenti, cui sono espressamente obbligati, il Presidente del Comprensorio, salvo l'ipotesi di rimedi diversamente previsti per la singola fattispecie, esercita i propri poteri sostitutivi promuovendo d'ufficio, ove possibile, la convocazione del Consiglio Comunale per la deliberazione dell'atto previsto oppure assegnando un termine al Sindaco per il compimento dell'atto o dell'adempimento previsto. In ambedue i casi, il decorso del nuovo termine comporta per il Presidente del Comprensorio la facoltà di nominare un Commissario per gli atti e gli adempimenti del Consiglio Comunale e a sostituirsi al Sindaco nell'adozione dei provvedimenti di sua competenza.
Nei casi di particolare gravità e di inerzia del Sindaco e del Presidente del Comprensorio, il Presidente della Giunta Regionale, su segnalazione o di propria iniziativa, promuove ispezioni e accertamenti diretti a controllare la rispondenza dell'attività costruttiva della disciplina urbanistica ed edilizia vigente.
Nello svolgimento dell'attività di cui al precedente comma, il Presidente della Giunta Regionale può , con provvedimento motivato e previa diffida al Sindaco e al Presidente del Comprensorio, sostituirsi al Presidente del Comprensorio di fronte alla sua inerzia nell'esercizio dei poteri sostitutivi.

