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Legge regionale 31 gennaio 1989, n. 6 (BUR n. 7/1989)

Programma regionale di sviluppo 1988/1990

Legge regionale 31 gennaio 1989, n. 6 (BUR n. 7/1989) (Abrogata)

PROGRAMMA REGIONALE DI SVILUPPO 1988-1990

Legge abrogata dall’articolo 1, comma 1, della legge regionale 12 febbraio 2004, n. 3 .


SOMMARIO
Legge regionale 31 gennaio 1989, n. 6 (BUR n. 7/1989)

Programma regionale di sviluppo 1988-1990.

Art. 1

1. E' approvato il Programma regionale di sviluppo, che fa parte integrante della presente legge.
2. Esso costituisce il complesso delle prescrizioni e delle direttive per l' azione della Giunta regionale nella promozione dell' attività legislativa e nell' esercizio di quella amministrativa ; per l' attività del Consiglio regionale in sede di approvazione del P.T.R.C. e degli altri strumenti di pianificazione ; per l' attività degli enti, aziende e agenzie regionali.
3. Nei confronti degli enti locali territoriali il Programma regionale di sviluppo costituisce termine di riferimento per l' attività di loro competenza nell' ambito del concorso previsto dal dpr 24 luglio 1977, n. 616, nonché complesso di direttive per le attività loro delegate dalla Regione.

Art. 2

1. Per la realizzazione del Programma di cui al precedente articolo, la Giunta regionale assume le iniziative legislative, adotta i provvedimenti amministrativi che si rendono necessari.
Allegato alla L.R. 31 gennaio, 1989, n. 6 relativa a:
PROGRAMMA REGIONALE DI SVILUPPO 1988-1990
1. IL VENETO TRA PERSISTENZA E MUTAMENTO.
E' opinione largamente diffusa che i cambiamenti socio-economici che hanno interessato il Veneto siano avvenuti senza intaccarne l' identità culturale ; tale identità, anzi, è stata uno dei fattori che più hanno propiziato lo sviluppo del Veneto e che, paradossalmente, più hanno contribuito a ridurre l' impatto di quelle componenti negative che spesso lo sviluppo porta con sè.
L' orientamento del Consiglio regionale veneto è in questo senso molto chiaro. Nel “Documento degli indirizzi ” si afferma che “ l' identità culturale del Veneto (è) attualmente rappresentata dal permanere dei valori connessi alla persona e alle relazioni umane più significative che si intrattengono nella famiglia e nella comunità, nonchè dalla apertura, nella continuità, a modelli sociali sensibili alla domanda di crescita umana e civile, ai nuovi bisogni e ad una diffusa esigenza di solidarietà, nonchè ai portati dell' evoluzione scientifica tecnologica ed economica ”.
La crescita della ricchezza materiale che si è compiuta nella precedente trasformazione sposta dunque i limiti del concetto di sviluppo, ristretto ai soli contenuti economici, fino ad estenderlo al significato di benessere comunitario, per il soddisfacimento dei bisogni quantitativi e qualitativi capaci di dare pienezza di senso al vivere della persona, con i suoi valori e i suoi bisogni, permanenti e storici, ponendola al centro di ogni processo evolutivo, etico ed economico.
Nel Veneto questa prospettiva appare favorita da un tessuto di relazioni sociali che facilita il consenso fra i gruppi e le generazioni, per una tradizionale circolarità tra le culture e il persistere di occasioni di scambi e reciprocità tra classi e gruppi : nella diffusa articolazione del tessuto delle città piccole e medie del Veneto accompagnata dalla analoga diffusione delle attività produttive delle piccole e medie imprese ; nella forte diffusione dell' associazionismo e del volontariato orientati all' azione gratuita e altruistica ; nel marcato spirito di identificazione con la propria cultura che le comunità locali esprimono attraverso l' attaccamento ad aspetti significativi delle tradizioni culturali. Tra questi, in particolare, l' attitudine all' impegno sociale nell' economia e la forte tradizione di autonomia sociale e politica hanno prodotto da un lato la forte presenza del sindacato e del movimento cooperativo, dall' altro l' apertura all' innovazione tecnologica ed organizzativa e una accentuata “ natalità ” delle imprese.
La distinzione tra iniziativa pubblica e privata, cruciale per lo sviluppo, richiede nel Veneto un' attenzione particolare.
Il senso vivo di autonomia ha nella regione radici profonde, con motivazioni etiche e storiche, e tuttavia non si configura come antitesi allo Stato. Tuttora, nei comportamenti collettivi si mostra di preferire la gestione sociale a quella pubblica, forse per la partecipazione diretta che la prima consente, lasciando più ampio spazio alle motivazioni valoriali.
Il coinvolgimento delle disponibilità associative, presenti in tutti i settori di attività, con larghezza di intenti, diventa condizione indispensabile per rispondere alla domanda espressa da bisogni coerenti con il sistema di valori tradizionali e con i nuovi bisogni prodotti dall' evoluzione produttiva, urbana e sociale e dalla crescita culturale della regione.
La prosperità di un popolo cresce con la sua coesione morale, e degenera se si perseguono obiettivi non coerenti con la sua visione culturale. Questo è importante sottolineare in un Veneto che trae la sua ricchezza dalla propria continuità storica e culturale (pur nei rivolgimenti della sua storia politica), nel rispetto delle vocazioni locali e del loro relativo configurarsi nel corso del tempo, così che l' impianto unitario della regione si avvantaggia delle differenziazioni che ciascuna cultura locale è ancora in grado di esprimere, per ribadire una logica programmatoria che consolidi l' unità veneta, che valorizzi la complementarità delle sue parti e le organizzi a sistema.
Un tale disegno unitario trova coerenza nei valori della tradizione, nel radicamento e insieme nell' apertura verso le altre culture. Così il carattere aperto e la disponibilità al cambiamento della società veneta, la sua ricchezza e diversificazione debbono essere assunti come connotati determinanti per il conseguimento di una nuova sintesi in cui:
- Venezia e il Veneto riescano a saldarsi in una comunità unitaria;
- la comunità nel suo complesso si dimostri capace ad aprirsi all' innovazione scientifica e culturale;
- sul piano europeo il Veneto riesca a porsi come attivo strumento di ulteriore integrazione tra le economie nell' ambito di Alpe-Adria, all' interno dell' accelerato processo di internazionalizzazione che interessa attualmente le economie dei paesi industrializzati;
- sul piano extraeuropeo l' azione regionale verifichi le ipotesi di candidattura alla “ Esposizione Universale ” per il 2000, e realizzi una permanente rete di rapporti con le comunità venete di emigrati nel mondo.
2. IL P.R.S. GUIDA DELL' AZIONE REGIONALE
2.1 Le precedenti esperienze di programmazione.
Il primo documento globale di programmazione regionale documento che faceva riferimento al periodo tra il 1966 ed il 1970 fu approvato dal “ Comitato regionale per la programmazione economica del Veneto ” nel lontano 1968.
Benchè predisposto nel clima del “ miracolo economico ”, esso risentiva ancora dello shock provocato dalla massiccia emigrazione che aveva colpito la regione e che aveva dato luogo, nel corso degli anni’ 50, ad una significativa riduzione della popolazione. L' analisi del fenomeno migratorio faceva emergere la presenza di una relazione inversa tra consistenza dei flussi migratori e presenza di attività industriali e contribuiva quindi a far prendere coscienza dei significativi squilibri esistenti nel territorio regionale e fra questo e altre regioni italiane.
Si evidenziava tuttavia anche la presenza di crescenti impulsi allo sviluppo che apparivano caratterizzati da una notevole vitalità e dalla capacità di diffondersi sul territorio. La molla prima della crescita era individuata nell' industrializzazione, fenomeno che avrebbe permesso di creare all' interno della regione quegli sbocchi occupazionali, per una popolazione agricola in eccesso, che erano stati ricercati tradizionalmente o all' estero o nel triangolo industriale.
In definitiva il Piano 1966-70 prendeva atto del “ ritardo storico ” del Veneto rispetto alle altre regioni dell' Italia Settentrionale, ma riscontrava altresì i primi segni di una sua progressiva riduzione. Istituite le Regioni, in un clima di responsabilità politica completamente diverso, nel giugno del 1974 veniva approvato dal Consiglio regionale il “ documento programmatico preliminare ” e successivamente, sempre nello stesso anno, la “ nota aggiuntiva ”.
Il quadro di riferimento è nel frattempo mutato assai profondamente : il cosidetto “ autunno caldo ” ha radicalmente modificato il quadro delle relazioni industriali e la recessione del 1971 costituisce una recente realtà. La crisi energetica rende tutti consapevoli che il Paese è improvvisamente più povero. Lo sforzo richiesto ad una economia tipicamente manifatturiera e trasformatrice è ancora più intenso e l' aspettativa di un indefinito sviluppo industriale comincia ad essere messa in forse, mentre il processo di progressiva crescita del terziario che già interessava l' Italia dagli anni’ 50, comincia ad assumere nuove caratteristiche anche in seguito alla comparsa delle rivoluzionarie tecnologie connesse all' informatica.
Il “ Programma regionale 1975 ” segna una presa di coscienza dei nuovi problemi, a cui risponde con un approccio diverso, anche metodologicamente, da quello utilizzato in precedenza. Esso rappresenta infatti un primo tentativo di programmazione operativa, dato che cerca di istituire una connessione reale tra interventi di natura programmatica e spesa regionale. Inoltre, sempre per la prima volta, la Regione dichiara di voler procedere con il metodo dei progetti e muove i primi passi in questa direzione. Significativa, a questo proposito, è l' adozione della legge regionale n. 72/1977 che definisce le procedure della programmazione regionale. In particolare essa evidenzia il legame tra programmazione e bilancio e precisa le modalità di ricorso al “ metodo dei progetti ”.
E' questa la base legislativa su cui viene approvato il “ Programma regionale di sviluppo 1978-82 ”.
Nel frattempo la situazione economica si è ulteriormente modificata : le Regioni sono ormai una realtà e il Paese ha, in un certo senso, imparato a convivere con la crisi. L' andamento del reddito e dell' occupazione rende però impossibile la soluzione di problemi generali. Il processo di industrializzazione, inteso come aumento della quota del reddito e della occupazione prodotti dall' industria, volge al termine, anche se vi sono aree in cui questo processo non si è mai innestato e non mostra segni di volersi muovere in questa direzione. Nel terziario l' occupazione aumenta, ma è talvolta difficile distinguere tra comparsa di un nuovo terziario ed esternalizzazione del terziario già presente nell' industria. Lo stesso sviluppo del cosiddetto “ terziario avanzato ” colpisce più per la novità e l' interesse del fenomeno che non per la sua consistenza e diffusione.
Ma se queste notazioni negative possono essere formulate per il Paese nel suo complesso, si deve pur riconoscere che esse perdono gran parte della loro validità quando le si legga con riferimento al Veneto. Il Veneto può ormai essere considerato una regione industriale : l' incidenza degli addetti dell' industria è notevolmente cresciuta nel periodo intercensuario, attestandosi su valori non troppo lontani da quelli della Lombardia e del Piemonte, dove nello stesso periodo tale valore è rimasto invece sostanzialmente stazionario. Parallelamente l' incremento di occupazione nel terziario sembra essere avvenuto, almeno in termini di trend, in maniera del tutto fisiologica ; il terziario, in altre parole, risulta essersi sviluppato al servizio degli altri settori produttivi e con una limitata diffusione delle sue manifestazioni più innovative. In sintesi possiamo osservare che tutti i settori evidenziano un processo di riorganizzazione caratterizzato da una attenta ricerca della produttività
La sostanziale carenza della programmazione nazionale, progressivamente ridottasi a interventi sempre più episodici e contestati (si ricordi, a questo proposito, le vicende del “ Fondo investimenti occupazione ” e la legge 285 sull' occupazione giovanile) non facilita la redazione di un PRS regionale. A ciò va aggiunta la progressiva e ricorrente tendenza delle “ Amministrazioni centrali ” a riappropriarsi, sia in termini di competenza che di disponibilità finanziarie, dei compiti e delle funzioni regionali. La Regione del Veneto, ritenendo di avere maturato la necessaria esperienza di governo e consapevolezza del proprio ruolo nazionale ed internazionale, assegna al PRS il compito di formulare proposte e di dare contributi (in termini di obiettivi, contenuti e metodi) anche alla programmazione di livello nazionale.
2.2 Struttura e funzioni del P.R.S.
Secondo lo Statuto e la legge regionale n. 72/77, " l' attività della Regione Veneto si attua mediante programmi regionali di sviluppo ... . Il processo di programmazione è fondato sul programma regionale di sviluppo (PRS)... ”.
Questo significa che il PRS è il motore dell' intero processo, tanto che esso costituisce il “ termine di riferimento del sistema dei bilanci...nonchè del Piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC)... ”. Il PRS definisce pertanto il sistema degli obiettivi che la Regione si propone, li traduce in strategie, individua le conseguenti politiche generali che valgono come “ direttive ” per i diversi piani subordinati e definisce nei “ progetti ” le azioni della Regione e delle altre amministrazioni che è necessario coordinare per il perseguimento di determinati obiettivi.
Le direttive del P.R.S. si riferiscono dunque al “ Piano Territoriale regionale di coordinamento ” e ai Piani di settore, sociali, economici, ambientali e territoriali.
In proposito anzi il P.R.S. promuove una specifica attività di riordino del sistema di oltre cinquanta Piani regionali oggi previsti da più di trenta leggi.
Inoltre si avverte l' esigenza di regolamentare efficacemente il concorso degli Enti locali e della società veneta al processo di programmazione ; di fare della programmazione l' elemento centrale della politica della Regione ; di organizzare l' attività amministrativa di attuazione secondo modelli propri di una fase di pianificazione ormai articolata e matura ; di riordinare i diversi tipi di progetti e gli altri strumenti (come gli “ accordi di programma ”) che sono richiesti da esigenze interne alla Regione e dal proliferare di “ sportelli ” propri della finanza straordinaria ; si pensi ai progetti F.I.O. ai progetti F.I.A., ai Piani integrati mediterranei (P.I.M.).
3. IL QUADRO STORICO EVOLUTIVO
3.1 Crescita ed apertura internazionale dell' economia veneta.
Nel complesso processo evolutivo che ha interessato, a numerosi livelli, l' economia veneta dal dopoguerra ad oggi, possono essere distinte due fasi : la prima, quella del decollo o dello sviluppo estensivo, caratterizzata da un rapido processo di industrializzazione e a cui spetta il merito di essere riuscita a tamponare i massicci fenomeni migratori che l' esodo dalle campagne aveva provocato negli anni’ 50 ; la seconda contraddistinta, da un lato, da una profonda trasformazione della base produttiva, dall' imporsi di un vasto processo di terziarizzazione e dall' estendersi del livello di apertura verso l' esterno e, dall' altro, dall' insorgere della disoccupazione, soprattutto giovanile, problema che si è già attenuato negli ultimi anni e che appare destinato ad attenuarsi ulteriormente nei prossimi.
La prima fase, quella della industrializzazione, si realizzò in presenza di abbondanti risorse umane, disponibili a bassi salari, e fu caratterizzata dall' emergere di una imprenditoria “ di prima generazione ” di provenienza operaia, artigiana e contadina, spesso in precedenza coinvolta nella emigrazione e rientrata nel Veneto con un' accumulazione di esperienze e di risorse finanziarie, e capace quindi di dare un notevole contributo tributo allo sviluppo della Regione.
Essa investì, col proliferare di piccole e medie aziende, finanziate essenzialmente da capitale familiare, le aree centrali e pedemontane del Veneto ed interessò soprattutto i comparti tradizionali del settore manifatturiero dando vita, salvo rari casi di concentrazione monoproduttiva, ad una diffusione diversificata sul territorio.
I vantaggi relativi di cui l' industria veneta potè avvalersi in questo periodo e che si tradussero in bassi costi di produzione permisero di avviare un processo di crescita delle esportazioni che divenne, a sua volta, uno dei principali elementi propulsori dello sviluppo.
In questa fase i rapporti tra industria ed agricoltura nel Veneto si mantennero sempre estremamente equilibrati e ciò contribuì non poco a favorire un clima di pace sociale che accompagnò anche gli anni di più intensa trasformazione strutturale.
Le ragioni e le forme di questo equilibrio furono molteplici. Anzitutto di tipo produttivo, dato che la produzione agricola ha stimolato da sempre attività di trasformazione in alcuni settori del manifatturiero fra cui quello vinicolo, quello lattiero caseario, quello della produzione dello zucchero e degli olii secondo un processo di integrazione verticale che diventa più stretto mano a mano che il processo di industrializzazione prosegue. In secondo luogo perchè i protagonisti del passaggio dalla fase agricola a quella industriale provengono talvolta dal settore agricolo e dividono il loro tempo di lavoro tra attività agricola e attività industriale.
Infine perchè vi sono casi in cui nella famiglia rurale convergono redditi provenienti da più fonti, agricola, industriale, terziaria, redditi che costituiscono la base di accumulazione capitalistica per nuove iniziative imprenditoriali. Questa “ famiglia rurale a redditi misti ” funziona così da ammortizzatore delle tensioni che in altre aree “ mono-produttive ” si sono manifestate con maggiore intensità.
Le istituzioni pubbliche e le amministrazioni locali, alimentate da un consenso politico caratterizzato da una sostanziale stabilità, hanno provveduto con una politica di incentivazione legislativa (finanziaria e fiscale) e con un' azione autonoma di agevolazioni (sul tipo delle " real-estate " inglesi) a favorire l' insediamento nel loro territorio di nuove iniziative industriali.
Questo insieme di incentivi venne a cadere con la fine degli anni’ 60. Costituisce uno dei pochi esempi in Italia di politica industriale graduale e flessibile.
La seconda componente di questa strategia delle pubbliche amministrazioni fu costituita dalla politica delle infrastrutture, soprattutto viarie, che dotò il Veneto di una rete stradale articolata secondo una gerarchia di ruoli e secondo un modello non più radiale e accentrato su Venezia ma di tipo reticolare, ponendo così le premesse per una diffusione dell' industrializzazione anche nelle aree marginali. La crisi di sovrapproduzione che colpisce i paesi industriali all' inizio degli anni’ 70 porta da un lato alla riduzione del tasso di crescita totale e dall' altro all' aumento della quota produttiva occupazionale del terziario, verso il quale si orienta sempre più la domanda sia delle famiglie che delle aziende.
Continua la contrazione dell' occupazione del settore agricolo e saldi occupazionali negativi si registrano anche nell' industria a seguito di tassi di crescita della produzione industriale inferiori a quelli della produttività. Le attività terziarie rimangono quindi le uniche in grado di difendere i livelli occupazionali totali e, in particolare negli ultimi anni, di farli aumentare.
Questa seconda più difficile fase dello sviluppo Veneto è guidata da una seconda generazione di imprenditori. Essi provengono non solo dalle classi operaie ed artigiane, ma anche da quella borghesia commerciale che nel Veneto vanta antiche tradizioni ed unisce all' abilità e alla competenza nel settore della produzione quell' intuito commerciale che diviene essenziale nel momento in cui, oltre alla capacità di mantenere bassi i costi, risulta indispensabile introdurre innovazioni di prodotto e puntare sulla propria capacità di acquisire nuove quote di una domanda in declino, orientando l' azione commerciale soprattutto verso i mercati esteri.
La risposta che questa imprenditoria seppe dare alla crisi degli anni’ 70 (caratterizzata da stagnazione e inflazione insieme), in cui fattori esogeni, come la crisi energetica, interagivano con " rigidità ” interne preesistenti, fu in qualche modo originale e si manifestò in tutta l' area Adriatica.
Come negli anni’ 50 il “ miracolo ” economico si basò sulla nascita di piccole imprese e sul loro ingrandirsi, così negli anni’ 70 l' uscita dalla crisi e dalla rigidità si realizzò col decentramento produttivo, col frazionamento dei cicli industriali, con la moltiplicazione delle unità produttive attraverso un vasto processo di innovazione organizzativa e tecnologica reso possibile dall' avvento della rivoluzione informatica.
Dalla specializzazione organizzativa, tipica della fabbrica degli anni’ 50 e’ 60, si passa ad una forma di taylorismo imprenditoriale in cui si sviluppa la sub-fornitura ed un intreccio orizzontale e verticale tra aziende che interessa sia gli aspetti produttivi in senso stretto, sia quelli di servizio (finanziario, commerciale, tecnologico).
E' da rilevare inoltre che dal 1961 al 1986 la produzione industriale veneta è aumentata ad un tasso medio annuo di oltre il 4%, superiore a quello medio italiano e di molti paesi industrializzati.
E' tuttavia nei confronti delle regioni più avanzate del Nord che la crescita veneta va commisurata. Il tradizionale ritardo con le regioni settentrionali italiane non è stato ancora recuperato in termini di reddito, malgrado i cospicui aumenti di produttività, soprattutto nei settori primario e secondario.
A partire dagli anni’ 80, l' industria veneta, come del resto buona parte di quella italiana, ha saputo cogliere, seppure in gradi diversi, le nuove opportunità che i mercati internazionali offrivano alle strutture produttive più dotate di flessibilità e di capacità di adattamento, come appunto venivano caratterizzandosi le imprese minori della cosidetta area “ periferica ” adriatica. I risultati di questo processo, pur costoso, anche in termini sociali ed umani, sono ormai noti, sia nei suoi aspetti quantitativi che in quelli qualitativi.
In primo luogo il grado di internazionalizzazione dell' economia veneta, che vede salire il peso della componente estera nella formazione del reddito regionale a circa il 50%, aumenta notevolmente. In secondo luogo l' economia della regione, che fino agli anni’ 70 risultava “ passiva ” nei confronti dell' estero e “ attiva ” nei confronti del resto dell' Italia (era cioè trasformatrice di materie prime e semilavorati provenienti dall' estero che cedeva, dopo una prima trasformazione, al resto dell' Italia per la trasformazione finale), con la fine degli anni settanta diviene esportatrice netta nei confronti dell' estero e importatrice netta dall' Italia.
Questo diverso flusso di interscambio è il risultato di una “ nuova specializzazione ” che vede così privilegiati nella produzione e nell' export beni finali competitivi e penalizzati beni-chiave non concorrenziali (semilavorati e intermedi) a struttura di mercato oligopolistica, che si verifica contestualmente al consolidamento da parte di USA e Giappone della specializzazione in tali beni.
L' economia veneta, prima ancora di quella italiana, si è posta quindi alla ricerca di nuove combinazioni produttive con minore presenza di beni primari e maggiore presenza di beni intermedi. Ciò ha portato ad un aumento delle importazioni dal resto d' Italia e dall' Europa di semilavorati e ad una crescente integrazione nei mercati internazionali.
Il mantenimento, ed anzi l' accrescimento delle quote di mercato malgrado la perdita di competitività dovuta al divario inflazionistico, è stato così ricercato riorientando i flussi di produzione:
- nel senso della specializzazione verso i prodotti finiti in cui più elevata è la competitività in termini di qualità anzichè di prezzo;
- nel senso della ricerca di nuove correnti territoriali di interscambio, cioè verso nuovi mercati di sbocco (USA per esempio).
Il dato fondamentale è comunque che su scala internazionale i settori in cui il sistema economico veneto e quello italiano hanno riorientato la loro produzione crescono a ritmi più bassi di quelli di importazione e ciò non mancherà di avere riflessi pesanti sulla capacità di tenuta della nostra bilancia dei pagamenti.
Inoltre, un ulteriore elemento di perplessità è costituito dal fatto che i beni prodotti ed esportati dal Veneto hanno un elevato contenuto di “ terziario ” ovvero di servizi tecnologici, commerciali e finanziari. Ciò ha comportato una crescente dipendenza dell' economia veneta da un terziario avanzato che, in una struttura proiettata verso i beni finali e la concorrenzialità, diventa il settore chiave dell' espansione.
Questa dipendenza diventa sudditanza per quanto riguarda alcuni specifici settori, quali il mercato dei capitali, la grande intermediazione finanziaria e bancaria e, per certi aspetti, anche l' innovazione tecnologica, per cui i centri di potere e decisionali si vengono a trovare spesso al di fuori del Veneto. Innovazioni tecnologiche, gestione finanziaria e commercializzazione costituiscono in effetti fattori chiave dell' internazionalizzazione e l' economia veneta, che appariva per questi servizi dipendente da aree esterne (cioè dalle aree metropolitane di più antica industrializzazione), va ora colmando questo suo " gap ” con ritmi che, almeno sul piano quantitativo, la porteranno presto a coprire il proprio ritardo.
3.2 Tendenze demografiche e socio-economiche.
A. Le tendenze demografiche.
Al momento attuale la situazione demografica del Veneto è caratterizzata da:
- un saldo naturale negativo ;
- un saldo migratorio positivo;
- una sostanziale stabilità del livello della popolazione residente;
- un progressivo aumento dell' età media della popolazione.
Si tratta ovviamente di una situazione molto diversa rispetto al passato, quando si pensi al vero e proprio esodo che ha caratterizzato gli anni’ 50 e agli elevati tassi di natalità che la regione ha sperimentato fino alla fine degli anni’ 60.
A seguito di queste trasformazioni, la popolazione veneta è passata da una fase di declino (gli anni dell' emigrazione) ad una fase di notevole espansione (gli anni del “ baby boom ") all' attuale stasi (gli anni di bassa natalità). Questi mutamenti, unitamente all' effetto delle migliorate condizioni del livello di vita e delle tecniche sanitarie, hanno altresì comportato un fenomeno di progressivo invecchiamento della popolazione, i cui effetti sono già evidenti (nel 1951 i giovani fino a 14 anni erano il 27,7% e le persone con 65 anni e oltre il 7,7%, nel 1981 tali valori sono divenuti rispettivamente 20,7% e 13,1%) e lo diverranno sempre più nei prossimi anni.
L' andamento delle variabili demografiche ha avuto ed avrà numerose conseguenze su vari aspetti della vita sociale ed economica ed in particolare sulla distribuzione delle famiglie per numero di componenti, sull' istruzione e sulla formazione, sul mercato del lavoro, sulla domanda di servizi sanitari ed assistenziali e più in generale sulla domanda dei servizi alla persona.
B. La scolarità.
La caduta della natalità ha cominciato a far sentire il proprio impatto sulla domanda di istruzione a partire dall' anno scolastico 1977/78, quando la popolazione scolastica cominciò a diminuire dopo aver raggiunto il proprio massimo storico (758 mila allievi) l' anno precedente (le iscrizioni alle scuole elementari avevano già cominciato a diminuire nel 1973).
Concentrando l' attenzione sulla scuola media superiore, si può osservare che tutti i relativi indicatori (tassi di passaggio dalla scuola media inferiore alla scuola media superiore, il tasso di scolarità specifico) sono in rapida evoluzione, ma rimangono tuttora al di sotto dei dati medi nazionali e sono quindi piuttosto lontani da quelli degli altri paesi europei.
Per quanto riguarda il rapporto tra scuola e mondo del lavoro, si ricorda che, al momento attuale, ogni anno escono dal sistema scolastico propriamente detto circa 65 mila giovani e che di questi ben il 54% dispone solo del diploma di scuola media inferiore, il 13% di un diploma triennale o quadriennale e solo il 33% ha almeno un diploma (di questi quasi il 70% proviene da scuole tecniche o professionali).
Negli ultimi 6 anni la spesa regionale per la formazione professionale si è più che triplicata e con i suoi 70 miliardi rappresenta attualmente il 14% del bilancio regionale.
Per quanto riguarda la tipologia dei corsi, si sta assistendo ad una netta diminuzione di quelli di prima formazione a favore dei corsi di secondo livello e di riconversione e, all' interno della formazione di base, ad uno spostamento della struttura corsuale dal secondario al terziario.
C. Il mercato del lavoro.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, si osserva che nel 1986, dopo quattro anni di continue contrazioni, l' occupazione totale ha registrato un incremento di quasi il 3,4% ; tale tendenza positiva ha trovato pie una conferma anche nel corso del 1987, durante il quale l' occupazione è ulteriormente aumentata del 3,5%, toccando il proprio massimo storico con 1.773 milioni.
Questo incremento della domanda, che ha la propria origine essenzialmente nel settore terziario, ha premiato soprattutto l' occupazione femminile, che risulta in aumento in tutti i settori. Il tasso di femminilizzazione, che ha superato per il complesso degli occupati il 35%, ha toccato il 41% nel terziario.
L' andamento positivo del mercato del lavoro trova conferma anche sul lato della disoccupazione, il cui tasso è sceso dal 9,4% nel 1984 all' attuale 7,5%.
In un' ottica di più lungo periodo si può osservare che dal 1970 ad oggi e quindi nell' ambito di quella che è stata definita la seconda fase dello sviluppo veneto emergono tre sottoperiodi : il primo compreso tra il 1970 ed il 1980, il secondo relativo al quinquennio successivo, mentre nellùltimo biennio sembra essersi aperta una nuova fase con nuove caratteristiche.
Nel primo periodo l' occupazione aumenta per merito sia dell' industria che del terziario e l' azione con giunta di questi due settori prevale sul dato negativo dell' agricoltura. In questa fase il tasso di femminilizzazione, pur presentando oscillazioni congiunturali, rimane sostanzialmente costante attorno al 30%, mentre la quota del terziario è in aumento ma non supera il 46%. In questa fase la disoccupazione è in leggero aumento e al suo interno assume un ruolo preponderante la componente relativa alle persone in cerca di prima occupazione.
Nella seconda fase l' industria, che attraversa un momento di pesante ristrutturazione, si affianca all' agricoltura come settore in declino ed il terziario, rimasto lùnico ad espandere l' occupazione, non riesce a controbilanciare da solo l' azione del resto dell' economia. L' occupazione totale cala, il tasso di terziarizzazione si avvicina al 50%, mentre il tasso di femminilizzazione aumenta di oltre 2 punti percentuali.
La disoccupazione esplode ed al suo interno assume una importanza crescente la disoccupazione in senso stretto, costituita cioè dalle persone già occupate che hanno perso il posto di lavoro.
Con lùltimo trimestre 1985, si apre il terzo periodo:l' occupazione totale appare in netta espansione mentre l' occupazione industriale risulta stazionaria, quella agricola segna lievi incrementi, mentre gli occupati nel terziario stanno aumentando ad un tasso medio annuo superiore al 5%. Come abbiamo già visto ciò premia l' occupazione femminile la cui quota è in netto aumento. Anche il numero delle persone in cerca di occupazione sembra reagire positivamente, anche se è indubbio che l' espansione della domanda sia tradotta quasi integralmente in una crescita dell' offerta.
D. La situazione sanitaria.
Per quanto riguarda la situazione sanitaria della regione, dal dopoguerra ad oggi ci sono stati dei cambiamenti di straordinaria portata che riguardano sia la tipologia delle malattie, e quindi della domanda di servizi sanitari e assistenziali, sia la quantità e la tipologia delle strutture, nonchè la qualità, la quantità e le modalità di somministrazione dei servizi di prevenzione cura e riabilitazione.
Si ricorda in primo luogo che il sostanziale innalzamento del reddito pro-capite, il prolungamento della vita media, le modifiche nello stile di vita hanno cambiato drasticamente il quadro delle patologie. Pochi esempi saranno sufficenti. Si ricorda così che se non si muore più per malattie infettive e se si muore sempre più raramente per malattie respiratorie, sono invece aumentati i decessi per malattie cardio-circolatorie e circa raddoppiati quelli dovuti a tumori, mentre i giovani muoiono quasi soltano a seguito di incidenti. Le malattie dell' apparato respiratorio se non sono praticamente più causa di morte sono però le più diffuse tra le patologie vigenti in forma acuta e cronica e tra le forme cronico-degenerative prevalgono le artropatie.
In sostanza viene da chiedersi se il Veneto stia pagando in termini di salute un certo “ stile ” di vita connesso alle tipologie dello sviluppo e al degrado dell' ambiente.
Nello stesso periodo la regione si è tuttavia dotata di una delle più rilevanti, articolate e pregevoli strutture ospedaliere esistenti in Italia.
Non va altresì dimenticato che proprio l' istituzione dei consorzi socio-sanitari prima e delle ULSS poi, collocando la gestione dei servizi ad un livello sovra comunale ed extraospedaliero, ha da un lato provocato un processo di riconsiderazione dei problemi localizzativi e dall' altro generato un diffuso e sentito dibattito sulla funzione degli ospedali, sui problemi della ospedalizzazione non necessaria, del rapporto tra costi e benefici, dellùtenza ottimale per le funzioni di base e per le specialità, sulla relazione tra prestazioni ospedaliere e servizi extraospedalieri.
Segnali dei benefici effetti della presa di coscienza che ha accompagnato questo dibattito vengono dai dati che mostrano, ad esempio, un netto calo del tasso di ospedalizzazione.
Si è inoltre assistito al sorgere di tutta una rete, ancorchè non territorialmente omogenea, di servizi territoriali integrativi ed alternativi rispetto ai tradizionali presidi dell' assistenza.
3.3 Evoluzione del sistema urbano e territoriale.
Dal 1951 ad oggi il radicale cambiamento della struttura economica e la rilevante mobilità sociale hanno portato ad una grande espansione delle strutture edilizie e territoriali ed a processi di redistribuzione della popolazione fra i diversi sottosistemi territoriali in cui lo spazio regionale può essere articolato.
La trama policentrica veneta ha bene resistito alle forti pressioni dello sviluppo post-bellico, settorialmente e territorialmente disomogeneo e si presenta oggi molto diversa rispetto a quella degli anni’ 50. E' aumentato in misura rilevante il peso delle funzioni e dei centri urbani indotto dalla complessità del sistema produttivo e della domanda sociale di servizi, di ogni grado e livello, e hanno beneficiato in misura maggiore della quota di sviluppo catturata dal Veneto, quei sottosistemi territoriali in cui più organizzata e complessa era la struttura urbana. Il Veneto ha saputo rispondere in due modi alle sollecitazioni indotte dallo sviluppo e dal cambiamento della base produttiva:
- distribuendo su un vasto ed articolato “ sistema di centri ” maggiori e minori la domanda di localizzazione urbana di attività e di popolazione;
- organizzando attorno ai centri maggiori aree urbane più vaste in cui si rilevano intense relazioni di tipo metropolitano.
Percorso assai meno positivo hanno seguito nei primi decenni post-bellici alcune aree della regione per condizioni di partenza oggettivamente più sfavorevoli, ma anche per scarsità di quei fattori localizzativi che erano invece rilevanti altrove.
Tra il 1951 e il 1981 il patrimonio residenziale regionale è passato da 752.000 abitazioni (con 3.191.000 stanze) a 1.559.000 abitazioni (con 7.362.000 stanze), con un incremento del 107% (131% per le stanze).
Nello stesso periodo si deve sottolineare il forte incremento fatto registrare tra il 1951 e il 1981 dal peso demografico dell' area centrale (la pianura compresa tra l' Adige ed i primi rilievi collinari e prealpini) sul totale regionale (dal 64,6% al 73,0%).
Più in particolare nel corso del decennio 1951-61 l' accentramento ha interessato quasi unicamente i comuni capoluogo (Verona, Vicenza, Padova, Venezia-Mestre, Treviso), le “ città ” in cui industria, servizi, produzione e mercato delle abitazioni trovavano le condizioni più favorevoli per localizzarsi e svilupparsi ; nel decennio 1961-71 sono coinvolti nel processo di crescita anche i comuni della prima cintura intorno alle città maggiori ; dopo il 1971 sono coinvolti anche i comuni più esterni e prendono sempre più forma le " città funzionali ”, che comprendono un' area a corona dei capoluoghi sempre più ampia. In questo spazio geografico, più direttamente investito dall' effetto-città, potevano infatti essere decise, da parte degli operatori economici e dei soggetti privati, scelte di localizzazione, per le attività produttive e per le abitazioni, alternative rispetto alla concentrazione nei centri urbani maggiori, grazie a mutate condizioni di mobilità individuale, ad una più efficace organizzazione dei trasporti pubblici e ad un mercato edilizio dinamico e diversificato.
Per quanto riguarda le altre aree della regione, i capoluoghi provinciali Belluno e Rovigo hanno mantenuto e moderatamente incrementato la propria popolazione dal’ 51 ad oggi ; gli altri comuni nel complesso, sia quelli che sono classificabili, in termini di gerarchia, come “ poli ” di 3°, 4° e 5° livello, sia soprattutto i comuni minori, hanno ceduto popolazione all' area centrale, ad altre regioni ed all' estero. Il fenomeno, è stato molto accentuato fino al 1971 (tanto che i comuni minori non appartenenti all' area centrale scendono dal 26% del 1951 sul totale regionale, al 19% del 1971) ; dopo di allora si registra una sostanziale stabilizzazione demografica anche nelle aree esterne, con tendenziale modesto recupero anche nei poli urbani non compresi nell' area centrale.
L' arresto dei processi redistributivi della popolazione, che si sta attualmente verificando, è da ricondurre alla disponibilità di infrastrutture e di servizi, alla buona mobilità di cose, persone e informazioni, alla diffusione su tutta l' area centrale veneta di un dinamico tessuto industriale, all' affermarsi dell' economia turistica nei comuni costieri, montani e della riviera del Garda e agli alti redditi ormai assicurati dalla agricoltura e dal suo vasto indotto. Le differenti situazioni descritte richiedono, per assicurare stabilità e crescita, politiche diverse, anche se finalizzate ad uno stesso obiettivo, quello dell' elevazione relativa delle condizioni sociali ed economiche. Per quanto riguarda le aree che il precedente PRS definiva marginali (in sostanza la montagna e il Polesine), bisogna partire dalla considerazione del fatto che i divari in termini di reddito pro-capite sono stati considerevolmente attenuati ed ulteriori miglioramenti non possono essere ottenuti che a partire dalle risorse, e dalle potenzialità specifiche presenti nelle singole aree. Per l' area centrale, nella quale maggiore e più complessa è la concentrazione di strutture urbane, popolazione e investimenti, va sempre tenuto presente che non si può in alcun modo trasferire meccanicamente al Veneto l' esperienza delle aree metropolitane compatte e monocentriche.
La spinta all' industrializzazione ha già ampiamente dispiegato i suoi effetti e si è configurata generalmente come espansione dell' industria verso nuovi territori piuttosto che come abbandono di quelli di antica industrializzazione.
Si configura così non tanto un' area quanto piuttosto un sistema metropolitano veneto, già ora esteso a gran parte dell' area centrale. Un equilibrato sviluppo della sua base economica dipende allora dalla possibilità di sviluppare, da un lato nuove attività tecnologicamente avanzate, dall' altro tutto il complesso settore dei servizi e, in particolare, quelli avanzati e innovativi riservati alle imprese, migliorando infine i livelli di efficienza del sistema urbano nel suo complesso.
Le prospettive di crescita della regione hanno perciò bisogno di veder mantenuta ed accresciuta l' efficienza di ciascuna città e del sistema di città, perchè esse rappresentano il tramite fondamentale nelle relazioni internazionali ed il luogo elettivo dei processi creativi ed innovativi, e perchè infine l' efficienza dei sistemi produttivi non può realizzarsi in modo continuo e dinamico se non in presenza di un equilibrato e coerente sistema insediativo.
Obiettivo strategico strettamente collegato a questo è assicurare sempre migliori relazioni tra le città e la rete di insediamenti entro il sistema metropolitano e fra questo e gli altri sottosistemi regionali, così da consolidare e sostenere le componenti locali della loro crescita, senza far mancare risposte efficienti alla domanda di servizi rari e costruire, in prospettiva, un unico sistema regionale ancor più fortemente coeso.
3.4 L' interazione fra sviluppo e ambiente.
Dopo aver registrato i grandi passi compiuti dalla società veneta sulla via dello sviluppo, non bisogna tuttavia dimenticare, e va sottolineato con forza, che lo sviluppo demografico e la redistribuzione territoriale della popolazione da un lato, la crescita della produzione nonchè le modalità tecnologiche con cui tutto ciò si è verificato dall' altro, hanno avuto conseguenze pesantemente negative sull' ambiente.
La rarefazione della presenza umana nelle zone di collina e di montagna, il trasferimento sull' ambiente di tanti costi interni alle imprese, l' anteporre i risultati concreti dello sviluppo alla tutela e alla valorizzazione dei beni naturali, storici e culturali emergono come alcuni dei tratti salienti del recente processo di crescita socio-economica del Veneto e sono responsabili dei gravi fenomeni di dissesto idrogeologico, di degrado e di inquinamento dell' ambiente e del paesaggio a tutti ormai evidenti.
L' accresciuta vulnerabilità del sistema fisico territoriale e degli insediamenti rispetto ai dissesti (frane, erosioni, ecc.), alle esondazioni di fiumi e torrenti è da imputare sia direttamente alle opere di trasformazione operate dallùomo, sia al venir meno degli interventi di manutenzione diffusa effettuati dagli agricoltori, sia alle carenze, di strategia e talvolta di soluzioni progettuali, dell' intervento pubblico.
L' uso indiscriminato dell' aria, dell' acqua e del suolo e la valutazione, del tutto errata, che fosse possibile utilizzare l' ambiente esterno alla casa, alla fabbrica, alla città, agli allevamenti, alle attività agricole, ai consumi turistici, alla mobilità come un ricettore inesauribile hanno portato ad una sempre più grave compromissione delle risorse stesse.
Infine, i sistemi ambientali di interesse naturalistico - sia montani che fluviali come pure le “ zone umide ” costiere - risultano particolarmente danneggiati da interventi di trasformazione agricola e convenzioni dùso, - dal consumo turistico non controllato, da una eccessiva attività venatoria e dall' inquinamento.
La percezione della diffusione e della frequenza di fenomeni di degrado e di inquinamento anche acuti, rende facilmente convinti che, ancorchè con intensità molto differenziate secondo le diverse ottiche con cui possono essere valutati, difficilmente questi fatti possono essere considerati episodici, ma devono invece essere valutati come specifici indicatori di livelli di inquinamento per così dire “ generalizzati ”.
Come è noto, sia nel nostro Paese sia nel Veneto, la conoscenza sistematica, quantitativa e complessiva dei livelli di inquinamento, è largamente insoddisfacente. Ciò è da addebitare non tanto ad un comportamento “ perverso ” quanto anche alla mancata convergenza e accordo, anche a livello scientifico, sulle tecniche di misurazione da adottare e sui costi delle operazioni di rilevazione prima, di prevenzione e disinquinamento poi.
La carenza di informazioni generalizzate rende difficile anche la stessa valutazione - a livello macroeconomico - dei costi della difesa dall' inquinamento. La Regione ha in corso numerose iniziative in proposito (vedi documento degli Scenari (1), ma difficilmente si potrà disporre di informazioni conclusive in termini brevi. In situazioni di questo tipo si suole ricorrere al principio dell' " ipotesi peggiore " e quindi, nel caso di specie, all' ipotesi che il livello di inquinamento del Veneto sia già oggi “ critico ” e che quindi in massima non debba essere ulteriormente aggravato. Questa tematica, comunque, sarà affrontata anche più avanti, come uno dei nodi dello sviluppo.
4. VENETO VERSO IL 2000
4.1 Crescita di una società complessa e la persona .
La “ cultura ” e le esperienze di programmazione del Veneto, così come di tutti i paesi in cui questo metodo di gestione della società è stato sperimentato, rifiutano l' idea che gli obiettivi di un programma di sviluppo possano essere rappresentati esclusivamente dai ritmi di crescita del PIL pro capite e dell' occupazione.
L' aumento del reddito pro capite e della occupazione non rappresentano infatti una misura sufficiente ed esaustiva dello sviluppo socio-economico il quale si sostanzia anche nel miglioramento di aspetti qualitativi della vita, non sempre coerenti con gli obiettivi quantitativi della crescita economica.
Infatti, anche restando nell' ambito degli aspetti “ materiali ” della crescita, il rispetto dell' obiettivo del massimo benessere sociale non si persegue solo con la massimizzazione della disponibilità pro capite dei diversi beni, ma anche attraverso una loro “ equa ” distribuzione tra le persone, sul territorio, nel tempo.
Il tener conto di questi aspetti implica porsi l' obiettivo in termini matematici di utilizzare una funzione di più variabili i cui processi di interazione sono difficili da analizzare. Basterà osservare che una distribuzione uniforme del reddito può far aumentare il grado di benessere della collettività nel breve termine, ma rallentare i ritmi di crescita e quindi le potenzialità di benessere nel lungo periodo a causa dei probabili effetti espansivi sui consumi e depressivi sull' accumulazione. Altrettanto potrebbe dirsi per quanto riguarda una equa distribuzione del reddito sul territorio e nel tempo.
La crescente importanza che i problemi attinenti all' ambiente ed alla sua tutela hanno assunto, fa sì che la produzione del reddito non venga più ad interagire solo con i problemi distributivi (personali, spaziali e temporali), ma anche con quelli costituiti dall' impatto che i processi produttivi stessi hanno sull' ambiente.
La definizione di un obiettivo o meglio di un sistema di obiettivi dell' azione pubblica assume perciò un primo connotato : quello della tutela e miglioramento della " qualità della vita ” come espressione del benessere collettivo.
Nella società post-industriale i sistemi sociali tendono a divenire sempre più complessi, dando vita alla formazione di sottosistemi (sociali, politici, economici) che tendono a funzionare autonomamente e ciò contribuisce a porre in crisi il ruolo di sintesi della funzione politica. Così pure in campo economico, il neocorporativismo, che risponde alla logica della società complessa, rende sempre più difficile la composizione dei conflitti in un quadro di compatibilità e di “ concertazione ” degli obiettivi e degli strumenti.
A sua volta la crisi delle ideologie e il venir meno dei sistemi “ accentrati ” tende ad accentuare la separazione tra fatti e valori secondo un processo cumulativo che ne accelera il processo di dissociazione.
La mediazione politica deve pertanto regolare i rapporti tra valori e interessi, tra idee e tecniche, e in definitiva tra valori etici e sviluppo economico : occorre, cioè, far sì che la società cresca in dimensioni politiche.
La politica, al pari della scienza, non è solo al tempo stesso una sfida e una risposta alle sollecitazioni dell' ambiente, ma anche un tentativo costantemente rinnovato di superamento dei vincoli che l' ambiente circostante impone. Ma i fatti che riguardano la presenza dellùomo nella società non sono percepibili senza un quadro di riferimento di valori.
La complessità del sistema sociale, con la crisi che ciò comporta nei confronti del momento politico, si accompagna ad una crescita di soggettività economica che ha però ampie potenzialità in termini di avanzamento di una società più democratica e partecipativa.
La diffusione di imprenditorialità a tutti i livelli, fino a quello elementare del lavoro autonomo, che è tipico della società italiana, aumenta i gradi di libertà, ma anche di responsabilità e quindi di partecipazione dei singoli. Tutto ciò è reso sempre più concretamente possibile dalla rivoluzione tecnologica, e in particolare da quella informatica, che è in grado di moltiplicare i centri decisionali.
La frammentazione della società in gruppi di interessi corporativi porta a forme di organizzazione contrattualistica della società cui occorre dare un “ quadro di riferimento progettuale ” e nel quale occorre ritrovare una sintesi tra esigenze di efficienza e istanze di solidarietà. Questo costituisce un secondo ordine di obiettivi di un programma di sviluppo. Occorre cioè promuovere una forma di autogoverno del sociale, attivando una sorta di patto in cui lo Stato e la Regione siano soggetti di garanzia e controllo e non di pubblicizzazione generalizzata dell' economia.
Da questi connotati che il sistema degli obiettivi deve possedere emerge che il fine del processo di crescita della società è lùomo, la valorizzazione della persona umana in tutte le sue espressioni.
La velocità del cambiamento è oggi tale per cui, contrariamente al passato, i mutamenti strutturali sono più rapidi della crescita economica e soprattutto molto più veloci delle possibilità di adattamento delle istituzioni e, al limite, delle persone.
In questo senso valorizzazione della persona significa “ attrezzare ” l' uomo ad essere protagonista e attore della trasformazione, protagonista che domina anche i processi tecnologici, ma soprattutto valorizza le sue capacità. Di qui consegue un sistema di obiettivi centrato da un lato sulla valorizzazione dell' uomo e delle sue capacità, dall' altro sulla sua promozione culturale e quindi sulla sua capacità di interpretare e guidare i rapporti con l' ambiente. In sintesi, al di là di una serie di finalità specifiche, sia pure con livelli di generalità diverse, l' obiettivo di carattere primario e pervasivo di questo PRS è la crescita della persona. L' uomo, il suo insieme di valori, le relazioni che lo legano agli altri uomini sia individualmente che attraverso le associazioni a cui appartiene e le istituzioni nel cui ambito opera, vanno visti e analizzati non isolatamente, ma nell' ambito delle complesse interrelazioni che li collegano al sistema economico e sociale.
Dunque alla base di questo PRS non vi è una concezione rigidamente unidirezionale ma la consapevolezza di un sistema complesso in cui valori, cultura, regole del gioco, strutture del potere interagiscono in continuazione. E' in questo mondo complesso che lùomo agisce ed è a questo uomo, alla sua crescita nella sfera economica, sociale e culturale, alla creazione di una maggiore consapevolezza che lo renda sempre più protagonista razionale della storia che è indirizzato questo PRS.
4.2 Problemi e vincoli.
Per impostare correttamente l' azione di piano è necessario adottare un' ottica di lungo periodo che consenta di fare emergere i problemi di fondo, i vincoli e le contraddizioni che la società veneta troverà sul proprio cammino.
A tale scopo nel documento degli Scenari sono state svolte delle analisi previsionali su di un orizzonte temporale di circa 15 anni, da oggi al 2000. Tali analisi suggeriscono numerose considerazioni e sollevano una serie di importanti problemi rispetto ai quali il PRS si deve esprimere con chiarezza.
Pur rimandando alle pagine seguenti per una discussione più articolata, si può immediatamente indicare nella occupazione e nell' ambiente i due problemi principali del prossimo decennio, nel sistema dei trasporti o meglio in quello delle comunicazioni in senso lato nel sistema finanziario e nello sviluppo tecnologico i vincoli cruciali, mentre il problema delle migrazioni, riconducibile agli squilibri di crescita demografica tra il Nord ed il Mezzogiorno, ma soprattutto tra l' Italia ed i paesi del Nord Africa, rappresenta la grande incognita che potrebbe vanificare tutte le previsioni effettuate, ponendoci di fronte a nuove drammatiche realtà sia economiche che sociali.
Per quanto riguarda i problemi dell' occupazione, l' evoluzione dei dati demografici in atto contribuirà a creare tensione sul mercato del lavoro ancora per alcuni anni, rendendo problematico lo sviluppo dei tassi attuali di occupazione ; negli anni’ 90 il problema principale da affrontare sarà quindi quello di una più equa distribuzione dei posti di lavoro che favorisca in particolare i giovani e le donne. Si proporrà inoltre il problema di un maggior coinvolgimento in attività sia di mercato che non di mercato delle persone anziane, il cui numero è in notevole evoluzione.
I tassi di crescita del PIL necessari per raggiungere gli obiettivi indicati sono nell' ordine del 4% nel prossimo quinquennio e del 3% 4% negli anni’ 90. Queste previsioni e compatibilità ovviamente sono valide nella misura in cui il Veneto non venga interessato da importanti ondate migratorie. Al momento attuale questo fenomeno di difficile previsione in termini quantitativi, appare altamente probabile qualora si tenga conto del fatto che negli anni’ 90, a fronte di una diminuzione della popolazione in età lavorativa nelle regioni del Nord, si registrerà un sostanziale aumento (1,5 milioni) di quelle del Sud e che la popolazione in età lavorativa dei paesi del Nord Africa aumenterà a tassi, senza precedenti storici, compresi tra il 2% e il 3%.
Poichè il PRS intende ancorare la propria politica occupazionale sia al tasso di occupazione generale che a quelli specifici proponendosi, nella prima fase, il mantenimento del tasso di occupazione totale e, in quella successiva, la riduzione delle differenze tra quelli specifici, l' andamento delle variabili demografiche e dei flussi migratori dovrà essere seguito con particolare cura.
Gli alti tassi di crescita qui indicati, non come obiettivo del piano ma come condizione necessaria per raggiungere gli obiettivi occupazionali, potrebbero tuttavia avere, senza un adeguato intervento, pesanti influssi negativi sulle condizioni ambientali. Le quantità di inquinamento prodotto sono collegate infatti da un rapporto di proporzionalità al quantum della produzione.
L' obiettivo della crescita dovrà essere perseguito, senza però più niente concedere ad una impostazione che, non tenendo conto degli effetti ambientali della crescita economica, ha fino ad ora provocato danni talora anche rilevanti. Dovranno essere attivate tutte le risorse necessarie per recuperare la salubrità dell' aria, la purezza delle acque e la vivibilità del territorio.
Nel proporre l' obiettivo di rendere compatibile crescita e miglioramento ambientale il PRS opera in modo da utilizzare il disinquinamento come uno dei motori dello sviluppo.
Il sistema delle comunicazioni, il sistema finanziario, l' innovazione costituiscono i possibili vincoli alla crescita programmata e dovranno pertanto essere oggetto di precise politiche ed interventi.
Nelle pagine che seguono le previsioni demografiche costituiscono il quadro entro cui si esamineranno in maggior dettaglio i problemi relativi all' istruzione e alla formazione, al mercato del lavoro, alla salute e alla qualità della vita nonché il sistema delle coerenze tra occupazione e crescita ; i capitoli sulle strategie e sulle politiche verranno dedicati all' analisi delle modalità con cui affrontare i vincoli e gli scogli che potrebbero impedire o rendere difficile il raggiungimento degli obiettivi del PRS.
4.3 Prospettive.
Nelle analisi socio-economiche forse le uniche variabili rispetto alle quali le conoscenze scientifiche e le tecniche esistenti permettono di effettuare previsioni sufficientemente accurate sono la popolazione e la sua struttura. Ciò è tanto più rilevante quando si consideri che tali previsioni rappresentano un punto di partenza obbligato per effettuare valutazioni su numerosi altri aspetti strategici della vita economica e sociale quali il fabbisogno di posti di lavoro, l' andamento della domanda di servizi per le persone (ed in particolare i servizi scolastici e formativi ed i servizi sanitari), il fabbisogno di energia, di abitazioni, di spazi ricreativi.
Al momento attuale le capacità previsionali sono molto più elevate per quanto riguarda l' andamento della natalità e mortalità di quanto non lo siano rispetto i flussi migratori. Ciò appare particolarmente problematico in quanto l' attuale fase storica rappresenta quasi sicuramente un punto di svolta : infatti se nella prima metà degli anni ottanta, nel nostro paese, il fenomeno migratorio non è stato rilevante a livello interregionale, negli anni novanta si assisterà probabilmente al riacutizzarsi del fenomeno.
I motivi principali sono due:
a) la sostanziale stabilità della popolazione italiana per il prossimo quinquennio sarà il risultato dell' espansione di circa un milione di unità della popolazione delle regioni meridionali e di un' analoga situazione di quella delle regioni settentrionali ;
b) la popolazione della Sponda Sud del Mediterraneo continuerà ad aumentare a tassi superiori al 2% e tassi ancora più elevati caratterizzeranno le popolazioni in età lavorativa, cosichè è stato calcolato che per mantenere l' attuale tasso di occupazione sarebbe necessario creare in tali paesi circa 30 milioni di posti di lavoro da qui al 2000, il che richiederebbe tassi medi annui di crescita del PIL compresi tra il 6% e il 9%.
Non va infine dimenticato che consistenti flussi immigratori potrebbero pervenire da altri paesi dell' Africa e dell' Asia il cui andamento economico non sembra in grado di far fronte al fabbisogno occupazionale generato dalla violenta espansione demografica in atto.
Come già detto la varietà del fenomeno e la carenza di informazioni statistiche non rendono ancora possibile calcolare stime attendibili dell' andamento futuro dei flussi immigratori. E' tuttavia possibile che nel 2000 vivano in Italia tra i 3 e i 5 milioni di immigrati e che 200-400 mila risiedano in Veneto (sul comportamento da tenersi in proposito cfr. 9.8).
Tuttavia, poichè non si è in grado di fornire una base attendibile per tale valutazione, si ritiene preferibile in questo momento sviluppare il tema utilizzando previsioni demografiche ottenute nell' ipotesi che l' andamento futuro delle immigrazioni nel Veneto sia analogo a quello in atto.
Va comunque sottolineata con forza la necessità di tenere sotto controllo l' andamento dei flussi immigratori, di giungere al più presto a formulare delle stime basate su modelli econometrici e a modificare sulla base di tali risultati le politiche della Regione nei numerosi domini sociali ed economici che risentono dell' influsso delle variabili demografiche.
Nel 2000 la popolazione residente del Veneto sarà pari a 4.162 milioni di unità ed inferiore quindi circa 200 mila unità a quella del momento attuale. Si noti che a tale risultato si arriverà attraverso decrementi annui che diverranno via via più cospicui tanto che la riduzione prevista tra il 1986 ed il 1991 (9.300 unità) è di gran lunga inferiore al decremento medio annuo previsto per lùltimo quinquennio del secolo (-26.800 unità).
Le principali classi di età che compongono la popolazione si comporteranno tuttavia in maniera differenziata. Saranno i giovani fino a 14 anni a presentare il calo più immediato e pesante. Essi passeranno infatti dagli attuali 750 mila a 480 mila del 2000, con un calo pari a 270 mila unità (36%).
La popolazione in età lavorativa continuerà invece ad espandersi fino all' inizio degli anni’ 90, per poi ridursi a tassi crescenti, cosicchè nel 2000 si riporterà su valori leggermente inferiori a quelli attuali.
In espansione continua risultano invece gli anziani che aumenteranno di 172 mila unità (+ 29,4%) e la cui quota supererà quella dei giovani. Se infatti al momento attuale ogni cento abitanti del Veneto 17 hanno fino a 14 anni e 13 ne hanno 65 e oltre, nel 2000 i rispettivi valori saranno 12 e 18.
L' evoluzione demografica a cui si sta assistendo è fenomeno di grande rilievo e merita alcune considerazioni, dato che è destinata a influenzare in molti modi il quadro sociale ed economico. Di fronte ai dati appena presentati, il primo commento che si può fare è che si è di fronte ad una popolazione in declino ed in progressivo invecchiamento.
Ora, anche se non è questo il luogo per interrogarsi sul fatto se la crescita demografica sia un bene o un male, non ci si può astenere da alcune considerazioni, rilevanti per giungere ad individuare gli obiettivi del PRS ed impostare correttamente le relative politiche:
- il livello dei consumi non dipende dal numero dei consumatori, ma dal loro reddito, peraltro il calo demografico produce effetti da ritenersi preoccupanti non solo sul piano economico;
- i processi demografici si realizzano in tempi lunghi, tanto che il calo della natalità comincerà ad influenzare la popolazione in età lavorativa solo negli anni’ 90 e ciò favorirà certamente il raggiungimento degli obiettivi occupazionali;
- il carico per lavoratore non dipende solo dall' andamento demografico, ma anche da quello del mercato del lavoro e al momento attuale i tassi di occupazione registrati nel Veneto sono sui minimi storici e ben lontani dai valori che si registrano negli altri paesi industrializzati d' Europa e negli Stati Uniti e vi è quindi largo margine per un loro innalzamento;
- il concetto di carico per lavoratore ha senso non in quanto rapporto demografico, ma in quanto misura dell' oggettiva capacità di mantenere altre persone e ciò è da correlare soprattutto alla possibilità di guadagno dei lavoratori e quindi alla produttività del sistema economico. D' altra parte il cosidetto livello di benessere è anche funzione del maggiore o minor numero dei componenti della famiglia (benchè non sia questa l' unica angolazione dalla quale il fenomeno debba essere riguardato) : basti, tra gli altri, pensare al fenomeno di progressiva concentrazione patrimoniale in una situazione in cui i nati tendono ad essere meno dei morti;
- l' età dell' obbligo scolastico è troppo bassa e non degna di un paese con le nostre tradizioni civili e culturali.
In sostanza anche se i cambiamenti nel livello e nella struttura demografica previsti per il prossimo quindicennio sono indubbiamente rilevanti, il loro impatto sulle vicende economiche pare sia da vedere più in un' ottica di cambiamenti qualitativi che quantitativi, più in relazione a fenomeni di redistribuzione che di livello e gli aspetti positivi sembrano di gran lunga prevalere su quelli negativi. Più interessante sembra invece riflettere sul fatto che la parola invecchiamento, utilizzata in precedenza, può portare a considerare in maniera erronea il fenomeno che si sta vivendo. In effetti l' innalzamento della durata della vita media che si sta osservando è accompagnato da uno spostamento in avanti della vecchiaia fisiologica, cosicchè una persona di 60 o 70 anni di oggi (e soprattutto di domani) non è confrontabile con una persona che aveva la stessa età negli anni 50.
Ciò significa che la strada da prendere è quella di ripensare alla struttura del tempo di vita per quanto riguarda l' istruzione e la formazione, l' attività lavorativa e il tempo di non lavoro. L' andamento demografico appena descritto avrà importanti conseguenze sul sistema formativo e sul mercato del lavoro.
Per quanto riguarda il primo aspetto si può osservare che nel quinquennio in corso gli ingressi in prima elementare sono valutabili sulle 41 mila unità ; tra il 1995 ed il 2000 essi saranno pari a 26 mila.
La popolazione tra i 6 e i 14 anni passerà da 460 mila a 286 mila unità, con un calo del 38%. Ancora più pronunciato sarà il calo della popolazione tra i 15 ed i 19 anni.
Supponendo immutate la regole che governano il funzionamento scolastico (rapporto allievi docenti) e il comportamento dei giovani verso la scuola (tassi di passaggio alle scuole medie superiori, e da queste all' Università, tassi di sopravvivenza in tali scuole questi dati configurano una situazione in cui non vi sarebbe spazio per l' ingresso di nuovi insegnanti (detto in altri termini non sarebbe necessario sostituire quelli che escono per pensionamento) e vi sarebbe un forte esubero di aule.
Gli stessi dati potrebbero però suggerire anche che la Regione potrebbe far fare un salto qualitativo al livello educativo dei giovani e alla qualità del processo formativo, utilizzando meglio le strutture esistenti e senza aumentare la quota di bilancio destinata a questo settore. Questa scelta sarebbe d' altra parte in linea con quella che sarà quasi certamente una delle linee evolutive della domanda di lavoro che tenderà a richiedere una preparazione di base sempre più elevata e perciò più compatibile con strutture produttive complesse e con un settore terziario in evoluzione. Essa sarebbe altresì coerente sia con l' idea di una ristrutturazione del tempo di vita, di cui si parlava in precedenza, che con le necessità di una società che miri a più alti livelli di cultura civile ed in cui emerga l' importanza di gestire adeguatamente una crescente quota di tempo libero.
Venendo ora agli aspetti sanitari e assistenziali, l' evoluzione demografica in precedenza delineata e il previsto andamento del reddito pro capite non potranno non avere notevoli ripercussioni sulla quantità e qualità dei servizi sanitari e assistenziali richiesti (cfr. anche le direttive specifiche per la pianificazione socio-assistenziale, par. 6.1 - h)). Alcune linee evolutive possono essere indicate fin da ora.
In primo luogo aumenterà l' interesse verso la prevenzione delle malattie ed una migliore conservazione della forma fisica. Ciò implicherà il manifestarsi di una maggiore richiesta di informazioni, di sorveglianza sulla qualità dell' ambiente e dei prodotti alimentari, di educazione sanitaria, di test di diagnosi precoce, di check up periodici e di prestazioni fisioterapiche e termali.
Aumenterà la quota di popolazione adulta affetta da forme croniche evolutive a carattere progressivamente invalidante e quindi la richiesta di sorveglianza sanitaria periodica e di terapie farmacologiche di mantenimento.
Aumenterà la domanda di assistenza sociale per la popolazione anziana, ed in particolare per quella parzialmente inabile. Lùlteriore possibile sviluppo delle patologie neoplastiche e dell' AIDS richiederanno una complessa strategia di prevenzione diffusa e di attività altamente specialistiche di diagnosi e di cura.
E' certo altresì che l' evoluzione della domanda la cui capacità di valutare il servizio offerto diverrà sempre più raffinata sarà nella direzione di richiedere prestazioni sempre più mirate e personalizzate.
In sostanza il quadro è quello di una domanda che tenderà a divenire sempre più complessa ed esigente in un quadro di crescente sensibilità nei confronti dei problemi della salute sia fisica che psichica.
Passando infine alle problematiche connesse al mercato del lavoro, si è già visto quale sarà l' andamento del livello della popolazione in età lavorativa nei prossimi quindici anni. Per valutare quale sarà la situazione del mercato del lavoro veneto sarebbe necessario disporre altresì di stime della occupazione regionale per il prossimo quindicennio.
Poichè contrariamente a quanto osservato per la popolazione non si dispone nè delle conoscenze nè delle tecniche per far fronte, in maniera credibile, a tale esigenza, è preferibile seguire una strada alternativa, che peraltro sembra più consona ad un documento di piano : vale a dire individuare quale livello di crescita della produzione garantirebbe l' ottenimento della situazione occupazionale desiderata. Il lavoro già svolto in questa direzione ha permesso di giungere alle seguenti conclusioni.
Sono state considerate tre possibili ipotesi di crescita del PIL : nella prima il tasso medio annuo è del 2%, nella seconda del 3%, nella terza del 4%.
Per esplicitare meglio il significato di tali ipotesi si nota che con la prima il PIL della regione aumenterebbe da qui al 2000 del 31,9% e con la terza del 73,2% e che il PIL pro capite aumenterebbe in misura ancora maggiore data l' attesa variazione negativa della popolazione.
Se l' elasticità occupazione-prodotto registrata in media negli ultimi anni rimarrà immutata, l' occupazione aumenterà del 6,1% nella prima ipotesi (2%) e del 14,2% nella terza (4%) toccando nel 2000 rispettivamente 1,793 e 1,906 milioni. E' allora evidente che da qui al 2000 tutte le ipotesi di crescita considerate sono in grado di garantire, sia pure in maniera diversa, incrementi del tasso di occupazione. Prendendo come riferimento la classe 15-69 si vede infatti che da un tasso di occupazione del 52,7% del 1985 si passerebbe ad uno del 57,2% con la prima ipotesi e del 60,9 con la terza.
Tuttavia l' andamento della popolazione in età lavorativa, come sopra definita, non è costante nel tempo, ma registra incrementi fino all' inizio degli anni’ 90, per poi diminuire. In particolare si ha un incremento del 4% nel prossimo quinquennio ed una riduzione dell' 1% e del 3,3% nei due quinquenni successivi. Pertanto mentre in questo quinquennio solo una crescita media annua del 4% garantirebbe il mantenimento del tasso di occupazione, in quelli successivi tale obiettivo sarebbe raggiunto anche con crescite del PIL inferiori al 2%.
Il discorso si complica tuttavia entrando più nel dettaglio. Le elaborazioni fatte mostrano infatti che se si ragiona non solo in termini di tasso di occupazione totale, ma si considerano anche i tassi specifici, ed in particolare il tasso di occupazione maschile e quello dei giovani, e se si vogliono mantenere o migliorare i valori di questi indicatori sono necessarie crescite più elevate della produzione.
Si ricordi, a titolo di esempio, che il mantenimento fino al 2000 del tasso di occupazione maschile richiederebbe una crescita media annua del PIL al 3% e solo una crescita al 4% porterebbe ad un effettivo miglioramento della situazione occupazionale dei giovani. Questo ultimo dato, in particolare, trova la propria spiegazione nell' allungamento della durata della presenza media femminile sul mercato del lavoro e nell' aumento del peso delle classi centrali di età i cui membri maschi godono di un diritto prioritario nell' assegnazione dei posti di lavoro esistenti.
I ragionamenti relativi al mercato del lavoro svolti fino ad ora sembrerebbero pertanto suggerire che il raggiungimento dell' obiettivo occupazione, come qui articolato, è legato ad una crescita notevolmente sostenuta del PIL, crescita che dovrebbe essere superiore a quella registrata nellùltimo quindicennio. A tale conclusione si giungerebbe ovviamente anche se si ragionasse puramente in termini di aumento della capacità di acquisto. E' tautologico infatti affermare che più elevati saranno i tassi di incremento del reddito, maggiori saranno le possibilità di consumo ed i livelli occupazionali.
Venendo ora al problema della coerenza fra i vari obiettivi si deve osservare che le analisi effettuate hanno mostrato che, in assenza di politiche specifiche particolarmente determinate ed efficaci, la crescita economica non avviene senza costi sociali e che i più rilevanti sono quelli che la comunità paga in termini di inquinamento e di salute, elementi costitutivi fondamentali di quella qualità della vita che gli indirizzi assunti dal Consiglio regionale pongono tra gli obiettivi prioritari del PRS e che costituiscono uno degli aspetti centrali della crescita della persona umana nella sua interezza.
Si sa che il livello dell' inquinamento è connesso alla crescita economica sia a causa dell' evoluzione della struttura dei consumi a favore di beni che determinano un' attivazione settoriale che favorisce incrementi di produzione in alcuni dei settori più inquinanti (casa, salute, trasporti), sia per la crescita del trasporto industriale strettamente correlato alla crescita della produzione e al livello di apertura internazionale dell' economia veneta.
Inoltre anche la salute fisica e psichica dei cittadini costituisce un elemento essenziale della qualità della vita e, in assenza della necessaria consapevolezza ed attenzione, anch' essa potrebbe venire minacciata dalle modalità dello sviluppo economico. Questa conclusione va tuttavia attentamente precisata.
Per sgombrare il campo da facili critiche appare in primo luogo opportuno osservare che bisogna saper distinguere tra gli aspetti oggettivi di tale relazione, che lega la qualità della vita alla crescita economica, e la percezione della medesima.
Una cosa è infatti affermare che l' incremento della produzione, condizione necessaria anche se non sufficiente per aumentare l' occupazione, comporta un peggioramento delle condizioni ambientali, un aumento dell' inquinamento e conseguenze negative sulla salute fisica e psichica dei cittadini, e un' altra è sostenere che gli uomini coinvolti nel processo siano sempre disposti a considerare rilevanti o prioritari tali problemi.
In una fase iniziale dello sviluppo economico in cui i problemi da affrontare e risolvere riguardano ancora i bisogni primari connessi all' alimentazione, all' alloggio, alle lotte contro le malattie infettive, alla mobilità, è evidente che nella percezione umana prevale la visione che l' incremento della produzione e della ricchezza comporta un netto miglioramento delle condizioni di vita. E' solo nella fase successiva, quella in cui i bisogni primari sono stati soddisfatti e sempre più rilevanti diventano nel paniere del consumatore medio i beni di lusso, che si comincia a dare peso agli aspetti qualitativi e che questi possono finire col prevalere su quelli quantitativi.
Ora questa è la fase verso la quale la società veneta si avvia ed è quindi coerente con le caratteristiche di tale fase sottolineare che la crescita economica, anche se obiettivo da incoraggiare, deve essere governata così da limitarne il più possibile le conseguenze negative.
4.4 Obiettivi di lungo periodo.
Compito di questo paragrafo è quello di descrivere la configurazione della società e della economia veneta alla cui realizzazione è finalizzata l' azione generale di piano.
Il realizzarsi della situazione qui descritta comporta la persistenza degli elementi positivi della cultura veneta e la diffusione dei valori relativi all' istruzione e alla professionalità, alla salute fisica e psichica, alla difesa del territorio e dell' ambiente.
Dovrà inoltre prevalere nella società veneta il convincimento che l' azione sia privata che pubblica deve essere decisa sulla base di una attenta considerazione delle possibili alternative e di una valutazione dei loro probabili effetti di breve e di lungo periodo, sia individuali che sociali.
Ciò implica, per quanto riguarda le strutture pubbliche, la piena accettazione ed adesione ad un' ottica di programmazione. Il piano, visto come processo e supportato da opportune strutture tecnico-amministrative che, avvalendosi anche delle necessarie metodologie statistiche, permettano di valutare gli interventi in fase di scelta, di attivazione e di valutazione della efficacia degli interventi, diverrà una normale modalità di attuazione dell' azione regionale.
Iniziando dalla struttura dei consumi l' ipotesi di base è che la domanda interna presenti una veloce evoluzione, che si sostanzierà in una crescita del peso della quota di spesa nei servizi alle persone e alla produzione ; a questo ovviamente corrisponderà una analoga riduzione della quota di spesa nel consumo di beni finali. Questa evoluzione non dipende dal fatto che gli operatori economici ritengono di dover contrarre la produzione industriale (semmai ne risulta modificata la quota rivolta al mercato interno rispetto alla quota destinata all' esportazione, a tutto vantaggio di questùltima), ma dall' azione convergente delle seguenti considerazioni.
La spesa in istruzione tenderà ad aumentare più che proporzionalmente sotto l' impulso di una domanda che vede in essa un valido investimento in una società che si caratterizza per il progressivo accrescersi della propria complessità, del ruolo delle informazioni, delle tecnologie avanzate, della ricerca.
In tale società il ruolo delle persone con istruzione elevata tende a crescere, il loro numero ad aumentare sia in valore assoluto che percentuale, così come le loro retribuzioni relative. Inoltre in una società soggetta a rapida evoluzione anche la struttura per professioni della domanda di lavoro cambia rapidamente, anche se in direzioni non facilmente prevedibili. In questa situazione di incertezza, lùnico modo per ridurre il rischio individuale è quello di dotarsi di basi conoscitive sufficientemente ampie che permettano di acquisire nuove capacità e specializzazioni, quando l' evoluzione della domanda di lavoro lo renda necessario.
Ma in una società come quella veneta che sta raggiungendo elevati livelli di sviluppo, all' istruzione e alla formazione si penserà anche in termini di consumo e quote crescenti del reddito pro capite verranno destinate alla fruizione di servizi formativi.
La separazione tra istruzione, formazione e cultura tenderà a sparire proprio nella misura in cui il livello di istruzione si eleverà e la fruizione dei servizi formativi non sarà più limitata alla parte iniziale della vita, ma si articolerà su tutta la sua durata, con le necessarie diversificazioni funzionali e metodologiche.
Alcuni punti fermi di questa evoluzione vanno individuati:
- in un consistente prolungamento dell' obbligo scolastico che consentirà di fornire una cultura di base coerente con i tempi;
- in un' ampia estensione della frequenza universitaria, che sarà resa possibile a tutti i meritevoli;
- in una diffusione di corsi post universitari
- nella realizzazione di una formazione professionale in grado di costituire un effettivo tramite tra scuola e mercato del lavoro ; in una progressiva facilitazione del passaggio tra mondo del lavoro e dell' istruzione e formazione basato sull' esistenza di ampi ed articolati programmi di formazione permanente;
- nella possibilità di fruire di servizi formativi e culturali anche nellùltima parte della vita.
La spesa in sanità aumenterà più che proporzionalmente sotto l' influenza di una domanda che vede nella cura preventiva del proprio corpo un investimento ben remunerato dal diminuito livello di rischio di malattia e dalla migliore qualità della vita resa così possibile.
Si diffonderà altresì la consapevolezza che la prevenzione deve esprimersi non solo attraverso la cura individuale del proprio corpo, ma anche e soprattutto attraverso una corretta gestione dell' ambiente di vita e di lavoro. Peso rilevante, anche da un punto di vista finanziario, verrà pertanto dato agli aspetti della sicurezza, del rispetto ambientale, del corretto rapporto sia fisico che psichico con il mondo della produzione.
La spesa delle aziende in servizi aumenterà più che proporzionalmente perchè esse riterranno che questa sia la strada necessaria per mantenere competitività sia sui mercati interni che, soprattutto, su quelli internazionali. Particolarmente importante sarà considerata la spesa in ricerca e sviluppo, che verrà vista come normale strumento di politica industriale e sarà indirizzata, in particolare, all' innovazione di prodotto.
In questa prospettiva la produzione industriale si caratterizzerà quindi non solo per la modernità delle modalità produttive, ma anche e soprattutto per la progressiva introduzione, a fianco dei settori tradizionali, di nuovi settori ed attività. La scelta dei prodotti sia del settore industriale che agricolo sarà tuttavia guidata non solo dalla profittabilità individuale, ma anche dalla compatibilità con gli obiettivi sociali e ambientali.
In particolare i settori ad alto inquinamento (quelli cioè i cui effetti inquinanti nonostante l' affinarsi delle tecnologie presentino maggiori difficoltà di controllo) verranno progressivamente disincentivati ed al limite abbandonati o vietati, sia nel settore agricolo che industriale.
Anche l' evoluzione tecnologica procederà nella direzione di promuovere tecnologie risparmiatrici e pulite, per quanto riguarda sia i residui, che gli sprechi di materiale, che lùtilizzo di energia (cfr. 8.1.3).
Verrà potenziata e favorita la diffusione dell' informatica come strumento di gestione sia a livello privato che pubblico.
Aumenterà il livello di apertura dell' economia verso l' esterno, mentre si perseguiranno attivamente politiche di contatto e di scambio con le diverse realtà culturali e con le strutture di elaborazione e ricerca, universitarie e no, più avanzate nel mondo.
La Pubblica Amministrazione sarà partecipe e promotrice di questi fermenti di innovazione, puntando sempre più a criteri di trasparenza ed efficienza.
A questi principi si dovranno uniformare anche le scelte relative alle fonti energetiche, ai trasporti e alla distribuzione territoriale sia delle attività produttive che della popolazione.
Nel campo dell' energia, in particolare, il prevalere di un atteggiamento volto al razionale sfruttamento di diverse fonti e tecnologie porterà a risposte diversificate, a seconda delle situazioni sia territoriali che localizzative, ponendo particolare attenzione al risparmio energetico e alle fonti rinnovabili. A tale proposito nell' orizzonte delle possibili fonti alternative continuerà ad essere tenuto in considerazione e studiata la fusione nucleare (vi sono impegnate l' Università di Padova e il CNR).
Anche per quanto riguarda i trasporti delle persone e delle merci dovranno trovare applicazione le nuove tecnologie in modo da adottare soluzioni e modi di trasporto meno inquinanti.
Assolutamente essenziale è poi il discorso relativo alla raccolta, trasmissione e diffusione delle informazioni. In questo settore un ruolo particolarmente rilevante verrà svolto dalle sedi universitarie venete che, oltre a svolgere ricerche non finalizzate, dovranno diventare sempre più centri di diffusione dell' innovazione nel campo delle tecnologie d' avanguardia (come informatica, fibre ottiche, biotecnologie, energia). La definizione di progetti di ricerca di vasto respiro saranno strumenti attraverso i quali questo processo verrà realizzato. Si confronti in proposito la legge autorizzativa di costituzione della “ S.p.A. per l' Innovazione ” L.R. 6.9.88, n. 45 e la proposta di istituzione di un “ Tavolo permanente di consultazione ” tra Università, Regione ed, eventualmente, altre forze economico-sociali.
Infine anche la distribuzione territoriale delle attività produttive e della popolazione si conformerà ad una molteplicità di obiettivi e verrà valutata sulla base di più livelli di compatibilità con:
- la efficienza del fattore città e dell' organizzazione del territorio nell' economia regionale;
- la attenuazione e, tendenzialmente, la esclusione di costi sociali conseguenti ai processi di trasformazione urbani e territoriali;
- un bilancio positivo fra i costi e i benefici di ogni progetto di trasformazione, soprattutto nei confronti delle variabili ambientali;
- una generale elevazione della “ qualità della vita ”, come conseguenza della salvaguardia dei beni storico-culturali e ambientali ereditati dalle passate generazioni, come effetto del risanamento delle situazioni di degrado dentro e fuori l' ambiente costruito ed infine come capacità di progettare e organizzare nuovi ambienti e nuovi paesaggi.
Per il primo ordine di obiettivi emergerà il concetto di “ città funzionale ” capace di ideare politiche di investimento e gestione a scala regionale e sub-regionale ; l' utilizzo delle città e del territorio verrà perciò previsto e progettato in stretta connessione con quello delle reti informatiche, dei sistemi di trasporto, nonchè con forme esplicite di razionalità nell' assegnazione dello spazio urbano e territoriale alle diverse funzioni (come i sistemi pianificati di “ località centrali ” e i nodi intermodali).
Per il secondo ordine di obiettivi sarà impostata una “ politica della casa ” per le diverse aree ed i diversi soggetti per i quali si esprime (nelle zone centrali metropolitane o in quelle marginali della regione, per singole categorie di residenti, per le giovani coppie). Rientreranno in questo quadro anche politiche sociali territorializzate, volte ad individuare e dare risposta ai problemi che una società industriale avanzata tende a produrre, quali la violenza e l' emarginazione sociale che, pur localizzati soprattutto nelle aree urbane, risultano sempre più diffusi su tutto il territorio.
Per il terzo ordine di obiettivi la “ questione ambientale ” dovrà diventare un riferimento accettato di buon grado per discriminare fra le diverse opzioni dello sviluppo, in termini generali e con riferimento ad aree e progetti specifici, tutte le volte che si profilano conflitti e vincoli per i progetti d' investimento. Si converrà perciò con la necessità di applicare le procedure per la valutazione degli effetti di politiche e singoli interventi sull' ambiente.
Sarà avviata così una politica di prevenzione che richiede ampi investimenti in conoscenza statica (rilevamenti, carte tecniche e tematiche) e dinamica (monitoraggi, rete informativa e interattiva estesa all' intero territorio e a numerosi sistemi di variabili) e la ristrutturazione di parte della Pubblica Amministrazione.
Sarà dato grande impulso ai sistemi di smaltimento e gestione dei prodotti e degli effluenti inquinanti e alla ricerca sulle tecnologie produttive (sia in agricoltura, che nelle produzioni industriali, nei trasporti e nell' organizzazione degli insediamenti) a bassa produzione di inquinamento : tutto il settore della prevenzione e difesa dall' inquinamento sarà ora visto come un nuovo campo di attività imprenditoriale.
Per il quarto ordine di problemi sarà dato largo spazio alle politiche di tutela e valorizzazione dei beni culturali e ambientali con politiche e interventi che tendono a salvaguardarli ma anche ad assicurarne da parte di tutti (residenti e turisti) una fruibilità che preservi la integrità e la qualità dei beni stessi. Strumenti di tale politica saranno l' istituzione di parchi, circuiti culturali, interdizione o controllo drastico del traffico automobilistico nei centri storici e in diversi contesti ambientali, investimenti per la individuazione, il restauro e la guida alla utilizzazione delle risorse culturali della regione, anche mediante risposte adeguate alla domanda in termini di strutture : dagli ostelli ai campeggi, alle agenzie, all' allestimento di nuove reti museali, di musei etnografici “ en plein air ” e con “ archivi della memoria orale ”, anche per rispondere alla domanda di conoscenze intorno alle proprie radici culturali che viene e v
5. LE STRATEGIE
5.1 Le grandi opzioni politiche
5.1.1 Il Veneto come comunità unitaria
Il Veneto si riconosce come una comunità unitaria. Questo significa sottolineare una diffusa consapevolezza di “ appartenenza ” senza però trascurare le diverse specificità.
Le analisi condotte hanno mostrato che gli squilibri che hanno storicamente caratterizzato la regione si sono attenuati ed avviati a soluzione senza peraltro che ciò abbia comportato una consistente omogeneizzazione delle strutture insediative e produttive della regione, che sempre più paiono configurarsi come il sistema che riceve e acquista forza e slancio dall' integrarsi, a scala regionale e talvolta interregionale, di vocazioni produttive territorialmente articolate.
E' allora evidente che l' economia regionale si rafforzerà e potrà quindi crescere più facilmente solo a condizione che tutti i suoi poli perseguano le proprie vocazioni e si integrino funzionalmente in un unico disegno di crescita.
Uno sviluppo lungo queste linee dovrebbe necessariamente produrre unùlteriore riduzione degli squilibri territoriali ancora esistenti non solo fra le varie province, ma anche fra le diverse modalità insediative, così come emergono tuttora da un confronto dei principali indicatori territoriali relativi al mercato del lavoro (tasso di occupazione e di disoccupazione), al reddito pro capite e degli altri indicatori socio-economici.
Tutto questo, peraltro, significa che - in termini di infrastrutture di comunicazione - si presenta come - essenziale il tema dell' “ accesso ”, inteso come facile fruibilità di ciascuna funzione “ metropolitana ” da qualsiasi parte del territorio veneto. Il tema dell' accessibilità si affronta, in gran parte, in termini di infrastrutture e si sviluppa quindi con problematiche di lungo periodo. Esso, peraltro, è strettamente connesso al concetto delle “ pari opportunità ” che devono essere offerte a ciascun cittadino del Veneto. Il principio delle “ pari opportunità ”, per cultura delle autonomie, ispira l' insieme delle azioni normative regionali nei confronti di persone e comunità.
Si riferisce agli ambiti territoriali, per il superamento delle asimmetrie sociali tra “ centri ” e “ periferie ” ; alle componenti generazionali, orientando le scelte alla piena realizzazione e alla promozione umana delle persone nell' armonia delle relazioni tra classi di età ; alla condizione sessuale, particolarmente nell' impegno a dare continuativo e concreto sostegno alla emancipazione della donna ; alle disparità sociali, per garantire comunque, a chi è impossibilitato fisicamente ed economicamente, dignitose condizioni di vita ; alle diversità culturali, nella elaborazione di iniziative per l' accoglienza in favore degli immigrati.
In passato si è insistito sulle “ politiche di riequilibrio ” ; i divari allora esistenti tra i differenti livelli di sviluppo giustificavano l' insistenza su tali politiche. Si deve peraltro riconoscere che “ il grande esodo ” degli anni cinquanta è ormai un ricordo e che i dati sul reddito pro capite mostrano un generale allineamento. Si è naturalmente consapevoli che è questa una grossolana approssimazione : il benessere e le condizioni di vita sono funzione del livello di reddito, dello stock accumulato dalle precedenti generazioni, della condizione culturale e, in definitiva, del livello di maturazione di una comunità, sia pur ristretta.
Oggi come oggi si tratta - peraltro - di evitare che il divario, apertosi al momento dello sviluppo del secondario, tra area centrale del Veneto e le fasce settentrionale e meridionale del medesimo possa riproporsi nel corso della presente fase post-industriale.
E' bene ricordare infatti che raramente lo sviluppo economico genera automaticamente un' equa distribuzione territoriale delle risorse e delle opportunità, dato che le regole del mercato tendono a pilotare le occasioni dove maggiore è la concentrazione e la presenza di situazioni favorevoli. Si dovrà pertanto operare in armonia con le “ idee guida ” del presente PRS più avanti esposte ed in particolare con la visione di uno sviluppo sistemico che bilanci, quando necessario, le tendenze spontanee del mercato.
Gli interventi dovranno pertanto riguardare, in particolare, i servizi alla persona e alle aziende, ponendo particolare attenzione alla formazione imprenditoriale, secondo quanto indicato più specificamente nei capitoli sulle relative politiche.
Sarà naturalmente opportuno che queste politiche siano attuate non mediante leggi speciali o finanziamenti, ma intervenendo su quei fattori la cui equa distribuzione territoriale è indispensabile per assicurare pari opportunità a tutti i cittadini.
L' insistenza sulla sostanziale “ unità ” della regione induce a porre anche il tema dell' apporto, ovvero del ruolo, che il Veneto può proporsi di giocare al livello della comunità nazionale : ruolo che, nella presente fase storica, non può che essere quello di accogliere i fermenti dell' innovazione - tecnologica, economica, sociale - in un tessuto che si è dimostrato capace, avendone i requisiti e l' ambizione, di coniugare - in modo continuo - tradizione e mutamento.
5.1.2 La dimensione padana, triveneta e internazionale e il ruolo di Venezia.
La sostanziale unitarietà della comunità veneta non deve far dimenticare, da un lato, le differenze esistenti al suo interno e, dall' altro, le rilevanti “ continuità ” che esistono al contorno. A partire dal Piemonte, attraverso la Lombardia ed il Veneto, si estende una “ fascia padana ”, un fitto insieme di insediamenti civili e produttivi e di direttrici di traffico, un vero e proprio “ sistema ” in cui anche gli spazi aperti presentano - di norma - fortissime integrazioni con quelli urbanizzati. Questo fenomeno presenta una sua autonoma vitalità : è, in altre parole, una realtà effettiva e importante, indipendentemente da ogni distinzione amministrativa. Per quanto riguarda il Veneto, il suo punto più occidentale nella Padania è costituito da Verona che rappresenta certamente uno degli snodi fondamentali del sistema. La città scaligera controlla infatti l' incrocio tra la grande direttrice nord-sud che attraverso il Brennero collega l' Europa centrale con la Padania e il centro-sud d' Italia e quella est-ovest che mette in contatto la fascia Padana occidentale con quella orientale e con i paesi dell' Est europeo e si pone a cavaliere tra la direttrice adriatica e la direttrice tirrenica. Per quanto riguarda invece la fascia est-ovest, essa è, nel tratto veneto, imperniata su un asse superiore " forte ” che si articola sulle maggiori città venete e sulla fascia costituita dalla SS 11, dal collegamento autostradale VeneziaMilano per Padova, Vicenza, Verona, Brescia e sulla linea ferroviaria che ricalca lo storico tracciato ferdinandeo, nonchè su una direttrice inferiore (meridionale), a tutt' oggi assai meno “ significativa ” e definita, supportata nel tratto occidentale dalla SS 10, dalla A 21 e, successivamente, dal tratto meridionale dell' ancora incompleta superstrada Verona-Legnago-Mare.
La Padania veneta è quindi una realtà esistente a tutti gli effetti, che presenta però rarefazioni e smagliature e deve quindi essere completata e/o ridefinita soprattutto lungo la sua componente meridionale. A prescindere dagli interventi “ tecnici ” necessari al miglioramento e all' adeguamento della direttrice superiore (terza corsia autostradale, rettifica della viabilità stradale ordinaria, drastico miglioramento nella velocità e nella frequenza del servizio ferroviario, asse a fibre ottiche) il problema fondamentale è rappresentato dal tema della progressiva organizzazione e potenziamento della direttrice meridionale (prolungamento della A 21 da Cremona a Mantova e a Rovigo) e dare quindi concretezza ai contenuti delle pari opportunità.
Deve essere messo chiaramente in luce che non si tratta di operare ad un livello meramente viabilistico - pur sempre necessario - quanto piuttosto di predisporre tutti quegli interventi, infrastrutturali e di altro genere, che tendano a configurare situazioni che consentano l' insediarsi progressivo di attività _ 20 _ e funzioni produttive e/o terziarie, capaci di sostanziare e rafforzare insieme la direttrice a tutta l' area meridionale mentre sarà necessario anche affrontare i problemi del coordinamento con le politiche e le azioni previste dalla Lombardia e dall' Emilia Romagna nei due settori confinanti, occidentale e orientale, che presentano elevati gradi di omogeneità con le contigue aree venete ; in esse la presenza di politiche concordate potrebbe rappresentare la condizione per risultati più favorevoli di quelli che sarebbe lecito aspettarsi senza coordinamento alcuno. In termini analoghi deve essere affrontato il tema delle connessioni verticali che innerveranno la fascia compresa tra l' asse padano superiore e quello inferiore contribuendo a rafforzare il complesso della direttrice.
La connessione tra l' area montuosa settentrionale e la direttrice veneta implica una selezione opportuna degli accessi alla pianura, tenuto conto sia dei “ sistemi ” montuosi esistenti e delle loro singolarità morfologiche, insediative ed economiche, sia dell' esistenza del sistema insediativo pedecollinare che presenta caratteri propri e una robusta vitalità produttiva.
In questo quadro assumono rilievo i rapporti che il Veneto intrattiene con le due regioni confinanti a statuto speciale, che pure partecipano, anche se con particolarità di accenti, ai problemi della Padania. Con queste regioni che costituiscono un tramite con il mondo tedesco, con l' Austria, e con i paesi dell' Est, il Veneto condivide rilevanti interessi e può individuare ampi campi di collaborazione. Il Triveneto, infatti, oltre ad essere un' area culturalmente ed economicamente affine è anche lo snodo delle relazioni tra l' Europa del nord e dell' est ed i paesi del Mediterraneo e dell' Oriente.
In questo contesto non può che essere valutata positivamente la realizzazione di nuovi accessi tra i vari paesi e regioni.
In particolare può assumere importanza l' apertura, oltre a quelli previsti, di un nuovo passo di frontiera nella zona di Monte Cavallino, realizzabile con opere di entità non eccessiva e appoggiato su viabilità in gran parte esistente. Tale soluzione doterebbe l' area alpina settentrionale veneta e tutta la regione di un accesso alternativo, canale di una migliore integrazione con l' Europa e consentirebbe la valorizzazione dellùnico tratto di confine internazionale del Veneto.
Il tema della regione padana interessa, dunque, il Veneto nel suo insieme : si tratta di un tema che, pur delineato, non risulta ancora chiaramente esplicitato. Appare pertanto giustificata la costruzione di un “ Progetto Padania ” rispetto al quale verranno successivamente fornite le principali direttive.
Terminale orientale e marittimo della regione padana è Venezia. La sua realtà, la sua eredità storica e la sua immagine universale costituiscono per l' Europa, per l' Italia e per il Veneto un patrimonio assolutamente peculiare ed una sede-occasione senza pari.
Ribadendo e riconoscendo che l' esercizio di funzioni attinenti ai rapporti internazionali costituisce una prerogativa propria dello Stato, e dunque che qualsiasi iniziativa al riguardo va assunta d' intesa e in collaborazione con le competenti autorità di governo, Venezia rappresenta una sede ideale di appuntamenti e confronti internazionali e, più specificamente, interregionali.
Posta nel cuore dell' Europa della cultura e della storia, Venezia può accogliere e suscitare incontri tra rappresentanti degli Stati occidentali e orientali, per esempio partecipanti alla Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa ; può favorire la comunicazione di esperienze su temi vitali d' interesse comune per le popolazioni : assetto del territorio e tutela dell' ambiente, evoluzione dell' economia nei diversi settori, occupazione, formazione e inserimento professionale dei giovani, cultura, sanità e servizi sociali.
Sono temi su cui la Regione ha competenze e comunque responsabilità di attenzione e promozione. Si giustifica dunque che, puntando sulla risonanza europea e mondiale del suo capoluogo, la Regione del Veneto si faccia tramite d' iniziative che coinvolgano le realtà regionali europee, così come sono variamente istituzionalizzate nei diversi paesi e, insieme, gli enti locali, le università e le istituzioni culturali, le forze produttive e sociali nel proposito di perseguire obiettivi di dialogo, cooperazione, riscoperta di tradizioni e identità, dentro valori e secondo atteggiamenti di pace e solidarietà.
La comunità di lavoro tra le regioni di " Alpe Adria ”, le manifestazioni di “ Europa Genti ”, il Meeting di scambi socio-culturali tra i giovani, i collegamenti dentro l' Assemblea delle Regioni d' Europa, sono strumenti di cui valersi tendendo a queste prospettive. Le possibilità aperte anche alle regioni dalla nuova disciplina legislativa statale per la cooperazione dell' Italia con i Paesi in via di sviluppo ; la “ nuova frontiera per l' Europa ” delineata dall' Atto unico europeo, in particolare fissando quali ulteriori obiettivi per la CEE la realizzazione del mercato interno entro il 1992 e il consolidamento della coesione economica e sociale attraverso anche la riforma dei fondi strutturali ; le concrete iniziative di disgelo e interscambio economico tra paesi dell' Est e dell' Ovest, i “ vertici ” politici promossi a Venezia, i più qualificati colloqui culturali, gli stessi incontri fra esponenti di confessioni religiose rappresentano emblematici punti di riferimento di un panorama europeo e mondiale verso il quale la Regione sente di dover e poter svolgere un calibrato e concertato compito di attenzione. E ciò senza trascurare la ricerca di un “ ritorno ”, in termini d' immagine e di opere, a favore del Veneto, avendo cura di sollecitare tutto il suo retroterra di società e istituzioni ad una efficace collaborazione.
In ogni caso le tematiche e le potenzialità ad essa connesse sono indicate nelle direttive per la costruzione del “ Progetto Venezia ”.
5.1.3 L' autonomia della Regione come condizione di operatività.
Nella elaborazione e più ancora per le azioni attuative di questo nuovo PRS, avvertendo quanto esso sia condizionato a livello nazionale da ritardi e incongruenze nell' adeguamento delle istituzioni alla evoluzione economico-sociale della realtà italiana, la Regione del Veneto ribadisce il valore politico, costituzionalmente garantito, dell' autonomia regionale.
Nel dibattito ricorrente sulle riforme istituzionali, nella stessa prospettiva di revisione di alcuni ambiti dell' ordinamento della Repubblica, in specie delle competenze riconosciute dalla Costituzione a Regioni, Province e Comuni, si pone l' esigenza di riaffermare il valore dell' autonomia regionale. Essa richiede certamente di essere recuperata come “ autonomia finanziaria ” in una nuova e altrettanto attesa legge di disciplina della finanza regionale ; ma va pure riconsiderata alla luce dell' esperienza di ormai vent' anni dall' estensione dell' ordinamento regionale a tutto il territorio della Repubblica e di una verifica intorno alla validità delle diverse competenze e risorse attribuite alle Regioni a statuto speciale rispetto a quelle a statuto ordinario.
Le esigenze che sostengono le autonomie differenziate di ciascuna Regione a statuto speciale restano comprensibili relativamente a motivazioni di natura etnica e storica ; ma (come rilevava la risposta della Giunta regionale veneta ai quesiti dell' indagine svolta nel 1984 dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali) le specialità regionali “ sono meno comprensibili se comportano, sul piano economico e magari in ordine a problemi comuni, trattamenti vistosamente differenziati tra regioni contigue ”.
l riconoscimento della “ specialita ” alle Regioni alle quali la Costituzione attribuisce “ forme e condizioni particolari di autonomia ” va contemperato con il fondamentale principio costituzionale della pari dignità sociale e dell' ùguaglianza di tutti i cittadini : “ ciò al fine di garantire che i cittadini non siano diversi in quanto appartenenti a regioni diverse e cos+ gli interessi dei lavoratori ugualmente coinvolti trovino a livello istituzionale una pari tutela ”.
Si tratta perciò di riconsiderare oggi il quadro complessivo del regionalismo in Italia. La questione non può essere affrontata in termini di contesa o di omologazione magari ai livelli pi+u bassi. La soluzione ragionevole deve essere ricercata in un rilancio generale del regionalismo, che consenta a tutte le Regioni di svolgere un ruolo non marginale nella tutela ed uso delle risorse “ lato sensu ” ambientali, nella creazione delle migliori condizioni per la crescita delle attività produttive e nel continuo adeguamento dei servizi sociali.
Nelle iniziative intese a perseguire le grandi opzioni e gli obiettivi specifici del nuovo PRS, assume rilievo primario, per la Regione del Veneto, l' esigenza di rivendicare, dai partiti prima, dal Parlamento e dal Governo poi, spazio e prospettive all' autonomia e all' autogoverno regionale nelle sue varie dimensioni di competenza, di risorse, di proposta e di promozione.
5.2 Le idee guida del P.R.S.
5.2.1 La programmazione per fattori.
Le precedenti esperienze di programmazione si sono sempre basate su di un' ottica settoriale. In sostanza sia l' analisi che le politiche privilegiavano una classificazione dell' economia fondata sulla omogeneità merceologica, e quindi lungo linee già codificate dalle strutture amministrative e dalla normativa in campo economico.
Una tale impostazione è in contrasto con quella della teoria economica che ha sempre rivolto la propria attenzione primaria ai fattori della produzione, alla scelta della loro combinazione ottimale, alle modalità di cambiamento di tale mix, in relazione all' evoluzione dei prezzi relativi dei beni e dei fattori a seguito del complesso interagire degli spostamenti delle relative curve di domanda e di offerta.
Lo sviluppo tecnologico, l' aumentata complessità dei processi produttivi, la rilevante crescita di funzioni non strettamente produttive hanno contribuito a far progressivamente diminuire le peculiarità settoriali dell' economia e a far emergere la superiorità di un approccio che ne privilegiasse, in un' ottica trasversale gli aspetti comuni.
Tali aspetti trovano la propria espressione proprio nei fattori della produzione, intesa ormai nel suo senso pi+u ampio ed inclusiva quindi anche di tutte le funzioni non strettamente produttive.
In questa ottica è altres+ evidente che i fattori non saranno pi+u soltanto quelli tradizionali (terra, lavoro, capitale) e che sia nelle analisi che nelle politiche si dovrà prendere in considerazione sempre maggiore quei nuovi fattori la cui importanza sta diventando preponderante, vale a dire l' innovazione tecnologica e l' informazione. Se questa impostazione è valida per discutere gli aspetti pi+u strettamente economici, non meno valida essa appare anche per affrontare i temi della società veneta nel suo complesso.
Così come la formazione e la creazione di professionalità sono politiche fondamentali per promuovere la competitività delle aziende di tutti i settori, cos+ in generale l' istruzione e la formazione rappresentano una politica fondamentale per la crescita umana, civile e culturale del Veneto.
Il PRS si caratterizza pertanto anche per lo sforzo di impostare, nel limite del possibile, sia l' analisi che le politiche facendo riferimento al concetto di fattore ed in particolare allùomo, all' ambiente, all' innovazione.
Si accetta la visione che alla base della dinamica non solo produttiva, ma anche culturale, vi sia l' azione dellùomo in tutte le sue forme. Tale azione è fortemente condizionata dall' ambiente in cui si svolge e dalle tecnologie che impiega. La produzione sia di beni materiali che immateriali è opera di processi di trasformazione e “ creazione ” che lùomo compie in un determinato “ ambiente ” con una data tecnologia.
La strada che s' intende proporre per raggiungere gli obiettivi sintetici del piano è pertanto quella di operare sullùomo, sull' ambiente, sull' innovazione. Ognuno di questi fattori poi è stato articolato in una serie di dimensioni, dettagliate nella tavola che segue ; ognuna di tali dimensioni verrà poi ulteriormente specificata attraverso una serie di variabili obiettivo, suscettibili di una caratterizzazione empirica.
Il legame profondo tra questi tre fattori è costituito poi, in definitiva, dalla tutela delle diverse forme dei diritti dellùomo ed in particolare dei diritti del cittadino intesi non come sola affermazione di principi giuridici, ma come fattori di una nuova qualità dello sviluppo economico e democratico. All' interno di questa strategia assume particolare significato la questione delle pari opportunità che partendo dalla differenza uomo-donna, deve essere perseguita con l' azione regionale.
FATTORI
SUBFATTORI
CAMPI DI INTERVENTO


