ResocontoVerbali

Seduta del consiglio regionale del 21/03/2023 n. 92

Resoconto n. 92 - 11^ legislatura
Resoconto 92 a Seduta pubblica
Martedì, 21 marzo 2023
SOMMARIO
Il Presidente Ciambetti, alle ore 10.41, comunica che l'inizio della seduta è rinviato alle ore 11.00.
Assume la Presidenza
Il Presidente Roberto CIAMBETTI
La Seduta inizia alle ore 10.50

PRESIDENTE

Buongiorno a tutti. Benvenuti.
Diamo inizio alla 92a Seduta pubblica del Consiglio regionale. I lavori si svolgono sulla base dell'ordine del giorno prot. n. 4353 del 16 marzo 2023.
PUNTO
1



APPROVAZIONE VERBALI DELLE SEDUTE PRECEDENTI

Il PRESIDENTE, poiché nessun Consigliere chiede di fare osservazioni, dichiara che si intende approvato il processo verbale della 91a Seduta pubblica del 14 marzo 2023.
PUNTO
2


COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO

Hanno comunicato congedo
Luca ZAIA
Silvia RIZZOTTO
I congedi sono concessi.
PUNTO
3



INTERROGAZIONI E INTERPELLANZE

Ai sensi dell'art. 114, comma 3 del Regolamento, l'elenco delle interrogazioni e delle interpellanze, allegato alla Convocazione, è dato per letto.
PUNTO
4



RISPOSTE DELLA GIUNTA REGIONALE ALLE INTERROGAZIONI E INTERPELLANZE

PRESIDENTE

Passiamo alle interrogazioni e interpellanze.
Guardando i proponenti e chi risponde, partirei con la IRI n. 350, della collega Guarda.

Interrogazione a risposta immediata n. 350 del 8 febbraio 2023 presentata dalle consigliere Guarda e Baldin relativa a "PERCHÈ L'APPLICAZIONE VIVIVENETO NON È ACCESSIBILE AI NON VEDENTI?"

Risponde l'assessore Calzavara. Prego.

Ass.re Francesco CALZAVARA

Grazie. Buongiorno a tutti.
ViviVeneto è un'applicazione mobile per Android e iOS, che integra i servizi digitali regionali già esistenti e di nuova generazione, per permettere ai cittadini veneti di avere un unico punto di accesso.
Configurata come una casa digitale del cittadino, grazie alle sue stanze virtuali, permette all'utente di accedere a diverse sezioni (Amministrazione, salute, turismo, lavoro, eccetera), all'interno delle quali sono stati raccolti i servizi della pubblica amministrazione che rispondono all'ambito dichiarato.
Le caratteristiche progettuali e tecniche la rendono unica nel suo genere e prima nel panorama nazionale. ViviVeneto rientra, infatti, a pieno titolo tra le cosiddette super app. Le super app sono molto di più di semplici applicazioni composite che aggregano servizi. Una super app combina, infatti, le funzionalità di una app, una piattaforma e un ecosistema in un'unica applicazione, fornendo una piattaforma su cui si possono sviluppare e pubblicare delle mini app. L'integrazione tra gli oltre quaranta diversi servizi offerti è tecnicamente evoluta. Si pensi, ad esempio, al Single Sign-On, autenticazione unica, tra i diversi servizi delle diverse aree.
Non a caso le super app rientrano nel quadrante Gartner tra le dieci principali tendenze tecnologiche, strategiche ed emergenti per il 2023, da tenere sotto osservazione per il prossimo triennio. Gartner prevede, infatti, che oltre il 50% della popolazione mondiale sarà utente attivo quotidiano di più super app. Il lancio della app è avvenuto lunedì 6 febbraio 2023 e da alcuni test estesi e preparatori degli ultimi giorni, precedenti, avevano evidenziato la necessità di apportare al sistema delle piccole integrazioni. Si è quindi provveduto a pubblicare gli aggiornamenti, ma purtroppo ciò è avvenuto su una versione non aggiornata della app che non implementava totalmente gli standard di accessibilità.
Nei giorni successivi al lancio è stata dunque pubblicata la versione corretta e inoltre sono stati rilasciati tutta una serie di aggiornamenti volti a risolvere alcune problematiche emerse, ultimati con la versione del 24 febbraio e, in particolare, si sono completamente risolte le questioni di accessibilità per i non vedenti.
Si ricorda, inoltre, che l'app ViviVeneto ospita molti servizi preesistenti, che in una logica di loro valorizzazione sono stati integrati nell'app. Su alcuni di questi, con la stretta sinergia con le strutture regionali che li hanno realizzati, si sta procedendo a verifiche puntuali e a un eventuale Piano di interventi.
Verrà pubblicata, inoltre, in applicazione della direttiva UE 2016/2102 del Parlamento europeo e del Consiglio, articolo 7, comma 1, la dichiarazione di accessibilità in un formato accessibile, unitamente ad altre informazioni disponibili al momento dello scarico dell'applicazione.
Come vedete, abbiamo risolto in parte, anzi, nello specifico, abbiamo risolto il problema. Consideriamo che proprio per la sua unicità nel panorama nazionale, questa è una app che già ha tutta una serie di servizi che funzionano e che sono già stati scaricati da più di 100.000 utenti. Naturalmente, nel corso degli anni a venire e anche nel corso dei prossimi mesi, verrà ulteriormente implementata di aggiornamenti rispetto ad app preesistenti e di nuove app che i vari Assessorati e i vari stakeholder che pensiamo di poter coinvolgere nel nostro territorio veneto ci forniranno per riuscire a garantire sempre di più questo servizio di un'unica app che dia risposte a tutti i veneti.

PRESIDENTE

Grazie, Assessore.
Per la replica, collega Guarda, prego.

Cristina GUARDA (Europa Verde)

Grazie, Presidente.
Auspico che siano condivisi aggiornamenti per rendere realmente utile anche alla popolazione questa app, che è stata presentata in pompa magna, e, devo essere sincera, proprio per come è stata presentata, non è assolutamente tollerabile e accettabile, in un mondo in cui la accessibilità dei servizi, specie alle persone con disabilità, è attenzionata dalle Istituzioni e prevede regolamenti e indicazioni normative chiare, è inaccettabile che sia stata lanciata con questo gap, con questa falla.
È inaccettabile, perché si manda un messaggio in questa maniera ed è un messaggio di sottovalutazione di attenzione rispetto ad aspetti che, invece, dovrebbero essere basici, basici, specie per le Istituzioni.
Siccome qualche anno fa io stessa avevo proposto, attraverso alcuni emendamenti al Documento di economia e finanza, di lavorare per l'unificazione della proposta di applicazioni nell'ambito del turismo e nell'ambito sanitario di Regione Veneto, e quindi la creazione di un'unica piattaforma per dare servizi è una cosa che mi vede sicuramente vicina, allo stesso tempo, però, ribadisco, gli aggiornamenti necessari per rendere accessibile tutta l'applicazione alle persone con una disabilità e fare in modo che sia accessibile alla popolazione davvero come semplificazione, non come aggiunta di nuovi step, di nuovi gradini, Assessore, per fare continuamente accessi a SPID, per accedere a tutti i servizi, oppure, come concentrato di link tramite il quale collegarsi poi dopo al corretto servizio proposto attraverso web app, o attraverso sito, spero che questi aspetti vengano semplificati. Altrimenti, non è una super app, ma è un concentrato di informazioni che tranquillamente potevamo osservare e integrare all'interno del sito della Regione del Veneto.

PRESIDENTE

Grazie.
Passiamo alla interrogazione n. 246, della collega Guarda.

Interrogazione a risposta immediata n. 246 del 22 marzo 2022 presentata dalla consigliera Guarda relativa a "VENEZIA CAPITALE MONDIALE DELLA SOSTENIBILITÀ MA ANCHE CIMITERO PER LE BARCHE! QUALI LE INIZIATIVE PREVISTE PER ADDIVENIRE ALLA SOLUZIONE DEL PROBLEMA?"

Prego, Consigliera.

Cristina GUARDA (Europa Verde)

Viste le deliberazioni di Giunta del 2021, la n. 278 e la n. 979, concernenti rispettivamente le manifestazioni di interesse delle Amministrazioni regionali in ordine al progetto per la realizzazione di interventi integrati, volti a promuovere lo sviluppo della sostenibilità del territorio, manifestazioni di interesse a proporre la città di Venezia quale capitale mondiale della sostenibilità e la successiva ratifica della sottoscrizione del documento programmatico "Progetto Venezia capitale mondiale della sostenibilità e procedimentalizzazione della Fondazione di partecipazione, presa d'atto e accettazione", avvenuta nel 2021, l'11 luglio, tra il Governo, la Regione del Veneto e il Comune di Venezia e gli altri soggetti e Istituzioni interessate.
Visto l'articolo della legge regionale del 2021 n. 34, Collegato della legge di stabilità, che autorizza la Giunta regionale a compiere tutti gli atti necessari per costituire la Fondazione di partecipazione "Venezia, capitale mondiale della sostenibilità", con sede a Venezia, avente la finalità di promuovere la realizzazione di un adeguato modello ambientale, economico, sociale e urbanistico per lo sviluppo del Comune di Venezia e della laguna di Venezia sostenibile.
Appreso che la massiccia presenza di relitti di imbarcazioni abbandonate in larga parte nella laguna veneziana è questione evidenziata e sollevata già da qualche anno, ed oltretutto oggetto di un censimento informale avviato dalla cittadinanza attiva, in assenza di una mappatura ufficiale effettuata dalle Istituzioni preposte.
Considerato che la mancanza di una specifica struttura idonea alla demolizione e al trattamento quali rifiuti speciali delle imbarcazioni dismesse, crea difficoltà pratiche di risalire ai proprietari nella maggior parte dei casi e l'inescusabile presupposto per l'abbandono...

PRESIDENTE

Signori, per favore, c'è una collega che sta presentando la sua interrogazione.
Grazie.

Cristina GUARDA (Europa Verde)

E almeno ai veneziani dovrebbe interessare.
Visto che la presenza di più livelli amministrativi di competenza rende necessario, nell'ottica di una presa in carico della questione del cimitero delle barche, qui segnalata, un coordinamento tra gli attori coinvolti.
Evidenziato che le imbarcazioni abbandonate costituiscono uno sfregio al patrimonio paesaggistico della laguna di Venezia.
Tutto questo per interrogare il Presidente e il Vicepresidente della Giunta regionale per sapere se non ritengano necessario, nell'ambito dell'assetto programmatico del progetto "Venezia Capitale della Sostenibilità", porre la questione soprelevata, anche proponendosi come attori di coordinamento tra i livelli amministrativi.

PRESIDENTE

Grazie.
Risponde l'assessore Bottacin. Prego, Assessore.

