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Legge regionale 8 gennaio 1991, n. 1 (BUR n. 3/1991)

Disposizioni per l'innovazione in agricoltura e programma regionale di sviluppo agricolo e forestale per il periodo 1990/1994

Sommario: Legge Regionale 1/1991
S O M M A R I O
Legge regionale 8 gennaio 1991, n. 1 (BUR n. 3/1991)

DISPOSIZIONI PER L'INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA E PROGRAMMA REGIONALE DI SVILUPPO AGRICOLO E FORESTALE PER IL PERIODO 1990/1994.

Titolo I
Disposizioni generali

Art. 1 - Finalità.

Omissis ( 1)

Art. 2 - Criteri generali.

Omissis ( 2)

Titolo II
Programmazione e deleghe

Art. 3 - Programma regionale di sviluppo agricolo e forestale.

1. E' approvato il Programma regionale di sviluppo agricolo e forestale (PSAF) nel testo allegato alla presente legge, con efficacia vincolante per l'attività della Regione e degli enti strumentali e quale strumento di indirizzo e coordinamento per gli enti locali.
2. Il PSAF rappresenta, nell'ambito del Programma regionale di sviluppo (PRS) e del Piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC), il provvedimento quadro della programmazione regionale nei settori agricolo e forestale e costituisce il raccordo propositivo e ricettivo delle determinazioni del Piano agricolo nazionale, del Piano forestale nazionale e della Politica agricola comunitaria.
3. In ordine alle esigenze della programmazione, la Giunta regionale entro un anno dall'approvazione del PSAF predispone, al fine dell'approvazione da parte del Consiglio, prioritariamente i seguenti piani specifici:
a) agricolo-ambientale e per la difesa fito-patologica;
b) agricolo-alimentare: per la ristrutturazione del settore vitivinicolo; per il rilancio del settore zootecnico-lattiero-caseario; per il settore orto-frutticolo e per la riconversione delle produzioni alle esigenze del mercato; per il settore vivaistico e floricolo, nonchè per la ristrutturazione del comparto della lavorazione dei prodotti agricoli e zootecnici;
c) per il settore della pesca e dell'acquacoltura;
d) per lo sviluppo socio-economico e ambientale della montagna;
e) per lo sviluppo dell'apicoltura;
f) piano per la ricostituzione delle alberature in zona rurale.
4. La Giunta regionale approva i documenti di attuazione, ivi compresi i piani esecutivi, in applicazione degli indirizzi e obiettivi del PSAF e dei relativi aggiornamenti approvati dal Consiglio e dei piani specifici vigenti. (3)

Art. 4 - Deleghe di funzioni amministrative.

1. Sono delegate alle province e alle comunità montane per le aree di competenza le funzioni amministrative riguardanti:
a) gli interventi nel settore delle infrastrutture rurali concernenti opere di approvvigionamento di acqua potabile, distribuzione di energia elettrica, costruzione e riattamento di strade vicinali di cui all' art. 28 della legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 ;
b) gli interventi sulle unità produttive concernenti la costruzione, l'ampliamento, il radicale riattamento e il restauro conservativo di fabbricati destinati ad abitazione dei coltivatori di cui alla lettera d), commi 3 e 4, dell' art. 32 della legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 .
2. La Giunta regionale approva le direttive per la gestione delle funzioni delegate, provvede per la messa a disposizione del personale necessario e, in base alle disponibilità finanziarie recate dal bilancio, assegna le risorse alle province e alle comunità montane.
3. In caso di inadempienza la Giunta regionale adotta i conseguenti provvedimenti surrogatori.

Titolo III
Strumenti per l'innovazione dell'agricoltura

Art. 5 - Polo tecnologico e Agricenter.

Omissis ( 4)

Art. 6 - Istituto lattiero-caseario e di biotecnologie agro-alimentari di Thiene.

Omissis ( 5)

Art. 7 - Diffusione di produzioni agricole innovative.

Omissis ( 6)

Titolo IV
Amministrazione regionale del settore primario

Art. 8 - Funzioni e competenze.

Omissis ( 7)

Art. 9 - Anagrafe delle ditte nel settore primario.

Omissis ( 8)

Art. 10 - Sistema informativo agricolo regionale.

Omissis ( 9)

Art. 11 - Snellimento delle procedure.

Omissis ( 10)

Art. 12 - Nucleo regionale di vigilanza e controllo.

1. Gli Ispettori di vigilanza costituenti il Nucleo regionale istituito con l' art. 57 della legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 , sono posti alle dipendenze del Segretario regionale per le attività produttive del settore primario e sono ufficiali di polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 57, comma 3, del codice di procedura penale, nei limiti del servizio cui sono destinati e secondo le attribuzioni espressamente conferite dalla stessa legge.

Art. 13 - Diritto all'informazione e pubblicità degli atti amministrativi.

Omissis ( 11)

Titolo V
Tutela dello spazio rurale

Art. 14 - Azioni e interventi per la tutela dello spazio rurale.

1. Omissis ( 12)
2. La Giunta regionale approva, in accordo con gli strumenti territoriali urbanistici vigenti e con i piani nazionali e regionali ambientali di settore, il piano specifico integrato "Agricoltura e ambiente" che individua: le pratiche di produzione compatibili con le esigenze della protezione dell'ambiente; le regole e i criteri da osservarsi da parte degli agricoltori, in ordine all'intensità della produzione, alla densità del bestiame, alle azioni per ridurre l'impiego dei fertilizzanti e degli altri mezzi chimici, alle azioni per il trattamento e l'utilizzazione agricola delle deiezioni animali da attuare anche mediante la formazione di consorzi; le zone omogenee e gli ambiti particolarmente sensibili dal punto di vista ambientale nei quali promuovere azioni differenziate di salvaguardia e di tutela nonché interventi di difesa attiva e di valorizzazione.
3. Il piano determina le modalità per il concorso regionale nel finanziamento degli interventi che potranno riguardare: la realizzazione e l'adeguamento delle strutture aziendali per la raccolta, il trattamento e la distribuzione delle deiezioni zootecniche; la concessione di un'indennità agli agricoltori che si impegnano, per almeno cinque anni, ad instaurare o mantenere pratiche di produzione agricola compatibili con le esigenze della protezione dell'ambiente e delle risorse naturali; la concessione di contributi per la riconversione dei prodotti eccedentari nelle zone sensibili dal punto di vista ambientale, nonché in altri ambiti territoriali appositamente individuati dai piani stessi.
4. omissis ( 13)

Art. 15 - Attività dei consorzi di bonifica.

Omissis ( 14)

Art. 16 - Difesa fitopatologica.

1. La Giunta regionale, in attuazione del "Piano nazionale di lotta fitopatologica integrata" adotta un piano specifico per la difesa fitopatologica, per la diffusione dei metodi di lotta guidata e integrata contro le malattie delle piante inteso a migliorare la qualità igienico- sanitaria delle produzioni agro-alimentari e a ridurre le cause di inquinamento ambientale.
2. La Giunta regionale attua il piano specifico con il concorso dei consorzi di difesa delle coltivazioni, delle cooperative e loro consorzi, delle associazioni e dei gruppi di assistenza interaziendale.
3. La Regione concorre alle spese sostenute dagli enti operanti nella difesa fitopatologica mediante le disponibilità finanziarie recate dal bilancio regionale a sostegno dei servizi reali all'impresa nonché con i fondi appositamente recati dal Piano nazionale di lotta fitopatologica.

Art. 17 - Manutenzione ambientale.

Omissis ( 15)

Titolo VI
Tutela dei consumatori e promozione dei prodotti

Art. 18 - Valorizzazione dei prodotti agro-alimentari.

Omissis ( 16)

Art. 19 - Progetti commerciali.

Omissis ( 17)

Titolo VII
Servizi reali all'impresa

Art. 20 - Finalità e caratteristiche.

omissis ( 18)

Art. 21 - Piano esecutivo dei servizi di sviluppo.

omissis ( 19)

Art. 22 - Ricerca di interesse regionale e sperimentazione.

omissis ( 20)

Art. 23 - Assistenza interaziendale.

Omissis ( 21)

Art. 24 - Attività di assistenza specialistica.

Omissis ( 22)

Art. 25 - Formazione professionale.

Omissis ( 23)

Art. 26 - Incentivi per il miglioramento dell'assetto gestionale degli organismi associativi.

omissis ( 24)

Titolo VIII
Organizzazione dell'offerta e politica per l'agro-industria

Art. 27 - Misure per lo sviluppo del sistema agro-alimentare.

Omissis ( 25)

Art. 28 - Criteri e condizioni.

Omissis ( 26)

Art. 29 - Misure per il miglioramento dell'efficienza delle cooperative agricole.

Omissis ( 27)

Titolo IX
Politica degli interventi finanziari

Art. 30 - Interventi finanziari di carattere innovativo.

Omissis ( 28)

Art. 31 - Capitalizzazione delle cooperative agricole e dei loro consorzi.

Omissis ( 29)

Art. 32 - Consorzi fidi tra cooperative agricole.

Omissis ( 30)

Art. 33 - Criteri e condizioni.

Omissis ( 31)

Titolo X
Interventi sulle strutture aziendali

Art. 34 - Misure per il miglioramento dell'efficienza delle aziende agricole.

Omissis ( 32)

Art. 35 - Criteri e condizioni.

Omissis ( 33)

Art. 36 - Settori della pesca e dell'acquacoltura.

Omissis ( 34)

Titolo XI
Disposizioni finali

Art. 37 - Adeguamento alla normativa comunitaria.

1. La Giunta regionale, in conformità a quanto previsto dal trattato istitutivo della Comunità europea, nonché dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, fornisce concreta attuazione mediante gli opportuni piani esecutivi ed i relativi bandi alla regolamentazione comunitaria direttamente applicabile, relativa ai settori dell’agricoltura, delle foreste e della pesca, anche in relazione alla determinazione dell’ammontare dei contributi, dei limiti quantitativi e dei parametri stabiliti dalla presente legge.
2. La Commissione consiliare competente esprime il proprio parere sui provvedimenti attuativi di cui al comma 1, entro trenta giorni dal ricevimento della proposta della Giunta regionale trascorsi i quali si prescinde dal parere. ( 35)

Art. 38 - Modificazione di norme.

Omissis ( 36)

Art. 39 - Copertura finanziaria.

Omissis ( 37)

Art. 40 - Dichiarazione d'urgenza.

Omissis ( 38)

* * * * *
Allegato alla legge regionale 8 gennaio 1991, n. 1 , relativa a:

DISPOSIZIONI PER L'INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA E PROGRAMMA REGIONALE DI SVILUPPO AGRICOLO E FORESTALE PER IL PERIODO 1990/1994

1. PROGRAMMA REGIONALE DI SVILUPPO AGRICOLO E FORESTALE PER IL PERIODO 1990/1994

Omissis ( 39)

2. PROGRAMMA DI SVILUPPO AGRICOLO

Omissis ( 40)

3. PROGRAMMA DI SVILUPPO FORESTALE

Da tempo nel Veneto, e prima che in altre zone, si è compreso che la stabilità bio-ecologica del bosco è il presupposto per l'erogazione di una molteplicità di beni e di servizi e pertanto la Regione, tramite la pianificazione forestale ha posto come finalità la migliore funzionalità del bosco, promuovendo la valorizzazione delle risorse di un dato territorio allo scopo di svolgere funzioni di produzione legnosa pregiata, di erogazione energetica, di protezione del suolo, di componente essenziale del paesaggio, sia in senso ambientale che estetico.
Anche la difesa del suolo è sempre stato un obiettivo prioritario nella gestione delle aree montane, in quanto considerata condizione inderogabile per lo svolgimento delle attività umane e interesse della intera comunità regionale.
Nel quadro del territorio regionale, il bosco occupa il 19,5% della superficie, ma se si punta l'attenzione sull'area montana e collinare, il coefficiente sale a 45,5%. Pertanto le principali attenzioni finora attribuite alla foresta sono state incentrate negli ambiti montani e le funzioni conseguenti sono state commisurate soprattutto alle popolazioni locali ed enti che le rappresentano.
L'azione regionale in materia, regolata dalla legge forestale regionale, ha conseguito efficaci risultati che sono senz'altro riproponibili nel futuro.
Ai sensi dell'art. 1 della legge regionale 13 settembre 1978, n. 52 , infatti, la Regione Veneto promuove la difesa idrogeologica del territorio, la conservazione del suolo e dell'ambiente naturale, la valorizzazione del patrimonio silvo-pastorale, la produzione legnosa, la tutela del paesaggio, il recupero alla fertilità dei suoli depauperati e degradati, al fine di un armonico sviluppo socio-economico e delle condizioni di vita e sicurezza della collettività.

3.1 Il rapporto uomo-ambiente.

La legge regionale n. 29/1983 , più nota come "Progetto montagna" completa la legislazione di tipo speciale per la montagna. L'obiettivo principale del progetto è quello di assicurare il mantenimento della presenza dell'uomo nel territorio montano, considerandola premessa indispensabile per la salvaguardia dell'ambiente circostante dagli incombenti pericoli di degradazione e garanzia del perdurare dell'insieme di tradizioni e di specificità culturali del patrimonio storico e paesaggistico di cui la montagna veneta fa parte. Il presidio permanente delle popolazioni locali è necessario per curare il territorio, rendendo un servizio generale anche alle altre aree.
Il "progetto" pone il rapporto tra uomo e ambiente montano in prospettive nuove, rendendo evidente che i ruoli fondamentali della montagna non possono essere assicurati senza il presidio degli abitanti. Quando si parla di equilibrio ecologico non ci si può dimenticare che solo in alcuni casi questo può essere lasciato alla natura, mentre si tratta spesso di mantenere una stabilità colturale derivata da un assetto conseguito da secoli di cure capillari.
Il coltivatore di montagna effettuava assieme a opere di produzione, interventi di "riproduzione" del territorio spesso impercettibilmente collegati. L'impostazione tecnica basata sulla produttività ha trascurato l'aspetto della "manutenzione" con il risultato di attingere a delle risorse costruite nel tempo, ma che vanno esaurendosi.
La Regione è quindi impegnata ad estendere, e in tal senso la legge assume la necessaria normativa, anche allo spazio rurale della montagna, gli interventi di manutenzione e di difesa idrogeologica. Va sottolineato a tale proposito che molti settori produttivi della montagna, quali il turismo, attingono oggi le risorse di un paesaggio creato dal lavoro agricolo e silvo pastorale.
L'esodo delle attività agricole, oltre ad una certa misura, è perciò allarmante, perché se è chiaro che senza il turismo molte zone montane venete non avrebbero più i mezzi necessari di sviluppo, è anche vero che il turismo dipenderà, a tempi lunghi, dal mantenimento del territorio il cui presidio più economico e affidabile è dato dall'agricoltura; attività che peraltro, in coerenza con le determinazioni del Progetto Montagna dovrà basarsi sul modello dell'economia mista e su produzioni di elevata qualità.
L'abbandono da parte del coltivatore agricolo di montagna e collina ha comportato il deterioramento delle puntiformi opere di sistemazione, di regimazione, di terrazzamento, un tempo oggetto di continua manutenzione e va creando condizioni di precaria stabilità.
La Giunta è quindi impegnata a predisporre il piano specifico per lo sviluppo socioeconomico e ambientale della montagna.

3.2 La legge forestale e gli altri interventi regionali.

Da quanto detto risulta evidente l'interesse pubblico che il bosco assolve indipendentemente dalla proprietà, quando è soggetto a una corretta e duratura gestione e pertanto gli oneri di questo servizio generale comportano forme di incentivazione e di remunerazione adeguati.
A tal fine, la legge forestale prevede interventi per migliorare il patrimonio esistente, incrementarne la produttività e qualificare la produzione con assortimenti più rispondenti alle esigenze di mercato.
Dal punto di vista formale, le norme e gli interventi della legge sono raggruppati nei settori fondamentali dei vincoli, della difesa idrogeologica e della tutela e incremento del patrimonio silvo-pastorale.
In materia di vincolo, il fine è di conservare gli equilibri che presiedono alla sopravvivenza e produttività della foresta. La Giunta regionale è impegnata ad estendere l'area del vincolo in zone fuori dalla montagna, ma sensibili all'erosione o dal punto di vista ambientale, quali sono quelle dei litorali.
Nel campo della difesa del suolo, si persegue il risanamento dei territori montani e di quelli sottoposti a vincolo idrogeologico, attuando il riequilibrio geo-morfologico in aree soggette a condizioni di dissesto. Le tecniche di bioingegneria si sono rilevate particolarmente idonee al restauro delle aree degradate (cave, frane, ecc.) realizzando una migliore "qualità dell'ambiente"; anche gli interventi per la difesa dalle valanghe hanno trovato collocazione nelle azioni di difesa del territorio.
Al fine di assicurare la migliore efficacia agli interventi tecnici e programmatori, è ribadito l'impegno della Regione ad effettuare studi, ricerche e sperimentazioni, soprattutto su determinati bacini pilota, significativi per il territorio regionale.
Si ribadisce la necessità di garantire il rapporto esistente tra la superficie boscata e quella rimanente, evitando qualsiasi sottrazione, anche mediante il ripristino degli spazi utilizzati per la costruzione di infrastrutture e di costruzioni edilizie.
Viene riaffermata l'importanza dei boschi che svolgono prevalente funzione di protezione di opere di interesse pubblico, di strade e abitati nei confronti di caduta di massi, frane e valanghe.
Particolare attenzione deve essere riservata all'azione regionale per la lotta agli incendi boschivi e per la protezione dei boschi dagli attacchi parassitari.
La precarietà degli equilibri biologici si ripercuote non solo sulla vulnerabilità delle foreste e sul dissesto del suolo ma anche sulla produzione della materia prima legno.
La legge forestale regionale assicura finanziamenti e strumenti operativi per l'esecuzione di cure colturali, diradamenti, sfolli, risarcimenti ecc. nelle fustaie, per migliorare qualitativamente i soprassuoli.
In tale prospettiva sono in vigore dettagliate direttive e norme di pianificazione forestale alle quali si uniformano gli attuali 114 piani di riassetto di proprietà pubbliche, riguardanti 217.939 ettari, di cui 117.805 a bosco e 100.134 a prati, pascoli e improduttivi.
Al fine di assicurare l'adozione dei piani di assestamento è opportuno contenere i costi dei rilievi di campagna adottando, previa sperimentazione, metodi di rilevazione più spediti ma affidabili.
Considerate le nuove valenze paesistiche conferite alle foreste e a molte aree della montagna veneta da strumenti di pianificazione regionale quali il PTRC e i piani di area, è indispensabile che i piani di riassetto forestale, recepiscano le determinazioni del livello programmatorio superiore in ordine ai temi ambientali e urbanistici specifici.
E' stata di recente messa a punto anche la normativa pianificatoria relativa ai boschi cedui, prevedendo la conversione all'alto fusto dei cedui che ne hanno le caratteristiche, a partire da quelli di faggio in proprietà pubblica.
Rimane il grosso problema della proprietà privata, ampiamente spezzettata e di dimensioni non idonee ad una razionale conduzione. A tal fine la legge prevede la costituzione di consorzi fra proprietari per raggiungere dimensioni aziendali adeguate, tali da rendere tecnicamente realizzabile ed economica la gestione, anche mediante la redazione di piani colturali di durata poliennale.

3.3 Ulteriori indirizzi e interventi nel settore.

Per i boschi cedui di proprietà privata, non più sottoposti a regolare utilizzazione per un certo periodo di tempo (40 anni il faggio, 35 anni le querce ed i carpini, 25 il castagno) saranno consentiti solo tagli di avviamento all'alto fusto, qualora si riscontrino idonee condizioni stazionali.
è inoltre vietato il ritorno al governo ceduo nei boschi in cui sia stato eseguito almeno un taglio d'avviamento ad alto fusto che abbia conseguito risultati soddisfacenti.
Inoltre, nelle fustaie con resti di ceduo, il taglio delle latifoglie è sempre subordinato all'avviamento ad alto fusto dei soggetti migliori, nel maggior numero possibile.
Volgendo l'attenzione ai pascoli montani, essi sono utilizzati in conformità a un disciplinare tecnico-economico che evita pratiche irrazionali e indirizza verso una migliore gestione. Contributi sono previsti per migliorare il cotico erboso, le produzioni foraggere e le opere infrastrutturali al servizio di malghe e alpeggi. Il miglioramento dei pascoli va indirizzato soprattutto in senso qualitativo, puntando anche al recupero di vaste superfici di praterie sottoutilizzate, piuttosto che aumentare localmente la produttività in senso quantitativo, con conseguenze non sempre positive sotto il profilo idrogeologico e ambientale. ( 41)

3.4 La viabilità forestale.

Per poter effettuare le necessarie operazioni di coltivazione del "territorio", è necessario consentire alla manodopera di arrivare sul posto di lavoro e impiegare moderne attrezzature. è quindi da prevedere il potenziamento della rete viaria specificamente destinata alle utilizzazioni. La densità attuale delle strade e piste forestali dovrà perciò essere aumentata pur nel rispetto degli aspetti ambientali, in coerenza con quanto previsto dal piano forestale nazionale.
Un'idonea viabilità rende possibile poi intervenire contro gli incendi, in maniera tempestiva ed efficace, e contro la diffusione di attacchi parassitari.
La costruzione di strade comporta talora danni derivanti da erosione, smottamenti e incanalamento di acque superficiali, per cui tali pericoli sono da prevenire con prudenza e con adeguate contromisure, considerando anche gli effetti nel lungo periodo; è necessario quindi bilanciare gli aspetti tecnici ed economici con quelli morfologici, idrogeologici e paesaggistici.
Dall'aumento della densità viaria potrà discendere la razionalizzazione delle utilizzazioni legnose e la maggior diffusione della meccanizzazione in foresta (gru a cavo, trattori, rimorchi, argani, verricelli, scortecciatrici, teleferiche bifuni, ecc.).

3.5 Utilizzazione dei prodotti del bosco.

La legge forestale regionale ha già determinato la concessione di mutui a tasso agevolato, mediante il "Fondo forestale regionale", per una migliore ed economica utilizzazione commerciale e industriale dei prodotti del bosco e per lo sviluppo delle industrie del legno.
Sulla scorta delle risultanze delle ricerche e delle indagini, si assumono i seguenti orientamenti di intervento nel settore legno:
− incentivare consorzi locali di boscaioli, in modo che gli Enti proprietari possano vendere il loro legname all'imposto, anziché in piedi, destinando parte dei maggiori utili così ricavabili per l'esecuzione di opere di miglioramento e valorizzazione dei boschi stessi;
− favorire un flusso aggiornato di dati e informazioni sull'andamento dei mercati, sulle aste e sulla disponibilità di legname;
− fornire assistenza tecnica ed economica alle imprese boschive e alle segherie operanti nel Veneto, suggerendo l'adozione delle tecnologie e metodologie più adatte alle caratteristiche aziendali;
− favorire un maggior coordinamento tra produttori di legname e imprese di trasformazione.
A seguito della perdita delle tradizionali conoscenze operative dei boscaioli, un tempo tramandate per esperienza e per imitazione, è necessaria un'adeguata istruzione professionale per gli operatori del bosco.

3.6 Alcuni fenomeni di particolare criticità.

La massiccia comparsa di gravi patologie in centro Europa, attribuite soprattutto agli effetti dell'inquinamento atmosferico, non hanno fatto sentire ancora il loro peso nella Regione, se non in una percentuale limitata; ma l'esperienza fatta altrove di rapidissima diffusione, induce a mantenere sotto controllo costante i popolamenti forestali, mediante rilievi campionari, fotogrammetria e telerilevamento da satellite.
Maggiori effetti di danneggiamento hanno attualmente gli eventi meteorici, i fattori meccanici, il fuoco, gli insetti.
La difesa fitosanitaria va considerata non soltanto nella fase di infestazione in atto, ma soprattutto in quella di prevenzione adottando nei rimboschimenti artificiali specie idonee alle caratteristiche stazionali.
L'aliquota di piante danneggiate da schianti meteorici è rilevante, ma assorbita dal controllo delle utilizzazioni nell'ambito delle proprietà assestate.
Talora si tratta di formazioni vulnerabili, derivate da impianti artificiali e monospecifici di picea, al di fuori del proprio areale: il trauma derivato da fattori atmosferici può essere alleviato procedendo al restauro di specie più consone alle caratteristiche stazionali (in questo caso, soprattutto faggio).
Nei boschi più stabili, invece, gli schianti riguardano spesso classi cronologiche giovani, determinando conseguenze meno appariscenti a tempi brevi (con il recupero del legname e la sostituzione di analoghe masse nel piano dei tagli dei boschi in fase di assestamento), ma non trascurabili in tempi lunghi, quando il bosco si troverà con dei "salti" generazionali. Per questi motivi la Regione intende promuovere quanto necessario per garantire Enti pubblici e privati da danni ai boschi di diversa natura, non già secondo un concetto di "compensazione" ma di "assicurazione" che invogli a seguire la coltura dei boschi ed eviti scoraggiamenti per il sovrapporsi di cicli economici lunghi con rischi connessi a troppe variabili non controllabili (clima, insetti, virus, ecc.).