Educazione sanitaria e sportiva


- Ottimizzazione quali-quantitativa rete servizi sanitari/sociali/mentali

SALUTE
- Igiene pubblica e alimentare


- Cura lungodegenti e portatori handicaps gravi


- Recupero ruolo sociale degli anziani





- Integrazione sistema educativo e azienda

PROFESSIONALITA’
- Formazione, riqualificazione e aggiornamento
UOMO




- Famiglia

SOCIALITA’
- Associazionismo


- Volontariato


- Cooperazione





- Sviluppo quali-quantitativo dei livelli di studio

CULTURA
- Tutela delle tradizioni e delle culture locali


- Educazione artistico-creativa





- Difesa del suolo

TERRITORIO
- Inquinamento


- Risorse naturali e ambientali


- I beni storici e culturali


-


- Efficienza del sistema di città

LE CITTA’ E IL SISTEMA INSEDIATIVO
- Qualità ed efficienza di ogni singola città


- Città e contesto
AMBIENTE




- Rete ferroviaria


- Rete stradale

COMUNICAZIONI
- Sistema trasporti acquei e aerei


- Strutture intermodali


- Rete fibre ottiche


-


- Coordinamento ricerche


- Potenziamento strutture


- Finanziamenti pubblico-privati

SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
- Elevazione qualità dei prodotti e processi