Ass.re Gianpaolo BOTTACIN

La legislazione speciale per Venezia ha come principale finalità la salvaguardia fisico-ambientale, storico, artistico e culturale della laguna di Venezia e stabilisce gli obiettivi strategici, le procedure per realizzarli e le attribuzioni ai diversi organi competenti (lo Stato, la Regione del Veneto e gli Enti locali). In particolare, alla Regione sono affidati i compiti relativi al disinquinamento delle acque, al risanamento, alla tutela ambientale e alla gestione del bacino scolante della laguna di Venezia.
In tale contesto si segnala che proseguono, senza soluzione di continuità, i monitoraggi ambientali delle acque della Laguna di Venezia e del bacino in essa scolante, in collaborazione con ARPAV. Si evidenzia in merito che, in data 21 aprile 2022, ARPAV ha comunicato l'avvio delle attività relative al progetto "BSL 6", proseguimento delle attività di monitoraggio dei corpi idrici del bacino scolante nella laguna di Venezia e monitoraggio delle microplastiche nel bacino scolante laguna di Venezia, DGR n. 1659/2021, nonché del progetto "MoVEco", monitoraggio dei corpi idrici della laguna di Venezia finalizzato alla definizione dello stato ecologico, ai sensi della direttiva 2060/CE, del decreto legislativo n. 152/2006 e della delibera di Giunta regionale n. 1659/2021, entrambi finanziati a valere sui fondi della legge speciale per Venezia.
Precisando che la problematica delle "ghost boats" non è di competenza della Regione del Veneto, si evidenzia che la questione potrà essere portata all'attenzione del cantiere tematico "Transizione Energetica e Ambiente" della Fondazione "Venezia Capitale mondiale della Sostenibilità" qualora si identificassero delle linee di programmazione attinenti al tema.

PRESIDENTE

Grazie, Assessore.
Prego, collega Guarda, per la replica.

Cristina GUARDA (Europa Verde)

Ringrazio l'Assessore per la risposta. La questione è la seguente. Avrei avuto piacere di dirmi completamente soddisfatta se nell'ultima frase riportata nella risposta si fosse detto: precisando che la problematica delle "ghost boats" non è di competenza della Regione del Veneto, si evidenzia che la questione non potrà essere, ma verrà portata all'attenzione del cantiere tematico, immagino appunto dalla Regione del Veneto. Quindi, esorto l'Assessore e do massimo contributo di condivisione...
Quindi, lei sta dicendo che la Regione del Veneto non porterà la questione.
L'Assessore competente, ovviamente, si occupa anche di prevenzione. Come si diceva, la Regione del Veneto ha non soltanto il compito di monitoraggio, ma di risanamento e tutela nella gestione, appunto, del bacino scolante e di conseguenza sia l'Assessorato che ovviamente il Presidente, sollecitando il Presidente e la Vicepresidente, io esorto che non possano portare questo messaggio all'interno del cantiere tematico, ma portino questo messaggio. Solo allora potrò considerarmi soddisfatta.
Massima collaborazione nell'andare a identificare delle strategie, eccetera. Quello che io vi ho chiesto all'interno di questa interrogazione, visto che le interrogazioni non le presento mai soltanto chiedendo qualcosa, cerco sempre di inserirci quello che io desidererei o vorrei fosse fatto, consigliando una strategia che io percorrerei se fossi nei vostri panni.
Di fronte alla richiesta e al sostegno di un'iniziativa che riconosce Venezia come capitale della sostenibilità e quindi con un patrimonio, da un punto di vista ideale, così grande, a me spiace che non venga posta attenzione nella parte più pratica nell'andare a risolvere quello che è un problema ormai pluridecennale di cui le Istituzioni parlano, ma su cui non c'è ancora stata la capacità di trovare sintesi e coordinamento.

PRESIDENTE

Grazie.
Passiamo alla IRI n. 258, del collega Finco.

Interrogazione a risposta immediata n. 258 del 26 aprile 2022 presentata dal consigliere Finco relativa a "ULSS7 - INTERVISTE SUGLI ORGANI DI STAMPA: LE DICHIARAZIONI DEL DIRETTORE DELLA U.O.C ANATOMIA PATOLOGICA DEL 24 FEBBRAIO 2022 SONO STATE AUTORIZZATE?"

Il collega la dà per letta.
Risponde l'assessore Lanzarin. Prego.

Ass.ra Manuela LANZARIN

Il Direttore generale dell'azienda ULSS 7 Pedemontana, effettuate le verifiche interne, ha riscontrato la nota regionale dichiarando che il Direttore dell'UOC di Anatomia patologica dell'ospedale Santorso non ha rilasciato al Giornale di Vicenza la dichiarazione contenuta nell'articolo del 24 febbraio 2022.
Ad ulteriore chiarimento il Direttore generale ha precisato quanto segue: "Si è verificato che sotto il titolo 'Senologia. La giusta collaborazione tra Santorso e Bassano. Vince la salute' la predetta testata giornalistica ha pubblicato nella rubrica 'Lettere del giorno' una lettera a firma del dirigente medico, dottor Maurizio Zirilli, in forza all'UOC Anatomia patologica dell'ospedale di Santorso. Trattasi di esternazioni a mass media, ascrivibili unicamente al predetto medico, che non ha preventivamente richiesto alcuna autorizzazione alla Direzione aziendale. A margine si precisa che, ai sensi del Codice del comportamento dei dipendenti dell'ULSS 7, adottato con delibera n. 361 del 6 marzo 2019, non ravvisando lesione all'immagine dell'azienda, tale esenzione si configura quanto espressione di libera manifestazione di pensiero".

PRESIDENTE

Grazie. Collega Finco, per la replica.

Nicola Ignazio FINCO (Liga Veneta per Salvini Premier)

Non mi soddisfa molto la risposta data da parte del Direttore generale, perché spesso si usano due pesi e due misure.
Quando un medico lamenta qualche malfunzionamento all'interno dell'ULSS 7 viene prontamente richiamato attraverso una lettera di richiamo, chiedendogli ovviamente di rispettare quello che è l'articolo 12, comma 9 del Codice di comportamento aziendale. Mentre quando un medico, attraverso una lettera, critica un esponente politico, non si ravvede nessun tipo di responsabilità perché è un libero pensiero.
Se quindi si attacca la parte politica è un libero pensiero, se un medico si permette di dire che qualcosa non funziona all'interno dell'Azienda ospedaliera ovviamente viene prontamente richiamato. Guardi, Assessore, so che non è colpa sua, però sugli atteggiamenti del Direttore generale dell'ULSS 7 non ho veramente termini e non so più come definirli, perché sono veramente imbarazzanti.

PRESIDENTE

Passiamo alla IRI n. 320, a firma Montanariello.

Interrogazione a risposta immediata n. 320 del 22 dicembre 2022 presentata dal consigliere Montanariello relativa a "RISCHIO FALLIMENTO DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE DI DISPOSITIVI MEDICI: LA REGIONE INTENDE INTERVENIRE?"

Prego, collega Montanariello.

Jonatan MONTANARIELLO (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Premesso che il comma 1 della lettera b) dell'articolo 9-ter, del decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78 prevede che gli Enti del Servizio sanitario nazionale siano tenuti a proporre ai fornitori di dispositivi medici una rinegoziazione dei contratti in essere, al fine di garantire in ciascuna Regione il rispetto del tetto di spesa regionale per l'acquisto di dispositivi medici. La medesima norma prevede inoltre che le Regioni debbano definire con apposito provvedimento l'elenco delle aziende fornitrici di dispositivi medici soggette al ripiano.
Con decreto del Direttore generale dell'Area Sanità e sociale n. 172 del dicembre 2022, la Regione Veneto ha stabilito gli oneri di ripiano derivanti dal superamento del tetto di spesa per i dispositivi medici per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018. Considerando che i suddetti oneri gravano sulle aziende produttrici e fornitrici di dispositivi medici in un momento particolarmente critico per l'economia italiana, che ne mette a rischio la stessa sopravvivenza.
Rilevato che per la Regione Veneto gli importi indicati nel succitato decreto ministeriale del 6 luglio 2022 corrispondono per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 ad un totale complessivo di 231.777.561, che nel confronto con le altre Regioni risulta tra i più elevati.
Tenuto conto che in tutto il Veneto sono oltre un centinaio le ditte destinate dal provvedimento in questione, che, oltre a mettere a rischio molti posti di lavoro, può innescare un pericoloso effetto domino sugli ospedali e sulle altre strutture sanitarie, a cui potrebbero non essere più garantite le forniture di dispositivi medici.
Con questo si chiede all'Assessore alla Sanità se intenda intervenire urgentemente al fine di scongiurare il possibile fallimento di molte piccole e medie imprese del settore, e le inevitabili ricadute sulle strutture regionali.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Risponde l'assessore Lanzarin.

Ass.ra Manuela LANZARIN

L'articolo 9 del decreto-legge del 2015, convertito sempre nel 2015, prevede per ogni Regione il rispetto del tetto di spesa regionale per l'acquisto di dispositivi medici fissato con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome, fermo restando il tetto di spesa nazionale, fissato al 4,4%.
Ai sensi del predetto articolo, il superamento del tetto di spesa a livello nazionale e regionale per l'acquisto di dispositivi medici, rilevato sulla base del fatturato di ciascuna azienda al lordo dell'IVA, viene certificato con decreto del Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze, entro il 30 settembre di ogni anno. Il medesimo provvedimento statale stabilisce che l'eventuale superamento del tetto di spesa regionale, come certificato dal decreto ministeriale previsto, è posto a carico delle aziende fornitrici di dispositivi medici e che ciascuna azienda fornitrice concorre alle predette quote di ripiano in misura pari all'incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa per l'acquisto di dispositivi medici a carico del Sistema sanitario regionale.
Con decreto del Ministero della Salute di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze, del 6 luglio 2022, ai sensi dell'articolo 9 è stato certificato il superamento dei tetti di spesa per i dispositivi medici a livello nazionale e regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018.
Il comma 9 della predetta legge dispone che le Regioni e le Province autonome, con proprio provvedimento da adottare entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del decreto ministeriale, producano l'elenco delle aziende fornitrici soggette a ripiano per ciascun anno, previa verifica della documentazione contabile, anche per il tramite degli Enti del Servizio sanitario regionale.
Con decreto del Ministero della Salute del 6 ottobre 2022, inoltre, sono state adottate le linee guida propedeutiche all'adozione dei provvedimenti regionali in tema di ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici 2015-2018.
In ossequio a quanto disposto dal legislatore con i provvedimenti sopra menzionati, è stato adottato il decreto del Direttore generale dell'Area Sanità e sociale nel dicembre 2022, con cui, in linea con tutte le altre Regioni, è stato approvato l'elenco delle aziende fornitrici di dispositivi medici soggette a ripiano della spesa, di conseguenza al superamento del tetto di spesa per i dispositivi medici relativamente agli anni 2015-2018, così come certificato dal Ministero. Provvedimento che, sempre in ossequio alle indicazioni ministeriali, assegnava alle aziende fornitrici di dispositivi medici 30 giorni di tempo dalla pubblicazione del decreto per il versamento di quanto dovuto.
Va ricordato che, come previsto dal comma 9 del decreto-legge sempre 2015, nel caso in cui le aziende fornitrici di dispositivi medici non adempiano all'obbligo del ripiano, i debiti per gli acquisti di dispositivi medici nei confronti delle predette aziende inadempienti sono compensati fino alla concorrenza dell'intero ammontare.
Come noto, con decreto del 1° gennaio 2023 "Disposizioni urgenti in materia di ripiano del superamento del tetto di spesa per i dispositivi medici", il termine per l'assolvimento degli adempimenti da parte delle aziende fornitrici di dispositivi medici, in ordine ai versamenti da versare alla Regione, è stato prorogato al 30 aprile 2023.
Il meccanismo sopradescritto, che per la Regione del Veneto, come per altre Regioni, costituisce un atto dovuto, ha generato da parte delle aziende fornitrici un corposo contenzioso, che si è aperto avanti al TAR del Lazio, che consta di provvedimenti statali succitati nonché di provvedimenti regionali adottati in esecuzione di disposizioni nazionali.
Posso aggiungere che c'è un'interlocuzione in itinere con il ministro Giorgetti e il ministro Schillaci per un eventuale intervento nazionale, di cui però ad oggi non abbiamo ancora nessuna conoscenza e quindi siamo in attesa, il 30 aprile è un termine vicino, per capire effettivamente come la parte nazionale intenda proseguire su questa vicenda. Oggi siamo in questa situazione. Nel frattempo, è chiaro che la Regione Veneto, come tutte le altre Regioni, ha predisposto tutti gli atti dovuti, ma anche si è difesa nei confronti dei contenziosi che nel frattempo sono sorti.