3.7 La funzione multipla della foresta.

è ancora da tenere presente la funzione multipla della foresta al di là del regime di proprietà. In questo quadro l'accesso al pubblico, mentre riveste certamente funzioni sociali, deve essere commisurato alla capacità di "carico" dell'ecosistema forestale, in modo che vengano salvaguardati i processi fisici e biologici che presiedono alla continuità del binomio suolo-soprassuolo.
Un corretto comportamento del pubblico in foresta aiuta molto a risolvere questo problema: informazione ed educazione ecologica diventano perciò elementi indispensabili di una politica forestale.
Si ritiene che l'Azienda regionale per le Foreste possa estendere le attività di educazione ecologica opportunamente avviate in tale settore. Nel contempo, tutte le componenti della foresta, comprese le popolazioni animali in essa dimoranti, vanno valorizzate in uno scenario ecosistemico.

3.8 Direttive per la ricerca.

La politica programmatoria in tema di foreste si è avvalsa di una serie di indagini che, eseguite in attuazione di specifiche norme, hanno permesso una dettagliata conoscenza del territorio.
Gli elementi raccolti sono aggiornati mediante la struttura informativa del Dipartimento per le foreste, con un Centro per l'elaborazione dei dati, per le attività di remote-sensing e per la cartografia automatica.
Il Centro per la elaborazione dati del Dipartimento per le Foreste è impegnato a estendere la sua attività anche nel settore delle produzioni agricole per l'installazione del catasto vitivinicolo e delle procedure per la valutazione delle produzioni.
I più importanti filoni di ricerca da sviluppare in futuro riguardano:
− sviluppo e adeguamento alle nuove tecnologie del Sistema informativo forestale, con particolare riguardo ai sistemi avanzati di approntamento di cartografie tematiche, della relativa definizione degli standard tipologicovegetazionali e all'aggiornamento degli inventari forestali con tecniche di remote-sensing;
− produzione di analisi, studi, ricerche e metodiche di definizione, pianificazione e restauro biologico delle risorse ambientali e paesaggistiche silvo-pastorali di particolare pregio e importanza territoriale;
− completamento e omogeneizzazione delle procedure di gestione computerizzata dei piani di riassetto forestale, anche a livello di cartografia con collegamento alla Carta tecnica regionale. Sviluppo di nuovi metodi di rilevamento basati sull'uso di strumenti e di tecniche di campionamento statistico rapidi e affidabili;
− sperimentazione di tecniche selvicolturali innovative nel settore del miglioramento dei boschi esistenti e del restauro forestale, con particolare attenzione all'introduzione di specie pregiate ed ecologicamente stabili; si comprendono pure le conversioni di biomassa povera ricavate dai cedui e dagli scarti delle produzioni agricole montane per ottenere paste da carta;
− approfondimento dell'ecologia e biologia delle specie arboree e del dinamismo evolutivo delle formazioni forestali in collegamento a una rete regionale di controllo e monitoraggio dello stato fito-sanitario dei principali patrimoni forestali ricadenti nel territorio regionale;
− costituzione di un osservatorio permanente per il mercato del legno, per le imprese e per le industrie di lavorazione e trasformazione dei prodotti;
− prosecuzione di ricerche e sperimentazione nel settore della difesa idrogeologica, con particolare riguardo agli studi sulla stabilità dei versanti e ai modelli di previsione delle piene nei bacini montani.
Al fine di realizzare il concetto base di ricerca come supporto alle realtà operative e quindi per una indispensabile ricaduta sul territorio, i risultati che emergono devono trovare in tempi brevi uno sbocco verso più utenti (operatori del settore, amministratori e pubblico), mediante divulgazione delle attività sopra indicate.

3.9 Linee di politica forestale.

La positiva esperienza delle azioni discendenti dalla legge forestale regionale induce a continuare negli indirizzi da questa espressi sia nella forma che nel contenuto.
Il settore "foreste", inteso nel senso più ampio di gestione di boschi, praterie, acque e ambiente montano ha cicli lunghi, che devono essere perseguiti e condotti in maniera metodica che non necessitano di cambiamenti di metodi e di leggi.
Nuove prospettive alle foreste sono attribuite dalla presa di coscienza di temi ambientali, che estendono l'opportunità di creazione e gestione di spazi verdi dalla montagna al resto del territorio regionale.
Infatti dalla differenziazione climatica, pedologica e geomorfologica di molti ambienti nel Veneto deriva la mancata articolazione di ambiti naturali, che consentono lo sviluppo di tipologie forestali diverse, in grado di riprodurre, dalle fasce costiere a quelle alpine una varietà di situazioni, quale pochi altri territori nazionali e continentali sono in grado di offrire in breve spazio.
Il Piano Forestale Nazionale indica negli interventi per lo sviluppo del verde urbano, una nuova tematica di interessi del settore forestale che richiede un approccio completamente diverso rispetto alle tradizionali problematiche del settore, ma che ha sempre come finalità il soddisfacimento di analoghe esigenze ambientali e ricreative.
Anche il PRS indica nella creazione di spazi verdi a brevi distanze dai luoghi di abitazione e di lavoro, lo strumento per favorire il miglioramento dell'estetica e dell'ambiente di vita urbana, nonchè le possibilità di ricreazione.
La Regione è pertanto impegnata a favorire la ricostruzione di formazioni arboree e di boschi nella fascia di pianura, metropolitana e costiera che trova inoltre sostegno nelle recenti politiche varate dalla CEE (Reg. 1760/87), volte a contenere le eccedenze di produzioni agricole tramite la messa a riposo di superfici attualmente destinate alle coltivazioni agrarie; ciò comporta anche un interesse diretto per gli agricoltori, che in questa maniera potranno continuare una forma di produzione globalmente utile in quanto attualmente deficitaria nella bilancia commerciale nazionale.
La vocazione ambientale non preclude comunque quella forestale ma anzi, all'infuori di biotopi particolari (paludi, zone umide, ecc.), essa viene a coincidere con quella forestale nel senso più ampio del termine e cioè soltanto con funzioni immediatamente economiche, ma ecosistemiche, posto che la naturale tendenza dei fattori naturali porta alla costituzione di foreste.
Va presa in considerazione perciò la possibilità di attuare, in particolare in aree pubbliche, interventi non soltanto indirizzati a produzioni legnose alternative delle aziende agricole, quali pioppeti e altre specie a rapido accrescimento, ma a veri e propri boschi permanenti nel tempo, edificati con specie proprie del luogo e in grado di erogare servizi multipli. Di particolare interesse può essere la ricostruzione di boschi planiziali, caratterizzati soprattutto da querce.
In questo ambito può essere ripreso in considerazione, il ruolo di alberature stradali e campestri, di filari e siepi interpoderali e ripariali, per le funzioni non solo paesaggistiche e di produzione di legname di pregio ma soprattutto di rifugio per avifauna, fauna terrestre e insetti utili all'agricoltura.
Una variante originale nell'ambito costiero e delle isole della Laguna di Venezia è quella della creazione di pinete litoranee o di formazioni sostitutive (a dominanza di farnia, ontano, ecc.), in grado di contrastare l'erosione eolica e di fornire ambienti ricreativi per gli utenti della balneazione.
Le pinete litoranee del Veneto, pur limitate in senso spaziale e sottoposte a pressione antropica, da salvaguardare comunque anche tramite migliorate tecniche di gestione, costituiscono dei suprassuoli arborei di importanza naturalistica, estetica e per la difesa delle coste.
La novità di questi ultimi indirizzi è quindi quella di estendere lo sviluppo del bosco, fuori dalla zona montana, pur mantenendo in questa e prioritariamente le condizioni di manutenzione e sviluppo della foresta attraverso le sperimentate tecniche assestamentali e selvicolturali.
D'altra parte non si ritiene più il caso di espandere in montagna su larga scala il bosco, in quanto l'agricoltura è già in condizioni di difficoltà, quando non addirittura di crisi o abbandono: l'equilibrio del paesaggio richiede il mantenimento dell'agricoltore e un giusto rapporto tra diversi usi del suolo. La foresta non deve perciò sottrarre ulteriori spazi all'agricoltura nelle zone più agevoli, mentre può essere ripristinata nelle aree di quota e in quelle in cui, per la cessazione delle tradizionali attività, si sono insediate spontaneamente fasi vegetazionali arbustive di scarso valore produttivo o idrogeologico.
In questo contesto, proseguendo nella politica già intrapresa dalla Regione tramite l'Azienda regionale per le Foreste, e ai fini del rimboschimento ci si può giovare dell'espansione del demanio pubblico, per acquisire terreni da proprietari privati scarsamente motivati a curarli.
Un ruolo fondamentale per la buona riuscita degli impianti artificiali è rivestito dai vivai, le cui tecniche di produzione sono il presupposto della buona riuscita del restauro forestale. è opportuno inoltre sperimentare metodi più efficaci per ridurre i costi del rimboschimento, attualmente assai elevati.
Nella fascia collinare e pedemontana invece è opportuno accelerare l'evoluzione di molte aree marginali e fuori della portata della agricoltura intensiva, mediante l'arricchimento dei soprassuoli arborei ai fini anche produttivi.
In queste zone, ampi terreni un tempo destinati alla produzione foraggera si sono resi disponibili per colture boscate. Laddove il terreno ha limitato spessore e la pendenza è elevata possono prevalere le tradizionali metodologie di impianto forestale. Dove invece le condizioni climatiche e pedologiche sono migliori, si può praticare arboricoltura da legno (frassino, acero, tiglio, ecc.) oppure coltivare certe specie da frutto (castagno, noce, ciliegio, nocciolo) e piante tartufigene.
Per procedere a programmi in questo senso, bisogna attuare la selezione e il miglioramento genetico delle specie, individuando fenotipi o varietà più idonee sia alle caratteristiche stazionali che agli interessi dei proprietari.

3.10 Programmazione forestale regionale.

Le direttive del Piano Forestale Nazionale trovano facile inserimento nell'azione forestale perseguita dalla Regione del Veneto. Le azioni di miglioramento della gestione forestale, sviluppo tecnologico, manutenzione e sviluppo dei boschi poveri, pioppicoltura, specie pregiate, ricerca, informazione, promozione e mercato, hanno già operatività e tradizione nelle strutture regionali.
In particolare è possibile realizzare subito delle finalità attivate dal Piano Forestale Nazionale quali:
− programmi selvicolturali di miglioramento e manutenzione periodica che abbiano come finalità il raggiungimento di una più elevata efficienza ecologica e produttiva dei boschi cedui, delle fustaie degradate, dei boschi danneggiati da fattori patogeni e da eventi climatici, dei nuovi rimboschimenti;
− interventi di manutenzione di strade forestali che non comportino alterazioni alle funzioni precipue e danni all'ambiente;
− interventi colturali negli impianti esistenti e in quelli nuovi di arboricoltura produttiva costituiti da pioppeti, piante a rapida crescita, cedui di castagno;
− rimboschimenti con reintroduzione di latifoglie nobili indigene, quali noce, acero, frassino, quercie, ciliegio o l'introduzione di piante tartufigene su terreni adatti, anche in sostituzione di specie forestali estranee al paesaggio e all'ambiente;
− iniziative di gestione adottando strumenti di pianificazione forestale, utilizzazione e conservazione dei boschi e dei territori agro-silvo-pastorali delle proprietà pubbliche e private;
− investimenti in tecnologie forestali innovative per i proprietari e le imprese boschive, nonchè formazione professionale di operai e tecnici per l'uso di moderne tecniche di utilizzazione dei boschi.
E' da recepire in forma esplicita una novità del Piano Forestale Nazionale: consiste nel promuovere la costituzione di consorzi forestali tra proprietari pubblici e privati. In tale contesto, e per gli scopi operativi di cui sopra, la legge regionale di cui è parte integrante questo programma di sviluppo forestale, apporta modifiche agli artt. 1 e 3 della legge regionale n. 34/1974 .
Sempre in tema forestale vengono previste inoltre disposizioni intese a promuovere la creazione e sviluppo del verde urbano, concernente le pertinenze delle aree metropolitane e del verde territoriale, riguardante alberature, siepi, filari, arboricoltura e forestazione su aree marginali delle aziende agricole che intendono portare a riposo parte della proprietà.
Per il resto, la legge regionale n. 52/1978 già dispone di tutti i meccanismi atti ad applicare il programma di sviluppo forestale.



Note

( 1) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 .
( 2) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza modificato da art. 4 comma 1 legge regionale 18 aprile 1995, n. 30 .
( 3) Vedi anche art. 1 comma 2, art. 2 comma 3, art. 4 comma 1, legge regionale 6 settembre 1991, n. 27 , abrogata dall’art. 1 comma 1 della legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 .
( 4) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 5) Articolo abrogato da art. 18 legge regionale 5 settembre 1997, n. 35 .
( 6) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 7) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 8) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 9) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 10) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 11) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza modificato da art. 2 legge regionale 1 settembre 1993, n. 43 .
( 12) Comma abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 13) Comma abrogato da lett. d) comma 4 dell’articolo 36 della legge regionale 16 marzo 2018, n. 13 .
( 14) Articolo abrogato da lett. c) comma 1 dell’art. 45 della legge regionale 8 maggio 2009, n. 12 .
( 15) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 16) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 17) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 18) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza abrogato da comma 1 art. 12 legge regionale 9 agosto 1999, n. 32 .
( 19) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza abrogato da comma 1 art. 12 legge regionale 9 agosto 1999, n. 32 .
( 20) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza abrogato da comma 1 art. 12 legge regionale 9 agosto 1999, n. 32 .
( 21) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza modificato comma 1 art. 12 legge regionale 9 agosto 1999, n. 32 e da comma 1 art. 7 della legge regionale 22 febbraio 1999, n. 7 .
( 22) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza modificato da art. 7 legge regionale 22 febbraio 1999, n. 7 e da art. 12 legge regionale 9 agosto 1999, n. 32 .
( 23) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza modificato da art. 12 legge regionale 9 agosto 1999, n. 32 .
( 24) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza abrogato da comma 1 art. 12 legge regionale 9 agosto 1999, n. 32 .
( 25) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 26) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 27) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 28) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 29) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 30) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 31) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 32) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 33) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 34) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza modificato da comma 1 art. 2 legge regionale 1 luglio 1996, n. 18 .
( 35) Articolo sostituito da art. 34 della legge regionale 9 febbraio 2001, n. 5 .
( 36) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18 . In precedenza modificato da art. 62 comma 1 legge regionale 29 novembre 2001, n. 39 .
( 37) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 38) Articolo abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 39) Punto abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 40) Punto abrogato da comma 1 art. 1 legge regionale 13 agosto 2004, n. 18
( 41) Sul punto vedi anche la disciplina di cui alla legge regionale 21 marzo 2023, n. 4 “Valorizzazione del patrimonio regionale delle malghe” con particolare riguardo all’art. 4 che individua linee guida per la gestione del patrimonio regionale delle malghe e l’esercizio dell’attività di alpeggio.


SOMMARIO
Sommario: Legge Regionale 1/1991
S O M M A R I O
Legge regionale 8 gennaio 1991, n. 1 (BUR n. 3/1991)

DISPOSIZIONI PER L'INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA E PROGRAMMA REGIONALE DI SVILUPPO AGRICOLO E FORESTALE PER IL PERIODO 1990/1994.

Titolo I
Disposizioni generali

Art. 1 - Finalità.

1. La Regione del Veneto, con la presente legge, al fine di incentivare e sostenere lo sviluppo economico e sociale del settore primario, orientandone gli indirizzi produttivi in funzione delle esigenze di mercato, onde migliorare e consolidare i livelli reddituali delle imprese, salvaguardare le condizioni di vita e di lavoro della popolazione con particolare riguardo alle zone svantaggiate, in armonia con la necessaria tutela del territorio e dell'ambiente e del corretto uso delle risorse naturali, definisce criteri, prevede azioni e stabilisce interventi rivolti a:
a) promuovere e agevolare la strutturazione o ristrutturazione delle aziende e delle imprese, singole e associate, in connessione con il territorio e l'ambiente;
b) indirizzare e stimolare la ricerca e l'applicazione delle moderne tecnologie nei riguardi della produzione e del mercato;
c) favorire il coordinamento tra politica agraria e pianificazione del territorio, sostenendo l'esercizio di pratiche agronomiche rispettose degli equilibri ambientali;
d) incentivare la creazione e l'adeguamento dei servizi di sviluppo in dipendenza delle reali esigenze sia degli imprenditori come della Pubblica amministrazione;
e) promuovere e sostenere i processi d'integrazione delle attività produttive con quelle agroindustriali, con particolare riguardo al comparto agro-alimentare;
f) favorire l'insediamento dei giovani agricoltori e agevolare lo sviluppo delle imprese da essi gestite;
g) incentivare l'ulteriore sviluppo della cooperazione e delle altre forme associative sotto l'aspetto strutturale e manageriale;
h) promuovere l'apporto autonomo delle associazioni dei produttori, delle associazioni di rappresentanza del movimento cooperativo, delle organizzazioni professionali e sindacali agricole affinché, negli specifici ruoli affidati, compartecipino all'attività della Regione.
2. In connessione con le suindicate finalità, vengono introdotte disposizioni dirette a migliorare l'efficienza delle strutture del settore primario, razionalizzando le procedure amministrative, al fine di pervenire al loro sostanziale snellimento.
3. In conformità alle finalità di cui al comma 1, vengono disciplinati organicamente gli interventi di competenza regionale in materia di agricoltura e foreste, in correlazione con gli obiettivi e le direttive fissati dal Programma regionale di sviluppo e in armonia con la programmazione nazionale e la politica agricola comunitaria.
Art. 2 - Criteri generali.

1. Le funzioni amministrative per l'attuazione della presente legge e della regolamentazione comunitaria sono esercitate dalla Giunta regionale, fatte salve le attribuzioni e le deleghe conferite con apposita norma.
2. Nella concessione dei benefici è accordata priorità alle iniziative da realizzarsi nelle zone riconosciute montane ai sensi della vigente normativa.
3. A parità di condizioni viene accordata preferenza ai seguenti soggetti:
a) alle imprese familiari diretto-coltivatrici e agli imprenditori a titolo principale con precedenza a quelle gestite da giovani o con presenza di giovani coadiuvanti, per le iniziative a carattere aziendale;
b) alle cooperative, loro consorzi e associazioni di produttori per le iniziative a carattere collettivo.

Titolo II
Programmazione e deleghe

Art. 3 - Programma regionale di sviluppo agricolo e forestale.

1. E' approvato il Programma regionale di sviluppo agricolo e forestale (PSAF) nel testo allegato alla presente legge, con efficacia vincolante per l'attività della Regione e degli enti strumentali e quale strumento di indirizzo e coordinamento per gli enti locali.
2. Il PSAF rappresenta, nell'ambito del Programma regionale di sviluppo (PRS) e del Piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC), il provvedimento quadro della programmazione regionale nei settori agricolo e forestale e costituisce il raccordo propositivo e ricettivo delle determinazioni del Piano agricolo nazionale, del Piano forestale nazionale e della Politica agricola comunitaria.
3. In ordine alle esigenze della programmazione, la Giunta regionale entro un anno dall'approvazione del PSAF predispone, al fine dell'approvazione da parte del Consiglio, prioritariamente i seguenti piani specifici:
a) agricolo-ambientale e per la difesa fito-patologica;
b) agricolo-alimentare: per la ristrutturazione del settore vitivinicolo; per il rilancio del settore zootecnico-lattiero-caseario; per il settore orto-frutticolo e per la riconversione delle produzioni alle esigenze del mercato; per il settore vivaistico e floricolo, nonchè per la ristrutturazione del comparto della lavorazione dei prodotti agricoli e zootecnici;
c) per il settore della pesca e dell'acquacoltura;
d) per lo sviluppo socio-economico e ambientale della montagna;
e) per lo sviluppo dell'apicoltura;
f) piano per la ricostituzione delle alberature in zona rurale.
4. La Giunta regionale approva i documenti di attuazione, ivi compresi i piani esecutivi, in applicazione degli indirizzi e obiettivi del PSAF e dei relativi aggiornamenti approvati dal Consiglio e dei piani specifici vigenti.
Art. 4 - Deleghe di funzioni amministrative.

1. Sono delegate alle province e alle comunità montane per le aree di competenza le funzioni amministrative riguardanti:
a) gli interventi nel settore delle infrastrutture rurali concernenti opere di approvvigionamento di acqua potabile, distribuzione di energia elettrica, costruzione e riattamento di strade vicinali di cui all'art. 28 della legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 ;
b) gli interventi sulle unità produttive concernenti la costruzione, l'ampliamento, il radicale riattamento e il restauro conservativo di fabbricati destinati ad abitazione dei coltivatori di cui alla lettera d), commi 3 e 4, dell'art. 32 della legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 .
2. La Giunta regionale approva le direttive per la gestione delle funzioni delegate, provvede per la messa a disposizione del personale necessario e, in base alle disponibilità finanziarie recate dal bilancio, assegna le risorse alle province e alle comunità montane.
3. In caso di inadempienza la Giunta regionale adotta i conseguenti provvedimenti surrogatori.

Titolo III
Strumenti per l'innovazione dell'agricoltura

Art. 5 - Polo tecnologico e Agricenter.

1. In attuazione di quanto previsto dal Programma regionale di sviluppo 1988-1990 al fine di favorire la diffusione dell'innovazione di processo e di prodotto nel comparto agro-alimentare, la Giunta regionale sentita la competente commissione consiliare è autorizzata a formulare uno specifico progetto per:
a) la costituzione, sotto forma di società o di consorzio, del Polo tecnologico per l'agricoltura, con la presenza dell'Università di Padova, dell'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie e dell'ESAV, dando all'ente medesimo i necessari criteri e direttive per il coinvolgimento e la partecipazione di altri soggetti pubblici e privati;
b) la realizzazione, tramite la società di gestione dell'Agricenter di Verona, di cui alla legge regionale 15 novembre 1988, n. 57 , di studi, ricerche e servizi a sostegno della politica di mercato e di commercializzazione dei prodotti agroalimentari, nonché di una scuola di marketing e di una borsa merci internazionale.
2. L'Istituto lattiero-caseario e di biotecnologie agro-alimentari di Thiene partecipa nel settore delle tecnologie agro-alimentari all'attività di ricerca applicata, sperimentazione e diffusione svolte presso il Polo tecnologico e alle attività di valorizzazione dei prodotti svolte presso l'Agricenter di Verona.
Art. 6 - Istituto lattiero-caseario e di biotecnologie agro-alimentari di Thiene.

1. Ad integrazione di quanto previsto dalla legge regionale 16 maggio 1980, n. 58 , l'Istituto lattiero-caseario e di biotecnologie agro-alimentari di Thiene svolge attività di ricerca applicata, di sperimentazione e di divulgazione nel settore delle tecnologie di interesse agricolo e alimentare.
2. Per le finalità di cui al comma 1 l'Istituto è autorizzato a partecipare, a seguito di specifiche direttive della Giunta regionale, a società italiane ed estere pubbliche e private nelle quali potrà assumere quote azionarie anche di maggioranza, nel rispetto della normativa nazionale in materia.

Art. 7 - Diffusione di produzioni agricole innovative.