- Riduzione impatto ambientale


-
INNOVAZIONE

- Sviluppo nuova imprenditoria

PRODUTTIVA
- Sistema avanzato di imprese


-


- Servizi alle imprese


- Ottimizzazione funzioni di scala regionale

ORGANIZZATIVA
- Decentramento e delega


- Istituzione agenzie regionali operative
5.2.2. I nodi dello sviluppo.
Qualunque individuazione di temi emergenti comporta margini di arbitrarietà. Ciò nonostante si ritiene che, nella presente situazione del Veneto e con gli obiettivi di fondo che ci si è dati - essenzialmente qualità della vita, occupazione e sviluppo - ci siano alcuni argomenti, alcuni temi nonchè alcune interrelazioni tra gli stessi, che meritano di essere adeguatamente sottolineati.
L' analisi finora svolta, in termini sia di predisposizione delle informazioni (cfr. il documento degli Scenari (1)) che delle conseguenti argomentazioni, ha mostrato che il Veneto, superata sostanzialmente la fase di soddisfacimento dei bisogni primari, si trova già ora a livelli “ critici ” sia per quanto riguarda il rapporto tra i flussi di traffico e le relative infrastrutture sia - probabilmente - per quanto riguarda i livelli di inquinamento.
Queste situazioni già “ critiche ” sono per di più soggette a carichi crescenti e - a parità di circostanze del tutto improponibili o comunque improiettabili. Si tenga presente che l' elasticità del traffico merci in termini di PIL comporterebbe, tra oggi e il 2000, un sostanziale raddoppio a fronte di un tasso di incremento del reddito reale di poco superiore al 3%.
Si tenga ancora presente che, nelle correnti proiezioni macroeconomiche, si tende a prendere in considerazione un incremento degli “ sversamenti ” inquinanti in grosso modo connessa all' incremento del PIL. Questa non può che essere considerata una grossolana approssimazione ; è ben vero infatti, che il progresso tecnologico permetterà - si spera - la diffusione di processi produttivi sempre meno inquinanti (ancorchè non si possa dimenticare che una cosa è l' inquinamento diretto di un singolo impianto e altra cosa è quando si tenga conto anche degli effetti indiretti) ; è però certamente vero che un aumento della produzione produce “ comunque ” un aumento degli sversamenti inquinanti.
Si noti ancora, sia pure per inciso, che trasporti e inquinamento interagiscono largamente tra di loro e sono, entrambi, da considerare settori ad alto fabbisogno di capitale, potenzialmente conflittuali rispetto ad altre utilizzazioni delle risorse.
Gli aspetti, peraltro, che meritano di essere più sottolineati sono che a un determinato tasso di incremento del PIL corrispondono specifici tassi di aumento del volume dei traffici e di crescita degli inquinanti mentre il raggiungimento di livelli di occupazione soddisfacenti è connesso a sostenuti tassi di incremento del PIL.
L' insieme di queste considerazioni porta alla conclusione che, se pure è difficile dimostrare da un lato ed accettare dall' altro che tra questi diversi obiettivi ed esigenze esistano assolute incompatibilità, è tuttavia certo che il “ sentiero ” di uno sviluppo equilibrato (di uno sviluppo, cioè, che intenda coniugare il raggiungimento di una migliore qualità della vita con l' ottenimento dei livelli di occupazione desiderati e la disponibilità di crescenti risorse procapite) è da considerarsi in verità ben stretto ; un “ sentiero ”, quindi, da gestirsi con estrema accuratezza nel corso del tempo, tenendo conto delle diverse variabili che in qualche modo interferiscono ed in particolare di quelle esogene, in massima non controllabili.
Questo richiamo specifico alle variabili “ esogene ” costituisce un riferimento all' ovvio dato di fatto che il Veneto - come del resto l' intero nostro Paese - è un' economia di trasformazione, la cui esistenza e vitalità dipende essenzialmente dalla competitività del sistema nel suo complesso e nelle sue singole componenti, private e pubbliche.
Se questi temi e le loro interrelazioni costituiscono i principali nodi che il Veneto si trova a dover fronteggiare nel presente e nell' orizzonte 2000, l' insistenza sulla gestione di questo “ sentiero stretto ” ha, in verità, più di qualche fondamento. La corretta preoccupazione connessa alla potenziale conflittualità tra le diverse esigenze potrà forse essere attenuata dalla considerazione che le regioni e i paesi a livelli comparabili di sviluppo dovranno anch' essi confrontarsi, sia pure con le inevitabili diversità di accenti, con problemi della stessa natura.
5.3 Strumenti di attuazione e di controllo
5.3.1 Gli orizzonti temporali e la programmazione di bilancio.
La rete di strumenti amministrativi necessari al raggiungimento dell' insieme di obiettivi indicati dal PRS va articolata nel tempo e collegata alla politica di bilancio della Regione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, gli obiettivi del PRS sono articolati su due intervalli temporali
- gli obiettivi da perseguire nel breve periodo (1990);
- gli obiettivi di lungo periodo, che assumono come punto di riferimento il 2000 e che costituiscono la cornice dei primi.
L' individuazione di alcuni grandi obiettivi da parte di questo PRS è espressione del convincimento politico che la presente fase storica (che per molti versi appare come un momento di svolta e di transizione) richiede che alcune scelte di fondo vengano effettuate, pur garantendosi la possibilità di effettuare lungo la via gli opportuni aggiustamenti di rotta. E' in questa prospettiva che il concetto di programmazione come processo, e quindi come volontà di spostare progressivamente in avanti l' orizzonte temporale di programmazione ridefinendo nel contempo l' insieme degli obiettivi e delle politiche, anche sulla base di una puntuale verifica della efficacia degli interventi precedenti, prende consistenza e vigore metodologico.
In questo contesto, fondamentale deve essere considerata la definizione dei rapporti tra il PRS e il sistema dei bilanci (bilancio pluriennale e bilancio annuale).
La concreta gestione amministrativa deve essere legata in modo molto stretto ed in via prioritaria al sistema dei bilanci regionali, nei quali si materializza e si scandisce temporalmente l' attuazione degli interventi programmati. Una impropria definizione delle funzioni del PRS e dei bilanci, e soprattutto, una imperfetta definizione dei rapporti fra questi documenti, può pregiudicare l' operatività del processo di programmazione : in particolare, va posto preventivo riparo alla eventualità che i due processi (quello di piano e quello dei bilanci), seguano un " doppio binario " : da una parte, le decisioni effettive, ancorate al sistema dei finanziamenti ; dall' altra, l' insieme delle indicazioni di piano, affidate al PRS e incapaci di incidere sui reali processi decisionali. Questa discrasia, che ha avuto manifestazioni assolutamente patenti a livello nazionale, è stata finora contenuta nella Regione Veneto. Rappresenta in ogni caso un serio problema non essendo state sviluppate efficienti metodologie che rendano sistematica e cogente tale azione.
Considerato che le previsioni del bilancio annuale coincidono con le previsioni relative al primo degli esercizi di riferimento del bilancio pluriennale, il problema di un corretto rapporto fra decisioni di piano e sistema dei bilanci non può che essere ricondotto al problema di un corretto rapporto fra il PRS e il bilancio pluriennale. La soluzione va ricercata nel soddisfacimento delle due esigenze seguenti:
- bisogna conferire al PRS il carattere di documento “ aperto ” e “ flessibile ” e nel contempo attribuire al bilancio pluriennale la funzione di individuare con l' appropriato grado di analisi gli interventi da effettuare nel triennio, in attuazione delle strategie di medio-lungo periodo decise con il PRS. In questo modo potrà essere superata la preminente funzione di formale strumento di copertura finanziaria attribuita al bilancio pluriennale, a favore della sua funzione di “ tramite ” fra le scelte strategiche del PRS e le decisioni operative incorporate nel bilancio annuale;
- anche tenendo conto della prima esigenza, bisogna accen tuare gli aspetti non finanziari del bilancio pluriennale, cioè assicurare al bilancio pluriennale attraverso uno specifico documento che lo raccordi al PRS, anche il preciso compito di strumento di programmazione a medio termine.
5.3.2 Riqualificazione della spesa.
La qualità e la dimensione dei problemi individuati, la consapevolezza che la soluzione di molti di essi ha carattere strategico per il futuro sviluppo del Veneto sia sotto l' aspetto qualitativo che quantitativo, il tradursi di vincoli istituzionali sempre nuovi e crescenti, il progressivo depauperarsi, in termini reali, delle risorse finanziarie a disposizione, la ferma volontà di procedere ugualmente perchè chiari sono gli obiettivi e precisi gli impegni per la società veneta, impongono la necessità di riconsiderare la tipologia della spesa regionale soprattutto al fine di riacquisire elasticità e precisione di intervento.
Si è tuttavia coscienti che la capacità di spesa della Regione (sia quella attuale, sia quella che purtroppo oggi si può prevedere) ancorché allocata nel modo migliore, è del tutto insufficiente rispetto ai compiti da assolvere.
Va peraltro anche precisato che le capacità finanziarie della Regione non costituiscono tutte le “ risorse ” che la Regione ha a disposizione. Il termine va inteso in senso pi+u ampio e deve comprendere anche elementi di tipo immateriale che derivano dalle capacità di normare e di organizzare la vita regionale.
Queste devono essere tenute in grande considerazione poichè il corretto, tempestivo ed adeguato uso di tali potenzialità costituisce un elemento determinante per lo sviluppo dell' economia e della società veneta.
La Regione ha la consapevolezza che solo l' aggregazione sinergica di tutte le potenzialità umane, economiche, sociali, può fornire gli elementi necessari per superare le strozzature attualmente esistenti sul sentiero dello sviluppo.
Con questo PRS si intende pertanto promuovere un “ patto ” con gli Enti locali regionali e con gli altri soggetti della “ società veneta ” nella convinzione che gli obiettivi ritenuti fondamentali possano essere da tutti condivisi e che su di essi possano essere raccolte e mobilitate le risorse di tutti. Si tratta cioè di individuare nuove e pi+u efficaci forme di collaborazione tra pubblico e privato in modo che dalla interazione tra gli specifici ruoli (governo della collettività-organizzazione dei fattori produttivi) possano essere intraprese azioni, realizzate opere ed erogati servizi di sicura utilità collettiva.
La viabilità ed i trasporti, l' ambiente, la riqualificazione e l' arredo delle città sono campi dove pi+u diffusamente potrà realizzarsi tale collaborazione. Perchè si possano raggiungere risultati positivi tutti dovranno agire con chiarezza e consapevoli del proprio ruolo. L' apporto del “ privato ” sarà diversificato secondo il tipo di intervento sarà manageriale e di risorse nella collaborazione diretta e, in particolare, nel campo dei trasporti e dell' ambiente, dove il divario tra disponibilità e fabbisogno finanziario è rilevante, i programmi di investimento dovranno essere alimentati anche attraverso un' adeguata imputazione dei costi allùtenza. In questa collaborazione la chiarezza dei ruoli, come si è detto, è fondamentale. Rispetto quindi della logica di equilibrio economico di impresa, ma anche esplicita accettazione, da parte del privato, di essere parte di un processo dove obiettivi e strumenti provengono da una azione di governo.
Per la gestione di tutte queste nuove collaborazioni dovranno essere individuati nuovi strumenti tecnico-amministrativi. La Regione, per sua parte, dovrà precisare e qualificare il proprio impegno, modificando i propri criteri di spesa.
In particolare:
- in termini generali dovrà soprattutto attuarsi una concentrazione delle risorse (non solo finanziarie) sia in generale sia, in particolare, nei campi di competenza specifica o comunque prevalente;
- in ogni caso, per quelle azioni o interventi che non riguardino l' erogazione di servizi di competenza cioè per quegli interventi che sogliono definirsi “ promozionali ” dovrà essere adottato il criterio dell' intervento di “ avvio ” (e quindi, di massima, in conto capitale) lasciando ai soggetti istituzionali il compito di proseguire nella gestione, secondo criteri di efficienza e funzionalità, e quindi con l' esclusione di ogni erogazione annua in conto gestione. Ciò comporta, da un lato, privilegiare la spesa per investimenti e, dall' altro, implicitamente, anche il progressivo disimpegno dalle iniziative caratterizzate da non soddisfacenti equilibri economici;
- dovranno essere favoriti, anche attraverso una nuova progettualità, quegli investimenti che, essendo articolati in moduli funzionali, risultino in grado di produrre effetti fin dall' entrata in funzione del primo modulo finanziato.
5.3.3 Sistema informativo e monitoraggio.
Fondamentale per la riuscita dell' azione programmatoria è altres+ la presenza di una ben precisa volontà di verifica continua dell' efficacia e dell' efficienza delle azioni intraprese. Tale volontà si dovrà realizzare attraverso l' attivazione di un insieme di procedure amministrative capaci di tenere sotto controllo le azioni intraprese, siano esse rappresentate da veri e propri progetti o da interventi di altra natura, e comunque capaci di verificarne l' impatto sulla realtà socioeconomica della regione.
Oltre alle necessarie procedure amministrative si dovra' provvedere a studiare e costruire un appropriato sistema di indicatori relativi, in particolare, alla situazione economica, all' istruzione e alla formazione, alla sanità e agli altri aspetti sociali, ai trasporti e a tutte le variabili ambientali. Per raggiungere questo scopo le strutture regionali competenti (Segreteria generale della programmazione) dovranno procedere ad individuare, per ogni obiettivo enunciato dal PRS, un insieme di riferimenti empirici che abbiano la duplice caratteristica di misurare il fenomeno su cui s' intende intervenire e siano ottenibili sulla base delle informazioni statistiche esistenti o tramite rilevazioni dirette non eccessivamente complesse.
Questo insieme di indicatori dovrà pertanto configurarsi come un particolare sottosistema nell' ambito del SIRV (Sistema Informativo Regionale Veneto) : si tratta di una banca dati generale, suddivisa in sottosistemi, le cui strutture hardware e software sono già predisposte talchè la banca dei dati sta ora diventando operativa. Le procedure di controllo, oltre ad avvalersi di specifici programmi statistici in grado di verificare la coerenza tra obiettivi fissati ed obiettivi raggiunti, dovranno anche individuare i modi per trasformare i dati raccolti con le normali procedure amministrative in informazioni strutturate e capaci di contribuire al processo valutativo.
Agli indicatori relativi agli obiettivi dovranno essere affiancati indicatori relativi all' impegno finanziario regionale e al totale delle risorse mobilitate.
In sostanza si dovrà progressivamente procedere ad attivare un sistema di monitoraggio continuativo che avrà altres+ il compito di verificare la capacità operativa dell' apparato burocratico regionale. Funzionali a tale scopo (oltre che alla redazione dei progetti) potranno essere le ricerche avviate sulle principali tematiche del PRS.
6. IL FATTORE UOMO
6.1 Tutela della salute e assistenza sociale.
P r e m e s s a
L' idea guida che collega i tre fattori secondo i quali è organizzato il PRS è costituita dalla tutela dei diritti dellùomo e quindi, in definitiva, dal concetto che, potrebbe essere definito della sicurezza sociale - intesa nella sua eccezione pi+u ampia - tuttavia, nel presente contesto, ci si riferisce alla tutela della salute e all' assistenza sociale.
Lo stato di salute della popolazione costituisce indubbiamente il principale indicatore dell' efficacia del sistema sanitario, mentre l' andamento del fenomeno della mortalità può essere considerato il suo denominatore maggiormente significativo.
Nel Veneto si riscontra negli ultimi anni una tendenza decrescente del fenomeno della mortalità generale. Le cause di morte pi+u rilevanti nelle classi d' età tra i 15 e i 64 anni sono dovute ad infortuni, avvelenamenti, traumatismi (in particolare incidenti da traffico), seguiti da tumori e infarti miocardici acuti. Si può anche verificare che, a fronte di una stabilità negli andamenti di queste ultime cause di morte, la cirrosi epatica ha fatto registrare un discreto regresso.
Sul versante sociale, lùrbanizzazione e le tipologie di produzione che si sono venute imponendo negli ultimi decenni, unitamente all' aumentato tenore di vita, hanno provocato l' insorgere di patologie sociali che stanno assumendo un rilevante livello di pericolosità : la diffusione della droga, la vertiginosa spirale di propagazione dell' AIDS, i fenomeni di emarginazione, la crescente solitudine degli anziani, sono tutti problemi con i quali è necessario misurarsi e che devono assumere priorità nei piani e negli interventi regionali.
L' intervento pubblico nei settori assistenziale e sanitario è in continua evoluzione, in diretta relazione anche a recenti significativi eventi quali la riforma sanitaria e il trasferimento delle competenze di settore alle Regioni.
La legislazione socio-assistenziale della Regione Veneto, cos+ come risulta enunciata nei documenti di piano approvati nei primi anni’ 80 (Piano Socio Sanitario’ 84-' 86, Piano Socio Assistenziale’ 83-' 85), si poneva numerosi obiettivi.
Dal punto di vista della salute fisica, il Piano Socio-Sanitario si poneva come obiettivo principale l' eliminazione degli squilibri tra domanda e offerta sanitaria, sia a livello di classi sociali che a livello territoriale. Questo obiettivo veniva perseguito attraverso la riorganizzazione sul territorio dell' offerta di servizi da attuarsi mediante una pi+u razionale ripartizione delle risorse umane, immobiliari e finanziare, sulla base di una serie di standard di riferimento.
E' indubbio che in questa fase, il Piano Socio-Sanitario, pur contenendo tra le proprie linee ispiratrici lo sviluppo dell' azione preventiva, rivolgeva la propria attenzione in maniera prioritaria ai problemi della organizzazione sul territorio dei servizi. L' importanza del momento preventivo già presente nella Legge Regionale 13/80, con la quale si dava concreto avvio alla costituzione dei distretti socio-sanitari di base, trovava inoltre numerose conferme nei progetti obiettivo.
L' attuazione del Piano Socio-Sanitario 1984/1986 ha positivamente attivato processi di razionalizzazione, riequilibrio e sviluppo dei servizi comprendente il riordino delle dotazioni specialistiche intra ed extra ospedaliere, perseguendo obiettivi di maggiore efficienza e qualificazione del servizio, rendendo unitaria l' azione regionale con quella delle Unità Locali Socio-Sanitarie.
Le linee principali di sviluppo, si sono realizzate nell' attivazione dei distretti socio-sanitari di base e nella realizzazione dei progetti obiettivo, miranti alla integrazione dell' intervento sanitario con quello sociale, riferita agli anziani, disabili, malati di mente, tossicodipendenti.
Pur potendosi definire soddisfacenti i risultati ottenuti si presentano ancora problemi e ritardi anche collegati a fattori di ordine nazionale che richiedono un prosieguo mirato dell' azione regionale e locale.
Per quanto attiene agli aspetti assistenziali, con la L.R. 55/82 la Regione si dotava per la prima volta di un quadro di riferimento complessivo. Finalità primaria di tale norma era quella di garantire al cittadino il libero sviluppo della personalità e la sua partecipazione alla vita della comunità. Nel 1983, in attuazione di tale legge, veniva approvato dal Consiglio Regionale il Piano triennale 1983-85, riconfermato per l' anno 1986.
Sia in campo socio-sanitario che socio-assistenziale, la Regione ha in corso di avanzata elaborazione i documenti programmatici relativi al periodo 1987-89. Al momento attuale tali documenti, pur contenendo aree comuni e pur indicando azioni di raccordo, appaiono non sufficientemente coordinati. Tale situazione è dovuta in parte alla legislazione in essere - legislazione che deve essere rivista per realizzare il necessario raccordo.
In campo sanitario e assistenziale il PRS deve pertanto porre l' obiettivo prioritario di enunciare un insieme organico di obiettivi, articolati in entrambi i campi e che dia risalto sia ai momenti comuni di queste due attività sia alla loro specificità.
Molte delle sofferenze, sia fisiche che psicologiche, che caratterizzano la nostra società, discendono dalla fase di sviluppo che stiamo attraversando e dalle modalità con cui essa si realizza. Poichè tuttavia rinunciare alla crescita e allo sviluppo, non è proponibile e alcune tendenze di fondo non appaiono facilmente reversibili, pare indispensabile assumere l' azione di prevenzione delle diverse patologie indicate - siano esse di materia sociale, psichica e fisica - come l' azione di gran lunga prioritaria cos+ in campo assistenziale come sanitario.
Prevenzione significa anzitutto operare per creare una coscienza collettiva, una consapevolezza socio-culturale della rilevanza dei problemi della cura del proprio corpo e del tessuto di interrelazioni presenti nella comunità, anche attraverso un' opera di formazione e di informazione che potrà essere svolta anche dalle associazioni di categoria e da altri raggruppamenti sociali con cui gli individui e le famiglie entrano in contatto.
Per prevenzione va quindi intesa l' azione coordinata di ULSS, Comuni, Enti di assistenza e volontariato, finalizzata a ridurre ed evitare le tensioni e gli squilibri sociali che, come sopra specificato, derivano dallo sviluppo economico e dalle rapide trasformazioni dell' ambiente inteso nell' accezione pi+u ampia del termine - in cui lùomo si trova a vivere. Si potranno cos+ ridurre, in primo luogo la necessità della cura e della riabilitazione, in secondo luogo, la stessa necessità di assistenza, sia sociale che sanitaria.
Questi concetti, del resto, sono già richiamati nei due documenti (Documento di indirizzi per il Piano Socio-Sanitario della Regione del Veneto per il triennio 1987/1989- Programma triennale socio- assistenziale : azioni programmatiche triennio 1987-1989) i quali, con larghezza di analisi, entrano nel merito delle azioni, anche innovative, da condurre a livello operativo-gestionale. I puntuali riferimenti ai diversi settori sanitario e assistenziale quali il distretto socio-sanitario di base, la rete poliambulatoriale specialistica, i servizi ospedalieri, la politica del personale e della spesa, il sistema informatico sanitario come parte del Sistema Informativo Regionale, il consultorio familiare, i servizi alla persona, l' assistenza domiciliare, la psichiatria, l' attenzione rivolta al problema delle tossicodipendenze, e al recupero e reinserimento sociali dei detenuti ed ex detenuti devono peraltro essere interpretati alla luce delle considerazioni sovraesposte.
Direttive
In definitiva, nel confermare di massima gli indirizzi sopracitati per la formazione, tuttora in corso, sia del nuovo Piano Socio-Sanitario sia del nuovo Piano Socio-Assistenziale si precisano e si sottolineano le seguenti direttive:
direttive generali
a) la redazione dei due piani in questione dovrà svolgersi in modo strettamente combinato. La necessità di questo coordinamento non deriva tanto dalla opportunità di evitare possibili duplicazioni o lacune, quanto dalla consapevolezza che coincidente è lùtente finale dei servizi sanitari e assistenziali erogati ovvero : l' insieme delle famiglie e dei cittadini;
b) la strumentazione di una organica azione di prevenzione, nel campo sia dell' assistenza sia della sanità, è affidata alle due pianificazioni settoriali come impegno comune e primario;
c) dovranno essere individuati e posti in essere idonei provvedimenti volti alla maggiore umanizzazione di tutti i servizi riguardanti il cittadino.
direttive specifiche per la pianificazione socio-sanitaria
a) rivedere, alla luce dell' esperienza attuativa e delle presenti direttive, il sistema degli obiettivi del Piano Socio-Sanitario vigente e, conseguentemente, le “ azioni settoriali ” previste dal Piano Socio-Sanitario in corso di formazione. Queste “ azioni settoriali ”, che - come noto - riguardano l' organizzazione e l' erogazione delle prestazioni, in vista di pi+u elevati livelli qualitativi, sono incentrate sull' individuazione dei dimensionamenti ottimali e delle procedure funzionali pi+u efficienti, distinguendo tra le modalità con cui esse devono essere fornite dalle singole ULSS e l' opportunità - tutta da esplorare - di servizi che possano vantaggiosamente essere forniti anche direttamente, dalla Regione, quando si ravvisi l' esigenza di un pi+u forte potere contrattuale o, di una guida organizzativa unitaria. Esse dovranno in particolare intervenire su alcuni settori delle ULSS, sul distretto, sulla rete ambulatoriale specialistica e sui servizi ospedalieri, anche tenuto conto di quanto segue;
b) in particolare, strumentare l' azione di carattere preventivo attraverso una revisione dell' organizzazione delle ULSS segnatamente riguardante:
- la ridefinizione del distretto socio-sanitario di base in rapporto agli altri settori, ricordando che esso deve assumere concretamente la natura di occasione di partecipazione e quindi di centro di diffusione di cultura medico-preventiva e dei coerenti comportamenti;
- collocazione, all' interno delle ULSS, dei settori igiene pubblica, igiene, prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, veterinaria e ciò in vista della rilevanza della loro azione preventiva in termini diretti ed indiretti, potenziandone e riordinandone le funzioni;
- sovraordinamento funzionale delle ULSS comprendenti il capoluogo di provincia relativamente ad alcune funzioni che mal si prestano ad essere gestite in ambito pura mente locale quali, segnatamente, i settori di cui al punto precedente, anche attraverso lùtilizzazione a livello provinciale degli ex laboratori provinciali di igiene e profilassi;
c) procedere progressivamente all' adeguamento dell' assetto dei servizi sanitari regionali sulla base dei parametri quantitativi definiti dalla legge 595/85 con particolare riferimento alla dotazione media regionale di posti letto (6,5 per mille abitanti), al tasso medio di ospedalizzazione (160 per mille abitanti), al tasso minimo di utilizzazione dei posti letto (70-75 %) e alla durata media della degenza (11 giorni). A tal fine occorrerà operare mediante:
- la riqualificazione della rete ospedaliera concertando un meccanismo di vincoli e di incentivi legati alla produttività del sistema, promuovendo la razionalizzazione delle strutture ospedaliere di primo livello e la formazione di strutture polispecialistiche;
- la ristrutturazione delle degenze ospedaliere in aree funzionali omogenee (medicina, chirurgia e di specialità) ;
- la pianificazione dei servizi correlati al bacino di utenza e al livello di attività svolta ; l' organizzazione dipartimentale per aree (materno-in fantile, anziani, psichiatria, emergenze);
- la riabilitazione che dovrà affrontare gli stati di cronicità sia fisica che psichica con scelte operative come la ristrutturazione di una rete di servizi inte grati sanitari e socio-assistenziali (cfr. pi+u avanti, progetti assistenziali);
- maggiore integrazione e complementarietà con le strutture in convenzione di ricovero, ambulatoriali e di riabilitazione, con particolare riguardo alle conven zioni Regione-Università che dovranno essere realizzate tenendo conto delle esigenze assistenziali, didattiche e della ricerca, allo scopo di utilizzare in maniera proficua le migliori potenzialità delle strutture universitarie e delle strutture ospedaliere anche con riguardo al momento della specializzazione e dell' aggiornamento post-laurea.
Va comunque confermata lùnicità del presidio ospedaliero anche ripartito in più sedi stabilimenti e definita una sua maggiore autonomia;
- fermo restando la funzione precipua del servizio pubblico dovranno, essere individuate le forme per ridurre i tempi d' attesa da parte dellùtente anche eventualmente attraverso un pi+u ampio ricorso alle strutture private.
d) rendere più efficaci ed efficienti i servizi sanitari anche attraverso “ azioni strumentali ” riguardanti in particolare:
- procedure e strumenti di attuazione della programmazio ne regionale;
- procedure e strumenti di verifica, controllo e valutazione (famiglie di indicatori per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi della qualità dei servizi erogati, metodologie di controllo sanitario ed epidemiologico, osservatorio epidemiologico);
- utilizzazione della rete regionale di informatica per il completamento del sistema informatico sanitario, come specifica componente del SIRV (Sistema Informativo Regionale) anche per la raccolta e la catalogazione dei bisogni di salute del cittadino ;
- definizione di una precisa politica di tutto il personale (standard per i diversi servizi in rapporto alla popolazione, riqualificazione dell' attività di formazione e agiornamento) ;
direttive specifiche per la pianificazione socio assistenziale
a) il tema degli anziani, il tema dei giovani e il tema dei disabili devono essere considerati prioritari. Indipen dentemente, infatti, dalle esigenze e dalle aspettative di ogni singolo soggetto interessato, i problemi degli anziani, dei giovani e dei disabili incrociano, talora in maniera acuta e drammatica, spesso in maniera consolidata nel tempo, la vita e l' esistenza stessa delle famiglie ; la natura di questi tre temi induce a segnalare l' opportunità che ciascuno di essi sia oggetto di un apposito progetto, mirante a definire nei particolari le diverse azioni da svolgere, il coinvolgimento delle diverse realtà istituzionali e amministrative interes sate, le risorse mobilitabili e, conseguentemente la tempificazione degli interventi.
I progetti dovranno affrontare e tendere a risolvere i problemi emergenti nei settori, specificatamente, evitare l' emarginazione e garantire eguali aspettative di inserimento.
Per quanto riguarda i giovani il progetto dovrà affrontare la globalità della problematica giovanile ed adolescenziale, dalla formazione scolastica e professio nale al mercato del lavoro, alla droga, all' associazionismo, alle forme assistenziali specifiche, agli spettacoli.
Si dovranno inoltre prevedere specifiche azioni in ordine alla tutela dei diritti dei minori (0-14 anni) in stato di bisogno ovvero di disagio (abbandonati, affidamento, o altro).
Nell' ambito del progetto potrà essere sviluppato anche il confronto con situazioni ed esperienze straniere, ivi compresi i giovani emigrati e immigrati, sul tema della condizione giovanile, e sarà sostenuto lo sviluppo degli scambi di giovani con l' estero al fine di favorire un pi+u completo sviluppo della persona consapevole ed aperta alle culture degli altri paesi. Saranno quindi promosse e sostenute quelle iniziative che offrono ai giovani l' opportunità di entrare in relazione con i coetanei stranieri consentendo di valutare le rispettive situazioni e modi di vita e di ampliare il proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze su problematiche sociali, ambientali e culturali diverse, migliorando cos+ la comprensione tra i popoli.
Per quanto riguarda i disabili il tema dovrà essere affrontato distinguendo tra il periodo in cui i disabili sono ancora inseriti nell' ambiente familiare e quello in cui non lo sono pi+u. In questo quadro vanno esaminate e verificate tutte quelle forme che possono favorire il permanere del disabile all' interno del nucleo familiare, nonchè tutte quelle forme che consentono una pur parziale socializzazione del disabile : come, per esempio, la promozione delle intese fra Scuola, Comune e ULSS per facilitare l' integrazione scolastica e il sostegno a cooperative di solidarietà sociale che tendono, appunto, all' inserimento lavorativo e sociale di handicappati e devianti. Particolare attenzione dovrà avere il problema dell' handicap adulto, specificatamente per il progetto “ Dopo di Noi ”.
Per quanto riguarda gli anziani - tema, se possibile, più urgente degli altri due, date le oramai certe e quantificate tendenze ad un massiccio invecchiamento della popolazione - si dovrà anzitutto distinguere gli anziani autosufficienti (che costituiscono un problema in qualche modo meno impegnativo - cfr, in proposito, quanto suggerito nel progetto 9.8 “ Terzo settore ”), e gli anziani non autosufficienti che costituiscono un problema che la famiglia e le società devono affrontare adeguatamente, nel rispetto dell' anziano che rimane un cittadino titolare di tutti i suoi diritti.
In particolare, per gli anziani autosufficienti occorre verificare concretamente la possibilità di:
assicurare abitazioni adatte per coppie di anziani o per anziani soli, prevedendo priorità d' assegnazione nei programmi di Edilizia Residenziale Pubblica, anche nei casi di famiglie che intendano mantenere la convivenza nel nucleo familiare;
- incentivare le iniziative culturali e di tempo libero;
- assicurare servizi domiciliari per anziani soli e/o in situazione di disagio.
In definitiva disincentivare la istituzionalizzazione degli anziani autosufficienti, anche mediante strutture aperte, verificando invece l' opportunità di avviare strutture di accoglimento pluriuso flessibili che garantiscano all' anziano un riferimento sociale, sanitario e riabilitativo.
Per gli anziani non autosufficienti occorre verificare concretamente la possibilità di:
- garantire il diritto alla salute nelle strutture ospedaliere normali per la fase acuta e di riabilitazione;
- favorire, dove è possibile, la ospedalizzazione a domicilio e l' assistenza domiciliare, anche con quote di sostegno alle famiglie che se ne fanno carico;
- il telesoccorso telecontrollo che con l' art. 4 della L.R. 51/1987, già esteso a tutte le aree del Veneto, dovrà rappresentare valido strumento di supporto dei servizi socio-sanitari forniti al domicilio dell' anziano e dovrà, in conseguenza, trovare la pi+u ampia ma corretta diffusione;
- garantire, quando necessario, le strutture socio-sani tarie intermedie previste dal nuovo Piano Sanitario Nazionale;
- accentuare il processo di riqualificazione delle case per anziani, mediante il loro adeguamento agli standards strutturali e organizzativi previsti dalla Regione, in funzione prevalentemente delle esigenze delle persone anziane non autosufficienti. A tale riguardo è fondamentale che l' ULSS, mediante apposita convenzione, garantisca all' interno delle Case per anziani le necessarie prestazioni mediche, specialistiche, infermieristiche, riabilitative e farmaceutiche, senza oneri a carico degli ospiti. Necessità inoltre di agire anche sui meccanismi finanziari (retta ospedaliera e diaria-struttura di ricovero per anziani), in modo da attivare processi di disincentivazione al ricovero ospedaliero a favore di quello in strutture specializzate;
- rivedere gli standard assistenziali, in conformità al DPCM dell' 8 agosto 1985 per quella categoria di soggetti che per condizioni fisiche o anche psichiche non rientrano tra gli autosufficienti, nè tra i non autosufficienti ma che oggi sono inglobati, tutti o quasi, tra gli autosufficienti;
- provvedere per una pi+u accurata professionalità del personale di assistenza, consentendo, anche attraverso la mobilità interna ed esterna, un pi+u rapido avvicendamento in quei servizi che, devono essere garantiti da personale motivato oltre che professionalmente idoneo.
6.2 Professionalità e istruzione.
Gli indirizzi approvati dal Consiglio regionale assegnano al tema dell' occupazione e pi+u in generale del mercato del lavoro e della formazione, intesa in senso lato (istruzione, formazione professionale), un ruolo prioritario.
Nel prospetto che segue sono individuati i principali obiettivi relativi al mercato del lavoro, nonchè le politiche “ primarie ” che possono essere perseguite per ciascuno di tali obiettivi, le “ modalita "' attraverso le quali tali politiche esplicano le loro azioni ed in fine gli effetti secondari che da esse possono derivare.
Per quanto riguarda gli obiettivi, lo schema ne individua quattro:
(a parità del numero dei posti);
- riduzione della disoccupazione;
- modifiche della struttura della occupazione e della disoccupazione.
Le analisi svolte nel documento degli Scenari (1) hanno mostrato che il mercato del lavoro veneto presenta in prospettiva due elementi di preoccupazione, quelli che potremo definire degli stop allo sviluppo:
- il livello occupazionale;
- la carenza di lavoro per i giovani.
Tali nodi potrebbero essere sciolti qualora la crescita del PIL si aggirasse sul 4% nel prossimo quinquennio e sul 3% nel decennio successivo. Un tale andamento della produzione ed il conseguente andamento della domanda di lavoro dovrebbero avere effetti positivi, almeno negli anni’ 90, ma probabilmente anche prima, sul livello della disoccupazione, soprattutto giovanile.
Per una migliore comprensione dei problemi va tenuto presente che la crescita scita della produzione. Cos+ non è però per l' occupazione, dato che determinate politiche del tempo di vita e di lavoro (formazione, riqualificazione, orari) possono far aumentare l' occupazione a parità del numero dei posti.
A questo punto è però opportuno verificare se e quali strumenti la Regione possa di fatto attivare fra quelli indicati nel prospetto (vedi pag. 83). E' subito evidente che essa non ha le possibilità di attivare direttamente nessuna delle misure qui indicate.
Questa consapevolezza porta ad individuare due tipi di azioni possibili:
a) azioni politiche di sostegno e di indirizzo;
b) azioni indirette.
Per azioni politiche di sostegno si intendono tutte quelle attività tese ad appoggiare ed incoraggiare l' attivazione di politiche del governo centrale coerenti con gli obiettivi del PRS ; nel caso specifico, con l' obiettivo della crescita della produzione, e quindi dei posti di lavoro, con la crescita dell' occupazione, con la diminuzione della disoccupazione, con una nuova struttura della occupazione e della disoccupazione che penalizzi meno i gruppi attualmente più svantaggiati, vale a dire, i giovani e le donne senza peraltro penalizzare gli altri gruppi.
Per azioni indirette si intendono invece tutte quelle politiche di competenza regionale che possano mettere in moto meccanismi che, modificando elementi strutturali, rendano più facile il raggiungimento degli obiettivi sopraindicati.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, si può in primo luogo osservare che la crescita della produzione può essere attivata sia creando condizioni che rendano pi+u competitivi i nostri prodotti e il nostro sistema di imprese, sia promuovendo azioni che rendano pi+u penetrante l' azione di commercializzazione. Queste azioni avranno infatti l' effetto di far aumentare la domanda sia interna che internazionale e quindi, in presenza delle giuste condizioni, anche la produzione. Queste azioni dovranno pertanto riguardare i fattori di produzione ed in particolare:
1. il lavoro;
2. la tecnologia intesa in senso lato.
Rinviando all' apposita sezione il secondo punto, possiamo qui osservare che le azioni relative al fattore uomo che possono concorrere ad abbassare i costi di produzione sono quelle che permettono alle aziende di disporre di operai, di impiegati, di dirigenti e di imprenditori, con una preparazione adeguata. In questo ambito diventano quindi rilevanti le azioni relative all' istruzione e alla formazione.
Le evoluzioni attualmente in atto nel mondo della produzione, ed in particolare la rapidità dello sviluppo tecnologico, richiedono una forza lavoro a pi+u alto contenuto di istruzione perchè ciò costituisce condizione necessaria perchè essa si possa adattare alle innovazioni e riconvertirsi nel caso che le modifiche della domanda lo richiedano.
La flessibilità dell' offerta e della domanda di lavoro costituisce quindi la premessa per la riduzione dei costi individuali ed aziendali conseguenti ai cambiamenti.
Inoltre il prolungamento della vita e il probabile aumento del tempo libero anche negli anni di partecipazione al mercato del lavoro nonchè le modifiche sociali in atto che tendono a spostare il modello dei consumi verso beni e servizi pi+u nobili portano a prevedere una maggior domanda di istruzione che deve essere intesa come strumento culturale capace di mettere i cittadini in condizioni di meglio usufruire del proprio tempo e del proprio reddito facendone degli attori sociali pi+u consapevoli ed in grado di meglio partecipare alla gestione comunitaria.
Istruzione e professionalità sono infatti strumenti indispensabili per l' autorealizzazione in quanto il disporre di un maggiore numero di strumenti culturali, di linguaggi, di codici è elemento fondamentale per poter disegnare meglio i propri percorsi personali e lavorativi.
Pertanto sono obiettivi da appoggiare e perseguire:
- il prolungamento dell' obbligo scolastico, in modo tale da permettere l' espressione e la valorizzazione delle attitudini individuali anche dei pi+u deboli, in un quadro di assonanza e compatibilità con il contesto della Comunità Europea;
- il miglioramento qualitativo dell' istruzione, ridisegnando il modello scolastico per fargli assumere un ruolo centrale in un sistema formativo policentrico che persegua anche l' obiettivo dell' innalzamento del livello medio di istruzione.
Devono inoltre essere promosse azioni che portino a far s+ che la scuola non sia solo “ obbligatoria ” per tutti, ma che costituisca un servizio di cui tutti i giovani possano usufruire nelle stesse condizioni e con le stesse opportunità. Politiche dei trasporti e della localizzazione idonee possono, ad esempio, ridurre i tempi morti connessi alla frequenza scolastica, mentre interventi specifici possono essere pensati perchè i giovani provenienti da famiglie meno abbienti non risultino penalizzati nel momento della fruizione del servizio scolastico.
Queste azioni dovranno essere particolarmente qualificate nei territori montani e a residenzialità diffusa, garantendo la formazione della persona nella sua comunità a prescindere da parametri di astratta quantificazione, attuando forme di raccordo con gli organi statali del settore e facendo pressione affinchè sia mantenuta una rete di servizi adeguata rispetto agli obiettivi di accessibilità e qualità posti dal PRS.
Pertanto le funzioni regionali in materia, e particolarmente per quanto riguarda l' edilizia scolastica e il diritto allo studio, dovranno essere svolte in modo tale da assecondare pur nei necessari processi di riforma e di ristrutturazione detti principi.
In particolare per l' edilizia scolastica, dovrà essere svolto un forte ruolo di indirizzo attuando intese con le strutture periferiche statali indirizzando cos+, come è già stato fatto, il piano di riparto dei fondi per i nuovi interventi di edilizia scolastica secondo linee di programmazione.
Nel processo formativo ruolo fondamentale viene assegnato alle università che nel Veneto costituiscono un formidabile patrimonio di scienza e conoscenza capace di innescare processi innovativi di ampio significato. Infatti è da tutti riconosciuto che nel prossimo futuro la qualificazione del capitale umano sarà uno dei fattori determinati dello sviluppo economico.
L' attività di produzione ingloberà quote sempre maggiori di “ software ” e sempre pi+u rilevante sarà il peso del terziario avanzato. Pertanto lùniversità come luogo ove si svolge al massimo livello l' istruzione e la formazione dei giovani deve essere assunta come uno dei cardini del processo formativo.
L' Università è anche il principale luogo della ricerca, che deve orientarsi anche per lo sviluppo dell' innovazioe. Il PRS e la Regione devono dunque assumere un ruolo forte nei suoi confronti, promuovendo una azione di coordinamento complessivo in modo da assicurare alla comunità regionale una offerta completa ed efficiente di formazione ed assicurando alla università gli strumenti ed i mezzi che le sono necessari.
Per dare specificazione e concretezza operativa a tutto ciò il PRS formula uno specifico progetto. Una particolare importanza, e ciò rientra nell' ambito dei poteri regionali, deve poi essere data alla attività di orientamento, intesa non come semplice diffusione delle informazioni, ma anche, e soprattutto, come un servizio personalizzato mirato a mettere i lavoratori in grado di operare scelte coerenti con le proprie predisposizioni e con le proprie aspirazioni.
Politiche di questo genere possono meglio qualificare politiche statali, contribuendo in modo sostanziale ad aumentare il basso livello di scolarità presente nella nostra regione (inferiore alla media nazionale e lontano da quella europea), nonchè a ridurre il numero degli abbandoni.
Un incremento della scolarità avrà, nel breve periodo, anche effetti sui tassi di disoccupazione, provocando un rallentamento delle uscite dal mondo della scuola, riducendo conseguentemente il livello dei flussi di offerta.
Se per quanto riguarda la scuola la Regione, oltre alle iniziative politiche di sostegno alla normativa nazionale, può operare quasi esclusivamente sui supporti logistici e sulle attività di orientamento, ben diverso è il caso della formazione professionale che è una delle principali competenze regionali.
Le politiche per la formazione non possono essere fatte in modo disgiunto da quelle della scuola e, affrontando questo tema, si deve quindi dare per scontato che le politiche per l' istruzione si muovano nella direzione auspicata. Ciò detto è evidente che la formazione professionale si deve differenziare dalla istruzione propriamente detta per la sua maggiore concretezza e per il legame che la deve collegare al mondo del lavoro.
La formazione professionale non deve quindi essere pensata come una funzione amministrativa di tipo socio-assistenziale, ma come collegamento tra scuola e mondo del lavoro. Questa esigenza comporta che sia preposto alla formazione, anche di base, un sistema policentrico e discontinuo, che sia capace di realizzare obiettivi di formazione ricorrente, di comprendere correttamente le esigenze del mercato e di assicurare, nel contempo, che rappresentino una risposta pronta, adeguata e differenziata per i vari tipi di utenza (per età, sesso, condizioni di partenza, specificità psico-fisiche individuali, o altro). Gli indirizzi fondamentali che devono essere assunti per la formazione professionale sono:
- il perseguimento delle interrelazioni con la scuola e con le imprese,. Occorrerà progettare interventi, particolarmente per la riqualificazione, che utilizzino le imprese e il loro Know-how anche con la diretta partecipazione degli operatori economici ed occorrerà, anche, attivare convenzioni nel sistema dell' istruzione tecnico statale allo scopo di avviare programmi formativi post-diploma;
- il completamento, entro questa legislatura, della profonda riqualificazione del servizio rivolto agli studenti del post-obbligo;
- il potenziamento della formazione professionale rivolta ai diplomati e ai laureati;
- l' erogazione di servizi per la formazione ricorrente (anche attraverso la formazione a distanza);
- l' aggiornamento costante e parallelo degli operatori del settore. La necessità del corretto funzionamento del sistema formativo ha portato alla revisione della L.R. 59/78. La nuova legislazione prevede:
- una formazione su più livelli con differenti sistemi di certificazione;
- passaggio da una organizzazione per corsi ad una formazione per progetti;
- evoluzione da una formazione aggregata ad una formazione orientata (nel senso tecnico di orientamento professionale), ad una formazione in pi+u sedi, in cui l' interazione, l' alternanza e l' interscambio della docenza pubblica e privata costituiscono fattori ordinari;
- una formazione aggiuntiva volta allo sviluppo socio-economico.
Devono essere anche riformulate le leggi statali 863/84 sui contratti di formazione lavoro e 25/55 sull' apprendistato eliminando gli inconvenienti che sono stati rilevati sulla formazione di base. Sarà opportuno quindi in questa attività di revisione distinguere i provvedimenti di incentivazione dell' occupazione dai provvedimenti di qualificazione dei giovani individuando inoltre le integrazioni che devono esistere con il sistema della formazione professionale regionale. Tale revisione deve perseguire linee che integrino le politiche della formazione professionale con quelle del lavoro, unificando tutti gli attuali interventi legislativi e amministrativi.
Nelle more della revisione della legislazione statale e regionale occorre attivare convenzioni anche con il sistema dell' istruzione tecnica statale allo scopo di avviare programmi di formazione professionale post diploma e post laurea.
In questa ottica pieno sostegno deve infine essere dato a corsi di specializzazione di tipo manageriale ed imprenditoriale, da gestire in collaborazione con lùniversità e con gli altri istituti specializzati, corsi che sono indispensabili per rendere disponibile al sistema delle imprese quelle capacità organizzative, di indirizzo e di innovazione che risulteranno l' arma vincente nel prossimo quindicennio.
Rispetto alle politiche attive nel mercato del lavoro dovranno essere riorganizzate le quattro aree dell' azione regionale:
a) osservazione del mercato del lavoro e dei flussi scolastici;
b) informazione e orientamento professionale;
c) formazione professionale;
d) i nterventi di sostegno all' accesso al lavoro ed alla mobilità.
Attenzione particolare e distinta deve poi essere data ai problemi della riqualificazione e della formazione continua, anche in considerazione del fatto che alcuni meccanismi oggi presenti nel mercato del lavoro e riconducibili sia al suo funzionamento che all' influenza di determinate normative (contratti di formazione lavoro) stanno creando notevoli problemi di riassorbimento per i lavoratori delle classi centrali di età espulsi dal processo produttivo.
Le politiche individuate non concorreranno solo a ridurre i costi di produzione delle aziende rendendole cos+ pi+u competitive, ma faciliteranno anche l' adozione di quelle tecnologie avanzate che richiedono una forza lavoro particolarmente qualificata.
Dalle politiche dell' istruzione e della formazione, oltre alla crescita culturale dell' individuo, è attesa, come già indicato, la seguente catena di effetti:
1. aumento della competitività delle aziende tramite una riduzione dei costi di produzione e una incentivazione alla innovazione;
2. aumento della domanda nazionale ed internazionale diretta alle aziende della regione;
3. aumento dei posti di lavoro;
4. aumento della occupazione giovanile;
5. eventuale diminuzione della disoccupazione e, in particolare, di quella giovanile.
Pur non intendendo sopravvalutare l' effetto di queste azioni e pur ribadendo che condizione necessaria per la salvaguardia del tasso di occupazione totale e di miglioramento dei tassi di occupazione specifici dei giovani è il verificarsi di un contesto “ esogeno ” di crescita, si ritiene altres+ che queste azioni possano avere un impatto non secondario sulle possibilità di irrobustimento del tessuto produttivo della regione.
Infine tutto quanto fino ad ora enunciato richiede la presenza di un apposito sistema informativo che non si limiti ad essere un puro e semplice raccoglitore di dati, ma costituisca anche una fonte di lettura articolata e quindi di informazioni sul mercato del lavoro.
A questo riguardo appare urgente e opportuno dar vita ad una forma di coordinamento nella struttura regionale per la gestione delle politiche del lavoro in collaborazione con gli uffici statali periferici del Ministero del Lavoro in particolare nell' ambito della C.R.I. (Commissione Regionale per l' Impiego).
Un sinergico raccordo tra la legislazione statale e quella regionale varrà a meglio garantire le politiche del mercato del lavoro, dell' istruzione e della formazione professionale.
L' insieme di queste azioni dovrà condurre ad un “ governo forte ” della programmazione degli interventi della formazione professionale e delle politiche del mercato del lavoro attraverso l' interazione dei tre sistemi (quello scolastico, quello della formazione professionale, quello delle imprese). Al riguardo, la costituzione del “ Gabinetto Economico ”, è la risposta qualificata a quest' esigenza reale. Ma ciò non esaurisce il problema, dovendosi attivare il coinvolgimento degli organismi regionali qualificati nelle diverse fasi di programmazione, di gestione e di verifica delle specifiche azioni del Piano triennale degli interventi e cioè : le Università, i Centri-Polo, gli Enti di formazione maggiormente rappresentantivi, le parti sociali.
Obiettivi
Politiche
Agiscono su :
Altri effetti
- Aumento del numero dei posti di lavoro a tempo pieno
- Aumento del numero dei lavoratori a parità di numero dei posti
Domanda aggregata

Costo del lavoro

Politiche del tempo di lavoro
Domande di flusso tramite la domanda aggiuntiva
Possibile riduzione della disoccupazione ed in particolare di quella giovanile
- Riduzione della disoccupazione
- azioni sulla domanda
- uscite dall' area dell'occupazione
- azioni sull' offerta
- politiche sul prezzo
- relativo del tempo libero e della formazione
- prolungamento dell'obbligo scolastico
domanda aggiuntiva