PRESIDENTE

Grazie.
Prego, collega Montanariello, per la replica.

Jonatan MONTANARIELLO (Partito Democratico Veneto)

Assessore, io non dirò se mi sento soddisfatto o no, perché è una vicenda che riconosco essere molto delicata e articolata. Ci troviamo un recinto nazionale che ci dà alcuni perimetri all'interno dei quali dobbiamo intervenire. Ci troviamo delle aziende venete che forse l'unica colpa che hanno è quella di lavorare con il pubblico e quindi con la nostra sanità. E ci troviamo degli imprenditori veneti, Assessore, quegli imprenditori che spesso noi vantiamo come l'eccellenza, che oggi, in virtù di una norma che sicuramente noi applichiamo, si trovano con le loro aziende a rischio.
Io, Assessore, più che ritenermi soddisfatto, voglio auspicare che si individui il percorso per risolvere questo problema. Il fatto che lei mi dice che c'è un contenzioso penso sia un atto dovuto da parte dei soggetti che dovevano avere un ritorno economico e non l'hanno avuto. Si fanno ricorsi per molto meno, figuriamoci se ti tolgono i soldi che tu devi avere.
Il fatto che ci sia un'interlocuzione in corso, Assessore, a me fa sperare e l'augurio che io mi faccio è che, essendo il Veneto non l'ultima Regione sulla tavola della Conferenza Stato-Regioni, ma sicuramente una Regione che in temi sanitari può permettersi di dire la sua, che la Regione Veneto proprio su questo tenti di mettere a capo di un ragionamento che faccia spiegare che quel perimetro che è stato concepito a Roma, e che in alcuni casi sulla carta può sembrare anche idoneo, calato sul territorio porterebbe distruzione e chiusura per le nostre aziende.
Quando un'azienda chiude è sempre un dramma; ma se un'azienda chiude perché l'unica colpa che ha è aver venduto dei dispositivi medici alla sanità pubblica, capisce che c'è qualcosa che davvero non va.
Io quindi, Assessore, non mi sento di dire se sono soddisfatto o no, perché ci sono dei limiti territoriali in questo ragionamento. Mi auguro però che ci sia da parte sua un impegno vero a rappresentare con fermezza sul tavolo nazionale questo problema – e chiudo – proprio partendo anche dal Veneto, perché noi i nostri imprenditori li tuteliamo, non ne facciamo una questione di colore, ma una questione etica.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie.
Passiamo alla IRI n. 333 della collega Baldin.

Interrogazione a risposta immediata n. 333 del 12 gennaio 2023 presentata dalla consigliera Baldin relativa a "DI 'GENTE VESTITA IN PELLE, COL PERIZOMA FUORI, MESSA A QUATTRO ZAMPE' E ALTRE OSCENITÀ. LA GIUNTA INTENDE PRENDERE LE DISTANZE DALLE PAROLE OSCURANTISTE ED OFFENSIVE PRONUNCIATE IN CONSIGLIO REGIONALE DA UNA PARTE DELLA MAGGIORANZA?"

Collega Baldin, prego.

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Grazie, Presidente.
Premesso che nel corso della seduta di Consiglio regionale del 10 gennaio 2023 è stata discussa la mozione n. 338 dal titolo "Veneto Pride: mai più discriminazioni. D'ora in poi la Regione partecipi in veste ufficiale ad ogni marcia arcobaleno nelle città venete", il consigliere regionale Joe Formaggio ha svolto un intervento (rimando alla lettura) che si è caratterizzato per la violenza della terminologia utilizzata e per l'utilizzo di immagini e allegorie esasperate, che hanno squalificato l'importanza del tema, l'Istituzione all'interno della quale sono state proferite, e persino uno dei dipendenti della struttura presente in Aula è stato utilizzato come esempio.
La gravità dei fatti è riscontrabile pressoché su tutta la stampa odierna – all'epoca della scrittura dell'interrogazione – ove si parla di parole che degradano il Veneto e le sue Istituzioni, e si ricorda come Joe Formaggio, già definito "Sindaco sceriffo" di Albettone era diventato noto per aver proposto una tassa sui gay perché non si riproducano.
Considerato che il Presidente della Giunta regionale Luca Zaia in una recente intervista ha usato toni molto aperti sul tema... Tra l'altro, qualche passo vorrei citarlo: "Il centrodestra deve cambiare pelle rispetto a trenta anni fa: mi aspetto che sia più inclusivo e attento ai cambiamenti, libero dai complessi di inferiorità sul versante culturale e dai tabù in materia di diritti, nuove famiglie e sessualità. Lo dico in altro modo: l'omosessualità non è una patologia. L'omofobia invece sì. è questione di libertà e di rispetto. Chi non la comprende è fuori dalla storia e offre agli avversari opportunità di imbastire battaglie ideologiche, magari con finalità diversive". Il presidente Zaia quindi ha rilasciato dichiarazioni in tema di omosessualità e omofobia particolarmente avanzate ed inclusive.
Interrogo, quindi, la Giunta regionale per sapere se intenda prendere le distanze da quanto dichiarato dal consigliere Formaggio nel corso della discussione della mozione n. 338, che è quella che citavo prima. Poi proseguirò nella risposta.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Al posto dell'assessore Corazzari risponde l'assessore Calzavara. Prego.

Ass.re Francesco CALZAVARA

Rispondo a nome dell'assessore Corazzari, che oggi non c'è. Credo che ci tenesse ad essere qui oggi a rispondere a questa interrogazione, invece altri impegni lo hanno portato da un'altra parte.
In tema di rispetto dei diritti umani la Regione del Veneto si è dotata, nel tempo, di una serie di norme che conformano il suo ordinamento giuridico al diritto nazionale ed internazionale. In questa prospettiva sono di costante riferimento per le iniziative regionali le disposizioni dell'articolo 2 della Costituzione italiana, che recita: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale".
L'orientamento della Carta costituzionale ha trovato espressione in atti del diritto internazionale, e tra questi appare significativo l'articolo 55 dello Statuto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), che ha ribadito la necessità di promuovere il rispetto dei diritti umani per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua e religione. Sanzione poi formalmente esplicitata nel 1948 dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che reca ai primi due articoli: "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale e sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione".
Lo Stato italiano ha successivamente ratificato, nel 1978, assieme ad altri 167 Stati, i contenuti del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, che estende la protezione del divieto di discriminazione all'orientamento sessuale. Tale protezione è stata definitivamente sancita nel 2007 dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (nota anche come Carta di Nizza) che ha reso giuridicamente vincolante il divieto di discriminazione fondata sull'orientamento sessuale: assunto che, dunque, oggi è pienamente vincolante per i cittadini europei.
A questi princìpi ispirati al rispetto di ogni forma di libertà, ma sempre nel costante e corretto riconoscimento delle diverse sensibilità, si ispira l'Amministrazione regionale.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Baldin, per la replica.

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Ringrazio l'Assessore, però si dà atto in questa risposta di numerosi atti nazionali, quindi Costituzione, Statuto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, e quello che in sostanza ha fatto lo Stato italiano in questi anni tutti lo sappiamo, conosciamo la Costituzione e gli atti che sono stati scritti anche a livello internazionale sul tema dei diritti civili.
Io mi aspettavo, visto la domanda che ho posto, una risposta da parte della Giunta regionale su cosa intenda fare e precisamente se intenda prendere le distanze da quanto dichiarato dal Consigliere. Spero che le parole del Consigliere che abbiamo udito in quella seduta siano state pronunciate a titolo puramente personale. Spero sia così.
Do atto anche di un cambio recente nella visione di questa maggioranza: pensiamo ad esempio a un Sindaco che ha lo stesso nome, ma non è 5 Stelle, il Sindaco di Treviso Conte, che ha dato il via libera all'iscrizione dei figli di famiglie arcobaleno all'Anagrafe, e alle numerose manifestazioni che ci sono state in questi giorni (parlo di domenica sia a Milano che a Padova) da parte di queste famiglie. L'interrogazione di oggi quindi cade a fagiolo.
Da ultimo, rilevo anche la diversa visione di Forza Italia, ad esempio, che per bocca del proprio Capogruppo in Parlamento parla di ripartire dal DDL Zan come base di partenza per tornare a parlare di famiglie arcobaleno e di diritti delle persone omosessuali. Credo che questi siano dei segnali importanti che comunque non possiamo trascurare, però auspicavo che da parte della Giunta regionale vi fosse più coraggio, nel senso di prendere maggiormente le distanze da quello che c'è stato per avere una visione chiara, puramente regionale, non basandosi su quelli che sono atti fatti dallo Stato italiano.

PRESIDENTE

Grazie.
Passiamo alla IRI n. 359 del collega Zanoni e altri.

Interrogazione a risposta immediata n. 359 del 14 febbraio 2023 presentata dai consiglieri Zanoni, Giacomo Possamai, Zottis e Bigon relativa a "BONUS EDILIZI: LA GIUNTA REGIONALE SI È ATTIVATA PER L'ACQUISIZIONE DEI CREDITI DALLE IMPRESE EDILI DEL PROPRIO TERRITORIO PER DARE UN AIUTO CONCRETO A QUESTO SETTORE OGGI IN FORTE DIFFICOLTÀ?"