1. Al fine di concorrere alla diffusione di produzioni agricole innovative e di quelle utilizzate a scopo non alimentare e agro-energetico, la Giunta regionale è autorizzata a sottoscrivere, direttamente o tramite gli enti strumentali, apposite convenzioni con enti di ricerca e imprese pubbliche o private operanti nell'ambito della CEE per l'effettuazione di studi e sperimentazioni in tale comparto nonché per la realizzazione di relativi impianti di trasformazione.
2. La Giunta regionale promuove la stipula di accordi professionali per l'utilizzo delle produzioni alimentari, non alimentari e agro-energetiche.

Titolo IV
Amministrazione regionale del settore primario

Art. 8 - Funzioni e competenze.

1. Per assicurare il miglioramento del servizio reso ai cittadini la Giunta regionale provvede all'automazione e allo snellimento delle procedure e all'istituzione dell'anagrafe delle ditte; alla semplificazione delle attività di vigilanza e controllo e dispone inoltre perché i dipartimenti centrali svolgano funzioni di assistenza agli organi istituzionali nonché di coordinamento delle strutture periferiche mediante attività informative, di controllo e di verifica sulle funzioni svolte. Nell'ambito dei compiti ad essi attribuiti gli Ispettorati regionali per l'agricoltura assicurano prioritariamente idonei servizi di informazione e assistenza per lo sviluppo alle imprese agricole.
2. Le materie già attribuite al soppresso Ispettorato agrario compartimentale vengono assegnate, per quanto di competenza, rispettivamente al Dipartimento per l'agricoltura e i rapporti con la CEE, al Dipartimento per l'alimentazione e l'educazione alimentare e al Dipartimento per la bonifica.
3. Le materie già attribuite ai soppressi Ispettorati provinciali dell'alimentazione, vengono assegnate agli Ispettorati regionali dell'agricoltura, competenti per territorio.
Art. 9 - Anagrafe delle ditte nel settore primario.

1. L'anagrafe delle ditte del settore primario, costituisce l'inventario di tutti i soggetti che usufruiscono di provvidenze regionali e in genere ogni trasferimento e apporto di capitale verso terzi a carico del bilancio della Regione, o del bilancio di enti destinatari di deleghe. L'anagrafe è lo strumento di attuazione per il settore primario, delle disposizioni di cui alla legge regionale 6 agosto 1987, n. 39 .
2. Agli effetti dell'anagrafe sono considerati soggetti, nei termini definiti dal precedente comma, oltre ai mutuatari che beneficiano di contributi corrisposti da aziende e da istituti di credito anche coloro che usufruiscono di agevolazioni fiscali nonché quant'altri beneficiano di provvidenze accordate ad organizzazioni e associazioni alle quali aderiscono.
3. Ai fini della formazione dell'anagrafe delle ditte, gli interessati devono produrre la prescritta documentazione ai competenti uffici regionali, che provvedono a registrare le ditte nella anagrafe, memorizzandone i relativi dati mediante il sistema informativo del settore primario.
4. Ad avvenuta iscrizione la ditta è esentata dal produrre ulteriore analoga documentazione, a eccezione dei casi in cui la medesima risulta modificata; in tali circostanze l'interessato è tenuto a produrre la documentazione aggiornata.
Art. 10 - Sistema informativo agricolo regionale.

1. In connessione con il sistema informativo agricolo nazionale e nell'ambito del sistema informativo regionale è attivato il sistema informativo del settore primario come strumento per l'azione di governo e come supporto al funzionamento dell'attività amministrativa.
2. La Giunta regionale al fine dello snellimento delle procedure e per la formazione e l'aggiornamento dell'Anagrafe regionale fornisce alle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative, alle organizzazioni del movimento cooperativo e alle associazioni riconosciute i programmi necessari per l'elaborazione delle informazioni e per l'applicazione delle procedure unificate relative ai soci aderenti.
3. Al finanziamento dei programmi e delle attrezzature del sistema informativo agricolo si provvede tramite le disponibilità recate dal bilancio per la formazione del sistema informativo regionale e con le disponibilità recate dalla legge 8 novembre 1986, n. 752 per l'attuazione delle azioni previste dall'art. 4.
Art. 11 - Snellimento delle procedure.

1. La realizzazione delle iniziative inserite in un piano aziendale o interaziendale o comunque previste dalla legislazione di settore può aver luogo anche prima del provvedimento di concessione delle provvidenze purchè sia avviata successivamente alla presentazione della domanda diretta ad ottenere le relative provvidenze. La anticipata realizzazione delle iniziative e degli acquisti non comporta alcuna priorità nè obbligo di concessione di finanziamenti da parte dell'Amministrazione regionale.
2. Per gli investimenti inseriti nei piani di cui al comma 1 possono essere disposti, contestualmente alla concessione formale delle provvidenze in conto capitale, acconti fino all'importo massimo del 50% del contributo assentito. Può procedersi all'erogazione anticipata del contributo fino al 90% dell'importo formalmente assentito a fronte di idonea fideiussione bancaria o assicurativa.
3. Il saldo del contributo o l'eventuale conguaglio a favore della Regione è disposto sulla scorta di idonea certificazione di regolare effettuazione degli acquisti e dei lavori e previa approvazione della medesima da parte della Giunta o del funzionario delegato.
4. La liquidazione dei benefici contributivi e creditizi relativi ad investimenti fondiari per importi di spesa non eccedenti 250 milioni di lire può essere disposta in base a regolare certificazione redatta sotto forma di perizia giurata dal direttore dei lavori o da altro professionista abilitato in materia.
5. La liquidazione dei benefici contributivi e creditizi relativi alla provvista di dotazioni non ricomprese in progetti riguardanti investimenti strutturali, è disposta previa presentazione di regolari fatture debitamente quietanzate.
6. La mancata presentazione, entro il termine prescritto dal provvedimento di concessione o di eventuali proroghe della certificazione comprovante la regolare effettuazione dei lavori o degli acquisti, comporta l'avvio delle procedure di verifica, l'eventuale revoca dei benefici concessi e il recupero delle somme già liquidate, maggiorate degli interessi legali.
7. Gli investimenti fruenti delle provvidenze di cui alla presente legge non possono essere alienati o distolti senza giusta causa dall'impiego e dalla destinazione previsti nei termini stabiliti dal provvedimento di concessione e comunque per un periodo non inferiore a tre anni, pena la decadenza dei benefici.
8. La verifica della corretta applicazione delle disposizioni recate dalla vigente normativa regionale, statale e comunitaria nelle materie di competenza della Segreteria regionale del settore primario è di norma effettuata mediante controlli a campione che debbono, per ciascun intervento, riguardare non meno del 5% dei soggetti beneficiari.
Art. 12 - Nucleo regionale di vigilanza e controllo.

1. Gli Ispettori di vigilanza costituenti il Nucleo regionale istituito con l'art. 57 della legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 , sono posti alle dipendenze del Segretario regionale per le attività produttive del settore primario e sono ufficiali di polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 57, comma 3, del codice di procedura penale, nei limiti del servizio cui sono destinati e secondo le attribuzioni espressamente conferite dalla stessa legge.
Art. 13 - Diritto all'informazione e pubblicità degli atti amministrativi.

1. I provvedimenti di concessione dei benefici in materia di agricoltura e foreste, pesca e itticoltura, sono pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione a cura dell'amministrazione che ha provveduto alla loro emanazione, distintamente, secondo l'oggetto dell'intervento, con l'indicazione del nominativo dei beneficiari e della spesa a carico dell'amministrazione medesima.
2. Le amministrazioni cui è demandata l'applicazione della normativa regionale per il settore primario garantiscono, per quanto attiene alle medesime, il diritto di informazione a tutti coloro che ne abbiano titolo in forza di un proprio legittimo interesse.
3. La Giunta regionale, al fine di assicurare una costante e aggiornata informazione sulla normativa applicata dal settore primario, provvede a curare la redazione e la pubblicazione, anche su supporti informatici, di compendi illustrativi della disciplina degli interventi settoriali. In collaborazione con l'ESAV, la Giunta regionale istituisce il Centro d'informazione e di documentazione sugli atti e la normativa comunitaria, statale e regionale.

Titolo V
Tutela dello spazio rurale

Art. 14 - Azioni e interventi per la tutela dello spazio rurale.

1. I consorzi di bonifica e le aziende agricole concorrono alla manutenzione e tutela dello spazio rurale, alla conservazione delle risorse primarie nonché alla difesa dei sistemi di interesse naturalistico e ambientale; a tal fine la Regione disciplina l'attività di bonifica e sostiene le imprese agricole che adottano pratiche di produzione eco-compatibili in particolare se operano in zone strutturalmente svantaggiate o comunque sensibili dal punto di vista ambientale.
2. La Giunta regionale approva, in accordo con gli strumenti territoriali urbanistici vigenti e con i piani nazionali e regionali ambientali di settore, il piano specifico integrato "Agricoltura e ambiente" che individua: le pratiche di produzione compatibili con le esigenze della protezione dell'ambiente; le regole e i criteri da osservarsi da parte degli agricoltori, in ordine all'intensità della produzione, alla densità del bestiame, alle azioni per ridurre l'impiego dei fertilizzanti e degli altri mezzi chimici, alle azioni per il trattamento e l'utilizzazione agricola delle deiezioni animali da attuare anche mediante la formazione di consorzi; le zone omogenee e gli ambiti particolarmente sensibili dal punto di vista ambientale nei quali promuovere azioni differenziate di salvaguardia e di tutela nonché interventi di difesa attiva e di valorizzazione.
3. Il piano determina le modalità per il concorso regionale nel finanziamento degli interventi che potranno riguardare: la realizzazione e l'adeguamento delle strutture aziendali per la raccolta, il trattamento e la distribuzione delle deiezioni zootecniche; la concessione di un'indennità agli agricoltori che si impegnano, per almeno cinque anni, ad instaurare o mantenere pratiche di produzione agricola compatibili con le esigenze della protezione dell'ambiente e delle risorse naturali; la concessione di contributi per la riconversione dei prodotti eccedentari nelle zone sensibili dal punto di vista ambientale, nonché in altri ambiti territoriali appositamente individuati dai piani stessi.
4. I miglioramenti fondiari che comportano utilizzazioni anche se secondarie del materiale estratto a scopo industriale ed edilizio o per opere stradali o idrauliche, acquistano il carattere di attività di cava ai sensi della legge regionale 7 settembre 1982, n. 44 e pertanto agli stessi sono applicate le procedure di cui all'art. 18 della legge stessa, ultimo comma. L'autorizzazione è rilasciata previo parere, a seconda del tipo di miglioria fondiaria da effettuare e per gli ambiti di rispettiva competenza, del dirigente generale coordinatore dell'Ispettorato regionale per l'agricoltura o dell'Ispettorato regionale delle foreste o del Genio civile regionale.
Art. 15 - Attività dei consorzi di bonifica.

1. I consorzi di bonifica partecipano tramite le scelte disposte con il Piano generale di bonifica e di tutela del territorio, approvato dal Consiglio regionale ai sensi dell'art. 14 della legge regionale 13 gennaio 1976, n. 3 , e adottato dal consorzio alla formazione dei piani territoriali e urbanistici e ai programmi di difesa dell'ambiente contro gli inquinamenti.
2. Il Piano ha efficacia dispositiva in ordine alle azioni, di competenza del consorzio di bonifica, per l'individuazione e progettazione delle opere pubbliche di bonifica e di irrigazione e delle altre opere necessarie per la tutela e la valorizzazione del territorio rurale, ivi compresa la tutela delle acque di bonifica e di irrigazione; il Piano ha invece valore di indirizzo per quanto attiene ai vincoli per la difesa dell'ambiente naturale e alla individuazione dei suoli agricoli da salvaguardare rispetto a destinazioni d'uso alternative.
3. I comuni, le comunità montane e le province, nell'approvazione dei propri strumenti di pianificazione devono uniformarsi a quanto disposto dal "Piano di bonifica" approvato dal Consiglio regionale.
4. Le proposte di tutela delle aziende e delle aree agricole contenute nei "Piani di bonifica" approvati sono recepite dai comuni in sede di applicazione dell'art. 11 della legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 in ordine alla salvaguardia dell'uso agricolo del suolo rispetto a destinazioni alternative.
5. I consorzi di bonifica contribuiscono all'azione pubblica per la tutela delle acque destinate all'irrigazione e di quelle defluenti nella rete di bonifica. A tal fine il "Piano di bonifica" determina, in relazione ai differenti ordinamenti produttivi, gli indici di qualità ritenuti accettabili delle acque da utilizzare a scopo irriguo. I consorzi concorrono altresì a individuare lo stato e le eventuali fonti di inquinamento nonché le opere e le azioni da attuare per il monitoraggio delle acque di bonifica e irrigazione, di competenza degli stessi consorzi, e per il risanamento delle acque.
6. I consorzi di bonifica collaborano con le autorità competenti per i controlli in materia di qualità delle acque, in particolare per quanto riguarda l'effettuazione di ispezioni e di prelievi di campioni da inviare per le analisi alle Ulss competenti per territorio. A tal fine i presidenti dei consorzi di bonifica notificano alla Giunta regionale i nominativi del personale tecnico del consorzio che assume la funzione di agente giurato. Gli agenti giurati devono possedere i requisiti previsti dall'art. 138 del T.U. della legge di Pubblica sicurezza approvato con Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 e prestare giuramento davanti al pretore.
7. Lo scarico delle acque reflue nei canali appartenenti al sistema della bonifica idraulica è subordinato alla concessione del consorzio di bonifica, competente per territorio, ai sensi degli artt. 134, 135 e 136, lettera c), del Regio decreto 8 maggio 1904, n. 368. Qualora il cumulo degli scarichi acquei concessi superi la concentrazione massima ammissibile di inquinanti nelle acque di bonifica o di irrigazione, o non consenta l'utilizzazione delle acque a scopi irrigui, il consorzio di bonifica può revocare la concessione in qualsiasi tempo. Lo scarico di acque reflue in assenza di formale concessione consortile comporta la violazione delle norme di polizia idraulica in materia di bonifica e la conseguente applicazione dell'art. 141 e seguenti del Regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.
8. Il dirigente dell'Ufficio del genio civile regionale competente per territorio, ai fini di rendere efficiente il sistema della bonifica idraulica e dell'irrigazione, approva i progetti delle opere di competenza privata e la ripartizione dei relativi oneri proposti dai consorzi di bonifica, qualora si verifichino i presupposti e secondo le modalità e gli effetti previsti dagli artt. 22 e 23 della legge regionale 13 gennaio 1976, n. 3 . Il provvedimento di approvazione deve essere adottato entro 30 giorni dal ricevimento della proposta del consorzio, sentita la Commissione consultiva in materia di lavori pubblici.
Art. 16 - Difesa fitopatologica.

1. La Giunta regionale, in attuazione del "Piano nazionale di lotta fitopatologica integrata" adotta un piano specifico per la difesa fitopatologica, per la diffusione dei metodi di lotta guidata e integrata contro le malattie delle piante inteso a migliorare la qualità igienico- sanitaria delle produzioni agro-alimentari e a ridurre le cause di inquinamento ambientale.
2. La Giunta regionale attua il piano specifico con il concorso dei consorzi di difesa delle coltivazioni, delle cooperative e loro consorzi, delle associazioni e dei gruppi di assistenza interaziendale.
3. La Regione concorre alle spese sostenute dagli enti operanti nella difesa fitopatologica mediante le disponibilità finanziarie recate dal bilancio regionale a sostegno dei servizi reali all'impresa nonché con i fondi appositamente recati dal Piano nazionale di lotta fitopatologica.
Art. 17 - Manutenzione ambientale.

1. La politica agricola della Regione per la montagna è finalizzata a determinare le condizioni per lo sviluppo socio-economico e per la salvaguardia dell'ambiente; a tal fine la Giunta predispone un piano specifico integrato.
2. La Regione provvede inoltre ad effettuare gli interventi di manutenzione dei prati e dei pratipascoli necessari per assicurare una adeguata difesa idrogeologica del territorio e la conservazione dell'assetto paesaggistico e ambientale nella montagna veneta.
3. Le funzioni amministrative sono esercitate dai comuni, previa istruttoria dei servizi forestali regionali competenti per il territorio. Con l'approvazione dei relativi progetti da parte dei comuni è implicita, per le relative opere, la dichiarazione di pubblica utilità nonché di urgenza e indifferibilità.
4. Gli interventi di cui al comma 3 sono effettuati con diritto di rivalsa sui proprietari inadempienti.

Titolo VI
Tutela dei consumatori e promozione dei prodotti

Art. 18 - Valorizzazione dei prodotti agro-alimentari.

1. La Giunta regionale è autorizzata a provvedere ad appalti pubblici per la fornitura unificata di derrate agro-alimentari da destinare alle comunità gestite da enti pubblici che, a vario titolo, usufruiscono di finanziamenti recati dal bilancio regionale; le forniture dovranno essere costituite da prodotti tutelati dal marchio regionale di garanzia di cui alla legge regionale 8 marzo 1988, n. 11 , ovvero da prodotti dotati di analoghe caratteristiche di qualità, genuinità e igiene comprovate da specifici controlli.
2. Le agevolazioni previste dalla legge 9 febbraio 1963, n. 59 sono applicate anche nel caso in cui i produttori agricoli aventi titolo effettuino la vendita dei propri prodotti nell'ambito di strutture commerciali.
3. Nella concessione dei nulla osta per l'apertura e l'ampliamento delle strutture di vendita, la superficie autorizzabile può essere integrata con la superficie destinata stabilmente ed esclusivamente alla vendita diretta da parte dei produttori agricoli, singoli o associati, dei loro prodotti. L'autorizzazione, rilasciata al produttore agricolo ai sensi della legge 9 febbraio 1963, n. 59, dovrà prescrivere che tale superficie sia destinata esclusivamente alla vendita diretta dei prodotti agricoli; in caso di cessazione dell'attività del produttore agricolo singolo o associato la superficie potrà essere utilizzata esclusivamente per la vendita diretta da altro produttore agricolo.
Art. 19 - Progetti commerciali.

1. La Regione promuove e incentiva strumenti di intervento finanziario a favore di consorzi di cooperative e associazioni di produttori che consentono l'avvio di validi progetti commerciali, anche con operatori del sistema agro- alimentare.
2. A tale scopo la Giunta regionale è autorizzata ad intervenire sui costi dei sistemi integrati di finanziamento concordati con istituti e società convenzionati con la Regione mediante la concessione di contributi in conto capitale o sotto forma di interessi.
3. Le provvidenze di cui al precedente comma sono prioritariamente concesse alle iniziative promosse in base a quanto previsto dalla legge regionale 8 marzo 1988, n. 11 .

Titolo VII
Servizi reali all'impresa

Art. 20 - Finalità e caratteristiche.

1. I servizi reali all'impresa hanno lo scopo di favorire l'affermazione dell'azienda singola e associata attraverso attività programmate, organizzate in un sistema integrato, che si articolano in: ricerca di interesse regionale e sperimentazione; assistenza tecnica; informazione socio-economica; servizi di sostituzione e formazione professionale.
2. Gli obiettivi, le azioni e gli interventi connessi a tali attività sono determinate in conformità ai regolamenti (CEE) n. 270/79, n. 797/85 e loro successive modifiche e integrazioni.
Art. 21 - Piano esecutivo dei servizi di sviluppo.

1. La Giunta regionale elabora gli indirizzi e approva il piano esecutivo dei servizi di sviluppo, in conformità con la programmazione regionale per il coordinamento dell'attività degli enti e degli organismi preposti all'attività di ricerca, di sperimentazione, di assistenza interaziendale, ivi compresa l'informazione socio-economica e l'assistenza alla gestione, e di formazione professionale.
2. IL Piano, articolato per aree provinciali, individua gli obiettivi da realizzare per ogni singola area omogenea del territorio regionale, le azioni, le linee di intervento, nonché le risorse finanziarie e i soggetti che predispongono e attuano i programmi annuali di attività.
Art. 22 - Ricerca di interesse regionale e sperimentazione.

1. Al fine di utilizzare le professionalità e le strutture degli Istituti tecnici agrari statali (ITAS) e degli Istituti professionali di stato per l'agricoltura (IPSA), possono essere formulati programmi di collaborazione tra gli enti strumentali, operanti nel settore primario della Regione e detti istituti. Le collaborazioni debbono riguardare programmi di sperimentazione, dimostrazione, utilizzazione di laboratori nonché attività di aggiornamento dei documenti di materie professionali degli istituti, utilizzando le strutture degli enti regionali e del Polo tecnologico. Gli istituti possono mettere a disposizione dell'assistenza tecnica e della formazione regionale le strutture di sperimentazione di cui dispongono.
2. La Giunta regionale è autorizzata per le finalità di cui al comma precedente, a sottoscrivere apposite convenzioni con altre Regioni o con le Amministrazioni provinciali del Veneto per l'utilizzazione di centri di ricerca e sperimentazione per il miglioramento genetico.

Art. 23 - Assistenza interaziendale.

1. L'attività di assistenza interaziendale, ivi compresa l'informazione socio-economica, l'assistenza alla gestione e alla tenuta della contabilità aziendale, viene attuata da strutture tecniche di sostegno, in attuazione del Piano quadro nazionale di applicazione del regolamento (CEE) n. 270/79, per il tramite di gruppi di base riconosciuti ai sensi e per gli effetti degli artt. 10 e 12 del regolamento (CEE) n. 797/85 e successive modifiche e integrazioni.
2. Gli imprenditori agricoli a titolo principale che intendono usufruire del servizio debbono aderire a una struttura tecnica di sostegno avente le caratteristiche di cui al successivo comma.
3. Ai fini del riconoscimento da parte della Giunta regionale, la struttura tecnica deve essere istituita sotto forma di società cooperativa o di associazione; essere regolata da uno statuto che preveda l'assenza di fini di lucro, le modalità di coordinamento e di gestione democratica tramite organi elettivi composti da rappresentanti delle imprese aderenti; aggregare in pianura almeno 1.200 aziende, e almeno 600 aziende nelle zone montane, ricadenti in ambito provinciale o interprovinciale; avere attrezzature sufficienti al raggiungimento dei fini istituzionali; avere autonomia contabile e finanziaria.
4. Le strutture tecniche operano in ambito provinciale o interprovinciale e promuovono la costituzione di gruppi di base che associano imprese ubicate in comuni limitrofi o in aree omogenee. Per le attività relative ai programmi dei gruppi, le strutture tecniche di sostegno si avvalgono di tecnici agricoli a tempo pieno, assicurando garanzia che gli stessi non svolgano altre attività, con un rapporto medio di un tecnico ogni 100 aziende nelle aree di pianura e ogni 60 nelle zone montane, ferma restando, nel rispetto di tale rapporto, la possibilità di assegnare a ogni tecnico un numero di aziende superiore o inferiore ai predetti limiti in relazione agli indirizzi produttivi di queste ultime.
5. La Regione concorre agli oneri finanziari sostenuti dalle strutture tecniche di sostegno per l'attuazione dei programmi annuali, con un contributo massimo di lire 400.000 per azienda assistita in pianura e di lire 650.000 per azienda assistita in zona montana. La quota del contributo regionale non potrà in ogni caso superare l'80% della spesa ritenuta ammissibile nelle aree di pianura e il 90% nelle zone montane. Per l'espletamento dell'attività di coordinamento è concesso alle strutture tecniche di sostegno un contributo annuo non superiore a lire 70.000 per azienda.
6. Le organizzazioni di rappresentanza degli imprenditori agricoli provvedono, tramite le Strutture tecniche di sostegno, al coordinamento dei programmi annuali e dell'attività dei gruppi di base costituiti dalle aziende aderenti alle stesse. La Regione sostiene il coordinamento regionale, anche per quanto attiene alla gestione delle contabilità aziendali di cui all'art. 9 del Regolamento 797/85 CEE, mediante la concessione di un contributo annuale pari a lire 10.000 per ogni azienda assistita, a condizione che le strutture aderenti all'organizzazione associno a livello regionale almeno 2.000 aziende.
7. La medesima azienda agricola non può partecipare a programmi di assistenza interaziendale di base attuati da strutture tecniche di supporto diverse.

Art. 24 - Attività di assistenza specialistica.