domanda sostitutiva

offerta di flusso

- Struttura della occupazione e della disoccupazione
- politiche sui prezzi relativi di gruppi specifici
- normative specifiche
struttura della domanda di flusso
- livello della disoccupazione
- struttura della disoccupazione a favore dei gruppi privilegiati, a sfavore degli altri gruppi
6.3 Socialità
L' originalità dello sviluppo socio-economico del Veneto, fondato sostanzialmente sulle risorse economiche, umane e culturali specifiche della regione, ha avuto tra i propri attori primari la famiglia, in un contesto di stabilità delle relazioni sociali e dei valori comunitari. L' identità culturale e sociale dei veneti ha conservato una sua specificità, di cui si sono avvantaggiate le identità personali, nello sforzo collettivo per una profonda ristrutturazione dell' assetto produttivo, realizzata in una sola generazione.
La famiglia è il primo livello di autogestione per la produzione di senso comunitario. La sua stabilità dà significato e ordine all' intero sistema sociale. Il fatto che lo sviluppo contemporaneo la veda massicciamente coinvolta nella imprenditorialità diffusa, fatta di aziende agricole, artigiane, industriali e terziarie di piccole e medie dimensioni, sparse quasi uniformemente nel territorio regionale, è una conferma della centralità di tale istituto e dei valori che lo caratterizzano nel Veneto.
In una rinnovata attenzione per il disagio esistenziale che percorre individui e collettività, e che non sempre le logiche di servizio pubblico elaborate dallo “ Stato assistenziale ”, cui viene richiesto di provvedere al buon funzionamento della struttura amministrativo-burocratica anche nel settore socio-sanitario, riescono ad alleviare, la famiglia e altre forme assistenziali e comunitarie possono fornire risposte di alto valore morale e materiale per le persone maggiormente provate.
Le autonomie locali, nei diversi livelli istituzionali, dai Comuni alle Province e alla Regione Veneto, sono impegnate, per continuità storica ed etica, a garantire il sostegno necessario, sul piano normativo e nell' azione socio-politica, perchè le strutture associative possano adeguatamente corrispondere ai compiti tradizionali e innovativi, insieme alla fitta rete di interazioni sociali determinate dall' associazionismo e dal volontariato.
Si intende così porre le basi per iniziare a studiare la possibilità di usare, all' interno dell' azione programmatoria della Regione, una vasta serie di iniziative spontanee svolte da associazioni soprattutto volontarie in coerenza con il sostegno espresso alla cultura delle autonomie del principio delle " pari opportunita ".
Il particolare momento storico che si sta vivendo appare caratterizzato da un lato da una caduta di importanza del welfare state e dall' altro da una crescente domanda di servizi.
Si deve in particolare osservare che uno dei cambiamenti pi+u significativi che hanno interessato negli ultimi anni le economie dei paesi industrializzati riguarda la struttura dei consumi. Soddisfatti i bisogni primari relativi all' alimentazione, all' abbigliamento e poi allùtilizzazione di strumenti meccanici ed elettronici ; in sostanza raggiunto quella che potremmo definire una quasi saturazione rispetto ai consumi di beni agricoli, industriali e di servizi meccanizzati e automatizzati, le famiglie hanno rivolto i loro interessi verso il consumo di altri beni e servizi definiti in generale di tipo terziario. La produzione di questi nuovi beni presenta tuttavia la caratteristica di non essere suscettibile di sostanziali aumenti di produttività e di non costituire quindi una fonte potenziale di profitto per gli imprenditori. Ciò ha avuto altresì la conseguenza di far aumentare la produzione di servizi pubblici. Si deve però osservare che sotto molti aspetti la soluzione pubblica del problema non è consigliabile sia per problemi di bilancio, che per le difficoltà che le strutture pubbliche continuano a incontrare a causa di una carenza di flessibilità e capacità di adattare la propria offerta ai cambiamenti e alla complessità della domanda, sia per un crescente desiderio degli utenti di usufruire di servizi “ personalizzati ”.
Parallelamente a queste trasformazioni della struttura della domanda e della produzione - che ha avuto altresì ben precise conseguenze sul tasso di crescita globale - si deve registrare un cambiamento nei modi e negli stili di vita. In particolare si sta sviluppando presso i giovani una maggiore attenzione al tipo di lavoro e alle condizioni in cui esso si svolge, in presenza di un crescente interesse per le attività autonome la cui domanda è particolarmente elevata nel campo dei servizi alle persone. Si osserva altresì l' espansione di piccole comunità, club e associazioni volti a soddisfare la domanda di beni terziari che non vengono normalmente forniti dal settore pubblico, facendo ricorso anche a lavoro volontario, ampiamente disponibile.
Infine le nostre economie sono attualmente interessate da una distribuzione del lavoro che si caratterizza per una sua concentrazione nelle classi centrali, la presenza di una marcata sotto-utilizzazione dei giovani, una precoce estromissione degli anziani dal mercato del lavoro (cfr. anche Progetto terzo settore), pur in presenza di un sostanziale allungamento della vita media e di un notevole arretramento della vecchiaia fisiologica.
La presenza degli elementi appena descritti, vale a dire una crescente domanda di servizi terziari (la cui produzione da un lato non è fonte interessante di profitto e dall' altro non rientra normalmente nell' ambito pubblico), la presenza di una offerta di lavoro non utilizzata ed interessata a lavori autonomi, qualitativamente caratterizzati, e disponibile anche a lavori non retribuiti, impongono la necessità di pensare a nuove forme di organizzazione del lavoro, che utilizzino la mano d' opera disponibile secondo le modalità da essa desiderate per soddisfare la crescente richiesta di numerosi servizi che il settore pubblico non può o non riesce a fornire e che il settore privato non ha interesse a produrre.
Si tratta cioè di patrocinare lo sviluppo di un terzo settore che si differenzi da quello privato (il primo settore), perchè caratterizzato da una assenza di motivazione a ricercare il profitto, ma dalla presenza di altri vantaggi per gli imprenditori, e da quello pubblico (il secondo settore) per le motivazioni privatistiche che lo animano e per i caratteri di autonomia e di responsabilità economica che lo contraddistinguono. Ciò non esclude ovviamente che l' economia associativa agisca da un lato sul mercato, vendendo e acquistando beni e servizi, e dall' altro che non sia sottomessa a vincoli di interesse collettivo o pubblico, nè che possa perseguire scopi sociali nel quadro di una azione programmata delle strutture pubbliche.
E' evidente che il terzo settore per potersi espandere ha bisogno di una regolamentazione più precisa e della concessione di vantaggi fiscali.
Sarà pertanto necessario procedere in primo luogo a sviluppare una legislazione che tenga conto degli sviluppi particolari della economia associativa, cogliendo così l' occasione sia di definire la natura delle prestazioni fornite dal terzo settore che di impedire forme di speculazione, di concorrenza sleale nei confronti del settore commerciale o infrazioni della legislazione sociale.
Il settore associativo necessita poi di sostegni finanziari. E' evidente che si tratta di trasferimenti di risorse che si differenzierebbero tuttavia rispetto ad altri trasferimenti alle persone (pensioni, indennità di vario genere), perchè farebbero sì che i beneficiari non partecipassero solo ai consumi sociali, ma anche al processo produttivo. Il problema delle modalità dei finanziamenti dovrà essere altresì attentamente vagliato, sia per ciò che riguarda la concessione del capitale iniziale che permetta ad una associazione di iniziare la propria attività, sia per ciò che riguarda la concessione di mezzi finanziari che permettano di sperimentare nuovi campi di azione, o di perseguire specifici fini.
La larga diffusione degli aspetti associativi e del volontariato in Veneto si presentano come fertile terreno per l' avvio dell' azione indicata. E' tuttavia evidente che la Regione sarà interessata ad operare nel terzo settore nella misura in cui riuscirà a ricondurre questi aspetti spontanei nell' alveo di una azione programmata e finalizzata agli scopi prefissati.
Obiettivi particolarmente rilevanti possono essere individuati in particolare nel campo dell' assistenza (ai bambini, agli anziani, ai portatori di handicap), ma numerosi altri ambiti appaiono aperti ad interventi del terzo settore, in particolare nell' area della difesa ambientale.
6.4 Cultura
L' attenzione alla cultura nella interazione delle sue espressioni acquisite e nuove, l' intento di valutare problemi e obiettivi secondo giudizi di valore propri di un approccio culturale, sono atteggiamenti e propositi che reggono il “ ragionamento ” che è alla radice di questo PRS : la descrizione del quadro storico evolutivo ; le grandi opzioni politiche e le idee guida ; la programmazione vista nella cornice dell' azione regionale e imperniata sui fattori e valori dell' uomo, dell' ambiente e dell' innovazione ; i progetti.
Ogni capitolo contiene riferimenti al “ Documento degli indirizzi ” a cui l' elaborazione di questo nuovo programma regionale si è attenuta, relativamente, in particolare, proprio all' identità culturale del Veneto. Essa è rappresentata - come si è evidenziato nel richiamare tratti e aspetti della continuità storica del Veneto “ tra persistenza e mutamento ” (cfr. 1.) - “ dal permanere dei valori connessi alla persona e alle relazioni umane più significative ”..., nonchè da una plurivalente “ apertura, nella continuità ". Tale apertura è rivolta, anzitutto, verso " modelli sociali sensibili alla domanda di crescita umana e civile ”, quella alla quale la società veneta è avviata. Essa è infatti entrata in una fase in cui, essendo generalmente soddisfatti i bisogni primari ed elementari, si diffonde consapevolezza e consenso per gli aspetti qualitativi dello sviluppo, per una crescita economica contemperata con le esigenze di tutela dell' ambiente, di opposizione all' inquinamento, di salvaguardia di tutto un patrimonio di storia e civiltà. L' apertura si rivolge inoltre, “ ai nuovi bisogni e a una diffusa esigenza di solidarietà " : ciò nella presa di coscienza che alla popolazione autoctona, con tutte le sue fasce di benessere ma anche di povertà ed emarginazione, si affiancherà e unirà sempre più, pure nel Veneto, la pluralità di immigrati da altre terre e culture. Essi, in una prosecuzione dello sviluppo cercheranno qui lavoro e realizzazione personale, divenendo così concittadini con cui sperimentare accoglienza e integrazione. L' apertura deve sperimentarsi, ancora, davanti " ai portati dell' evoluzione scientifica, tecnologica ed economica ”, avvertita e in atto con lo sviluppo di un “ processo di terziarizzazione ” che si esprime - citando sempre dal documento consiliare sugli “ indirizzi per la formazione del PRS ” - sia orizzontalmente, all' interno dell' agricoltura e del secondario, che come crescita del settore terziario propriamente detto.
Una simile, ampia visione della cultura, radicata “ in un' azione di servizio globale alla persona e alla famiglia ”, aperta alle relazioni con i popoli, alle innovazioni della scienza e della tecnologia, orienta e abilita a scegliere nei processi di trasformazione sociale ed economica. Le scelte conseguenti si profilano come risultato di un' interazione fra il sistema educativo (per il quale appaiono maturi e attuali obiettivi come il prolungamento dell' obbligo scolastico, la riconsiderazione degli interventi per il diritto allo studio, l' integrazione del fare e del sapere dentro una prospettiva di aggiornamento formativo permanente) e le disponibilità riscontrabili da parte di molteplici altre forze e istituzioni : da parte del sistema produttivo, interessato a promuovere e sperimentare nuove professioni e nuovi livelli di professionalità ; da parte delle Università e di strutture culturali, scientifiche, educative impegnate anche a livelli post-universitari ; da parte ancora di molte espressioni delle società attive e presenti nella fruizione di beni culturali, ambientali, artistici ; da parte insomma delle diverse iniziative in cui si articola l' autonomia pubblica e privata.
Le linee di sviluppo lungo le quali tutti questi apporti possono inserirsi riguardano e interessano il mondo della scuola, la crescita delle attività culturali diffuse, la valorizzazione e conservazione del patrimonio storico e ambientale e la produzione vera e propria di cultura, in un' integrazione delle strutture fino a raggiungere i “ livelli di eccellenza ” cui si fa cenno nella presentazione del “ Progetto Venezia ” considerato e impostato nel contesto regionale (cfr. 9.1).
Preservare, tramandare e rinnovare questa composita identità culturale veneta costituisce un grande e naturale impegno, al quale molte forze possono e devono contribuire. Così pure, di fronte ai problemi dello sviluppo " qualitativo ”, è importante avvertire e riconoscere che sono chiamati a misurarsi e armonizzarsi gli apporti di tutte le culture, quale ne siano le origini e le maturazioni, acquisite per studi o attraverso esperienza di vita. E' un' integrazione di forze a cui vanno sollecitate a concorrere le proposte di cultura più tipicamente storico-umanistica o di caratterizzazione tecnologica e scientifica, così come le varie componenti ed espressioni della società veneta a livello di gente comune : l' esperienza creativa di artigiani e imprenditori, quella consolidata e collaudata dei lavoratori negli ambiti fondamentali della produzione e delle professioni, fino agli esponenti dell' organizzazione sociale e della pubblica amministrazione, con un riconoscimento spiccato per il ruolo di insegnanti, educatori, promotori di formazione e aggiornamento professionale.
Si colgono e avvertono, nel Veneto, segni promettenti di sempre più intensa e plurivalente vita culturale, promossa da istituzioni antiche e nuove, animata da iniziative attente alla salvaguardia delle tradizioni, ma anche alle novità da cogliere, favorire, interpretare. In questa animazione la Regione è presente : con la sua compentenza istituzionale, circoscritta ma significativa, e con la sua iniziativa di raccordo e promozione.
L' intento non può non essere quello di perseguire una rinascita, un rinnovamento della cultura veneta, della sua classica capacità di apertura e dialogo. Nel mondo della cultura, Venezia e la regione non possono essere solo una vetrina e un palcoscenico incomparabili per i visitatori, ma sono abilitate a porsi come habitat per ricercare, promuovere ed esprimere cultura viva, antica e nuova.
Per ricreare questo habitat nessuno, fortunatamente, ha ruoli di monopolio. Tutti, cittadini e istituzioni, nell' autonomia pubblica e privata, possono concorrere. E la Regione vuole fare la sua parte.
Essa ha finora promosso interventi su molteplici e tipici ambiti culturali (musei, biblioteche, musica, teatro, cinema, editoria locale, enti culturali, patrimonio storico-artistico, minoranze etniche e linguistiche). L' esperienza maturata e la riconsiderazione delle politiche fin qui perseguite, sollecitano e impegnano a una revisione di tutte le leggi regionali sulla cultura. Dopo un' attività normativa di carattere settoriale, che con buona tempestività e puntualità ha disciplinato singole materie, è il momento di arrivare a un' analisi di insieme, secondo criteri ispiratori orientati dal radicamento nei valori propri dell' identità culturale veneta e dall' addattamento alle esigenze del mondo scientifico e tecnologico.
Pur riconoscendo che la materia presenta una certa complessità e un' evoluzione continua, è da ritenersi necessaria un' azione di approfondimento conoscitivo per poter disporre di un quadro di riferimento preciso sulla situazione complessiva del patrimonio esistente e delle attività svolte, sia da parte pubblica che privata, in campo culturale.
Nell' attenzione dunque ai giudizi di valore sollecitati dai fattori che danno strategia al PRS, nell' attenzione soprattutto all' uomo e alle sue relazioni nella società veneta, alla famiglia e al suo coinvolgimento nella delineazione delle tipologie scolastiche ed educative che oggi richiedono di essere ripensate, nel pluralismo delle forze e delle istituzioni, specie per la formazione professionale, nel tendere ad un' economia che tuteli le espressioni pi+u omogenee con i caratteri positivi dell' identità regionale, quali l' artigianato e la piccola e media industria, nel tener vive tradizioni di partecipazione, solidarietà, mediazione e dialogo : per tutto ciò si tratta di compiere una lettura unificante del Veneto, in tutte le sue articolazioni, e insieme di sottoporre a rilettura e verifica tutto il contesto legislativo in cui si colloca l' azione regionale.
Nel vasto panorama d' intervento pubblico, la Regione deve rivolgere la propria opera alla funzione organizzativa di coordinamento e di programmazione degli interventi, dotandosi degli strumenti associativi necessari a tale scopo. Il rischio, da parte della Regione, di fungere esclusivamente da polmone finanziario per iniziative disarticolate e generiche va evitato proprio introducendo degli elementi di razionalizzazione che rivolgano maggiore attenzione ai progetti finalizzati.
Al fine di perseguire la sperimentazione e l' applicazione degli strumenti idonei a sostenere un ampio pluralismo nella distribuzione, produzione e documentazione culturale, è necessario il più alto grado di cooperazione tra le istituzioni culturali pubbliche e quelle private.
La conservazione dei documenti e del patrimonio librario, la loro accessibilità e consultabilità vanno intese come fondamentali servizi alla collettività. La gestione delle biblioteche e degli archivi pubblici e privati assume quindi particolare rilievo.
Al fine di promuovere e disciplinare le “ attività riguardanti le strutture di conservazione dei beni culturali, con particolare riferimento ai musei, alle biblioteche e gli archivi per la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio culturale veneto ”, la Regione ha, in questi ultimi anni, dettato norme specifiche. Si tratta di un blocco di interventi legislativi (contenuti nelle LL.RR. del 5 settembre 1984, n. 50, n. 51, n. 52 e nella L.R. 19 settembre 1984, n. 63 ), che è giunto il momento di riconsiderare nel loro insieme.
La necessità di disporre di documentazione culturale il pi+u completa possibile ed in tempo reale implica inoltre un coordinamento tra le biblioteche e gli archivi degli enti locali e quelli di altri enti quali l' Università, le Accademie e le associazioni culturali, gli enti ecclesiastici e le raccolte private, coordinamento che può essere realizzato solo mediante l' informatizzazione dei relativi sistemi di schedatura secondo le procedure del “ Servizio Bibliotecario Nazionale ”.
Accanto a questi interventi sistematici e di ampio respiro non mancano le azioni a carattere pi+u specifico rivolte a valorizzare le culture locali, come nel caso delle iniziative a favore della cultura ladina (si veda la L.R. 23 dicembre 1983, n. 60 e successive modifiche), a favore di studi e ricerche sulla cultura popolare veneta (si veda la L.R. 29 aprile 1985, n. 39 e successive modifiche) e a favore della costituzione di musei etnologici locali.
Provvedimento che segnala l' importanza della tematica (e ultimo in ordine cronologico) è la L.R. 9 gennaio 1986, n. 2 , che ha istituito il “ Centro di documentazione dei beni culturali e ambientali del Veneto ” con il compito di raccogliere, elaborare e fornire informazioni relative al patrimonio della civiltà del Veneto. Si tratta di uno strumento che può risultare strategico per l' azione culturale regionale qualora si predispongano mezzi adeguati e, soprattutto, i necessari collegamenti con le strutture statali e internazionali che operano nel settore.
La rilettura che questo nuovo PRS intende promuovere per le politiche pi+u propriamente culturali, di cui si parla nel presente capitolo, va affrontata con visione di insieme e collegamento con altre politiche connesse : quelle della scuola e del lavoro, quelle ambientali, economiche e sociali, e ancora quelle che percepiscono i fattori e gli aspetti d' innovazione : nel contesto, cioè, che coglie ed esprime la cultura di una società e di una sua fase storica in evoluzione.
Vanno pertanto tenute contemporaneamente in evidenza le indicazioni di alcuni capitoli e paragrafi : in particolare, i giudizi di natura culturale sul “ quadro storico evolutivo ” (cfr. 3.), sul “ Veneto verso il 2000 ”, là dove si individua l' uomo e la sua promozione culturale al centro di “ un quadro di riferimento progettuale, nel quale occorre ritrovare una sintesi tra esigenze di efficienza e istanze di solidarietà ”(cfr. 4.1), e là dove, di fronte alla motivata ipotesi di “ un salto qualitativo al livello educativo dei giovani e alla qualità del processo formativo ”, si prospettano “ le necessità di una società che miri a più alti livelli di cultura civile ” (cfr. 4.2), e ancora sul “ Veneto come comunità unitaria ”, dove l' economia si rafforzerà “ solo a condizione che tutti i suoi poli perseguano le proprie vocazioni ... in un tessuto che si è dimostrato capace di coniugare tradizione e mutamento ” (cfr. 5.1.1).
Nella configurazione della società e dell' economia veneta, alla cui realizzazione è finalizzata l' azione generale del PRS, si colgono, quali “ obiettivi di lungo periodo ” (cfr. 4.) di rilevante significato per la cultura : il “ perseguire attivamente politiche di contatto e di scambio con le diverse realtà culturali e con le strutture di elaborazione e ricerca, universitarie e non, più avanzate nel mondo ”, “ la distribuzione territoriale delle attività produttive e della popolazione ” sulla base di più livelli di compatibilità, in particolare con una “ elevazione della qualità della vita, come conseguenza della salvaguardia dei beni storico-culturali e ambientali ereditati dalle passate generazioni, come effetto del risanamento delle situazioni di degrado dentro e fuori l' ambiente costruito e infine come capacità di progettare e organizzare nuovi ambienti e nuovi paesaggi ”.
L' impegno per la conservazione e valorizzazione del patrimonio storico e artistico è considerato particolarmente nei capitoli sul “ fattore ambiente ” (cfr. 7), specie nell' analisi su “ il sistema delle risorse culturali naturali e ambientali ” in tutto il territorio, sia delle città, da Venezia ai centri storici minori, sia nelle aree di pianura e montagna espressive della civiltà rurale veneta, e ancora in tema di turismo (cfr. 8.1.3), da orientare e favorire principalmemte verso le esigenze qualitative, italiane e straniere.
Alcuni riferimenti vanno qui ribaditi. Di specifico rilievo è quello rappresentato dalle “ ville H venete ”, per le quali va ripreso e intensificato - in uno sforzo coordinato, privato e pubblico (statale, regionale e locale) - un programma di interventi che sostenga l' azione dell' Istituto regionale, intesa a far conoscere e recuperare un patrimonio incomparabile di cultura e civiltà. Esso va considerato non solo come mirabile emergenza di valori architettonici ed artistici, ma nella sua più effettiva natura di formidabile azione di governo e di riassetto del territorio regionale, espressa attraverso un processo di riordino fondiario, di riorganizzazione idraulica, di insediamento nel territorio dei simboli e della presenza di una classe dirigente.
Tale azione va estesa al complesso dei beni culturali veneti (mobili ed immobili) che, previa azione di conservazione e recupero, vanno adeguatamente promossi presso il largo pubblico nazionale e internazionale.
Vi è piena consapevolezza sull' assoluto rilievo del patrimonio culturale come importante risorsa regionale da salvaguardare, valorizzare ed utilizzare.
Sempre in ordine all' obiettivo di rendere incisivo l' intervento regionale per conservare e rinnovare il patrimonio dei beni d' arte, cultura e socialità, va ricordato il rilevante significato della L.R. n. 44/1987 , che con la “ disciplina del fondo per le opere di urbanizzazione ” favorisce - in collaborazione finanziaria con i Comuni- provvedimenti rivolti alla straordinaria manutenzione, al restauro e risanamento conservativo nonchè a nuove realizzazioni di chiese e altri edifici religiosi.
Il capitolo su “ professionalità e istruzione ” (cfr. 6.2) contiene giudizi di valore che concorrono fortemente ad aprire prospettive all' azione culturale della Regione in una delle sue principali competenze. Il prolungamento dell' obbligo scolastico e il miglioramento qualitativo dell' istruzione sono visti come “ obiettivi da appoggiare e perseguire ”, nella previsione di una maggiore domanda di istruzione che va intesa “ come strumento culturale capace di mettere i cittadini in condizionmi di meglio usufruire del proprio tempo e del proprio reddito, facendone degli attori sociali più consapevoli e in grado di meglio partecipare alla gestione comunitaria ”. Rilevante, in proposito, l' accenno alle funzioni regionali particolarmente in tema di “ diritto allo studio ” : la revisione della legge regionale in materia appare opportuna occasione di riforma, coinvolgendo le forze del pluralismo educativo e la collaborazione dei genitori nella gestione della scuola come “ un servizio di cui tutti i giovani possano usufruire nelle stesse condizioni e con le stesse opportunità ”.
Ripetutamente, nel PRS, si richiama “ il ruolo fondamentale assegnato alle università, che nel Veneto costituiscono un formidabile patrimomio di scienza e conoscenza capace di innescare processi innovativi di ampio significato ” : ciò vale “ nel processo formativo ” (cfr. 6.2), specie in vista della “ istituzione di poli forti di formazione ” e nel “ pieno sostegno a corsi di specializzazione di tipo manageriale e imprenditoriale ”.
Il collegamento con l' università, con i suoi esponenti, istituti e strutture, vale a maggior ragione per le “ politiche dell' innovazione ” (cfr. 8), nei diversi settori e strumenti (anche informatici) del sistema produttivo e istituzionale. E perciò il PRS afferma l' impegno della Regione a “ incentivare accordi di collaborazione tra le nostre università e quelle estere ” (cfr. par. 9.9 Progetto Università Venete), nonchè a “ patrocinare e promuovere congressi scientifici a livello nazionale e internazionale ”.
Più particolarmente il “ Progetto ricerca e innovazione ” (cfr. 9.6) afferma l' obiettivo di “ favorire il manifestarsi delle potenzialità presenti nelle università, negli enti e centri scientifici e tecnologici, anche in un nuovo rapporto di collaborazione con il settore privato e con gli enti locali ”. Una prima fondamentale strumentazione al riguardo è configurata dalla recente legge regionale intitolata “ Costituzione di una società a partecipazione regionale per lo sviluppo dell' innovazione e collaborazione con il CNR per studi e ricerche in materia di interesse regionale ” (L.R. 6.9.88, n. 45). Di tale società potranno essere soci, oltre alla Regione e alle università, gli enti locali, altri enti pubblici territoriali e non, gli istituti di credito, le imprese e loro associazioni, e altri soggetti privati operanti nel settore.
Gli studi e le ricerche, che tramite apposite convenzioni potranno promuoversi nelle materie di competenza regionale, riguarderanno particolarmente l' innovazione nei settori dell' ambiente, dei servizi sociali, del turismo e dei beni culturali.
Una voce fondamentale dell' impegno regionale per la cultura riguarda la collaborazione con i grandi enti, che sono collaudati e meritori protagonisti della risonanza internazionale della civiltà veneta, punti focali di manifestazione e produzione di cultura : a Venezia “ La Biennale ”, “ La Fenice ”, la “ Fondazione Giorgio Cini ” ; a Verona “ L' Arena ” ; a Vicenza il “ Centro internazionale di studi di architettura A. Palladio ”.
Su queste e altre significative istituzioni culturali si profila matura e opportuna una esigenza di riconsiderazione, anche in vista di possibili revisioni legislative. Sono istituzioni che, con la loro ricchissima dotazione, costituiscono espressione viva dell' autonomia della società, insieme veicolo di una forte immagine del Veneto.
L' esigenza di una revisione, anche statutaria, si pone particolarmente per “ La Biennale ” : si deve tendere, aggregando forze culturali e sociali, a un riassetto che dia vera autonomia all' Ente e garantisca un retroterra veneto autenticamente collaborativo. Quanto si dice per “ La Biennale ” vale ancora più a fondo per Venezia (come si rileva nel relativo “ Progetto ”, cfr. 9.1) : è il tema della reintegrazione tra Venezia e il Veneto, per la cui saldatura collaborativa, attraverso tante espressioni di tradizione e innovazione, appaiono sperimentabili diverse ipotesi e iniziative, correnti, collaudate, e anche straordinarie ed eccezionali. Una di queste è l' ipotesi di “ Expo 2000 ”. Lo studio di fattibilità dovrà spingere a un approfondimento su moduli culturali e di vita e conseguentemente di organizzazione produttiva, economica e sociale, plausibili e auspicabili sull' orizzonte del 2000 : non dunque verso megastrutture impossibili, ma verso traguardi da ricercare comunque, indipendemente dal fatto che si giunga a realizzare l' Esposizione universale. E' in ogni caso importante, infatti, collaborare e suscitare sinergie pubbliche e private per la salvaguardia e la rivitalizzazione di Venezia, in un ritrovato rapporto di interdipendenza con il Veneto, superando visioni particolari e localistiche, tendendo a una nuova sintesi di valori umani, sociali e dunque culturali, con preminente attenzione, proposta e ricerca per i valori della pace.
Verso questa nuova sintesi, la Regione non ha e non deve avere un ruolo sostitutivo ; ha una _ 40 _ funzione di scoperta e recupero di tutte le energie da stimolare. Questa politica regionale delle sinergie - con gli enti locali, anzitutto con le civiche amministrazioni delle città capoluogo e dei centri storici, con le università e le grandi istituzioni, con le associazioni, le forze sociali, economiche e finanziarie, con tutte le espressioni dell' autonomia pubblica e privata - può svilupparsi su molteplici ambiti, tradizionali e nuovi. Può suscitare collaborazioni che promuovano anche grandi operazioni culturali : sul tipo della “ Storia di Venezia ”, affidata alla Fondazione Cini e all' Istituto dell' Enciclopedia italiana ; una realizzazione di ampia portata, a cui la Regione potrà contribuire grazie anche alla sua competenza per archivi e musei, e che si affiancherà ad altre autonome iniziative editoriali, come la “ Storia della cultura veneta ”.
Da Venezia e dal Veneto, l' incontro culturale - e dunque di umanità, di valori, di tradizioni e di aperture con l' Europa e con il mondo può ridare respiro, al di là delle precarietà finanziarie e dello stentato riconoscimento del suo ruolo costituzionale, all' immagine della Regione. Chi vi opera avverte l' esigenza di imprimere una forte caratterizzazione culturale alla presenza e all' azione di questa autonomia democratica della Repubblica : nel rispetto dell' ordinamento - e però come sua parte vitale - dentro al quale corrispondere ad attese civili e responsabilità sociali con una motivata visione di cultura, per una crescita della società veneta che ne rinsaldi e rinnovi l' anima e l' identità.
7. IL FATTORE AMBIENTE
7.1 Obiettivi e direttive generali
Il PRS definisce il fattore ambiente nella sua accezione più vasta, comprendendo in esso:
- il sistema delle risorse e dei beni naturali, ambientali e storico-artistici, del territorio rurale;
- l' insieme delle strutture insediative, urbane e territoriali, nelle quali la comunità veneta vive e lavora;
- la dotazione infrastrutturale ed i servizi di trasporto che collegano lo spazio regionale a quello nazionale e internazionale nonchè le reti che garantiscono l' efficienza delle relazioni interne.
In stretta coerenza con gli “ Indirizzi ” predisposti dal Consiglio regionale e per promuoverne la concreta attuazione, il PRS predispone un sistema di obiettivi articolato e coerente e indica le conseguenti direttive e strategie di intervento nei diversi settori.
L' azione regionale deve essere volta alla valorizzazione delle città e del sistema urbano regionale nel suo complesso ed a realizzare l' evoluzione del sistema della mobilità delle merci, delle persone, delle informazioni in un generale quadro di vita contraddistinto dalla qualità ambientale, dalla ricchezza delle occasioni culturali e sociali, dal godimento del paesaggio, dei beni naturali e di quelli storico-culturali, concentrati nelle città o distribuiti sul territorio.
Le azioni sui beni e sulle risorse naturali e ambientali e sui beni storico-artistici, sulle singole città, sui diversi sottosistemi insediativi e sul comparto delle comunicazioni devono essere fra loro coordinate e si configurano come parte di un ampio processo di ristrutturazione e riassetto territoriale da sviluppare per fasi, ma con continuità e coerenza, nei prossimi anni.
a) Le risorse naturali, ambientali ed i beni storico culturali.
La Regione deve estendere, approfondire e rendere sempre più efficace la propria azione rivolta alla salvaguardia, tutela e valorizzazione delle diverse categorie di risorse e beni, in tutti i settori di sua competenza, sulla base di una penetrante e articolata opera di riconoscimento dei beni e delle risorse e di prevenzione del loro degrado.
Gli obiettivi della qualità dell' ambiente e della tutela e conservazione dei beni e delle risorse si devono infatti perseguire puntando sempre più su nuovi e più corretti comportamenti dei diversi soggetti pubblici e privati nelle loro ordinarie attività, comportamenti che devono essere orientati, fin dalla loro ideazione, a prevenire gli impatti negativi sulle risorse stesse.
Si pone dunque l' accento sulla necessità di attuare non solo politiche di settore che si propongono di intervenire direttamente sui fenomeni di degrado che riguardano le diverse categorie di beni (dalla difesa del suolo, alle reti ed impianti di captazione e depurazione degli effluenti, ad interventi di restauro dei centri storici e dei beni culturali o all' apposizione di vincoli a difesa di sistemi naturali), ma di operare in profondità sulla consapevolezza collettiva del valore che deve essere assegnato alle diverse categorie di beni, per indurre comportamenti non direttamente dettati da situazioni di emergenza o misurabili in termini esclusivamente di convenienze economiche di breve periodo.
Ciò comporta:
- una diffusa e costante opera di informazione e didattica rivolta a tutta la comunità regionale ed a singole categorie;
- la redazione di piani e la scelta di localizzazione dei singoli impianti che consenta migliori e meno costose misure di contenimento e di riduzione di effetti indesiderati, nonchè la introduzione di tecniche di progettazione e di valutazione dei progetti (in particolare della Valutazione di Impatto Ambientale introdotta nella legislazione regionale con la legge 33/85) che tengano sistematicamente conto, con il necessario rilievo, degli standards qualitativi desiderati e riducano le componenti negative dell' impatto ambientale nella realizzazione ed esercizio delle opere di trasformazione;
- la definizione di un mix coerente di politiche ambientali sia di tipo precettivo sia a carattere economico che informino i singoli piani ambientali così da riportare, nel più breve tempo possibile, gli sversamenti sia civili che industriali a livelli non nocivi per l' ambiente;
- la realizzazione di un' organica politica di disinquinamento e una forte, contestuale incentivazione alla innovazione tecnologica per favorire, nella maggior misura possibile, processi produttivi capaci di ridurre la produzione di inquinanti;
- l' attuazione delle misure di tutela e valorizzazione delle risorse naturali e ambientali, con la istituzione dei primi “ parchi ” e “ riserve ” in cui sperimentare concretamente i modelli di gestione in presenza di livelli di complessità dei diversi contesti (montano, collinare, di pianura, costiero);
- la scelta di politiche volte a indirizzare quote crescenti di risorse finanziarie, ma anche progettuali, verso il restauro e il recupero del patrimonio esistente, edilizio, urbano, territoriale, ambientale.
Tutto ciò non deve investire solo il settore privato ma anche il settore pubblico, che deve rinnovare i sistemi di obiettivi che persegue e riorganizzare profondamente la macchina amministrativa.
Nel caso delle politiche ambientali infatti è evidente che le decisioni in merito non solo ai piani di settore specifici ma anche ad atti e opere singole, debbono essere coordinate e valutate per gli effetti diretti ed indiretti che possono avere, e di norma hanno, sui sistemi ambientali stessi. Quello ambientale è infatti campo di grande inpegno scientifico, tecnico e finanziario che deve impegnare la Regione in programmi di lungo periodo ed esige una innovazione profonda nella azione amministrativa.
Le decisioni riguardanti sia la fase istruttoria (programmi di ricerca, sistemi informativi, adozione di tecniche e metodologie) sia le definizione dei piani e dei progetti, sia le politiche di gestione vanno sistematicamente sottoposte a verifica e assunte nell' esercizio della collegialità della Giunta regionale.
Infine, sono le misure ed i modelli organizzativi richiesti dal risanamento dei grandi sistemi ambientali (fiumi, lagune, ambiente marino) che richiedono un approccio multisettoriale di grande complessità e implicano azioni dirette e indirette su vasti territori, con il coinvolgimento di numerose istituzioni e intese interregionali e con lo Stato.
b) il sistema insediativo
Il modello insediativo veneto, articolato in un gran numero di poli di varia complessità e livello gerarchico, con forti discontinuità nel tessuto insediativo che comprende centri minori, insediamenti sparsi e vaste porzioni di territorio agricolo, va salvaguardato non solo in ragione del suo profondo significato storico e culturale ma altresì per i vantaggi che offre alle nuove prospettive di crescita sul piano organizzativo, funzionale e in riferimento al quadro di vita per i residenti e le attività produttive.
Obiettivo generale del PRS è peraltro quello di favorire l' evoluzione della struttura policentrica veneta verso forme sempre più integrate e funzionalmente articolate.
La natura della sfida che la competizione internazionale pone allo sviluppo dell' economia veneta richiede infatti la creazione di un ambiente competitivo sempre più dotato e dinamico, obiettivo che si realizza con una molteplicità di azioni in numerosi campi. Sul piano delle politiche territoriali richiede una decisa azione per la valorizzazione di ciascuna e dell' insieme delle città venete, quali luogo elettivo di localizzazione delle funzioni evolute che lo sviluppo futuro richiede. Sono infatti presenti in esse un' alta dotazione di infrastrutture, di servizi rari ed un' alta capacità di elaborazione e sostegno di processi innovativi, di strategie culturali, finanziarie, operative.
Nel realizzare questo obiettivo, che definiremo strategico, l' azione regionale dovrà svilupparsi in due direzioni fra loro strettamente correlate:
- confermare e rafforzare quei centri, segnatamente dell' area centrale, che configurano, nel loro complesso, già ora struttura e relazioni di livello metropolitano, per la complementarietà delle funzioni distribuite nelle diverse città, per la tipologia e qualità dei servizi rari già presenti, per la intensità dei flussi di scambio sia interni che rivolti all' esterno;
- sviluppare una contestuale politica di valorizzazione e arricchimento delle funzioni delle città e centri minori, nonchè assicurare la migliore accessibilità entro rete regionale, per tendere ad un sistema urbano sempre più coeso che investa l' intero spazio regionale per diffondere in tutte le sue parti le opportunità di sviluppo.
Nel caso veneto ciò significa, per il futuro, sviluppare tutte le possibilità di evoluzione e rafforzamento della intera struttura insediativa, utilizzando appieno la flessibilità di un modello territoriale che costituisce una “ variante ” della tipologia insediativa metropolitana, profondamente radicata nella storia e nella cultura di questo territorio e di questa comunità regionale.
c) Il sistema delle comunicazioni
Gli obiettivi per il sistema dei trasporti e delle comunicazioni, coerenti con la struttura economica e con l' organizzazione urbana e territoriale della regione, riguardano la progressiva crescita dell' efficienza del sistema di trasporto merci, persone e informazioni:
- da e verso l' esterno della regione, con riferimento alle relazioni internazionali e nazionali di lunga percorrenza ed a quelle più frequenti e programmate con l' intera regione padana;
- fra i poli del sistema insediativo regionale.
Nel comparto dei trasporti e comunicazioni pertanto, si dovrà:
- rimuovere le strozzature e gli ostacoli che si frappongono ad un efficace sistema di relazioni con lo spazio extraregionale, favorendo un progressivo e sostanziale riequilibrio a favore della utilizzazione del trasporto su ferro rispetto a quello su gomma;
- realizzare un sistema integrato di trasporti a scala regionale che utilizzi più modi di trasporto, rivaluti e rafforzi quello ferroviario, consenta di servire in modo adeguato e di legare in modo efficace i poli e le aree in un sistema integrato di relazioni, impedendo la congestione delle aree a maggior densità insediativa e assicurando ai diversi sottosistemi territoriali le migliori condizioni di reciproca accessibilità.
7.2 Il sistema delle risorse naturali, ambientali ed i beni storico culturali
Gli obiettivi che il PRS intende perseguire in tema di risorse naturali e ambientali verranno articolati rispetto ai temi della difesa del suolo e degli insediamenti, della lotta contro l' inquinamento delle risorse primarie (aria, acqua, suolo) e della politiche per il loro disinquinamento, per la difesa dei sistemi di interesse naturalistico e ambientale e dei beni storici e culturali.
7.2.1. Difesa del suolo e difesa dagli inquinamenti
Uno dei compiti centrali che il PRS persegue è quello di coniugare sviluppo economico e qualità della vita, qualità che ha nella difesa rigorosa dell' ambiente una delle sue componenti principali e a questo fine individua le direttive e/o aggiustamenti dei piani di settore per ciò che riguarda le varie aree tematiche.
Il PRS affida inoltre ad uno specifico “ Progetto ambiente ” il compito sia di approfondire le tematiche conoscitive in tema di inquinamento, che di avanzare proposte e progetti operativi per la lotta contro le più grave manifestazioni di degrado delle risorse, nonchè di individuare le modalità con cui dare vita ad un settore economico che faccia del disinquinamento il proprio prodotto.
Difesa del suolo e degli insediamenti
Il Veneto è costituito:
- per il 46% del suo territorio da aree collinari e montane, in parte soggette a fenomeni erosivi di modellamento superficiale tuttora rilevanti;
- per la restante parte da territorio pianeggiante, di cui circa il 20% posto a quota inferiore dei sistemi scolanti e pertanto interessato da ricorrenti alluvioni ; parte delle aree costiere sono soggette a fenomeni di bradisismo.
In questo quadro i problemi connessi alla difesa del suolo e degli insediamenti possono essere ricondotti alle seguenti grandi categorie:
- le modifiche della morfologia del suolo (frane e dissesti) in ambiente collinare e montano;
- le esondazioni di fiumi e torrenti di montagna e di pianura;
- l' invasione, da parte delle acque marine, di parti del territorio costiero e degli insediamenti lagunari;
- i fenomeni di erosione costiera;
- la esposizione di aree, edifici e di insediamenti al rischio sismico.
Gli strumenti da predisporre, da parte degli organi regionali, sono essenzialmente di quattro tipi (con riferimento anche ai disposti della L.R. 33/85) :
- studi e ricerche di base volti a riconoscere la natura, l' entità e la distribuzione territoriale dei fenomeni;
- sistemi informativi territoriali in grado di registrare e interpretare i fenomeni nonchè di elaborare previsioni circa la evoluzione degli eventi suscettibili di produrre danni a persone, strutture insediative e beni naturali e ambientali;
- provvedimenti generali di pianificazione di settore estesi a tutto il territorio regionale o a parti significative di esso;
- progetti attuativi di intervento localizzato.
Con riferimento al complesso di fenomeni legati alla fragilità dei rilievi ed alla regimazione delle acque nonchè alle tipologie di strumenti sopra citati si richiamano:
A. gli studi e le ricerche sistematiche da completare o da realizzare sui caratteri fisici del territorio, indispensabile premessa per la migliore comprensione dei processi in atto e potenziali (cartografia geologica regionale, carta della stabilità dei terreni, il completamento delle “ carte di localizzazione probabile delle valanghe ” che si configurano come particolare e ricorrente dissesto);
B. i sistemi informativi di raccolta e controllo delle variabili significative, relative ai fenomeni suscettibili di evolvere verso eventi calamitosi, rispondono al fine di attivare, anche in tempo reale, attendibili previsioni per assumere provvedimenti volti a limitare effetti indesiderabili sulla popolazione, sui beni e sugli insediamenti. Per quanto concerne il comportamento di fiumi e torrenti, sulla base della “ Carta regionale delle acque ” già disponibile (1984) va completato il “ Catasto computerizzato dei torrenti e delle opere di difesa idro-geologica in zona montana ”.
Vanno affinati e potenziati inoltre i sistemi informativi relativi:
- al regime idrico di fiumi e torrenti, integrandoli a livello di bacino ed estendendoli progressivamente alla intera rete idrografica;
- alle condizioni del manto nevoso in relazione alla probabilità di cadute di slavine e valanghe.
Si sottolinea che il sistema informativo generale sull' ambiente deve essere concepito secondo una struttura integrata;
C. i provvedimenti e piani generali di difesa del suolo e degli insediamenti per le aree a maggior livello di dissesto con l' indicazione di un complesso di provvedimenti normativi ed operativi connessi alle condizioni di stabilità dei versanti, all' erodibilità dei bacini torrentizi, all' inondabilità delle aree fluviali di pianura, con riferimento agli insediamenti ed alle infrastrutture esposte ai diversi rischi.
C.1 Il settore idraulico
La risorsa acqua deve essere considerata in modo unitario e riguardata in tutti i suoi molteplici aspetti, funzioni ed usi entro un “ Piano regionale delle acque ” che sia in grado di salvaguardarne la qualità e regolare i conflitti fra le diverse alternative dùso. Dal punto di vista della difesa idraulica del territorio debbono essere redatti, quali principali strumenti di programmazione degli interventi:
- i “ Piani di bacino ” per regolare le acque di torrenti e fiumi con riferimento ad interi bacini idraulici sono redatti dallo Stato d' intesa con la Regione per i bacini interregionali e dalla Regione per quelli regionali ; si segnalano fin d' ora, a fini di intervento prioritario, i bacini dell' Agno, Astico e Posina e la conca dell' Alpago;
- i “ Piani generali di bonifica e tutela del territorio rurale ” la cui portata ed efficacia si estende ad una vasta gamma di obiettivi ; qui si richiama la funzione dei Consorzi di bonifica come presidio della sicurezza idraulica del territorio e degli insediamenti, soprattutto nelle estese aree a scolo meccanico.
C.2 Il settore dei dissesti dei versanti
Per i territori montani e collinari dovranno essere individuati i provvedimenti da adottare e le priorità in ordine alle diverse condizioni di pericolosità in Piani di intervento per il consolidamento dei versanti.
C.3 La difesa delle coste e degli insediamenti costieri
La materia connessa alle difese dal mare è in modo pressocchè esclusivo di competenza dello Stato e pertanto la partecipazione regionale si esprime in termini di “ intesa ” per le opere, da realizzare, di disciplina degli insediamenti e di uso delle risorse connesse ai sistemi costieri e lagunari. In questo tema rientra la difesa degli insediamenti della laguna di Venezia e la regolazione del regime idraulico in occasione delle “ acque alte ” eccezionali.
I progetti di difesa degli insediamenti vanno attentamente seguiti e stimolati nell' ambito ed in stretta correlazione con un più complessivo progetto di tutela e di valorizzazione della città storica e di salvaguardia e risanamento dell' ecosistema lagunare.
C.4 La esposizione al rischio sismico
I provvedimenti si articolano in due campi distinti e complementari, coordinati dalla Commissione Sismica Regionale:
- la revisione della delimitazione delle aree da assogettare alla normativa dalle zone sismiche, in base a studi sistematici relativi alla scuotibilità e vulnerabilità dei suoli, sia a livello territoriale, che con riferimento ai sistemi insediativi locali;
- la realizzazione di studi delle tipologie costruttive presenti nelle aree a rischio sismico al fine di:
- mettere a punto le metodologie di indagine, la valutazione e la vulnerabilità degli edifici in ragione dei diversi sistemi e tecnologie costruttivi;
- proporre le tecniche di consolidamento degli edifici al fine di eliminare o ridurre drasticamente i pericoli, in caso di evento sismico, per gli abitanti e le diverse categorie di beni.
C.5 I Piani di intervento della Protezione Civile
L' insieme delle conoscenze in materia di vulnerabilità dei sistemi infrastrutturali e insediativi, il rilevamento e la previsione degli eventi calamitosi, il censimento delle zone a particolare rischio (per frane, dissesti, esondabilità, aggressione delle acque marine, eventi sismici), debbono essere posti alla base della redazione e del continuo aggiornamento dei “ Piani di intervento della Protezione Civile ” . La loro efficacia dipende non soltanto dalla buona organizzazione dei servizi logistici stabili e di quelli del volontariato, ma anche dalla continua attività di prevenzione nonchè dalla disponibiltà di modelli previsivi efficaci, basati su una approfondita conoscenza della struttura territoriale e della sua vulnerabilità. A questo proposito si ricorda che la Regione è impegnata nella realizzazione di una sala operativa per la protezione civile, dotata ovviamente dei necessari collegamenti, nella quale convergeranno le informazioni che una apposita sezione del Sistema informativo regionale (S.I.R.V.) si incaricherà di fornire.
Difesa delle risorse dagli inquinamenti
La difesa dagli inquinamenti delle risorse primarie (acqua, aria, suolo), è uno degli obiettivi fondamentali della società veneta, e per questo la Regione rafforza e coordina le politiche settoriali in atto e in progetto volte a estendere i processi di controllo e di abbattimento dell' inquinamento in tutte le sue componenti. Predispone inoltre provvedimenti per promuovere la innovazione nelle tecnologie produttive, nei settori primario e secondario, che portano a minore produzione di inquinanti. Non può essere consentito infatti che un aggravamento delle condizioni di inquinamento, e d' altra parte i vincoli conseguenti connessi alla difesa dell' ambiente possano costituire in tempi molto prossimi, un serio impedimento allo sviluppo del Veneto.
L' azione regionale di programmazione, progettazione e coordinamento in materia di tutela dell' ambiente è regolata dalla L.R. 33/85.
La riduzione della produzione di inquinamento è, in prospettiva, l' obiettivo di maggior rilievo per la tutela dell' ambiente. Si dovranno pertanto impostare provvedimenti in molti settori, nonchè progettare e avviare la riorganizzazione dell' apparato normativo e amministrativo in funzione di un più efficace controllo, di una migliore gestione delle risorse e di una produzione di servizi per il territorio che tenda a semplificare il sistema degli enti erogatori.
Si dovranno attuare azioni che pongano alla propria base una visione unitaria di ciascun sistema ambientale e facciano riferimento ad una organizzazione di controllo e di gestione anch' essa unitaria.
La realizzazione di impianti di depurazione, pur necessaria, non può essere infatti la sola risposta pubblica al problema, poichè in tal caso può portare, come effetti indesiderabili a:
- considerare accettabile la produzione di inquinamento, altrimenti evitabile, se in presenza di impianti di depurazione, dimendicando che questi pongono comunque delicati problemi di controllo sul funzionamento;
- assorbire quote rilevanti e crescenti di risorse pubbliche;
- disincentivare, di fatto, la ricerca sui cambiamenti di processo in tutti i settori che producono inquinamento.
Il contenimento e la riduzione progressiva dell' inquinamento in tutti i campi e settori deve perciò basarsi anche su percorsi diversi ; in particolare si deve orientare il sistema produttivo e gli stessi insediamenti civili a trattare il problema del disinquinamento nella sua corretta configurazione economica, il che tanto più può realizzarsi quanto più si rendono espliciti i costi diretti ed indiretti della riduzione dell' inquinamento e quanto più tale costo viene addebitato a chi può operare per ridurre la produzione dell' inquinamento stesso.
Si fa riferimento in questo quadro al principio “ inquinatore-pagatore ” propugnato dall' OCSE e accettato da molti anni dal nostro Paese, che si ispira a criteri di efficienza e di razionalità economica, prima ancora che di equità.
Si dovrà infine orientare tutta la comunità regionale a dare avvio in tutte le sue attività, scelte ed espressioni civili e culturali, ad una seconda fase, che prevede non solo e non tanto provvedimenti per rallentare il consumo di risorse e del deterioramento delle stesse, ma anche e soprattutto un sostanziale miglioramento del rapporto individuale e collettivo con l' ambiente, volto cioè ad aumentare continuamente la dotazione per abitante di risorse naturali pregiate (secondo le politiche di valorizzazione esposte nel successivo paragrafo sui sistemi di interesse naturalistico e ambientale).
Inquinamento delle acque
a) Devono essere potenziate ed estese, fino ad una completa e soddisfacente copertura di tutto il territorio regionale, le reti di controllo delle caratteristiche qualitative dei corpi idrici sotterranei, delle acque dolci superficiali (in particolare per quelle potabili, per la balneazione lacuale, la funzione irrigua e in generale le condizioni della vita acquatica), delle acque lagunari e marine costiere (per la balneazione, l' acquacoltura, il controllo di ogni tipo di inquinante).
b) La Regione ha predisposto, contestuali e coordinati:
- il Piano Regionale di Risanamento delle Acque (P.R.R.A.);
- il Piano Regolatore Generale degli Acquedotti. Questi due documenti che affrontano in modo organico importanti componenti del tema della salvaguardia delle acque, sono in corso di approvazione da parte della Regione.
Debbono essere però definiti tre ulteriori orientamenti:
- vanno indicate le priorità con riferimento alle aree in cui i processi di inquinamento sono più accentuati ed a quelle a maggior rischio ecologico;
- deve essere avviata una politica volta a ridurre la produzione di inquinamento;
- devono essere impostati criteri, normative, strumenti amministrativi di gestione e intervento riferiti ai singoli bacini, capaci di tener conto delle condizioni dei corpi acquei recettori e di predisporre la più rigorosa difesa.
Per quanto riguarda le priorità si dovranno predisporre in particolare i progetti e le azioni volti alla difesa di:
- di tutte le risorse classificate idropotabili dall' inquinamento agricolo, civile e industriale;
- le “ zone di ricarica degli acquiferi ”, poste a nord della fascia delle “ risorgive ”;
- la laguna di Venezia da attuare con un complesso di azioni relative a tutto il bacino scolante (circa 1850 Kmq.), di concerto con il Ministero dell' Ambiente e degli altri organi dello Stato competenti;
- le vaste aree ad elevato rischio ambientale (art.7 L.349/86) costituite dai bacini tributari del “ Brenta Bacchiglione ”, “ Gorzone ” e “ Adige ” ;
- il Veneto partecipa per tutte le parti di sua competenza al progetto interregionale, di concerto con il Ministero dell' Ambiente, di disinquinamento del bacino del Po.
Inquinamento dell' aria
L' inquinamento dell' aria dipende in larga misura dalla utilizzazione civile, industriale, per i trasporti nonchè per la produzione di energia dei combustibili fossili. L' inquinamento dell' aria inoltre contribuisce in misura non trascurabile, con la ricaduta di polveri e particelle di origine civile e industriale all' inquinamento del suolo e delle acque e pertanto il controllo delle emissioni inquinanti aeriformi è uno degli obiettivi rilevanti per migliorare la qualità ambientale complessiva.
Per realizzare una lotta mirata a questa componente dell' inquinamento e legarla inoltre alla sua pericolosità ed incidenza diretta sulla qualità degli insediamenti, è necessario:
- portare a conclusione i programmi di lavoro volti a censire le fonti di emissione, redigendo altresì le mappe relative generali e tematiche, a conoscere le caratteristiche delle emissioni e le condizioni di circolazione meteorica delle stesse;
- estendere, a tutte le aree indiziate di carico non accettabile di inquinamento, la rete automatica di rilevamento già attiva in aree delle provincie di Venezia, Padova, Verona e Vicenza;
- completare la redazione del “ Piano di Risanamento dell' atmosfera ” (previsto dalla L.R. 33/85) ed in avanzato corso di svolgimento.
Priorità va assegnata ai programmi di riduzione delle emissioni nocive interessanti le aree più densamente popolate, prima fra tutte l' area di Mestre, inclusa nell' area di ricaduta dell' inquinamento dell' aria prodotto a Porto Marghera.
In questo quadro vanno previsti drastici interventi per ridurre le emissioni nocive delle centrali termo-elettriche dell' ENEL primo fra tutti l' impianto di Porto Marghera, responsabili di quote percentuali assolutamente rilevanti dell' inquinamento dell' aria.
Un campo di attività fino ad ora trascurato riguarda la difesa del suolo, delle acque e dell' aria dalle emissioni tossiche connesse alla rete di traffico nonchè dai rumori e dalle vibrazioni. Dovranno essere definite norme e favoriti interventi volti a creare misure protettive (barriere antirumore e antinquinamento) nei tratti di maggior contatto con gli abitati.
Del problema connesso all' inquinamento aereo ed acustico si dovrà tener conto nella redazione dei piani e progetti di intervento sulla rete viaria in ambiente urbano e nel territorio e nei “ piani di circolazione ” delle principali città.
Inquinamenti del suolo
Per il suolo è necessario articolare i problemi della difesa in due distinti capitoli, peraltro fra loro interconnessi:
a) Le attività di escavazione
I Piani di settore relativi all' attività di escavazione, di livello regionale e provinciale, riguardano la apertura di nuove cave e l' esercizio di quelle in atto. Per quanto concerne la definizione dei nuovi Piani relativi alla attività di Cava, debbono essere posti a base di quello regionale e di quelli provinciali tutte le cautele e gli accorgimenti di ordine sia tecnico che amministrativo per renderne minimi gli impatti sull' ambiente.
Oltre ad osservare la prescrizione e le direttive contenute nel PTRC con riferimento alle aree “ vulnerabili ” e ad “ alta sensibilità ambientale ”, dovranno essere redatti e utilizzati, al fine della predisposizione e gestione dei Piani di Attività di Cava accurati “ bilanci ” dei materiali resi disponibili dalla realizzazione delle diverse opere ed attività che si svolgono sul territorio a fronte di quelli utilizzati nell' ambito regionale.
Quale secondo compito, è necessario affrontare, con progetti mirati e con il contributo regionale, il ripristino delle manomissioni operate in passato di tante aree regionali, con cave poi dismesse ed abbandonate, spesso sedi di discariche abusive e pericolose per l' inquinamento del suolo e delle acque e che costituiscono un grave elemento di degrado del paesaggio collinare e di pianura. Devono essere predisposti e realizzati, anche con il concorso di stanziamenti regionali, programmi di restauro del territorio con progetti sperimentali, proposti dalla Regione, dalle Province, dai Comuni o da altri soggetti pubblici o privati, in grado di costituire riferimento per tutte le operazioni di ripristino di analoghe manomissioni. Dovranno essere altresì promossi progetti di intervento di consolidamento dei versanti, di ripristino e di eventuale riuso delle aree di montagna, collina nonchè quelle di pianura, sedi di cave abbandonate o in corso di esaurimento.
Si segnalano fin d' ora come campi di azione prioritaria : i Colli Euganei, le colline marmifere veronesi e vicentine, la Val Cavasia Trevigiana nonchè le aree di maggior concentrazione delle cave di ghiaia e argilla della pianura.
b) Lo smaltimento dei rifiuti solidi e l' inquinamento diffuso Devono essere ultimati e data concreta attuazione a:
- “ Piano per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ” ;
- “ Piano di smaltimento rifiuti speciali ” articolato nei seguenti settori:
- rifiuti speciali assimilabili a quelli urbani;
- rifiuti speciali tossico-nocivi;
- rifiuti speciali particolari (ospedali, rottamazione, fanghi conciari, fanghi biologici urbani, e altri).
La corretta e organica attuazione dei programmi di raccolta e smaltimento dei rifiuti consentirà una drastica riduzione dell' inquinamento, ora diffuso, pericolosamente dissimulato e distribuito su ampie zone del territorio. Anche in questo caso vi sono però amplissimi margini di miglioramento del servizio e di contenimento dei costi, promuovendo a tutti i livelli programmi di:
- raccolta selettiva e recupero;
- selezione delle sostanze tossico-nocive riutilizzabili anche individuando e favorendo forme di sostegno al mercato, che rendano convenienti all' operatore privato la raccolta e la riutilizzazione.
E’ da sottolineare infine che non è sotto controllo, anche perchè non sufficientemente studiato, l' inquinamento diffuso del suolo (non-point pollution) sia nel territorio rurale che in ambiente urbanizzato. Mentre per il primo sono stati avviati vari programmi di ricerca che riguardano i processi di accumulazione e rilascio dei fertilizzanti e di altre sostanze chimiche usate in agricoltura, per il secondo campo, cui pure è dovuta una rilevante quota di inquinamento, dovranno essere promosse ricerche sistematiche sull' ambiente veneto.
7.2.2 I sistemi di interesse naturalistico e ambientale
I valori naturalistici, ambientali e del paesaggio relativi all' intero territorio regionale, sono oggetto di salvaguardia e tutela nonchè di programmi di difesa attiva e valorizzazione.
Il Piano Territorio Regionale di Coordinamento (PTRC) dovrà individuare i sistemi naturali ambientali da sottoporre a tutela e indicare i criteri e le direttive cui dovranno attenersi gli Enti territoriali subordinati, nonchè gli altri soggetti pubblici e privati in rapporto allùso di detti beni.
Obiettivi generali in questo settore sono:
- la conservazione dei processi ecologici essenziali e dei sistemi che sostengono l' equilibrio naturale (sistemi fotosintetici, conservazione e difesa del suolo, riciclaggio delle sostanze nutritive, depurazione delle acque) dai quali dipendono lo sviluppo e la sopravvivenza dellùomo;
- la salvaguardia delle diversità genetiche (relativamente al patrimonio genetico degli organismi esistenti nel territorio) dalle quali dipendono i programmi di selezione necessari per la protezione e il miglioramento delle colture e delle razze animali, nonchè buona parte della ricerca scientifica e delle industrie che utilizzano le risorse viventi (agricoltura, zootecnica, acquacoltura, forestazione, farmacologia);
- la garanzia dell' utilizzazione duratura delle specie e degli ecosistemi, con particolare attenzione al patrimonio faunistico, a quello forestale e pascolivo.
Gli strumenti da adottare per la politica attiva di protezione e valorizzazione sono molteplici e attengono sia ad una impostazione delle attività ordinarie delle Amministrazioni pubbliche, da predisporre e attuare con una diversa consapevolezza dei propri compiti in rapporto all' ambiente che a un più specifico complesso di iniziative pubbliche, e regionali in particolare, volte a indirizzare azioni e risorse verso una politica di tutela e valorizzazione dei più significativi sistemi di interesse naturalistico ed ambientale.
Va riconosciuta l' attività agricola come sede elettiva di una politica diffusa di tutela del patrimonio di interesse naturalistico ambientale e promosse politiche pluriobiettivo mirate, accanto alla funzione produttiva, alla difesa attiva delle risorse, dei sistemi ambientali, del paesaggio.
Si dovrà inoltre proseguire la politica di promozione per l' istituzione di parchi e riserve naturali ai sensi della L.R. 40/84.
Alle prime concrete realizzazioni è affidata la verifica della fattibilità economica, degli effetti sociali, occupazionali, dei risultati in termini di tutela e valorizzazione degli ambiti interessati ai parchi o alle riserve, dei problemi amministrativi e di gestione.
Fin d' ora tuttavia si deve sottolineare che la istituzione dei parchi ha, fra i suoi fondamentali vincoli e obiettivi, il rispetto e la promozione delle legittime esigenze della comunità che risiede ed opera nei territori inclusi negli ambiti sottoposti a tutela.
Il Consiglio regionale ha dato concreto avvio alla politica di attuazione dei parchi e delle riserve, politica che dovrà essere perseguita in conformità con la indicazione della Giunta regionale (D.G.R. 23 dicembre 1986, n. 7090) relativamente ai seguenti parchi e riserve:
- Lessinia;
- Colli Euganei;
- Dolomiti di Fanes e Sennes;
- Cansiglio;
- Laguna di Caorle;
- Sile;
- Medio Corso del Brenta.
La istituzione del Parco del Delta del Po è oggetto di iniziative ed intese interregionali con la Regione Emilia Romagna.
Analogamente, per lo sviluppo e la valorizzazione del sistema gardesano, dovranno essere ricercate iniziative con la Regione Lombardia e la Provincia autonoma di Trento (cfr. cap. 9.2 “ Progetto Padania ” ).
Il Parco della Laguna di Venezia va organizzato nell' ambito della Legge speciale per Venezia, mentre il Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi è previsto nell' articolo 18 della legge n. 66/88 (Legge finanziaria 1988).
7.2.3 I beni storici e culturali
La struttura insediativa storica del Veneto va vista come un palinsesto, su cui la società, nella sua evoluzione, ha continuamente modificato la propria organizzazione senza tuttavia cancellare la struttura precedente e lasciando affiorare frammenti documentali anche delle epoche più lontane ; dall' epoca romana, di cui si conservano le tracce ancora evidenti della maglia viaria e della centuriazione, nonchè la rete articolata e diffusa delle città e i numerosi e insigni resti e monumenti, alla colonizzazione altomedioevale operata dai comuni e dalle grandi abbazie benedettine, all' eplosione urbana dell' età comunale fino al periodo del dominio veneziano che ha dato alla struttura del territorio regionale una forma ed una organizzazione che sono ancora oggi vive e vitali.
La Regione ha da tempo affrontato alcuni dei principali temi relativi al patrimonio storico-culturale ma tale programma può e deve essere approfondito e ampliato anche ad altre categorie di “ documenti ” di storia e di cultura.
a - Centri storici
