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A Mirko Ciprian con una tesi di laurea sull’espansione camorristica in Veneto la prima edizione del premio dedicato a Francesco Saverio Pavone
E’ Mirko Ciprian il primo vincitore del premio Francesco Saverio Pavone per una tesi di laurea o di dottorato sulla malavita organizzata in Veneto, istituito dal Consiglio regionale del Veneto in onore della memoria del magistrato scomparso il 16 marzo 2020 protagonista di una intensa lotta alla malavita organizzata e alla Mala del Brenta che fu smantellata grazie alle sue inchieste. La motivazione del primo premio spiega che “La tesi del dott. Mirko Ciprian dal titolo ‘Casal di Eraclea. Espansione formazione camorristica in Veneto’ è ben articolata e ricca nelle fonti. L’autore dimostra una conoscenza non superficiale della materia che gli permette di affrontare con cognizione di causa e capacità di analisi le caratteristiche di infiltrazione e radicamento della Camorra nel Veneto orientale”. Oltre al dottor Mirko Ciprian, laureatosi all’Università Federico II di Napoli, e al quale è andata una borsa di studio da 5 mila Euro, una menzione speciale, è stata riservata dalla Giuria presieduta da Roberto Valente, segretario generale del Consiglio, alla dottoressa Alessia Mahdi per la tesi intitolata “Analisi psicosociale sulla percezione della criminalità organizzata in Veneto” uno studio “di estremo interesse e valore - come ha spiegato il presidente della giuria, Roberto Valente - penalizzato solamente dall’esiguo numero di persone prese a campione dell’analisi”. Il presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti nell’introdurre la cerimonia ha ricordato che “Con questo premio vogliamo ricordare un figura emblematica di un vero servitore delle Istituzioni democratiche, un uomo che credeva nello stato di Diritto basato sulla Giustizia” Ciambetti poi ha proseguito: “’altro motivo che ci spinse a voler ricordare questa figura adamantina fu il bisogno di ricordare ai giovani e ai cittadini che la lotta alle organizzazioni criminali di stampo mafioso riguarda tutti. A metà degli anni Novanta del secolo scorso proprio qui a palazzo Ferro Fini fu presentato uno studio dal titolo “Cosa Nostra a Casa Nostra” e da allora la questione s’è ingigantita perché oltre alla malavita nostrana dobbiamo fare i conti anche on le mafie importate dall’estero: i primi a sfruttare i vantaggi e le opportunità poste della globalizzazione sono stati per l’appunto i grandi gruppi criminosi. Non esistono confini per le mafie, le multinazionali del terrore, attori della globalizzazione che vanno combattute ovunque. Il Veneto non è di certo esente dal fenomeno e Francesco Saverio Pavone conosceva benissimo la nostra realtà e i meccanismi della malavita organizzata che con rara intelligenza egli seppe individuare e smantellare”. Particolarmente coinvolgente, e commovente per alcuni aspetti, la testimonianza della moglie del magistrato nato a Taranto ma Veneto di adozione, Amelia Vargiu Pavone che ha parlato a nome di tutta la famiglia: “Eravamo tutti sotto scorta e vi assicuro che questa è una delle condizioni più inquietanti che si possano vivere perché ti lede la libertà”. Le lettura delle tesi giunte all’esame della Giuria ha suscitato più di un ricordo nella signora Pavone che rivolgendosi idealmente al marito al marito ha detto “Franco, ti ricordi quando all’età di 4 anni io e di 7 tu ci siamo promessi una vita insieme? Così è stato. Era proprio nel tuo Dna il mantenere fede alle parole date. Il nostro amore fu la chiave della nostra vita che ci permise di superare tutti gli ostacoli che di volta in volta si presentavano perché il tuo lavoro - ha detto la signora Amelia Vergiu Pavone–coinvolse come un vortice tutta la famiglia. Eri un uomo dai sani principi dedito solo al lavoro e alla famiglia, forte e instancabile, onesto, generoso, instancabile, simpatico e perché no anche bello. Il premio istituito dal Consiglio regionale come atto di esempio per i giovani e di riconoscenza alla tua memoria per l’impegno, l’intelligenza, l’intuito e la forza nel portare avanti le tute convinzioni frutto di tanto lavoro e di ricerca nel combattere la mala del Brenta e delle mafie nel Veneto porta tanto onore alla nostra famiglia e alla comunità che oggi ti ricorda e di questo ne siamo immensamente grati”