1. L'ESAV, l'Istituto lattiero-caseario e di biotecnologie agro-alimentari e gli altri istituti e organismi ritenuti idonei dalla Giunta regionale, svolgono attività di assistenza specialistica a favore di gruppi di base, cooperative, loro consorzi e associazioni di produttori sulla base di programmi predisposti dall'ESAV di intesa con gli istituti medesimi nell'ambito dell'attività del Polo tecnologico per l'agricoltura. L'assistenza specialistica, in relazione ai programmi di ricerca e di sperimentazione, si esplica in attività di consulenza, dimostrativa, di divulgazione e informazione.
2. La Giunta regionale approva i progetti di cui al precedente comma e dispone per il loro finanziamento, in relazione alla natura degli enti e ai programmi che vengono attuati dagli stessi.

Art. 25 - Formazione professionale.

1. In armonia con la vigente normativa comunitaria in materia, l'attività di formazione professionale si articola in corsi o tirocini diretti a:
a) formazione e aggiornamento per imprenditori agricoli, coadiuvanti, partecipi familiari e salariati agricoli che hanno superato l'età della scuola dell'obbligo, ivi compresi i giovani agricoltori nei termini di quanto previsto dall'art. 7 del regolamento (CEE) n. 797/85;
b) formazione e aggiornamento per i quadri e amministratori delle associazioni di produttori e delle cooperative agricole, che trovino effettivo e adeguato impiego nell'ambito di tali organismi.
2. I corsi o tirocini previsti nel precedente comma hanno le seguenti finalità:
a) per quanto concerne quelli di cui alla lettera a) del comma precedente, migliorare la professionalità dei soggetti interessati riguardo, anche, al riorientamento qualitativo della produzione, all'applicazione di metodi di produzione compatibili con le esigenze della protezione dello spazio rurale e al conveniente sfruttamento della superficie forestale;
b) per quanto concerne quelli di cui alla lettera b) del comma precedente, migliorare la professionalità dei quadri e amministratori, con particolare riguardo all'aspetto manageriale.
3. L'attività di formazione professionale viene svolta direttamente dalla Giunta regionale mediante le proprie strutture o attraverso convenzioni con Istituti specializzati ovvero affidandone lo svolgimento alle organizzazioni professionali, sindacali e cooperative del settore primario.
4.Dette istituzioni sono riconosciute idonee dalla Regione, per quanto di competenza, con le modalità di cui all'art. 11 della legge regionale 30 gennaio 1990, n. 30 .
5. Il riconoscimento dell'idoneità ha luogo con decreto del Presidente della Regione su conforme parere della Giunta regionale e secondo le procedure previste dalla normativa in materia di formazione professionale.
6. Le attività di cui ai commi precedenti sono realizzate sulla base di un programma di formazione professionale in agricoltura che è inserito nel Piano annuale di formazione professionale regionale.
7. Al fine di favorire la formazione e l'aggiornamento professionale di personale tecnico, gli enti strumentali operanti nel settore primario possono organizzare corsi post-scolastici con rilascio di attestati di frequenza, e un giudizio di merito. Gli enti possono avvalersi della collaborazione dell'Università, di Istituti di ricerca pubblici e privati, italiani e stranieri.

Art. 26 - Incentivi per il miglioramento dell'assetto gestionale degli organismi associativi.

1. In connessione con le attività di formazione professionale dei dirigenti delle associazioni di produttori e delle cooperative di cui al precedente art. 26, possono essere promosse e agevolate iniziative dirette a migliorare l'assetto gestionale dei medesimi organismi.
2. La Giunta regionale è autorizzata a concorrere al finanziamento di specifiche consulenze professionali in materia organizzativa, strutturale, finanziaria e di mercato, necessarie allo sviluppo e al risanamento della gestione di organismi associativi.
3. Possono beneficare dell'intervento le associazioni di produttori, le cooperative agricole e i loro consorzi e, in relazione alle loro peculiari necessità, gli organismi regionali di tutela e rappresentanza della cooperazione.
4. Le cooperative e i loro consorzi, le associazioni dei produttori e i consorzi di tutela possono svolgere attività di assistenza interaziendale di cui all'art. 24 limitatamente alla promozione dei prodotti e alle indagini di mercato. L'importo complessivo del contributo regionale non può superare il 50% della spesa ammessa.

Titolo VIII
Organizzazione dell'offerta e politica per l'agro-industria

Art. 27 - Misure per lo sviluppo del sistema agro-alimentare.

1. Allo scopo di accrescere la competitività dell'apparato produttivo e commerciale del settore agricolo e, più in generale, del sistema agro- alimentare, la Regione favorisce lo sviluppo delle imprese cooperative, delle associazioni di produttori, delle altre forme associative anche tra imprese agricole e industriali.
2. La Regione interviene, altresì, per favorire la corretta stipula di accordi interprofessionali e il rispetto delle clausole in essi contenute, allo scopo di rendere equilibrato il potere contrattuale delle diverse componenti del sistema agro-alimentare.
3. Per promuovere e valorizzare i prodotti agricoli e ittici del Veneto la Regione favorisce la costituzione e il potenziamento di mercati alla produzione e la realizzazione di azioni a tutela della qualità, per l'informazione dei consumatori e per l'espletamento di programmi di educazione alimentare.
4. La Veneto Sviluppo S.p.A. e l'ESAV sono autorizzati a partecipare, per quanto di competenza, a società con imprese private singole e associate e con aziende delle Partecipazioni statali per lo sviluppo dei settori agro- alimentari e agro-industriali del Veneto.
5. La Giunta regionale determina le azioni e le modalità operative di intervento in modo da incentivare prioritariamente le iniziative del comparto produttivo agro-alimentare e agro-industriale che consentano le più favorevoli ricadute a vantaggio delle imprese agricole singole o associate del Veneto.
6. La Giunta regionale è autorizzata a sottoscrivere apposita convenzione con le Camere di commercio industria artigianato e agricoltura del Veneto e con i loro organismi regionali per la promozione e la valorizzazione delle produzioni agricole in Italia e all'estero e per l'innovazione dei processi di produzione nel comparto agro-alimentare.
Art. 28 - Criteri e condizioni.

1. I criteri e le condizioni per la concessione dei benefici, in quanto non regolati dal presente titolo, sono desunti dagli indirizzi programmatici del Programma di sviluppo agricolo e forestale, nonché dagli altri strumenti regionali in materia di programmazione agricola.
2. La compatibilità delle iniziative per lo sviluppo del sistema agro- alimentare con i programmi di produzione e commercializzazione delle associazioni di produttori e relative unioni, per gli ambiti di specifica competenza, costituisce condizione preferenziale per la concessione delle provvidenze regionali.
3. Le iniziative, di cui al presente titolo, devono prioritariamente sostenere la valorizzazione dei prodotti agro-alimentari del Veneto che hanno ottenuto il riconoscimento del marchio regionale a norma della legge regionale 8 marzo 1988, n. 11 .
4. Nella concessione delle provvidenze, è riconosciuta precedenza agli interventi a favore di cooperative e loro consorzi a larga base sociale.
Art. 29 - Misure per il miglioramento dell'efficienza delle cooperative agricole.

1. La Giunta regionale promuove il miglioramento dell'efficienza delle cooperative agricole e la loro innovazione tecnologica mediante anche processi di concentrazione e di risanamento economico e gestionale.
2. A tal fine gli organismi interessati propongono progetti di riorganizzazione, di ristrutturazione o di concentrazione aziendale, caratterizzati da affidabilità in ordine ai contenuti di equilibrio finanziario e gestionali, supportati da programmi pluriennali.
3. Condizioni necessarie per l'ammissibilità a detti interventi sono:
a) il piano, corredato dalla certificazione di bilancio o da altri elementi utili, presentato dall'organismo deve ottenere l'approvazione della Giunta in ordine alla sua fattibilità;
b) i soci devono partecipare in misura significativa alla capitalizzazione dell'azienda associata;
c) deve trattarsi di un organismo preferibilmente a larga base associativa o comunque tale da giustificare l'interesse regionale dell'intervento;
d) il piano, infine, deve dimostrare che la metà della produzione complessivamente lavorata o commercializzata, salvo i casi di forza maggiore, è conferita dai soci.
4.La Regione Veneto può cofinanziare mutui di risanamento concessi a cooperative e loro consorzi operanti nel territorio regionale ammessi ai benefici previsti dagli artt. 4 e 7 della legge n. 752/1986, e sue circolari attuative del Ministero dell'agricoltura e delle foreste. Tale cofinanziamento si attuerà tramite un concorso in conto interessi fino al 30% della differenza tra il tasso di riferimento bancario e quanto pro-tempore definito dall'applicazione del D.P.C.M. relativo alla regolazione automatica dei tassi agevolati in agricoltura. La Regione Veneto altresì può contribuire alla definizione delle coperture cauzionali necessarie alla stipulazione dei predetti mutui, direttamente o tramite suo ente delegato, per un importo non superiore al 30% delle cauzioni necessarie.

Titolo IX
Politica degli interventi finanziari

Art. 30 - Interventi finanziari di carattere innovativo.

1. Al fine di assicurare adeguati flussi finanziari allo sviluppo dell'agricoltura regionale e per agevolare l'accesso al credito da parte di imprenditori singoli e associati, enti e organismi, la Regione interviene mediante:
a) l'esercizio di attività di intermediazione e la stipula di convenzioni con istituti e aziende di credito, società finanziarie, nazionali ed esteri;
b) l'assegnazione di capitali di dotazione per la costituzione di appositi fondi di rotazione;
c) il concorso negli interessi su finanziamenti a favore di soggetti che presentano i requisiti previsti dalla vigente legislazione;
d) la concessione di garanzie regionali integrative o surrogative delle garanzie reali o personali subordinate all'assunzione, da parte dei beneficiari, di una adeguata partecipazione finanziaria.
2. Nel costo delle operazioni previste dal presente articolo possono essere ricompresi gli oneri per interessi, per commissioni e spese nonché per eventuale rischio di cambio nell'ipotesi di finanziamento in valuta.
3. In alternativa o in combinazione con le agevolazioni creditizie di cui al comma precedente, le provvidenze possono essere concesse sotto forma di contributo in conto capitale.
4. Al fine di migliorare le capacità di gestione finanziaria delle associazioni dei produttori, delle cooperative e loro consorzi, in armonia con gli scopi statutari, possono essere concessi a favore di tali organismi contributi per agevolare la loro partecipazione maggioritaria a società di factoring o per concorrere al contenimento degli oneri connessi alla fruizione di servizi di factoring.
Art. 31 - Capitalizzazione delle cooperative agricole e dei loro consorzi.

1. Allo scopo di favorire la capitalizzazione delle cooperative agricole e dei loro consorzi, la Giunta regionale può concedere contributi in conto capitale fino all'entità del capitale effettivamente sottoscritto e versato dai soci per l'aumento del capitale sociale.
2. In aggiunta a quanto previsto dal precedente comma, i prestiti contratti dai soci per partecipare alla ricapitalizzazione delle cooperative agricole possono usufruire del concorso regionale negli interessi nel limite di quanto previsto per analoghe operazioni di credito agrario agevolato.
Art. 32 - Consorzi fidi tra cooperative agricole.

1. La Giunta regionale è autorizzata a concedere contributi in conto capitale ai consorzi fidi tra cooperative agricole in misura non superiore al patrimonio di garanzia costituito dalle cooperative socie.
Art. 33 - Criteri e condizioni.

1. Al fine della concessione delle provvidenze di cui al presente titolo, la Giunta regionale effettua le necessarie verifiche in ordine alla situazione gestionale e finanziaria degli organismi associativi, attraverso la certificazione di bilancio o l'acquisizione di altri elementi utili.

Titolo X
Interventi sulle strutture aziendali

Art. 34 - Misure per il miglioramento dell'efficienza delle aziende agricole.

1. La Regione, allo scopo di favorire: il miglioramento qualitativo e la riconversione della produzione, in funzione delle esigenze di mercato; l'adattamento dell'azienda al fine di ridurre i costi di produzione, migliorare le condizioni di vita e di lavoro, o realizzare risparmi di energia; la tutela e il miglioramento dell'ambiente, concede provvidenze contributive e creditizie dirette al miglioramento e all'ammodernamento delle strutture e delle dotazioni aziendali.
2. Ad integrazione di quanto previsto dalla legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 , le provvidenze possono essere dirette a:
a) investimenti destinati alla protezione e al miglioramento dell'ambiente, ivi compreso l'acquisto di attrezzature e di materiale biologico destinati ad interventi di lotta integrata;
b) costruzione, ampliamento e ammodernamento dei fabbricati aziendali, ivi compreso l'acquisto e il riattamento di fabbricati in disuso o con destinazione non agricola che, per caratteristiche di tipologia e ubicazione, si prestano ad un conveniente utilizzo aziendale e costituiscono recupero del tradizionale patrimonio edilizio rurale;
c) provvista e installazione di dotazioni aziendali, ivi comprese le apparecchiature destinate alla informatizzazione e i relativi programmi;
d) realizzazione di risparmi di energia.
3. In conformità con quanto disposto in materia dalla normativa comunitaria, la concessione dei benefici può essere esclusa o limitata qualora gli investimenti determinino un aumento dei prodotti che non abbiano sbocchi normali sul mercato.
Art. 35 - Criteri e condizioni.

1. Per usufruire degli aiuti regionali e comunitari il piano aziendale o interaziendale redatto ai sensi della legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 , deve dimostrare, in ordine alle varie realtà territoriali e di mercato, un miglioramento duraturo e sostanziale della situazione sotto il profilo economico, sociale e ambientale.
2. Gli aiuti previsti dal titolo I del regolamento CEE 797/85 sono riservati a coloro che rivestono la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale nonchè soddisfano le ulteriori condizioni indicate nel medesimo regolamento; in ogni caso verrà data preferenza agli imprenditori agricoli a titolo principale che propongono piani di miglioramento aziendale ad elevato contenuto lavorativo e tecnologico.
3. Si considera a titolo principale l'imprenditore persona fisica il cui reddito proveniente dall'azienda agricola risulti pari o superiore al 50% del reddito totale, e il cui tempo di lavoro dedicato alle attività esterne all'azienda risulti inferiore alla metà del tempo di lavoro totale.
4. Le cooperative agricole sono riconosciute a tutti gli effetti imprenditori agricoli a titolo principale, a condizione che la base sociale sia costituita almeno per il 70% da imprenditori agricoli a titolo principale.
Art. 36 - Settori della pesca e dell'acquacoltura.

1. Ad integrazione di quanto previsto dalla legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 , a favore di associazioni di produttori, cooperative e loro consorzi e, in via subordinata, di privati esercenti professionalmente la pesca, possono essere concessi contributi in conto capitale, o loro equivalente sotto forma di concorso negli interessi, sulla spesa ammessa per sostituzione e acquisto di apparati motori su scafi da pesca di potenza non superiore a 7 CV fiscali per i motori fuoribordo e a 60 CV fiscali per i motori entrobordo; acquisto di reti e attrezzature per la pesca; acquisto di automezzi refrigerati per il trasporto del pescato o attrezzati con vasche munite di apparecchi di ossigenazione per la conservazione del pesce allo stato vivo; acquisto di novellame da destinare al ripopolamento intensivo o semintensivo sulla base di piani finalizzati.
2. Negli interventi regionali nel settore della pesca che possono riguardare mutui, prestiti o contributi in conto capitale, è data priorità a quelli destinati alla protezione delle risorse alieutiche e alla tutela dell'ambiente.
3. La Giunta regionale stabilisce l'ammontare massimo della spesa ammissibile per gli interventi di cui ai commi precedenti; sono soppressi i limiti previsti dagli artt. 52 e 53 della legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 .
4. I contributi in conto capitale, o il loro equivalente in conto interessi, possono raggiungere il 45% della spesa ammessa per gli investimenti in beni immobili e scafi da pesca e il 30% per gli altri tipi di investimenti.
5. Le provvidenze previste dalla presente legge sono estese, per analoghi interventi, ai settori della pesca e dell'acquacoltura. 6. Le provvidenze di cui all'art. 54 della legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 sono estese anche agli imprenditori singoli e associati.

Titolo XI
Disposizioni finali

Art. 37 - Adeguamento alla normativa comunitaria.

1. La Giunta regionale, in conformità a quanto previsto dal Trattato istitutivo della Comunità europea, nonché dal DPR n. 616/1977, fornisce concreta attuazione mediante gli opportuni piani esecutivi, alla regolamentazione comunitaria direttamente applicabile, relativa ai settori dell'agricoltura, delle foreste e della pesca, anche in relazione alla determinazione dell'ammontare dei contributi, dei limiti quantitativi e dei parametri stabiliti dalla presente legge.
Art. 38 - Modificazione di norme.

1. La legge regionale 17 maggio 1974, n. 34 , "Regolamentazione dei Consorzi forestali e delle Aziende speciali per la gestione dei patrimoni silvo- pastorali dei Comuni e degli altri Enti" è così modificata:
a) all'art. 1 è aggiunto il seguente secondo comma:
"La Regione promuove inoltre la costituzione di consorzi forestali tra proprietari privati e pubblici";
b) l'art. 3 è sostituito dal seguente:
"Art. 3
I proprietari che intendono costituire un consorzio forestale approvano uno statuto consorziale che dovrà stabilire tra l'altro:
a) la rappresentanza degli enti partecipanti;
b) L'attribuzione dei compiti degli organi del consorzio e la durata in carica;
c) i casi di ineleggibilità e decadenza e i modi di sostituzione dei componenti degli organi del consorzio;
d) le norme amministrative circa la gestione del consorzio;
e) il riparto della spesa per il funzionamento del consorzio tra i partecipanti;
f) le norme sull'organizzazione degli uffici e il regolamento organico del personale.
I comuni che intendono costituire una azienda speciale approvano un regolamento ai sensi dell'art. 141 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267.".
2. La legge regionale 5 novembre 1979, n. 85 , "Interventi per lo sviluppo della proprietà diretto-coltivatrice" è così modificata:
a) l'art. 1 (Finalità) è sostituito dal seguente:
"Art. 1 - Finalità.
La Regione, con la presente legge, si propone la prosecuzione degli interventi a favore della proprietà diretto-coltivatrice allo scopo di consentire - mediante l'acquisto di fondo per la costituzione o l'arrotondamento di preesistenti proprietà - la formazione di aziende di dimensioni economiche atte ad assicurare, anche attraverso l'attuazione di un piano aziendale, un miglioramento duratura e sostanziale della situazione sotto il profilo economico e sociale, in correlazione con le determinazioni comunitarie in materia di politica delle strutture";
b) l'art. 3 è sostituito dal seguente:
"Art. 3 - Priorità.
Le provvidenze di cui alla presente legge sono concesse prioritariamente:
a) per consentire l'effettivo esercizio del diritto di prelazione ai mezzadri e ai fittavoli che coltivano il fondo oggetto dell'acquisto, anche se tra le parti sia avvenuto accordo diretto senza l'obbligatoria notifica prevista dall'art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e quando trattasi di parte del fondo in loro conduzione;
b) per l'arrotondamento di preesistenti proprietà che abbia il precipuo scopo di consentire l'attuazione di un piano di miglioramento aziendale di cui al regolamento (CEE) n. 797/85;
c) per l'accesso alla terra, anche attraverso l'acquisizione di quote, da parte dei giovani coltivatori diretti di età compresa fra i 18 e i 40 anni non ancora compiuti".
3. La legge regionale 6 maggio 1985, n. 48 "Norme sulla produzione sul commercio e sulla difesa fitosanitaria del materiale di propagazione del settore orto-floro-frutticolo e delle piante ornamentali" è così modificata:
a) il punto 1) dell'art. 3 è così sostituito:
"di notificare annualmente alla Giunta regionale, su apposito modello, l'indicazione dell'ubicazione e della superficie dei terreni destinati a vivaio e serre, nonché l'indicazione delle piante maggiormente coltivate";
b) il punto 2) dell'art. 3 è così sostituito:
"di tenere un registro di carico e scarico vidimato dalla Giunta regionale, per il materiale per il quale viene chiesta la certificazione".
c) il punto 3) dell'art. 3 è così sostituito:
"di mettere in condizione visibile, per lotti, apposite etichette che precisano il nome e la sede della ditta produttrice, numero di autorizzazione od ogni altro elemento atto a identificare l'origine e la rispondenza varietale, limitatamente al materiale di cui al punto 2)".
4. Il comma 5 dell'art. 67 della legge regionale 9 dicembre 1977, n. 72 , "Attuazione della legge 19 maggio 1976, n. 335" è così integrato:
"Per le società semplici operanti nel settore agricolo la rappresentanza legale può essere comprovata mediante atti che costituiscono certificazioni di pubblica autorità, ivi compresi i certificati di attribuzione del numero di partita Iva".
Art. 39 - Copertura finanziaria.

1. La copertura finanziaria degli interventi previsti dalla presente legge verrà effettuata con il "Provvedimento generale di rifinanziamento e di modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione".
2. L'istituzione dei capitoli di spesa farà riferimento ai titoli della presente legge e terrà conto di quanto previsto dall'art. 5 della legge regionale 9 dicembre 1977, n. 72 .
Art. 40 - Dichiarazione d'urgenza.

1. La presente legge è dichiarata urgente, ai sensi dell'articolo 44 dello Statuto ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Veneto.

* * * * *
Allegato alla legge regionale 8 gennaio 1991, n. 1 , relativa a:

DISPOSIZIONI PER L'INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA E PROGRAMMA REGIONALE DI SVILUPPO AGRICOLO E FORESTALE PER IL PERIODO 1990/1994

1. PROGRAMMA REGIONALE DI SVILUPPO AGRICOLO E FORESTALE PER IL PERIODO 1990/1994

Il quarto comma dell'articolo 3 della legge 8 novembre 1986, n. 752, per l'attuazione di interventi programmati in agricoltura, prevede che le Regioni adottino, in conformità ai propri ordinamenti, "programmi di sviluppo" nel Settore agricolo e forestale in armonia con le determinazioni del Piano agricolo nazionale e del Piano nazionale forestale.
Il precedente Progetto agricolo-alimentare della Regione del Veneto, approvato come allegato alla legge regionale n. 88/80 "Legge generale per gli interventi nel settore primario", doveva inizialmente riguardare un periodo compreso dal 1979 al 1982.
Nel concreto, invece, la vigenza temporale del Progetto si è notevolmente protratta e solo nel 1990 si giunge alla predisposizione del nuovo Programma regionale di sviluppo agricolo e forestale 1990-1994.
Il ritardo nella stesura del nuovo strumento di programmazione in agricoltura è dipeso, principalmente, dall'impossibilità a livello regionale di proporre degli obiettivi e delle linee di sviluppo coerenti con la Politica agricola comunitaria, obbligatoria e vincolante, in un periodo in cui nemmeno la Comunità europea è stata in grado di fornire una stabile linea di indirizzo per il superamento delle problematiche emergenti nel settore e della grave questione delle eccedenze produttive in particolare.
In quest'ultimo periodo alcune delle principali incognite possono - in parte - dirsi sciolte sia a livello comunitario, sia soprattutto a livello nazionale,e pertanto risulta possibile formulare legittime indicazioni programmatiche che, nella prospettiva del mercato unico, puntano principalmente a promuovere un'ulteriore fase di sviluppo dell'agricoltura veneta verso un sistema agroalimentare e agro-industriale allargato nel quale la valorizzazione dell'uomo e della famiglia diretto coltivatrice, l'innovazione e il miglioramento del rapporto con l'ambiente risultano opzioni di base.
Oltre a ciò deve essere ricordato che solo nel gennaio 1989 con l'approvazione del Programma regionale di sviluppo sono state fornite, le indispensabili direttive per una moderna e corretta impostazione della politica agricola regionale.
Con questo documento la Regione Veneto intende pertanto dare attuazione, per il Settore agricolo e forestale, al dettato della legge nazionale, e confermare l'impegno statutario ad assumere la programmazione come metodo di intervento.