Fra i beni che la Regione, fin dalla sua prima istituzione e con vari strumenti, ha studiato e valorizzato vi sono i centri storici ; la comunità veneta ha ormai raggiunto una piena consapevolezza del loro valore storico, artistico e simbolico e ad essi dedica grande attenzione e risorse. Ancora molto si può e si deve fare e il PRS rinnova l' impegno regionale in questo campo nel capitolo dedicato alla strategia di valorizzazione della città.
b - Monumenti isolati
Il recupero dei beni culturali isolati è stato, almeno in parte, iniziato ad opera sia degli organi statali competenti che di Enti privati e pubblici, mentre la Regione ha provveduto, nell' ambito delle sue competenze, con atti legislativi (la L.R. 80/' 80, le norme specifiche della L.R. 61/' 85, quelle comprese nella 24/85, l' istituzione delle Commissioni provinciali sui beni ambientali, l' Istituto Regionale per le Ville Venete, ecc.) e con recuperi e valorizzazioni di intere categorie e di singoli immobili, le iniziative regionali per il recupero dei teatri storici minori, del patrimonio ecclesiale.
La dimensione di tale complesso di beni è solo parzialmente esplorata e conosciuta ; il primo passo per successive operazioni di tutela e valorizzazione non può essere che un suo completo ed esauriente inventario, al quale debbono partecipare, in stretto coordinamento e con la costante consulenza delle Sopraintendenze ai Monumenti, la Regione, le Province, i Comuni e ogni altro soggetto pubblico e privato interessato.
c - Ambiti di interesse archeologico
In materia archeologica la Regione ha emanato la L.R. 8 aprile 1986, n. 17 , “ Disciplina degli interventi regionali nel settore archeologico ”, che promuove azioni di tutela e di valorizzazione del patrimonio delle zone di interesse archeologico del Veneto, d' intesa con i competenti organi statali e con gli Enti locali, a norma dell' art. 2 del D.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805.
Tali azioni consistono in:
- effettuazione, anche mediante affidamento ad istituti e/o esperti, di studi e ricerche sulla localizzazio ne, sulla natura e consistenza del patrimonio ar cheologico del Veneto, nonchè sui caratteri e la tipologia dei relativi insediamenti;
- realizzazione di campagne di rilevamento e scavo;
- pubblicazioni sulla materia (si richiama il recente contributo della Regione alla pubblicazione, a cura della Soprintendenza, di “ Le zone archeologiche del Veneto ”);
- promozione di campagne informative ed educative per la formazione di una più diffusa coscienza dei valori storico-archeologici del territorio.
La conoscenza dell' organizzazione territoriale del passato non solo riveste grande importanza dal punto di vista culturale, ma rappresenta anche un riferimento essenziale per il sistema di pianificazione territoriale nell' ambito della quale si dovranno indicare i provvedimenti di indirizzo e coordinamento per tutti gli interventi che potrebbero intaccare il sistema di documenti, segni, tracciati e configurazioni antiche del territorio. I segni delle centuriazioni romane sono fra i documenti più insigni sotto questo profilo.
d - Manufatti difensivi e siti fortificati
L' area regionale veneta appare fortemente caratterizzata da una stratificazione complessa di interventi di organizzazione difensiva dei suoi territori. In termini assai schematici, nell' attuale realtà territoriale incidono le risultanti della sovrapposizione nel tempo di sistemi difensivi successivi, qualificati da caratteristiche proprie dell' assetto politico e delle tecniche proprie di ciascuna epoca (dal medioevo, alla costruzione dello “ stato da terra ” veneziano, ai sistemi difensivi francese e austro-ungarico, alle testimonianze delle opere che la guerra di posizione stratificherà nell' area montana veneta nel corso del primo conflitto mondiale).
Tutto il complesso di opere militari ha rilievo storico, in molti casi appartiene a categorie architettoniche e urbanistiche di assoluto rilievo monumentale ed artistico (le mura civiche, i forti urbani, le porte ecc.) e vanno considerati come una categoria di beni da interpretare, tutelare, valorizzare.
e - Documenti della Civiltà industriale
Le testimonianze dell' archeologia industriale costituiscono parte integrante del quadro ambientale del Veneto ed interessano sia la città che vaste porzioni del territorio regionale, per il forte intreccio che il primo apparire della manifattura, promosso da un pre-capitalismo illuminato ha stabilito con il mondo rurale.
Ne risulta che tutto il territorio è intessuto dei reperti della prima industrializzazione, sia pure con le dovute differenziazioni di specializzazione produttiva e di densità dovute alle differenti peculiarità sub-regionali (tipico, in questo senso il bacino tessile di Schio, dove si sovrappongono fabbriche ed abitazioni operaie, servizi urbani ed infrastrutture, opere idrauliche e viabilistiche).
Si dovrà pertanto da un lato provvedere alla classificazione per tipi e settori dei documenti della civiltà industriale, e dall' altro predisporre adeguate politiche locali per la loro salvaguardia ed uso avendo ben presente la duplice identità di quest patrimonio storico. Esso fa parte integrante dell' ambiente fisico ed è a pieno titolo testimonianza di civiltà da tutelare ; va considerato d' altra parte come risorsa, anche economica, per essere un insieme di manufatti ed infrastrutture da recuperare e riutilizzare per le molteplici esigenze delle città e degli insediamenti minori.
f - Sistemi territoriali di interesse storico-ambientale
Vanno infine posti allo studio i temi relativi ai sistemi territoriali di interesse storico-ambientale.
Ci si riferisce:
- ai sistemi di infrastrutture (viarie ed acque) di origine storica, con tutta l' accumulazione di documenti storico-artistici cui hanno dato origine nel tempo in alcuni specifici contesti (in evidenza la Riviera del Brenta, il Terraglio) e con la articolata tipologia di beni che si possono definire “ attrezzature del transito ” (sedi di posta, lazzaretti mercantili, fondaci, ponti, conche);
- agli ambiti di paesaggio agrario di interesse storico-culturale di cui si possono, nel contesto veneto, riconoscere frammenti isolati o più estesi complessi, soprattutto nelle area collinari e montane.
La tutela di beni di questa natura pone numerosi e ardui problemi che l' azione regionale dovrà, con capacità di analisi e realismo, individuare e risolvere, di concerto con gli Enti locali e con tutti i soggetti pubblici e privati interessati.
7.3 Le città e il sistema insediativo
La struttura urbana della regione è caratterizzata dalla presenza di più centri al vertice dell' organizzazione gerarchica degli insediamenti e dalla diffusione di centri medi e minori dinamici e con forte capacità di mantenere e accrescere il proprio ruolo. Ciò ha impedito che si realizzassero i fenomeni di forte polarizzazione che hanno contrassegnato le trasformazioni territoriali nelle regioni nord-occidentali ed ha invece mantenuto al Veneto un assetto equilibrato ed originale.
Emerge il ruolo delle città maggiori dell' area centrale (Venezia-Mestre, Padova, Treviso, Vicenza, Verona), che hanno registrato in passato una forte crescita, hanno costruito una vasta area di influenza e costituiscono oggi un sistema i cui caratteri metropolitani sono rappresentati dalla complessità e livello della dotazione dei servizi, nonchè dalla intensità delle reciproche relazioni e interdipendenze funzionali.
Ma tutta la rete urbana policentrica veneta ha mantenuto, in ogni parte della regione, un' altissima vitalità configurando altrettanti sistemi economici e sociali " locali ”, capaci di valorizzare le risorse distribuite sul territorio regionale e di mantenere solide relazioni fra loro, con lo spazio rurale e con i sistemi urbani principali.
Città come Belluno e Rovigo, Bassano, Conegliano, da tempo fanno registrare a loro volta capacità di estendere la propria area di influenza su un ampio territorio circostante mentre gli insediamenti compresi nella fascia pedemontana e nella pianura centrale hanno ormai raggiunto densità e livelli di industrializzazione tali da superare la soglia stabilita in altri contesti per riconoscere la presenza di “ caratteri metropolitani ”, confermati inoltre dalla constatazione che è molto tenue la distinzione fra i poli urbani minori e i comuni delle cinture delle città maggiori, se facciamo riferimento ad indicatori quali caratteristiche qualitative di popolazione, abitazioni e struttura occupazionale.
Appare allora necessario e possibile puntare fin d' ora ad un più alto livello di integrazione di gran parte del territorio regionale, da favorire e sorreggere con un efficiente sistema dei trasporti ed una adeguata politica di valorizzazione delle risorse particolarmente in aree, come la montagna e il Polesine, inserite in modo ancora non sufficientemente dinamico nel processo di sviluppo del Veneto.
Si conferma dunque il ruolo fondamentale della rete urbana nello sviluppo regionale e nella costruzione di quel sistema di relazioni, fra tutti gli elementi della struttura insediativa regionale e fra questi e la più estesa regione padana, che consente al Veneto di aggiornare continuamente il suo modello produttivo e funzionale e di competere con le altre regioni avanzate europee.
In questo quadro si pongono gli obiettivi di accrescere:
- l' efficienza del sistema di città;
- l' efficienza e la qualità di ogni singola città;
- il livello di integrazione fra la rete urbana ed i centri minori nonchè il sostegno e la valorizzazione delle risorse e dell' assetto territoriale della montagna, del Polesine, del sistema costiero.
7.3.1 L' efficienza del sistema di città
L' obiettivo di migliorare l' efficienza complessiva del sistema urbano regionale, si articola essenzialmente in tre specificazioni, che comportano rispettivamente:
- il miglioramento delle condizioni di mobilità (di merci, persone, informazioni) fra gli elementi del sistema;
- il miglioramento della accessibilità delle aree centrali di ciascun contesto urbano rispetto alla domanda proveniente dall' esterno (da altri elementi del sistema urbano regionale, dalle altre parti della città funzionale, dall' esterno della regione);
- la realizzazione di condizioni favorevoli al rafforzamento dei processi in atto di diversificazione nel ruolo delle città venete e la promozione di ulteriori livelli di complementarietà, contenendo al tempo stesso gli eventuali aspetti conflittuali fra di esse.
Il miglioramento delle condizioni di mobilità
Le politiche da attuare in ordine al miglioramento della mobilità, strettamente correlate alle azioni indicate nel capitolo “ comunicazioni ”, sono prefigurate nel PRS per rimuovere strozzature e ritardi nelle relazioni del Veneto rispetto all' esterno, e fra gli elementi del sistema, riguardano in particolare la razionalizzazione delle reti infrastrutturali, per i diversi modi di trasporto.
a) Collegamenti ferroviari intra-regionali
Il programma più complesso ed innovativo relativo al sistema della mobilità intra-regionale riguarda la organizzazione e il potenziamento della rete pubblica di trasporto persone su ferro e la sua razionale combinazione e integrazione con i mezzi su gomma, pubblici e privati. Il programma relativo a questo aspetto è parte della più generale proposta di miglioramento delle condizioni di mobilità nel Veneto, sviluppato nel capitolo seguente. La realizzazione di un " sistema ferroviario regionale metropolitano ” (SFMR) efficiente, che interconnetta con un servizio regolare e frequente i nodi del sistema insediativo, dovrà rafforzare e rendere sistematiche ed affidabili le relazioni fra i centri, a tutela non solo di tutti i soggetti che si spostano con i mezzi pubblici (studenti, anziani) ma per catturare anche quote sempre maggiori di utenti che oggi utilizzano di preferenza mezzi propri. Le conseguenze positive attese riguardano:
- il contenimento dei problemi legati al traffico automobilistico interurbano ed entro il contesto di ciascuna città (fenomeni di congestione, miglioramento della sicurezza e tutela della vita dei viaggiatori);
- l' accrescimento delle condizioni di relativa indifferenza nella localizzazione di persone e servizi nei centri interconnessi dalla rete ferroviaria regionale, rafforzando così la integrazione fra i diversi sottosistemi insediativi del Veneto;
- il contenimento delle tendenze delle famiglie e delle imprese alla dispersione territoriale della residenza e delle attività produttive, in conseguenza della accresciuta appetibilità ed efficienza del trasporto pubblico. La istituzione di un primo circuito ferroviario metropolitano, che utilizzi la rete ferroviaria esistente con gli opportuni potenziamenti ed integrazioni, da cui in seguito si potrà estendere la rete di relazioni a gran parte dei centri urbani veneti, appare il solo in grado di impostare una prima efficace risposta all' insieme degli obiettivi prima formulati e di indicare una via suscettibile di positivi sviluppi.
b) Rete trasmissione dati
Un secondo campo di intervento appare quello volto a favorire la introduzione nel Veneto di produzioni e servizi innovativi (in ogni settore e campo di applicazione) per i quali appare essere fattore di localizzazione la disponibilità di una rete ad alta tecnologia dedicata alla trasmissione di dati e informazioni. Si dovranno servire da un lato i grandi utilizzatori (le Università venete, le principali strutture della Pubblica amministrazione, i grandi utilizzatori privati quali : banche, servizi terziari avanzati, centri elaborazione e distribuzione dati), e dall' altra servire progressivamente, secondo articolati piani di investimento, la intera maglia urbana così da consentire, secondo la specifica vocazione di ciascun centro e le rispettive potenzialità, un servizio distribuito a tutti i possibili utilizzatori.
Il miglioramento dell' accessibilità alle aree centrali
E' necessario assicurare entro ciascuna città, in relazione alla dimensione, alla complessità delle funzioni ospitate, alla natura dei problemi esistenti nel territorio ed al suo ruolo rispetto al contesto, un accesso agevole che riduca, per lùtente e per la città, i costi misurati in termini di congestione e di degrado del quadro di vita.
Appare opportuno promuovere:
a) la realizzazione, di “ nodi attrezzati ” di interscambio fra i diversi modi di trasporto per le persone, centrati sulle “ aree ” e “ stazioni ferroviarie ”, cui possono essere aggregate, in un progetto complessivo di riorganizzazione urbanistica, funzioni diverse (informazione e servizi per gli utenti che accedono per questa via alla città, servizi commerciali e altri);
b) la realizzazione di un piano di riordino della accessibilità veicolare intra-urbana che assicuri una efficiente possibilità di avvicinamento e sosta veicolare (capacità di parcheggio) alle località centrali di interesse intercomunale e, più in generale, al complesso delle aree centrali ed al centro storico;
c) la individuazione dei raccordi fra queste strutture di accesso alla città e le aree che ospitano i servizi di tipo amministrativo e direzionale, le fiere, i mercati, le strutture di forte richiamo dellùtenza extra urbana (dalle sedi universitarie ai centri bancari e finanziari, ai servizi vari).
La impostazione in tutte le principali città di interventi di questa complessità sono da considerarsi necessario complemento e sostegno degli obiettivi che si intende perseguire con la realizzazione del sistema ferroviario metropolitano regionale.
Non si può ritenere infatti che lo spostamento modale di una quota significativa di traffico passeggeri possa avvenire soltanto grazie al miglioramento dell' offerta del trasporto ferroviario. Devono essere invece promosse contestuali azioni di ristrutturazione del livello di servizio e della immagine stessa che la città offre a chi ad essa continuamente ricorre.
Diversificazione e complementarietà del ruolo della città
Nella strategia regionale dovranno essere favoriti gli elementi di complementarietà, di relativa specializzazione, la valorizzazione delle vocazioni e delle risorse proprie di ciascuna città.
In questa fase di riorganizzazione delle funzioni urbane si possono infatti creare momenti di forte concorrenzialità fra città per assicurarsi servizi rari e non duplicabili. In una strategia regionale che punta a valorizzare l' intera rete urbana come sistema tendenzialmente unitario, vanno ricercati soprattutto le complementarietà che punti a valorizzare le specificità riconoscibili in ciascuna città.
7.3.2 Qualità ed efficienza di ogni singola città
Il secondo grande ordine di obiettivi per quanto concerne il sistema insediativo è specificamente intersettoriale e richiede una preliminare definizione del termine “ qualità urbana ”, con riferimento a variabili economiche, sociali, ambientali.
Il profilo socio-economico delle città ed ancor più specificamente delle “ aree centrali ” di ciascuna di esse, è in rapida trasformazione ma una sua positiva evoluzione, con riferimento soprattutto ai maggiori centri urbani del sistema metropolitano regionale non è, date le tendenze attuali, inevitabile o automatica.
Dipende invece da uno sforzo collettivo, ben orientato da un progetto, che miri a rinnovare la base produttiva, a contenere le trasformazioni non desiderabili, a migliorare l' ambiente (fisico, culturale, sociale), a innovare l' immagine, a rinnovare ed accrescere le attrezzature e la dotazione infrastrutturale delle aree urbane stesse. Si dovrà agire pertanto sia sul contenimento dei processi di degrado e sui fattori di espulsione dei gruppi sociali e delle funzioni dall' ambiente urbano, che sui fattori attrattivi, legati ad un incisivo processo di innovazione nella organizzazione della città.
1) Variabili economiche
La base economica e la specializzazione produttiva delle città maggiori è cambiata in modo sostanziale negli ultimi anni ; l' industria ha abbandonato le sue sedi urbane e si è decentrata in zone specificamente predisposte o si è diffusa sul territorio ; è cresciuta invece nelle città, in termini complementari la domanda di localizzazione di funzioni terziarie, con la conferma, l' espansione e l' evoluzione qualitativa dei settori tradizionali e l' apparire di settori innovativi in cui sono già percepibili le novità più sostanziali.
La iniezione di tecnologia nel “ modello veneto ” ha innescato inoltre un processo di rivalutazione del ruolo della città anche i rapporto al sistema industriale : il - terreno è quello della crescente domanda di “ servizi rari ”
L' innovazione richiede infatti che l' insieme dei servizi alle imprese si evolva, che si crei un “ ambiente ” esterno ad esse capace di creare e distribuire innovazione, informazione, formazione dei quadri, risposte adeguate alla tempestività delle decisioni imprenditoriali relative ai problemi di vario ordine (finanziario, marketing, rapporti con il territorio ed eventuali altri), tutti problemi cruciali in fase di grande evoluzione.
Un ulteriore elemento da considerare è che se la città non ha più, in generale, alcun particolare fascino per le industrie, esiste certamente un problema di localizzazione più vincolato per le nuove aziende ad alta tecnologia, come si desume del resto anche dall' esperienza di altri paesi.
Si può perciò avanzare l' ipotesi che nell' orizzonte temporale prossimo, anche nel Veneto si possa verificare una fase di “ reindustrializzazione ” delle aree urbane, (da misurarsi in termini di numerosità di aziende e di valore aggiunto, non certo di quantità di spazio o di occupazione industriale)di cui sia protagonista quella quota di imprese ad alto contenuto tecnologico che la regione saprà far nascere o attrarre rispetto alla quota nazionale.
In questa prospettiva le “ aree centrali dismesse ” create dal declino della localizzazione urbana e periurbana delle industrie tradizionali, può essere interpretata come una “ risorsa ” per le nuove destinazioni e tale risorsa è presente, in misura diversa, in tutte le città distribuite lungo l' asse centrale della pianura veneta.
La città è dunque il campo in cui si registrano alcune delle maggiori tensioni in tema di domanda di modernizzazione, di cambiamento e innovazione dell' organizzazione complessiva della società e del settore industriale, ed è anche quello in cui le risposte debbono essere date. Le azioni funzionali alla crescita dell' efficienza del sistema di città devono dunque trovare precisa corrispondenza nelle politiche sulle città.
Si dovrà pertanto:
a) predisporre le favorevoli condizioni per il rinnovo e la crescita delle funzioni urbane già esistenti (fiere, centri di elaborazione e distribuzione delle informazioni, università e istruzione superiore, servizi rari pubblici e privati), nonchè la introduzione, ove necessario, di nuove funzioni ; in particolare va favorita la nascita e lo sviluppo di servizi innovativi e dei servizi alle imprese, anche in connessione con la attivazione della rete telematica;
b) favorire l' inserimento in ambito urbano, anche con il riutilizzo di immobili (aree ed edifici) dismessi, di attività produttive ad alto contenuto tecnologico e dei centri di ricerca, sia universitari che di altra iniziativa pubblica o privata;
c) il settore turistico ha un grande rilievo nell' economia regionale e il segmento relativo alle città ha assunto un peso crescente (turismo culturale, congressuale, viaggi d' affari). Si devono pertanto programmare momenti di organizzazione dellùso turistico delle città, per controllarne l' impatto sulle variabili sociali, economiche e ambientali e definire i termini della compatibilità nellùso alternativo delle risorse.
Si dovrà puntare al contenimento della crescita di domanda turistica ed in ogni caso alla regolazione dell' afflusso in quei centri (segnatamente Venezia) che hanno superato i limiti di coerenza e compatibilità fra funzione turistica, le altre fondamentali funzioni urbane. Per contro il fenomeno turistico è mal distribuito fra i centri veneti che sono poco valorizzati i documenti urbanistici ed architettonici, il paesaggio, le risorse naturali e storico ambientali, i sistemi di monumenti di cui Veneto è ricchissimo. La valorizzazione di queste risorse può e deve contribuire anche al decongestionamento dei luoghi su cui oggi si indirizza in prevalenza la domanda.
2) Variabili sociali
a) l' emarginazione, gli anziani, i problemi dei giovani
In ambiente urbano e segnatamente nelle città maggiori, si accentuano e si concentrano processi sociali di emarginazione e disagio, che colpiscono in modo particolare le fascie più deboli della popolazione. La dura selezione cui sono stati sottoposti, fino ad ora senza alcuna efficace misura di attenuazione o contrasto, i ceti meno abbienti nei centri urbani è anzitutto questione di rilevante interesse sociale. Questo processo in atto da decenni, senza sosta e senza flessioni, va riguardato però anche sotto un altro profilo, poichè ci consegna città sempre meno diversificate in termini sociali con popolazione invecchiata, con scarsa capacità di mantenere viva la sostanza civile dei centri storici e la crescente possibilità di vederne definitivamente modificato il significato ed il ruolo. La drastica perdita di residenti che continua in tutte le aree centrali e più complessivamente in quelle urbane maggiori, in parte è dovuta alla sostituzione dellùso degli immobili (da residenza a uffici, a residenza temporanea, a servizi ), in parte alla sostituzione dei ceti sociali residenti a minor reddito con altri a più alto reddito, secondo un processo selettivo ben noto e diffuso in tutte le principali città italiane e straniere. Infine in ambiente urbano sono più evidenti e drammatici i momenti di emarginazione sociale, più difficili le condizioni di vita di chi dispone di redditi insufficienti e l' integrazione di soggetti o gruppi portatori di culture diverse. I programmi di intervento su variabili sociali dovranno pertanto proporsi di : _ controllare e contrastare i processi di espulsione e selezione dei residenti nei centri storici e, più in generale nelle aree centrali delle città ; _ predisporre coordinati progetti di intervento e sostegno delle politiche sociali nei confronti degli anziani, dei giovani, della attrezzatura di servizi, della prevenzione e cura delle tossicodipendenze e di altre manifestazioni di disagio sociale.
b) la questione abitativa
Un particolare rilievo ha, nelle variabili sociali in ambito urbano, la questione abitativa. La casa viene qui considerata come un bene irrinunciabile, la cui disponibilità è presupposto per la salute fisica, morale e materiale del nucleo familiare e di ciascuno dei suoi componenti.
Considerata su base regionale, la dimensione del patrimonio abitativo esistente non è più deficitario. In una regione come il Veneto, in cui lùso in proprietà della casa si attesta su una media del 70%, il problema principale appare oggi in gran parte determinato dalle caratteristiche della distribuzione della domanda e dell' offerta di locazione sia in termini territoriali che con riferimento ai diversi segmenti del patrimonio abitativo e dellùtenza. Nelle città si risente, in particolare, degli squilibri generati dal fenomeno “ sfratti per finita locazione ” favorito dalle leggi vigenti e che ha raggiunto dimensioni tali da rendere socialmente molto grave il problema.
La soluzione del problema casa passa perciò innanzitutto attraverso un adeguamento della legislazione nazionale vigente, finalizzato a creare un riequilibrio nel mercato delle locazioni che sia in grado di ridare elasticità all' incrocio domanda-offerta, in modo da consentire una tendenziale ricomposizione del sistema delle relazioni casa-lavoro-servizi ed adeguare le caratteristiche degli alloggi alle esigenze dei nuclei familiari.
Al 2000 si dovrebbe registrare una evoluzione della numerosità e della struttura delle famiglie che, pur in presenza di un decremento significativo della popolazione totale, dovrebbero far registrare un incremento di circa 220mila unità (da un valore di 1.375mila del 1951 a 1.605mila). Il patrimonio edilizio complessivo dovrà quindi essere adeguato (al 1981 le abitazioni occupate erano 1.305mila, quelle non occupate 137mila e le seconde case 117mila).
Si deve considerare inoltre la concentrazione nei centri urbani di patrimonio edilizio caratterizzato da un forte livello di degrado, i cui inquilini appartengono prevalentemente a categorie a basso reddito con la presenza di molti anziani. Accanto ad una fisiologica espansione del patrimonio abitativo, la politica di settore della Regione dovrà pertanto orientarsi verso politiche abitative centrate prevalentemente sul recupero, sulla razionalizzazione dei modi dùso e sul controllo dei processi di riutilizzazione dell' esistente, tenendo peraltro in debito conto la necessità di costituire un continuo equilibrio tra residenza, servizi pubblici e privati ed infrastrutture, necessario per assicurare il ruolo e la rivitalizzazione delle città.
L' intervento regionale deve prevedere sia una selettiva utilizzazione dei fondi statali, sia propri stanziamenti, con l' esercizio delle funzioni normativa e di indirizzo e coordinamento delle azioni delle amministrazioni locali.
In particolare si rende necessario un incremento dell' offerta pubblica, diretta o convenzionata con il settore privato, attraverso interventi di recupero di ampio respiro soprattutto nei centri ad alta tensione abitativa, per migliorare le condizioni del patrimonio residenziale ed evitare l' espulsione delle categorie più deboli (dal 1983 al 1986, circa il 70% dei provvedimenti esecutivi di sfratto emessi riguardavano i comuni capoluogo di provincia, nei quali per contro si accentra poco più del 25% della popolazione veneta).
Tra questi emergono i problemi dei comuni di Venezia e di Padova. Seguono i comuni di Vicenza e Verona e, a notevole distanza, Treviso, Rovigo e Belluno.
Restano così chiaramente individuate le aree di intervento prioritarie a cui applicare politiche mirate per la casa.
Debbono peraltro essere favoriti e promossi interventi di risanamento edilizio in tutto il patrimonio edilizio regionale, segnatamente nei centri minori e nei nuclei di collina e montagna, in presenza inoltre di insufficienti risorse finanziarie pubbliche e private.
Attenzione particolare e programmi specifici di intervento e mobilitazione di risorse pubbliche e private vanno infine predisposti per:
- i problemi abitativi per la popolazione residente nelle aree turistiche, in cui più forte e sfavorevole alla residenza stabile è la competizione sullùso del patrimonio residenziale;
- la riqualificazione del patrimonio pubblico e privato nelle periferie urbane.
Con riferimento a questo quadro di obiettivi, vanno assegnati compiti più estesi e consentita una maggiore capacità di intervento agli I.A.C.P., per svolgere una efficace azione di recupero edilizio.
3) Variabili ambientali
Rientrano in questo insieme, numerosi aspetti del quadro di vita nella città che riguardano non solo l' ambiente fisico ma anche quello funzionale e culturale. Si possono individuare molti, articolati e complessi campi di azione:
a) la lotta agli attuali livelli di inquinamento del suolo, dell' aria, dell' acqua e più in generale dell' ambiente urbano (inquinamento da rumore, visivo, atmosferico) richiede specifici e articolati progetti. Va ricordato che nelle città e nei contesti metropolitani si concentra la maggior quota di inquinanti di fonte civile e industriale, la maggiore e più diversificata produzione di rifiuti solidi. Il controllo delle diverse specificazioni del problema passa tanto attraverso la realizzazione di una adeguata rete di captazione e trattamento degli effluenti, di servizi efficienti di raccolta e smaltimento dei rifiuti, quanto e soprattutto attraverso la modifica dei comportamenti della maggior parte dei soggetti, la qualità dei progetti di riordino degli ambienti urbani, i rigorosi indirizzi per la evoluzione e la modifica della distribuzione territoriale (anche con processi di rilocalizzazione) delle attività produttive;
b) progetti di riconoscimento, tutela e potenziamento di aree e sistemi di interesse ecologico e ambientale (aree verdi pubbliche e private, sistemi fluviali e rete idrica maggiore e minore, aree agricole intercluse nel tessuto insediativo) di scala e interesse urbano e territoriale;
c) progetti di valorizzazione dei centri storici e dell' insieme delle aree centrali in tutti i loro aspetti di riqualificazione dell' edilizia e degli spazi pubblici, della accessibilità e, in termini complementari, della pedonalizzazione di tutta o parte dell' area storica.
Il tema dei centri storici è costantemente presente nell' azione amministrativa della Regione, che ha inteso operare su di essi con studi di riconoscimento e classificazione, ha svolto la più attenta opera di controllo sugli strumenti urbanistici comunali e ha destinato risorse per promuovere la salvaguardia e tutela del tessuto urbano storico.
Si tratta ora di passare ad un secondo livello di impegno, più diretto ed operativo, investendo progressivamente tutti i centri storici, maggiori e minori, con programmi di intervento di restauro e riqualificazione degli spazi pubblici, del patrimonio edilizio, dei complessi monumentali (dai sistemi di difesa ai monumenti civili).
Rientra in un vasto progetto di recupero funzionale e di ripristino di modi dùso coerenti con l' impianto antico della città, la pedonalizzazione parziale o totale e la riorganizzazione degli spazi di sosta e del trasporto pubblico, inquadrati nei “ piani di circolazione ” previsti dalla L.R. 61/85.
Contestualmente si dovrà promuovere il riordino urbanistico di tutte quelle aree nelle quali sono ospitate funzioni proprie del centro-città, funzioni ed aree sottoposte a processi di trasformazione che è necessario inserire in un più complessivo disegno di riorganizzazione funzionale e di intervento sulla immagine della città;
d) la riqualificazione urbanistica delle periferie urbane.
Da un lato si pone il problema della riabilitazione e riuso degli immobili (aree ed edifici) che hanno perduto la loro originale funzione (le aree e gli edifici dismessi) ; dall' altro deve essere diffusa a tutto il contesto urbano la “ qualito ”, dello spazio, il controllo degli esiti formali degli interventi, il livello dei servizi e la cura del quadro ambientale.
Lo sviluppo della città di questo secolo è avvenuto con scarsa attenzione ai problemi qualitativi del risiedere ; per le aree ed i quartieri periferici si pongono pertanto problemi di riqualificazione che attengono sia al patrimonio edilizio, che al quadro urbanistico, alla dotazione di servizi a rete e puntuali. Se teniamo conto della dimensione dello sviluppo urbanistico ed edilizio delle città venete negli ultimi quarant' anni, ben si comprende che il processo di riqualificazione richiederà ingenti investimenti pubblici e privati ed un lungo periodo di tempo.
E' necessario pertanto che questo vasto e complesso tema progettuale sia presente nei programmi di intervento pubblici e privati di ogni città.
7.3.3 Obiettivi, strategie e strumenti per l' azione sulla città
Le strategie di intervento che sono state prefigurate per intervenire su variabili economiche, sociali e ambientali entro i diversi contesti urbani richiedono tre ordini di chiarimenti:
a) Le città venete, ai fini della individuazione di insiemi coerenti di politiche di intervento per ciascun specifico contesto urbano, possono essere considerate con riferimento alla loro taglia, al loro livello gerarchico nella rete urbana regionale, alla loro complessità riferita alle funzioni, alla loro localizzazione ed alla struttura del contesto territoriale in cui sono inserite, ai processi evolutivi che le caratterizzano.
Si potranno pertanto non solo predisporre piani più articolati e complessi per le città capoluogo di provincia e provvedimenti più mirati per le “ città piccole ” e “ medie ”, ma indicare altresì, accanto a poli iche da diffondere in tutti i contesti urbani (valorizzazione ei centri storici, dei sistemi ambientali, con trollo ella circolazione), priorità e pesi diversi per i campi di intervento ritenuti strategici nei singoli contesti urbani considerati.
Si può quindi ritenere che ogni cttà richieda la predisposizione di specifici e autonomi progetti, da verificare e incrementare con continuità in un contesto generale costituito dal “ Progetto citto ” promosso proprio a tal fine dal PRS.
b) Sui nodi tematici, affrontati da interventi multiobietti vo sulle città, sono avviate esperienze operative da circa un decennio pressocchè in tutti i paesi europei e non solo in quelli che hanno dovuto affrontare problemi, più o meno gravi di “ declino urbano ” ; tutti assegnano una valenza strategica alla evoluzione delle città verso modelli efficienti e qualitativamente controllati.
Accordi su tali temi appaiono possibili e auspicabili anche con le iniziative del Ministero per le Aree Urbane.
Nello sperimentare approcci, programmi e metodi di intervento si potrà pertanto far riferimento anche ad esperienze già ben collaudate, utili riferimenti per valutare le possibili strategie di intervento sulle città.
c) Politiche così complesse, che coinvolgono una grande quantità di soggetti e debbono muovere in modo controllato e coordinato un gran numero di variabili e di progetti, non possono essere affidate nè a strumenti meramente normativi (che costituiscono pur sempre il riferimento necessario per la compatibilità delle proposte) nè frammentate in innumerevoli episodi, canali di finanziamento e centri di decisione. Non si possono inoltre creare conflitti di competenza fra gli Enti territoriali.
Proprio in un quadro come questo si configurano invece oggi le politiche urbane e ciò determina ritardi gravissimi nei processi di ammodernamento delle città e innesca continui conflitti e processi evolutivi distorti e indesiderabili. Si configurano allora come indispensabili “ tavoli di con certazione ”, promossi dalla Regione e dalla Amministra zione comunale direttamente competente, per definire le “ azioni ” ed i “ progetti di attuazione ”, su cui far convergere volontà e risorse dei diversi soggetti interessati (dalla Amministrazione dello Stato, alle Aziende pubbliche, ai privati).
La erogazione dei fondi regionali messi a disposizione per le diverse politiche dovrebbe adottare soluzioni di tipo contrattuale, in cui siano prefigurate, per tutti i soggetti coinvolti, le procedure e le garanzie di attuazione e di perseguimento dei fini inquadrati e inseriti in “ accordi di programma ” . La proposta parte dalla considerazione che, rispetto ai mezzi economici e finanziari da mobilitare per realizzare vasti e complessi programmi di trasformazione urbana e territoriale, le risorse finanziarie regionali sono comunque marginali. Pertanto i contributi diretti non potranno che essere limitati e non decisivi, mentre potrà esserlo la mobilitazione delle capacità che la Regione ha già acquisito e che potrà ulteriormente sviluppare, di organizzazione di complesse macchine progettuali e amministrative.
7.3.4 I sistemi insediativi a bassa densità : i comuni minori, le aree montane, le aree costiere, il Polesine
L' accrescimento dell' efficienza del sistema urbano e, al suo interno, di ciascuna città, è inteso nel PRS come contributo alla crescita dell' intero Veneto e fattore di stabilità della sua struttura insediativa. Deve essere sottolineato peraltro che oltre il 40% della popolazione risiede nei comuni di montagna, collina e pianura aventi popolazione inferiore ai 5000 abitanti ; a questi comuni è affidata la maggior parte del territorio regionale ed in particolare le aree che esigono, per il loro mantenimento e tutela, una costante presenza dellùomo.
Nella fascia centrale veneta esiste una campagna altamente urbanizzata contraddistinta da un contesto di fittissime e continue relazioni ; l' accessibilità ai servizi urbani, anche rari, alla persona ed alle imprese è - di norma - agevole. Per gli insediamenti in essa diffusi (centri minori, nuclei, case sparse) si pongono soprattutto esigenze legate alla qualità ed efficienza del sistema di relazioni, all' equa distribuzione di servizi diretti alla persona e alle imprese e ad adeguati modelli di fruizione degli stessi.
Più complesso è il quadro ambientale degli insediamenti posti nelle aree collinari o montane, nelle aree costiere e in tutte quelle a bassa densità insediativa della fascia meridionale.
Per ragioni di equità, e in considerazione dei benefici che la comunità regionale trae dal mantenimento di queste tipologie di insediamento, devono essere assicurate prestazioni di servizi e realizzati miglioramenti delle reti infrastrutturali che, per quanto relativamente più onerose in termini di investimenti e di manutenzione, vanno pur tuttavia considerate indispensabili (è questa l' estrinsecazione del principio delle “ pari opportunito ” cfr. 5.1.1.). Devono pertanto essere oggetto di specifico trattamento normativo ed amministrativo che tenga conto di opportuni parametri collegati alle particolari caratteristiche ambientali (bassa densità insediativa, disagi collegati all' orografia collinare e montana, fluttuazioni dellùtenza legate al movimento turistico e altri).
Debbono infatti essere realizzate tutte quelle condizioni che impediscano la formazione di nuovi, potenziali squilibri intraregionali. Verranno allora adeguatamente orientate le risorse regionali disponibli nonchè favorito e orientato, nella maggior misura possibile, l' intervento delle amministrazioni statali e loro Enti operativi ( quali ANAS, SIP, ENEL, Aziende a partecipazione statale).
Si evidenzia infine l' intreccio stretto che si pone fra politiche per il complessivo sistema insediativo e politiche relative alla salvaguardia del territorio e dell' ambiente, intreccio “ necessario ” in ogni parte della regione ma particolarmente presente e produttore di rilevanti effetti in queste aree.
Montagna veneta
In attuazione del precedente PRS la Regione ha approvato nel giugno del 1983 il “ Progetto montagna ” che costituisce, con il documento delle direttive e la legge di approvazione, “ ... il quadro di riferimento stabile ... ” per la definizione di ogni futuro intervento della Regione e degli altri Enti pubblici nell' area montana veneta.
La Regione ribadisce gli obiettivi e i contenuti del “ Progetto Montagna ” ed in particolare riafferma la validità del ricorso a politiche di intervento rispondenti alle diversità territoriali, economiche, culturali di quest' area nella quale i residenti sopportano alti costi economici, sociali ed umani legati al disagio ambientale ; verranno pertanto individuati idonei parametri in grado di misurare le principali caratteristiche fisiche, economiche e demografiche del territorio e di indirizzare opportunamente le necessarie risorse aggiuntive, indispensabili per garantire il funzionamento dei servizi essenziali.
La montagna, inoltre, assolve una molteplicità di funzioni alcune delle quali, come la tutela dell' ambiente, sono perseguibili attraverso interventi mirati a valorizzare le risorse proprie del territorio e a porre gli abitanti nella condizione di ottenere un reddito soddisfacente ed una migliore qualità di vita.
Apprezzabili risultati sono stati raggiunti già nella prima fase di attuazione del progetto ; tramite la Conferenza permanente, inoltre, è stato realizzato il coinvolgimento diretto delle Comunità e degli altri Enti montani nell' azione regionale.
Con il sostanziale completamento del piano degli interventi straordinari, può dirsi conclusa la fase transitoria del progetto ed avviata la fase di gestione che va progressivamente attuandosi negli interventi ordinari afferenti alle diverse competenze.
La Regione è quindi impegnata a dare attuazione al disegno generale, per il quale si dovranno prevedere ulteriori momenti di definizione progettuale ed operativa.
In particolare si richiamano le prospettive di rafforzamento della rete urbana montana, con Belluno e Feltre in assoluta evidenza, nonchè della politica di tutela, e più in generale i programmi e gli strumenti di intervento sul patrimonio naturale e su quello paesaggistico. Nell' ambito della politica di tutela vanno esaminati con attenzione gli strumenti attuativi, con specifico riguardo ai parchi ed alle riserve ; questi ultimi dovranno assicurare, accanto alla rigorosa tutela dei sistemi ambientali individuati, vantaggi diretti e indiretti, in termini di investimenti e occupazione, per la gente di montagna e una complessiva valorizzazione dell' immagine della qualità ambientale del Veneto con ricadute di medio e lungo periodo sull' evoluzione quantitativa e qualitativa della domanda turistica.
Le Comunità montane sono quindi chiamate a collaborare individuando, tramite i Piani generali di sviluppo, azioni concrete nei diversi comparti, capaci di realizzare quello che costituisce l' obiettivo di fondo e cioè un duraturo processo di crescita equilibrata e compatibile con gli obiettivi della tutela ambientale. Le Comunità Montane sono inoltre chiamate a collaborare efficacemente, con proposte, verifiche e partecipazione attiva, ai progetti ed alle fasi di realizzazione;si potranno introdurre, a tale riguardo, nuovi strumenti di intervento concertato per gli investimenti nelle Comunità Montane.
In relazione a ciò, la politica delle pari opportunità si sostanzia in azioni mirate al fattore uomo e parametrizzate (in termini di risorse utilizzate) alle specificità della montagna.
La montagna dovrà inoltre poter contare su punti di riferimento per la ricerca, la cultura, le nuove tecnologie, in collegamento con gli Enti locali ed in grado di valorizzare le risorse umane proprie dell' area e le strutture già esistenti oltre a utilizzare appieno gli “ strumenti strategici ” previsti dal Progetto Montagna, dovranno essere valutate le modalità per la costruzione di un Centro di Cultura per la Montagna con finalità di valorizzazione delle tradizioni montane, di animazione culturale, di organizzazione dei musei etnografici. Dovranno inoltre essere megli utilizzate le potenzialità offerte dallùniversità di Feltre, integrandola nel sistema universitario veneto.
Il Sistema Informativo per la Montagna (SIMO), completato ed integrato con altre banche dati, potrà costituire un ulteriore punto di forza.
Un' attenzione particolare va rivolta all' intera provincia di Belluno che dispone di risorse paesistiche e ambientali di eccellenza, di una rete insediativa di alto livello, di buone strutture turistiche e di una efficiente organizzazione produttiva e di servizi ma che tuttavia deve competere con le maggiori opportunità di cui dispongono i territori confinanti (Trentino e Friuli-Venezia Giulia) a statuto speciale. Trattasi di un' attenzione che deve essere posta soprattutto da parte dello Stato, il quale con la cosiddetta legge per le aree di confine nord-orientale ha già individuato un primo significativo strumento di incentivazione economica.
Appare, inoltre, indispensabile ed opportuno alla luce delle recenti proposte di legge, quale quella delle “ aree di confine ” prevedere iniziative legislative o progettuali capaci di coordinare ed integrare gli interventi mirati a sostegno dell' economia dell' area.
Il sistema costiero
Il sistema delle aree costiere del Veneto si articola in più sottosistemi che presentano alcuni caratteri omogenei ed altri di forte differenziazione. A nord il sistema dei litorali è interessato da vere e proprie città lineari turistiche costiere, il segmento centrale è dominato dal tema lagunare veneziano e quello meridionale dal Delta del Po ” .
Le attività turistiche, pur con modelli dùso e intensità diversi, sono presenti in tutto l' arco costiero, nell' ambito del quale rilevantissimi sono i valori storici, naturalistici ed ambientali ; alle attività turistiche si affiancano in loco le attività collegate alle diverse forme di itticoltura, presenti anch' esse lungo l' intero arco e costituenti un importante patrimonio culturale ed economico.
L' evoluzione dei sottosistemi individuati deve essere oggetto di piani che affrontino il tema dello sviluppo economico e sociale equilibrato e compatibile con i valori umani e storico-ambientali, in grado di valorizzare in termini strategici le fondamentali risorse economiche del sistema costiero. Il tema dello sviluppo economico, basato sulla valorizzazione delle risorse territoriali, si arricchisce dunque di specificità rilevanti nell' ambito dei singoli sottosistemi costieri.
Per l' area settentrionale l' analisi va estesa ad un ampio entroterra che comprende i centri di S. Donà e Portogruaro, i quali assolvono anche funzioni organizzatrici per le città turistiche costiere sorte nel dopoguerra.
Nel Veneto Orientale si concentrano rilevantissimi valori ambientali che le estese operazioni di bonifica, realizzate in questo secolo, hanno delimitato ma non cancellato : si fa riferimento a tutto l' ambiente costiero con litorali, sistemi dunosi, boschi e le residue zone umide, di estremo interesse naturalistico oltre che produttivo, ma altresì ai sistemi fluviali del Piave, del Livenza, del Lemene e Reghena, del Tagliamento e ai residui boschi planiziali. Va altresì sottolineata la presenza di siti archeologici di interesse primario, relativi alle colonie romane (da Altino a Concordia Sagittaria), distribuita lungo la via Annia e i reperti dello stesso sistema viario antico. In tale zona come nell' area Bellunese dovranno essere organizzate le risorse previste dalla proposta di legge sul confine orientale in modo da compensare le particolari condizioni di queste aree, spesso in difficoltà a confronto con le opportunità insediative presenti nella vicina Regione Friuli Venezia-Giulia.
Per l' area veneziana assolutamente centrali risultano le complesse problematiche ambientali che concernono il contesto lagunare e che si interconnettono strettamente da una parte con la riqualificazione della tradizionale offerta turistica, dall' altra con lo sviluppo delle attività produttive presenti.
In quest' ambito si evidenzia il ruolo di Chioggia, città e struttura economica rilevante e complessa in cui il primario (pesca, acquacoltura e orticoltura) e il terziario (funzione turistica, emporiale e portuale) assumono dimensioni di grosso rilevo.
Il sottosistema polesano, a sua volta, si caratterizza per la presenza di un contesto ambientale unico, dominato dalla presenza dei rami fluviali di zone umide, vallive e lagunari, per il quale dovrà prevedersi - accanto agli interventi di ripristino e tutela ambientale - un' idonea valorizzazione turistica e produttiva.
Per lo sviluppo dei tre sottosistemi costieri risulta fondamentale l' attuazione di interventi infrastrutturali specifici per le diverse realtà territoriali, quali:
- la realizzazione, alle spalle del sistema insediativo costiero, di strutture per il decongestionamento della viabilità che gravita sulla costa (sistema parcheggi ; pedonalizzazione);
- la realizzazione delle infrastrutture di servizio per le diverse forme di turismo alternativo e le attività produttive ad elevata valenza ambientale;
- l' inserimento di importanti complessi o centri sportivi a valenza multipla, a supporto sia della domanda turistica, sia delle popolazioni residenti.
Appare quindi necessario attuare specifici piani di intervento, con il coinvolgimento di tutti gli Enti territoriali interessati. Questi piani dovranno condurre a realizzazioni coerenti con l' obiettivo di una effettiva tutela e valorizzazione dei beni naturalistici, in sintonia con l' istituzione dei parchi ; questi ultimi, realizzati nelle aree individuate idonee, si configurano quali strumenti di protezione attiva delle risorse naturalistiche e ambientali e concreto limite alla serie ininterrotta degli insediamenti turistici.
Si dovranno inoltre realizzare la riqualificazione delle città turistiche costiere con riferimento alle esigenze sia della popolazione residente sia dei turisti, anche con la diversificazione dell' offerta turistica, alla scala urbana e territoriale, mediante iniziative che stabiliscano più stretti e mirati rapporti con i sistemi urbani dell' entroterra.
Infine, per quanto concerne la valorizzazione dell' acquacoltura presente in ognuno dei sottosistemi considerati, la Regione è impegnata nella realizzazione di un programma integrato mediterraneo (PIM, Regolamento CEE 2088/85) che si articola in azioni che vanno dal ripristino delle aree lagunari, al potenziamento delle attività produttive acquicole e delle connesse attività di trasformazione, commercializzazione, ricerca, formazione professionale.
Il Polesine e la fascia medio-padana
La fascia più meridionale della regione (Provincia di Rovigo, più una parte delle provincie di Verona, Vicenza, Padova e Venezia) è caratterizzata da situazioni ed elementi strutturali che tuttora la diversificano, in certa misura, da altre zone aventi maggiori dinamiche evolutive. Non va dimenticato che tale vasta area è percorsa da una rete fluviale che, anche in un passato recente, ha minacciato la sicurezza delle persone e degli insediamenti.
Ai problemi anzidetti si sono sommati, nel periodo 1960 - primi anni’ 70, nuovi fenomeni di esodo, pur in presenza di una bassa densità di popolazione e di insediamenti.
La mancata sicurezza idraulica, l' esodo di forze attive, la limitata dotazione di centri urbani e di infrastrutture si sono tradotti, in ambito extra-agricolo, in un freno agli investimenti ; l' agricoltura, nel frattempo, è andata consolidando indirizzi produttivi monocolturali, in ciò condizionata anche dalla tipologia aziendale prevalente.
L' industrializzazione diffusa nell' area Veneto meridionale, partita in ritardo rispetto all' area più centrale della regione, è caratterizzata da investimenti che riguardano in linea di massima produzioni a basso valore aggiunto e attività a contenuto tecnologico limitato. Le politiche regionali adottate nei precedenti piani, finalizzate al superamento dello squilibrio di tale area, miravano ad incidere sui fattori oggettivi, primo fra tutti le carenze di tipo infrastrutturale.
Oggi appare chiaro che lo sviluppo di quest' area dipende non solo dalla politica infrastrutturale, ma dalla concreta possibilità di forte partecipazione e contributo dell' intero polesine, con le caratteristiche che gli sono proprie, al più generale sviluppo del Veneto e da altri elementi strategici : la ricerca di sinergie sul territorio, l' accumulazione di capitale umano, la consapevolezza di operare in un quadro sociale di pari dignità, intesa questùltima come una funzione complessa formata da reddito, formazione ed informazione, qualità ed equilibrio territoriale, dotazione di servizi alla persona e alla famiglia ancora una volta in coerenza con la visione comunitaria espressa dal principio delle “ pari opportunito ” (cfr. 5.1.1).
Ne consegue la necessità di attivare un ampio insieme di interventi diretti ad organizzare e potenziare le direttrici di collegamento secondo l' asse medio padano ed in direzione nord-sud (rete integrata di trasporto merci-passegeri - cfr. 5.1.2) : vanno allora assunti come logica di intervento la valorizzazione dell' asse medio padano attraverso la prosecuzione dell' autostrada Torino-Cremona fino a Mantova e Rovigo ; la prosecuzione della transpolesana fino al Porto di Levante ; il potenziamento della linea ferroviaria Mantova-Legnago-Rovigo-Adria-Chioggia e il completamento del programma idroviario. In direzione nord-sud vanno inoltre potenziate la Romea commerciale e la direttrice Vicenza-Bologna per favorire l' accessibilità dell' alto Polesine alla rete autostradale.
Questo insieme di interventi consentiranno di associare il Polesine e l' intera fascia medio padana, comprensiva dell' insieme delle aree meridionali veronese, vicentina, padovana e veneziana, alla dinamica di sviluppo della direttrice padana superiore. A tal fine occorrerà valorizzare il ruolo dei poli urbani di Este, Monselice e Montagnana, di Lonigo e Noventa Vicentina di Cerea e Legnago, di Badia e Lendinara, nonchè le risorse ambientali costituite dai Colli Euganei e Berici.
In secondo luogo è necessario:
- trasformare le peculiarità territoriali di queste zone in elementi di integrazione con le altre aree, partendo in termini prioritari dalle risorse interne maggiormente disponibili (agricoltura, agro-industria, turismo, artigianato);
- valorizzare le predette risorse nell' ambito di scelte territoriali e produttive che concilino gli obiettivi del reddito e della occupazione con quelli della tutela ambientale; accelerare i processi di accumulazione del capitale umano, al fine di annullare la disattivazione imprenditoriale; garantire il sostegno alle imprese, soprattutto in termini di servizi.
A tal fine, tramite specifici progetti, occorre puntare prioritariamente:
- alla valorizzazione del capitale umano mediante la formazione professionale ed imprenditoriale;
- all' introduzione di innovazioni tecnologiche;
- all' internazionalizzazione delle produzioni, con azioni di sostegno all' import-export;
- all' organizzazione di servizi alle imprese mirati al raggiungimento degli obiettivi.
L' area meridionale veneta è, inoltre, territorio di interrelazione con la più vasta area padana : con le altre regioni sono in corso vasti programmi comuni per lo sviluppo del sistema idroviario, il disinquinamento, la difesa e l' utilizzazione delle acque del Po nonchè per la salvaguardia e lo sviluppo del Delta Padano, anche nel quadro di un istituendo Parco promosso dalle due Regioni interessate.
7.4 Le comunicazioni
7.4.1 Trasporti e comunicazioni nelle prospettive regionali
Alle esigenze espresse dal Veneto nel campo delle infrastrutture e dell' organizzazione dei trasporti dovrà dare risposta, in termini di struttura generale e di specifica formulazione delle soluzioni, il Piano Regionale dei Trasporti (P.R.T.) cui spetta inoltre il compito di verificarne la fattibilità tecnica ed economica e, in sede di progetti operativi, la compatibilità ambientale.
Le ipotesi di intervento sul sistema dei trasporti devono essere riferite al contributo della Regione allo sviluppo nazionale, allo sviluppo del Veneto ed all' assetto complessivo delle strutture urbane e territoriali.
Una attenzione del tutto nuova va dunque posta sul rapporto tra i trasporti, i processi di sviluppo socio-economico, le variabili ambientali, l' assetto e l' organizzazione territoriale, tenendo anche conto del ruolo strumentale che essi rivestono rispetto all' assetto e all' organizzazione del territorio.
Il quadro di riferimento nazionale per gli scenari regionali è dato dal Piano Generale dei Trasporti, in cui si esprime la convinzione che il mancato adeguamento dell' offerta di trasporto possa provocare, fin dalla metà degli anni’ 90, un rallentamento del tasso di crescita dell' economia nazionale. Questa ipotesi è ancor più preoccupante se riferita alle regioni del nord del paese ed in particolare a quelle che, come il Veneto, hanno la prospettiva di approfondire la loro specializzazione relativa nella produzione di beni materiali e devono perciò assicurarsi alti volumi di scambio con il resto del mondo.
Il Veneto, senza adeguati interventi sul sistema dei trasporti, potrebbe dunque veder compromessa la continuità del processo di crescita economica e sociale del quale ha goduto in questo dopoguerra e più ancora compromettere molte delle proprie opportunità nel processo di trasformazione e redistribuzione spaziale della base produttiva del paese.
Si deve osservare, in via preliminare, che negli ultimi decenni l' attenzione, le iniziative, le risorse hanno privilegiato la realizzazione della rete viabilistica e di quella autostradale in particolare, lasciando in secondo piano l' ammodernamento e il potenziamento della rete ferroviaria. Si assiste così oggi ad uno squilibrio nell' efficienza dei due sistemi di trasporto ed a un ritardo del trasporto su ferro sempre più denso di conseguenze negative per il paese. Questa condizione che è generale in Italia, si riflette pesantemente anche sul Veneto.
L' occasione dell' impostazione di una politica complessiva sui trasporti va dunque colta non soltanto per razionalizzare il settore, ma anche come momento di riflessione sulla logica fin qui seguita nella organizzazione dell' offerta, come luogo delle scelte di redistribuzione dei compiti fra i diversi modi di trasporto, come strumento di una politica urbana e territoriale di lungo respiro, infine come occasione di ammodernamento complessivo, mirato e graduato nel tempo, delle reti e degli impianti, con attenzione all' efficienza del servizio, alla riorganizzazione dei criteri di gestione, alla sicurezza per le persone, al miglioramento complessivo del quadro di vita.
Il campo delle comunicazioni, nella definizione del PRS, investe il tema della mobilità di merci, persone e informazioni e va articolato con riferimento sia al livello territoriale delle relazioni fra il Veneto e le altre regioni italiane ed europee e fra le diverse sub-aree regionali, sia ai modi di trasporto, alle infrastrutture e alle attrezzature ed impianti ad essi collegati.
Gli obiettivi sono:
a) il potenziamento delle relazioni di traffico merci e passeggeri con le diverse modalità di trasporto tra il Veneto, il resto d' Italia e l' estero;
b) la fluidificazione dell' attraversamento del Veneto da parte di relazioni di traffico, soprattutto merci, aventi origine e destinazione esterna al territorio regionale, con minimizzazione dell' impatto negativo sul sistema insediativo regionale, sull' efficienza delle relazioni interne e sulle risorse ambientali ; si dovrà, per contro, perseguire la massimizzazione delle utilità derivanti alla regione da questo tipo di traffici, con l' offerta di servizi ausiliari del trasporto e lùtilizzazione dei connessi effetti localizzativi indiretti per attività produttive e servizi;
c) la riorganizzazione del trasporto pubblico regionale e locale nelle aree a più alta intensità insediativa e più in generale nell' area centrale veneta, nonchè nelle parti di territorio ove meno efficiente è oggi il trasporto pubblico, con l' obiettivo duplice di combattere la congestione e migliorare l' accessibilità a tutti i centri del sistema insediativo regionale;
d) la realizzazione di una rete ad alta tecnologia per la trasmissione delle informazioni a scala regionale da interconnettere, in prospettiva, con reti nazionali ed europee.
7.4.2 Le relazioni del Veneto con il resto del mondo
La soluzione del problema delle infrastrutture e dei servizi di trasporto per le relazioni di traffico del Veneto con il resto d' Italia e con l' estero è stata circoscritta dalle decisioni assunte dal Piano Generale dei Trasporti e dovrà interagire con gli strumenti attuativi dello stesso.
Per il territorio veneto passano il corridoio plurimodale pedealpino-padano (Torino-Milano-Verona-Venezia-Tarvisio-Trieste), il corridoio dorsale centrale (Roma-Bologna-Verona-Brennero) e il corridoio trasversale orientale (Roma-Cesena-Venezia-Tarvisio).
Il corridoio pedealpino-padano incrocia il corridoio dorsale-centrale a Verona e quello trasversale-orientale a Padova e a Venezia ; Verona e a Padova sono state pertanto scelte come ubicazioni di “ interporti ” di primo livello mentre Venezia, con il suo “ porto ” e il suo aereoporto, connette tutte le modalità di trasporto terrestre con la modalità di trasporto marittimo, fluvio-marittimo ed aereo.
Le principali problematiche che il Veneto ha di fronte per i problemi relativi ai collegamenti con il resto del mondo sono di vario ordine e livello e riguardano modalità di trasporto, infrastrutture, impianti.
In particolare i temi riguardano:
a) l' insufficienza, attuale e prospettica, dei suoi colle gamenti, soprattutto ferroviari, con il Centro Europa e con altre direttrici extra-regionali;
b) la attuale insufficienza dei centri per trattare le intermodalità dei trasporti merci;
c) la ridotta efficienza dei porti adriatici e del porto di Venezia in particolare;
d) la necessità di migliori infrastrutture per i collega menti aerei.
a - I collegamenti con il Nord Europa
a1 - La ferrovia
Per i collegamenti sulle direttrici verso il Nord Europa, va considerata come invariante la scelta nazionale a favore di un potenziamento della ferrovia del Brennero.
I miglioramenti da attuare sulla linea attuale debbono dare risposta sia alle attuali insufficienze tecniche, sia al divieto, già comunicato dal governo austriaco, di attraversamento del proprio territorio per il traffico merci su gomma, divieto che dovrebbe entrare in vigore fra qualche anno, e che richiederà la integrale utilizzazione di un servizio-navetta su treno tra Italia e Germania per tutti i mezzi pesanti. Gli investimenti da fare su questa direttrice ferroviaria sono ingenti ; sono previsti una nuova galleria di valico e interventi di adeguamento lungo tutta la linea da Bologna al Brennero.
E' anche da porre allo studio la realizzazione di una nuova linea ad alte prestazioni, grazie alla quale si potrebbe determinare una crescita molto rilevante della capacità complessiva di trasporto. Con i lavori di ammodernamento della prima fase per altro, le nuove infrastrutture ferroviarie consentiranno un rilevante aumento delle capacità di trasporto, con un sostanziale spostamento del peso relativo dalla modalità stradale a quella ferroviaria per le merci e un potenziamento dei treni passeggeri.
La seconda direttrice ferroviaria diretta a nord passa per il valico di Tarvisio. I lavori di ammodernamento in corso consentiranno anche su questa linea un ampio margine di crescita del traffico complessivo e di quello merci in particolare.
Gli ingenti investimenti indirizzati soprattutto sulla linea del Brennero e le alte prestazioni in termini di potenzialità di trasporto che verranno cos+ assicurate per la direttrice nord da Brennero e Tarvisio, appaiono escludere ipotesi di ulteriori linee ferroviarie in sede veneta per il servizio merci.
L' ammodernamento della linea Trento-Bassano va quindi perseguito per migliorare le condizioni di sicurezza, di efficienza, di esercizio e per servire il traffico passeggeri e il trasporto merci su treni non-combinati.
In sede di PRT potrà essere valutata, infine, la fattibilità economica e tecnica di un collegamento tra le linee Belluno-Calalzo e quella della Val Pusteria, per inserire un percorso, eminentemente al servizio di importanti comprensori turistici, nella rete nazionale e internazionale.
a2 - La rete stradale
La funzionalità e la capacità di traffico, attuali e in prospettiva, delle autostrade del Brennero (A 22) e di Tarvisio (A 23) riducono margini per ulteriori percorsi autostradali internazionali in Veneto verso Nord, anche in relazione alla già richiamata ferma avversione dell' Austria all' attraversamento del suo territorio da parte dei mezzi pesanti.
Va perseguito invece l' obiettivo di collegare l' area centrale veneta con la direttrice del Brennero, per favorire un più diretto collegamento verso Nord di questa vasta e dinamica area regionale e per evitare di appesantire il nodo di Verona e quindi:
- va completato l' ammodernamento, già in parte realizzato, della strada a quattro corsie lungo il percorso Bassano-Trento (SS 47 Valsugana) e assicurata la prosecuzione con le stesse caratteristiche di tracciato e sezione, verso Padova e Venezia;
- il proseguimento della Valdastico (A 31) va studiato da Piovene-Rocchette verso la Verona-Brennero approfondendo, nella fattibilità, i possibili tracciati alternativi.
Per la direttrice stradale di Alemagna è già previsto il prolungamento della A 27 fino a Pian di Vedoia ; ma l' obiettivo si completa con la realizzazione di un itinerario stradale che giunga fino a Dobbiaco. Ciò comporta la realizzazione di un' asse scorrevole e sicuro.
Per la direttrice di Tarvisio è di prossima realizzazione il tratto autostradale tra Vittorio Veneto e Pordenone (A 28) che completa la rete interregionale verso Est.
Va infine considerata, per le importanti funzioni turistiche che può assumere e per l' interesse regionale ad inserire il Cadore in una rete adatta al traffico leggero di scambio internazionale, la prosecuzione della SS 51 con un nuovo tronco che la connetta con la rete austriaca con i punti di traforo in corrispondenza di Monte Cavallino.
b - Il collegamento verso sud e i porti tirrenici
b1 - La ferrovia
Verona è il nodo ferroviario che, organizzando una grande quota dei traffici verso e dalle regioni del Nord Europa attraverso il Brennero, ha altres+ il compito di collegare i traffici con le direttrici verso le regioni meridionali, il Tirreno e le regioni adriatiche. E' necessario sollecitare gli interventi, in parte già programmati dalle F.S., di adeguamento e ammodernamento delle linee verso queste destinazioni che interessano rispettivamente il tratto Verona-Bologna, il tratto Verona-Parma attualmente inesistente se non attraverso l' inadeguata linea Verona-Mantova-Cremona-Parma e la sua prosecuzione verso il Tirreno lungo la linea Pontremolese, di cui è previsto il raddoppio nel piano integrativo delle ferrovie, il tratto Verona-Legnago-Rovigo-Chioggia. Il tracciato Verona-Parma, che riveste una importanza strategica per i collegamenti dell' Europa centrale e del Nord con il Tirreno, tramite l' asse del Brennero, richiede la ricerca di percorsi non impegnati dal traffico ordinario e dovrà essere realizzato il miglioramento tecnico del tratto fra Verona e Bologna.
L' ammodernamento in corso della rete ferroviaria sui percorsi diretti a sud in direzione di Roma e verso la linea adriatica, dovranno consentire inoltre la realizzazione di programmi di trasporto merci e persone più agevoli e frequenti.
L' attivazione della linea ad alta velocità fra Bologna e Roma consentirà un aumento sostanziale della quantità e della qualità di trasporto, merci e passeggeri, lungo la dorsale appenninica e tirrenica.
Dovrà essere infine considerata la possibilità di realizzare un asse ferroviario che, collegando Venezia a Ravenna via Adria. costituisca il naturale completamento dell' asse adriatico.
b2 - La rete stradale