Consigliere Zanoni, prego.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Questa è un'interrogazione presentata il 14 febbraio e sottoscritta anche dai colleghi Possamai, Zottis e Bigon. Chiedevamo informazioni su questa opportunità in merito alla cessione del credito per il Superbonus.
In Veneto, come nel resto del Paese, sono numerosi i crediti cosiddetti "incagliati", che stanno mettendo in crisi gli investimenti di privati cittadini e delle imprese, relativi ai lavori di ristrutturazione ed efficientamento energetico, i cosiddetti Superbonus e Sismabonus.
Secondo stime di ANCI, in Italia i crediti bloccati ammontano attualmente a circa 15 miliardi di euro: ogni miliardo di crediti incagliati causa il blocco di circa 6.000 interventi, portando al fallimento di almeno 1.700 imprese edili.
In un comunicato del 26 gennaio 2023, pubblicato sul sito della Regione, l'Assessore regionale allo sviluppo economico Marcato ha dichiarato di avere scritto al Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, e ai parlamentari veneti per condividere la necessità di un intervento a favore delle imprese per sbloccare i crediti, con particolare riferimento al mondo bancario. L'Assessore ha chiesto dunque al Ministro dell'Economia un intervento straordinario per sbloccare il mercato e smobilizzare i cassetti fiscali delle imprese, per consentire loro di tornare sul mercato e riconoscere lo sconto in fattura ai cittadini, rimettendo in moto il settore delle costruzioni, che ha costituito una locomotiva della ripresa post-Covid.
Anche alcune Regioni come Piemonte, Sardegna, Basilicata e alcuni Enti locali, primo fra tutti la Provincia di Treviso, hanno intrapreso questa strada.
Vado alla conclusione perché il tempo sta per scadere. Quindi abbiamo chiesto con l'interrogazione all'Assessore regionale allo Sviluppo economico se la Giunta regionale si sia attivata per l'acquisizione di crediti derivanti dall'attuazione dei bonus edilizi, dalle imprese edili di proprio territorio, ivi compresi quelli già ceduti agli istituti bancari per dare un aiuto concreto a questo settore oggi in forte difficoltà.

PRESIDENTE

Al posto dell'assessore Marcato risponde ancora il collega Calzavara. Prego.

Ass.re Francesco CALZAVARA

Nel riaffermare il costante impegno della Giunta regionale in tutte le sedi istituzionali ed in particolare con il Governo per individuare una risposta concreta e tempestiva alla difficile situazione che si trovano ad affrontare le imprese venete, specialmente quelle piccole e medie, a seguito del progressivo blocco del meccanismo della cessione dei crediti per interventi edilizi, il cosiddetto Superbonus, si precisa che l'intervento regionale richiesto consiste nell'acquisizione dei crediti d'imposta derivanti da Superbonus e da altri bonus edilizi da utilizzare in compensazione diretta degli oneri fiscali regionali nel corso dei prossimi anni. È stato recentemente espressamente vietato dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto legge 16 febbraio 2023, n. 11 "Misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all'articolo 121 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020 n. 77". Tali disposizioni di legge esclude infatti la possibilità per le pubbliche amministrazioni di acquistare i crediti di imposta derivanti dagli interventi elencati dal comma 2 dell'articolo 121, decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni della legge 17 luglio 2020, n. 77, il cosiddetto Superbonus, al fine di evitare la formazione di nuovo debito pubblico.
Con l'obiettivo di consentire il progressivo sblocco dei crediti maturati dalle imprese e di garantire il completamento degli interventi, il decreto legge prevede inoltre ulteriori disposizioni per consentire il trasferimento in sicurezza dei crediti attualmente incagliati nei cassetti fiscali di aziende e cittadini, anche delimitando con un'opportuna precisione gli ambiti della responsabilità solidale del cessionario in caso di truffa o dolo.
Il Governo ha inoltre evidenziato una disponibilità a studiare forme di compensazione tra crediti e debiti fiscali, anche eventualmente tramite l'utilizzo di pagamenti fiscali tramite modello F24, nel rispetto delle esigenze di bilancio e secondo le modalità che escludono possibili contestazioni di Eurostat o altri enti europei.
Devo dire che probabilmente questa interrogazione nasceva da quel momento di euforia che c'è stato a seguito del primo intervento della Provincia di Treviso, che aveva acquistato questi crediti su due banche, una siciliana e una piemontese, e poi da alcune dichiarazioni di alcune Regioni che avevano in quel momento colto l'occasione e probabilmente fatto anche una fuga in avanti, tipo il Piemonte e la Sardegna, che avevano addirittura predisposto un disegno di legge per cercare di far sì che le Regioni potessero essere un elemento facilitatore per la circolazione di questi crediti. Anche noi come Regione ci siamo immediatamente attivati, abbiamo avuto una serie di interlocuzioni, tra l'altro con la società che aveva seguito il percorso della Provincia di Treviso. Una volta individuato quello che poteva essere il perimetro che la Regione del Veneto poteva mettere a disposizione, e che essenzialmente erano circa una cinquantina di milioni di euro all'anno, che sono di fatto gli oneri contributivi che la Regione paga per i propri dipendenti, è intervenuto il Governo, ha bloccato qualsiasi possibilità e siamo in attesa di provvedimenti del Governo stesso.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Zanoni, per la replica.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
C'è una successione di date che è bene ricordare. Abbiamo la Provincia di Treviso che si occupa della cessione del credito per dare una mano a queste imprese, e abbiamo visto che sono moltissime, soprattutto in Veneto, imprese in grossissime difficoltà, cittadini in grossissima difficoltà a causa di questa difficoltà di cessione del credito per questi cantieri che addirittura rischiano di rimanere bloccati, causando delle ripercussioni sia sui privati cittadini, sia anche su tutti i dipendenti, sulle ditte e quant'altro.
Dopodiché, il 26 gennaio 2023 l'assessore Marcato scrive al Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, chiedendo di sbloccare i crediti e di formalizzare la possibilità che anche Regioni, Province, e la nostra Regione, tra l'altro, visto anche quanto dichiarato adesso dall'assessore Calzavara... Molti colleghi, tra l'altro, si sono attivati in quel periodo presentando mozioni, presentando interrogazioni.
Noi presentiamo un'interrogazione il 14 febbraio 2023 proprio in questo senso, appoggiando queste iniziative per aiutare le nostre imprese e i cittadini. Il 16 febbraio 2023 abbiamo il "decreto Giorgetti" e il 17 febbraio 2023 veniamo a sapere da tutti i giornali, dai media e dai telegiornali che, come ricordava adesso l'assessore Calzavara, è stata addirittura espressamente vietata questa cessione dei crediti che era iniziata. Mi sto quindi chiedendo se fosse stato meglio evitare che l'assessore Marcato scrivesse, perché chiediamo un aiuto al Governo perché ci dia una mano per sbloccare questi crediti e questi, invece di dare una risposta, ci sbattono la porta in faccia.
Io vorrei che veramente si facesse una riflessione in merito, perché vuol dire che i territori non li ascoltano, vuol dire che il federalismo è una cosa che chi lo predica alla fine non lo attua.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Passiamo all'IRO n. 6 del collega Lorenzoni.

Interrogazione a risposta orale n. 6 del 20 gennaio 2023 presentata dal consigliere Lorenzoni relativa a "QUALI REGOLE E CONTROLLO LA REGIONE HA ATTIVATO SULLA QUALIFICAZIONE DEI 'MEDICI A GETTONE' PER LA TUTELA DEL PAZIENTE?"

Prego, collega Lorenzoni.

Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)

Grazie, Presidente.
Il tema è abbastanza attuale, nel senso che sempre più l'attività sanitaria nelle nostre strutture è operata tramite queste presenze a gettone e, dalla testimonianza ricevuta da professionisti, è emersa anche la preoccupazione che nei ruoli cruciali per il servizio sanitario siano presenti degli operatori che non hanno l'esperienza e, in qualche caso, addirittura le qualifiche per poter svolgere ruoli così delicati.
L'interrogazione che ho presentato è relativa a sapere quali siano le garanzie che la Regione chiede nel consentire a queste cooperative, a questi fornitori di servizi a gettone nella nostra sanità da parte dell'operatore che viene chiamato a coprire ruoli così delicati.
Sappiamo che soprattutto nelle unità di medicina di emergenza e nei pronto soccorso c'è grandissima difficoltà a trovare personale stabile e presente con contratti di lungo periodo, con la difficoltà a creare gruppi coesi capaci di lavorare in modo collaborativo e con la fiducia reciproca. Avere in questi casi la presenza di professionisti che possono non avere l'esperienza, possono anche non avere la sintonia con i colleghi può creare dei disservizi, che possono essere molto gravi, perché ovviamente entra in gioco la salute di tutti i cittadini.
Il motivo della mia interrogazione era proprio relativo a capire quali siano le misure assunte dalla Regione Veneto per controllare la qualificazione e l'operato dei medici a gettone, presenti nei turni di servizio nei reparti delle strutture sanitarie regionali. Io credo che sia essenziale rassicurare i nostri cittadini che, quando siano chiamati a fruire di questi servizi di assistenza sanitaria, trovino personale qualificato e un servizio all'altezza di quella che è la tradizione della nostra Regione, ma anche di quello che viene venduto all'esterno come un servizio di alto profilo, motivo di orgoglio per la nostra Regione.

PRESIDENTE

Assessore Lanzarin, per la risposta. Prego.

Ass.ra Manuela LANZARIN

Preliminarmente si evidenzia che il fenomeno dell'utilizzo dei medici non strutturati, attraverso lo strumento delle esternalizzazioni di servizi, discende dalla ben nota carenza a livello nazionale di personale medico in alcune discipline.
Per quanto a conoscenza dei componenti dell'Ufficio Area Sanità e sociale, le Aziende sanitarie attivano le esternalizzazioni esclusivamente per evitare l'interruzione di pubblico servizio e qualora non siano in grado di reclutare, con rapporto di dipendenza o con contratti di lavoro flessibile, il personale necessario allo svolgimento delle attività.
In alcune specialità molte procedure concorsuali vanno deserte, ovvero quando non sia sufficiente o risulti infruttuoso l'acquisto di prestazioni aggiuntive nei confronti del personale strutturato, ovvero nelle convenzioni di consulenza con altre Aziende sanitarie.
Ciò premesso, si rappresenta che la Regione del Veneto nelle sue deliberazioni (l'ultima è la DGR del 30 dicembre 2022) ha richiamato le Aziende sanitarie che attivano i processi di esternalizzazione dei servizi sanitari alla stretta osservanza delle disposizioni legislative in materia di contratti di appalto, anche alla luce della più recente giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato.
Inoltre, con la stessa deliberazione sono state fornite puntuali indicazioni, i cui contenuti, peraltro, erano stati anticipati con nota dell'Area Sanità e sociale, volte a garantire, nelle ipotesi di acquisto di mercato di servizi sanitari, gli standard di sicurezza clinica organizzativa e di qualità delle prestazioni erogate.
A tal fine, i predetti atti regionali hanno prescritto alle Aziende del Sistema sanitario regionale di prevedere adeguati requisiti di affidabilità da parte dell'appaltatore; prevedere, laddove l'appalto riguardi l'espletamento di attività mediche o riconducibili a quelle della dirigenza sanitaria, il possesso della specializzazione coerente con l'attività medica o sanitaria da espletare; controllare i titoli del personale fornito dalle cooperative; verificare l'inesistenza, in capo del predetto personale, delle incompatibilità previste dalla legislazione vigente; verificare il rispetto della normativa vigente in materia di orario di lavoro; verificare il rispetto dei parametri qualitativi definiti all'interno del dipartimento o più in generale dell'azienda e il rispetto degli standard di sicurezza clinica, organizzativa e di qualità del servizio erogato, nonché il rispetto delle indicazioni delle strutture di riferimento dipartimentali e delle linee guida dei protocolli clinici esistenti.
Si ritiene che l'osservanza alla predetta indicazione possa fornire all'organizzazione aziendale e all'utenza quelle indispensabili garanzie di appropriatezza e sicurezza delle prestazioni erogate e, per quanto possibile, consenta di limitare la distorsione del mercato correlata alla (inc.) dei servizi sanitari.
Aggiungo che su questa questione, come sapete, il Veneto ha posto la questione a livello nazionale. Si è aperto un tavolo in capo al Ministero della Sanità, di cui il Veneto fa parte, proprio per cercare di capire come il livello nazionale possa aiutare rispetto a questa distorsione del mercato. Sono state fatte tutta una serie di osservazioni, di provvedimenti che oggi sono in capo al Ministro. Ci sono, almeno noi auspichiamo e speriamo, già degli emendamenti pronti da inserire in futuri provvedimenti nazionali proprio per cercare di arginare il fenomeno, con la consapevolezza che questa è una distorsione del mercato e non crea quelle basi importanti e sufficienti affinché effettivamente ci sia quella (inc.) del sistema sanitario che oggi purtroppo viene a mancare.
Voi sapete che le aree su cui si ricorre maggiormente sono quelle dell'emergenza-urgenza, anestesia e rianimazione, e poi l'area della pediatria, perché sono un po' le aree dove oggi effettivamente manca più personale e, anche dopo espletate tutte le procedure previste, vediamo che i concorsi in molti casi vanno a vuoto. Ma noi auspichiamo che questo intervento, che oggi è in capo al Governo e al ministro Schillaci, con le osservazioni che le Regioni hanno già predisposto nel tavolo preposto di cui il Veneto fa parte appunto, trovino anche all'interno di un futuro prossimo provvedimento una destinazione, in modo che ci dia effettivamente una mano nell'arginare il fenomeno.