1.1 Una nuova concezione programmatoria.

Come viene riconosciuto dal Programma quadro del nuovo Piano agricolo nazionale, il precedente Piano per il periodo 1979/82, pur delineando obiettivi generali di politica agraria, si limitava di fatto a definire obiettivi per comparto, e a ripartire gli stanziamenti previsti dalla legge, con vincolo di destinazione, per soggetto istituzionale e per settore.
Questa impostazione era la logica conseguenza dello stretto collegamento esistente tra la legge n. 984, "Quadrifoglio", legge pluriennale di spesa a carattere settoriale, e il Piano, che della legge costituiva la regola programmatoria di applicazione interna.
La legge n. 984 e il Piano del 1979 rappresentavano anche il quadro di riferimento, e non poteva essere altrimenti, della legge regionale n. 88/80, dell'allegato Progetto agricolo-alimentare e dello stesso capitolo del Programma regionale di sviluppo, che definiva le linee della politica per il settore primario. Da ciò derivano i limiti di rigidità e di stretta settorialità che hanno condizionato l'azione regionale ispirata dalla legge n. 88/1980, anche se è giusto riconoscere il tentativo compiuto dal Progetto agricolo-alimentare e dalla legge regionale di superare la dimensione "settore", per collegare gli interventi per comparto produttivo con azioni di tipo orizzontale, come la ricerca, la sperimentazione e l'assistenza tecnica, elevando così complessivamente le potenzialità di sviluppo dell'intero sistema agro-alimentare.
Il nuovo quadro politico ed economico in cui opera l'agricoltura, caratterizzato da un accrescimento del peso dei fattori esogeni (internazionalizzazione dei mercati, integrazione più stretta con gli altri settori economici, domanda di nuove funzioni) comportano che il nuovo piano non venga inteso come unico e statico atto di prescrizioni onnicomprensive.
In base a queste considerazioni il nuovo Piano agricolo nazionale ha adottato una struttura modulare articolata in programma quadro, piani specifici e direttive e prevede procedure di monitoraggio e aggiornamento che dovranno assicurarne la scorrevolezza e la flessibilità.
Riguardo ai contenuti, lo sviluppo tecnologico, l'aumentata complessità dei processi produttivi e la rilevante crescita di funzioni non strettamente produttive hanno contribuito a far superare le tradizionali suddivisioni settoriali dell'economia e a far emergere la validità di un approccio programmatorio che privilegi gli aspetti comuni a più settori, agendo trasversalmente e non verticalmente su di essi. In questa prospettiva, afferma il nuovo Programma regionale di sviluppo 1988/1990, la tradizionale politica del Primario non può limitarsi ad azioni di carattere settoriale, ma deve evolvere verso una politica fattoriale, espressa da azioni orizzontali, che investono l'agricoltura nel suo insieme come sistema e comprendono interventi che si collocano nel punto di congiunzione tra l'agricoltura e gli altri settori produttivi. Questa politica è basata sull'uomo, fattore centrale dello sviluppo, sull'innovazione e sull'ambiente, che il Veneto ha posto al centro della propria azione programmatoria.
La legge regionale concernente "Disposizioni per l'innovazione in agricoltura", e il presente programma agricolo e forestale, si pongono come strumenti di integrazione rispetto alla vigente normativa, determinando un complesso organico di norme e di direttive per la regolamentazione dei comparti di nuova rilevanza per il settore primario.
A meno di alcune limitate modificazioni necessarie per l'adattamento delle norme in atto, il quadro normativo vigente, viene quindi sostanzialmente mantenuto mentre vengono stabilite nuove norme che, rispondendo alle mutate condizioni della politica agricola, stabiliscono le modalità dell'azione regionale per quanto riguarda la tutela dello spazio rurale, la difesa dei consumatori e la promozione dei prodotti, la riorganizzazione dei servizi reali all'impresa e l'istituzione degli strumenti per l'innovazione in agricoltura, l'organizzazione dell'offerta e la politica dell'agro-industria e l'individuazione di nuovi strumenti di intervento finanziario. La legge stabilisce inoltre la delega di funzioni alle province ed alle comunità montane.

1.2 Il documento di piano e le procedure di programmazione.

Per rispondere alle esigenze di elasticità, richieste dal mutato quadro in cui opera l'agricoltura, anche il Programma regionale di sviluppo agricolo e forestale 1989/1993 adotta una struttura modulare articolata nel presente programma quadro, nei conseguenti piani specifici e piani esecutivi.
Il presente programma quadro, approvato come allegato alla legge concernente "Disposizioni per l'innovazione in agricoltura", rappresenta il provvedimento che individua le linee generali e innovative della politica agricola regionale, in attuazione delle direttive del Programma regionale di sviluppo, e costituisce lo strumento di raccordo con le determinazioni del Piano agricolo nazionale e con gli indirizzi della Politica agricola comune.
Esso definisce, così, gli obiettivi e i contenuti delle azioni orizzontali attraverso le quali la Regione intende dare attuazione alla politica dei fattori in agricoltura e delinea le direttive per la formulazione dei piani specifici, che precisano, per comparto produttivo o per area di intervento, l'azione programmatoria in agricoltura.
I piani specifici garantiscono un carattere modulare al documento di piano e, allo stesso tempo, sono condizione indispensabile perché l'azione programmatoria sia scorrevole e flessibile nel tempo in relazione al prevedibile mutare delle variabili che influenzano lo sviluppo del settore.
La Giunta regionale, è prioritariamente impegnata a predisporre i seguenti piani specifici per l'approvazione da parte del Consiglio:
− agricolo-ambientale e per la difesa fitopatologica;
− agricolo-alimentare: per la ristrutturazione del settore vitivinicolo;
− per il rilancio del settore zootecnico-lattiero-caseario;
− per il settore orto-frutticolo e per la riconversione delle produzioni alle esigenze di mercato; per il settore vivaistico e floricolo, nonchè per la ristrutturazione del comparto della lavorazione dei prodotti agricoli e zootecnici;
− per il settore della pesca e dell'acquacoltura;
− per lo sviluppo socio-economico e ambientale della montagna;
− per lo sviluppo dell'apicoltura;
− per la ricostituzione delle alberature in zona rurale.
La Giunta regionale, su mandato del Consiglio o di propria iniziativa, potrà predisporre altri piani specifici, in conseguenza di nuove determinazioni della Politica agricola comunitaria o di quella nazionale.
I piani specifici assumono la connotazione e la valenza di piani integrati allorchè prevedono interventi di sviluppo per aree territoriali delimitate attraverso azioni intersettoriali che possono anche richiedere l'impegno e la collaborazione degli enti locali competenti, in particolare se titolari di deleghe amministrative regionali.
I piani specifici possono riguardare, oltre che particolari produzioni agricole e agroindustriali, interi ambiti di intervento a carattere strutturale o infrastrutturale (ad esempio: il piano mercati alla produzione, il piano per l'attuazione dei nuovi regolamenti strutturali, ecc.).
I piani esecutivi, sono predisposti e approvati dalla Giunta regionale in quanto attuazione del presente programma quadro o di specifiche direttive CEE, del livello nazionale o del Consiglio e costituiscono lo strumento per garantire la necessaria coerenza ed efficacia alle politiche di accompagnamento previste per il Settore primario dal Programma regionale di sviluppo.
I piani specifici, in coerenza con le linee fissate dal programma quadro, individuano gli obiettivi di breve e medio periodo da raggiungere, precisando i soggetti e l'oggetto dei singoli interventi, nell'ambito degli strumenti normativi messi a disposizione dalla legislazione regionale e, in particolare, dalla nuova legge per il settore primario.
Per ciascun piano specifico vengono individuati gli uffici della struttura amministrativa regionale responsabili della sua attuazione e, per quelli con valenza di piano integrato, i compiti degli enti che partecipano alle azioni previste.
I piani individuano inoltre le modalità e i parametri, anche fisici, per il monitoraggio e la valutazione dei risultati raggiunti; i documenti di valutazione saranno, di norma, oggetto di valutazione da parte del Consiglio.
La durata dei piani specifici non potrà superare quella del programma quadro mentre il complessivo fabbisogno di spesa per la realizzazione delle azioni previste dovrà essere fissato in coerenza con gli stanziamenti del bilancio pluriennale. Per il primo anno di attuazione dovranno essere individuati gli stanziamenti necessari per ciascun tipo di intervento da iscrivere nel bilancio di previsione. Di norma la Giunta regionale è impegnata ad approvare i provvedimenti di programmazione in relazione ai documenti di bilancio preventivo, al fine di provvedere alla iscrizione nello stesso delle rispettive previsioni di spesa.
La Giunta regionale opera anche tramite progetti esecutivi per affrontare problemi a carattere particolare, che richiedono un'azione composta da più tipi di intervento e con la partecipazione di più soggetti. In realtà, i progetti esecutivi non costituiscono moduli del documento di piano, ma data la loro importanza per il successo dell'azione programmatoria richiedono una particolare autonomia formale, a cui collegare lo specifico impegno finanziario.
I piani specifici e i progetti esecutivi sono quindi, assieme alle azioni a carattere orizzontale disciplinate dalla legge poliennale per il settore primario, il modo di operare normale della Giunta regionale in attuazione del Programma di sviluppo dell'agricoltura veneta per il periodo 1989/93, per cui oggetti e tipologia degli interventi, soggetti abilitati e stanziamenti previsti dovranno essere individuati dalla Giunta in modo da concorrere alla formazione della legge annuale di bilancio.

1.3 Le deleghe.

L'obiettivo del miglioramento del servizio reso agli utenti viene attuato mediante un ulteriore impegno nella politica delle deleghe e la riorganizzazione della struttura e delle procedure amministrative del settore primario secondo principi di decentramento delle attività gestionali da collocare quanto più vicino possibile agli utilizzatori del servizio.
Le materie che con la legge vengono delegate alle Amministrazioni provinciali ed alle comunità montane riguardano il sistema organico degli interventi sulle infrastrutture rurali e quelle concernenti le abitazioni agricole.
Si tratta di materie la cui gestione decentrata potrà assicurare una più efficace, tempestiva e costante rispondenza alle esigenze degli agricoltori.

1.4 Gli obiettivi.

I punti di riferimento di una politica fattoriale per il Primario vanno individuati, come indica il Programma regionale di sviluppo, nell'insieme delle dinamiche riscontrabili nel panorama economico italiano e internazionale e, in particolare, nell'evoluzione della Politica agricola comune. In questo quadro gli elementi preoccupanti sono numerosi: eccedenze produttive; forti tensioni nel mercato mondiale; difficoltà del bilancio della CEE; insoddisfacente avvicinamento delle agricolture europee; diffusi fenomeni di destrutturazione aziendale. Ai problemi produttivoaziendali si aggiungono quelli provocati dalle dinamiche ecologico ambientali, che vedono l'agricoltura pesantemente penalizzata dagli inquinamenti prodotti dalle altre attività e, allo stesso tempo, trovano il settore agricolo coinvolto in taluni fenomeni di inquinamento.
Secondo il Programma regionale di sviluppo, l'agricoltura si trova in una fase di crescita e trasformazione, dalla quale emergono i ruoli molteplici svolti dal settore agricolo, tanto a livello istituzionale, quanto a livello della comunità dei cittadini, oltre che degli operatori del settore.
Sulla base di queste considerazioni, il Programma regionale di sviluppo indica due ordini di finalità per la politica agraria regionale:
− di carattere generale, come il conseguimento dei maggiori benefici possibili dal pacchetto delle misure comunitarie e nazionali (politiche di accompagnamento);
− di carattere specifico, e cioè lo sviluppo delle necessarie sinergie fra le predette misure e il modello veneto, attraverso una "politica per fattori", che non prescinda da una sostanziale pari opportunità fra aree e situazioni sociali diverse.
Circa gli obiettivi di carattere generale, l'azione regionale dovrà orientarsi verso:
− la progettazione integrata sul territorio degli interventi a valenza fondamentalmente agricola;
− lo snellimento delle procedure e una razionalizzazione delle strutture e delle loro modalità operative;
− l'attuazione di azioni di verifica sugli effetti degli interventi agricoli, tenuto conto dei parametri economici, sociali e anche ambientali.
Le "misure di accompagnamento" previste dal Programma regionale di sviluppo dovranno concretizzarsi, dunque, in una maggiore efficienza amministrativa delle strutture regionali e consentire di armonizzare gli interventi nazionali e comunitari con la realtà territoriale, valutandone gli effetti anche all'esterno del settore agricolo.
In merito agli obiettivi di tipo specifico, il Programma regionale di sviluppo prevede che la politica agraria regionale debba mirare a:
− il conseguimento di un sempre migliore equilibrio fra gestione agricola dei suoli e altre finalità di carattere implicito quali la tutela del consumatore, la difesa del suolo, la salvaguardia della diversità culturale e del paesaggio, anche per gli specchi acquei a destinazione multipla (agricoltura ecocompatibile);
− una continua opera di ricerca di soluzioni alternative e nuove tecnologie finalizzate ad un miglioramento del rapporto tra processo produttivo, reddito e tutela dell'ambiente, puntando complessivamente ad un migliore rendimento energetico; in questo contesto sono auspicabili soluzioni atte a sviluppare forme di produzione agricola a destinazione non alimentare (produzioni agroenergetiche);
− una "innovazione di prodotto" e una "innovazione di processo" finalizzate a rendere sempre più competitiva la produzione del sistema agro-alimentare in un mercato in continua evoluzione sia a seguito di eventi di carattere strutturale che per decisioni di carattere internazionale;
− un miglioramento costante del capitale umano del settore primario, sia sotto il profilo della professionalità che delle capacità di adattamento alle nuove situazioni imprenditoriali non prevedibili nel medio periodo;
− un'integrazione e un collegamento funzionale tra la gestione del segmento aziendale e quella degli altri due segmenti dell'agro-alimentare, da conseguirsi prevalentemente mediante la ristrutturazione, l'ampliamento e la riqualificazione delle funzioni del settore cooperativo, nonché attraverso accordi a livello interprofessionale.
In relazione a questi obiettivi, il Programma regionale di sviluppo conclude precisando, che la politica di difesa dei redditi agricoli si configura come una politica complessa, basata sulla valorizzazione della polifunzionalità del settore, in quanto l'agricoltura è chiamata a fornire alla collettività non solo derrate alimentari, ma anche servizi di carattere ambientale e ricreativo, oltrechè prodotti extra-alimentari.
Questa politica è destinata infatti, ad assicurare il riequilibrio tra domanda e offerta, tra processi produttivi e ambiente, tra territorio agricolo e presenza dell'uomo.
Gli obiettivi individuati dal Programma regionale di sviluppo per la politica agraria non contrastano con quelli fissati dal programma quadro del nuovo Piano agricolo nazionale (1986/1990), il quale assume come obiettivo finale unificante: il sostegno e lo sviluppo dei redditi agricoli, attraverso il miglioramento dell'efficienza dell'impresa in un'agricoltura orientata al mercato.
Il "Primo aggiornamento del programma quadro" aggiunge all'obiettivo di aumentare la competitività dell'apparato produttivo e commerciale agricolo, quello della riconversione produttiva per agevolare la transizione ad altri settori dell'economia e ad usi diversi del territorio (forestazione, produzioni per trasformazioni industriali ed energetiche, ecc.).
La riconversione produttiva, intesa come ricerca di alternative per produzioni in crisi e per strutture aziendali non più in grado di dedicare all'agricoltura specializzata le necessarie cure, può essere considerata la risposta nazionale alla proposta comunitaria di riduzione delle produzioni e agli incentivi per l'estensivizzazione delle produzioni caratterizzate da maggiori livelli di eccedenze.
Alla luce di quanto precisato dal "Primo aggiornamento del programma quadro" diventa più chiaro anche il contenuto dei tre obiettivi-vincolo assunti dal Piano agricolo nazionale, che devono ispirare l'azione regionale: la salvaguardia dell'occupazione in agricoltura, il riequilibrio territoriale, il contenimento del deficit agro-alimentare.
La salvaguardia dell'occupazione non può che essere intesa in senso dinamico come creazione di opportunità per favorire la permanenza di addetti nel settore, allo scopo di regolare il fenomeno fisiologico di una ulteriore contrazione dell'occupazione, che certamente interesserà la nostra agricoltura nel prossimo futuro. Anche le diverse forme di agricoltura part-time, pur non rispondendo in senso stretto all'obiettivo di efficienza dell'impresa, acquistano una particolare rilevanza economica, come fonti di integrazione di reddito per un'agricoltura che subirà una progressiva riduzione dei livelli di garanzia.
Il riequilibrio territoriale nell'ambito della politica di sviluppo dell'economia assegna un particolare ruolo all'agricoltura per lo sviluppo delle aree meno favorite e per la salvaguardia dell'ambiente, grazie alle motivazioni economiche che un'attività agricola assistita può offrire per arrestare l'abbandono delle aree montane e svantaggiate.
Giustamente il programma quadro sottolinea che i fondi pubblici destinati all'agricoltura in tali aree dovrebbero essere tratti da capitoli di spesa non agricoli, in quanto la funzione di riequilibrio territoriale svolta dall'agricoltura è condizione per lo sviluppo economico generale.
Il riequilibrio territoriale non significa soltanto privilegiare negli interventi le aree montane e svantaggiate, ma significa anche assicurare pari condizioni di vita civile alla città e alla campagna, per ridurre quei fenomeni di disaffezione che sono una delle cause dell'abbandono della terra, soprattutto da parte delle generazioni più giovani.
Il terzo obiettivo-vincolo, il contenimento del deficit agro-alimentare, era un obiettivo anche del primo Piano agricolo nazionale, ma ora deve essere affrontato, secondo il nuovo Piano, in una fase più matura nella quale non può essere proposto semplicemente di aumentare le produzioni nazionali che possono essere sostitutive di flussi di importazioni, ma si richiede di valutare i costi che comporta tale obiettivo. La riduzione del deficit agro-alimentare è importante per diminuire il vincolo della componente estera sulla nostra economia, ma è un obiettivo convenientemente perseguibile solo se le nostre produzioni riusciranno ad aumentare la loro competitività nei confronti di quelle di importazione.
Il programma quadro del nuovo Piano agricolo nazionale riconferma l'importanza dell'impresa familiare coltivatrice nell'agricoltura italiana, per cui l'obiettivo unificante dello sviluppo e del sostegno dei redditi agricoli si identifica con quello del sostegno e dello sviluppo di questo tipo di impresa. La limitatezza delle risorse disponibili richiede, tuttavia, che nell'indirizzare gli interventi all'impresa vengano seguiti dei criteri di selettività economica, che non escludono aiuti compensativi alle situazioni più svantaggiate.
Il "Primo aggiornamento del programma quadro" rafforza questo criterio, precisando che nel dare attuazione alla politica delle strutture, con mezzi non solo comunitari, dovrà essere individuata per ogni realtà produttiva, quella parte di aziende capace di raggiungere la fascia delle aziende efficienti, alle quali dovrà essere riservato in via prioritaria il ventaglio completo degli incentivi agli investimenti e ai servizi.
Come si può osservare, gli obiettivi indicati dal Piano agricolo nazionale, con le specificazioni introdotte dal "Primo aggiornamento", e quelli del programma regionale di sviluppo in alcune parti si sommano e in altre si integrano fra loro. L'elemento comune di maggiore rilievo è l'assegnazione all'agricoltura di un ruolo polifunzionale, in base al quale il settore è chiamato a fornire alla collettività non solo derrate alimentari, ma anche servizi di carattere ambientale e ricreativo, oltrechè prodotti a destinazione non alimentare. La politica di programmazione che ne deriva non può avere, quindi, obiettivi essenzialmente produttivistici, ma è destinata ad assicurare il riequilibrio tra domanda e offerta, tra processi produttivi e ambiente, tra territorio agricolo e presenza dell'uomo.
Questi obiettivi rispondono anche ai più recenti indirizzi della Politica agraria comune, costretta tra le difficoltà di bilancio, le eccedenze produttive e la necessità di far riguadagnare all'agricoltura europea una competitività a livello internazionale, che la politica protezionistica fin qui adottata ha concorso a ridurre.
La stretta integrazione dell'agricoltura con il resto del sistema economico, che tali obiettivi comportano, richiede una particolare attenzione verso il settore agricolo di tutta la comunità dei cittadini, perché la politica agraria non è più solo la politica per gli agricoltori, ma è destinata a soddisfare anche molti altri bisogni delle moderne società industriali.

1.5 Gli strumenti dell'innovazione.

Il Piano regionale di sviluppo pone emblematicamente il settore agricolo nel capitolo riservato all'innovazione, affermando quindi la convinzione politica che solo attraverso il recepimento di determinanti quote di innovazione, l'agricoltura veneta potrà superare le attuali cause di crisi.
La legge, in coerenza con le determinazioni assunte dal Piano regionale di sviluppo, individua nel Polo tecnologico per l'agricoltura, nell'Agricenter, nella evoluzione delle competenze dell'Istituto lattiero-caseario e di biotecnologie agro-alimentari, verso il settore delle biotecnologie agro- alimentari, gli strumenti strategici per assicurare l'evoluzione dell'agricoltura veneta.
Un ulteriore elemento di innovazione riguarda l'obiettivo dello sviluppo di produzioni agricole ad utilizzazione non alimentare, e in particolare per utilizzi agro-energetici, dalle quali può derivare il contenimento delle eccedenze e il miglioramento del rapporto tra agricoltura e ambiente.
Nella prospettiva di acquisire e sperimentare metodi e tecnologie innovative da applicare all'agricoltura veneta, la Giunta regionale, direttamente o tramite gli enti strumentali, è impegnata ad attivare rapporti di collaborazione con enti di ricerca e di studio, anche stranieri, che operano nel settore. In particolare sono da sviluppare le collaborazioni con l'ENEA e il CNR prioritariamente per i settori delle biotecnologie, per l'acquacoltura, per l'agrometeorologia e la difesa fitopatologica.
Nel settore vitivinicolo la Regione è impegnata a costituire un Centro di ricerca e formazione da realizzare con azione congiunta dell'ESAV e della Fondazione enologica e usufruendo delle competenze presenti presso la Scuola e l'Istituto di viticoltura di Conegliano Veneto.

1.6 L'amministrazione regionale del primario.

Il programma quadro del Piano agricolo nazionale individua nella politica della pubblica amministrazione e, in particolare, nella riforma del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, un'azione centrale della complessiva politica di programmazione per l'agricoltura. Il raggiungimento degli obiettivi individuati dal documento di piano richiede, infatti, alla pubblica amministrazione di assicurare, oltre all'azione di indirizzo, la selettività e il controllo degli interventi da realizzare.
Un'amministrazione regionale del Primario efficiente è, quindi, condizione necessaria per dare attuazione al Programma regionale di sviluppo dell'agricoltura veneta.
Per raggiungere questo obiettivo la Giunta regionale è impegnata ad assicurare il massimo coordinamento tra l'azione delle proprie strutture centrali, che sono chiamate a svolgere attività di supporto agli organi istituzionali e quella degli uffici periferici e degli enti strumentali (ESAV, Istituto lattiero-caseario e di biotecnologie agro-alimentari, Istituto zooprofilattico delle Venezie, Azienda delle foreste), attraverso un rapporto non gerarchico, ma funzionale.
L'azione della Giunta regionale in questa direzione si ispira al principio del decentramento amministrativo e della massima responsabilità degli uffici competenti. L'azione di coordinamento della Giunta, attraverso le proprie strutture centrali, si esplica prestando collaborazione nell'espletamento delle istruttorie, avocando gli atti relativi a procedure per le quali si siano verificati ritardi, nonchè svolgendo controlli a campione sui provvedimenti emessi.
Altri due principi dell'azione regionale per dare efficienza alla propria amministrazione nel settore primario sono la massima informazione e pubblicità degli atti e la semplificazione delle procedure amministrative.
Struttura essenziale per assicurare all'amministrazione il controllo dell'iter dei procedimenti e, allo stesso tempo, la massima trasparenza e pubblicità degli atti, è il sistema informativo del settore primario. Tale sistema è strumento basilare per il governo della programmazione, la quale per poter selezionare e controllare gli interventi in relazione agli obiettivi da raggiungere, deve necessariamente conoscere con tempestività lo stato dell'azione regionale e le risorse disponibili.
Il sistema informativo del settore primario, che non costituirà una struttura a sè, ma un particolare servizio all'interno del Sistema informativo regionale, dovrà collegarsi, altresì, con il sistema informativo agricolo nazionale. Condizione necessaria perchè l'Amministrazione regionale possa seguire in tempo reale ogni procedimento, semplificando nello stesso tempo la procedura, è l'anagrafe delle ditte del settore primario, che genera come conseguenza anche un rapporto meno episodico tra Amministrazione e utenza.
Un nuovo rapporto con il cittadino sta alla base della semplificazione delle procedure amministrative, infatti, una più certa conoscenza dei requisiti richiesti ai soggetti beneficiari degli interventi regionali può consentire di ridurre le fasi di controllo, responsabilizzando maggiormente l'utente.
Lo sforzo diretto ad aumentare l'efficienza dell'amministrazione regionale del Primario interessa in misura rilevante l'Ente di sviluppo, per il ruolo che è chiamato a svolgere nell'interesse dell'agricoltura veneta. La fase di ristrutturazione dell'ente dovrà essere completata assicurando un ente rinnovato che, anche attraverso l'attività del Polo tecnologico, sarà capace di svolgere alcune funzioni ben distinte: il coordinamento dell'attività di ricerca e sperimentazione, la divulgazione, la consulenza e il controllo in campo ambientale e sulla qualità dei prodotti; la funzione di sviluppo, che significa capacità di supporto manageriale e finanziario alle iniziative da realizzare in campo imprenditoriale.