Dovrà essere verificata in sede di PRT la soluzione più idonea per il collegamento con la direttrice adriatica, oggi assolto in modo del tutto insoddisfacente dalla Romea (SS 309), che ospita pericolosamente, in molti mesi dell' anno, traffico leggero turistico, traffico intenso locale e grandi quantità di trasporto-merci di lunga percorrenza e di attraversamento lungo l' itinerario adriatico e la direttrice Roma-Perugia-Ravenna-Venezia.
In particolare va definita e verificata l' ipotesi di un nuovo tracciato posto più ad Ovest, da destinare in particolare ai mezzi pesanti, d' intesa con la Regione Emilia-Romagna.
Per il collegamento del corridoio plurimodale nord-sud lungo l' asse del Brennero ed i porti tirrenici è da realizzare la bretella autostradale tra Nogarole Rocca (sull' autostrada del Brennero) a Parma.
c - Il collegamento con le regioni nord-occidentali
c1 - La rete ferroviaria
Lungo la direttrice ferroviaria medio-padana Torino-Milano-Venezia, insiste un traffico merci e passeggeri molto rilevante e crescente. Il suo ulteriore sviluppo trova un limite nelle condizioni di sovraccarico della linea e in particolare del tratto Padova-Venezia, sul quale si sovrappongono anche i treni che convergono su Padova dalla direttrice sud.
Partendo da questa constatazione, si dovrà procedere ad una diffusa serie di interventi di miglioramento e di riattrezzatura delle linee est-ovest dentro e fuori la regione. L' obiettivo è quello di creare alternative all' asse To-Mi-Ve su cui dirottare quantità elevate di traffico merci, così da servire in modo adeguato la direttrice ed alleggerire il carico sulla linea attuale.
In questa ipotesi sono da prevedersi:
- il miglioramento e il sistematico utilizzo del corridoio trasversale inferiore padano (via Cremona-Mantova-Monselice-Padova), nel quale dovrà confluire anche il previsto e potenziato tratto Legnago-Rovigo-Chioggia;
- il miglioramento dell' asse Vicenza-TrevisoPortogruaro;
- la realizzazione di altri completamenti della rete e di impianti di smistamento e composizione dei treni.
E' in corso di studio, inoltre, l' adeguamento di tutto il percorso medio-padano fra Torino e Venezia, con una ipotesi di potenziamento, mediante il raddoppio dei binari con caratteristiche adatte all' alta velocità.
Il potenziamento della linea appare necessario per il traffico attuale e ancor più per le sue prospettive di incremento. Il PRT dovrà verificare la compatibilità delle soluzioni tecniche, in rapporto anche ai vincoli territoriali presenti in un territorio altamente urbanizzato - e lungo un percorso in cui le città sono distribuite a intervalli regolari e sostanzialmente di pari rango.
c2 - La rete stradale
L' autostrada fra Milano-Verona-Venezia è uno degli assi portanti del sistema stradale della regione padana ed il principale dell' area centrale veneta. Per migliorare le sue prestazioni attuali e soprattutto per dare adeguata risposta all' incremento prevedibile del traffico nei prossimi anni, sono stati deliberati miglioramenti con realizzazione della “ terza corsia ”, lungo tutto il tracciato.
Ma il tratto fra Padova e Mestre presenta problemi più gravi sia per il carico di traffico che su di esso complessivamente insiste, sia per il significato che gli è proprio, di asse al servizio delle relazioni fra i due grandi sistemi urbani incentrati su Padova da un lato e su Mestre e Venezia dall' altro. Si sommano su questo tratto, con volumi complessivi che lo portano già oggi vicino alla saturazione : traffico passeggeri di interesse locale ; traffico leggero di lunga percorrenza, segnatamente turistico ; traffico pesante e merci di interesse locale e di lunga percorrenza generato o attratto dai centri urbani e dalle attività presenti nella area ; infine, traffico merci e passeggeri di attraversamento.
Il PRT dovrà proporre le soluzioni di tracciato e di gestione delle reti e dei modi di trasporto fra i nodi di Padova e Mestre in grado di assicurare anche per il futuro, le migliori condizioni di mobilità sia per gli intensi e dominanti flussi di interesse locale e per quelli con origine e destinazione nell' area, sia per quelli di lunga percorrenza e di attraversamento merci e viaggiatori.
Il PRT dovrà formulare le soluzioni ritenute più idonee, sottoponendo a verifica tecnica, economica e ambientale sia quelle che insistono sugli attuali tracciati, sia altre che, puntando a favorire la separazione dei traffici di attraversamento e di quote di quelli di lunga percorrenza dai traffici di interesse preminentemente locale, prevedano una variante nord che non impegni il nodo di Mestre.
Contestualmente dovranno essere verificate, di concerto con le Aziende interessate, problemi e modalità di gestione delle reti stradali, autostradali e ferroviarie.
d - Porti e idrovie
Il porto di Venezia è struttura produttiva e di servizio fondamentale per i traffici ed il sistema produttivo regionale, nazionale e internazionale e come tale la Regione del Veneto ne promuove lo sviluppo e intende contribuire alla riorganizzazione ed al rilancio.
Il recupero di efficienza del porto veneziano passa attraverso la ristrutturazione organizzativa avviata dalla recente legge sul “ risanamento della gestione dei porti e la riforma degli ordinamenti portuali ” ed un ridisegno complessivo delle aree portuali che coinvolga, nel contesto di un unico e coordinato piano attuativo, le aree della cassa di colmata A, con i necessari raccordi alle reti di trasporto, il porto commerciale di Marghera e la riconversione ad altro uso dell' attuale Stazione Marittima in Venezia.
A integrazione della portualità lagunare va contestualmente riorganizzato il porto di Chioggia sulla base di un piano unitario che preveda la utilizzazione delle aree di Val da Rio e il riuso delle aree portuali attuali, eventualmente rese disponibili.
Nel quadro della riorganizzazione del sistema dei traffici acquei, e pur segnalando che non si può attingere a risorse finanziarie regionali, devono essere valorizzate le potenzialità di traffico e perseguiti i programmi dùso della rete idroviaria esistente nell' ambito di intese interregionali e con il concorso dello Stato.
In questo contesto il PRT dovrà calibrare la funzione di Porto Levante come struttura terminale del sistema di navigazione interna e fluvio-marittima.
e - Interporti e “ centri merci ”
Oltre al ruolo primario già richiamato, svolto dal porto di Venezia quale struttura completa di organizzazione del trasporto plurimodale, per massimizzare le utilità regionali connesse ai traffici di lunga distanza e catturare al Veneto il valore aggiunto che deriva dai servizi ausiliari del trasporto, va dato il sostegno regionale alla realizzazione degli “ interporti ” di Verona quale punto di cerniera dei traffici nord-sud, est-ovest e di Padova. Per entrambi è prevista una organizzazione plurimodale.
Queste nuove e complesse strutture sono in grado di assicurare al Veneto un ruolo di rilievo strategico nello sviluppo degli scambi interregionali e internazionali, ed altres+ di costituire fattore di localizzazione per settori produttivi diversi, poichè appaiono in grado di produrre un “ ambiente ” di lavoro nel quale sono egemoni tecnologie e specializzazioni proprie del terziario avanzato.
In questo quadro i programmi relativi agli interporti si configurano come progetti integrati entro i quali vanno ricomprese, più iniziative : il collegamento a rete informatiche regionali e interregionali ; i programmi finalizzati di formazione di personale in più settori ; i piani di utilizzazione di spazi e strutture complementari a quelle strettamente legate alle funzioni di servizio al trasporto.
Complementare, rispetto alla funzione degli interporti di primo livello, è il ruolo che può essere assolto da una rete preordinata e programmata a scala regionale di “ centri merci ”, strutture in grado di coordinare le diverse fasi del ciclo del trasporto con riferimento ad una specifica area territoriale e che ad essa non solo possono assicurare maggiore efficienza sotto l' aspetto tecnico-organizzativo, ma favorire altresì il perseguimento di obiettivi di riordino urbanistico.
f - Il trasporto aereo e gli aeroporti
L' aeroporto internazionale di Venezia (Marco Polo) è la struttura più importante al servizio del trasporto aereo per il Veneto ed una vasta area interregionale e costituisce quindi la “ carta di ingresso ” del Veneto nel sistema internazionale dei traffici aerei.
Deve quindi essere assicurata la sua migliore organizzazione, integrati e arricchiti i servizi aeroportuali e garantito il costante adeguamento tecnologico delle attrezzature di assistenza al traffico aereo. Dovranno inoltre essere realizzati adeguati collegamenti con la rete stradale e studiati, in sede di PRT, quelli eventuali ferroviari in modo da rendere massima l' accessibilità all' aeroporto dai principali centri del Veneto e delle regioni vicine.
Analogamente dovranno essere altresì assicurate le migliori condizioni di funzionalità alle altre attrezzature aeroportuali regionali di primo livello:
- l' aeroporto di Treviso, integrativo del sistema veneziano;
- l' aeroporto di Verona, struttura e servizio di una vasta area interregionale comprendente il territorio di sette province.
Il trasporto aereo è altres+ destinato a giocare un ruolo sempre più importante con riferimento sia ai flussi turistici che di affari ; il PRT dovrà pertanto indicare i provvedimenti da assumere per la rete regionale degli aeroporti minori in rapporto alla loro eventuale specializzazione ed alla funzione di servizio per le diverse sub-aree regionali.
7.4.3 Il traffico nella rete regionale
L' entità dei traffici, sia su strada che su ferrovia, di merci e persone nella rete interna veneta è molto vicina, in alcune tratte, ai limiti della saturazione delle capacità tecniche delle infrastrutture.
Per la ferrovia il problema centrale appare essere in prima istanza l' alleggerimento del tratto Padova-Mestre dal traffico merci e, al tempo stesso, un potenziamento delle linee e delle prestazioni fino a configurare un soddisfacente assetto dei percorsi a lunga distanza e del servizio ad alta frequenza interpolo e di livello locale.
La rete viaria, a sua volta, è impegnata, in numerosi suoi archi e nodi, da traffici che hanno raggiunto soglie di saturazione e quindi pericolosità molto elevate. Ciò riguarda la rete ordinaria, quella statale e provinciale e quella autostradale a causa del sovrapporsi di:
- un intenso traffico leggero e merci generato localmente;
- il traffico pesante di lunga percorrenza, o di attraver samento;
- il traffico turistico nelle sue elevate punte stagionali.
Si dovrà pertanto agire, coerentemente con quanto previsto dal Piano decennale ANAS e con eventuali sue verifiche ed adeguamenti, su due versanti:
- rimuovere le principali strozzature che le diverse reti presentano in alcune parti;
- predisporre una riorganizzazione radicale del trasporto persone, ripartendo i flussi su più modalità ed intervenendo sulla organizzazione dell' offerta.
Il trasporto locale nelle aree ad alta densità insediativa ; l' integrazione gomma-ferro e il Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (SFMR)
Le difficoltà di movimento delle persone (e delle merci) all' interno delle aree regionali a più alta intensità insediativa, costituiscono un crescente onere per l' intera comunità sia in termini strettamente economici, sia in rapporto alle condizioni di sicurezza nella circolazione e con riferimento al peggioramento del quadro di vita nel territorio e nella città.
I margini di miglioramento che si possono ancora ottenere con interventi sulle infrastrutture viarie e con procedimenti di regolamentazione entro e fuori i contesti urbani, anche se non trascurabili e necessari, non consentono soluzioni di lungo periodo al problema della congestione del traffico veicolare. La prospettiva da realizzare riguarda allora il potenziamento dell' offerta di trasporto delle persone su ferrovia, in modo da favorire il trasferimento di una quota crescente della domanda da gomma a ferro e di riorganizzare in modo radicale la possibilità per gli utenti di accedere al cuore delle città, consentendo così a tutta la comunità regionale di fruire dei servizi urbani in modo agevole.
Questa è un' idea che il Veneto ha già fatto propria da tempo, ma che riceve nuova forza dalla opportunità-necessità di operare concretamente per l' integrazione tra i territori dell' area centrale veneta e per aumentare drasticamente le accessibilità ad essa da tutto il territorio regionale. La realizzazione di questo obiettivo strategico per lo sviluppo dell' intero Veneto appare essere una delle condizioni essenziali perchè il sistema insediativo regionale rafforzi - al tempo stesso - la gerarchia e la interconnessione fra sottosistemi, in modo efficiente e competitivo rispetto alla ricompattazione metropolitana in corso, e ancor più a quella prevedibile, in tutte le regioni padane.
Il PRT dovrà configurare pertanto la costruzione graduale di un Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (SFMR) a partire dai tratti e dalle relazioni fra le città e i principali poli urbani dell' area centrale che possano giustificare un servizio di questo tipo già con gli attuali volumi di traffico. A partire da questo primo nucleo, il sistema ferroviario metropolitano disporrebbe di nodi dai quali la rete potrebbe ulteriormente estendersi per coinvolgere progressivamente tutta la rete regionale (si pensi, ad esempio, al significato del miglioramento del collegamento Conegliano-Ponte nelle Alpi).
La realizzazione di un servizio ferroviario regionale di tipo metropolitano nell' area centrale del Veneto è da considerarsi fondamentale ai fini della sua riorganizzazione territoriale. La realizzazione di questo sistema implica una revisione profonda della politica regionale di trasporto pubblico locale e in particolare richiede:
- che si riorganizzi contestualmente il trasporto su autobus, in modo da favorire il massimo spostamento modale da strada a ferrovia e di garantire il massimo livello di servizio complessivo;
- che si ridisegni l' organizzazione amministrativa del trasporto locale per tener conto del carattere interbacinale delle relazioni di traffico da servire con il sistema ferroviario metropolitano;
- che si operi, come indicato nel capitolo dedicato alle città, con “ progetti ” di riorganizzazione tecnica e di redistribuzione funzionale su tutte le principali aree ferroviarie e in particolare sulle “ stazioni ” nei principali centri urbani;
- che siano predisposti i “ piani di circolazione ” interni alle città maggiori coerenti con il disegno generale e si provveda a riordinare in esse il trasporto pubblico, limitando nel contempo quello privato.
Il trasporto locale nelle zone a domanda debole o aleatoria
In molte zone a bassa densità insediativa, in particolare di collina e di montagna, ma anche in alcune aree di pianura, appare opportuno studiare un nuovo modello di offerta di trasporto persone.
In zone come queste, molto spesso, il servizio di trasporto, pur essendo molto oneroso per chi lo eroga, è del tutto insoddisfacente per lùtente posto di fronte ad un limitato numero di corse, ad un percorso rigido, a lunghe attese.
Le tecnologie oggi disponibili, consentono di affrontare in modo adeguato problemi di questa natura ; di grande aiuto possono risultare infatti i sistemi informatizzati di programmazione, regolazione e controllo centralizzato di un servizio che, sulla base di valutazioni tecniche-economiche (del tipo costi-benefici), possono consentire scelte tra più soluzioni possibili.
Il PRT provvederà, all' interno degli attuali bacini di traffico, ad individuare le aree a bassa intensità di domanda e predisporrà programmi di riorganizzazione dell' offerta, prevedendo eventualmente fasi di sperimentazione nei diversi contesti.
Le reti regionali
Contestualmente alle azioni volte a rafforzare la rete delle relazioni interregionali e internazionali, viene promosso il miglioramento delle condizioni di mobilità e della sicurezza in tutta la rete regionale nonchè di accessibilità a tutte le aree venete, ed ai principali nodi della rete fondamentale.
Il recupero della rete ferroviaria di esclusivo interesse regionale a più incisive funzioni di distribuzione del traffico va coordinata con il riordino delle linee principali e richiede tempi coerenti con un consolidamento dei traffici su ordini di grandezza maggiori degli attuali e più consoni alle caratteristiche tecnico-economiche di questo modo di trasporto.
Per quanto concerne invece le prestazioni della viabilità, si richiamano anzitutto i programmi già elaborati nel Piano decennale per la viabilità, a cura dell' ANAS, e gli altri programmi disposti dalla Regione devono essere previsti e precisati. Nel PRT, con riferimento alla rete stradale di interesse regionale, i principali interventi si possono cos+ configurare:
a) miglioramento dell' itinerario est-ovest Primolano -Feltre-Belluno-Ponte nelle Alpi, attraverso la ricostruzione su nuova sede della SS 50bis (intervento in corso) e della SS 50, per meglio collegare i comuni del Bellunese con la direttrice Valsugana a Primolano e con la direttrice Venezia-Cadore a Ponte nelle Alpi (raccordo sia con la SS 51 che con il futuro prolungamento Vittorio Veneto-Pian di Vedoia della A27);
b) creazione dell' itinerario pedemontano Montebello, valico di Priabona, Malo, Bassano, Montebelluna, Ponte della Priula ; oltre a risolvere i problemi del traffico locale, questo tracciato dovrà assicurare ai comuni della fascia pedemontana un rapido accesso : all' autostrada A4, e quindi al nodo di Verona ; alla A31 e quindi alla direttrice del Brennero ; alla A27 e quindi, attraverso Conegliano-Pordenone, al Friuli-Venezia Giulia ed alla direttrice di Tarvisio;
c) una particolare attenzione e rilievo assume il completamento, a Sud, dell' itinerario transpolesano Verona-Legnago-Rovigo-Adria-mare. Questo itinerario è da tempo in corso di realizzazione nel tratto Verona-Rovigo, mediante una nuova superstrada a 4 corsie, destinata a sostituire le attuali SS 434 e 499 ; resta da realizzare il prolungamento, sempre su nuova sede, oltre Rovigo verso Adria e la SS 309 Romea. A Legnago questo itinerario si connette con quello verso Mantova-Cremona -Piacenza e quindi con l' autostrada per Torino ; questa nuova direttrice assume pertanto rilevante importanza per i possibili sviluppi di interesse interregionale. Altrettanto importante il potenziamento della direttrice Legnago-Monselice-mare essenziale per lo sviluppo economico della Bassa padana.
7.4.4 Rete di comunicazione dati e informazioni
Vanno richiamate infine, per la loro rilevanza e per la forte coerenza con gli scenari evolutivi fin qui tracciati, le prospettive di sviluppo delle reti di comunicazione di dati e informazioni che la crescita della ricerca, dei servizi e della produzione nei settori innovativi pubblici e privati oggi richiede.
L' ipotesi allo studio, da sottoporre a verifica tecnica e confrontare con eventuali altre modalità e configurazioni delle infrastrutture, prevede la realizzazione di fasci di fibre ottiche. L' estensione iniziale della rete dovrebbe interessare territori in cui è presente una domanda di prestazioni ad alto livello di specializzazione già sufficientemente elevata e dovrebbe coinvolgere pertanto elettivamente i centri urbani maggiori, che sono sedi di centri di ricerca e del terziario avanzato e segnatamente delle Università venete. Per questùltime va prevista la interconnessione a rete, entro le singole aree urbane, fra le diverse sedi, i laboratori, gli istituti e, a scala regionale, fra le Università e altre istituzioni.
Si può perciò ipotizzare un programma articolato in cui, da un lato, si promuovono le reti locali per le “ isole ” così delimitate e per le altre in cui si ritiene possa concentrarsi in futuro una domanda di adeguata qualità e dimensione e, dall' altro, si predispongono i collegamenti fra di esse.
In prospettiva, si deve ritenere che i centri di ricerca, i servizi e le produzioni più esigenti in termini di innovazione riconoscano proprio nella disponibilità di collegamento alla rete informatica un potente fattore di localizzazione, con la possibilità quindi non solo di far nascere nuove imprese regionali, ma anche di indurre la rilocalizzazione di imprese da altre regioni italiane ed europee.
8. IL FATTORE INNOVAZIONE
8.1 L' innovazione nel sistema produttivo
8.1.1 Agricoltura
Le trasformazioni che stanno investendo e prevedibilmente investiranno il complesso delle attività primarie inducono a considerare queste ultime sotto il profilo della innovazione nelle sue varie accezioni. Si può anzi affermare che se esiste oggi un ambito di attività economiche interessato da consistenti e diffuse innovazioni questo è proprio l' insieme delle attività primarie e delle connesse che rientrano nel complessivo sistema agro-alimentare. Trattasi, per non pochi aspetti, di una vera e propria rivoluzione del settore agricolo. Elevatissime potenzialità produttive vengono fornite dalla ricerca genetica ; alle più avanzate tecnologie si accompagnano - d' altro canto - risvolti socio-economici anch' essi in qualche modo rivoluzionari : le elevate produttività comportano già oggi sovrapproduzioni in taluni comparti, talchè si rende necessario attuare politiche di riconversione produttiva e al limite di cessazione di coltivazione.
Il Veneto non è estraneo alle evoluzioni anzidette, comuni a gran parte dell' Europa e delle nazioni economicamente progredite. Sono trasformazioni che possono consentire opportunità nuove e che - proprio per la loro peculiarità - richiedono attente ed efficaci azioni di “ accompagnamento ” che, lungi dal configurarsi quali interventi di natura assistenzialistica, debbono condurre l' agricoltura veneta verso nuovi equilibri.
Prima di approfondire i temi dell' innovazione nel primario e quindi delle “ politiche di accompagnamento ” a cui si è fatto cenno, si ritiene necessario evidenziare subito che il criterio generale del Prs è quello di fornire le direttrici principali della programmazione settoriale, già per grandi linee enunciate nel “ Documento degli indirizzi ” ; la definizione puntuale delle politiche è quindi affidata alle successive fasi pianificatorie.
E' altresì opportuno anteporre una sia pur sintetica analisi socio-economica delle dinamiche evolutive susseguitesi negli ultimi venticinque anni, al fine di cogliere prospetticamente l' impatto progressivo esercitato dall' innovazione sul primario.
Nell' arco di tempo che va dal 1961 al 1984 avvengono all' interno del mondo agricolo profonde modificazioni che vanno ad incidere non soltanto sulla struttura produttiva e sui rapporti tra i mezzi di produzione, propri del settore, ma anche sulle relazioni sostanziali fra esso e il resto dell' economia.
In un primo tempo si assiste ad una massiccia immissione di tecnologie finalizzate al raggiungimento della massima produttività aziendale in un mercato comunitario non ancora eccedentario.
In una seconda fase si registra una progressiva evoluzione dell' agricoltura che passa da settore produttivo a sistema agro-alimentare, con evidenti processi di slittamento di ruoli e di occupazione dall' azienda alle attività poste a valle e a monte dell' azienda stessa.
Considerando pertanto il sistema agro-alimentare nel suo complesso, non si rileva un grande calo occupazionale ma si constata una discreta tenuta economica dell' intero aggregato, dovuta soprattutto al più elevato valore aggiunto dei segmenti che non afferiscono direttamente alla produzione primaria - quali fornitura dei mezzi tecnici e dei servizi ; trasformazione e valorizzazione dei prodotti - ed il cui peso reddituale porta il complessivo sistema agro-alimentare ad interessare il 38% circa del PIL regionale.
Per contro, se l' analisi si limita ai soli segmenti produttivi del primario si evidenzia un calo di occupazione consistente che trova spiegazione nello slittamento della forza lavoro dall' azienda verso l' industria e i servizi e nell' assestamento della disponibilità di lavoro su livelli più consoni a quelli di un' agricoltura competitiva sul piano europeo.
Mentre la pianura è riuscita a superare senza notevoli problemi le difficoltà della ristrutturazione dei mezzi produttivi e degli ordinamenti colturali, avvalendosi di una favorevole dinamica interna per cui ha ottenuto incrementi di redditi anche in una situazione di costi di produzione crescenti in misura più che proporzionale rispetto all' aumento dei prezzi, non altrettanto è accaduto per la montagna e le zone svantaggiate dove l' agricoltura ha evidenziato un incremento di produttività inferiore ; ciò ha determinato la disattivazione aziendale unitamente ad una sensibile erosione demografica dei centri rurali minori e delle classi attive più giovani.
Ne è conseguita una diversificazione del segmento aziendale : da una parte è emersa una agricoltura tecnologica con imprenditori finalizzati al raggiungimento di “ obiettivi espliciti ” quali la produttività e il reddito ; dall' altra si è assistito al declino delle agricolture che prima sopravvivevano grazie ad un difficile equilibrio tra funzioni esplicite e funzioni implicite : essenzialmente difesa del suolo, tutela delle risorse idriche, difesa della ruralità.
In questo periodo la politica di sostegno della C.E.E. e quella nazionale hanno posto la loro massima attenzione all' agricoltura con finalità produttivistiche.
La politica regionale avverte però, a partire dagli inizi degli “ anni settanta ”, che il nodo fondamentale dell' agricoltura veneta è costituito dal capitale umano (uomo, famiglia coltivatrice, professionalità), chiamato ad affrontare una fase di ristrutturazione nella quale già si delineava il problema della sovrapproduzione alimentare comunitaria.
Nel frattempo, unitamente al fenomeno dell' esodo a cui si è fatto cenno, si affermano nuove forme di imprenditorialità agricola (famiglie a reddito misto, part-time agricolo, “ operaio contadino ”), le quali sono da intendersi come risposte sia ad esigenze di struttura aziendale sia a mutati rapporti tra l' agricoltura e le altre componenti del sistema economico.
A partire dall' inizio degli “ anni ottanta ” agricoltura trova sul suo cammino non solo il nodo delle eccedenze produttive ma anche quello di una cresciuta sensibilità alla tutela ambientale.
In sostanza mentre essa aveva potuto svilupparsi sino alla fine del decennio 1970-1980, incentivata da una situazione di garanzia di prezzi C.E.E., negli anni successivi la predetta situazione è andata rapidamente evolvendosi per l' introduzione - da parte della C.E.E. medesima - di misure di corresponsabilità tese a limitare la produzione e ridurre il livello di intervento sui prezzi, nonché è andata crescendo la consapevolezza della necessità di un pieno coinvolgimento dell' agricoltura nelle politiche di tutela ambientale.
In questi ultimi anni, sebbene i pesi relativi dell' occupazione e della produzione agricola siano destinati a subire qualche ulteriore contrazione, il settore primario vede confermato e rafforzato il proprio ruolo strategico nei confronti dell' intera economia, soprattutto quale segmento centrale di un sistema agro-alimentare in costante espansione. Un ulteriore aspetto fondamentale concerne la tutela dell' ambiente e lùso razionale del territorio, rispetto ai quali l' agricoltura è destinata ad assumere funzioni di presidio e di governo via via più evolute ed in grado di offrire opportunità reddituali agli imprenditori agricoli.
Si deve altres+ evidenziare come il settore agricolo sia stato coinvolto dai processi di integrazione ed internazionalizzazione delle economie, grazie soprattutto alla modificazione dei modelli di consumo ed al progresso tecnologico. Si sono inoltre modificati, come abbiamo visto, i rapporti tra i diversi fattori produttivi ; da ciò è derivata una rapida evoluzione interna ed inter-settoriale degli assetti organizzativi, talchè molte realtà aziendali di oggi sono profondamente diverse rispetto a quelle del passato.
In questo quadro la tradizionale “ politica per il primario ” non può limitarsi ad azioni di carattere settoriale, ma deve evolvere verso una politica fattoriale basata sullùomo, fattore centrale dello sviluppo, sull' innovazione e sull' ambiente - che il Veneto ha posto alla base della propria azione programmatoria.
I punti di riferimento di tale azione regionale vanno individuati nell' insieme delle dinamiche attualmente riscontrabili nel panorama economico italiano ed internazionale e nell' evoluzione della politica comunitaria la quale - com' è noto - condiziona in modo assai rilevante le politiche agricole regionali.
Questo quadro è caratterizzato da non pochi elementi preoccupanti : surplus produttivi in alcuni comparti, forti tensioni nel mercato mondiale tra vecchie e nuove aree esportatrici, difficoltà di bilancio a livello CEE, insoddisfacente avvicinamento delle agricolture europee, fenomeni di destrutturazione aziendale collegati all' aumento dei livelli di incertezza.
A tutto ciò si accompagnano le preoccupazioni derivanti dalle dinamiche ecologico-ambientali che, se da una parte vedono l' agricoltura pesantemente penalizzata dagli inquinamenti prodotti al suo esterno, dall' altra trovano il settore coinvolto in preoccupanti fenomeni di inquinamento (irrazionale utilizzo di sostanze chimiche, quali antiparassitari e diserbanti ; cfr. 7.2.2).
Si vive pertanto una fase di crescita e trasformazione caratterizzata da un' incertezza diffusa che richiede piena consapevolezza sui molteplici ruoli dell' agricoltura, tanto a livello istituzionale quanto a livello della comunità dei cittadini e degli operatori del settore.
Alla luce di quanto è stato messo in evidenza, la politica regionale - pur operando in un campo di scelta condizionato dalle politiche nazionale e comunitaria (quest' ultima - com' è noto - si caratterizza per il rientro graduale del sostegno dei prezzi, per il riorientamento delle produzioni e per l' incentivazione alla ristrutturazione e ammodernamento delle aziende) - dovrà porsi nei prossimi anni due ordini di finalità:
- di carattere generale, come il conseguimento dei maggiori benefici possibili dal pacchetto delle misure comunitarie e nazionali (politiche di accompagnamento);
- di carattere specifico, e cioè lo sviluppo delle necessarie sinergie fra le politiche di accompagnamento e il modello veneto, attraverso una “ politica per fattori ” che non prescinda da una sostanziale pari opportunità fra aree e situazioni sociali diverse.
Circa gli obiettivi di carattere generale ci si dovrà orientare verso:
- la progettazione integrata sul territorio degli interventi a valenza fondamentalmente agricola;
- lo snellimento delle procedure e una razionalizzazione delle strutture e delle loro modalità operative;
- l' attuazione di azioni di verifica sugli effetti degli interventi agricoli, tenuto conto dei parametri economici, sociali ed anche ambientali. In merito agli obiettivi definiti di tipo specifico il Veneto dovrà mirare:
- al conseguimento di un sempre migliore equilibrio fra gestione agricola dei suoli e altre finalità di carattere implicito quali la tutela del consumatore, la difesa del suolo, la salvaguardia della diversità culturale e del paesaggio ; ciò vale anche per gli specchi acquei a destinazione multipla;
- ad una continua opera di ricerca di soluzioni alternative e nuove tecnologie finalizzate ad un miglioramento del rapporto tra processo produttivo, reddito e tutela dell' ambiente, puntando complessivamente ad un migliore rendimento energetico ; in questo contesto sono auspicabili soluzioni atte a sviluppare forme di produzione agricola a destinazione non alimentare;
- per la pesca sono da perseguire i seguenti obiettivi : un miglioramento dell' attività di pesca attraverso la ristrutturazione, l' ammodernamento e l' ampliamento del parco natanti ; il miglioramento dell' attività di trasformazione, conservazione e commercializzazione dei prodotti attraverso il potenziamento delle strutture a terra con particolare riferimento alla portualità ed ai mercati ittici ; la conservazione delle risorse favorendo il riposo biologico del mare mediante il fermo temporaneo dei pescherecci ; la qualificazione professionale degli operatori;
- a una “ innovazione di prodotto ” e una “ innovazione di servizio ”, finalizzate a rendere sempre più competitiva la produzione del sistema agro-alimentare in un mercato in continua evoluzione, sia a seguito di eventi di carattere strutturale (es. evoluzione dei modelli di consumo connessa alle dinamiche reddituali e demografiche) come per decisioni di carattere internazionale (tensioni nel mercato mondiale e decisioni in sede GATT);
- a un miglioramento costante del capitale umano del segmento produttivo primario, sia sotto il profilo della professionalità che della capacità di adattamento alle situazioni imprenditoriali nuove e non sempre prevedibili nel medio periodo;
- a un' integrazione e un collegamento funzionale tra le gestioni del segmento aziendale e quelle degli altri segmenti dell' agro-alimentare, da conseguirsi fondalmen talmente mediante una ristrutturazione, un' ampliamento e una riqualificazione delle funzioni del settore cooperativo (è auspicabile, al riguardo, un' organica revisione della vigente normativa regionale) nonchè attraverso accordi a livello interprofessionale nell' ambito dei quali sia valorizzato il ruolo dell' associazionismo.
La politica di difesa dei redditi agricoli si configurerà come una politica complessa che si accompagna al riequilibrio tra domanda ed offerta, tra processi produttivi ed ambiente, tra territorio agricolo e presenza dellùomo, favorendo cos+ la valorizzazione della polifunzionalità del settore (capacità di fornire alla collettività non solo derrate alimentari, bens+ anche servizi di carattere ambientale e ricreativo, oltrechè prodotti extra-alimentari).
In questo contesto l' impegno primario della Regione è la mobilitazione di tutte le possibili risorse professionali, imprenditoriali e finanziarie degli operatori agricoli. La Regione è altresì impegnata a stimolare e sostenere, anche finanziariamente, l' iniziativa degli imprenditori.
A tale riguardo, la particolare fase evolutiva del settore primario necessita di un forte supporto finanziario pubblico ; pertanto la Regione, considerata l' attuale prospettiva di restrizione delle disponibilità interne complessive, punterà a massimizzare l' afflusso di risorse comunitarie e sollecitare un più consistente, mirato e costruttivo apporto del settore creditizio.
Il tema dell' utilizzazione delle risorse disponibili vede la Regione ulteriormente impegnata da una parte a mettere a punto forme creditizie che possano integrare quelle vigenti - ancora disciplinate dalla legge fondamentale del 1928 e sorrette dal tradizionale istituto della garanzia reale - dall' altra a favorire l' avvio di organiche iniziative del mondo della cooperazione, in tema di autofinanziamento e di costituzione di organismi di garanzia.
Le risorse che si renderanno disponibili andranno a confluire sia in linee di intervento agenti orizzontalmente (fattori uomo, innovazione e ambiente), sia nell' ambito di azioni integrate.
Queste ultime dovranno mirare - attraverso interventi differenziati - al rafforzamento di importanti e tradizionali economie locali, le quali sono in prospettiva strategiche per il mantenimento dell' assetto territoriale e della popolazione rurale. Si pensi all' economia montana, ed in particolare alle opportunità di forestazione produttiva, o all' economia acquicola e della costa, oggetto di particolare attenzione nell' ambito dei programmi integrati mediterranei (PIM), ove le tecnologie di allevamento ittico consentono di valorizzare importanti aree del territorio regionale in armonia con gli obiettivi di tutela ecologico-ambientale.
L' obiettivo dell' occupazione - fissato dagli “ Indirizzi del Consiglio ” - deve essere letto per l' agricoltura non in termini di arresto dell' esodo ma come creazione di migliori e più sicure opportunità per coloro che opereranno in agricoltura.
Si dovrà pertanto puntare ai servizi reali alle imprese (ricerca, sperimentazione, servizi finanziari, assistenza tecnica, formazione professionale) e sulla riorganizzazione dell' offerta agricola (cooperazione, associazionismo dei produttori, contrattazione interprofessionale, partecipazioni societarie, import-export) ; in parallelo, al sostegno della nuova imprenditorialità si dovrà affiancare il rafforzamento dei più generali servizi alla famiglia coltivatrice ed alla residenzialità rurale (sanità, scuola, informazione), soprattutto nelle aree periferiche.
Attraverso la formazione professionale, da rapportarsi al peso complessivo del settore primario ed agli obiettivi di innovazione, si dovranno promuovere:
- un' imprenditorialità in grado di affrontare le problematiche della gestione dell' impresa e del mercato;
- l' introduzione di tecnologie a basso impatto ambientale;
- una maggiore partecipazione dei produttori alle fasi della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti.
Per quanto concerne l' assistenza tecnica in considerazione della primaria importanza della medesima e del positivo avvio di una vasta rete di tecnici agricoli a supporto delle aziende agricole, si dovrà operare un' azione di rafforzamento e razionalizzazione complessiva, anche attraverso la corresponsabilizzazione degli imprenditori agricoli e delle loro organizzazioni professionali.
La riorganizzazione dell' offerta agricola dovrà porsi come punto di riferimento la fase della commercializzazione, a sostegno della quale si impone anche un ulteriore rafforzamento della politica di qualità dei prodotti ; al riguardo va tenuto presente che il Veneto è area di importazione di prodotti alimentari e che l' Italia è paese che denuncia un elevato squilibrio della bilancia agro-alimentare (ancorchè il medesimo sia in parte dovuto a prodotti di difficile sostituzione, quali caffè, thè e altri).
La suddetta riorganizzazione dovrà affrontare una fase di vero e proprio “ ritorno al mercato ” che, se da una parte si caratterizza per il già menzionato “ rientro ” delle politiche comunitarie di sostegno, dall' altra vede prospettarsi per i produttori nuove e decisive opportunità commerciali quali le reti della grande distribuzione ed il rifornimento diretto alle comunità.
La Regione è impegnata in un' azione a favore dell' immagine del prodotto veneto, sia esso realizzato nel solco della tradizione (qualificazione delle produzioni tipiche già attuata nell' ambito del “ paniere veneto ”), sia esso il frutto di una razionale ed organizzata risposta ai nuovi orientamenti di consumo alimentare. La Regione è altres+ impegnata a porre in essere opportune ed efficaci iniziative di educazione alimentare.
Per la ricerca e la sperimentazione l' ente regionale punterà, attraverso un' Ente di Sviluppo opportunamente riorganizzato, al coordinamento di queste attività a sostegno dell' assistenza tecnica ai produttori ; l' ESAV manterrà pertanto i necessari collegamenti con gli Istituti Universitari e gli altri enti di ricerca.
Come è noto, la ricerca in campo agricolo ha matrici esterne essendo realizzata quasi esclusivamente in ambito industriale. Da ciò discende che il ruolo del soggetto pubblico è duplice:
- favorire un' attenta selezione dei prodotti della ricerca (tecnologie produttive, di trasformazione e di commercia lizzazione);
- promuovere la produzione delle tecnologie oggi difficilmente disponibili o vendibili (si pensi alle metodologie di gestione aziendale, alle tecnologie per la lotta biologica e la lotta integrata, ai prodotti chimici non inquinanti).
L' innovazione tecnologica giocherà un ruolo fondamentale quale strumento di crescita della polifunzionalità del settore primario ; ciò vale soprattutto nelle aree più vulnerabili, dove il mancato equilibrio tra funzione produttiva e funzione ambientale accelera - anzichè invertire - le dinamiche regressive che è dato riscontrare (dinamiche ambientali, dinamiche socio-economiche). Innovazione, quindi, a servizio della produzione, della trasformazione e dell' ambiente nelle sue componenti ecologiche e paesaggistiche.
La Regione realizzerà pertanto uno specifico Progetto volto a favorire, anche attraverso opportune convenzioni, una concentrazione di risorse umane (studiosi, ricercatori, operatori specializzati) e di strutture (biblioteche, laboratori) nell' ambito di “ poli tecnologici per l' agricoltura ”, di cui uno collegato con l' Università di Padova, le Scuole di specializzazione, l' Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e la sede operativa dell' ESAV, localizzato nell' area di espansione dell' Università di Padova e altro da prevedere nell' ambito dell' area dell' innovazione di Verona. Tali poli dovranno essere in grado di mantenere un continuo collegamento con i centri di ricerca regionali, nazionali ed esteri. In questa attività l' ESAV dovrà anche coordinare, sostenere e valorizzare le altre positive iniziative di ricerca presenti nella Regione come per esempio l' Istituto Strampelli di Lonigo, nonchè produrre essi stessi ricerca di base ed applicata.
Pienamente coinvolgente la funzione ambientale dell' agricoltura è la politica della sicurezza ambientale e della salute. La Regione Veneto ha già avviato una prima serie di azioni volte al riassetto forestale e alla difesa idrogeologica nei territori più vulnerabili, nonchè tramite la propria rete di tecnici agricoli ed investimenti rilevanti nell' agro-meteorologia - un intervento di pianificazione dellùso dei fertilizzanti, degli antiparassitari e dei diserbanti. Altri strumenti si rendono necessari per la gestione ed il controllo delle acque superficiali, con particolare riguardo alle zone maggiormente esposte al rischio.
Si configura quindi uno sviluppo integrato dell' attività di bonifica, intesa come servizio sul territorio per l' agricoltura e per l' ambiente visto nella sua interezza e complessità. La bonifica dovrà infine raccordarsi con gli altri strumenti di intervento sul territorio anche per la realizzazione di obiettivi quali la riduzione dell' inquinamento diffuso di origine agricola e l' opportuna localizzazione degli insediamenti produttivi ed agro-alimentari.
Con ciò si intende proporre una nuova e moderna fase di manutenzione e/o ripristino delle risorse fisiche e paesaggistiche da realizzarsi mediante forme di progettazione interdisciplinare nelle quali gli imprenditori agricoli, e più in generale i residenti nelle zone rurali, possano esprimersi attraverso un attivo coinvolgimento.
Quali strumenti efficaci per la realizzazione delle nuove politiche agricole si individuano, unitamente ai “ poli tecnologici ”:
- l' Ente di Sviluppo Agricolo, da riorganizzare alla luce delle emergenti esigenze di internazionalizzazione dell' agricoltura;
- l' Istituto di tecnica e sperimentazione lattiero-casearia di Thiene, la cui prospettiva è l' estensione del campo di intervento alle biotecnologie del comparto agro-alimentare, in collegamento con l' Università di Padova, di Verona e con altri Istituti universitari specializzata;
- l' Agricenter di Verona, che per la sua posizione strategica dovrà assumere un ruolo propulsore nei confronti della nuova agricoltura veneta, aperta ai mercati interni ed internazionali ; nell' Agricenter dovranno pertanto situarsi i più importanti servizi di sostegno alla commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari nonchè una borsa merci internazionale : la Regione è impegnata quindi a sostenere l' azione degli Enti promotori al fine di promuovere, di concerto con il MAF e la C.E.E., il ruolo nazionale e internazionale del Centro;
- l' attuazione del progetto integrato per agro-meteorologia,la difesa fitosanitaria delle produzioni, lùso razionale dell' acqua di irrigazione e degli altri fattori produttivi.
8.1.2 Industria e servizi alle imprese
Il sistema industriale del Veneto si è evoluto e si configura come una struttura che, pur mantenendo la prevalenza di imprese di dimensioni modeste, opera a pieno titolo con modalità industriali e, pur nella sua specificità, è spesso in grado di competere validamente con la struttura industriale di altre aree nazionali ed internazionali.
Nell' ultimo quindicennio il tessuto industriale veneto ha subito una netta trasformazione riuscendo, almeno in parte, ad adattarsi alle nuove esigenze di mercato.
I vantaggi relativi che avevano permesso il grande decollo alla fine degli anni’ 50 sono venuti meno e il successo dei prossimi anni è legato alla capacità di creare nuovi vantaggi differenziali. Mentre i primi furono essenzialmente vantaggi legati all' ambiente, i prossimi dovranno essere il risultato di una ben precisa e complessa strategia che si dovrà articolare:
- nella capacità di assumere una organizzazione manageriale avanzata o, qualora le dimensioni aziendali non lo consentano, di acquisire ed utilizzare i servizi manageriali offerti dal mercato ; in questo ambito, essenziale ci pare la capacità di adottare strumenti di pianificazione a medio-lungo termine, metodi di valutazione del management, strutture integrate dei sistemi di controllo;
- nell' aumentare il grado di automazione;
- nell' estendere la cultura informatica e lùtilizzo delle tecnologie informatiche dalle funzioni operative più routinarie (amministrazione e contabilità) a tutte le altre attività informatizzabili;
- nell' estendere il livello di internazionalizzazione, passando altres+ dalla pura e semplice esportazione ad attività di accordi commerciali tramite alleanze strategiche tra le imprese regionali e quelle di altre regioni e paesi, joint ventures o di presenza diretta ed operando per adeguare l' intero “ sistema regionale ” alle nuove condizioni determinate dal completamento del mercato interno comunitario;
- nell' incentivare e valorizzare le forme associative degli imprenditori specie nel caso dell' artigianato, per il quale competenze specifiche sono assegnate alla Regione, attribuendo risorse per proseguire nella valida opera di razionalizzazione del sistema di imprese di subfornitura, nella valorizzazione delle professionalità e capacità innovative dei nuovi mestieri artigiani, nella promozione in forma associata del commercio estero e dell' innovazione tecnologica, nella introduzione e diffusione delle nuove forme di servizi finanziari per la piccola e media impresa
La Regione può e deve contribuire in maniera ampia, articolata, e fattiva a questa strategia, lùnica che può garantire all' industria veneta di far fronte vittoriosamente alla sfida degli anni’ 90.
Le imprese venete stanno mostrando una capacità di far fronte alle innovazioni che riguardano più l' hardware (impianti e strutture materiali) che non il software (organizzazione, sistemi direzionali, risorse umane) ; la loro azione è più efficace quando l' innovazione è circoscritta alla singola impresa, mentre risulta più difficile l' adozione di innovazioni che richiedono reti di più imprese o relazioni strette con l' ambiente esterno. E' proprio nelle innovazioni del software e nella costruzione e valorizzazione del retroterra innovativo che vanno individuati i fattori critici per lo sviluppo. Le politiche regionali dovranno pertanto articolarsi nelle seguenti direzioni:
- politiche della formazione;
- politiche di animazione economica e di sostegno delle piccole imprese;
- politiche per la ricerca e l' innovazione;
- politiche di organizzazione delle condizioni esterne;
- politiche di internazionalizzazione;
- politiche del credito.
Politiche della formazione
Queste politiche sono già state discusse in rapporto al fattore uomo. Tuttavia non si può non ribadire che dovranno essere attivate azioni dirette ed indirette miranti a:
- elevare il livello culturale della forza lavoro;
- assicurare una formazione di base in grado di evolvere lungo le linee richieste dal mercato e adattarsi con rapidità alla domanda;
- estendere i corsi di secondo livello, promuovendo un sistema integrato tra formazione professionale regionale e istruzione pubblica, con particolare riferimento agli istituti tecnici;
- dare vita, in accordo con le imprese, a corsi post-universitari per la formazione e specializzazione manageriale, per la formazione e l' aggiornamento degli imprenditori.
Ciò richiede la revisione delle normative regionali in tema di formazione e accordi con Università, Centri di formazione e imprese.
Politiche di animazione economica e di sostegno delle piccole imprese
Il mondo imprenditoriale veneto, come già detto, ha mostrato una grande disponibilità di apertura al mutamento ed è quindi disposto ad avvantaggiarsi di iniziative di formazione, informazione ed aggiornamento.
Il fattore imprenditorialità, pur così ricco in virtù delle numerose iniziative imprenditoriali diffuse nel territorio regionale, è comunque una risorsa che necessità di continui miglioramenti qualitativi, rivolti sia a chi inizia un' attività imprenditoriale sia a chi è già inserito nel mondo produttivo.
In questo senso la fondamentale importanza dell' imprenditoriali tà per il sistema veneto richiede una particolare considerazione del ruolo delle Politiche specifiche per sostenerla.
Queste politiche si debbono realizzarla mediante:
- l' orientamento delle numerose iniziative imprenditoriali ad elevata vitalità che spesso nascono senza adeguate conoscenze sui mercati in cui andranno ad operare, garantendo loro l' accesso all' attività di consulenza aziendale che segua le imprese sul piano organizzativo, tecnico e commerciale;
- la valorizzazione della propensione all' attività imprenditoriale mediante il sostegno alle imprese esistenti per favorire il loro consolidamento;
- l' incentivazione dell' accesso a servizi di elevata qualificazione da parte delle piccole e medie imprese per migliorare il loro livello di innovazione tecnologica ed organizzativa;
- interventi di animazione economica nelle aree in cui l' attività imprenditoriale non è sufficientemente sviluppata e in quelle soggette a declino industriale. Tali interventi potranno essere accompagnati da processi di riqualificazione imprenditoriale e professionale.
L' insieme di queste politiche deve essere rivolto alla qualità dell' attività di impresa in particolare in termini di formazione di una cultura imprenditoriale dell' ambiente che favorisce l' introduzione di attività non inquinanti o l' adozione di tecnologie a minor impatto ambientale.
Il sostegno all' attività imprenditoriale scaturisce, d' altro canto, anche dal realizzarsi di condizioni esterne all' impresa che ne favoriscano la localizzazione.
La Regione, a questo scopo, favorirà:
- la costituzione di consorzi e di aree industriali. A questo riguardo sarà attivata una politica di coordinamento volta a:
- agevolare la rilocalizzazione di impianti industriali e laboratori artigiani in zone sinergicamente disposte sul territorio in base alle disponibilità di infrastrutture, di impianti a rete e di energia evitando conflittualità e concorrenzialità tra diverse aree comunali contigue, elemento che in passato ha portato a spreco di risorse territoriali;
- riqualificare le aree industriali come luoghi di utilizzo molteplice;
- risolvere il problema dell' artigianato urbano, con politiche di recupero e di riqualificazione degli insediamenti destinati ai “ mestieri artigiani tradizionali ed artistici ”, anche in connessione con la politica turistica;
- creare i presupposti per un utilizzo attivo e sinergico con il territorio urbano degli spazi progressivamente abbandonati dal secondario negli “ anelli ” metropolitani.
Nell' ambito di tali azioni specifico rilievo si darà alla creazione e allo sviluppo di una “ imprenditorialità dell' ambiente ”.
Politiche per la ricerca e l' innovazione
Queste politiche devono rivolgersi a tutti i vari aspetti dell' innovazione : la ricerca, la raccolta, distribuzione e diffusione delle informazioni, l' introduzione nelle aziende.
Per quanto riguarda la ricerca la politica regionale dell' innovazione deve promuovere non solo la ricerca di tipo precompetitivo o applicata, ma anche studi ed attività che assicurino una tempestiva percezione delle trasformazioni in corso nei potenziali mercati di sbocco delle produzioni regionali.
In quest' ambito l' attività della Regione deve:
- promuovere il coordinamento dei diversi soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca per evitare possibili duplicazioni e competizioni;
- concorrere a potenziare le strutture di ricerca;
- promuovere e finanziare progetti sia di ricerca di base che applicata, in particolare che prevedano la partecipazione congiunta di imprese industriali e istituti di ricerca (laboratori universitari, CNR, ENEA, altri centri pubblici e privati);
- concorrere alla formazione di tecnici e ricercatori.
Per il raggiungimento di questi obiettivi dovrà assumere un ruolo fondamentale la costituenda società, a partecipazione regionale, per la ricerca e l' innovazione che ha come scopi principali la promozione ed il potenziamento di iniziative di ricerca per lo sviluppo dell' innovazione raccogliendo e coordinando le risorse scientifiche, organizzative e finanziarie esistenti o confluenti nel Veneto.
Per quanto riguarda la raccolta, distribuzione e diffusione delle informazioni la Regione deve:
- incentivare la conclusione di accordi di collaborazione tra le nostre università e quelle estere;
- creare banche dati in campo tecnologico;
- potenziare la funzione fieristica;
- promuovere in accordo con le imprese e le loro associazioni la diffusione delle informazioni tecnologiche, favorendo altresì l' incontro con i produttori interni di know-how;
- sostenere l' attività delle imprese di utilizzazione delle conoscenze tecnologiche acquisite adattandole alle specialità dell' impresa singola anche attraverso le strutture associative;
- intraprendere azioni volte al rafforzamento strutturale e tecnologico del settore dei “ servizi alla produzione ” (servizi di progettazione, manutenzione e gestione di impianti tecnologici al servizio del secondario, servizi immateriali del terziario avanzato destinati alla produzione);
- patrocinare e promuovere congressi scientifici a livello nazionale ed internazionale.
Infine la politica regionale deve favorire le imprese nella complessa attività di adozione dell' innovazione, attività che spesso accanto a modificazioni dell' apparato produttivo richiede un adeguamento delle modalità organizzative dell' impresa ed implica la valutazione di altre variabili strategicofinanziarie che influenzano il processo decisionale aziendale.
Dovranno essere elaborate nuove forme di sostegno finanziario all' introduzione dell' innovazione che, da un lato, sono rivolte alla riduzione del vero e proprio costo di acquisizione, ma che contemporaneamente tendono a diminuire la situazione di rischio relativa all' investimento innovativo : migliorando il rapporto fra costo addizionale che esso comporta e maggiori ricavi che ne possono derivare.
D' altro lato, ai problemi di natura finanziaria si affiancano quelli di “ appropriabilità ” dell' innovazione particolarmente incidenti sulle piccole e medie imprese, sia per quanto riguarda i requisiti tecnologici la cui applicazione richiede determinate strutture produttive, sia per quanto riguarda l' aspetto economico legato al potere di mercato delle imprese.
A questo riguardo la Regione deve promuovere interventi in grado di garantire l' “ accesso ” all' innovazione anche da parte delle piccole e medie imprese favorendo il sorgere di iniziative ad hoc (si consideri ad esempio il Centro CAD-CAM istituito dalle CCIA in provincia di Treviso).
Per contro l' appropriabilità dell' innovazione è strettamente connessa al grado di “ monopolio ” esercitabile sulla stessa, limitando al massimo la realizzazione di strategie innovative, ed alla capacità dell' impresa di svilupparla autonomamente.
E' chiaro che le piccole e le medie imprese non hanno la capacità tecnica ed economica necessaria ; in questo senso la politica regionale favorirà la nascita di strutture associative di imprese al cui interno le innovazioni acquisite possano essere industrialmente sviluppate ed approfondite dai diversi settori tecnologici.
Politiche di organizzazione delle condizioni esterne
Queste politiche devono contribuire a creare un retroterra di riferimento all' azione industriale che ne favorisca la capacità innovativa e di crescita. Il settore pubblico deve operare con azioni rivolte ad ottimizzare le funzioni regionali, garantendo alle imprese di operare in un ambiente ottimale dando condizioni di certezza per il rispetto degli adempimenti previsti dalle norme sulla tutela ambientale.
La Regione dovrà, inoltre, potenziare la rete infrastrutturale in modo da permettere alle imprese di ottenere economie esterne : sviluppando la rete di collegamento stradale, il sistema dei trasporti pubblici, le comunicazioni ferroviarie ad alta velocità e quelle idroviarie, il sistema degli aeroporti regionali, le reti telematiche e i centri per videoconferenze.
Politiche di internazionalizzazione
Il sistema produttivo veneto ha progressivamente aumentato il proprio grado di apertura rispetto ai mercati internazionali portando ad un livello superiore a quello medio nazionale la quota di beni e servizi esportati in rapporto a quelli prodotti.
La “ componente ” estera è quindi uno dei fattori determinanti dello sviluppo produttivo veneto, che dipende pertanto non solo dall' andamento dell' economia italiana ma anche da quello dei paesi che costituiscono i mercati di sbocco.
Il peso notevole della “ componente ” estera rende indispensabile una attenzione particolare della Regione, anche in considerazione della tipologia dell' impresa esportatrice che è generalmente medio-piccola. Inoltre lo sviluppo dell' export è avvenuto più per incremento del numero di aziende esportatrici che per allargamento del giro di affari di quelle già operanti.
Pertanto, anche se gli operatori veneti hanno dimostrato una grande capacità di adattamento e di penetrazione nei mercati esteri evidenziando una perfetta percezione delle caratteristiche della domanda estera, non vanno dimenticate le caratteristiche strutturali del settore.
In una situazione internazionale dove sempre più rilevanti sono i processi di concentrazione e di collegamento tra imprese e dove le tecniche di vendita si basano su metodi sempre più complessi e soffisticati, devono essere ben definiti i tipi di supporto da assicurare all' economia veneta per il consolidamento ed il potenziamento delle proprie posizioni nei mercati esteri.
Un ulteriore obiettivo del PRS è quello di fornire direttive sulle modalità di lavoro e di collaborazione dei diversi enti pubblici che si occupano di commercio estero in sede regionale : Regione ed enti strumentali, CCIAA ed organismi associativi, enti fieristici, allo scopo di conferire maggiore produttività e coerenza all' apparato pubblico, superando duplicazioni ed inefficienze che indubbiamente si sono verificate. Non va dimenticato che tali enti sono disciplinati da ordinamenti amministrativi autonomi e diversi che devono rispondere ad organi di governo ed autorità di vigilanza di livello e tipo molto diversificato per cui lùnico mezzo effettivo di coordinamento è l' accordo convenzionale, nell' intesa che questo consenta a ciascun ente di raggiungere gli scopi istituzionali e di muoversi all' interno del proprio ordinamento.
In proposito, va confermata l' attività del Comitato di Coordinamento costituito fra la Regione e il Centro estero delle CCIAA in materia di commercio estero proseguendo la collaborazione nella impostazione delle politiche di intervento, compresi i rapporti con le istituzioni nazionali, in particolare l' ICE, e con gli organismi locali. L' Osservatorio per il commercio estero, dovrà essere uno degli strumenti di attuazione della collaborazione permettendo altres+ un raccordo tra le iniziative degli enti regionali e subregionali e dando profondità e supporto finanziario alle politiche di inserimento e di consolidamento sui mercati esteri. Le materie di coordinamento dovranno riguardare non solo i settori produttivi, primario e secondario, ma anche le attività terziarie e, per aspetti generali e di coordinamento anche il turismo e la cultura, dato che tali attività, pur con tecniche e finalità diverse, costituiscono un continuo punto di riferimento e di richiamo del Veneto con il mondo internazionale. Ne risulterà potenziata la strategia di azione e, in modo non secondario, l' operatività concreta, specialmente se agli impegni di coordinamento farà seguito uno sforzo di preparazione e organizzazione degli addetti alle attuazioni in un quadro unitario.
L' azione regionale deve inoltre dirigersi in sede governativa al fine di ottenere una regolamentazione corretta e funzionale delle istruttorie delle richieste di intesa governativa di attività all' estero presentate dalle Regioni ai sensi dell' art. 4 del DPR 616/1977. Tale regolamentazione dovrà consentire l' attuazione della norma e dare contenuti reali sia alla funzione di indirizzo e di coordinamento del Ministero per il Commercio estero sia all' apporto delle Regioni, con vantaggio evidente per gli operatori che hanno più volte lamentato la difficile concretizzazione dei programmi regionali. Uno sviluppo di detta azione dovrà essere la rappresentanza, da parte della Regione, delle esigenze del Veneto sia in sede di impostazione che di attuazione di programmi nazionali.
Per quanto concerne le materie di competenza regionale, per le quali la capacità dell' ente si estende all' azione diretta sulle imprese, devono essere stabilite ed articolate iniziative di sostegno della base produttiva, tenendo conto di quanto già impostato dalla legislazione regionale vigente e in particolare da quella relativa alle misure a favore delle forme associative.
La scadenza del 1992 pone già da ora alle piccole imprese problemi di adeguamento agli standard della concorrenza europea, prioritariamente in tema di strategie di mercato e di rafforzamento dell' offerta. In merito, devono essere affrontati alcuni punti nodali che consistono nell' esercizio delle funzioni di marketing e di vendita. In questa attività va individuato il ruolo da assegnare alle strutture associative - spesso consorzi o società consortili - sia nell' espletamento di compiti di informazione e fusione dell' innovazione tecnologica che di orientamento sui mercati.
Tali linee programmatiche devono interessare tutti i settori produttivi con particolare riguardo a quei comparti intersettoriali (agricoltura - industria - servizi) dove sempre più sembrano localizzarsi innovative possibilità di azione.
La complessità e la strategica importanza del settore, le difficoltà da parte di tutti di individuare con precisione i ruoli da assegnare ai vari soggetti interessati (pubblici e privati), l' intersettorialità del problema “ internazionalizzazione ”, richiedono approfondimenti e puntuale specificazione degli interventi. Il PRS prevede pertanto per queste tematiche un apposito progetto.
Politiche del credito
La Regione non ha competenze in materia di politica del credito. Essa può comunque operare per facilitare il raccordo fra gli interventi destinati a sostenere i processi di trasformazione del sistema delle imprese e le necessità finanziarie che questo processo comporta.
A questo fine la Regione, direttamente tramite la finanziaria Veneto Sviluppo, ed indirettamente con gli istituti di credito (per categorie omogenee), gli altri intermediari finanziari e i raggruppamenti di interesse economico degli imprenditori (sistema dei confidi e delle cooperative di garanzia), sviluppa una azione tesa a:
- individuare gli strumenti necessari per affrontare le nuove esigenze finanziarie delle imprese, sempre più legate alla necessità di finanziare investimenti “ tecnologici ”, caratterizzati da un costo elevato e da una durata minore, ed investimenti “ immateriali ” (investimenti nella formazione del personale, nella ricerca e nella razionalizzazione organizzativa e commerciale);
- individuare e sostenere i canali di collegamento più efficaci fra le imprese ed i fornitori di servizi finanziari;
- promuovere la realizzazione di un mercato finanziario in grado di trattenere il risparmio che si forma nella regione e che attualmente fluisce in gran parte verso centri decisionali esterni. In questo contesto va riesaminato il ruolo delle borse locali.
8.1.3 Energia
Nel paragrafo 5.2.2 è stata ricordata la correlazione esistente tra incremento del PIL e incremento degli sversamenti inquinanti : questa relazione, a sua volta, dipende anche (in maniera significativa) dall' apporto inquinante della produzione di energia la quale al momento attuale proviene per il 70% circa da impianti termoelettrici alimentati da combustibili fossili.
Poichè si intende coniugare sviluppo e tutela dell' ambiente la maggior richiesta di energia indotta dall' espansione dell' attività economica (nonchè dai crescenti livelli di consumo civili) dovrà trovare riscontro in politiche adeguate sia dal lato della domanda sia da quello dell' offerta.
Le vie da perseguire dovranno quindi puntare sia sul risparmio energetico come elemento innovativo del sistema economico, sia sulla produzione dell' energia necessaria mediante processi meno inquinanti degli attuali.
Si sottolinea che entrambe le politiche sopra delineate si fondano sulla diffusione di tecnologie innovative (e proprio per sottolineare questo aspetto il tema energetico viene inserito nel “ fattore innovazione ”) rilevanti dal punto di vista sia del sistema economico sia della qualità della vita.
Queste considerazioni sono del tutto coerenti con il Piano Energetico Nazionale (PEN) recentemente approvato dal Governo. Le linee del nuovo PEN si sviluppano infatti su due direttrici:
- il superamento dell' anomala condizione di vulnerabilità energetica del Paese;
- la preoccupazione per il crescente degrado ambientale.
Il superamento di questa vulnerabilità, alla luce delle scelte energetiche del Paese, può realizzarsi solo attraverso la diversificazione delle fonti.
Queste scelte, per il settore elettrico che attualmente dipende per il 60% da prodotti petroliferi si realizzano con la trasformazione in policombustibile di alcune centrali ad olio esistenti, con la costruzione di nuove centrali policombustibili, alla massima valorizzazione delle fonti rinnovabili (idroelettrica e geotermoelettrica) e ponendo una forte attenzione nei riguardi del risparmio energetico.
Contemporaneamente all' obiettivo dell' autonomia energetica del Paese il PEN coglie in modo decisamente “ forte ” anche le problematiche relative all' impatto sul territorio e sull' ambiente dell' attività di produzione energetica. L' esigenza di salvaguardia ambientale porta cos+ a delineare un' ampia strategia di trasformazione degli impianti valorizzando le nuove tecnologie finalizzate al minimo impatto ambientale.
Si ricorda comunque che la Regione, al fine di disporre di un quadro differenziale ben definito della situazione attuale e prospettica del Veneto in campo energetico, ha affidato all' IRSEV e alle strutture regionali competenti la predisposizione di un “ Progetto Energia ” coordinato da un apposito Comitato Regionale per l' Energia (CRE).
I temi emergenti per il Veneto
Prescindendo dalla gestione della “ vulnerabilità ” energetica (realisticamente possibile solo a livello nazionale, anche se con il contributo delle singole Regioni) il Veneto, come comunità e come istituzione regionale, è interessato prevalentemente ai problemi dell' impatto ambientale delle centrali elettriche (quelle esistenti e le eventuali nuove), nonchè a quelli del risparmio energetico e alle nuove tecnologie e forme organizzative ad esso connesse.
La produzione elettrica nel Veneto :
nel Veneto il fabbisogno elettrico è soddisfatto da impianti idroelettrici con una capacità di producibilità annua di circa 3 miliardi di Kwh e da impianti termoelettrici aventi una producibilità di circa 21 miliardi di Kwh.