PRESIDENTE

Grazie. Per la replica, il collega Lorenzoni.

Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)

Grazie, Presidente.
Ringrazio l'Assessore per la risposta, che però è sfuocata rispetto alla mia domanda, nel senso che io concordo sul fatto che sia una carenza attiva su scala nazionale e che serva una risposta per cercare di coprire stabilmente questi ruoli che oggi soffrono. Però la mia richiesta era relativa a quali siano le misure adottate. Sono citate tutte le misure: che sia verificata la specializzazione, che ci siano verificate le incompatibilità, i parametri qualitativi. Ma io mi aspettavo, Assessore, una risposta su quali sono le verifiche fatte, cioè che controlli fa la Regione su questo?
Io mi aspettavo che ci fossero dei controlli a campione, che si intervenisse per verificare che queste cooperative effettivamente rispettino i parametri che lei mi ha elencato.
Questi parametri sono condivisibili, e nulla da dire. Ma queste sono le regole del gioco. Poi dobbiamo vedere se le regole siano state rispettate oppure no, perché il grido d'allarme che arriva dai reparti è quello che le regole possano essere disattese.
Io veramente auspico che si metta in atto un sistema di controllo e si possa avere un report per dire: "Abbiamo fatto cinque, dieci, quindici, cento controlli a campione, abbiamo verificato che effettivamente le persone presenti nel pronto soccorso dell'ospedale rispettavano i requisiti di incompatibilità, di rispetto dei protocolli, e così via", perché questo credo sia il ruolo che spetta alla sanità locale.
Certo, a livello nazionale dobbiamo dare una risposta, ma non ribaltiamo la palla sul Ministro. Il Ministro farà il suo e definirà le regole. Ma è nel rispetto delle regole che sta la capacità nostra, come controllori del servizio e come garanti verso i cittadini, di poter dare un servizio adeguato. Per cui veramente, Assessore, la sollecito a prevedere, non è un costo elevato sull'83,7% del bilancio della Regione, qualche decina di migliaia di euro per fare questi controlli: credo siano ben spesi.
La raccomandazione che faccio veramente con il cuore è quella di tutelare i nostri cittadini mettendo in atto dei controlli. Non basta definire le regole e identificare la DGR n. 1718 del 30 dicembre 2022, che va benissimo. La mia raccomandazione è appunto di non dare per garantito il rispetto di queste regole. Dobbiamo mettere in atto dei controlli, perché altrimenti rischiamo che abbiamo delle bellissime regole e un pessimo servizio.

PRESIDENTE

Grazie. Abbiamo terminato con le interrogazioni.
Collega Guarda, prego.

Cristina GUARDA (Europa Verde)

Grazie, Presidente.
Il mio è un intervento per richiamo al Regolamento, articolo 111, comma 4.
Vorrei sollecitare, visto che oggi si è trattata l'interrogazione n. 320 del collega Montanariello sulla questione del payback sanitario, la risposta all'interrogazione n. 291 a risposta scritta, che è scaduta nelle scorse settimane e che riguarda proprio la problematica del payback sanitario, che abbiamo deciso di presentare chiedendo ulteriori informazioni e sollecitazioni a riguardo.
Inoltre, vorrei approfittare di questi minuti per sollecitare, attraverso l'Ufficio di Presidenza, la risposta a due interrogazioni a risposta scritta che, attenzione, io presento per evitare di intasare i lavori dell'Aula e quindi ne chiedo la risposta scritta per questi motivi, ma mi ritrovo, tuttavia, a non avere risposte nei tempi. Sono due urgenti in particolar modo. La prima riguarda le reazioni e le possibilità di intervento in supporto degli allevatori e dei produttori di uova, pesci e molluschi in Veneto, che sono sottoposti oggi al Regolamento europeo rispetto alla limitazione della presenza della sostanza perfluoroalchilica al loro interno e limitazioni di commercio dei prodotti se superano queste soglie di tolleranza. Essendo gli allevatori e i produttori in questo caso abbandonati a sé stessi e senza la possibilità di avere adeguati laboratori rispetto a queste necessità di analisi, chiedo che venga data urgente attenzione a questa interrogazione proprio per dare supporto ai produttori del nostro territorio, visto che è sottoposto alla contaminazione da PFAS tra le più gravi in Europa.
La seconda interrogazione, invece, è quella che riguarda il protocollo d'intesa in materia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura: visto che è scaduto il protocollo, non ci sono notizie rispetto al suo rinnovo e proprio domani il ministro Valditara sarà presente in Regione del Veneto per affrontare il tema della legalità nell'ambito scolastico e della presenza della mafia nel nostro territorio... oggi, chiedo scusa.
Alla luce di questo è urgente che si operi con tutti gli strumenti a disposizione. Non è possibile che sia da quasi un anno sospeso questo tipo di protocollo e, quindi, anche le iniziative che potremmo mettere in pratica per alleggerire e avvantaggiare gli imprenditori agricoli nell'attività di assunzione diretta attraverso anche i nostri sistemi di assistenza e di accompagnamento lavorativo.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega, lei quindi chiede, ai sensi del comma 4 dell'articolo 111, che l'interrogazione che richiamava, la n. 291, venga iscritta all'ordine del giorno del prossimo Consiglio. Grazie.
PUNTO
6



PRESA D'ATTO DELLA DOCUMENTAZIONE FINALE DELLA COMMISSIONE SPECIALE DI INCHIESTA SULL'ANDAMENTO IN VENETO DEI CONTAGI E DEI DECESSI DA SARS-COV-2 DURANTE LA PANDEMIA, CON PARTICOLARE ATTENZIONE ALLA SECONDA "ONDATA". (PROPOSTA DI DELIBERAZIONE AMMINISTRATIVA N. 61) APPROVATA (DELIBERAZIONE N. 35/2023)

Relatrice: Consigliera Brescacin
Correlatrice: Consigliera Camani

PRESIDENTE

Passiamo al punto n. 6 dell'ordine del giorno.
Con deliberazione del Consiglio n. 528/2021 il Consiglio ha istituito una Commissione speciale d'inchiesta sull'andamento in Veneto dei contagi e dei decessi da SARSCOV-2 durante la pandemia, stabilendo, ove la Commissione presenti al Consiglio regionale, entro 15 giorni dalla conclusione dei propri lavori, la relazione finale sulle indagini svolte, incluse eventuali relazioni di minoranza.
Si tratta ora – colleghi, che sia chiaro – di esaminare l'esito dei lavori in Commissione e prenderne atto. Quindi è una presa d'atto quella che faremo, ovviamente, trattandosi di un organo collegiale. I tempi sono quelli ordinari, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento per le PDA, quindi 20 minuti per i relatori, 20 minuti per il primo di ogni Gruppo che prende la parola, e 10 minuti per gli interventi degli altri Consiglieri: il primo quindi che prende la parola per un Gruppo 20 minuti e gli altri 10 minuti.
Dobbiamo passare alle relazioni. Parte la relatrice, la collega Sonia Brescacin, che si farà anche coadiuvare da slide, come abbiamo fatto per altri Consigli speciali.
Prego, collega Brescacin.