Titolo VI
Norme transitorie e finali

Art. 101 - Piani delle Comunità Montane
I Piani delle Comunità Montane, redatti ai sensi della LR 28 marzo 1973, n. 11 , restano in vigore fino all'approvazione dei Piani Territoriali Comprensoriali interessati, da cui dovranno essere recepiti.
In sede di approvazione del Piano Territoriale Comprensoriale, il Consiglio Regionale può introdurre d'ufficio gli eventuali adeguamenti per i necessari collegamenti anche con i piani finitimi.
Il termine perentorio per l'approvazione da parte del Consiglio Regionale, di cui al secondo comma dell' art. 6 della LR 27 marzo 1979, n. 11 , non si applica al Piano Territoriale di Coordinamento allegato al Piano Generale di Sviluppo delle Comunità Montane.
Art. 102 - Finanziamento dei Comuni e dei Comprensori
Per l'adempimento delle incombenze disposte dalla presente legge i Comprensori costituiscono gli Uffici di pianificazione e gestione del territorio, avvalendosi anche di consulenti esterni.
La Regione, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, approva apposite norme legislative per concedere contributi per l' impianto degli Uffici di cui al precedente comma e per finanziare la redazione degli strumenti urbanistici dei Comprensori e dei Comuni ai sensi della presente legge e contribuire alle spese dei Comuni per il loro eventuale consorziamento ai sensi del punto 2) dell'art. 2 della presente legge.
Art. 103 Documenti programmatici sostitutivi
I piani adottati in assenza di piano territoriale di livello superiore sono redatti in armonia con i documenti della programmazione regionale e comprensoriale.
Art. 104 - Grafia degli strumenti urbanistici
Dopo la predisposizione della Carta tecnica regionale di cui alla legge regionale 16 luglio 1976, n. 28 , tutti gli strumenti urbanistici saranno elaborati sulla base della stessa con la grafia e simbologia regionali unificate, che entro sei mesi dall'approvazione della presente legge verranno indicate con deliberazione della Giunta Regionale, sentita la Commissione Tecnica Regionale e la competente Commissione Consiliare.
Art. 105 - Primo Piano territoriale regionale di coordinamento.
Il primo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento è adottato entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
Art. 106 -Termini per la sostituzione dei vigenti strumenti urbanistici generali
I Comuni, dopo l’entrata in vigore del primo Piano Territoriale Provinciale, vi si adeguano in via transitoria entro il termine di un anno, adottando il Piano Regolatore Generale, con i contenuti e gli elaborati di cui agli articoli 9 e 10, in sostituzione del vigente Programma di Fabbricazione o variando il Piano Regolatore Generale e relativo Regolamento Edilizio.
In ogni caso, dopo l'entrata in vigore della presente legge, non sarà più consentita l'adozione di nuovi Programmi di Fabbricazione o l'adozione di varianti generali a quelli attuali; 3 anni dopo, i Comuni non potranno più dotarsi di piani urbanistici attuativi in esecuzione di un Programma di Fabbricazione e comunque, nei due anni successivi, dovranno sostituire il Programma di Fabbricazione col Piano Regolatore Generale redatto ai sensi dei citati articoli 9 e 10.
Art. 107 - Competenze del Consiglio di Comprensorio
Sono di competenza del Consiglio di Comprensorio le funzioni attribuite al Comprensorio dalla presente legge.
Art. 108 - Sostituzione transitoria degli organi comprensoriali
Fino all'entrata in funzione dei Comprensori, i poteri attribuiti dalla presente legge al Presidente del Comprensorio sono esercitati dal Presidente della Giunta Regionale e quelli attribuiti alla Giunta e al Consiglio del Comprensorio dalla Giunta Regionale, fatte salve le attribuzioni della competente Commissione Consiliare ai sensi del punto 4) dell'art. 3 della LR 1 settembre 1972, n. 12 .
Fino al funzionamento degli organi tecnici comprensoriali, le relative funzioni sono svolte ai sensi dell'art. 6 della LR 13 settembre 1978, n. 57 .
Art. 109 - Interventi singoli ammissibili
Sono sempre ammessi, anche in assenza degli strumenti urbanistici attuativi preventivamente richiesti dai vigenti strumenti urbanistici generali, gli interventi singoli o di Comparto, di cui al penultimo comma dell’art 9, in attuazione diretta del Piano Regolatore Generale.
Art. 110 - Tabelle per gli oneri di urbanizzazione
Per la determinazione dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione di cui all’art. 82 e fino a una loro modifica con delibera del Consiglio Regionale, valgono le tabelle con relative note di cui alle lettere A.1, A.2, e A.3 dell’allegato A della legge regionale 24 novembre 1978, n. 62 .
In sede di prima applicazione si assume come valore della popolazione residente nel Comune quella risultante al 31 dicembre 1975, e, ai fini della valutazione dell’andamento demografico, la variazione media annua della popolazione residente nel periodo dal 31 dicembre 1965 al 31 dicembre 1975, considerandosi in condizione di stasi i Comuni per i quali l’indice di variazione è maggiore di -0,5% e inferiore a + 0,5%.
Art. 111 - Tabella per la quota del costo di costruzione
Per la determinazione della quota del costo di costruzione di cui all’art. 83 e fino alla sua modifica con delibera del Consiglio Regionale, vale la tabella di cui alla lettera A. 4 con le relative note dell’allegato A della legge regionale 24 novembre 1978, n. 62 .
In sede di prima applicazione della presente legge si assume come costo teorico base di costruzione quello stabilito con D.M. LL.PP. 3 ottobre 1975, ai sensi del terzo comma dell'art. 8 della L. 1 novembre 1965, n. 1179; detto costo è comprensivo delle spese generali e dell'utile di impresa.
Ai fini della determinazione dei canoni di locazione il Consiglio Comunale assume una percentuale del prezzo di cessione apri al 4%.
Art. 112 - Convenzione-tipo e relative tabelle parametriche
Per la redazione della convenzione - tipo e relative tabelle parametriche, di cui all' art. 8 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, e fino alla loro modifica con delibera del Consiglio Regionale, valgono l'allegato B e le tabelle B1, B2 e B3, con relative note, della LR 27 ottobre 1977, n. 61 , con le modifiche introdotte dalla LR 24 novembre 1978, n. 62 .
I Comuni sprovvisti di strumento urbanistico determinano l'incidenza degli oneri di cui all'art. 82 applicando per ciascuna categoria di opere come costo teorico base quello massimo contenuto rispettivamente nelle tabelle A1, A2 e A3 dell'art. 110 ed eventuali modifiche; ai costi così ottenuti si applicano i parametri relativi alla zona territoriale omogenea di tipo B contenuti nelle tabelle A. 1.2, A. 2.2 e A. 3.2, qualora gli interventi ricadano nell'ambito dei centri abitati e quelli relativi alla zona territoriale omogenea di tipo E negli altri casi.
Sono abrogate le leggi regionali 27 ottobre 1977, n. 61 e 24 novembre 1978, n. 62, ad eccezione dell'elenco dei Comuni esonerati, delle tabelle, delle relative note e dell'allegato richiamato agli articoli 64, 110 e 111 e al primo comma del presente articolo.
Art. 113 - Commissione Edilizia Comunale
La Commissione Edilizia Comunale è l’organo consultivo del Comune. Essa è formata da membri eletti dal Consiglio Comunale e da membri di diritto.
Sono sempre membri di diritto:
- il Sindaco o l’Assessore delegato;
- un rappresentante del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco;
- l'Ufficiale Sanitario Comunale od un suo delegato;
- il Capo dell’Ufficio Tecnico Comunale o un Tecnico suo delegato.
I membri elettivi dal Consiglio Comunale sono scelti tra esperti, con voto limitato a uno. In ogni caso è garantita l’elezione di almeno un rappresentante della minoranza.
I membri elettivi durano in carica 3 anni, sono rieleggibili ed esercitano comunque le loro funzioni fino alla nomina dei successori.
I Comuni sono tenuti ad adeguare i rispettivi Regolamenti Edilizi e a procedere alle conseguenti nomine entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.
Art. 114 - Piano Territoriale Regionale di Coordinamento E Piano Comprensoriale di Venezia
I rapporti fra il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e il Piano Comprensoriale di Venezia sono disciplinati a norma della L. 16 aprile 1973, n. 171, e della legge regionale 8 settembre 1974, n. 49 .
Il Piano Territoriale Comprensoriale recepisce i criteri informatori e le scelte urbanistiche del Piano Comprensoriale di Venezia, di cui alla L. 16 aprile 1973, n. 171, per la parte di territorio ricadente all'interno del comprensorio.
Art. 115 - Efficacia dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale
Agli effetti del primo e ultimo comma dell' art. 147 del TU approvato con DPR 30 giugno 1967, n. 1523, i vincoli di destinazione previsti dai piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale hanno efficacia per la durata di 10 anni a decorrere dalla data del decreto di approvazione.
I piani, la cui data di approvazione risalga a oltre un decennio, hanno efficacia fino a un triennio dalla data di entrata in vigore della L. 3 gennaio 1978, n. 1; quelli approvati da meno di un decennio conservano efficacia per un decennio e comunque per un periodo non inferiore a tre anni dalla predetta data..
Art. 116 - Atti di competenza della Giunta regionale
Quando una norma regionale subordina l' emanazione di un atto al decreto del Presidente della Giunta regionale previo parere, obbligatorio o vincolante, della Giunta regionale, il relativo potere è attribuito esclusivamente alla Giunta regionale.
Art. 117 - Disciplina transitoria
Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano a tutti gli strumenti urbanistici generali e attuativi adottati e trasmessi dopo 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, facendo salve le fasi procedimentali compiute.
Art. 118
La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell' art. 44 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Veneto.


Note

( 1) La Corte costituzionale con sentenza n. 287/1986 ha dichiarato manifestamente non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 93, ultimo comma.


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