La produzione termoelettrica è concentrata nei complessi di Fusina e Porto Tolle, mentre gran parte degli impianti idroelettrici interessano il territorio della provincia di Belluno.
I gruppi termoelettrici policombustibili di Fusina, costruiti negli anni’ 60 e’ 70, anche se in ottimo stato di manutenzione, portano i limiti di una tecnologia datata. Le attuali esigenze di riduzione delle emissioni inquinanti richiedono alcuni necessari interventi di adeguamento strutturale per l' abbattimento praticamente totale delle polveri, dell' anidride solforosa e degli ossidi di azoto.
Anche la centrale di Porto Tolle, composta da 4 gruppi termici da 600 mila Kwh alimentati ad olio combustibile risente l' esigenza di alcuni interventi per un ulteriore miglioramento che porti alla riduzione del suo carico inquinante da realizzarsi in tempi brevi. La drastica riduzione delle emissioni di anidride solforosa dei fumi, come tutte le modifiche impiantistiche tendenti alla riduzione degli ossidi di azoto, vanno programmate con scadenze compatibili con le esigenze della rete veneta e nazionale. Fin da ora comunque la riduzione delle emissioni solforose debbono realizzarsi con lùtilizzo di combustibili a basso tenore di zolfo (BTZ).
Il complesso degli impianti idroelettrici del Veneto ha una notevole importanza strategica perchè costituisce lùnica fonte energetica interna. Secondo gli orientamenti del PEN a questo settore vanno indirizzati interventi di:
- miglioramento tecnico alle centrali, per massimizzare l' efficienza degli impianti ed il rendimento delle macchine;
- pulizia dei bacini per ripristinare i volumi d' invaso originari e recuperare in producibilità;
- manutenzione e monitoraggio delle opere idrauliche per garantire la sicurezza degli impianti stessi.
Nuovi impianti di produzione :
lo scenario di sviluppo, cui il piano è finalizzato per garantire la piena occupazione e una recuperata qualità della vita, ipotizza tassi d' incremento del PIL regionale da oggi al 2000 relativamente elevati.
Questo scenario comunque esclude modifiche al modello socio economico veneto cos+ radicali da comportare cambiamenti profondi nei consumi e nelle abitudini di vita. Vista la stretta connessione tra modello socioeconomico e domanda elettrica è ipotizzabile per il 2000 una richiesta elettrica complessiva regionale stimata almeno a 30 miliardi di Kwh.
L' energia elettrica assume particolare rilievo nei prossimi anni poichè il suo uso conoscerà il più forte incremento tra le fonti disponibili al consumo. Tale incremento sarà conseguente sia agli effetti sul sistema economico dell' incremento del PIL che alla tendenza dell' energia elettrica a sostituirsi alle altre fonti energetiche.
Il rispetto delle indicazioni del PEN in ordine all' equilibrio territoriale tra domanda ed offerta elettrica per ottimizzare l' efficienza delle reti e limitare le perdite da trasporto, comporta l' adeguamento del parco di produzione il più vicino possibile a dove cresce la domanda. Questo per la Regione Veneto, che oggi dispone di un parco centrali in grado di produrre non più di 24 miliardi di Kwh, significa programmare da oggi al 2000 nuovi impianti per una potenza complessiva di 1.200.000 Kwh, in grado quindi di assicurare la produzione mancante di 6-8 miliardi di Kwh.
Massima attenzione deve essere riservata anche allo sviluppo dell' autoproduzione di energia connessa allùtilizzo delle piccole risorse idroelettriche (compreso il recupero delle risorse idrauliche non utilizzate) ed alla cogenerazione con lùtilizzo di combustibili non tradizionali.
Alle fonti alternative quali quelle fotovoltaica ed eolica dovrà essere dato spazio nelle situazioni territoriali particolarmente vocate.
La strategia per la copertura dei nuovi fabbisogni elettrici richiede una ampia apertura all' innovazione tecnologica e la scelta di tipi e taglie di impianti diverse per ridurre al minimo l' impatto ambientale e socioeconomico. La scelta dei nuovi impianti, come già detto dovrà essere del tipo policombustibile, in piena coerenza col PEN.
Anche per quanto riguarda Porto Tolle la questione deve essere affrontata nella logica del PEN, sia in termini di caratteristiche tecnologiche che di taglia dei nuovi impianti.
La nuova potenza si rende necessaria anche per la sostituzione di impianti, che per ragioni ecologiche ed economiche usciranno dalla produzione nei prossimi anni. Questa nuova potenza dovrà essere localizzata, in tempi appositamente graduati, in un nuovo impianto con unità da 600 mila Kwh o da 300 mila Kwh secondo esigenze di equilibrio degli impianti di produzione elettrica nel territorio Veneto, che verranno definite nel già citato e già avviato “ Progetto energia ”.
Il settore idroelettrico con la realizzazione dei nuovi impianti programmati dall' Enel nel bellunese (potenza complessiva 70 mila Kwh) può incrementare il peso delle fonti rinnovabili regionali.
Poichè le reti di trasmissione, le stazioni di trasformazione, le reti di distribuzione elettrica assolvono la funzione di garantire l' alimentazione dai centri di produzione allùtenza, ad esse dovrà essere rivolta una particolare attenzione al fine di garantire le esigenze di un razionale sviluppo rispetto ai bisogni del territorio. In particolare la Regione, nella salvaguardia dell' obiettivo primario della minimizzazione dell' impatto ambientale, intende favorire lo sviluppo della rete a 380 KV che ha una capacità di trasporto molto elevato per unità di territorio interessato.
Il risparmio energetico :
in termini generalissimi il risparmio energetico consiste nel miglioramento dei rendimenti sia in senso passivo (ridurre la dispersione del calore nei processi di riscaldamento) sia in senso attivo (migliorare i rendimenti delle macchine termiche ed elettriche). La Regione è già significativamente impegnata nel risparmio “ passivo ” - ed intende ulteriormente impegnarsi, mentre quello attivo - su cui pure la Regione è impegnata - dipende in larga parte dal progresso della tecnologia e dalla normativa di carattere nazionale.
Sottolineare l' importanza del risparmio di fonti primarie significa richiamare l' attenzione sulle “ tecnologie pulite ” il che equivale all' intensificazione di fonti rinnovabili quali idrica, solare, fotovoltaica, eolica e biomasse. In particolare lo sfruttamento della energia idrica, solare, fotovoltaica ed eolica non comporta la produzione ed il rilascio di inquinanti all' atmosfera.
Inoltre il settore elettrico, per il suo ruolo strategico e per la sua forma organizzativa, si presta alla adozione sperimentale di numerose innovazioni tecnologiche, costituendo così un presupposto indispensabile per le applicazioni successive di queste su larga scala a tutti i settori energetici e quindi al trasferimento anche verso tutto il sistema produttivo.
Restringendo l' attenzione al settore termoelettrico, accanto ai nuovi impianti policombustibili sollecitati dal nuovo PEN, la Regione intende promuovere organici rapporti con l' ENEL, gli Enti locali, le Aziende Municipalizzate e i privati autoproduttori al fine di favorire particolarmente:
- lo sviluppo del teleriscaldamento, la costruzione di impianti sperimentali a tecnologie emergenti (gasificazione del carbone, utilizzazione di biomasse, combustibile derivato dai rifiuti (RDF), cogenerazione, teleriscaldamento);
- l' utilizzazione del calore residuo delle centrali termoelettriche per l' acquacoltura e l' agritermia.
Deve comunque essere chiaro che le tecnologie e le forme organizzative risparmiatrici di energia convergono, direttamente e indirettamente, anche all' altro parallelo obiettivo della riduzione dell' impatto ambientale. Ovviamente molte speranze in proposito sono basate sugli sviluppi della fusione nucleare sui quali sono impegnati anche l' Università di Padova e il CNR.
8.1.4. Commercio
Gli aspetti innovativi sono particolarmente evidenti nel settore del commercio : si sono venute modificando le tipologie e le dimensioni degli esercizi di vendita, le scelte localizzative, i rapporti tra il cosiddetto “ dettaglio moderno ” ed il tradizionale, le forme di gestione e di integrazione economica.
Le modifiche non sono limitate al dettaglio moderno, interessano anche il tradizionale, nel quale si sono avuti investimenti complessivamente cospicui per ristrutturazioni e adeguamenti, volti all' incremento della produttività o alla specializzazione ; alla dinamica del settore partecipa ampiamente l' ambulantato, sempre più indirizzato verso forme imprenditoriali. E' un' evoluzione che interessa l' intero territorio nazionale, ma che si è manifestata con particolare rilievo nella nostra regione.
Infatti tutti i parametri più significativi indicano come la rete distributiva regionale si sia attestata sulle migliori posizioni, a livello nazionale ; in particolare, il Veneto è arrivato a primeggiare per la presenza del dettaglio moderno, realizzato anche secondo il modello più avanzato, quello del centro commerciale e del centro commerciale integrato. La Regione ha contribuito a tale positiva situazione con la propria programmazione, che ha individuato le principali linee di sviluppo del settore e ne ha regolato e graduato la crescita ; il risultato più importante è stato che alla diffusione del dettaglio moderno hanno ampiamente partecipato gli operatori esistenti.
Negli anni 84-85, tuttavia, l' evoluzione ha assunto un ritmo più accentuato, a fronte del quale parte dei contenuti del piano regionale esistente si è rivelata inadeguata : a questa nuova fase la Regione deve dare risposta attraverso un diverso sistema di programmazione, più articolato, sostituendo il livello regionale con quello sub-regionale ; tale sistema, in parte già iniziato, è in corso di elaborazione.
Fondamento dei piani sub-regionali deve essere uno specifico e puntuale legame con le caratteristiche del territorio ; il riferimento non è soltanto alle caratteristiche settoriali ma anche ai diversi aspetti che definiscono e qualificano l' area oggetto di pianificazione. Debbono essere quindi considerati sia gli aspetti funzionali (sistemi infrastrutturali, produttivi, insediativi) sia quelli sociali (popolazione, abitudine di consumo, grado di mobilità).
Il modello di rete definito dai piani sub-regionali deve inoltre fare proprio il disegno di assetto territoriale definito dallo stesso P.R.S. nel capitolo dedicato al “ Fattore Ambiente ” e dalle analisi per la formazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento. Infatti le scelte tipologiche e localizzative dei maggiori insediamenti commerciali, dotati di elevato potere agglomerante, possono contribuire alla effettiva realizzazione degli obiettivi di ordine territoriale sopra richiamati ; ciò vale in modo particolare per quelli relativi alla “ città ” - dalla valorizzazione dei nuclei centrali alla riqualificazione delle periferie - e alla integrazione e diversificazione del sistema insediativo regionale.
Sotto il profilo più strettamente settoriale, la programmazione sub-regionale deve far prevalere la trasformazione dell' esistente, in particolare verso sistemi di servizi integrati, con vantaggi per lùtente oltre che per gli stessi operatori.
Tali sistemi di servizi integrati potranno inoltre connettersi ed integrarsi con obiettivi individuati per altri settori, in particolare quelli produttivi e del turismo.
Più analiticamente, i piani sub-regionali debbono:
1. fornire un quadro dettagliato delle localizzazioni ammissibili o da privilegiare - partendo da un' analisi del sistema infrastrutturale, insediativo e delle attrezzature esistenti;
2. definire un complesso articolato di azioni che la crescita imprenditoriale e la diffusione di più avanzati sistemi distributivi ad iniziativa degli attuali operatori;
3. contenere direttive per la formazione dei piani commerciali comunali tali da consentire una specializzazione dei ruoli del dettaglio tradizionale e del dettaglio moderno in particolare in relazione agli interventi per i centri storici e per la riqualificazione delle periferie.
Il disegno così delineato non può trovare la sua definizione solo in virtù degli strumenti di programmazione ; in particolare l' obiettivo di ottenere che lo sviluppo del settore avvenga soprattutto ad opera degli attuali operatori richiede interventi di qualificazione, indirizzo e sostegno della struttura esistente.
Le esperienze già maturate, l' esistenza di cooperative e consorzi di garanzia, la vigenza di una legge statale (legge 14 ottobre 1975, n.517) per il credito agevolato consentono di impostare i provvedimenti regionali come integrazione o sostegno di altri interventi di incentivazione.
Un altro efficace strumento per l' evoluzione dell' esistente è costituito dalla formazione e dall' aggiornamento professionale e dall' assistenza tecnica : al riguardo dovranno essere definiti sistemi e modalità di intervento corrispondenti a reali esigenze innovative.
Il sistema normativo, programmatorio e di sostegno alla trasformazione, dovrà essere esteso anche all' ambulantato, ai pubblici esercizi, alle rivendite di gionali e riviste, secondo logiche coerenti con quelle sopra definite.
Un settore a parte è costituito dai mercati all' ingrosso ; anche qui la spinta all' innovazione già è presente, con il nuovo mercato di Padova, il progetto di Verona e le iniziative di trasformazione di Vicenza, per ricordare le più avanzate. In questo settore la Regione opererà sia direttamente, sia attivandosi perchè strutture mercantili regionali possano beneficiare degli stanziamenti della legge finanziaria statale del 1986. Al riguardo è necessario anche un aggiornamento del “ Piano regionale dei mercati ” attualmente vigente.
8.1.5 Turismo
Il turismo, per le sue risultanze economiche e per la rilevanza del suo assetto organizzativo anche in termini occupazionali, si conferma anche in prospettiva uno dei principali settori produttivi della Regione. Un settore atto a sviluppare fra l' altro sinergie di grande significato per la sua capacità di interagire con le altre attività economiche esprimendo rilevanti quote autonome di mercato sia per i beni sia per i servizi.
Nel Veneto confluiscono un quinto dei flussi turistici internazionali del paese che si distribuiscono su una vasta gamma di tipologie (lacuale, montana, balneare, termale, dei centri storici).
Le potenzialità della regione, sotto il profilo del patrimonio naturale, artistico, culturale costituiscono l' elemento fondamentale della capacità di attrazione turistica.
Tuttavia l' esperienza degli ultimi anni dimostra che, almeno in alcuni casi, le risorse naturali o storiche non rinnovabili che attraggono il turismo sono sottoposte a pressione eccessiva che produce effetti di congestione con l' addossamento di costi diretti e indiretti sugli stessi turisti o sulle comunità che li accolgono. Ne risulta l' esigenza sempre più urgente di una più attenta gestione delle risorse turistiche non rinnovabili oltre che di un adeguamento dell' offerta di strutture rinnovabili alle nuove esigenze del turismo nazionale e internazionale.
Al fine di favorirne uno sviluppo coerente è perciò indispensabile formulare un piano coordinato di azioni. Si dovranno, in primo luogo, stabilire alcune aree di intersezione con le attività programmatorie relative:
- alle scelte in materia di ambiente e paesaggio, nonchè di tutela delle risorse naturali;
- all' azione di recupero e conservazione del patrimonio artistico;
- alla conservazione delle tradizioni nelle quali si riassumono i valori storici ed etici delle popolazioni venete;
- alla promozione dei prodotti industriali, artigianali e agricoli tipici dell' area veneta;
- alla diffusione e modernizzazione delle strutture distributive di beni e servizi;
- alla tutela dei centri storici, degli insediamenti in aree montane e alla pianificazione delle “ città costiere ”;
- alle scelte in materia di trasporti sia dal punto di vista della programmazione globale, sia sotto il profilo della pianificazione di specifici comparti (vedi ad esempio la portualità turistica di Venezia e la portualità minore per la nautica da diporto).
Coerentemente con l' insieme dei vincoli di natura socio-economica ed ambientale, gli interventi settoriali andranno valutati rispetto all' ottimizzazione dell' apporto economico di lungo periodo del settore. A tal fine possono essere individuati i seguenti obiettivi:
1) conservazione e manutenzione del patrimonio ambientale e storico-artistico della regione anche in quanto attrattori turistici non rinnovabili;
2) crescita del rapporto valore aggiunto/giornate realizzato attraverso la qualificazione della ricettività, la diversificazione dei servizi e, in generale, dei beni offerti al turista;
3) consolidamento ed espansione delle attuali quote di mercato;
4) riduzione della “ stagionalità ” delle prestazioni turistiche e parallelo aumento del grado di utilizzo del capitale investito.
Le politiche
Allo scopo di definire un insieme di interventi coerenti risulta necessario procedere ad una serie di analisi preliminari in materia di:
- identificazione e catalogazione ai fini turistici:
- del capitale storico, artistico, culturale e ambientale;
- del patrimonio infrastrutturale (vie e mezzi di comunicazione, sistema dei servizi terziari e di assistenza);
- della capacità turistico-ricettiva (comprese le seconde case e le strutture e infrastrutture turistiche come stabilimenti balneari, piste da sci, strutture di completamento);
- funzionamento delle istituzioni turistiche regionali;
- valutazione della legislazione turistica nazionale e regionale;
- valutazione dei costi economici (relativi p. es. alla viabilità, al costo dei trasporti, ai costi di gestione), sociali (p. es. congestione dei servizi nelle aree urbane) ed ambientali connessi all' attività turistica;
- individuazione delle modalità di generazione dei flussi turistici (promozione, stampa, pubblicità, tours operators).
Questo patrimonio informativo - costantemente aggiornato - dovrà costituire la base conoscitiva di supporto alla definizione di azioni coerenti capaci di massimizzare gli effetti economici, di evitare gli sprechi e le duplicazioni, di contribuire all' indirizzo degli atti programmatori.
Una migliore conoscenza dei modi in cui si è formata la domanda turistica permetterà di orientare meglio l' azione regionale indirizzando la promozione o verso il largo pubblico (per il bacino di utenza con tempi di trasferimento limitati e che può autorganizzarsi) o verso gli operatori professionali.
Su questa base dovranno essere promosse le attività volte a favorire la crescita della domanda turistica in modi compatibili con l' evoluzione dell' offerta. Sempre in questa logica va attivata una rete informativa telematica (vedi progetto informatica e telematica) diversificata e specializzata secondo l' utenza (professionale o privata) che diffonda, anche all' estero, le caratteristiche, le condizioni e la usufruibilità del patrimonio del Veneto, rilevante anche ai fini turistici.
Il successo del settore turistico in futuro sarà giocato soprattutto nella capacità di qualificare e diversificare l' offerta di servizi ed attrazioni turistiche e ciò sia con riferimento all' aumento degli arrivi che delle presenze ed in particolare per la diminuzione delle stagionalità. Il patrimonio ambientale e storico artistico regionale è tale da rendere possibile una decisa azione in tal senso.
E' necessario considerare però il comparto come un sistema unitario pur articolato nei peculiari sottosistemi (balneare, montano) cogliendo quindi tutte le possibilità di mutua integrazione arrivando alla individuazione di “ pacchetti di offerta turistica ” che soddisfino larghe fasce di domanda e che siano facilmente “ vendibili ” (facilità di percezione del prodotto offerto e del suo prezzo).
A tal fine l' azione regionale dovrà essere rivolta innanzitutto alla tutela delle risorse ambientali usufruite dal settore turistico. E' un' azione che vale in generale o che la Regione già persegue ma che deve essere particolarmente indirizzata.
Nelle località turistiche ma in particolare nei centri balneari dovrà essere avviata rapidamente una politica urbanistica e del territorio che riqualifichi il tessuto insediativo esistente, in taluni casi anche con interventi radicali, in modo da renderla adeguata ad una nuova domanda più esigente e più qualificata.
Per i centri storici, soprattutto per quello di Venezia, dove ormai sono evidenti fenomeni di degrado anche fisico, dovrà essere impostata l' organizzazione dell' uso turistico della città controllandone l' impatto sulle varie funzioni urbane e determinando i termini delle compatibilità nell' uso alternativo delle risorse.
Il recupero e l' utilizzo del patrimonio storico artistico (centri storici, centri storici minori, ville, musei, comprensori archeologici) può garantire un “ continum ” di occasioni di ricreazione, di studio e di ricettività da utilizzare in specifici circuiti od in combinazione ed integrazione con altre tipologie di vacanze al cui interno potranno anche collocarsi manifestazioni culturali, folcloristiche e di altro genere.
Le organizzazioni turistiche che le promuovono e le organizzano dovranno coordinarsi in modo preciso anche in riferimento alle necessità di formare “ pacchetti integrati ” di offerta da presentare alla promozione nazionale ed estera.
Le politiche suddette non devono trascurare il turismo di durata giornaliera e di week-end che si origina nell' ambito regionale e nelle altre aree contermini (comprese le aree meridionali, di Austria, Germania e Svizzera). Questa componente dovrebbe favorire anche una migliore distribuzione territoriale della presenza turistica incentivando la fruizione di risorse in zone fino ad ora scarsamente conosciute (vedi ad es. il Delta Padano, l' area Pedemontana). In queste aree dovranno perciò essere progettate e, dove esistenti, potenziate:
- aree ed impianti per il tempo libero (zone di pregio paesaggistico attrezzate per la ricreazione e lo svago, pesca sportiva, riserve faunistiche, attrezzature sportive);
- produzioni di nuove forme di ricettività (agriturismo, vacanze “ en plein-air ”, turismo sociale).
In questa articolata azione regionale, un ruolo significativo dovrà essere svolto dall' offerta di ricettività:
- potenziando e qualificando le strutture esistenti (anche in termini di riconversione tipologica), in modo da garantire un sistema ricettivo adeguato agli standard internazionali;
- garantendo elevati livelli di professionalità manageriale e di servizio;
- offrendo un insieme di servizi individuali garantiti in quantità, qualità, prezzi.
In ogni caso, data l' importanza economica del turismo e la molteplicità dei fattori coinvolti, è necessario predisporre uno specifico piano di settore che ne approfondisca in modo organico le conoscenze e individui lo scenario futuro di sviluppo del turismo nazionale e internazionale e la quota di partecipazione del Veneto in modo da definire organiche e strategiche azioni per un consolidamento e sviluppo dell' economia turistica.
Le politiche individuate dovranno anche definire i livelli di integrazione dei vari altri strumenti di pianificazione già predisposti (piano neve, piano escursionismo, piano portualità minore) individuando linee di potenziamento del sistema di infrastrutture.
Il piano dovrà anche riconsiderare l' attuale organizzazione delle APT che dovranno essere valutate oltre che sul piano della effettiva necessità di dar vita ad un' attività di promozione anche sulla capacità di autogovernarsi secondo principi di equilibrio economico e di gestione.Ove occorre, si dovrà conseguentemente rivedere la L.R. 28/85 riconsiderando numerosità delle APT e ambiti territoriali anche al fine di evitare duplicazioni di funzioni e competenze.
Parallelamente a ciò va completata un' azione di regolamentazione nel settore delle professioni turistiche ad elevato contenuto professionale e dovranno essere intraprese iniziative per il sostegno dell' associazionismo per l' autogestione del turismo sociale.
Gli approfondimenti tecnico-scientifici necessari alla risoluzione delle complesse problematiche potranno essere affrontati nell' ambito di un Centro veneto per gli studi turistici da organizzarsi nel contesto della “ S.p.A. per l' Innovazione ” ( L.R. 6 settembre 1988, n. 45 ).
8.2 L' innovazione nel sistema istituzionale
La macchina della Regione
1. Premessa.
Il soddisfacente andamento della “ macchina ” della Regione, sia pure nella sua natura strumentale è una condizione essenziale per il funzionamento dell' istituzione. Le Regioni, come noto, possono essere considerate ancora molto giovani e i 15-20 anni trascorsi dalla loro istituzione possono chiudere una prima fase organizzativa e comportare l' apertura di un nuovo ciclo.
L' approccio tradizionale a questa tematica è quello della contrattazione sul trattamento economico, sul riordino delle carriere, sulle leggi di organizzazione e quant' altro connesso. In questa sede non si intende minimamente ripercorrere questo stanco iter ma si propongono e si sottolineano alcuni - pochi - criteri fondamentali che dovranno essere progressivamente introdotti nell' ordinamento regionale. Si tratta fondamentalmente di alcuni criteri che saranno di seguito brevemente sottolineati.
2. Il ricorso al principio della delega.
Su questa via il Veneto ha percorso un non insignificante cammino. Alcune deleghe (come, ad esempio, l' affidamento di poteri urbanistici alle province) sono in verità di ampio respiro. necessario procedere oltre trasferendo ai livelli decentrati di governo (Province, Comuni, Comunità Montane) quanto più possibile dell' azione a carattere gestionale ridando invece pieno vigore alle responsabilità della Regione nel momento del coordinamento e della programmazione.
3. Decentramento amministrativo.
E' questa una linea fondamentale lungo la quale, già in questa legislatura, devono essere assunte alcune iniziative concrete. Questo criterio presenta una duplice valenza : da un lato comporta uno snellimento del meccanismo decisionale operativo interno all' amministrazione ; dall' altro, significa un avvicinamento della Regione all' utente e più in generale al cittadino. In quest' ultimo senso particolare rilievo deve essere dato all' istituzione degli uffici regionali per l' informazione, da istituirsi in ogni capoluogo di provincia, al fine di evitare inutili spostamenti a Venezia per l' espletamento di pratiche burocratiche per motivi anche di lieve momento.
4. Riordino legislativo.
Anche in questo caso si tratta di cogliere una duplice valenza. Si tratta infatti, da un lato, di ricorrere in via normale alla creazione di “ testi unici ”, nelle diverse materie di competenza regionale (procedendo poi naturalmente, al loro continuo aggiornamento) ; dall' altro si tratta di cogliere l' occasione “ tecnica ” di formazione del testo unico per un riordino di tipo procedurale e contenutistico delle diverse leggi regionali, avendo soprattutto riguardo all' efficacia dei diversi provvedimenti. In questa azione si dovrà anche procedere ad una definizione del sistema dei “ piani ” di settore, accorpando i molti strumenti vigenti secondo linee tematiche (cfr. pag. 2.2).
5. Enti strumentali dipendenti.
Nel corso del tempo la Regione ha dato vita ad un certo numero di organismi che, prescindendo dalle distinzioni giuridiche, hanno natura di “ braccia secolari ” della Regione. Ciascuno di questi enti (Azienda delle foreste, Esav, Irsev, Veneto Sviluppo SPA e altri) è stato a suo tempo costituito al fine di disporre di meccanismi operativi capaci di incidere sulla realtà con particolare efficacia e in tempi più brevi della “ macchina ” centrale. Si era consapevoli che la costruzione di questi organismi avrebbe comportato dei costi, ma si riteneva che questi costi sarebbero stati largamente superati dai risultati. Oggi, anche in relazione - ma certamente non solo - alle note ristrettezze in cui versano i bilanci regionali, è giunto il momento di verificare con rigore se le speranze che erano alla base di questi enti strumentali dipendenti si sono realizzate oppure no. Per ciascuno di questi enti si dovrà pertanto verificare se siano necessarie ristrutturazioni anche profonde o si debba - al limite - arrivare alla soppressione. Alcune indicazioni in merito sono già state date nei diversi capitoli di questo programma.
6. Parco progetti e nuclei di valutazione.
La necessità di cogliere nel modo migliore le opportunità offerte dal FIO (Fondo Investimenti e Occupazione) e successivamente quelle che via via si sono presentate a seguito dei vari provvedimenti di finanza straordinaria, ha portato alla formazione di un consistente numero di progetti definiti anche negli aspetti ingegneristici e caratterizzati da una sostanziale immediata esecutibilità.
Questo nuovo modo di procedere ha interessato progressivamente tutti i soggetti pubblici regionali portando il valore complessivo dei progetti presentati a diverse migliaia di miliardi.
Come è facile intuire questo processo spontaneo si è sviluppato non sempre secondo linee di programmazione. Infatti se si può dire che i progetti quasi sempre sono stati redatti a fronte di esigenze reali e con urgente bisogno di risposta, va altrettanto notato come non tutti i settori e non tutte le aree si siano attivati con la stessa rapidità e consistenza.
Pertanto questo nuovo modo di attuare l' azione amministrativa e di governo, che pur consente concretezza e velocità di azione, va ripensato e riportato entro principi di compatibilità e di complessivo utilizzo ottimale delle risorse, soprattutto quando quest' azione si realizza tramite progetti di investimento.
Risulta quindi necessario dar vita ad un “ parco progetti ” che deve essere inteso non tanto come l' “ archivio ” dell' insieme dei progetti che a vario titolo vengono predisposti nell' ambito regionale, ma come il complesso delle procedure che regolano il processo di formazione dei progetti. A questo proposito devono essere previste le forme di apporto e di partecipazione dei vari soggetti sia pubblici che privati, aspetto questo molto importante in quanto è in questa fase che dovrebbe attuarsi uno dei momenti più importanti della realizzazione di quel “ patto ” con la società che è stato assunto come una delle strategie fondamentali del PRS.
Per la pratica attuazione di questa procedura sarà anche necessario rivedere il modo di concepire la strumentazione amministrativa, individuando anche tipologie contrattuali innovative ( p. es. accordi di programma, concessioni).
Anche gli altri strumenti di pianificazione (piani di settore, progetti del PRS ed altre forme di pianificazione) dovranno individuare gli eventuali progetti specifici che ne realizzano gli obiettivi, in modo da attuare il collegamento tra PRS, piani di settore, parco progetti e bilancio regionale.
I costi da sostenere per la creazione e la successiva gestione di un “ parco progetti ” possono trovare un significativo aiuto in un diverso modo di procedere nella formulazione dei documenti progettuali : premettendo l' analisi di valutazione economico-finanziaria a quella tecnica. Una buona capacità operativa in questo campo non solo realizza economie, ma conferisce all' amministrazione una maggiore capacità decisionale in quanto può essere valutata l' efficacia di progetti individuati in prima ipotesi e su basi progettuali di larga massima.
L' adozione di una metodologia progettuale informatizzata renderà i progetti facilmente aggiornabili e scomponibili in moduli elementari e quindi trasferibili a progetti similari.
Per l' attuazione di un “ parco progetti ” è necessario prevedere l' istituzione di un “ nucleo di valutazione ” quale struttura tecnica operativa interna che affianchi ed amplifichi le capacità di scelta della Giunta, divenendo altresì strumento di efficienza amministrativa. Al “ nucleo ” sarà affidata la valutazione degli interventi di più rilevante interesse regionale dove cospicua sia la spesa di investimento o rilevanti siano gli effetti di trascinamento nel tempo degli oneri di gestione, inoltre potranno distinguersi al suo interno delle sezioni specializzate a tematica prevalente. Alla medesima struttura verrà anche richiesto di esprimere una valutazione sui progetti degli enti strumentali e locali quando questi concorrano alla realizzazione di piani e progetti regionali.
Il “ nucleo ” dovrà esplicitare preventivamente le tecniche e le metodologie e procedure di valutazione adottate (p. es. costi-benefici, costi-efficacia), rendendole assolutamente trasparenti e comprensibili.
L' attività del “ nucleo ” dovrà costituire inoltre un momento di sintesi e di coordinamento tra i vari soggetti interessati all' attività valutativa in modo che possa essere svolta anche una funzione di maturazione e crescita tecnico-culturale.
7. Informatica.
Si può non irragionevolmente sostenere che l' unica incertezza per definire il Veneto una “ società industriale matura ” dipende dall' ancor non soddisfacente utilizzazione degli strumenti informatici e telematici da parte della Pubblica amministrazione. La Regione Veneto ha compiuto in questa direzione passi significativi i cui risultati finali dovrebbero materializzarsi in relativamente breve volger di tempo. I risultati interni dovranno essere resi assolutamente capillari, come del resto è consentito dal completamento ormai vicino della rete telematica geografica regionale. Perchè, peraltro, questo processo possa produrre appieno i suoi effetti sia all' interno della struttura amministrativa della Regione sia nel più vasto ambito della comunità regionale è necessario affrontare il tema del più efficace collegamento tra le diverse banche dati esistenti nella realtà veneta, al fine di evitare duplicazioni di sforzi e di rendere operante nella nostra società una effettiva “ cultura dell' informazione ”. Il “ progetto informatica e telematica ” costituisce ampia cornice di questo tipo di azione.
L' informatizzazione, già promossa per le Comunità Montane ed i comuni di montagna e, in corso di avvio per quelli di pianura (cfr. L.R. n. 54/1988 ), dei principali servizi amministrativi degli Enti locali (anagrafe, contabilità, personale) secondo procedure omogenee, costituisce un esempio dell' azione da intraprendere. Si possono così ottenere importanti effetti di razionalizzazione delle strutture organizzative degli enti locali, nonchè scambi di flussi di informazioni tra i vari soggetti, informazioni che sono particolarmente utili nella fase attuativa dei processi decisionali.
8. Organizzazione, selezione e formazione del personale
Così come il sistema produttivo sta subendo e dovrà ulteriormente subire profonde modificazioni nella qualità e organizzazione del lavoro per effetto dell' innovazione altrettanto dovrà avvenire nel settore pubblico.
Ciò vuol dire per la pubblica amministrazione rivedere e riconsiderare globalmente le forme di organizzazione del lavoro e le modalità di esecuzione delle procedeure, secondo criteri di semplificazione delle stesse e secondo il prevalere della fase progettuale sul momento discrizionale esecutivo.
Tutto ciò implica nuove professionalità e nuovi modi di concepire l' organizzazione del lavoro.
L' attuale assetto normativo e contrattuale pare inadeguato a garantire il soddisfacimento di queste esigenze e, più in generale, a produrre un apparato pubblico che stia al passo con gli altri settori.
La qualificazione del fattore umano non può essere una questione puramente culturale, è invece elemento di un contesto ben preciso dove competenze specifiche e specialistiche, esercizio delle professionalità, carriera, soddisfazioni economiche sono un complesso armonicamente organizzato.
L' azione va perseguita su due fronti:
- nazionale per la produzione di fonti normative e contrattuali adeguate ricercando, qualora ve ne fosse la necessità, forme autonome di organizzazione, cos+ come previsto dall' art. 123 della Costituzione;
- interno, nei confronti della “ macchina ” regionale e, per quanto riguarda gli Enti locali, nei limiti consentiti dal potere di indirizzo e dalla funzione di controllo sugli atti.
Dovranno in particolare essere riconsiderate:
- le modalità di accesso all' impiego secondo principi di specializzazione tecnica e con modalità di selezione che tengano conto non solo della conoscenza, ma anche delle altre qualità professionali richieste dalle singole funzioni da assolvere;
- le forme di progressione nella carriera che devono tener conto non solo del livello culturale posseduto ma anche della professionalità acquisita, del rendimento dimostrato e della capacità/disponibilità ad esercitare funzioni di coordinamento;
- i meccanismi che premiano economicamente il riconoscimento delle professionalità rendendoli significativi sull' ammontare complessivo delle retribuzioni.
In questo contesto la formazione e l' aggiornamento del personale resta comunque un momento essenziale della messa a punto della macchina regionale.
Si dovrà tendere ad un coordinamento di tutte le iniziative mirando:
- alla programmazione complessiva delle attività in modo da garantire una risposta equilibrata nei confronti della domanda formativa proveniente dalle strutture regionali, dagli enti regionali e dagli enti locali;
- al coordinamento delle singole iniziative, al fine di assicurare l' omogeneità di azione e l' tilizzo razionale delle risorse disponibili;
- al riscontro e alla valutazione dei risultati al fine di conseguire anche mediante il confronto di esperienze diverse e le esperienze acquisite, una crescente efficacia all' azione formativa. Ciò al fine di garantire che ciascun lavoratore acquisisca le specifiche attitudini culturali e professionali necessarie all' assolvimento delle funzioni e dei compiti attribuitigli nell' ambito delle strutture cui è assegnato e al fine di fronteggiare adeguatamente i compiti che nuove leggi procedurali e/o di spesa potranno richiedere.
9. I PROGETTI
Nel paragrafo 2.2. (Strutture e funzioni del P.R.S.) si è precisato che il PRS definisce attraverso i “ progetti ” le azioni della Regione e delle altre amministrazioni che è necessario coordinare, secondo una logica fattoriale, su temi di grande rilievo economico, sociale ed ambientale.
Di seguito si elencano i “ progetti ” sui quali la Regione intende prioritariamente impegnarsi ; si descrivono le esigenze alle quali i “ progetti ” dovranno fornire risposte economicamente e tecnicamente operative e si forniscono i principali criteri ai quali si dovrà uniformarsi nella loro successiva elaborazione.
9.1 PROGETTO “ VENEZIA ”
La Regione è uno degli attori che compaiono sulla scena veneziana : attore peraltro assolutamente essenziale in quanto rappresenta tutta la società veneta nel cui ambito deve essere ricompresa e valorizzata la specificità di Venezia.
Se si considera l' affievolirsi di tante e cos+ importanti vocazioni culturali e produttive della città (tradizioni marinare, artigiane, mercantili, editoriali), la pervasiva avanzata della monocultura turistica (troppo spesso di basso profilo) ed il contemporaneo degrado demografico di Venezia, la città lagunare appare come un ambiente in fase di avanzata destrutturazione, ma purtuttavia ancora potenzialmente capace di assumere e svolgere funzioni nuove così come di reinterpretare modernamente quelle perdute.
Il progetto Venezia deve configurarsi quindi come progetto multisettoriale che si integra con le azioni già previste da altri Enti e con altri provvedimenti, come la legge speciale nazionale (recupero edilizio, disinquinamento della laguna), e si collega altresì ai programmi da attivare per l' intero contesto regionale e/o ai differenti piani di settore per meglio utilizzare le potenzialità esistenti e le risorse disponibili.
Un progetto, infine, imperniato sull' obiettivo di impegnare l' intera società veneta nell' organizzazione di quelle funzioni di “ eccellenza ” che dovranno trovare una loro particolare configurazione a Venezia e di garantire, quindi anche solo all' interno del Veneto, la “ massa critica ” minima perchè tali funzioni possano dimostrarsi vitali.
Il progetto Venezia-Veneto dovrà dunque definire anzitutto il più efficace “ mix ” delle funzioni compatibili nella città tra cui, oltre quelle turistiche, si citano segnatamente le funzioni amministrativo-direzionali, accademico-culturali di livello internazionale, economico-mercantili ad alta intensità tecnologica, nonchè, in termini generali, quelle di rappresentatività ed immagine.
Questo dosaggio di diverse funzioni e politiche deve per altro essere concepito all' interno di due fondamentali linee-guida : la valorizzazione e il recupero di un corretto rapporto tra l' uomo e la “ sua ” città e il tenace perseguimento di un processo di difesa attiva dell' ambiente lagunare.
Rivitalizzazione e salvaguardia vanno comunque intese nel senso più ampio e unitario, non come pura conservazione “ passiva ” ma come forma di “ riuso ” della città e del suo hinterland, in cui le funzioni urbane generali e specifiche, nuove e tradizionali, economiche e culturali, dovranno interagire con la tutela del patrimonio storico artistico e il rispetto dell' ambiente. Premessa necessaria ad ogni azione o progetto su Venezia è dunque una corretta definizione della presenza umana in Venezia, che è andata declinando nelle sue espressioni quantitative e qualitative.
Anzitutto va precisato che il problema dei residenti in Venezia non è di carattere dimensionale : 70-80 mila abitanti (quanti ne registra ancora in questi anni la città) possono costituire un limite accettabile alla luce di molti fattori, tutti correlati alla crescita del reddito tra i quali l' evoluzione degli standard abitativi e la diminuzione del numero dei componenti le famiglie. Il problema è dunque di natura, sociologica : definire quali sono gli utenti più coerenti con la città, - chi è il “ veneziano ” - e contemporaneamente far maturare in chi ha un rapporto con Venezia la coscienza e la esigenza personale e collettiva di un rapporto diverso con essa. Per quanto riguarda il primo aspetto è abitante di Venezia chiunque vi viva o vi lavori interagendo con la città in un' ottica di rispetto e di crescita reciproca ; per quanto riguarda il secondo si tratta di suscitare una nuova cultura nella fruizione della città, sia essa nella chiave, pur dignitosa, del turismo, che in quella della cultura, della ricerca, del lavoro.
Premessa per il mantenimento della popolazione in Venezia - testimonianza e garanzia di reinterpretazione delle tradizioni e dei ruoli culturali - è il miglioramento della “ qualità ” della vita. Si tratta di individuare le funzioni da attribuire alla città in un mondo di tecnologie in rapida evoluzione e in un contesto socio economico in continuo mutamento, perseguendo prioritariamente due obiettivi intermedi:
- la difesa idrogeologica del territorio lagunare;
- il disinquinamento che evidentemente interessa non solo Venezia ma tutto l' ambiente lagunare.
In linea di massima i ruoli di Venezia, città lagunare e città di terraferma, devono essere articolati su più livelli, funzionali alla predispozione di interventi e all' articolazione delle competenze ma certamente non preclusivi della necessaria interrelazione tra gli stessi.
Il primo livello è quello del ruolo internazionale di una città viva, che si presenta sulla scena mondiale come un centro di eccellenza in campo storico, artistico e culturale, è dotato di alcune istituzioni significative e con altre da potenziare o da creare.
Il secondo livello è quello regionale : Venezia è la capitale del Veneto e quindi le va garantito un ruolo istituzionale di governo e di integrazione con il suo territorio, che la veda reinterpretare funzioni che le sono state proprie in passato.
Venezia ha infine un ruolo urbano, di grande città partecipe di un sistema policentrico gerarchizzato qual è quello veneto, e come tale è adatta a fornire servizi di carattere metropolitano.
Per quanto riguarda la funzione internazionale, essa è legata al ruolo di centro di attività culturali, artistiche e formative che già presenti a Venezia nelle loro espressioni più autorevoli e che dovranno essere sostenute e ulteriormente sviluppate.
Si dovrà tuttavia strumentare, dal punto di vista istituzionale, l' integrazione delle tradizionali funzioni umanistiche con quelle relative alla ricerca scientifica e tecnologica ; ciò appare opportuno come completamento del ruolo internazionale ma appare soprattutto condizione necessaria per garantire la permanenza e lo sviluppo di attività economiche che, pur modeste dal punto di vista degli effetti diretti sull' occupazione, risultano tuttavia ad alto valore aggiunto e ad alta intensità tecnologica. Si pensi, in particolare, ai problemi posti dalla presenza di attività economiche e delle relative infrastrutture quali il porto e la zona industriale di Marghera. Per esse sono in gestazione azioni di ristrutturazione e conversione alle quali la Regione intende contribuire sia in termini di proprie competenze sia in quanto soggetto del rapporto istituzionale con lo Stato e i suoi enti sia, infine, come soggetto politico di stimolo, mediazione e armonizzazione tra i diversi interessi concorrenti.
Ma per quanto emergenti siano questi due temi, la prospettiva globale più promettente per il futuro riguarda le positive interrelazioni instaurabili tra un polo veneziano “ ad alta tecnologia ” e le corrispondenti funzioni nell' ambito del sistema regionale.
Il compito che si ha di fronte oggi è quello di far compiere a Venezia un salto di qualità della dimensione e dell' impegno di quello tentato circa settanta anni fa con la creazione del polo di Marghera il cui obiettivo era l' inserimento di Venezia nell' economia dell' era industriale. Fu una scelta che, probabilmente senza alternative a quell' epoca, è risultata poi estranea al modello di sviluppo del Veneto nel secondo dopoguerra. Ora, la crisi della grande industria e soprattutto dell' industria di base, i fenomeni di deindustrializzazione e reindustrializzazione che hanno ormai investito le aree di più antico sviluppo, ripropongono in termini nuovi l' esigenza di una politica di rilancio, resa più difficile dalla presenza dei vincoli costituiti dall' inquinamento e dai problemi connessi all' ambiente ed alla difesa idrogeologica.
Per operare il salto di qualità legato all' attribuzione ed al consolidamento di alcuni ruoli e funzioni fondamentali, occorre delineare e progettare essenzialmente i seguenti strumenti:
1) una politica per le attività economiche che da un lato superi il tradizionale, e ormai pervasivo, fenomeno di monoproduzione costituito dal turismo e, dall' altro, punti ad una riconversione, di Marghera secondo un disegno di integrazione “ a valle ” dei processi produttivi di trasformazione industriale e terziaria, con particolare riferimento alla specificità portuale dell' area;
2) una politica di sviluppo delle attività del terziario avanzato nella duplice direzione dei servizi alle imprese e della ricerca collegata alle università e alle imprese industriali;
3) una politica dei trasporti che garantisca un' effettiva mobilità di persone tra le diverse parti del territorio (Centro Storico, Mestre centro e l' intera “ corona ”) che devono funzionare come un unico sistema. In chiave generale, la più soddisfacente intermodalità ed il raccordo con gli assi dei grandi collegamenti internazionali;
4) una politica della residenza coerente con le funzioni attribuite alla città;
5) una politica della cultura integrata per le varie parti del territorio.
Sul piano dell' azione economica e degli incentivi da predisporre per una riconversione e rilancio dell' economia veneziana occorre tenere presenti due obiettivi intermedi di rilievo:
- l' ulteriore progressiva riduzione dell' inquinamento prodotto dai processi industriali e al limite la loro sostituzione con attività manifatturiere, commerciali e di servizio legate sia alle funzioni di alta tecnologia (da attribuire al polo veneziano) che a quelle tradizionali (come il turismo);
- l' integrazione nell' economia veneziana, del complesso di attività legate alla manutenzione, al restauro, al risanamento della città e dell' ambiente.
Si tratta anche di operare con grande impegno la integrazione di funzioni polarizzate sul terziario, articolato in : un complesso di attività culturali e scientifiche di formazione, ricerca e scambio, un terziario di servizi alle attività produttive, in particolare manifatturiere, un terziario commerciale e turistico che abbia nel porto e nel centro storico il suo epicentro.
Sul piano dell' accessibilità di Venezia e delle relazioni di tipo metropolitano che ne rafforzino il ruolo nel Veneto, i tempi sono maturi per una rimeditazione del sistema complessivo dei trasporti in termini di modalità, intermodalità nonchè di soluzioni tecniche avanzate e innovative. Ulteriore problema è inoltre la rivitalizzazione, nell' ambito del sistema portuale dell' Alto Adriatico, del porto di Venezia come valido impianto al servizio di un hinterland regionale, nazionale ed europeo, facendogli assumere le caratteristiche funzionali ed organizzative idonee allo scopo.
Deve infine essere promossa una politica della residenza, di restauro abitativo (non solo conservativo), che consenta ad una fascia più ampia di forze di lavoro, risiedere a Venezia.
Questi obiettivi devono essere in coerenza con i vincoli ambientali, ciò ha trovato una prima ed importante sistemazione nel “ progetto Regione Veneto-Ruffolo ” in un' ottica integrata di regolazione idraulica e disinquinamento agricolo industriale ed urbano. Considerare la difesa e il disinquinamento di Venezia come obiettivi prioritari senza altre specificazioni potrebbe al limite diventare uno spreco di risorse se poi la città dovesse essere abbandonata alla monocultura turistica ; d' altra parte pensare a obiettivi e a ruoli di grande respiro potrebbe essere operazione solo velleitaria se non venisse accompagnata da un' azione di difesa e di risanamento dell' ambiente lagunare.
Il progetto Venezia si deve dunque caratterizzare per l' ampia gamma di interventi strumentali all' interno di una sua sostanziale unità : il classico paradigma programmatorio che esige per ogni obiettivo uno strumento, qui va allargato al punto da concepire un modello di obiettivi e di interventi che simultaneamente si determinano e interagiscono attraverso effetti di retroazione che certamente renderanno difficile l' azione progettuale, ma che al tempo stesso costituiscono la vera sfida sul futuro di Venezia.
La sfida non è solo tecnica o progettuale, nè tantomeno di natura finanziaria. Essa è, per la complessità del problema che si ha di fronte, anche e forse soprattutto, di natura politica. L' informazione, il monitoraggio della situazione e delle azioni, il calcolo accurato degli effetti di ricaduta negli obiettivi e nei vincoli posti dagli interventi strumentali, nonchè la valutazione della sequenza temporale delle azioni, potranno certamente fornire un valido supporto ad un' azione di coordinamento per un progetto che si caratterizza per la sua unitarietà ; va tenuto altresì presente che il vero nodo sarà quello di gestire la rivitalizzazione di Venezia come un processo di “ programmazione concertata ” dotata di adeguate capacità decisionali. L' intreccio delle competenze, la molteplicità dei protagonisti delle scelte, il rilievo regionale, nazionale e internazionale del “ problema Venezia ”, richiedono un atteggiamento coerente ed un sincero sforzo in tale direzione. L' esperienza del Comitato previsto dall' art. 4 della legge speciale, congiuntamente al dettato dell' art. 1 possono costituire un importante campo di sperimentazione.
La collocazione e il ruolo di Venezia nell' area centrale veneta, rappresenta un' ulteriore conferma del mutuo beneficio che potrà prodursi con la reintegrazione della città nella regione : Venezia rappresenta non solo il simbolico ponte d' accesso del Veneto verso il contesto europeo e mondiale, e come tale, banco unico di sperimentazione delle relazioni possibili tra tradizione e innovazione, ma anche, attraverso Mestre e Marghera, il più rilevante punto di passaggio tra la terraferma e l' acqua e le attività ad essa connessa.
Per la formazione della fase operativa del progetto dovranno essere riconsiderati molti giudizi acriticamente ripetuti : tra di essi - come già ricordato - quelli relativi all' identità e composizione della comunità veneziana, del ruolo delle sue istituzioni culturali e universitarie, delle funzioni e manifestazioni compatibili con la città, del livello dei controlli da esercitare per la salvaguardia dei suoi caratteri peculiari. In questo quadro, anche lo studio di fattibilità per l' Expo 2000 può acquistare valenze nuove e diverse : da un lato si potranno ottenere valutazioni oggettive sui reali limiti al di là dei quali il “ disagio turistico ” può divenire insopportabile per le strutture fisiche e sociali di Venezia, dall' altro si potranno ricavare indicazioni utili alla razionalizzazione delle strutture ricettive, del sistema dei trasporti e all' individuazione dei siti più idonei alle nuove attività che dovranno essere accolte.
In ogni caso, condizione indispensabile per l' effettuazione di una così importante iniziativa è che essa, imperniata sull' immagine di Venezia, possa avvalersi anche di altre sedi venete vocate alle specifiche manifestazioni previste.
Molte delle considerazioni svolte per Venezia valgono, tenuto conto delle differenti peculiari situazioni locali, anche per le altre aree del Veneto. Per esse sarà opportuno individuare, sempre a partire dalle potenzialità esistenti, obiettivi e conseguenti azioni di grande immagine, capaci di rappresentare sia la reintegrazione di Venezia nel contesto della società veneta sia le peculiarità che contraddistinguono le singole aree.
Progetti incentrati su monumenti/istituzioni delle città maggiori (a titolo di esempio : Verona/Arena, Vicenza/Basilica, Rovigo/Accademia) potranno non solo migliorare ed ampliare la qualità ed il flusso dell' offerta culturale ma anche costituire occasione di diversificazione funzionale dei centri interessati.
9.2 Progetto Padania
La pianura padana è la sede storica dello sviluppo industriale del Paese ed il Veneto ne rappresenta la frontiera orientale, la linea di passaggio tra “ triangolo industriale ” incentrato su Piemonte, Liguria e Lombardia e l' area delle economie emergenti, la “ terza Italia ”.
Il peso economico dell' area padana nel contesto nazionale, la sua collocazione in una ideale fascia di sviluppo internazionale, che va dal nord della Spagna comprende l' affaccio mediterraneo della Francia e si salda alle regioni centro-europee di Alpe Adria, la concentrazione del più importante mercato di prodotti (beni materiali e immateriali), la presenza preponderante di strutture di creazione e diffusione di cultura e di scienza,il ruolo determinante della Padania nelle relazioni con l' Europa e con il resto del mondo, ne fanno un' area di cruciale rilevanza per lo sviluppo futuro della Nazione, una delle grandi regioni europee di cui il Veneto fa parte, a pieno titolo, per motivi geografici e storici oltre che per il posto che ha saputo conquistarsi nel quadro della crescita economica complessiva della Nazione.
La posizione geografica del Veneto è strategica sia per le relazioni con l' Europa della CEE sia per quelle, in crescente sviluppo, con l' Europa dell' Est,area per la quale l' attuale processo di distensione sembra aprire prospettive sempre più ampie ed articolate.
E' altresì evidente che la transizione da una visione dei problemi territorialmente assai estesa (nazionale) ad una più limitata (regionale in senso ampio) dei problemi economici e sociali, resa possibile dall' avanzamento delle discipline analitiche e statistiche, rappresenta una prospettiva ineludibile, anche perchè ormai condivisa in sede europea, e quindi da cogliere ed utilizzare pienamente.
La definizione di aree omogenee per problemi permette infatti di meglio focalizzare le singole tematiche e di prevedere quindi più efficaci e penetranti politiche ed interventi.
L' ampio ventaglio di relazioni che il Veneto intrattiene anche con le regioni finitime determina la necessità, autonomamente percepita dalla Regione Veneto ma avvertita anche dalle altre Regioni (ufficialmente dalla Lombardia nel PRS’ 86/88 con la precisa intenzione di “ ...assumere l' iniziativa di un' azione di coordinamento delle Regioni dell' area... ” almeno sui temi dell' uso del territorio), di correlare le proprie politiche con quelle degli altri Enti regionali per coordinare e ricercare le massime sinergie possibili tra le diverse azioni regionali e fungere da stimolo per nuove iniziative comuni.
Si tratta, oggi, di concentrare gli sforzi su un numero limitato di argomenti, scelti tra quelli di maggiore importanza e/o interesse senza peraltro precludersi la possibilità di estensione ad altri temi emergenti, nella convinzione che questo sia il momento opportuno per un' azione di stimolo, momento che probabilmente non si ripeterà e dopo il quale i trend diventeranno cos+ imperativi da rendere sempre più difficili iniziative di correzione e coordinamento delle tendenze in essere.
Tale volontà regionale assumerà pertanto la forma di uno specifico progetto “ Padania ”, puntato su un gruppo di oggetti dei quali alcuni riferiti ad aree territorialmente definite, mentre altri avranno carattere più spiccatamente settoriale.
I primi riguarderanno l' area del Garda, quella di Verona e quella dell' asta fluviale del Po e dell' Adige, i secondi l' agricoltura e le comunicazioni.
Va posto in tutta evidenza il tema costituito dall' insieme storico, naturalistico, culturale e paesaggistico del Garda e del suo vasto intorno (dal Massiccio del Baldo, ai sistemi collinari orientali e meridionali). In esso, come in poche altre aree, l' intreccio fra tutte queste componenti è cos+ stretto, coerente e suggestivo, da creare un ambiente di qualità rara, che lo colloca fra i luoghi di eccellenza nel quadro europeo. La sua accentuata valorizzazione turistica, nazionale ed internazionale, pone ora limiti ad un ulteriore sviluppo quantitativo degli insediamenti, mentre fa emergere con forza l' esigenza di approfondire e sviluppare le politiche di difesa delle risorse naturalistiche e ambientali e del paesaggio, di valorizzazione dei centri storici e dei monumenti, di riordino urbanistico, di integrazione dei sistemi di servizio.
Alcune intese in materia ambientale sono già state assunte, ma dovrà essere formulato un “ piano di area ” esteso a tutto il sistema gardesano per quanto concerne il territorio amministrativo regionale veneto e ricercate più efficaci ed estese intese interregionali su temi ambientali che debbano essere considerati in modo unitario.
Per l' area del Garda è necessario giungere, in collaborazione con le altre due regioni interessate, alla redazione di un piano di bacino che recepisca la peculiarità di conservazione e sviluppo di un' area cos+ particolare.
In questo contesto dovranno essere avviati a soluzione i problemi posti dalle diverse forme di inquinamento del bacino lacuale, degli accessi al lago, del coordinamento dell' offerta turistica, degli assetti paesaggistici, mentre per l' area veronese assumono grande rilevanza, anche per il ruolo strategico di Verona nel contesto regionale sia sotto il profilo delle comunicazioni che sotto quello economico, le azioni relative ai necessari completamenti dei fasci infrastrutturali, alle infrastrutture di scambio intermodale, di commercializzazione e stoccaggio, fieristiche, di sperimentazione applicativa di nuove tecnologie specie nel settore agricolo e agroalimentare, tenendo conto anche dell' esigenza di coordinamento e integrazione che si manifesta anche nella contigua area bresciana su un numero sempre crescente di soggetti.
L' asta fluviale del Po, limite e tramite tra Padania veneta ed emiliana, confine del Polesine e della Bassa Veronese, al cui destino in non piccola misura partecipano, riveste grande importanza per il Veneto sia sotto l' aspetto economico, sia sotto quello ambientale.
Dal “ triangolo ” giunge nel Veneto e nell' Emilia una gran parte degli effluenti inquinanti ivi prodotti, che aggravano i già pesanti inconvenienti di natura ambientale generati nel tratto orientale, tali da compromettere, se non controllati e fortemente contenuti, abbattuti o ridotti, anche la situazione del Delta, una delle grandi risorse europee di questo tipo assieme a quelle del Danubio, del Guadalquivir e poche altre.
E' questo un problema fondamentale,la cui trattazione già iniziata al livello dell' Intesa interregionale per il Po, necessita di ulteriori energie che ne accelerino l' iter di analisi, proposta e risoluzione.
I principali temi da trattare dovranno essere quelli degli inquinamenti sia sotto il profilo del loro abbattimento che sotto quello ben più strategico della loro prevenzione, della sicurezza idraulica, argomento certamente prioritario, ma da trattare secondo più avanzati criteri di rispetto ambientale (bioingegneria idraulica), della navigabilità dell' asta fluviale anche a supporto dello sviluppo economico dell' area polesana.
Analoga necessità di accordo e coordinamento è da segnalare ancora per lo studio e la realizzazione del Parco del Delta, come testimoniano anche i contatti, ormai avanzati, intercorsi tra Regione Veneto, Emilia-Romagna e Ministero dell' ambiente per un progetto comune tra i diversi Enti. E' questo un obiettivo che sembra, dal punto di vista temporale, relativamente vicino, dato che entrambe le Regioni interessate hanno formulato, seppure con differente livello di operatività, piani di natura ambientale e/o paesaggistica per il Delta.
Per quanto attiene al settore agricolo, a partire da una certa omogeneità territoriale e strutturale, caratterizzata per esempio dall' elevata percentuale di addetti professionali nel settore rispetto agli attivi totali, dalla taratura della maglia aziendale, dagli elevati livelli di produttività media sarà necessario approfondire e provvedere all' impostazione di politiche che tendano ad accrescere la resistenza del sistema all' impatto delle diverse sfavorevoli congiunture, ad aumentare la penetrazione nell' ambiente rurale delle nuove tecnologie a basso impatto ambientale, a rafforzare e diffondere la rete dei servizi di sviluppo agricolo, avvalendosi delle conoscenze e delle potenzialità di tutte le strutture (venete e no) coinvolte.
Per quanto attiene infine alle comunicazioni, il progetto dovrà curare particolarmente gli aspetti di tali problemi che trovino origine prevalentemente esterna al contesto regionale, ma che vi incidano profondamente.
Tra di essi vanno segnalati quelli dell' ammodernamento e del potenziamento degli assi ferroviari nord-sud e est-ovest, entrambi oggetto di interventi assai consistenti nei prossimi anni (traforo del Brennero, quadruplicazioni, alta velocità), quelli della riorganizzazione del sistema portuale adriatico, quelli aeroportuali anche nella prospettiva della prossima liberalizzazione delle comunicazioni aeree, quelli dell' adeguamento delle autostrade di adduzione alla rete veneta, quelli del sistema idroviario padano, nel quale assume priorità e preminenza l' asse idroviario tra Mantova e l' Adriatico attraverso il Tartaro-Fissero-Canal Bianco, che assume anche un ruolo fondamentale di sviluppo e rilancio dei sistemi economici a minor intensità di sviluppo della fascia medio padana, quelli dei cablaggi e degli ammodernamenti delle reti di comunicazione e trasmissione dati.
9.3 Progetto internazionalizzazione economia veneta
In una situazione internazionale dove sempre più rilevanti sono i processi di concentrazione e di collegamento tra imprese e dove le tecniche di vendita si basano su metodi sempre più complessi e sofisticati, devono essere ben definiti i tipi di supporto da assicurare all' economia veneta per il consolidamento ed il potenziamento delle proprie posizioni nei mercati esteri.
Il presente progetto dovrà consolidare il patrimonio di conoscenza già esistente sulle tipologie delle imprese e sui segmenti di mercato da queste occupate.
La capacità di adattamento dimostrata dagli operatori veneti va tenuta costantemente presente, essendo stato il fattore determinante dello sviluppo, ma anche opportunamente supportata.
In questa ottica si inserisce la promozione del processo di internazionalizzazione del sistema produttivo, sostenendo e assistendo accordi tecnologici delle imprese venete con quelle estere (joint-ventures).
Vanno individuati poi con precisione i tipi di “ servizi ”, intesi nel senso più lato del termine (dalle infrastrutture alle Fiere), che il sistema pubblico deve approntare. Questa azione deve essere fatta in stretta collaborazione con il sistema di imprese e le loro associazioni in quanto buona è la loro conoscenza delle necessità commerciali.
Tale attività dovrà riguardare tutti i settori produttivi con particolare riguardo a quei comparti intersettoriali (agricoltura - industria - servizi) dove sempre più sembrano localizzarsi innovative possibilità di azione.
Nell' ambito delle attività e funzioni svolte dai singoli Enti interessati (Regione, CCIAA e loro organizzazioni, Enti Fieristici, ESAV, Consorzi, ICE, CEE) devono essere definite con chiarezza le esigenze ed individuati i ruoli da assegnare all' iniziativa privata e a quella pubblica, in modo da indirizzare l' attività della Regione verso l' ottimizzazione dell' utilizzo delle risorse umane e finanziarie disponibili.
Azioni particolari devono essere individuate per il consistente patrimonio fieristico veneto (Padova, Verona, Vicenza e le altre manifestazioni) per il quale deve essere attuata una specializzazione funzionale e territoriale, confermando, ma anche organizzando gerarchicamente l' attuale distribuzione policentrica.
Le Fiere dovranno far evolvere le proprie strutture specializzandosi anche nei servizi terziari complementari alla vendita. Nei settori di specifica competenza, gli enti di maggior dimensione dovranno puntare a ruoli di importanza internazionale.
In questo contesto deve anche essere considerata la funzione del Centro per il commercio estero che ha già svolto un' efficace azione di promozione del sistema import-export. Il suo ruolo va adeguatamente ed ulteriormente potenziato indirizzandolo verso un' azione di stimolo e supporto all' offerta di servizi alle imprese regionali che operano nel mercato estero.
Quest' azione di sostegno sarà svolta adottando politiche di promozione dei prodotti, politiche dei marchi e delle denominazioni d' origine, politiche di marketing, politiche di accesso al finanziamento e politiche che favoriscano l' interscambio di flussi di informazione.
Il Centro dovrà operare in stretto collegamento con le strutture regionali e con gli altri Enti dipendenti dalla Regione, attuando un disegno unitario con gli stessi Enti Fieristici.
In questa logica il progetto dovrà meglio definire l' utilizzazione dei lavori dell' osservatorio per il commercio estero che sta realizzando un complesso programma di analisi e informazione congiunturale sui rapporti commerciali del Veneto con l' estero attivando collegamenti con le più importanti istituzioni di documentazione e ricerca in ambito nazionale e internazionale. L' osservatorio sta, fra l' altro, fornendo un apporto notevole innovativo alla conoscenza del settore della subfornitura nell' ambito della piccola impresa, mediante una indagine analitica sulle situazioni aziendali, estesa sia alle strutture di produzione, sia alla dislocazione territoriale e settoriale sia agli indirizzi di commercializzazione. Tale apporto deve trovare la sua continuità e il suo sviluppo in aggiornamenti periodici e in ampliamenti dei settori di indagine allo scopo di seguire l' evoluzione dell' apparato produttivo Veneto e di agevolare una politica di intervento informativa ed efficiente.