Sonia BRESCACIN (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Lo scopo istitutivo della Commissione d'inchiesta era accertare le cause che hanno influito sull'andamento della pandemia, anche mediante l'audizione di soggetti qualificati ad apportare elementi conoscitivi sulle azioni intraprese per il contrasto del diffondersi del virus.
I lavori della Commissione, che oggi presenta il suo lavoro finale, si sono svolti in modalità pubblica, trasmettendo in streaming le sedute, in coerenza con la scelta di totale trasparenza mantenuta dall'Amministrazione regionale durante tutto il periodo della pandemia.
Prima dello scoppio della pandemia, il Veneto si era già dotato di un'organizzazione sanitaria per fronteggiare le emergenze di natura infettiva. Nel 2009 istituisce il Centro per il controllo delle malattie regionali e partecipa ai programmi nazionali di attività del Centro nazionale per il controllo delle malattie. Nel 2012 approva il Piano per la preparazione e la risposta all'emergenza di sanità pubblica, con particolare riferimento alle malattie infettive, e istituisce in ogni Azienda ULSS il Comitato aziendale per l'emergenza in sanità pubblica e il Gruppo operativo a risposta rapida.
Il 30 gennaio 2020, la Regione convoca una task force per definire le misure di prevenzione e controllo dell'epidemia Covid-19, il monitoraggio dei dispositivi di protezione individuale e delle ambulanze disponibili, senza alcuna sottovalutazione, né ritardo.
Anche il Sistema sanitario regionale nel suo complesso aveva una preesistente organizzazione, che ha permesso di affrontare la pandemia con un approccio di comunità. Il Veneto ha infatti un'infrastruttura sanitaria pubblica forte, dotata di laboratori di eccellenza, di Dipartimenti di prevenzione capillarmente diffusi, che coinvolge tutta la comunità e integra i servizi sanitari ospedalieri a livello locale. Parliamo di una capillare presenza di MMG, pediatri di libera scelta e un'assistenza domiciliare integrata sviluppata per seguire a casa anziani, disabili e persone con patologie croniche.
Lo ha confermato il professor Brusaferro, Presidente dell'Istituto superiore di sanità, dichiarando: "La Regione Veneto ha un impianto organizzativo molto ben strutturato, in particolare sui Dipartimenti di prevenzione, che nasce ovviamente prima di questa pandemia e che vede un impegno, pur importantissimo, delle figure di medici, dei dipartimenti di prevenzione, degli assistenti sanitari, dei tecnici della prevenzione che, ovviamente, nel rispondere anche a screening, campagne vaccinali nel passato, in qualche modo sono figure professionali pronte ad affrontare anche un evento nuovo".
Tutto ciò ha consentito, sin dall'inizio dell'epidemia, di potenziare un sistema già esistente attraverso interventi di sanità pubblica forti ed aggressivi, per individuare e isolare casi e contatti in modo tempestivo e ridurre al minimo i contatti non necessari, anche attraverso una gestione domiciliare dei pazienti.
Ma andiamo per ordine. Il 20 febbraio il primo caso. Il signor [...] è all'ospedale di Schiavonia. Il presidente Zaia convoca la task force regionale e con propria decisione, contro il parere dei tecnici ed assumendosene la responsabilità, decide di sottoporre a tampone tutti gli abitanti di Vo' e chiudere l'ospedale di Schiavonia. Due scelte sicuramente coraggiose e lucide, non potendo basarsi su precedenti ed in mancanza di una strategia di riferimento a livello nazionale e mondiale. Scelte di cui il Presidente si è assunto il rischio, ma che già nel breve periodo hanno dimostrato la loro efficacia.
L'effettuazione dei tamponi a Vo' permette di individuare 73 casi positivi. Tra questi 73 positivi, 30 sono gli asintomatici, individuati quindi grazie alla scelta di sottoporre a tampone l'intera popolazione di Vo'. Che la scelta sia stata fatta dal presidente Zaia e non da altri è stato confermato in sede di audizione dal dottor Mantoan, allora Direttore generale della sanità regionale, dal dottor Scibetta, Direttore dell'ULSS 6 e dal professor Crisanti, che così ha dichiarato: "Dopo il decesso del signor [...] c'è stata una riunione, a cui io non ho partecipato, in cui si è deciso di chiudere l'ospedale di Schiavonia, testare i dipendenti e i pazienti e testare tutta la popolazione di Vo'".
La seconda misura importante del 20 febbraio, quella di chiudere l'ospedale di Schiavonia, trasformandolo di fatto in Covid hospital, sarà presa ad esempio con la circolare del Ministero della Salute del 29 febbraio, che imporrà su tutto il territorio nazionale l'individuazione dei Covid hospital.
La strategia regionale si è sempre fondata fin dalle prime fasi su indicazioni tecnico-scientifiche internazionali, nazionali e regionali.
Il 2 marzo 2020 la Regione istituisce il Comitato scientifico regionale, che si riunirà 11 volte ed esprimerà 57 pareri, lavorando in tempi necessariamente contenuti (entro 24-48 ore) e fornendo sempre il parere richiesto.
Rispetto agli undici incontri le presenze sono state: Baiocchi, dieci presenze su undici; Baldo e Cattelan, undici su undici; Crisanti, cinque presenze su undici; Da Dalt sette su undici; Navalesi e Vianello undici su undici; Tacconelli otto su undici.
Rispetto ai pareri forniti sui documenti, Baiocchi ha espresso 56 pareri su 57; Baldo 57 su 57; Cattelan 49 su 57; Crisanti ha fornito 7 pareri su 57; Da Dalt 54 su 57; Navalesi e Vianello 57 su 57; Tacconelli 48 su 57.
Dai lavori della Commissione è emerso come la strategia regionale adottata fin dall'inizio e successivamente confermata nei diversi piani di sanità pubblica succedutisi, adattandosi all'andamento epidemiologico e alle conoscenze scientifiche, abbia previsto misure finalizzate a individuare e isolare tutti i possibili casi positivi, intercettare i possibili casi a rischio, focalizzare attività di screening in contesti specifici, implementare un sistema di allerta per casi asintomatici. L'adozione di un sistema informatico per la comunicazione rapida sulla diagnosi e la gestione dei casi e per il monitoraggio dei posti letto ha facilitato la gestione proattiva messa in atto durante tutto il periodo.
Il contact tracing, come previsto nei documenti del Ministero della Salute, è stato il cardine della strategia regionale per l'individuazione di tutti i possibili soggetti positivi, anche asintomatici, e l'adozione tempestiva delle misure di sanità pubblica.
L'adeguamento delle strategie di testing e il suo rafforzamento sono avvenuti con: semplificazione del contact tracing, attivazione di personale aggiuntivo esterno nei dipartimenti di prevenzione, protocolli di intesa e operativi con MMG e pediatri di libera scelta, case di riposo, punti di accesso distribuiti sul territorio h24, sette giorni su sette, sedi di continuità assistenziale potenziate, studi della medicina generale e spazi alternativi organizzati, un punto Covid h24 in ogni azienda ULS, istituzione di centrali operative di contact tracing, protocolli specifici per scuole e servizi educativi per l'infanzia. Il progetto "Scuole sentinella" avviato dalla nostra Regione è stato adottato dal Ministero come buona pratica a livello nazionale.
La Commissione si è soffermata a lungo sul tema dei posti letto di terapia intensiva e semintensiva. Abbiamo appurato che la Regione non si è mai trovata in carenza di posti letto disponibili; che nessun paziente è stato inviato fuori Regione; che è stata correttamente gestita l'attribuzione dell'appropriato setting assistenziale a ciascun paziente.
Fondamentale è risultato il coordinamento regionale per monitorare in tempo reale l'occupazione dei posti letto. Ciò ha permesso di impartire a livello regionale le disposizioni relative all'aumento progressivo dei posti letto, mantenendo sempre un margine di posti liberi.
Abbiamo accertato che l'attività sviluppata dalla Regione e dalle aziende sanitarie ha permesso, a marzo 2020, di avere 825 posti letto di terapia intensiva, comunicati al Ministero. Nei mesi estivi l'attività svolta da Regione e aziende sanitarie, a cui si aggiungono le forniture da parte del Commissario nazionale, che – ricordiamo – con decreto-legge n. 34 del maggio 2020 ha previsto che la Regione attivasse anche 343 posti di terapia semintensiva, di cui il 50% riconvertibili in terapia intensiva, ha permesso all'unità di crisi della Regione, in data 22 ottobre 2020, di approvare l'aggiornamento del Piano di emergenza per l'autunno, con l'individuazione di 1.000 posti letto di terapia intensiva, certificati anche dal Governo, il quale, a seguito delle forniture nazionali, aveva chiesto alla Regione (richiesta del 4 novembre) di aggiornare i posti letto di terapia intensiva disponibili.
Dall'analisi dei documenti è emerso come la Regione del Veneto sia intervenuta tempestivamente, attuando le norme nazionali con provvedimenti e attività che sono tutti antecedenti al DPCM del 3 novembre istitutivo delle zone gialle, arancioni e rosse, che ha previsto di utilizzare il parametro delle terapie intensive per determinare le zone: provvedimenti e attività che tenevano conto della necessità di dare attuazione alle indicazioni nazionali e delle previsioni di quei mesi sulla possibile occupazione delle terapie intensive.
Ciò ha permesso di accogliere tutti i pazienti Covid, assicurando comunque le attività di emergenza e mantenendo un margine di posti letto disponibili, cosa non avvenuta per altre Regioni, alcune delle quali – ricordiamo – hanno chiesto al Veneto di accogliere i propri pazienti.
Nel corso delle audizioni è stato chiaramente spiegato che non si è fatto riferimento ad una disponibilità teorica di personale, ma ad un piano dettagliato di accorpamento di attività per tutte le aziende, che garantiva, con l'organico presente, il personale necessario all'utilizzo di tutti i 1.000 posti letto. Tutti i posti letto di terapia intensiva erano, quindi, attivabili, contando i 926 anestesisti in organico al 1° marzo 2020, a cui si aggiungono le prestazioni acquistate normalmente e i contratti libero-professionali, entrambi previsti anche prima del Covid. Il personale in servizio ha, quindi, dato una disponibilità di 1.020 medici.
A quanto rappresentato sopra vanno aggiunti i nuovi reclutamenti. Nel 2020 sono stati assunti 107 medici, che, al netto delle cessazioni avvenute nello stesso periodo, hanno portato ad un aumento di organico di 44 unità. Sono, inoltre, stati assunti per attività Covid 32 medici a contratto e sono stati attivati 77 contratti libero-professionali di anestesia e rianimazione. Tutto questo ha garantito la copertura dei 1.000 posti letto individuati.