2. PROGRAMMA DI SVILUPPO AGRICOLO

La politica fattoriale adottata dalla Regione Veneto per l'agricoltura si realizza attraverso azioni orizzontali che, in relazione agli obiettivi fissati, agiscono trasversalmente sull'uomo, sull'innovazione e sull'ambiente.
Le direttive della Politica agraria comune costituiscono un costante quadro di riferimento delle azioni regionali e ne fissano anche i limiti, nel rispetto delle specificità dell'agricoltura veneta.

2.1 La tutela e lo sviluppo dello spazio rurale.

La Regione Veneto pone come obiettivo primario della propria azione in agricoltura quello della difesa del suolo e degli insediamenti, della conservazione delle risorse e della difesa dei sistemi di interesse naturalistico e ambientale; in relazione a ciò, interviene disciplinando l'attività di bonifica, sostenendo le imprese agricole che operano in zone sensibili dal punto di vista ambientale o comunque strutturalmente svantaggiate e incentivando l'adozione di pratiche colturali ecocompatibili.
In tale prospettiva la Regione è impegnata ad assicurare completa attuazione ai programmi avviati nel settore dell'agrometeorologia e della difesa delle piante dalle cause avverse. In tale settore la Regione può svolgere una insostituibile azione di supporto con la fornitura alle imprese agricole di servizi ad elevato contenuto scientifico e tecnologico; è tuttavia indispensabile che le aziende agricole siano direttamente coinvolte nell'attività sia per quanto attiene all'organizzazione di servizi specializzati a livello intermedio che a livello di azienda agricola.
In una prospettiva, che andrà progressivamente costruita, è ipotizzabile che i piani di difesa delle piante siano attuati da consorzi fitopatologici obbligatori; allo stato attuale è necessario che il servizio agrometeorologico e fitopatologico si avvalga delle realtà già operanti per l'assistenza specialistica a livello intermedio (consorzi, cooperative, associazioni dei Produttori) e della rete dei tecnici polivalenti a livello di base.
La legge prevede inoltre azioni specifiche e interventi per la tutela dello spazio rurale e demanda alla competenza della Giunta l'adozione del piano specifico integrato "Agricoltura e Ambiente"; il piano dovrà individuare le pratiche di produzione compatibili con le esigenze della protezione dell'ambiente nonchè le regole e i criteri da osservarsi da parte degli agricoltori, in ordine alla intensità della produzione, alla densità del bestiame, alle azioni per ridurre l'impiego dei fertilizzanti e degli altri mezzi chimici e alle azioni per il trattamento e l'utilizzazione agricola delle deiezioni animali. L'utilizzo razionale delle deiezioni animali sarà assicurato attraverso piani di concimazione concordata e con la formazione di consorzi tra aziende che producono e aziende che utilizzano le deiezioni.
Conseguentemente la Regione è impegnata a sostenere le aziende che si impegnano ad instaurare e a mantenere pratiche di produzione agricola ecocompatibili anche attraverso la concessione di contributi, in particolare per il contenimento di produzioni eccedentarie nelle zone sensibili dal punto di vista ambientale.

2.1.1 La bonifica.

Circa il 20% della pianura veneta è posta a quota inferiore ai sistemi scolanti, per cui è soggetta a ricorrenti fenomeni di esondazione e di allagamento, ma anche gran parte del restante territorio di pianura ha bisogno della costante opera dei consorzi di bonifica. Con la legge del 13 gennaio 1976, n. 3, la Regione Veneto ha esteso la classificazione di bonifica a tutta la pianura veneta, delimitando nuovi e più estesi comprensori o accorpando in un numero più limitato di consorzi i vecchi enti.
Il Programma regionale di sviluppo riconosce ai consorzi di bonifica la funzione di presidio della sicurezza idraulica del territorio e degli insediamenti e affida ai Piani generali di bonifica e di tutela del territorio rurale il compito di individuare i provvedimenti e le opere necessarie, anche per quanto attiene la tutela delle risorse.
Spetta ancora ai consorzi di bonifica lo sviluppo e la razionalizzazione della pratica irrigua per corrispondere alle effettive esigenze dell'agricoltura, contemperate con quelle delle altre attività produttive e domestiche, a cui è pure destinata la risorsa acqua.
Con deliberazione n. 506 del 31 gennaio 1989 la Giunta regionale ha approvato le direttive e la guida metodologica per la predisposizione del piano generale di bonifica e tutela del territorio rurale che riconoscono, tra l'altro, ai consorzi di bonifica un'attiva capacità di partecipare all'organizzazione del territorio e alla tutela delle risorse come primi referenti per le aree rurali. è pertanto ribadita la validità delle direttive approvate e viene dato mandato ai consorzi di produrre in tempi brevi i piani che, una volta approvati dal Consiglio regionale, saranno lo strumento principale di governo dello spazio rurale e di tutela delle acque e del terreno.
Al fine di assicurare la migliore chiarezza normativa, la legge precisa, a integrazione delle vigenti disposizioni, le modalità e i termini per la partecipazione dei consorzi di bonifica all'attività di tutela dello spazio rurale.

2.1.2 Particolari misure regionali in zone difficili o sensibili dal punto di vista ambientale.

L'agricoltura costituisce il tessuto connettivo delle attività economiche e degli insediamenti umani sul territorio, per cui l'impegno dell'azione programmatoria della Regione a tutela dell'ambiente e dei sistemi di interesse naturalistico riguarda innanzitutto l'insieme dello spazio rurale. Ciò posto, l'intervento regionale assume estensione ed entità diversa a seconda delle caratteristiche presentate dall'ambiente e dal territorio, con particolare attenzione alle aree montane e svantaggiate, a quelle sensibili dal punto di vista ambientale e alle aree gravate da svantaggi strutturali e infrastrutturali che limitano lo sviluppo del settore agricolo. I piani specifici integrati costituiscono gli strumenti programmatori più idonei per delimitare tali aree e per affrontare in modo mirato i loro problemi.
Gli interventi diretti alle aziende agricole, ai termini anche del regolamento (CEE) n. 797/85, possono consistere nella concessione di un'indennità agli agricoltori, che si impegnano ad adottare o mantenere pratiche colturali compatibili con le esigenze di protezione dell'ambiente, mentre nelle zone montane tali indennità sono destinate a sovvenire alle difficoltà degli imprenditori che vi operano. Nelle zone sensibili dal punto di vista ambientale, nonchè in altre aree appositamente individuate, possono essere concessi anche contributi per incentivare la riconversione da produzioni eccedentarie ad altre maggiormente compatibili con la tutela dell'ambiente.
Per promuovere lo sviluppo dell'agricoltura in aree gravate da svantaggi strutturali o infrastrutturali non bastano però interventi sulle aziende agricole, ma le misure dirette a stimolare il settore agricolo devono armonizzarsi con altre azioni di sviluppo avviate contemporaneamente nei settori extragricoli.
In tale prospettiva si ritiene che i piani integrati, capaci di combinare tra loro gli interventi per la tutela dell'ambiente con quelli destinati allo sviluppo del settore, siano gli strumenti per la pianificazione delle aree a parco.

2.2 La tutela dei consumatori e la promozione dei prodotti.

La Regione ha, in passato, già adottato e sviluppato precise linee di intervento per efficaci azioni di tutela dei consumatori. La legge regionale sul "Paniere veneto", in fase di attuazione, costituisce lo strumento per riaffermare la complementarietà degli interessi del produttore e dei consumatori.
La determinazione della legge e del presente programma hanno lo scopo di rendere più incisiva la politica di promozione dei prodotti agro-alimentari veneti.

2.2.1 Valorizzazione di mercato dei prodotti agro-alimentari.

Il programma regionale di sviluppo afferma che la riorganizzazione dell'offerta agricola deve porsi come punto di riferimento costante e imprescindibile la fase della commercializzazione, a sostegno della quale si impone un ulteriore rafforzamento della politica di qualità dei prodotti. La valorizzazione qualitativa della produzione risponde infatti, all'interesse economico dell'impresa agraria e alle esigenze del consumatore che richiede prodotti con particolari caratteristiche organolettiche, merceologiche e nutrizionali.
Il Programma di sviluppo impegna, pertanto, la Regione "a sostenere una incisiva azione per promuovere e valorizzare l'immagine del prodotto veneto, sia esso prodotto nel solco della tradizione (qualificazione delle produzioni tipiche già attuata nell'ambito del "Paniere Veneto"), sia esso il frutto di una razionale e organizzata risposta della produzione e della trasformazione ai nuovi orientamenti di consumo alimentare. La Giunta regionale è quindi chiamata a porre in essere opportune ed efficaci iniziative di educazione alimentare.
Con l'approvazione della legge sul "Paniere Veneto" la Regione ha già assunto un'importante iniziativa per promuovere e valorizzare l'immagine dei prodotti agro-alimentari del Veneto.
Per il raggiungimento di queste finalità la Regione si avvale dell'ESAV per richiedere la registrazione di un marchio collettivo regionale, individuare i tipi di prodotto da ammettere al marchio, rilasciare l'autorizzazione all'uso del marchio agli aventi titolo, vigilare sulla corrispondenza dei prodotti ai disciplinari di produzione, sospendere o revocare l'uso del marchio in caso di difformità o inadempienze.
Si tratta di compiti molto delicati, dall'adempimento dei quali dipende il successo del marchio veneto che, tuttavia, non potrà trovare adeguata attenzione presso i consumatori, a fronte del forte impegno organizzativo richiesto, se non sarà accompagnato da importanti azioni promozionali.
Per evitare la polverizzazione delle azioni e dei messaggi è opportuno affidare al "Consorzio per la promozione dei prodotti agro-alimentari del Veneto", previsto dalla legge sul "Paniere", la funzione di coordinamento e di valutazione delle diverse iniziative promosse da associazioni di produttori, loro unioni, e da consorzi di cooperative.
La promozione concorre ad allargare la domanda, ma molto spesso i produttori agricoli incontrano difficoltà a trovare sbocchi di mercato, mancando la trasparenza necessaria per far apprezzare la reali consistenza della domanda e dell'offerta presenti. dato mandato alla Giunta regionale di un organico progetto di ristrutturazione e potenziamento dei mercati alla produzione e di promuovere convenzioni di acquisto fra associazioni di produttori e cooperative agricole e ittiche con cooperative di consumo e collettività nell'interesse anche dei consumatori.
In tale prospettiva la legge stabilisce opportune forme di integrazione tra produttori agricoli e imprese commercali di vendita.

2.3 I servizi reali all'impresa.

Con la dizione "servizi reali all'impresa" si intendono gli interventi finalizzati a migliorare la professionalità e la capacità di decidere dell'agricoltore, da attuare tramite la formazione professionale, l'informazione socio-economica, l'assistenza tecnica e la divulgazione, e quelli riguardanti la ricerca e la sperimentazione, che sono orientati ad accrescere le alternative sulle quali egli può effettuare le sue scelte.
Tra i servizi reali all'impresa possono essere compresi anche i servizi di sostituzione, introdotti dal regolamento (CEE) n. 797/85, in quanto consentono all'imprenditore agricolo di meglio disporre del suo tempo di lavoro.
Si può riconoscere che azione centrale della politica di settore per l'agricoltura prevista dal PRS 1979/82 era la valorizzazione e la qualificazione della professionalità agricola. In relazione a questo indirizzo, largo spazio ha avuto nel relativo "Progetto agricolo alimentare", il subprogetto "Ricerca, sperimentazione e assistenza tecnica", che ha trovato nella legge regionale n. 88/80 il necessario supporto normativo e finanziario.
Gli aspetti qualificanti di questo sub-progetto erano tre: il forte impegno organizzativo e finanziario della Regione, la scelta dell'autogestione dell'assistenza tecnica di base da parte delle organizzazioni professionali degli agricoltori, il ruolo centrale dell'ESAV come erogatore diretto di servizi e come promotore e punto di riferimento di tutta l'attività di sviluppo agricolo.
Nel campo dell'assistenza tecnica, la Regione Veneto è stata pioniera tra le Regioni italiane sia per l'impegno profuso che per l'originalità di alcune soluzioni organizzative, raggiungendo risultati molto significativi: 1.084 gruppi di base funzionanti nel 1989, 16 Centri di assistenza tecnica, 25.000 aziende associate, 368 assistenti tecnici polivalenti, di cui l'85% a tempo pieno.
Con il presente programma sono riconfermate le scelte di fondo compiute con la legge regionale n. 88/1980 e con il relativo Progetto agricolo alimentare. Tuttavia le esperienze acquisite in questi otto anni di attività impongono alcuni interventi migliorativi, anche per adeguare le attività svolte a quanto previsto dal regolamento (CEE) n. 797/85 e poter superare incipienti aspetti di burocratizzazione del servizio che deve essere ricondotto a un rapporto diretto con l'agricoltore.
Ricerca, sperimentazione, assistenza tecnica, formazione professionale, tenuta della contabilità aziendale, servizi di sostituzione sono altrettante aree di intervento della politica comunitaria che, preoccupata dal problema delle eccedenze, punta al contenimento delle produzioni, anche attraverso gli strumenti per migliorare i livelli di professionalità degli agricoltori.
La Regione intende fruire dell'intervento finanziario della Comunità per la realizzazione di queste azioni, nel rispetto dei limiti previsti dalla vigente normativa in materia.

2.3.1 Ricerca di interesse regionale e sperimentazione.

Le attività di ricerca e sperimentazione vengono svolte da Istituti universitari, da Stazioni e Istituti sperimentali quali ad esempio l'Istituto di genetica agraria "N. Strampelli" di Lonigo e l'Istituto provinciale per la frutticoltura di Verona, e da enti che la Giunta regionale riconosce idonei, nonchè direttamente dall'ESAV, sulla base di programmi di durata triennale, articolati per piani annuali, da questo proposti.
L'attività svolta dall'ESAV per la definizione dei programmi di ricerca e di sperimentazione è stata, in passato, orientata prevalentemente, alla selezione e razionalizzazione delle iniziative presentate da vari enti e istituti.
Le mutate condizioni della politica agricola e l'esigenza di assicurare agli agricoltori concrete risposte in termini di innovazione, comportano il superamento delle precedenti modalità: l'ESAV, quale ente strumentale della Regione, è quindi impegnato a orientare l'attività di ricerca, secondo i termini e gli indirizzi fissati dalla Giunta regionale, che dovranno essere coerenti con gli obiettivi della programmazione regionale, e promuovendo progetti finalizzati rispetto ai quali enti e istituti, anche in concorrenza tra loro, potranno presentare specifiche proposte che saranno oggetto di selezione.
L'istituzione del Polo teconologico dell'agricoltura e i collegamenti che in esso saranno realizzati con l'Università, le Scuole di specializzazione, l'Istituto zooprofilattico e l'Istituto lattierocaseario e di biotecnologie agro-alimentari, rappresenta l'occasione per attuare le nuove modalità di programmazione della ricerca e sperimentazione. Più che in passato dovrà essere inoltre assicurata una maggiore rispondenza dei programmi selezionati alle reali esigenze degli agricoltori garantendo poi i necessari supporti alla divulgazione.

2.3.2 Assistenza tecnica e formazione professionale.

L'esperienza maturata nel corso di questi ultimi anni e il forte impegno della Regione nel settore dell'assistenza tecnica e della formazione evidenziano alcuni limiti dal servizio rispetto ai quali è necessario apportare i possibili miglioramenti.
Sembra ormai assodato che la funzione precipua del tecnico è quella di "consulente alla gestione", in quanto questi è chiamato ad assistere l'imprenditore agricolo nelle sue decisioni, le quali derivano sempre più da una sintesi tra le conoscenze tecniche e le valutazioni economiche. Gli aspetti economici e finanziari della gestione sono rilevati e seguiti nel loro svolgersi dallo strumento contabile, che l'assistente tecnico deve saper proporre e interpretare per poter indirizzare le scelte dell'azienda agricola.
Il divulgatore è una figura professionale indispensabile nei rapporti con l'azienda agricola, ma per poter svolgere in modo soddisfacente la sua funzione di consulente alla gestione, che è di tipo complesso, deve assicurare una approfondita e aggiornata preparazione ed essere capace di espletare la sua attività nell'ambito di un servizio organizzato di assistenza tecnica, nel quale siano presenti competenze diverse: tecniche, economiche e anche di tipo specialistico.
La struttura organizzativa del servizio di assistenza tecnica, che diventa "assistenza interaziendale", mantiene l'impostazione dell'autogestione e l'articolazione per gruppi, ma la composizione dei gruppi stessi non è rigida ma variabile a seconda delle zone e del tipo di specializzazione delle aziende.
Tutta l'attività è coordinata da strutture tecniche di sostegno, che, oltre ad organizzare i gruppi nella loro composizione e nel numero delle aziende associate organizzano anche i tecnici a seconda dele necessità e ne coordinano e programmano l'attività.
Gli imprenditori agricoli pertanto aderiscono direttamente alle strutture tecniche di sostegno che percepiscono i finanziamenti per l'attività di assistenza interaziendale in ragione di lire 400.000 per azienda assistita in pianura e lire 650.000 in montagna oltre ad un contributo aggiuntivo di lire 70.000 per azienda per l'attività di coordinamento.
Questa impostazione consente una notevole elasticità che rende più aperta e conforme alla realtà lo svolgimento dell'attività e svincola il meccanismo del finanziamento dei rigidi parametri delle precedenti leggi.
L'importanza dello strumento contabile richiede che esso sia ulteriormente diffuso presso le aziende agricole, per cui la Regione, in armonia con quanto previsto dalla vigente normativa comunitaria, intende sostenere nell'ambito dell'attività svolta dai gruppi di base, anche l'attività di tenuta della contabilità, secondo la metodologia approvata dalla Giunta regionale.
Il tecnico divulgatore è il tramite tra il servizio di assistenza tecnica e l'azienda agraria, in quanto assieme all'imprenditore deve rilevare i problemi, richiedere le consulenze necessarie, impostare da solo o con gli altri esperti del servizio le diverse soluzioni da sottoporre alla scelta dell'imprenditore. Per assicurare che il servizio sia reso a un livello adeguato, i tecnici divulgatori sono impegnati a partecipare a periodici corsi di aggiornamento promossi dalla Giunta regionale tramite l'ESAV, in modo da sviluppare un elevato grado di professionalità in particolare nei settori della gestione e della contabilità aziendale e in quelli innovativi della difesa fitosanitaria, delle produzioni alternative e della difesa dell'ambiente.
I tecnici potranno altresì frequentare corsi di riqualificazione organizzati dal CIFDA del Nord Italia in applicazione del Piano quadro per la divulgazine agricola predisposto dal MAF ai sensi del Reg. CEE 270/79.
Secondo questa impostazione del servizio di assistenza tecnica, le strutture tecniche di sostegno rispondono anche alle domande di assistenza specialistica che viene dalle aziende aderenti, ricorrendo a consulenze esterne, a personale particolarmente qualificato, a istituti o enti regionali istituzionalmente impegnati a erogare assistenza tecnica specialistica (ESAV, Istituto lattiero- caseario e di biotecnologie agro-alimentari di Thiene, Istituto zooprofilattico delle Venezie, Osservatorio per le malattie delle piante) o altri istituti riconosciuti idonei dalla Giunta regionale. Questi istituti o enti già svolgono istituzionalmente attività di ricerca e sperimentazione, quindi sono dotati di personale particolarmente qualificato che, data la natura pubblica dell'organismo di appartenenza, è impegnato anche a svolgere attività di consulenza specialistica e di divulgazione dei risultati raggiunti.
Oltre a questa attività di collaborazione con il servizio di assistenza tecnica, gli istituti o enti citati possono anche predisporre in forma coordinata progetti operativi di assistenza tecnica specialistica per affrontare problematiche particolari che riguardino tutto il territorio regionale o particolari aree di intervento.
L'assistenza tecnica deve essere strettamente collegata alle altre attività che partecipano ai servizi di sviluppo: la ricerca e la sperimentazione e la formazione professionale per poter essere uno strumento di consulenza costantemente aggiornato a supporto dell'imprenditore agricolo.
Tenuto conto del carattere esogeno del progresso tecnico in agricoltura, che porta a privilegiare la produzione di innovazioni vendibili, è ancora piu necessaria la presenza di un tramite pubblico nel momento dell'informazione e della scelta delle innovazioni, per ridurre i condizionamenti da parte dell'industria produttrice.
Il precedente Progetto agricolo alimentare, e la stessa normativa comunitaria hanno evidenziato la necessità di instaurare un maggiore coordinamento tra istruzione professionale e attività di assistenza tecnica e di divulgazione in agricoltura. In questa direzione sono stati compiuti significativi progressi negli anni scorsi anche a livello normativo e da ultimo con la circolare n. 37 del 22 luglio 1987, appunto sulla "Formazione professionale e assistenza tecnica in agricoltura".
La Giunta è pertanto impegnata a definire le basi sulle quali gli enti e i centri abilitati alla formazione professionale, tra i quali la legge individua ora anche gli Enti strumentali, possono impostare i relativi progetti di intervento in connessione con le altre attività che costituiscono i servizi di sviluppo agricolo, in particolare con l'attività di assistenza tecnica. Secondo questa logica, data la rilevanza che ha raggiunto in agricoltura il movimento cooperativo e associativo, gli interventi formativi devono essere diretti anche ai dirigenti e agli amministratori di questi organismi, prevedendo altresì consulenze specialistiche esterne a sostegno di gestioni che per complessità non differiscono da quelle delle imprese industriali non cooperative.

2.3.3 I servizi di sostituzione.

Si è detto in premessa a questo capitolo, che i servizi di sostituzione possono essere compresi tra i servizi reali, in quanto concorrono a migliorare l'uso del tempo di lavoro. Riguardo ai servizi di sostituzione la Giunta è impegnata a dare attuazione a quanto stabilito dal regolamento (CEE) n. 797/85 e sue successive modificazioni e integrazioni, operando allo stesso tempo per inserire i servizi nel sistema di sviluppo organizzato dalla Regione.