Il progetto dovrà anche curare il coordinamento delle politiche per l' export con le altre politiche regionali in particolare con quelle per le città, per la telematica e per la cultura combinando così sinergicamente tutte le potenzialità (di tradizione, di cultura, di immagine) esistenti. In questo ambito uno specifico sub-progetto dovrà essere dedicato al settore informatico-telematico in quanto in grado di mettere le singole imprese in un circuito informativo internazionale senza diminuire il livello di autonomia ed indipendenza.
Dovranno essere inoltre individuati obiettivi ed azioni rispetto : al mix di servizi terziari superiori da rendere disponibili per gli operatori veneti ; alla promozione all' estero ; alle attività fieristiche regionali ; all' immagine nella commercializzazione ; alla possibilità di espandere, anche in rapporti bilaterali, i bacini di attività.
Infine, per la preparazione di operatori professionali internazionalizzati, deve essere verificata la possibilità di dar vita a tipi innovativi di formazione (stages, contratti di formazione e lavoro all' estero e iniziative analoghe).
9.4 Progetto ambiente
A - aspetti generali
L' inquinamento rappresenta una delle realtà con le quali conviviamo, uno degli effetti indotti dallo sviluppo economico e contemporaneamente un ostacolo ad una ulteriore crescita sociale, intesa nella sua accezione più ampia ed inclusiva quindi non solo di obiettivi facilmente quantificabili, ma anche di quei beni non materiali riassumibili nel concetto di “ qualità della vita ”.
I principali elementi che contribuiscono ad alimentare le diverse componenti e manifestazioni dell' inquinamento - che si presenta sia con punte localizzate assai elevate, sia con allarmanti caratteri di diffusione su gran parte del territorio - vanno ricercati soprattutto nella pressione antropica e nelle modalità della crescita economica.
Si osservi tuttavia che, se e' indubbio che la crescita della produzione e dei consumi è correlata al livello degli sversamenti, e' altresi' vero che è solo la parte degli sversamenti non riciclati dall' uomo o dall' ambiente che aumenta il livello di inquinamento.
Le cause profonde del fenomeno sono legate prevalentemente ai meccanismi economici e dipendono dal fatto che alcune risorse naturali o ambientali (aria, acqua, paesaggio...) sono state sia dalla teoria che, per lungo tempo in pratica, considerate disponibili a prezzo zero. Ciò ha portato da un lato al loro eccessivo ed irresponsabile sfruttamento e dall' altro ad una crescente divaricazione fra la massimizzazione dell' interesse privato e l' interesse collettivo, nelle sue componenti legate alla qualità dell' ambiente.
E' importante osservare fin da ora che se questa analisi indica con chiarezza che la principale strada da perseguire per fronteggiare e, nel medio periodo, risolvere il problema inquinamento è la progressiva introduzione nei bilanci aziendali dei costi dei beni “ liberi ”, è altresì vero che in presenza di una loro completa “ internalizzazione ” i costi di produzione risulteranno più elevati.
In questo quadro l' obiettivo generale che il “ progetto-ambiente ” dovrà perseguire è quello di affrontare il nodo dell' inquinamento nel presupposto che non è vero sviluppo quello che non persegue un affinamento sostanziale della qualità ambientale globalmente intesa e che, per contro, una dinamica di sviluppo stabile e sufficientemente elevata deve assicurare tecnologie e risorse economiche per il miglioramento della qualità dell' ambiente.
La lotta contro l' inquinamento dovrà svolgersi su due fronti : il primo volto a ridurre il tasso di crescita dell' inquinamento fino ad annullarlo, il secondo volto a ridurre il tasso di inquinamento accumulato dall' ambiente.
Tale obiettivo generale richiede fondamentalmente:
- la predisposizione, l' approvazione e l' applicazione degli strumenti di programmazione e attuativi previsti dalla legislazione nazionale e da quella regionale (segnatamente la L.R. 33/86);
- l' individuazione del mix di strumenti sia indiretti e normativi che diretti e operativi da adottare per abbattere il livello degli sversamenti;
- l' individuazione delle norme e dei comportamenti amministrativi atti a potenziare e rendere trasparente il settore del disinquinamento.
Rispetto al primo punto va ricordato che la Regione ha in corso di approvazione alcuni fondamentali Piani di settore mentre altri sono in corso di predisposizione.
Per quanto concerne il secondo appare utile classificare politiche e strumenti relativi alla lotta contro l' inquinamento in quattro categorie:
1. l' intervento diretto dell' ente pubblico;
2. la regolamentazione diretta;
3. l' utilizzazione di meccanismi di mercato;
4. la promozione di programmi educativi e di richiamo morale.
Come e' noto le azioni promosse dallo Stato e dagli enti territoriali sono state inizialmente del primo tipo e solo successivamente del secondo.
Per quanto riguarda la regolamentazione, che consiste nell' introduzione di vincoli normativi efficaci e quindi nella fissazione di standard, appare qui opportuno distinguere l' esistenza di due approcci : il primo, che consiste nella determinazione di standard di prodotto e di processo e mira a controllare le fonti puntuali di inquinamento ; il secondo, che si propone di controllare lo stato delle risorse ambientali soggette a inquinamento, definendo standard di qualità complessivi dei corpi idrici recettori o dell' atmosfera.
Nell' attuale regolamentazione entrambi questi approcci sono presenti (il primo informa la legislazione in tema di acqua, il secondo quella in tema di aria) e soprattutto al secondo è ispirata la direttiva CEE che dovrà essere recepita dallo Stato italiano. Va approfondito dunque un confronto organico tra i due approcci per verificare la loro efficacia rispetto ai fini da perseguire.
Nella redazione del “ progetto-ambiente ” si dovranno quindi individuare principi informatori di carattere generale che rappresentino un unico e solido riferimento per tutte le politiche regionali dell' ambiente e consentano di operare scelte corrette tra le varie azioni da attuare, tenendo conto della evoluzione legislativa ed anzi contribuendo, con proposte e sperimentazioni, a formulare le soluzioni più avanzate.
Fin da ora appare possibile affermare che dovranno essere analizzate con particolare attenzione le seguenti ipotesi:
- le politiche per la lotta contro l' inquinamento debbono consistere in un opportuno mix dei quattro tipi di strumenti sopra indicati;
- le politiche di tipo impositivo debbono essere utilizzate tutte le volte che ci si trovi in presenza del pericolo di danni ambientali irreversibili o si vogliano far rispettare particolari soglie sia a livello puntuale che diffuso ; a questo proposito sarà compito del progetto indicare le soglie di inquinamento ambientale complessive che non dovranno comunque essere superate;
- debbono essere formulati standard di qualità per tutti i beni soggetti ad inquinamento ; tali standard debbono riguardare non solo i singoli inquinanti, ma definire altres+ accettabili livelli di inquinamento complessivo;
- quando possibile ed opportuno, alla politica degli standard debbono essere affiancati interventi basati su meccanismi di mercato ; è compito del progetto individuare fra i vari tipi possibili (canoni, mercato dei permessi di inquinamento, premi e sussidi agli operatori che riducano nei singoli contesti, gli sversamenti nocivi) quali debbano essere preferiti, in quali circostanze debbano essere utilizzati e con quali modalità;
- dovrà essere posta attenzione al problema dei maggiori costi che le aziende dovranno affrontare per rendere i processi ed i prodotti meno inquinanti, anche al fine di impedire che, nel breve periodo, si riduca in modo non accettabile la competitività di specifici comparti del sistema produttivo veneto;
- le conseguenze economiche sia dell' inquinamento che delle politiche volte ad abbattere l' inquinamento dovranno essere studiate a livello intersettoriale, l' unico che consenta di valutare anche i costi e i benefici sociali effettivi sia degli interventi che della loro mancata attuazione;
- particolare attenzione dovrà essere posta all' analisi di tutte quelle politiche che conducano le imprese a minimizzare l' utilizzazione delle risorse e/o ne consentano il recupero (totale o parziale) e rendano conveniente lu "tilizzazione di prodotti degradabili.
B - obiettivi e articolazione del progetto
Il “ progetto-ambiente ” deve consentire il confronto e verificare la congruenza di finalità e azioni individuate dai piani di settore (L.R. 33/85) su temi o contesti territoriali definiti ; riguarda pertanto sia approfondimenti tematici che, soprattutto, la ricerca dell' efficacia indotta dallo stretto coordinamento delle azioni.
In secondo luogo è la sede per impostare e approfondire argomenti di particolare complessità, nei quali confluiscono problemi di natura diversa (ambientale, amministrativa, economica, sociale) e che richiedono approcci complessi e, talvolta, sperimentali.
Nel Veneto le questioni ambientali su cui si è ormai raggiunto un alto livello di consapevolezza sono numerose e di enorme rilievo.
Mentre su alcune questioni di estrema urgenza (segnatamente il trattamento dei rifiuti solidi e di quelli tossici e nocivi in particolare) gli organi regionali hanno già avviato piani, procedure e azioni, il progetto-ambiente si propone di rafforzare l' azione regionale sui seguenti temi ambientali di grande impatto e urgenza:
Disinquinamento del bacino del Po.
Gli impegni della Regione si sviluppano nel quadro dell' intesa interregionale per una azione estesa all' intero bacino collegata all' emergenza Adriatico e concordata con il Governo e in particolare con il Ministero dell' Ambiente.
Risanamento della laguna di Venezia.
La Regione, nell' ambito e nell' esercizio della sue competenze in materia ambientale, ha impostato il “ piano direttore di disinquinamento ” del bacino tributario della laguna di Venezia.
Di concerto con il Ministero dell' Ambiente e con i programmi relativi alla regolazione idraulica del bacino a cura del Magistrato alle Acque, il contributo della Regione al “ risanamento ” della laguna non solo comporta la prevenzione degli inquinamenti di origine agricola, civile e industriale anche con la sperimentazione di nuove tecniche in ogni settore ; ma anche la revisione ed aggiornamento del “ piano direttore ” e la estensione del trattamento delle acque reflue nonchè dei rifiuti solidi di ogni tipologia, all' intera superficie del bacino tributario (oltre 180.000 ha e 100 comuni) ; l' introduzione di metodi di contenimento, controllo e trattamento dell' inquinamento diffuso ; alla introduzione di normative du "so del suolo e di tutela di tutte le risorse naturali e ambientali.
Nel caso della laguna di Venezia l' azione diretta più specificatamente al tema dell' inquinamento sarà integrata da azioni di tutela attiva delle risorse ambientali anche con la istituzione del Parco Regionale della laguna di Venezia esteso all' intero contesto litoraneo, lagunare ed a significative porzioni del territorio circostante.
Disinquinamento dei bacini “ Brenta, Bacchiglione, Adige, Gorzone ”.
Con obiettivi analoghi di disinquinamento saranno approntati piani e definite le azioni conseguenti, per i bacini del Brenta-Bacchiglione e Gorzone per i quali si ravvisano le caratteristiche di “ aree a rischio ”.
Per l' Adige, il cui bacino idrico si estende a territori di più regioni, va promossa una intesa interregionale dello stesso tipo e con le stesse finalità di quella relativa al fiume Po per assicurare una effettiva soluzione del problema e adeguate risorse finanziarie da parte dello Stato.
Difesa delle risorse idropotabili.
La difesa delle risorse idropotabili ed il contenimento del livello generale di inquinamento, richiede la realizzazione di più azioni alcune di carattere e portata generali, altre territorialmente mirate.
Fra le prime si dovrà provvedere e ridurre l' inquinamento diffuso di origine agricola a partire dalle aree più vulnerabili, con programmi di introduzione e incentivazione di tecniche colturali a basso inquinamento e difesa alternativa delle produzioni (progetto agro-meteorologico e progetto di difesa fitopatologica).
Tra le seconde assume rilievo prioritario la tutela attiva delle “ zone di ricarica degli acquiferi ”, poste a nord della “ fascia delle risorgive ”. In questo ambito saranno predisposti, fra gli altri ed anche con il concorso pubblico, progetti sperimentali di rilocalizzazione di impianti (industriali e zootecnici intensivi) insediati in aree in cui non sia garantita una efficace azione di disinquinamento.
Interventi sulla rete secondaria.
Il tema della difesa dagli inquinamenti delle acque interagisce, ovviamente, con quello più generale della rete idrica in quanto in essa si raccolgono quote rilevanti di inquinamento di origine diversa.
In questa prospettiva appare dunque necessario procedere ad una “ rilettura ” della esistente rete idrica regionale (in particolare della cosidetta rete secondaria) in vista di individuare:
- le eventuali incompletezze della rete;
- le parti di rete che sono da considerare obsolete tenuto conto del nuovo carico di abitanti e di funzioni che non erano stati considerati al momento della sua progettazione e/o realizzazione. Questa “ rilettura ” dovrà segnatamente consentire:
- di verificare l' opportunità di realizzare impianti di depurazione dell' inquinamento residuo delle acque dopo l' attuazione di tutte le politiche di prevenzione laddove siano possibili rendimenti tecnici sufficientemente elevati e siano garantite economiche prospettive di gestione;
- la redazione coordinata di progetti (per esempio da presentare al FIO) di ammodernamento e completamento della rete idrica secondaria entro una visione complessiva di tutela delle risorse e del territorio.
Bilancio dei materiali A e B della legge regionale 7 settembre 1982, n. 44 .
Ai fini della programmazione e gestione delle attività di cava, nonchè del controllo dei fabbisogni regionali in materia, deve essere sviluppato un “ bilancio ” continuamente aggiornato della disponibilità di materiali derivanti da tutte le diverse fonti che, per ragioni diverse, ne producono:
- asportazione per ragioni idrauliche dei materiali litoidi dagli alvei e dalle zone golenali dei corsi d' acqua, e dai fondali lacuali di competenza regionale e statale;
- gli scavi per la realizzazione di impianti di trattamento e/o stoccaggio dei rifiuti;
- i piani di risistemazione fondiaria agricola;
- i lavori di qualunque natura autorizzati o realizzati dalle Amministrazioni pubbliche.
In prima approssimazione appare opportuno ipotizzare un apposito Registro, gestito dai competenti uffici regionali, in cui tali disponibilità vengano contabilizzate e consentano, entro un adeguato programma di gestione di un sistema informativo relativo alle opere pubbliche, di rendere confrontabili domanda e offerta, rendendo minima la sottrazione di risorse regionali.
Imprenditoria dell' ambiente.
Una delle funzioni economiche dell' ambiente è la sua capacità di riciclare parte dei rifiuti che vengono prodotti dall' attivita di produzione e di consumo. Tale capacità definisce il limite superiore della quantità degli sversamenti considerata ammissibile ; la soglia può essere modificata da opportuni interventi dell' uomo, quando dà vita ad una propria attività di riciclaggio dei rifiuti e di recupero delle risorse.
Il compito delle politiche antiinquinamento è quello di minimizzare la distanza tra la quantità di rifiuti che i diversi sistemi naturali possono riciclare e quella prodotta dalle attività umane.
E' quindi evidente che la presenza di un settore tecnologicamente avanzato in grado di trattare parte dei rifiuti creati dalla produzione e dal consumo e di gestire in maniera opportuna tutte le sostanze non degradabili è necessaria per contribuire a rendere compatibili crescita economica e salvaguardia dell' ambiente.
In questo contesto una questione rilevante riguarda l' organizzazione del settore delle imprese che, in numero crescente, si occupano di igiene ambientale e del trattamento dei reflui particolarmente di quelli speciali, tossici e nocivi.
Obiettivi dell' azione pubblica sono quelli di assicurare da un lato la correttezza dei comportamenti e la competenza professionale degli operatori, dall' altro costi decrescenti delle azioni di disinquinamento.
Il successo di qualunque politica basata sulla regolamentazione dipende in primo luogo dalla capacità di imporre norme tecnicamente ed economicamente corrette ed in secondo luogo dalla capacità di attivare strutture amministrative in grado di verificare il rispetto della norma e, in caso di violazione, di applicare le opportune sanzioni.
Risultano pertanto efficaci strumenti di tipo amministrativo che creino le condizioni per il realizzarsi di:
- una effettiva concorrenzialità e trasparenza fra le imprese;
- meccanismi operativi e sistemi di controllo pubblico fattibili ed efficaci.
Posto che quello del trattamento dei rifiuti solidi e dei reflui è un mercato di dimensioni crescenti e che sempre più raffinate e complesse debbono essere le procedure e le tecnologie da impiegare, si dovranno valutare le ipotesi:
- di costituzione di specifici Albi delle imprese abilitate;
- di gestione (pubblica diretta, in concessione a consorzi pubblici e/o privati);
- di meccanismi di controllo sostanziali ed efficaci della più rigorosa tutela dell' interesse e della salute pubblica da parte delle imprese stesse;
- di criteri di attribuzione dei costi ai produttori dei reflui;
- di specializzazione delle tariffe per tipologie del rifiuto.
9.5 Progetto città
Nei capitoli relativi agli obiettivi e alle politiche da attuare nei confronti del sistema insediativo veneto sono chiaramente enunciate le esigenze di accrescere:
- l' efficienza del sistema di città;
- l' efficienza e la qualità di ogni singola città;
- il livello di integrazione tra diverse funzioni urbane.
Nel Veneto il sistema urbano, sia in complesso sia con riferimento a ciascuna delle città, ha fatto registrare in tempi recenti spinte contraddittorie alla trasformazione, in conseguenza soprattutto del variare del quadro economico generale, che è da lungo tempo in fase decisamente espansiva, e dei comportamenti collettivi, indotti anch' essi dai mutamenti socio-economici come l' incremento della motorizzazione privata, o la nuova appetibilità dei centri città dopo l' abbandono degli anni’ 60.
Si precisa che con il termine “ città ” ci si riferisce qui alla intera rete urbana veneta, che è formata dalle città maggiori, dai centri mandamentali, ma altres+ da sistemi minori fortemente integrati che configurano nel loro complesso realtà urbane articolate ed estremamente dinamiche il cui contributo all' economia regionale è di grandissimo rilievo e per le quali si possono e debbono predisporre progetti unitari di scala intercomunale.
I sistemi vallivi prealpini (della Lessinia e dell' alto vicentino) e tutta la fascia pedemontana configurano nel loro insieme sistemi urbani complessi e tendenzialmente integrati di cui va interpretata la vocazione ed esaltate le potenzialità.
L' obiettivo di puntare ad una crescita sostanziale dell' efficienza del sistema urbano veneto riguarda essenzialmente il settore delle “ comunicazioni ” (ampiamente sviluppato nel capitolo 7.4 del PRS) e la prospettiva di migliorare la rete infrastrutturale viaria e ancor più la creazione di un “ Sistema ferroviario metropolitano regionale ” (SFMR) che costituirebbe una fondamentale evoluzione qualitativa del sistema dei trasporti infraregionali.
Gli altri due obiettivi sono strettamente connessi al primo e tuttavia hanno caratteristiche diverse per la grande, potenziale diversità delle situazioni locali, la molteplicità dei soggetti interessati e le rispettive finalità, capacità e modalità di intervento.
Appare necessario predisporre un articolato “ Progetto-città ” per il quale si dovrà ricercare il concorso di soggetti diversi, sia interni alla Regione che al di fuori di essa. Sarà inoltre necessario combinare in modo efficace le:
- azioni dirette e attuative della Regione e di altre istituzioni coordinate dalla Regione stessa;
- azioni indirette e normative (o favorite da varie forme di incentivazione) tese a mobilitare interventi pubblici e privati.
Ma la componente più originale dell' azione regionale nell' ambito del “ Progetto-città ” può essere rappresentata dalla sua capacità di produrre piani e progetti, posto che la maggiore esigenza nella politica delle città è proprio quella di sciogliere nodi procedurali ormai inestricabili e, per altro verso, si avverte la mancanza di interpretazione e di prefigurazione di utili linee di azione futura. In molti casi, accanto alla individuazione delle risorse economiche e finanziarie pubbliche e private da mobilitare, sarà della massima importanza costituire la Regione quale punto di riferimento per la riflessione sui problemi e il coordinamento delle azioni.
Tra i temi da inserire nel progetto si possono segnalare i seguenti:
a) le relazioni fra le città del sistema.
Va fatta la simulazione degli effetti attesi nel procedere della realizzazione del sistema dei trasporti rispetto a variabili che non sono esclusivamente interne al settore dei trasporti ed alla sua efficienza, ma che investono obiettivi di diffusione del sistema di relazioni funzionale fra i centri e l' assetto attuale e futuro della intera rete urbana del Veneto. Il principale riferimento è relativo al “ sistema ferroviario regionale ” in termini di rete di trasporto di tipo “ metropolitano ”, a partire dal poligono Mestre-Castelfranco-Cittadella-Vicenza-Padova, per investire successivamente altri rami collegati a questo ed anche limitate ipotesi di integrazione. La accettazione di questa prospettiva e il suo sostegno portano con coerenza a definire quale campo di interesse del PRS la valutazione di una coerente distribuzione infraregionale di funzioni rare fra le città;
b) efficienza e qualità di ciscuna città.
Introduce altresì temi relativi all' efficienza e qualità di ciascuna città. Il primo di questi riguarda:
- il miglioramento dell' accessibilità ai “ centri città ”, sotto il profilo dell' avvicinamento dall' esterno, sotto quello del traffico urbano sia veicolare (pubblico e privato) che pedonale, sotto quello dei parcheggi e dei nodi di interscambio tra differenti modi di traffico;
- la individuazione delle funzioni da collegare ai punti di accesso alla città, di quelle da mantenere, da decentrare e/o da insediare nei centri urbani.
Le città hanno fino ad oggi adottato ogni misura per consentire l' accesso veicolare nei centri storici, sede di “ funzioni centrali ” la cui area di influenza interessa un vasto territorio e su cui convergono flussi rilevanti.
Tutte le misure adottate hanno ora raggiunto, nella maggior parte dei casi, la soglia della inefficacia e le prospettive che si aprono sono quelle di un progressivo allontanamento di quelle funzioni verso aree periferiche o del tutto esterne al contesto urbano (fenomeno del resto già abbondantemente documentabile) e per di più senza la capacità di creare nuovi e più efficenti “ luoghi centrali ”.
La congestione legata all' automobile investe inoltre ampie parti di città corrispondenti alla prima espansione otto-novecentesca a ridosso del tessuto più antico. Le isole pedonali o addirittura la pedonalizzazione dei centri o di parte di essi, tagliano il nodo della congestione veicolare delle aree centrali di antica formazione ma non fanno per ora parte di una strategia più complessiva di valorizzazione mirata della città che deve invece essere ben più esplicita, articolata e complessa.
Obiettivo è dunque quello di mantenere le città come sede elettiva di “ funzioni centrali ” preordinando però sia adeguati livelli di accessibilità complessiva ai centri storici, sia nuovi sistemi di aree adatte alla distribuzione intra-urbana delle funzioni prima richiamate in funzione delle mutate esigenze di gran parte di esse, della crescita del loro numero e di crescenti diversificazioni, di nuove richieste di organizzazione.
Appare opportuno agire su due programmi di intervento, distinti ma profondamente interconnessi:
1- gli “ accessi ” alle città : le stazioni ferroviarie e un articolato sistema di “ terminals ” con aree di sosta, servizi di accoglienza e informazione e scambio intermodale;
2- il censimento, la classificazione, i programmi di utilizzazione dei sistemi di immobili (aree ed/o edifici) in disuso o sottoutilizzati, di cui grandi e piccole città dispongono in misura non trascurabile e che vanno riguardati come una risorsa preziosa per la realizzazione degli obiettivi enunciati.
Quanto al punto 1 dovrebbero essere prese in considerazione prioritaria le città maggiori poichè in esse gli effetti congiunti di una rilevante domanda di spazi per servizi e i fenomeni di congestione in atto, hanno già innescato processi dando vita a molti episodi sia di dispersione che di compromissione della struttura delle aree centrali, senza lasciar intravvedere risposte organiche di qualità accettabile, nè prefigurate da programmi pubblici (le revisioni degli strumenti urbanistici), nè da coerenti investimenti privati.
Sono coinvolte dunque da un lato le “ aree ferroviarie ” che costituirebbero, nella ipotesi di realizzazione del SFMR le principali porte d' accesso a ciascuna città, e dall' altro le aree dismesse o liberabili che costituiscono un' importante “ risorsa ” nel processo di riorganizzazione di ciascuna città e della rete urbana nel suo complesso.
Va sottolineato tuttavia che le notazioni fin qui svolte prefigurano la articolazione in più parti di un problema che va considerato in modo sostanzialmente unitario ; non si tratta cioè di privilegiare pochi elementi del sistema ma di diffondere, tendenzialmente a tutte le città un obiettivo ed una prassi capaci di offrire una efficace organizzazione interna e una permeabilità ordinata e comprensibile agli utenti esterni, per far fare un salto di qualità non solo alla funzione produttiva, ma altresì culturale (la cultura delle città appunto) e sociale del Veneto. Pur valutando infatti positiva e legittima la concorrenza fra le città, è importante che non si accentuino gli squilibri e si mantenga la visione unitaria, regionale dunque, degli obiettivi di efficienza. Il lavoro va fatto in stretta intesa con le Amministrazioni comunali interessate, il contributo regionale dovrebbe riguardare:
- le ricerche comparate fra i diversi sistemi urbani (livelli di congestione, aree e immobili disponibili;
- le tendenze in atto nella distribuzione dei centri di servizio, promotori;
- i riferimenti per l' approfondimento dei problemi (gli esempi significativi in Italia ed all' estero);
- le priorità, le procedure per la promozione, eventuali incentivi;
- la fornitura di consulenze specialistiche.
Si tratta in definitiva di predisporre un " parco-progetti " per gli interventi sulle città, con il fine di promuovere alcuni interventi significativi e di essere in ogni momento pronti a indirizzare nella direzione più opportuna le risorse pubbliche (dai progetti regionali e locali, ai fondi F.I.O., ai programmi da sviluppare di concerto con il Ministero per le Aree Urbane, agli investimenti delle aziende pubbliche) e quelle dei privati interessati a investire nel rinnovamento e riattrezzatura della città;
c) programmi di riqualificazione urbana.
Un terzo gruppo di temi riguarda la " riqualificazione " di strutture esistenti, dalle aree di più nobile e antica struttura, alle periferie urbane, alle aree produttive, ai sistemi ambientali degradati. In tutti questi casi si può parlare dell' affermarsi sempre più convinto di un atteggiamento che si è fatto strada nella coscienza di tutti e sta diventando, sia pure ancora episodicamente, programma delle singole Amministrazioni comunali. Obietto del PRS è favorire, incentivare e orientare questo processo che investe a vasto raggio le strutture urbane, maggiori e minori con progetti di intervento su:
- i centri storici e i complessi monumentali in essi contenuti;
- le periferie urbane degradate.
d) questione abitativa.
Programmi articolati vanno infine predisposti in tema di politica della casa nelle aree a forte tensione abitativa. Pur se vi è un livello di soddisfacimento dei bisogni abitativi nel Veneto, sussistono tuttavia aree in cui il problema della casa è ancora acuto, segnatamente nei contesti urbani principali. Obiettivo del PRS non può che essere quello di attenuare tale problema nelle aree e per i soggetti che ne sono toccati.
Devono essere individuate poi le risposte in termini di offerta mobilitabile, di strumenti e campi (recupero edilizio, nuova offerta) in cui attuarla ; va affinato infine il controllo delle dinamiche di espulsione e di selezione dei residenti nelle aree centrali al fine di contenere gli effetti sociali indesiderati.
e) risanamento ambientale.
Si potranno infine considerare entro il “ Progetto-città ” i progetti di difesa dell' ambiente, nelle due articolazioni:
- abbattimento dei fenomeni di inquinamento generale (aria, acqua, suolo), con particolare cura per quanto attiene a quelli di carattere eminentemente urbano (da rumore, visivo);
- difesa e valorizzazione dei sistemi naturalistici e ambientali periurbani ed interni alla città, dei complessi di beni culturali e dei connessi sistemi edilizi e infrastrutturali storici.
9.6 Progetto ricerca ed innovazione
L' innovazione sia nella produzione che nell' organizzazione della vita sociale sarà una delle principali determinanti dei prossimi anni.
Alcuni settori (come l' industria, l' informazione, la ricerca scientifica) hanno già conosciuto, subìto e positivamente utilizzato gli effetti conseguenti all' innovazione. Altri si apprestano a seguirli.
La capacità di conoscere, dominare, utilizzare i nuovi metodi e le nuove potenzialità è elemento fondamentale di sviluppo. L' essenziale unità del processo innovativo, che coinvolge sia le fasi a monte della produzione (come la ricerca) che le fasi a valle (come il marketing), richiede che la politica regionale promuova l' incontro fra le tecnologie prodotte e l' impresa.
L' innovazione può essere prodotta direttamente o acquisita all' esterno. Alle Regioni è però istituzionalmente riservato un ruolo assai modesto, anche se le esperienze straniere hanno dimostrato l' importanza fondamentale dei “ distretti per l' innovazione ”.
In questo contesto si inserisce il presente progetto che viene proposto nella convinzione che il tessuto produttivo, scientifico, accademico e sociale del Veneto sia maturo per sviluppare, se opportunamente sollecitato e sostenuto, proprie iniziative.
La Regione pur nella ristrettezza dei mezzi materiali e delle competenze intende dare il massimo contributo e non solo finanziario.
Sono obiettivi del presente progetto:
1) acquisire il massimo di informazioni sulle possibilità offerte dalla strumentazione nazionale e CEE;
2) fornire ogni supporto istituzionale, infrastrutturale ed organizzativo per lo svilupparsi della ricerca e dell' in novazione;
3) favorire il manifestarsi delle potenzialità presenti nel le università, negli enti e centri scientifici e tecnolo gici anche in un nuovo rapporto di collaborazione con il settore privato e con gli enti locali;
4) sostenere le attività di ricerca e sviluppo del sistema di imprese sulla base di progetti settoriali e di con tratti individuali;
5) sostenere l' introduzione di nuove tecnologie nelle im prese specie in quelle medio-piccole e a organizzazione artigiana;
6) attivare strumenti per l' introduzione di metodi evoluti di organizzazione e gestione delle imprese;
7) incentivare l' accesso delle imprese medio-piccole e artigianali a servizi di elevata qualificazione;
8) promuovere mediante l' innovazione regionale una migliore sinergia tra le realtà locali, valorizzandone i “ giacimenti ” di know-how esistenti, e le dinamiche esterne alla regione;
9) valorizzare le complementarietà tra : l' amministrazione pubblica, le imprese locali, le università locali, considerando i rispettivi e diversi flussi di informazioni di tipo scientifico.
La strumentazione da predisporre è di non facile individuazione in quanto l' obiettivo fondamentalmente è quello di favorire e sostenere la “ creatività ” in un delicato rapporto tra sfera pubblica e sfera privata.
Si tratta quindi di individuare azioni caratterizzate dal massimo di flessibilità sia nell' intervenire nelle occasioni nascenti che nell' abbandonare iniziative prive di prospettiva. Il tutto in un quadro coordinato, ove siano chiare le scelte di priorità settoriale e di tipologia di intervento e ciò per non disperdere le già modeste risorse disponibili.
Dovranno essere elaborate nuove forme e modalità di sostegno finanziario all' introduzione dell' innovazione. Si dovrà tener conto del rischio che le imprese affrontano nell' applicazione dei nuovi metodi di produzione e delle dimensioni finanziarie minime che in genere gli investimenti di questo tipo richiedono. Dovrà pertanto essere riesaminata la legislazione vigente con l' elaborazione di una specifica legge organica che riorganizzi le attività regionali nel settore e che riconverta su questi obiettivi almeno in parte, le risorse di bilancio, privilegiando gli interventi strutturali rispetto a quelli di gestione. Dovranno essere valutati gli strumenti già predisposti (fondi di rotazione) e sulla base delle esperienze acquisite reindirizzati e potenziati nella dotazione finanziaria. Tali strumenti assicurano una elevata efficienza allocativa delle risorse e mobilitano, per l' effetto moltiplicativo, masse assai rilevanti di risorse finanziarie. Con ciò si creano le condizioni perchè si realizzino quelle iniziative che avevano già raggiunto lo stadio della decisione nei piani aziendali.
E' possibile che per gli investimenti innovativi sia necessario intervenire anche a sostegno delle fasi di individuazione e progettazione dell' intervento. Ciò comporta attività di consulenza per:
- informazione all' imprenditore sulle opportunità innovative;
- valutazione tecnica ed economica degli effetti dell' investimento considerato;
- valutazione delle conseguenze per l' azienda del mancato investimento.
E' necessario inoltre individuare forme di sostegno per la limitazione dei rischi (talvolta poco valutabili) relativi all' introduzione di processi innovativi.
Questi aspetti diventano sempre più rilevanti al diminuire della dimensione aziendale ed è pertanto difficile individuare modalità di intervento standardizzate e valide per tutte le situazioni. Al contrario devono essere creati strumenti flessibili che si adeguino automaticamente ai risultati della valutazione di efficacia di quelli già realizzati.
Contributi diretti ed indiretti, sostegno ad azioni di corresponsabilizzazione imprenditoriale ed incentivi sono modalità di intervento da utilizzare secondo questi criteri ed in un cocktail da determinare caso per caso.
E' necessario poi potenziare e coordinare le politiche per la formazione di tutti i soggetti coinvolti dai processi innovativi riqualificandoli rispetto alle nuove tecnologie o aprendoli culturalmente alle prospettive di lungo periodo. A questo scopo si deve:
- coordinare le esigenze del settore con l' azione di riqualificazione del sistema della formazione;
- dar vita a specifiche figure professionali legate all' innovazione anche con azioni di riqualificazione del personale in azienda;
- attivare stages, corsi di perfezionamento e viaggi di studio all' estero per teorici ricercatori ed imprenditori.
L' università, come è stato più volte sottolineato (cfr. Progetto università) ha un ruolo importante in quanto luogo di formazione e di sviluppo della ricerca. Le integrazioni tra università e struttura produttiva sono state peraltro finora abbastanza modeste anche per i vincoli istituzionali che il sistema legislativo italiano (diversamente che negli altri paesi) impone.
La legge statale 705/85 pur non portando sostanziali modifiche al sistema esistente ha autorizzato le università a partecipare a società e consorzi. La Regione ha colto immediatamente questa occasione dando vita ad una legge per la costituzione di una “ S.p.a. per l' innovazione ” nella quale l' università ha un ruolo di primaria importanza.
La Società è uno strumento trasversale che può supportare molte delle azioni sopradescritte, ma solo la pratica attuazione ne potrà verificare la reale capacità operativa. Essa dovrebbe costituire punto di coagulo delle capacità di ricerca e invenzione di quei settori dell' università che non hanno ancora trovato modo di esprimersi in un rapporto diretto o con l' iniziativa privata o con il sistema del finanziamento pubblico.
La SPA dovrebbe quindi creare il luogo logico (il luogo fisico dovrebbe prevalentemente restare nelle università) dove cultura, impegno, risorse materiali e finanziarie, personale tecnico e organizzativo, confluiscono per lo sviluppo di specifiche iniziative.
Le capacità di attivazione della SPA non vanno immaginate solo rispetto a ricerche tecnico-ingegneristiche, possono infatti svilupparsi anche iniziative in campo economico sociale, dei beni storico artistico, del turismo, dell' ambiente. Su questo ultimo tema la Società svilupperà un particolare impegno che dovrà essere adeguatamente sostenuto dalla Regione in termini finanziari.
Nel breve periodo oltre ad essere individuate le azioni da realizzare con la costituenda Società, dovranno essere anche rivisti il ruolo e l' organizzazione degli enti strumentali. Per la pratica attuazione dei complessi obiettivi enunciati è infatti necessario disporre di strutture caratterizzate da alta dinamicità, capacità e flessibilità.
Per quanto riguarda il settore primario le connesse attività di trasformazione, le attività di ricerca sono sviluppate essenzialmente all' estero e stanno conducendo a risultati sino a ieri inimmaginabili, specie nel campo della nuova biologia applicata (incrementi di produttività, resistenza alle malattie, trasmissione progettata di particolari caratteri genetici).
Per il Veneto, si tratta di supportare, nell' ambito del generale progetto di ricerca e di innovazione, un' azione strategica volta a favorire una concentrazione di risorse umane (studiosi e ricercatori) e di strutture (biblioteche, laboratori), capace di dare vita a “ poli tecnologici ” dedicati alla ricerca e sperimentazione in quelle realtà ove è possibile concretizzare effettive collaborazioni tra università e mondo produttivo quali i già citati poli di Legnaro e Verona (ZAI).
Tali poli dovranno collocarsi laddove maggiori e più diversificate sono le fonti di conoscenza ed i centri di studio. L' Università di Padova è uno dei luoghi dove esistono tali condizioni, potendo contare su fondamentali istituti di ricerca e strutture parallele (Istituti di chimica, biologia, farmacia ; Facoltà di agraria ; Azienda sperimentale ; Istituto zooprofilattico ed altri, Esav e proprie aziende speciali). Si configura quindi quali complessi organici di competenze tecnico-scientifiche capaci di attivare una sufficiente " massa critica " e possono costituire, pertanto, punti di riferimento essenziali per la realizzazione di " poli tecnologici " per le attività primarie.
Parte integrante dell' operatività del polo sono i centri e gli Istituti di ricerca nel settore agricolo del Veneto, primo fra tutti l' Istituto di tecnica e sperimentazione lattiero-casearia di Thiene che ha già presentato al F.I.O. - ottenendone l' ammissibilità al finanziamento uno specifico progetto.
Nell' ambito del “ polo tecnologico ” dovrà essere prodotta sia ricerca applicata sia ricerca di base, e ciò secondo linee programmatiche che concentrino le risorse disponibili nel conseguimento di obiettivi strategici per la realtà agricola ed agro-alimentare regionale.
Tra i suddetti obiettivi assume particolare rilevanza il contributo del “ polo tecnologico ” allo sviluppo delle conoscenze e delle tecnologie per la selezione e la caratterizzazione di organismi e micro-organismi operanti nell' ambito dei processi produttivi primari (produzioni agricole ; produzioni ittiche) e nei processi di trasformazione (alimentare e non alimentare) mediante tecniche di ingegneria genetica. Assume inoltre particolare importanza, nell' ambito del polo medesimo, il coordinamento istituzionalizzato delle attività di ricerca e sperimentazione svolte dalle diverse strutture operanti nella Regione.
Da ultimo, al potenziamento ed al coordinamento della ricerca non potrà non affiancarsi - nell' ambito del generale Progetto Ricerca e Innovazione - il potenziamento delle strutture commerciali e fieristiche aventi dimensioni e caratteristiche strategiche, ciò al fine di conseguire le massime sinergie all' interno del sistema agro-alimentare. A tale riguardo, la Fiera di Verona e l' Agricenter si configurano quali centri di risonanza internazionale, capaci (il primo) di veicolare importantissimi flussi di innovazione tecnologica e di fornire (il secondo) i più efficaci e sofisticati servizi alla commercializzazione.
9.7 Progetto informatica e telematica
L' evoluzione delle tecnologie informatiche e la loro diffusione, avvenuta negli ultimi anni, ha portato come conseguenza una drastica riduzione degli oneri di investimento necessari alla diffusione della stessa.
La continua contrazione dei costi dell' hardware e l' economia di scala ottenibile dall' uso di procedure software standardizzate creano quindi i presupposti per una capillare diffusione degli strumenti informatici. Si può indubbiamente affermare di essere alla nascita della “ rivoluzione informatica ”.
Il livello raggiunto dalle utilizzazioni e dalle tecnologie informatiche mette sempre più in evidenza il lento progredire delle funzionalità telematiche messe a disposizione dal gestore pubblico.
Si rileva pertanto uno sfasamento fra lo sviluppo dell' informatica e quello della telematica ; mentre la loro interconnessione, ormai sempre più elevata, rende imprescindibile un rapido recupero della parte più arretrata per non bloccare l' intero sviluppo tecnologico del settore.
La rivoluzione informatica sopra citata sarà indubbiamente esaltata dalla disponibilità di strumenti telematici ai diversi livelli : locali (reti aziendali, dipartimentali) e geografici (reti regionali e territoriali in senso lato).
Non a caso si è voluto accennare nel paragrafo 7.4.4 (rete di comunicazione dati e informazione) al progetto fibre ottiche (sottoprogetto delle reti telematiche) come contributo significativo allo sviluppo regionale. Questa rete deve costituire l' apparato portante della trasmissione e diffusione dell' informazione. Questa scelta nasce dall' esigenza di ridurre al minimo il movimento di supporti cartacei e di persone per il trasferimento delle informazioni (uso ottimale dei sistemi postali tradizionali, immediata disponibilità delle informazioni con grado di validità e aggiornamento).
Queste nuove condizioni di convenienza all' uso di strumenti informatici indurrà notevoli modificazioni nei processi di organizzazione dei soggetti singoli (privati, imprese, P.A.) e dei servizi collettivi. Tali modificazioni saranno indotte da due diverse ed in molti casi separate motivazioni : diminuzione dei costi e formazione di nuovi servizi nell' organizzazione di imprese e nei servizi pubblici, questo secondo aspetto è sicuramente il più importante e quello maggiormente capace di indurre vantaggi al sistema produttivo e alla qualità della vita.
L' introduzione di massicce quantità di informatica nella vita quotidiana è un processo ineluttabile in parte già iniziato. La velocità con la quale la nostra comunità sarà in grado di acquisire le nuove metodologie di lavoro sarà invece una discriminante nei tassi relativi di crescita e non solo produttiva.
E' indubbio che questo processo di diffusione dell' informatica è già in atto nel Veneto. Si ritiene tuttavia che una maggiore opera di sensibilizzazione e un maggior supporto al suo sviluppo possano contribuire ad un apprezzabile ammodernamento delle strutture produttive traducibile in un aumento di qualche frazione di punto del tasso di incremento del P.I.L.
La Regione assume pertanto come proprio obiettivo la promozione del processo di informatizzazione regionale mediante :
- diffusione della “ cultura ” informatica;
- incentivazione alla formazione di sistemi informativi telematici;
- infrastrutturazione telematica della regione;
- miglioramento delle condizioni di offerta dei servizi telematici.
Oltre a garantire le migliori condizioni esterne il progetto dovrà organizzare in modo organico i settori di specifica competenza diretta o in collaborazione con gli Enti Locali regionali. Le aree di maggior attenzione sono : anagrafi, finanza locale, urbanistica e territorio.
In queste materie i sistemi informativi si dovranno basare più su collegamenti logici che fisici. Vuol dire che non essendo necessarie elaborazioni in tempo reale è sufficiente individuare ed applicare standard di organizzazione delle informazioni:
Socio-sanitaria
Oltre ad una integrazione dei sistemi amministrativi ed organizzativi, devono essere sviluppate procedure che permettano di fornire, tramite verifiche in tempo reale, nuovi servizi sia agli operatori curanti (disponibilità di ricoveri, di analisi, di specialisti, cartella clinica), che ai malati (prenotazioni da medico curante, informazioni, responsi). Gli standard utilizzati dovranno permettere livelli molto diffusi ed economici di articolazione della rete;
Turismo
Informazioni, descrizione dell' offerta dei servizi esistenti e disponibilità della ricettività, prenotazioni. In questo comparto il progetto dovrà verificare e definire la convenienza, mediante analisi costi-benefici o con altre metodologie, ad operare in tempo reale;
Agrometerologia e lotta fitosanitaria, difesa dalle piene e tutela ambientale
Esistono già consistenti iniziative regionali che vanno integrate e potenziate. Le informazioni disponibili devono essere capillarmente diffuse ai singoli operatori (aziende agricole) in modo che possano essere attuate metodologie di coltivazione, di concimazione e di trattamento antiparassitario in modo ottimale e nella misura più bassa possibile;
Servizi socio-assistenziali
Tele-soccorso, tele-assistenza e servizi analoghi;
Servizi ad utenza diffusa
In generale devono essere individuati quei servizi che possono beneficiare del sistema telematico (ad esempio : biblioteche). Le possibilità sono molte e probabilmente ancora non compiutamente avvertite.
Nell' ottica di creare le premesse per quanto sopra, si dovrà affrontare l' esame della possibilità concreta di costituire una “ joint venture ” tra Regione e SIP per la realizzazione sperimentale nel Veneto di una rete telematica ad alta velocità, inizialmente per la “ grande utenza ”. Sia la Regione che la SIP diventano quindi soggetti proponenti, non solo utilizzatori, di un sistema di comunicazione che per aspetti fisici e contenutistici, intende proporsi all' intero mondo culturale e socio-econo mico del territorio. Questo progetto dovrà valutare le diverse ipotesi di utenza, i vari fabbisogni tecnologici (rame vecchio, rame nuovo, fibre ottiche), i diversi costi nelle varie ipotesi, nonchè la situazione giuridica e convenzionale da instaurare con la SIP. Un apposito progetto è stato presentato al FIO dall Regione Veneto in pieno accordo con la SIP.
9.8 Progetto “ Terzo Settore ”
Una pluralità di ricerche in ambito nazionale e regionale hanno confermato la continua crescita, a partire dai primi anni Ottanta, di un complesso e articolato sistema di partecipazione attiva dei cittadini a fianco all' azione dello Stato e del sistema delle imprese.
Queste varie forme di aggregazione sociale, dove hanno largo spazio le presenze giovanili, riconducono sostanzialmente il loro impegno civile a motivazioni solidaristiche connesse a motivazioni culturali ed etico sociali.
Nell' insieme, questa nuova dimensione della società complessa viene unificata nella definizione di “ Terzo Settore ” : polo di grande interesse per la produzione di servizi e di senso comunitario, che si inserisce fra Stato e Mercato riequilibrando il loro rapporto con la forte carica valoriale che contraddistingue i gruppi di impegno sociale.
La disponibilità all' azione volontaria e all' associazionismo si rivela ovunque sintomo di spirito anti-totalitario, costituendo un patrimonio da tutelare per la sua esaltazione della gratuità, per il suo essere concreta risorsa di autorealizzazione personale e comunitaria, opponendosi con efficacia alla mercificazione e alla standardizzazione delle culture locali.
Le Venezie, e il Veneto in particolare, registrano indici dell' associazionismo sociale tra i più elevati su scala nazionale, a dimostrazione di una continuità tra sistema di valori, tradizioni e sviluppo, sostanziata dallo spirito di servizio nei confronti del “ prossimo ” e della società nel suo complesso.
Una comunità policentrica e policulturale quale è il Veneto, oggi interessata da fenomeni di invecchiamento della popolazione e dove aumenta la presenza di portatori di culture diverse (“ lo straniero ” : sia esso il turista, il lavoratore immigrato da aree extra-europee, il nomade), non può che trarre giovamento dall' impegno solidaristico espresso dai gruppi che spontaneamente si organizzano per la gestione di processi culturali e di servizi assistenziali in favore delle persone maggiormente esposte al rischio della emarginazione o della estraneazione. Tipica, a questo proposito, l' azione di “ accoglienza ” che potrà essere svolta dal terzo settore nei riguardi della immigrazione dall' esterno che è da attendersi per i prossimi anni.
Il principio delle “ pari opportunità ” (cfr. 5.1.1 e 7.3.4) richiamato tra le grandi opzioni politiche del PRS per assicurare a tutti coloro che vivono nel Veneto la piena realizzazione delle loro identità culturali e sociali (si tratti di donne o di uomini, di giovani o di anziani, di montanari o di pianigiani, di autoctoni o di immigrati) può trovare concreta realizzazione fruendo di tutte le forme di volontariato e di associazionismo sociale che fanno parte del “ Terzo Settore ”.
Nel Veneto, dove i servizi pubblici del settore socio-sanitario sono di buon livello tecnico, l' intervento del volontariato e dell' associazionismo sociale può alleviare la degenerazione burocratica che spesso impone costi umani non facilmente quantificabili ma cospicui alle categorie più bisognose di solidarietà.
In relazione a tutto questo ambito di attività assistenziali in favore degli anziani disabili, delle famiglie gravate da condizioni che di fatto limitano le “ pari opportunità ”, degli “ stranieri ” desiderosi di integrazione con la cultura locale, vanno in primo luogo individuate capillarmente le componenti del “ Terzo Settore ” nei suoi sottosistemi, vanno studiate le forme giuridiche ed economiche più idonee ad attivarne gli interventi, vanno studiati gli ambiti d' intervento e le modalità finanziarie delle azioni, vanno consolidate professionalmente e incentivate nella costituzione tutte le strutture che si ritengono atte alla produzione dei servizi sociali ad alto contenuto valoriale.
Lo slancio di solidarietà e il desiderio di realizzare il benessere comunitario sono gli elementi che unificano le diverse realtà del “ Terzo Settore ”, le quali vanno tuttavia distinte e colte nella loro specificità.
Il volontariato, in senso generale, si fonda sulla gratuità e sull' intervento in favore delle categorie più disagiate nella società. Talvolta questi ambiti producono altre forme di solidarietà sociale organizzata, che in questi anni hanno assunto in particolare l' indirizzo di cooperative di solidarietà sociale, attività senza fini di lucro gestite in forma cooperativa che mirano all' inserimento nel lavoro di soggetti in difficoltà, riunendo risorse materiali e risorse umane fornite da soci retribuiti e da soci volontari.
Nel complesso del “ Terzo Settore ” rientrano poi le numerose Assiociazioni con finalità diverse (educative, ricreative, turistiche, ecologico-ambientali, operanti nella comunicazione, fra ex-emigranti, per la cooperazione internazionale), nelle quali l' azione dei soci, pur se gratuita, è principalmente rivolta all' interesse degli associati medesimi.
Volontariato, cooperazione sociale, associazio nismo, formano una rete di “ solidarietà intermedie ” la cui forte trama dà sostegno alle più immediate forme di solidarietà dei gruppi e dei singoli.
Il positivo allungamento dell' età media di vita pone problemi di organizzazione alla nostra società. In questo ambito è opportuno favorire iniziative atte a consentire un passaggio graduale dalla fase di lavoro a quella di non lavoro valorizzando le potenzialità di esperienza e di professionalità.
Per questi soggetti è necessario favorire l' organizzazione di forme di impiego che da una parte utilizzino la capacità lavorativa e professionale ancora disponibile e dall' altra garantiscano modalità non traumatiche di uscita dal mercato del lavoro istituzionalizzato.
La consapevolezza di poter svolgere ancora una funzione sociale, organizzata secondo modalità confacenti all' età e alle condizioni fisiche dell' anziano, contribuirebbe a dare a questo una sicurezza interiore ed uno scopo di vita.
Per questo l' attenzione rivolta nella programmazione regionale al “ Terzo Settore ” non ha solo valore pratico di creazione di nuovi posti di lavoro o di stimolo alla intrapresa, ma acquista il significato duraturo di opzione comunitaria nella gestione della società.
La redazione del progetto “ Terzo Settore ” dovrà mettere la Regione in grado di sviluppare una originale e sistematica politica, capace di superare le logiche puramente tecnocratiche, ricomponendo tra l' altro le competenze relative a queste attività spontanee oggi disperse tra una pluralità di settori burocratici, fornendo anche un contributo di legislazione all' Amministrazione centrale per quanto riguarda le normative di lavoro e il trattamento fiscale.
Il progetto dovrà anche individuare nuove tipologie giuridiche ed amministrative che permettano di erogare i fondi destinati a questo settore secondo modalità ad esso confacenti.
9.9 Progetto Università venete
Benchè si tratti di una materia, in linea di massima, non di competenza regionale non si può tuttavia dimenticare che lùniversità costituisce il livello più alto nella formazione scientifica, la sede di più lunga e prestigiosa tradizione di ricerca fondamentale interlocutore per la costruzione delle più impegnative scelte che la società civile compie. Processi innovativi dunque e formazione dellùomo richiedono una università attiva, efficiente, ben collegata ai problemi che il nostro tempo propone.
Va anche sottolineato il fatto che la significativa presenza di studenti stranieri e le correnti di scambio con nostri studenti all' estero sono un continuo e forte canale di ulteriore confronto tra società e culture diverse, comunque, di internazionalizzazione dell' economia veneta. Inoltre è chiaro il ruolo che possono esercitare le università in tema di innovazione, sia essa intesa negli aspetti scientifico-tecnologici che organizzativi. Ancora si deve ricordare che la funzione universitaria è chiaramente un tipico “ terziario avanzato ”, con tutte le conseguenze positive che la sua presenza comporta sul ruolo delle città e del territorio.
A questo proposito la Regione dovrà individuare tutte le possibili forme di collaborazione utilizzando in particolare le possibilità offerte dalla legge n. 705/85.
Per l' insieme di questi motivi la Regione intende istituire un “ tavolo permanente di consultazione ” tra istituzioni universitarie, Regione ed eventualmente altre forze economico-sociali, per mettere a fuoco sia quanto le università si attendono dalla società veneta sia quanto la società veneta si attende dalla funzione universitaria.
In particolare si dovranno affrontare segnatamente i seguenti temi:
- concertazione sui problemi di distribuzione delle facoltà tra le diverse sedi universitarie per evitare sia inutili duplicazioni sia fenomeni congestizi;
- creazione di quelle facoltà, corsi di laurea, scuole dirette a fini speciali o scuole di specializzazione che oggi non sono presenti sul territorio veneto, ma che potrebbero essere giudicati opportuni in vista di allargare la gamma qualitativa dell' offerta di istruzione universitaria;
- verificare i possibili conflitti o problemi di espansione delle strutture fisiche direttamente o indirettamente connesse alle università, da considerare puntualmente nell' ambito del “ Progetto città ” e, in tale contesto, le possibilità di una distribuzione più diffusa sul territorio di parti organiche dell' insegnamento universitario (bienni, corsi speciali);
- veicolare, attraverso il “ tavolo permanente di consultazione ” le esigenze e le aspettative della società e dell' economia nei riguardi del mondo universitario, proponendo le forme organizzative più opportune a partire dallo sfruttamento di tutte le possibilità offerte dalla “ S.p.A. per l' Innnovazione ” (l' autorizzazione a costituirla è contenuta nella L.R. 6/9/88, n. 45 cfr. 6.4). Si insiste fin d' ora su questo aspetto poichè, in generale, il raggiungimento di obiettivi diversi comporta anche forme organizzative diversificate : si pensi, ad esempio, alle forme più avanzate di formazione professionale e imprenditoriale o, per converso, a organismi di consulenza tecnica organizzativa ed economica sino ad arrivare alla certificazione di prodotti e di processi;
- verifica delle funzioni degli E.S.U. (e loro eventuale trasformazione organizzativa resa possibile dalla competenza in materia della Regione) in vista di superare l' approccio meramente assistenziale oggi prevalente, e garantire un tipo di assistenza funzionale al miglior rendimento degli anni che gli studenti dedicano alla loro formazione universitaria. Ciò anche in rapporto ai nuovi problemi posti dai crescenti scambi di studenti, attivati nell' ambito di programmi internazionali (ERASMUS fra i più rilevanti) di cooperazione e formazione tecnica e culturale a livello universitario.
Si considerano questi temi fondamentali a partire da questi il “ tavolo permanente di consultazione ” potrà costruire un vero e proprio “ Progetto università ”
9.10 Progetto turismo
a) I presenti indirizzi costituiscono la traccia dei temi che dovranno essere affrontati nella redazione del “ Progetto Turismo ” secondo un' ottica tendente a mettere in evidenza i problemi strategici che il turismo veneto si troverà ad affrontare nei prossimi anni e le opzioni di politica turistica che questi aprono. Una definizione attenta dei contenuti del “ Progetto ” si rende necessaria per la novità, nel Veneto, di una considerazione globale delle prospettive e dei problemi del turismo anche e soprattutto in funzione della delicata fase attraverso la quale le attività turistiche venete dovranno necessariamente passare nei prossimi anni.
Le problematiche da affrontare nel “ Progetto ” dovranno venir precisate tenendo anzitutto conto:
- delle indicazioni già contenute nel sistema dei piani regionali approvati, adottati o in corso di adozione;
- delle esigenze espresse dagli amministratori e dagli operatori del settore che già hanno dato un positivo apporto in sede di pareri e consultazioni sul PRS, ma che sarà opportuno sentire in maniera più specifica e approfondita;
- delle indicazioni di politica turistica nazionale;
- delle esperienze maturate anche in altre regioni italiane in materia di programmazione turistica;
- del quadro delle competenze nazionali, regionali e locali in materia di turismo.
b) Nonostante la positiva tradizione, del settore, l' importanza economica del turismo è diventata sempre più generalmente evidente. Anche solo fino a pochi anni fa l' apporto turistico si limitava a completare la base economica di molte località che restavano sostanzialmente agricole o vivevano la loro fase di industrializzazione.
Sono invece oggi ormai numerosi i casi di comunità che vivono di turismo e nelle quali agricoltura e artigianato sopravvivono come attività marginali, per di più spesso prevalentemente fondate proprio sulla domanda turistica.
La crescita impetuosa del turismo di massa degli ultimi quindici-venti anni ha fatto s+ che, nel momento stesso nel quale ci si rendeva conto dell' importanza del turismo in termini di reddito e di occupazione (per esempio superiore, in Italia nei primi anni ottanta, a quello del pur notevole “ sistema moda ”), si avvertissero anche i primi segni di disagio quali il deterioramento ambientale, la caduta della qualità del “ prodotto ” offerto e il conseguente scoraggiamento della domanda.
La situazione, che può apparire paradossale, si spiega per la particolare composizione del “ prodotto turistico ”, che è fatto prima di tutto di servizi forniti da beni pubblici sostanzialmente non riproducibili (si tratti di beni naturali quali l' aria l' acqua il sole o il paesaggio delle spiagge dei monti o dei laghi, oppure di beni storico-artistici quali interi centri storici, singoli monumenti, opere d' arte) ceduti ai turisti a prezzo zero.
I beni e servizi privati riproducibili venduti ai turisti (dalla residenza, alla ristorazione, ai trasporti, ai souvenirs), pur essendo la fonte del reddito prodotto dall' attività turistica, non sono che dei complementi, per quanto necessari, dell' offerta costituita da beni pubblici non riproducibili.
E' intuibile che in questa situazione, di fronte a una crescita molto rapida della domanda di turismo, la risposta, in termini di adeguamento dell' offerta di servizi e beni turistici privati, risolve il problema solo fintantochè non si creano situazioni di concorrenza nellùso dei beni turistici pubblici non riproducibili (si pensi all' eccesso di alberghi su di una spiaggia o vicino a una pista da sci, o al miglioramento dell' accessibilità verso un centro storico).
Non appena ci si avvicina a situazioni del genere diventa evidente la divaricazione tra benefici privati, per quanto socialmente rilevanti, (il reddito e l' occupazione garantiti dalla produzione dei beni turistici privati) e i costi pubblici di conservazione delle risorse naturali e storiche che attraggono i flussi di turisti.
La ricomposizione dell' interesse collettivo al mantenimento dei beni turistici pubblici (e quindi della capacità di attrazione turistica) nel lungo periodo non può che essere perseguita dall' operatore pubblico con piani formulati in un' ottica diversa e comunque di più lungo periodo rispetto a quella propria dell' operatore privato.
c) Il verificarsi o meno di situazioni di congestione nell' uso dei beni pubblici che si pongono come elementi di attrazione turistica diventa il criterio di selezione tra due impostazioni di politica turistica sostanzialmente diverse.
Se il sistema di questi elementi turistici non risulta congestionato, se esistono margini di capacità di accoglienza da sfruttare, le politiche da impostare sono essenzialmente politiche di promozione turistica. E, in effetti, le politiche si sono finora generalmente indirizzate a far conoscere le proprie attrazioni, a creare e mantenere un' immagine turistica e a massimizzare il flusso di visitatori.
Se invece il sistema degli elementi di attrazione tende a manifestare situazioni, anche sporadiche, di congestione, le politiche tradizionali possono rivelarsi contropro ducenti e vanno sostituite con politiche più sofisticate di gestione delle risorse turistiche.
In generale la congestione di una risorsa turistica si traduce in fattori negativi sia per il turista che per la comunità che lo ospita. I fattori negativi che interessano il turista si traducono rapidamente in potenti disincentivi (l' eccesso di presenze turistiche su di una spiaggia o in una località montana scoraggia le visite future e diventa causa di “ crisi ” di quella economia turistica) ; quelle che investono le comunità ospitanti (come prezzi più elevati, servizi pubblici congestionati, spiazzamento di altre attività produttive), si traducono in atteggiamenti che, alla lunga, possono anch' essi deteriorare l' immagine e la capacità di attrazione di una località turistica.
Naturalmente ma questo “ naturalmente ” va vigorosamente sottolineato allo stesso risultato di “ crisi turistica ” si rischia di giungere anche là dove le risorse turistiche naturali o storiche non vengono protette e si deteriorano anche indipendentemente dallùso turistico (deterioramento per inquinamento delle risorse naturali, distruzione o dispersione delle risorse storico-artistiche).
Questo non significa che le politiche di promozione non abbiano più alcun senso ; esse però passano, dal punto di vista logico, in secondo piano, venendo dopo le politiche di identificazione, valorizzazione e conservazione delle risorse turistiche.
d) Se la situazione veneta - che va mostrando segni di congestione nei suoi luoghi classici di attrazione turistica, da Venezia a Cortina d' Ampezzo, dal Garda alle coste adriatiche, ma che contemporaneamente possiede molti altri attrattori turistici (ad esempio i centri storici minori e le aree collinari) suscettibili di una utilizzazione più intensa - impone di impostare il “ Progetto ” in termini di gestione e promozione delle rilevanti risorse turistiche regionali, queste politiche dovranno a loro volta tener conto delle evoluzioni in atto nei comportamenti della domanda turistica.
Nel caso veneto, che si caratterizza per l' importanza della domanda turistica straniera, il “ Progetto ” dovrà fondarsi su alcune ipotesi, anche alternative, che tengano conto delle tendenze che si vanno manifestando nelle correnti turistiche mondiali. La composizione dei flussi per paesi di origine, la distinzione tra turismo “ sole-mare ” e turismo “ viaggio-città d' arte ”, la distinzione tra vacanze lunghe e vacanze corte-ripetute, sono solo alcune delle caratteristiche del turismo in profonda evoluzione e possono, prevalendo l' una o l' altra, decretare il successo o la crisi di questa o quella località turistica. Altra componente della domanda turistica in rapida evoluzione è quella dell' escursionismo (o visite turistiche che si esauriscono nell' arco di una giornata).
Per questo fenomeno, pur in carenza di informazioni precise, vi è la netta sensazione di una crescita continua e sostenuta. L' importanza per il Veneto di questa quota della domanda turistica sta nel fatto che essa tende a coinvolgere anche aree (campagna, collina, area pedemontana, centri storici minori) meno interessate dal turismo stanziale tradizionale.
Da ultimo dovranno essere opportunamente valutate le potenzialità che possono essere offerte dal turismo generato dalle persone uscite dal mercato del lavoro sia per pensionamento che per altre cause. Tali persone, dotate generalmente di discrete disponibilità economiche e desiderose di impiegare convenientemente il tempo libero, possono alimentare quote di domanda finora non conosciuta.
e) Una attenzione tutta particolare andrà dedicata a Venezia, di gran lunga la risorsa turistica più rilevante a scala regionale. Di essa ci si dovrà occupare sia come punto evidente di congestione del sistema turistico regionale sia come elemento di attrazione capace di sostenere flussi turistici che producono effetti di reddito e occupazione in molte regioni italiane e della stessa comunità Alpe-Adria.
f) In definitiva il “ Progetto ” dovrà concentrare in concreto la sua analisi e le sue proposte tenendo conto della distinzione operata tra “ promozione turistica ” e gestione delle “ risorse turistiche ”. Il che significa impostare un “ Progetto ” che si proponga come insieme di obiettivi quelli della identificazione, conservazione e valorizzazione delle sue risorse turistiche in modi e misure tali da garantire la massima competitività (qualitativa e di lungo periodo) in relazione alle offerte turistiche concorrenti, così come il rispetto della qualità della vita nelle comunità accoglienza.


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