Abbiamo analizzato anche gli scenari di rischio: zona gialla, arancione, rossa nel contesto nazionale e regionale. All'inizio di novembre 2020, con il rapido peggioramento dell'epidemia in Italia, il Governo decise di introdurre un sistema di restrizioni differenziato per Regione al fine di evitare un nuovo lockdown nazionale come quello di marzo ed aprile 2020. A livello normativo il sistema delle tre aree (zona gialla, arancione e rossa) è stato introdotto con il DPCM del 3 novembre 2020. L'inserimento delle Regioni nelle diverse aree, con la conseguente automatica applicazione delle misure previste per quella fascia, avviene con ordinanza del Ministro della Salute e dipende esclusivamente dal coefficiente di rischio raggiunto dalla Regione. I coefficienti vengono determinati secondo criteri di oggettività attraverso la combinazione dei diversi parametri: 21 indicatori di cui al DM 30 aprile, all'esito del monitoraggio periodico effettuato congiuntamente dall'Istituto superiore di sanità, dal Ministero della Salute, dai rappresentanti delle Regioni e poi condiviso con il Comitato tecnico scientifico nazionale.
La Commissione ha appurato che la Regione ha sempre attuato tutte le misure previste per lo scenario di rischio assegnato in base al monitoraggio dell'Istituto superiore di sanità. La Regione avrebbe potuto imporre misure più restrittive, e così ha fatto: con l'ordinanza del 12 novembre il presidente Zaia ha imposto ulteriori interventi di mitigazione e restrizioni. Parliamo della cosiddetta zona gialla plus, che ha introdotto misure in alcuni casi più restrittive dell'area arancione e più dettagliate nei comportamenti da seguire al fine di ridurre gli assembramenti: ricordo la chiusura dei centri commerciali nei giorni festivi e prefestivi, il divieto di consumazione alimenti e bevande all'aperto e solo seduti dopo le 15.00, il limite di quattro persone per tavolo al ristorante, l'ingresso di una sola persona per famiglia negli esercizi commerciali, i monitoraggi locali ed altre misure limitative. Di questo Regione Veneto ha informato il livello centrale chiedendo se vi erano altre indicazioni utili.
Il tema del calcolo dell'RT e la classificazione delle zone è stato affrontato e spiegato in maniera chiara dal professor Brusaferro, Presidente dell'Istituto superiore di sanità, e dal dottor Pezzotti dell'Istituto. Abbiamo appurato che i casi positivi sono sempre stati tutti notificati al Ministero perché il processo è automatizzato. Appena l'esito dei tamponi veniva registrato da uno qualsiasi dei laboratori coinvolti, lo stesso alimentava automaticamente il flusso nazionale. Dagli interventi degli auditi è emerso che i dati del monitoraggio condotti dall'Istituto superiore di sanità relativi al periodo settembre-novembre 2020 evidenziano come gli interventi posti in essere dalla Regione e comunicati dalla stessa all'Istituto (comunicazione a mezzo mail del 28 ottobre e del 3 novembre) abbiano favorito il miglioramento della qualità della rilevazione con un repentino innalzamento della percentuale di casi con informazioni complete. Tutte queste azioni potevano determinare solo un aumento dell'indice RT.
Anche la dottoressa Riccardo dell'Istituto è intervenuta precisando: "Non abbiamo visto delle incongruenze e il fatto di guardare a tanti indicatori, vedere anche tante fonti di informazioni differenti... Noi vediamo il dato che viene dal sistema aggregato del Ministero, il dato che raccogliamo noi, i dati di ospedalizzazione che vengono dal Ministero della Salute, i dati che arrivano direttamente dalla Regione. Vedere tutta questa mole di dati insieme ci permette di dire che erano coerenti tra di loro, cioè che ci stavano raccontando la stessa storia. Quando vediamo delle incoerenze eventuali e possibili c'è questo scambio, che c'è stato per altre Regioni, ma che non ricordiamo essere avvenuto per la Regione Veneto.
L'Istituto superiore di sanità spiega chiaramente la garanzia di affidabilità che offre il loro sistema di monitoraggio, grazie al fatto di validare i dati secondo metodologie condivise e in conformità a quanto previsto dagli standard internazionali a seguito di un doppio controllo.
Il controllo dei dati trasmessi dalle Regioni viene fatto settimanalmente tra i tecnici delle Regioni, del Ministero della Salute, dell'Istituto superiore di sanità, e successivamente – ecco il doppio controllo – viene discusso e validato anche dal Comitato tecnico scientifico nazionale. Alla luce di tali evidenze, mettere in discussione la zona assegnata al Veneto significherebbe quindi mettere in discussione il sistema nazionale di validazione dei dati regionali".
Tamponi molecolari. A marzo 2020 la processazione giornaliera di tamponi molecolari era pari a 3.915 tamponi al giorno. Sin dal mese di marzo la Regione ha potenziato la capacità dei laboratori di microbiologia, raddoppiando l'attività di processazione dei tamponi, che passa da un numero di tamponi medi giornalieri nel mese di aprile pari a 9.172 ai 16.755 tamponi medi giornalieri del mese di dicembre.
Nel confronto con le altre Regioni, l'attività della Regione Veneto è sempre stata significativamente superiore. La linea nera più alta della tabella indica il numero dei tamponi in rapporto agli abitanti che ha fatto il Veneto nel corso di tutto il 2020. Il numero è sempre maggiore rispetto alle altre linee che riguardano Emilia-Romagna, Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia e Toscana. Ed infatti, nel periodo 24 febbraio 2020-gennaio 2021, il Veneto ha eseguito un numero di tamponi molecolari su 100.000 abitanti che lo collocano dietro solo a Provincia di Trento, Friuli-Venezia Giulia e Provincia di Bolzano.
Questo dimostra come la Regione Veneto abbia sviluppato al massimo le proprie capacità di effettuare test molecolari e abbia sempre garantito un numero costante e crescente durante tutto il periodo pandemico, che si è sempre attestato sui valori prossimi alla capacità complessiva totale dei laboratori di microbiologia.
Tamponi rapidi. Negli scenari più impegnativi, oltre a rafforzare l'attività di contact tracing, Regione Veneto ha introdotto, accanto ai test molecolari e non in loro sostituzione, i test antigenici rapidi, che sono stati utilizzati nel rigoroso rispetto delle indicazioni di utilizzo internazionali e nazionali.
I test rapidi si sono quindi aggiunti ai test molecolari. I laboratori lavoravano sempre a pieno regime, aumentando senza alcun dubbio la capacità di individuare i positivi. Questa attività ha garantito: individuazione di positivi che non sarebbero altrimenti stati individuati, permesso di aumentare la frequenza dei test per alcuni setting fino a un test ogni sette giorni, e per le strutture con soggetti fragili, ogni quattro giorni per gli operatori, permesso di isolare tempestivamente i positivi, senza attendere il referto di un test molecolare, che, come sappiamo, chiedeva anche cinque o sei giorni.
Vediamo adesso quali erano, nei mesi di settembre ed ottobre 2020, le indicazioni internazionali e nazionali di utilizzo dei test rapidi.
L'OMS, l'11 settembre 2020, diceva che era possibile utilizzare i test rapidi per identificare tempestivamente soggetti positivi nelle strutture sanitarie, nelle strutture residenziali per anziani, nella scuola, fra operatori sanitari.
Ministero della salute e Istituto Superiore di sanità il 12 ottobre 2020, riportavano come "i test rapidi potrebbero essere strategici per controllare possibili focolai in contesti come scuole e/o comunità chiuse (carceri, RSA)".
Ministero della Salute e Istituto Superiore di sanità il 23 ottobre 2020 indicavano che "la sensibilità e specificità dei test non sono l'unico criterio nella scelta del tipo di test da utilizzare, ma anche la ripetizione e sostenibilità del test per rilevare i soggetti positivi nel loro reale periodo di contagiosità". Indicavano inoltre come il test rapido costituisse un'alternativa al test molecolare in tutti i principali contesti, tra cui screening degli operatori sanitari e personale in contesti ad alto rischio.
"The New England Journal of Medicine" il 30 settembre 2020 mette in evidenza come l'attendibilità di un test rapido non avesse a che fare solo con la sua sensibilità, ma anche con la frequenza con cui veniva fatto alla stessa persona in fasi diverse del contagio. Nel documento che è pubblicato, la tabella ci mostra chiaramente come, nella traiettoria dell'infezione di una persona (la linea blu) il test rapido, a differenza del test molecolare, permette di rilevare l'infezione in una finestra di trasmissione più lunga (quella viola).
Mentre gli studi scientifici autorevoli sopra richiamati e già pubblicati, perché validati dalla comunità scientifica, sostenevano la validità dell'uso dei test rapidi nei piani di sanità pubblica, in Veneto, nell'ottobre del 2020, si sviluppa una nutrita polemica sui test rapidi, generati da un approfondimento diagnostico del professor Crisanti ed altri. Ricordiamo che il professor Crisanti era componente del Comitato scientifico regionale e avrebbe potuto esprimere il suo parere in occasione dell'approvazione del documento, avvenuta il 19 ottobre, per l'aggiornamento delle indicazioni di screening. Nessuna osservazione è pervenuta dal professor Crisanti in quell'occasione. Lo stesso in audizione ha affermato: "Io ho sempre detto che i tamponi rapidi svolgevano un importante contributo per quanto riguarda lo screening delle comunità". Ancora, ha riconosciuto che in Sardegna sono stati utilizzati i test rapidi e che è stato lui stesso a suggerire di farli a distanza di cinque-sette giorni l'uno dall'altro, proprio per minimizzare il problema della ridotta sensibilità. In Veneto ricordo che si è arrivati a farli ogni quattro giorni. Inoltre, ha dichiarato che il test molecolare ha delle problematiche, perché richiede una strumentazione complessa e anche del personale che abbia competenze specifiche. È stato adottato come test di conferma dei casi.
Lo studio non viene pubblicato. Solo sei mesi dopo l'annuncio, nel marzo 2021, lo studio compare in una piattaforma digitale in attesa di essere pubblicato. La pubblicazione riporta la nota: "Questo preprint riporta una nuova ricerca che non è stata certificata da peer review e non dovrebbe essere utilizzata per guidare la pratica clinica". Devono passare due anni perché lo studio trovi pubblicazione. Siamo nell'ottobre del 2022, ma lo studio è profondamente diverso dal primo di due anni antecedente: conferma che il test molecolare è gold standard, cosa ben nota a qualsiasi professionista sanitario; resta evidenziato il valore dei test rapidi per una diagnosi tempestiva, che ha la capacità di interrompere la trasmissione virale; sparisce del tutto la correlazione tra l'utilizzo di test antigenici e la presunta maggior mortalità in Veneto, con particolare riferimento alle case di riposo. D'altra parte, autorevoli professionisti, quali il professor Nino Cartabellotta, la dottoressa Viola e il dottor Zambon, hanno dichiarato che è indimostrabile il nesso tra tamponi rapidi e numero dei morti.
A proposito del rapporto...