2.4 L'organizzazione dell'offerta e la politica per l'agroindustria.

La sempre maggiore dipendenza del processo produttivo agricolo da "input industriali" e la frequente destinazione della produzione agricola come materia prima dell'industria di trasformazione, piuttosto che come prodotto alimentare per il consumo finale, sono l'evidente dimostrazione del superamento nelle economie avanzate della categoria "settore" e della formazione di un "sistema agro-industriale" che comprende l'agricoltura e i settori produttivi a monte e a valle di essa.
Il coordinamento tra agricoltura, industria e distribuzione all'interno del sistema avviene attraverso la conclusione di rapporti di integrazione verticale che offrono degli indubbi vantaggi all'impresa agricola che vede migliorata la sua posizione di reddito, ma può comportare anche degli inconvenienti. La specializzazione produttiva, conseguente all'affermarsi del rapporto di integrazione, accresce la vulnerabilità delle imprese integrate, in quanto riduce la libertà di scelta dell'imprenditore; le imprese marginali tendono ad essere escluse dal rapporto, perchè non sono in grado di rispettare gli standard di efficienza richiesti dall'integrante; quando il rapporto di integrazione si diffonde, tanto da caratterizzare quella che viene definita "l'economia contrattuale", il prezzo per la prestazione dell'integrato perde come riferimento il mercato e tende a essere subordinato alla logica del "costo di produzione" dell'impresa integrante.
Dal punto di vista dell'interesse collettivo, la specializzazione e l'intensificazione produttiva in aree delimitate a causa del diffondersi del rapporto d'integrazione può avere conseguenze negative sull'ambiente e anche sul piano sociale, qualora le relative iniziative economiche non abbiano successo.
Per equilibrare nell'economia contrattuale il rapporto tra impresa integrante e integrati occorre passare dall'offerta della singola impresa agraria a una offerta comune e coordinata di tutte le imprese che aderiscono allo stesso rapporto d'integrazione. Concentrazione e controllo dell'offerta a livello della produzione richiedono, però, l'attuazione di rapporti d'integrazione orizzontale tra i produttori interessati. Ciò necessariamente non comporta l'esercizio di un'attività d'impresa, come nel caso del ricorso alla forma cooperativa, ma può avvenire attraverso il riconoscimento e l'accettazione di funzioni normative svolte dalle associazioni dei produttori.
Qualora le associazioni dei produttori siano capaci di concentrare e di controllare l'offerta di un prodotto o di un gruppo di prodotti, ma ciò richiede una larga base associativa e il rispetto degli impegni assunti, il confronto tra integrante e integrati diviene più equilibrato e può trasferirsi a livello collettivo attraverso la conclusione di "accordi interprofessionali", nei quali le parti contraenti non sono più le singole imprese, ma le associazioni di produttori agricoli e/o le loro unioni, da un lato, e le industrie trasformatrici o le imprese commerciali, rappresentate dalle loro organizzazioni di categoria, dall'altro.
In questa prospettiva, impegno della Regione è quello di sostenere lo sviluppo del'associazionismo e della cooperazione in agricoltura e di favorire la conclusione di accordi interprofessionali, nonchè di vigilare sulla loro corretta esecuzione. L'azione della Regione sarà anche diretta a valorizzare sul mercato i prodotti dell'agricoltura veneta attraverso idonee campagne promozionali, nell'interesse dei produttori e anche dei consumatori, che dovranno essere garantiti sui requisiti qualitativi dei prodotti, anche per le quote di produzione non rientranti nell'azione "Paniere Veneto".
Considerato che, in una situazione di eccedenze produttive, diventa essenziale per l'imprenditore agricolo riuscire a conquistare il mercato, l'impegno della Regione si svilupperà soprattutto a livello del sottosistema agro-alimentare, formato dall'agricoltura e dalle branche produttive a valle di essa, e sarà diretto anche a incentivare la riconversione produttiva e la trasformazione non alimentare delle produzioni agricole aventi difficoltà di mercato.

2.4.1 La politica per l'associazionismo e la cooperazione.

L'esperienza delle associazioni dei produttori risale ormai al 1967, ma in questi vent'anni, malgrado l'estensione agli altri comparti produttivi, oltre l'orto-frutticolo, e il rafforzamento delle capacità e delle funzioni operato dal regolamento (CEE) n. 1360/78 e dalla legge nazionale n. 674/1978, non si può affermare che la presenza e l'azione delle associazioni dei produttori abbia dimostrato quella capacità di disciplina dell'offerta e di direzione del mercato, che il legislatore nazionale e comunitario auspicavano.
Le cause sono diverse, non ultima la difficoltà da parte delle organizzazioni professionali e del movimento cooperativo di riconoscere il ruolo delle associazioni dei produttori, che per certa parte è sostitutivo e per altra integrativo di funzioni, che ora sono svolte dagli altri due tipi di organizzazioni dei produttori agricoli.
Le accentuate difficoltà di mercato e lo sviluppo dei rapporti di integrazione all'interno del sistema agro-alimentare rendono evidente, invece, la necessità per il Settore agricolo di organismi capaci di concentrare l'offerta e di esprimere una strategia unitaria di mercato nei confronti delle industrie di trasformazione e della grande distribuzione organizzata.
In base a queste motivazioni, la Regione intende sostenere la nascita e lo sviluppo delle associazioni dei produttori nei diversi comparti, vigilare sul concreto rispetto delle norme che le disciplinano e favorire la loro azione sul mercato. A tal fine, la Regione riconosce alle associazioni il ruolo di interlocutore privilegiato della programmazione in agricoltura e condiziona gli interventi per lo sviluppo del sistema agro-alimentare alla compatibilità con i programmi di produzione e commercializzazione delle associazioni dei produttori e relative unioni.
Anche l'attività d'impresa delle cooperative di trasformazione e commercializzazione deve essere orientata secondo gli indirizzi delle associazioni dei produttori a cui aderiscono; bisogna riconoscere, però, che ciò sarà possibile solo quando le associazioni dei produttori dimostreranno una effettiva capacità di direzione, che non può derivare solo dalle norme di legge.
Gran parte delle principali produzioni agricole del Veneto (latte, vino, mais, carni avicole e bovine, frutta) vengono trasformate, condizionate e commercializzate da imprese cooperative.
Le difficoltà, nelle quali molte cooperative si dibattono, sono da attribuire a cause ormai ben note, che si possono sintetizzare nell'insufficiente capitalizzazione e nel basso livello manageriale dei responsabili della gestione.
Le forme di sostegno e assistenza che sono state spesso attuate negli anni scorsi a favore della cooperazione, giustificate dai valori sociali in essa presenti, non hanno contribuito a far superare questi ostacoli allo sviluppo delle imprese cooperative; il costo degli interventi di difesa e di risanamento di cooperative in difficoltà è diventato nettamente superiore a quelle degli interventi di sviluppo, per cui si impone una maggiore responsabilizzazione della base sociale e l'adozione di criteri di selettività dell'azione regionale.
Affinchè l'intervento regionale sia adeguatamente mirato nella forma e nell'entità ai fabbisogni delle cooperative richiedenti, i progetti di sviluppo o di risanamento dovranno essere espressi in specifici piani, che dovranno dar conto della situazione economico-finanziaria dell'impresa e contenere le previsioni degli effetti sulla gestione degli investimenti programmati, in ordine alla loro sopportabilità finanziaria e ai miglioramenti economici attesi. Il piano dovrà dimostrare altresì che i soci partecipano alla realizzazione degli investimenti attraverso un'adeguata capitalizzazione della società e che i loro conferimenti di prodotto rappresentano almeno il 50% della produzione trasformata, condizionata, commercializzata dalla cooperativa.
Poichè l'azione regionale sia maggiormente giustificata sul piano dell'interesse collettivo, gli interventi regionali saranno preferibilmente concessi a cooperative o a consorzi aventi una larga base associativa.
La Regione modulerà anche i tipi di intervento nella finalizzazione, nell'entità e nella durata a seconda si tratti di intervento per lo sviluppo e per il risanamento delle cooperative richiedenti. In particolare, quando il piano sia destinato al risanamento della cooperativa beneficiaria, l'ESAV dovrà seguire i diversi momenti della sua realizzazione, per assicurare la corrispondenza tra le azioni e gli obiettivi da raggiungere. Nell'ambito dei servizi reali all'impresa, particolarmente intenso sarà l'impegno della Regione a favore delle associazioni dei produttori e delle cooperative agricole, assicurando un costante servizio di formazione dei quadri dirigenti e concorrendo al finanziamento di specifiche consulenze professionali in materia organizzativa, strutturale, finanziaria e di mercato.

2.4.2 La politica per lo sviluppo degli accordi interprofessionali.

Con legge dello Stato del 13 marzo 1988, n. 88, è stata disciplinata per la prima volta nel nostro Paese la conclusione di accordi interprofessionali per la coltivazione e la vendita dei prodotti agricoli.
Tale legge affida all'Assessore regionale all'Agricoltura il compito di convocare le parti per stipulare accordi integrativi e, in assenza di accordi a livello nazionale o di trattative in corso per la stipula degli stessi, accordi a livello regionale o interregionale.
Oltre a un ruolo di carattere formale, la Regione intende operare concretamente per favorire la conclusione di accordi interprofessionali attribuendo priorità negli interventi alle associazioni di produttori e alle cooperative che li sottoscrivono e concorrendo alla formazione dei fondi istituiti dagli accordi per iniziative tese a favorire la stabilizzazione del mercato e la valorizzazione dei prodotti interessati, come prevede il quarto comma dell'art. 5 della legge nazionale.
Nella logica di sistema di cui gli accordi interprofessionali sono espressione, la Regione ritiene che i limiti posti nell'individuazione dei soggetti beneficiari del credito agrario dalla legge fondamentale del 1928 siano diventati troppo esigui, per cui interverrà a favore delle industrie agroalimentari partecipanti agli accordi, sia sostenendo la realizzazione di impianti ritenuti strategici per l'attuazione di particolari piani specifici sia concedendo un concorso sugli oneri relativi alle anticipazioni pagate agli agricoltori conferenti.
Il rispetto degli accordi interprofessionali sia dalla parte agricola che industriale costituirà condizione essenziale per poter usufruire di tali benefici regionali.

2.5 La politica per lo sviluppo della pesca.

La pesca rappresenta un settore di particolare rilevanza nell'economia veneta. La produzione che tale comparto fornisce è valutabile in più di 300.000 q.li di pesce e più di 200.000 q.li di molluschi per una produzione lorda vendibile pari al 6% dell'intero settore zootecnico, e con circa 3.000 addetti in prevalenza organizzati in cooperative.
La flotta è costituita da 800 scafi di cui 600 motopescherecci con un tonnellaggio che va dalle 3 alle 150 tonnellate. Il tonnellaggio complessivo del naviglio è valutato in 10.000 tonnellate circa.
Il comparto della pesca incontra oggi notevoli difficoltà per varie cause quali: la progressiva riduzione delle risorse alieutiche dovute prevalentemente a cause ambientali; l'inadeguatezza del naviglio che è sottodimensionato e obsoleto rispetto alle reali esigenze di praticare la pesca marittima almeno entro le tre miglia; l'inadeguatezza degli impianti di commercializzazione e della portualità; l'inesistenza di una qualificazione professionale degli operatori imbarcati.
La pesca viene praticata in prevalenza da piccole imprese a conduzione familiare e vi è una continua richiesta di immissione di forze giovani che però abbisognano di adeguata professionalità per costituire altrettante valide imprese familiari.
Con il presente programma la Regione si propone di portare la pesca al livello degli altri comparti economici del Settore primario. A tale scopo il programma di sviluppo si pone i seguenti obiettivi specifici:
− aumento, ove possibile, dello sforzo di pesca, per quanto riguarda la cattura del pesce azzurro compatibilmente con le necessità di riposo biologico del mare;
− conversione degli operatori verso attività speciali e polivalenti;
− miglioramento delle condizioni di trasformazione, conservazione e commercializzazione del prodotto ittico;
− miglioramento della professionalità degli operatori.
Al fine di realizzare gli obiettivi sopra citati si individuano le seguenti azioni:
− ammodernamento del naviglio esistente con progressiva eliminazione di quello di stazza inferiore alle 10 TSL al fine di consentire la pesca oltre le tre miglia;
− promozione della realizzazione di impianti di lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti con l'adeguamento tecnologico degli impianti esistenti e la costruzione di nuovi impianti;
− riorganizzazione e sviluppo della rete di distribuzione dei prodotti del mare con particolare riferimento ai mercati ittici;
− attuazione di corsi di formazione professionale destinati agli operatori del settore della pesca;
− sviluppo della ricerca e sperimentazione applicata al fine di determinare le effettive risorse alieutiche e predisporre un programma razionale di cattura del pesce.
Tali azioni potranno essere realizzate in parte attraverso le risorse finanziarie messe a disposizione dai regolamenti (CEE) n. 2088/85 e n. 4028/86 nonchè dalla legge nazionale n. 41/1982 per i quali la Regione Veneto ha formulato specifici programmi (PIM, piano pluriennale di orientamento ai sensi del regolamento (CEE) n. 4028/86 e proposte per il piano nazionale della pesca).
Con il presente piano la Regione Veneto intende inoltre equiparare il comparto della pesca a quello dell'agricoltura e quindi estendere alle imprese e alle cooperative della pesca gli interventi già in atto per il settore agricolo ivi compresa la formazione professionale, il credito e gli aiuti alla gestione.

2.6 La politica degli interventi finanziari.

Il credito agrario come disciplinato dalla legge 5 luglio 1928, n. 1760, è stato ed è tuttora un importante strumento di politica agraria.
Indipendentemente dalla riforma che tarda a venire, è ormai assodato che si è ampliato il numero e la natura dei soggetti potenzialmente destinatari di credito agevolato all'interno del sistema agro-alimentare ed è aumentato anche il tipo di fonti di finanziamento, comunitarie e nazionali, a cui questi soggetti possono accedere.
Ciò posto, la Regione ritiene necessario esercitare pienamente le funzioni delegate (DPR n. 616/1977, art. 109) dallo Stato in materia di agevolazioni di credito, che consentono alle Regioni a statuto ordinario di esercitare "ogni tipo di intervento per agevolare l'accesso al credito nei limiti massimi stabiliti dalle leggi dello Stato, nonchè la disciplina dei rapporti con gli Istituti di credito, la determinazione dei criteri di ammissibilità al credito agevolato e i controlli sulla sua effettiva destinazione".
Nel rispetto di questi limiti, la Regione intende:
− stipulare convenzioni con istituti e aziende di credito nazionali ed estere;
− concorrere negli interessi sui finanziamenti concessi a soggetti aventi i requisiti previsti dalla vigente legislazione;
− intervenire con garanzie integrative o surrogatorie nei casi in cui sia necessario supplire all'insufficienza delle garanzie reali o personali del soggetto richiedente il credito.
La Regione, qualora ne ravvisi la convenienza e l'efficacia in ordine agli obiettivi da raggiungere, può anche provvedere alla costituzione di appositi fondi di rotazione e intervenire, in sostituzione o in alternativa alle agevolazioni creditizie, mediante la concessione di contributi in conto capitale.
Considerata l'attuale prospettiva di restrizione delle disponibilità interne complessive, la Regione punterà ad allargare le fonti di approvvigionamento finanziario e le modalità di accesso al credito da parte delle imprese agricole singole e associate; pertanto, accanto al tradizionale credito agrario, che mantiene tuttora importanza preminente nel sostegno finanziario al settore, la Regione si impegnerà ad attivare canali di finanziamento integrativi attraverso specifiche convenzioni con istituti e aziende di credito a favore di soggetti e per investimenti che rispondono alle finalità individuate dal programma di sviluppo.
La legge regionale 17 dicembre 1985, n. 65 , "Provvedimenti per agevolare finanziamenti diretti ad attuare interventi integrati nel Settore primario e per sostenere l'autofinanziamento della cooperazione agricola" è un esempio dell'azione che la Regione intende svolgere per far affluire al settore agricolo risorse finanziarie sia nazionali che estere, tema quest'ultimo di particolare interesse in vista della liberalizzazione del movimento dei capitali, conseguenza del mercato unico europeo.
Con il medesimo obiettivo, la Regione è impegnata a mettere a disposizione i mezzi finanziari necessari per attuare la partecipazione del concorso del FEOGA, sezione garanzia, negli interventi previsti dai diversi regolamenti comunitari e a promuovere il ricorso agli altri sportelli finanziari della Comunità (Fondo sociale europeo, Fondo europeo di sviluppo regionale, Nuovo strumento finanziario, BEI) in attuazione anche della recente regolamentazione per la riforma dei fondi strutturali.
Come è noto, l'impresa agricola deve superare due principali ostacoli per poter accedere al mercato del credito: il costo delle operazioni di finanziamento e le garanzie richieste dagli operatori che lo erogano.
Per il primo punto la Regione interviene attraverso il concorso sugli interessi, promuovendo convenzioni con istituti e aziende di credito intese a definire le modalità di restituzione dei prestiti e mutui concessi meno gravose nei primi anni di ammortamenti degli stessi.
Per superare l'insufficiente dotazione di garanzie da parte dell'impresa richiedente credito, la Regione è impegnata a concedere garanzie fideiussorie, ai sensi dell'art. 25 della legge regionale 10 settembre 1982, n. 48 e della legge regionale 1 luglio 1986, n. 25 , nei casi ritenuti meritevoli in base alla legislazione vigente. In particolare, quando a richiedere credito sia un'impresa cooperativa o altra impresa associata, condizione necessaria, perchè la Regione possa concedere garanzia fideiussoria, è che i soci partecipino, nella misura richiesta dalla situazione finanziaria e dalle prospettive di redditività dell'investimento, alla capitalizzazione della società.
La Regione promuoverà, altresì, la costituzione di consorzi fidi di garanzia collettiva, concorrendo alla formazione del loro patrimonio di garanzia. I consorzi fidi sono utili strumenti di finanziamento del rischio e di organizzazione della domanda di credito degli associati che, come hanno dimostrato le esperienze in corso tra gli artigiani e i piccoli commercianti, possono permettere di ottenere, attraverso l'instaurazione di rapporti privilegiati con gli istituti e le aziende di credito convenzionate:
− una quantità di credito superiore a quella che le singole imprese potrebbero complessivamente ottenere se operassero individualmente;
− tassi di interesse inferiori a quelli normalmente praticati;
− una maggiore capacità di indebitamento dei propri consorziati liberandoli dall'onere di prestare garanzie reali che, se vi sono, possono essere eventualmente utilizzate per ottenere ulteriori finanziamenti.
Oltre alla necessità di movimentare volumi di credito corrispondenti ai fabbisogni di sviluppo del settore, la Regione è impegnata ad agevolare il ricorso dell'impresa agraria, singola o associata, alle moderne forme tecniche di erogazione del credito, richieste dalla rapida obosolescenza a cui sono soggetti alcuni tipi di investimento (in particolare le grandi macchine operatrici, di raccolta, di movimento terra e per la trasformazione dei prodotti agricoli). Sono da comprendere tra queste, le cosiddette operazioni di locazione finanziaria di leasing factoring, a cui la Regione intende facilitare l'accesso attraverso la concessione di contributi sul pagamento dei concorsi per operazioni concluse con società convenzionate. Le operazioni di leasing finanziario, vale a dire, la negoziazione di operazione di leasing in sostituzione di prestiti non necessariamente accesi per investimenti soggetti a rapida obsolescenza, possono essere interessanti soprattutto per le imprese cooperative, che possono computare i relativi canoni tra i costi di esercizio.

2.7 Gli interventi sulle strutture aziendali.

Tra i due censimenti il numero delle aziende agricole del Veneto si è ridotto di 22 mila unità.
Da notare che nel Veneto quasi 140 mila aziende (59% del totale) non superano i 2 ettari di SAU, mentre in Lombardia e in Emilia sono rispettivamente il 51% e il 33%, ma più interessante è il fatto che tra i due censimenti queste aziende si sono ridotte nel Veneto di sole 9.442 unita (- 6,3%), mentre in Lombardia e in Emilia la riduzione è stata relativamente maggiore (-43% e -8%, rispettivamente).
La dimensione media aziendale nel Veneto è, quindi, inferiore a quella delle altre regioni, ma nello stesso tempo, denuncia, nelle classi più basse una notevole stabilità.
Date queste caratteristiche strutturali alle aziende e i rapporti esistenti tra agricoltura e resto del sistema economico, in quella che viene definita l’"economia periferica", che caratterizza anche il Veneto assieme ad altre regioni del nord-est, è comprensibile che una componente importante dell'organizzazione dell'agricoltura veneta sia il part-time.
I limiti di scala produttiva di gran parte delle aziende venete, a cui spesso si somma l'attività a tempo parziale, hanno evidenti conseguenze negative sull'organizzazione produttiva e sulla capacità di reddito delle imprese.
Allo scopo di contribuire ad elevare e consolidare i redditi agricoli, nonchè a favorire il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli addetti, la Regione è impegnata a erogare provvidenze contributive e creditizie dirette all'ammodernamento delle strutture e delle dotazioni aziendali. Tali provvidenze possono riguardare sia gli investimenti relativi alle strutture fondiarie, come le dotazioni necessarie alla gestione aziendale, ivi compresi gli investimenti per la tutela dell'ambiente e il risparmio energetico.
Malgrado i limiti che gravano sulle strutture aziendali venete, gli interventi regionali saranno compatibili con quanto stabilito dal regolamento (CEE) n. 797/85 e, comunque non potranno essere erogati benefici per investimenti che riguardino prodotti privi di sbocchi normali sul mercato.
L'accertamento dei requisiti per fruire degli aiuti regionali deve avvenire sulla base di un piano aziendale, redatto secondo le norme del piano di miglioramento materiale dell'azienda previsto dal regolamento (CEE) n. 797/85, quando il richiedente voglia beneficiare del relativo regime di aiuti, mentre negli altri casi il piano dovrà essere redatto secondo i criteri fissati dalla Giunta regionale e i benefici concedibili saranno soggetti ai limiti fissati dalla normativa comunitaria in vigore.
Le disposizioni introdotte dalle Comunità Europee con il regolamento (CEE) n. 1094/88 paiono difficilmente applicabili nel Veneto per la parte che riguarda il ritiro dei seminativi dalla produzione e l'estensivizzazione, proprio per la limitata dimensione delle aziende e l'assoluta prevalenza dell'impresa diretto coltivatrice che spingono, invece, alla massima intensificazione colturale. Di più conveniente applicazione è la parte che riguarda gli incentivi per spingere alla riconversione verso produzioni non eccedentarie, come indicato anche dal primo aggiornamento del Piano agricolo nazionale.
La Regione Veneto interpreta il concetto di riconversione verso produzioni che hanno mercato sia favorendo lo sviluppo di produzioni nuove, anche a destinazione non alimentare, sia incentivando il miglioramento qualitativo della produzione.

3. PROGRAMMA DI SVILUPPO FORESTALE

Da tempo nel Veneto, e prima che in altre zone, si è compreso che la stabilità bio-ecologica del bosco è il presupposto per l'erogazione di una molteplicità di beni e di servizi e pertanto la Regione, tramite la pianificazione forestale ha posto come finalità la migliore funzionalità del bosco, promuovendo la valorizzazione delle risorse di un dato territorio allo scopo di svolgere funzioni di produzione legnosa pregiata, di erogazione energetica, di protezione del suolo, di componente essenziale del paesaggio, sia in senso ambientale che estetico.
Anche la difesa del suolo è sempre stato un obiettivo prioritario nella gestione delle aree montane, in quanto considerata condizione inderogabile per lo svolgimento delle attività umane e interesse della intera comunità regionale.
Nel quadro del territorio regionale, il bosco occupa il 19,5% della superficie, ma se si punta l'attenzione sull'area montana e collinare, il coefficiente sale a 45,5%. Pertanto le principali attenzioni finora attribuite alla foresta sono state incentrate negli ambiti montani e le funzioni conseguenti sono state commisurate soprattutto alle popolazioni locali ed enti che le rappresentano.
L'azione regionale in materia, regolata dalla legge forestale regionale, ha conseguito efficaci risultati che sono senz'altro riproponibili nel futuro.
Ai sensi dell'art. 1 della legge regionale 13 settembre 1978, n. 52 , infatti, la Regione Veneto promuove la difesa idrogeologica del territorio, la conservazione del suolo e dell'ambiente naturale, la valorizzazione del patrimonio silvo-pastorale, la produzione legnosa, la tutela del paesaggio, il recupero alla fertilità dei suoli depauperati e degradati, al fine di un armonico sviluppo socio-economico e delle condizioni di vita e sicurezza della collettività.

3.1 Il rapporto uomo-ambiente.

La legge regionale n. 29/1983 , più nota come "Progetto montagna" completa la legislazione di tipo speciale per la montagna. L'obiettivo principale del progetto è quello di assicurare il mantenimento della presenza dell'uomo nel territorio montano, considerandola premessa indispensabile per la salvaguardia dell'ambiente circostante dagli incombenti pericoli di degradazione e garanzia del perdurare dell'insieme di tradizioni e di specificità culturali del patrimonio storico e paesaggistico di cui la montagna veneta fa parte. Il presidio permanente delle popolazioni locali è necessario per curare il territorio, rendendo un servizio generale anche alle altre aree.
Il "progetto" pone il rapporto tra uomo e ambiente montano in prospettive nuove, rendendo evidente che i ruoli fondamentali della montagna non possono essere assicurati senza il presidio degli abitanti. Quando si parla di equilibrio ecologico non ci si può dimenticare che solo in alcuni casi questo può essere lasciato alla natura, mentre si tratta spesso di mantenere una stabilità colturale derivata da un assetto conseguito da secoli di cure capillari.
Il coltivatore di montagna effettuava assieme a opere di produzione, interventi di "riproduzione" del territorio spesso impercettibilmente collegati. L'impostazione tecnica basata sulla produttività ha trascurato l'aspetto della "manutenzione" con il risultato di attingere a delle risorse costruite nel tempo, ma che vanno esaurendosi.
La Regione è quindi impegnata ad estendere, e in tal senso la legge assume la necessaria normativa, anche allo spazio rurale della montagna, gli interventi di manutenzione e di difesa idrogeologica. Va sottolineato a tale proposito che molti settori produttivi della montagna, quali il turismo, attingono oggi le risorse di un paesaggio creato dal lavoro agricolo e silvo pastorale.
L'esodo delle attività agricole, oltre ad una certa misura, è perciò allarmante, perché se è chiaro che senza il turismo molte zone montane venete non avrebbero più i mezzi necessari di sviluppo, è anche vero che il turismo dipenderà, a tempi lunghi, dal mantenimento del territorio il cui presidio più economico e affidabile è dato dall'agricoltura; attività che peraltro, in coerenza con le determinazioni del Progetto Montagna dovrà basarsi sul modello dell'economia mista e su produzioni di elevata qualità.
L'abbandono da parte del coltivatore agricolo di montagna e collina ha comportato il deterioramento delle puntiformi opere di sistemazione, di regimazione, di terrazzamento, un tempo oggetto di continua manutenzione e va creando condizioni di precaria stabilità.
La Giunta è quindi impegnata a predisporre il piano specifico per lo sviluppo socioeconomico e ambientale della montagna.

3.2 La legge forestale e gli altri interventi regionali.

Da quanto detto risulta evidente l'interesse pubblico che il bosco assolve indipendentemente dalla proprietà, quando è soggetto a una corretta e duratura gestione e pertanto gli oneri di questo servizio generale comportano forme di incentivazione e di remunerazione adeguati.
A tal fine, la legge forestale prevede interventi per migliorare il patrimonio esistente, incrementarne la produttività e qualificare la produzione con assortimenti più rispondenti alle esigenze di mercato.
Dal punto di vista formale, le norme e gli interventi della legge sono raggruppati nei settori fondamentali dei vincoli, della difesa idrogeologica e della tutela e incremento del patrimonio silvo-pastorale.
In materia di vincolo, il fine è di conservare gli equilibri che presiedono alla sopravvivenza e produttività della foresta. La Giunta regionale è impegnata ad estendere l'area del vincolo in zone fuori dalla montagna, ma sensibili all'erosione o dal punto di vista ambientale, quali sono quelle dei litorali.
Nel campo della difesa del suolo, si persegue il risanamento dei territori montani e di quelli sottoposti a vincolo idrogeologico, attuando il riequilibrio geo-morfologico in aree soggette a condizioni di dissesto. Le tecniche di bioingegneria si sono rilevate particolarmente idonee al restauro delle aree degradate (cave, frane, ecc.) realizzando una migliore "qualità dell'ambiente"; anche gli interventi per la difesa dalle valanghe hanno trovato collocazione nelle azioni di difesa del territorio.
Al fine di assicurare la migliore efficacia agli interventi tecnici e programmatori, è ribadito l'impegno della Regione ad effettuare studi, ricerche e sperimentazioni, soprattutto su determinati bacini pilota, significativi per il territorio regionale.
Si ribadisce la necessità di garantire il rapporto esistente tra la superficie boscata e quella rimanente, evitando qualsiasi sottrazione, anche mediante il ripristino degli spazi utilizzati per la costruzione di infrastrutture e di costruzioni edilizie.
Viene riaffermata l'importanza dei boschi che svolgono prevalente funzione di protezione di opere di interesse pubblico, di strade e abitati nei confronti di caduta di massi, frane e valanghe.
Particolare attenzione deve essere riservata all'azione regionale per la lotta agli incendi boschivi e per la protezione dei boschi dagli attacchi parassitari.
La precarietà degli equilibri biologici si ripercuote non solo sulla vulnerabilità delle foreste e sul dissesto del suolo ma anche sulla produzione della materia prima legno.
La legge forestale regionale assicura finanziamenti e strumenti operativi per l'esecuzione di cure colturali, diradamenti, sfolli, risarcimenti ecc. nelle fustaie, per migliorare qualitativamente i soprassuoli.
In tale prospettiva sono in vigore dettagliate direttive e norme di pianificazione forestale alle quali si uniformano gli attuali 114 piani di riassetto di proprietà pubbliche, riguardanti 217.939 ettari, di cui 117.805 a bosco e 100.134 a prati, pascoli e improduttivi.
Al fine di assicurare l'adozione dei piani di assestamento è opportuno contenere i costi dei rilievi di campagna adottando, previa sperimentazione, metodi di rilevazione più spediti ma affidabili.
Considerate le nuove valenze paesistiche conferite alle foreste e a molte aree della montagna veneta da strumenti di pianificazione regionale quali il PTRC e i piani di area, è indispensabile che i piani di riassetto forestale, recepiscano le determinazioni del livello programmatorio superiore in ordine ai temi ambientali e urbanistici specifici.
E' stata di recente messa a punto anche la normativa pianificatoria relativa ai boschi cedui, prevedendo la conversione all'alto fusto dei cedui che ne hanno le caratteristiche, a partire da quelli di faggio in proprietà pubblica.
Rimane il grosso problema della proprietà privata, ampiamente spezzettata e di dimensioni non idonee ad una razionale conduzione. A tal fine la legge prevede la costituzione di consorzi fra proprietari per raggiungere dimensioni aziendali adeguate, tali da rendere tecnicamente realizzabile ed economica la gestione, anche mediante la redazione di piani colturali di durata poliennale.

3.3 Ulteriori indirizzi e interventi nel settore.

Per i boschi cedui di proprietà privata, non più sottoposti a regolare utilizzazione per un certo periodo di tempo (40 anni il faggio, 35 anni le querce ed i carpini, 25 il castagno) saranno consentiti solo tagli di avviamento all'alto fusto, qualora si riscontrino idonee condizioni stazionali.
è inoltre vietato il ritorno al governo ceduo nei boschi in cui sia stato eseguito almeno un taglio d'avviamento ad alto fusto che abbia conseguito risultati soddisfacenti.
Inoltre, nelle fustaie con resti di ceduo, il taglio delle latifoglie è sempre subordinato all'avviamento ad alto fusto dei soggetti migliori, nel maggior numero possibile.
Volgendo l'attenzione ai pascoli montani, essi sono utilizzati in conformità a un disciplinare tecnico-economico che evita pratiche irrazionali e indirizza verso una migliore gestione. Contributi sono previsti per migliorare il cotico erboso, le produzioni foraggere e le opere infrastrutturali al servizio di malghe e alpeggi. Il miglioramento dei pascoli va indirizzato soprattutto in senso qualitativo, puntando anche al recupero di vaste superfici di praterie sottoutilizzate, piuttosto che aumentare localmente la produttività in senso quantitativo, con conseguenze non sempre positive sotto il profilo idrogeologico e ambientale.

3.4 La viabilità forestale.

Per poter effettuare le necessarie operazioni di coltivazione del "territorio", è necessario consentire alla manodopera di arrivare sul posto di lavoro e impiegare moderne attrezzature. è quindi da prevedere il potenziamento della rete viaria specificamente destinata alle utilizzazioni. La densità attuale delle strade e piste forestali dovrà perciò essere aumentata pur nel rispetto degli aspetti ambientali, in coerenza con quanto previsto dal piano forestale nazionale.
Un'idonea viabilità rende possibile poi intervenire contro gli incendi, in maniera tempestiva ed efficace, e contro la diffusione di attacchi parassitari.
La costruzione di strade comporta talora danni derivanti da erosione, smottamenti e incanalamento di acque superficiali, per cui tali pericoli sono da prevenire con prudenza e con adeguate contromisure, considerando anche gli effetti nel lungo periodo; è necessario quindi bilanciare gli aspetti tecnici ed economici con quelli morfologici, idrogeologici e paesaggistici.
Dall'aumento della densità viaria potrà discendere la razionalizzazione delle utilizzazioni legnose e la maggior diffusione della meccanizzazione in foresta (gru a cavo, trattori, rimorchi, argani, verricelli, scortecciatrici, teleferiche bifuni, ecc.).

3.5 Utilizzazione dei prodotti del bosco.

La legge forestale regionale ha già determinato la concessione di mutui a tasso agevolato, mediante il "Fondo forestale regionale", per una migliore ed economica utilizzazione commerciale e industriale dei prodotti del bosco e per lo sviluppo delle industrie del legno.
Sulla scorta delle risultanze delle ricerche e delle indagini, si assumono i seguenti orientamenti di intervento nel settore legno:
− incentivare consorzi locali di boscaioli, in modo che gli Enti proprietari possano vendere il loro legname all'imposto, anziché in piedi, destinando parte dei maggiori utili così ricavabili per l'esecuzione di opere di miglioramento e valorizzazione dei boschi stessi;
− favorire un flusso aggiornato di dati e informazioni sull'andamento dei mercati, sulle aste e sulla disponibilità di legname;
− fornire assistenza tecnica ed economica alle imprese boschive e alle segherie operanti nel Veneto, suggerendo l'adozione delle tecnologie e metodologie più adatte alle caratteristiche aziendali;
− favorire un maggior coordinamento tra produttori di legname e imprese di trasformazione.
A seguito della perdita delle tradizionali conoscenze operative dei boscaioli, un tempo tramandate per esperienza e per imitazione, è necessaria un'adeguata istruzione professionale per gli operatori del bosco.

3.6 Alcuni fenomeni di particolare criticità.

La massiccia comparsa di gravi patologie in centro Europa, attribuite soprattutto agli effetti dell'inquinamento atmosferico, non hanno fatto sentire ancora il loro peso nella Regione, se non in una percentuale limitata; ma l'esperienza fatta altrove di rapidissima diffusione, induce a mantenere sotto controllo costante i popolamenti forestali, mediante rilievi campionari, fotogrammetria e telerilevamento da satellite.
Maggiori effetti di danneggiamento hanno attualmente gli eventi meteorici, i fattori meccanici, il fuoco, gli insetti.
La difesa fitosanitaria va considerata non soltanto nella fase di infestazione in atto, ma soprattutto in quella di prevenzione adottando nei rimboschimenti artificiali specie idonee alle caratteristiche stazionali.
L'aliquota di piante danneggiate da schianti meteorici è rilevante, ma assorbita dal controllo delle utilizzazioni nell'ambito delle proprietà assestate.
Talora si tratta di formazioni vulnerabili, derivate da impianti artificiali e monospecifici di picea, al di fuori del proprio areale: il trauma derivato da fattori atmosferici può essere alleviato procedendo al restauro di specie più consone alle caratteristiche stazionali (in questo caso, soprattutto faggio).
Nei boschi più stabili, invece, gli schianti riguardano spesso classi cronologiche giovani, determinando conseguenze meno appariscenti a tempi brevi (con il recupero del legname e la sostituzione di analoghe masse nel piano dei tagli dei boschi in fase di assestamento), ma non trascurabili in tempi lunghi, quando il bosco si troverà con dei "salti" generazionali. Per questi motivi la Regione intende promuovere quanto necessario per garantire Enti pubblici e privati da danni ai boschi di diversa natura, non già secondo un concetto di "compensazione" ma di "assicurazione" che invogli a seguire la coltura dei boschi ed eviti scoraggiamenti per il sovrapporsi di cicli economici lunghi con rischi connessi a troppe variabili non controllabili (clima, insetti, virus, ecc.).

3.7 La funzione multipla della foresta.

è ancora da tenere presente la funzione multipla della foresta al di là del regime di proprietà. In questo quadro l'accesso al pubblico, mentre riveste certamente funzioni sociali, deve essere commisurato alla capacità di "carico" dell'ecosistema forestale, in modo che vengano salvaguardati i processi fisici e biologici che presiedono alla continuità del binomio suolo-soprassuolo.
Un corretto comportamento del pubblico in foresta aiuta molto a risolvere questo problema: informazione ed educazione ecologica diventano perciò elementi indispensabili di una politica forestale.
Si ritiene che l'Azienda regionale per le Foreste possa estendere le attività di educazione ecologica opportunamente avviate in tale settore. Nel contempo, tutte le componenti della foresta, comprese le popolazioni animali in essa dimoranti, vanno valorizzate in uno scenario ecosistemico.

3.8 Direttive per la ricerca.

La politica programmatoria in tema di foreste si è avvalsa di una serie di indagini che, eseguite in attuazione di specifiche norme, hanno permesso una dettagliata conoscenza del territorio.
Gli elementi raccolti sono aggiornati mediante la struttura informativa del Dipartimento per le foreste, con un Centro per l'elaborazione dei dati, per le attività di remote-sensing e per la cartografia automatica.
Il Centro per la elaborazione dati del Dipartimento per le Foreste è impegnato a estendere la sua attività anche nel settore delle produzioni agricole per l'installazione del catasto vitivinicolo e delle procedure per la valutazione delle produzioni.
I più importanti filoni di ricerca da sviluppare in futuro riguardano:
− sviluppo e adeguamento alle nuove tecnologie del Sistema informativo forestale, con particolare riguardo ai sistemi avanzati di approntamento di cartografie tematiche, della relativa definizione degli standard tipologicovegetazionali e all'aggiornamento degli inventari forestali con tecniche di remote-sensing;
− produzione di analisi, studi, ricerche e metodiche di definizione, pianificazione e restauro biologico delle risorse ambientali e paesaggistiche silvo-pastorali di particolare pregio e importanza territoriale;
− completamento e omogeneizzazione delle procedure di gestione computerizzata dei piani di riassetto forestale, anche a livello di cartografia con collegamento alla Carta tecnica regionale. Sviluppo di nuovi metodi di rilevamento basati sull'uso di strumenti e di tecniche di campionamento statistico rapidi e affidabili;
− sperimentazione di tecniche selvicolturali innovative nel settore del miglioramento dei boschi esistenti e del restauro forestale, con particolare attenzione all'introduzione di specie pregiate ed ecologicamente stabili; si comprendono pure le conversioni di biomassa povera ricavate dai cedui e dagli scarti delle produzioni agricole montane per ottenere paste da carta;
− approfondimento dell'ecologia e biologia delle specie arboree e del dinamismo evolutivo delle formazioni forestali in collegamento a una rete regionale di controllo e monitoraggio dello stato fito-sanitario dei principali patrimoni forestali ricadenti nel territorio regionale;
− costituzione di un osservatorio permanente per il mercato del legno, per le imprese e per le industrie di lavorazione e trasformazione dei prodotti;
− prosecuzione di ricerche e sperimentazione nel settore della difesa idrogeologica, con particolare riguardo agli studi sulla stabilità dei versanti e ai modelli di previsione delle piene nei bacini montani.
Al fine di realizzare il concetto base di ricerca come supporto alle realtà operative e quindi per una indispensabile ricaduta sul territorio, i risultati che emergono devono trovare in tempi brevi uno sbocco verso più utenti (operatori del settore, amministratori e pubblico), mediante divulgazione delle attività sopra indicate.

3.9 Linee di politica forestale.

La positiva esperienza delle azioni discendenti dalla legge forestale regionale induce a continuare negli indirizzi da questa espressi sia nella forma che nel contenuto.
Il settore "foreste", inteso nel senso più ampio di gestione di boschi, praterie, acque e ambiente montano ha cicli lunghi, che devono essere perseguiti e condotti in maniera metodica che non necessitano di cambiamenti di metodi e di leggi.
Nuove prospettive alle foreste sono attribuite dalla presa di coscienza di temi ambientali, che estendono l'opportunità di creazione e gestione di spazi verdi dalla montagna al resto del territorio regionale.
Infatti dalla differenziazione climatica, pedologica e geomorfologica di molti ambienti nel Veneto deriva la mancata articolazione di ambiti naturali, che consentono lo sviluppo di tipologie forestali diverse, in grado di riprodurre, dalle fasce costiere a quelle alpine una varietà di situazioni, quale pochi altri territori nazionali e continentali sono in grado di offrire in breve spazio.
Il Piano Forestale Nazionale indica negli interventi per lo sviluppo del verde urbano, una nuova tematica di interessi del settore forestale che richiede un approccio completamente diverso rispetto alle tradizionali problematiche del settore, ma che ha sempre come finalità il soddisfacimento di analoghe esigenze ambientali e ricreative.
Anche il PRS indica nella creazione di spazi verdi a brevi distanze dai luoghi di abitazione e di lavoro, lo strumento per favorire il miglioramento dell'estetica e dell'ambiente di vita urbana, nonchè le possibilità di ricreazione.
La Regione è pertanto impegnata a favorire la ricostruzione di formazioni arboree e di boschi nella fascia di pianura, metropolitana e costiera che trova inoltre sostegno nelle recenti politiche varate dalla CEE (Reg. 1760/87), volte a contenere le eccedenze di produzioni agricole tramite la messa a riposo di superfici attualmente destinate alle coltivazioni agrarie; ciò comporta anche un interesse diretto per gli agricoltori, che in questa maniera potranno continuare una forma di produzione globalmente utile in quanto attualmente deficitaria nella bilancia commerciale nazionale.
La vocazione ambientale non preclude comunque quella forestale ma anzi, all'infuori di biotopi particolari (paludi, zone umide, ecc.), essa viene a coincidere con quella forestale nel senso più ampio del termine e cioè soltanto con funzioni immediatamente economiche, ma ecosistemiche, posto che la naturale tendenza dei fattori naturali porta alla costituzione di foreste.
Va presa in considerazione perciò la possibilità di attuare, in particolare in aree pubbliche, interventi non soltanto indirizzati a produzioni legnose alternative delle aziende agricole, quali pioppeti e altre specie a rapido accrescimento, ma a veri e propri boschi permanenti nel tempo, edificati con specie proprie del luogo e in grado di erogare servizi multipli. Di particolare interesse può essere la ricostruzione di boschi planiziali, caratterizzati soprattutto da querce.
In questo ambito può essere ripreso in considerazione, il ruolo di alberature stradali e campestri, di filari e siepi interpoderali e ripariali, per le funzioni non solo paesaggistiche e di produzione di legname di pregio ma soprattutto di rifugio per avifauna, fauna terrestre e insetti utili all'agricoltura.
Una variante originale nell'ambito costiero e delle isole della Laguna di Venezia è quella della creazione di pinete litoranee o di formazioni sostitutive (a dominanza di farnia, ontano, ecc.), in grado di contrastare l'erosione eolica e di fornire ambienti ricreativi per gli utenti della balneazione.
Le pinete litoranee del Veneto, pur limitate in senso spaziale e sottoposte a pressione antropica, da salvaguardare comunque anche tramite migliorate tecniche di gestione, costituiscono dei suprassuoli arborei di importanza naturalistica, estetica e per la difesa delle coste.
La novità di questi ultimi indirizzi è quindi quella di estendere lo sviluppo del bosco, fuori dalla zona montana, pur mantenendo in questa e prioritariamente le condizioni di manutenzione e sviluppo della foresta attraverso le sperimentate tecniche assestamentali e selvicolturali.
D'altra parte non si ritiene più il caso di espandere in montagna su larga scala il bosco, in quanto l'agricoltura è già in condizioni di difficoltà, quando non addirittura di crisi o abbandono: l'equilibrio del paesaggio richiede il mantenimento dell'agricoltore e un giusto rapporto tra diversi usi del suolo. La foresta non deve perciò sottrarre ulteriori spazi all'agricoltura nelle zone più agevoli, mentre può essere ripristinata nelle aree di quota e in quelle in cui, per la cessazione delle tradizionali attività, si sono insediate spontaneamente fasi vegetazionali arbustive di scarso valore produttivo o idrogeologico.
In questo contesto, proseguendo nella politica già intrapresa dalla Regione tramite l'Azienda regionale per le Foreste, e ai fini del rimboschimento ci si può giovare dell'espansione del demanio pubblico, per acquisire terreni da proprietari privati scarsamente motivati a curarli.
Un ruolo fondamentale per la buona riuscita degli impianti artificiali è rivestito dai vivai, le cui tecniche di produzione sono il presupposto della buona riuscita del restauro forestale. è opportuno inoltre sperimentare metodi più efficaci per ridurre i costi del rimboschimento, attualmente assai elevati.
Nella fascia collinare e pedemontana invece è opportuno accelerare l'evoluzione di molte aree marginali e fuori della portata della agricoltura intensiva, mediante l'arricchimento dei soprassuoli arborei ai fini anche produttivi.
In queste zone, ampi terreni un tempo destinati alla produzione foraggera si sono resi disponibili per colture boscate. Laddove il terreno ha limitato spessore e la pendenza è elevata possono prevalere le tradizionali metodologie di impianto forestale. Dove invece le condizioni climatiche e pedologiche sono migliori, si può praticare arboricoltura da legno (frassino, acero, tiglio, ecc.) oppure coltivare certe specie da frutto (castagno, noce, ciliegio, nocciolo) e piante tartufigene.
Per procedere a programmi in questo senso, bisogna attuare la selezione e il miglioramento genetico delle specie, individuando fenotipi o varietà più idonee sia alle caratteristiche stazionali che agli interessi dei proprietari.

3.10 Programmazione forestale regionale.

Le direttive del Piano Forestale Nazionale trovano facile inserimento nell'azione forestale perseguita dalla Regione del Veneto. Le azioni di miglioramento della gestione forestale, sviluppo tecnologico, manutenzione e sviluppo dei boschi poveri, pioppicoltura, specie pregiate, ricerca, informazione, promozione e mercato, hanno già operatività e tradizione nelle strutture regionali.
In particolare è possibile realizzare subito delle finalità attivate dal Piano Forestale Nazionale quali:
− programmi selvicolturali di miglioramento e manutenzione periodica che abbiano come finalità il raggiungimento di una più elevata efficienza ecologica e produttiva dei boschi cedui, delle fustaie degradate, dei boschi danneggiati da fattori patogeni e da eventi climatici, dei nuovi rimboschimenti;
− interventi di manutenzione di strade forestali che non comportino alterazioni alle funzioni precipue e danni all'ambiente;
− interventi colturali negli impianti esistenti e in quelli nuovi di arboricoltura produttiva costituiti da pioppeti, piante a rapida crescita, cedui di castagno;
− rimboschimenti con reintroduzione di latifoglie nobili indigene, quali noce, acero, frassino, quercie, ciliegio o l'introduzione di piante tartufigene su terreni adatti, anche in sostituzione di specie forestali estranee al paesaggio e all'ambiente;
− iniziative di gestione adottando strumenti di pianificazione forestale, utilizzazione e conservazione dei boschi e dei territori agro-silvo-pastorali delle proprietà pubbliche e private;
− investimenti in tecnologie forestali innovative per i proprietari e le imprese boschive, nonchè formazione professionale di operai e tecnici per l'uso di moderne tecniche di utilizzazione dei boschi.
E' da recepire in forma esplicita una novità del Piano Forestale Nazionale: consiste nel promuovere la costituzione di consorzi forestali tra proprietari pubblici e privati. In tale contesto, e per gli scopi operativi di cui sopra, la legge regionale di cui è parte integrante questo programma di sviluppo forestale, apporta modifiche agli artt. 1 e 3 della legge regionale n. 34/1974 .
Sempre in tema forestale vengono previste inoltre disposizioni intese a promuovere la creazione e sviluppo del verde urbano, concernente le pertinenze delle aree metropolitane e del verde territoriale, riguardante alberature, siepi, filari, arboricoltura e forestazione su aree marginali delle aziende agricole che intendono portare a riposo parte della proprietà.
Per il resto, la legge regionale n. 52/1978 già dispone di tutti i meccanismi atti ad applicare il programma di sviluppo forestale.


SOMMARIO