PRESIDENTE

Chiedo alla relatrice quanto ha ancora.

Sonia BRESCACIN (Zaia Presidente)

Un minuto.

PRESIDENTE

Va bene.

Sonia BRESCACIN (Zaia Presidente)

A proposito del rapporto decessi/tamponi la tabella, che vedete, mette in evidenza un confronto tra Regioni, con dati riportati. Il Veneto ha un rapporto decessi su 100.000 abitanti inferiore ad altre Regioni del Nord e rispetto alle stesse Regioni ha un maggior numero di tamponi effettuati sempre sui 100.000 abitanti. Quindi, più tamponi, meno decessi.
Concludendo, dall'analisi dei provvedimenti posti in essere e dal confronto con i più autorevoli esperti auditi è emerso chiaramente come la Regione del Veneto abbia affrontato la pandemia, sin da quando, anche a livello mondiale, era difficile individuare una strategia di azione, utilizzando tutti gli strumenti e le conoscenze disponibili in maniera razionale, efficace e coordinata con le strutture territoriali, nazionali ed internazionali, con l'unico fondamentale obiettivo di combattere il virus e salvare quante più vite possibili.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Camani, correlatrice, prego.

Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Colleghe e colleghi, abbiamo proposto l'istituzione di questa Commissione d'inchiesta e ne abbiamo seguito i lavori con l'obiettivo di comprendere meglio e con maggior precisione cosa sia realmente accaduto nei drammatici mesi della seconda ondata, quelli da ottobre 2020 a marzo 2021, mesi in cui la nostra Regione è stata letteralmente travolta dal virus, segnando record negativi per ricoveri, contagi e decessi. Lo abbiamo fatto nella convinzione che sia nostro compito capire cosa sia avvenuto, un dovere di tutte le Istituzioni, prima di tutto, che sono state chiamate a prendere decisioni davvero complicatissime allora e che, oggi, hanno il dovere di chiedersi se quelle decisioni siano state corrette e abbiano ottenuto gli obiettivi che si erano prefissate. Lo dobbiamo fare per rispetto delle vittime e dei loro familiari, del personale medico e sanitario, che è stato in trincea per mesi per tutelare la salute dei cittadini, che hanno bisogno, oggi, di risposte e di verità.
Sappiamo perfettamente che le analisi ex post non riescono a cogliere perfettamente tutte le sfumature e il clima particolare, pure forse il sentimento collettivo dell'opinione pubblica del periodo in cui tali decisioni sono state assunte, ma è pur vero che la pandemia è stato un fenomeno talmente invasivo nelle vite individuali e nella società che oggi, che sembra essere alle nostre spalle, forse da questa esperienza possiamo imparare qualcosa, chiedendoci quali altre direzioni avrebbe potuto prendere la storia se fossero state assunte decisioni differenti.
Non siamo un tribunale, non dobbiamo emettere sentenze. Di questi profili si occuperà eventualmente la Magistratura, a cui saranno inviati tutti gli atti di questa Commissione d'inchiesta. Ma il fatto di non essere un tribunale non ci può sollevare dalla responsabilità di affrontare questa discussione con serietà e onestà.
Noi non vogliamo essere la pubblica accusa; avremmo preferito che la maggioranza non fosse la difesa d'ufficio.
Sul punto trovo sinceramente inammissibile, se non addirittura irrispettoso, il mancato riconoscimento che traspare nella relazione di maggioranza e in molte delle dichiarazioni dei soggetti auditi, evidentemente ben istruiti, che è la premessa del nostro lavoro, e cioè che il numero dei decessi per il Covid in Veneto nella seconda ondata sia stato un numero esageratamente straordinario.
Lo dico perché, se abbiamo votato, come abbiamo votato, all'unanimità l'istituzione di questa Commissione, dobbiamo almeno partire dalla condivisione della ragione per cui ci siamo impegnati per mesi a interrogarci su ciò che è accaduto: 8.282 morti in cinque mesi non possono essere liquidati come un fatto ordinario dell'episodio pandemico. Nessuna Regione in Italia, se non la Lombardia, che però ha il doppio dei nostri abitanti, in quei drammatici mesi ha registrato questo stesso numero di decessi.
Nella vostra relazione di maggioranza nascondete questi numeri attraverso uno spostamento temporale della definizione dell'ondata, li giustificate richiamando addirittura la particolare letalità della variante della seconda ondata, richiamate i comportamenti meno rispettosi dei cittadini nella seconda fase, piuttosto che nella prima, addirittura richiamate ad un'eventuale questione genetica del popolo veneto che lo avrebbe portato a morire di più, tutto per nascondere un dato di fatto oggettivo.
Così come, Presidente, riteniamo profondamente irresponsabile e irrispettoso di questo Consiglio regionale registrare, anche oggi, l'assenza del presidente Zaia rispetto a questa discussione. Non l'abbiamo mai visto durante le fasi più dure della seconda ondata, durante le fasi emergenziali più acute in quest'Aula non è mai venuto, non l'abbiamo visto durante i lavori della Commissione d'inchiesta e non lo vediamo neppure oggi, quando sarebbe chiamato a rispondere delle decisioni che ha assunto o delle quali, in ogni caso, si è preso la piena responsabilità. Trovo sia un segnale di forte debolezza politica e anche di un rapporto ambiguo che il Presidente ha con la rappresentanza, con la democrazia e con questo Consiglio regionale.
Ho letto diversi studi, anche recenti, che calcolano addirittura quanti morti avrebbero potuto essere evitati assumendo scelte diverse. Sono ricerche che fanno addirittura impressione se a quei numeri si sostituiscono facce, persone, vite. Io non ho, ovviamente, gli strumenti per affermare se quegli studi siano attendibili, siano seri, ma se io fossi il Presidente, le cui scelte sono oggetto di quegli studi, se io mi fossi dovuto assumere quelle responsabilità, avrei tutto l'interesse di essere qui e di capire se quelle scelte siano state corrette, avrei necessità di sapere se si sarebbe potuto fare qualcosa di diverso per evitare non 3.000 morti, ma anche solo uno, vorrei sapere se e dove ho sbagliato. Il fatto che il Presidente non si interessi neppure di sapere il nostro punto di vista dimostra che non c'è la responsabilità piena della gravità e dell'importanza del ruolo che si riveste.
Sappiamo che non esisteva e non esiste un manuale di istruzioni per maneggiare il virus, ma è innegabile che, dopo la prima ondata, avevamo individuato strategie, consolidato metodologie di gestione della salute pubblica che potevano esserci di grande supporto per affrontare altre fasi critiche. Sono tutte precisamente elencate, queste novità introdotte, nella relazione di maggioranza: nuove competenze, nuovi strumenti, task force, piani di sanità pubblica, sistemi informativi moderni, sistemi di bio-sorveglianza, report giornalieri, periodici. Sapevamo in tempo reale tutto. Ancora, dispositivi di protezione individuale: nella prima ondata non ne avevamo, nella seconda ne avevamo in abbondanza. Test molecolari e antigenici. Avevamo tutto quello che ci poteva servire per contenere il virus.
Abbiamo affrontato la prima ondata a mani nude, per la seconda sembravamo avere tutto. Invece, cos'è accaduto? Questa è una domanda che non si può eludere. Lo dico all'assessore Lanzarin, che invece ringrazio per essere presente in Aula. È irresponsabile non chiedersi, avendo tutte le armi pronte, cosa sia accaduto e cosa non abbia funzionato.
Il problema è che eravamo preparati, Assessore, ad affrontare la prima fase dell'onda, per contrastare la quale si tenta di fermare o rallentare la circolazione del virus mediante l'isolamento degli infetti e il tracciamento dei contatti. Ma non abbiamo voluto intervenire quando la rapidità della diffusione e la molteplicità dei contagi erano tali da vanificare l'efficacia del tracciamento e dell'isolamento. Di fronte ad una diffusione del virus incontrollata, quella che si registrava in questa Regione già da ottobre, con punte di 5.000 nuovi contagi al giorno, tutto il sistema è saltato. Qualsiasi sistema sarebbe saltato, anche quello virtuoso descritto dalla presidente Brescacin. Anche in altre zone del Paese è saltato. La differenza sta nel fatto che in altre Regioni, penso alla Lombardia e all'Emilia-Romagna, c'è stata la forza di passare alla fase nuova, mentre qui si è scelto di negare l'evidenza.
Guardate, sono i mesi in cui, con 5.000 contagi al giorno, il presidente Zaia, in televisione, ci spiegava che non è vero che c'erano tanti contagi, solo che noi facevamo tanti più test, che non è vero che c'era da preoccuparsi perché il 97% dei contagiati in Veneto erano asintomatici, che non c'era bisogno di preoccuparsi perché negli ospedali c'era posto per curare tutti. Mentre noi dicevamo queste cose, la Lombardia era in zona rossa dai primi di novembre e l'Emilia-Romagna in zona arancione la volta successiva. Quella era la fase critica. Quella era la fase in cui dover prendere decisioni scomode, probabilmente impopolari, decisioni che rischiavano di mettere in discussione l'immagine, tanto faticosamente conquistata durante la prima ondata, di Regione virtuosa nella lotta al virus, che rischiava di aprire un conflitto con le categorie economiche della Regione più produttiva del Paese, che rischiavano di scontare quell'opinione pubblica alla quale per mesi avevamo ripetuto che eravamo pronti ad affrontare qualsiasi Covid e qualsiasi pandemia.
Quella, insomma, era la fase in cui le decisioni politiche erano diventate più importanti dei rimedi forniti dalla scienza, al punto da poterne addirittura vanificare l'efficacia. E questo è avvenuto in questa Regione. Del resto, quando il virus circola troppo – questa era la situazione del Veneto ad ottobre – per bloccarne la diffusione bisogna bloccare la circolazione del vettore del virus, e cioè le persone. Ce l'ha insegnato la prima ondata, dove ci siamo risollevati grazie al lockdown deciso dal Governo nazionale, e noi quella lezione in questa Regione non l'abbiamo voluta imparare. Infatti, siamo rimasti pervicacemente in zona gialla, fino a quando è intervenuto nuovamente il Governo nazionale con provvedimenti che riguardavano tutto il Paese.
Ma, allora, mi chiedo: chi poteva intervenire? Chi doveva, a mio giudizio, in quel momento assumersi la responsabilità di una scelta impopolare? Certamente il Governo. Certamente il Governo, che, dopo la prima ondata in cui decideva tutto per sé, aveva attivato un nuovo sistema di decisione, fondato su una collaborazione con le Regioni, che dovevano inoltrare al Governo una serie di indicatori sulla base dei quali il Governo stabiliva le zone di appartenenza. Durante i lavori della Commissione e durante le audizioni abbiamo scoperto come questa fase di trasmissione, questa modalità di interpretare il nuovo protagonismo delle Regioni sia stata, a nostro giudizio, impostata su una lettura strumentale della Regione del Veneto, finalizzata esclusivamente ad evitare che il Governo decidesse per questa Regione un regime di restrizioni diverso dalla zona gialla.
Le cito per titoli, perché il tempo è quello che è. La prima questione è il famoso indice Rt, quell'indicatore che, se superava l'1,5, ti faceva spedire direttamente in zona rossa. Sappiamo perfettamente quanto quell'indicatore risenta della qualità e della completezza dei dati inviati, ma abbiamo dovuto aspettare la Commissione d'inchiesta per sapere che tra il mese di ottobre e il mese di novembre quell'indicatore non veniva trasmesso in maniera regolare al Ministero della salute, perché – fatalità – stavamo giustamente cambiando software gestionale e – fatalità – nel passaggio da un software all'altro, per un periodo che non sappiamo quant'è perché non siamo riusciti a farcelo dire, per quanti casi non lo sappiamo perché non siamo riusciti a farcelo dire, con quali effetti sul calcolo Rt non lo sappiamo perché non siamo riusciti a farcelo dire nelle numerose audizioni. Sta di fatto che nel periodo più critico, in cui quell'indicatore che misura la possibilità di diffusione del virus avrebbe dovuto essere utilizzato per spedirci in zona rossa, dal Veneto – fatalità – i dati non arrivavano in maniera corretta. E non mi dite che non è stata registrata l'anomalia, perché il target dell'anomalia è il 60% dei dati, e capirete che è una soglia target che di certo non può garantire l'affidabilità del dato.
C'è anche l'altra grande questione del numero dei posti letto di terapia intensiva, che è l'altro parametro sulla base del quale si finiva direttamente in zona rossa. Se la percentuale di occupazione dei posti letto di terapia intensiva supera il 30%, tu vai diretto in zona rossa. Ma, siccome il numero dei pazienti ricoverati in terapia intensiva non lo possiamo cambiare – in terza o quarta elementare si impara che, se non posso incidere sul numeratore, incido sul denominatore per modificare il risultato –, siccome il numero dei ricoverati era immodificabile, cambio il numero dei posti letto disponibili. Non c'è altra spiegazione che mi convinca del perché, se c'era bisogno di 870 posti letto in terapia intensiva, la Regione del Veneto dichiarava di averne 1.000, e dichiarava di averne 1.000 sapendo che centinaia di quei 1.000 non esistevano nella realtà. Erano attivabili? Non è dato sapere. Fortunatamente non abbiamo avuto la controprova. Ma, se io ne ho 850 pronti per essere utilizzati, perché devo dichiarare di averne 1.000, andando molto oltre le richieste del Governo nazionale? Perché? È una risposta che non ci avete fornito. Il tema non è stabilire che con i 1.000 posti c'è sempre stato spazio per curare tutti. Il tema è che i 1.000 posti ci servivano per non superare la soglia del 30% di occupazione, che, se avessimo calcolato sulla base dei posti effettivi, avremmo superato i primi di novembre e saremmo andati in zona rossa i primi di novembre.
Non entro nel merito della vicenda dei tamponi rapidi perché, com'è noto, non sono uno scienziato e le valutazioni scientifiche rispetto a questo tema hanno cambiato durante il periodo diverse posizioni. Mi limito a dire che, di fronte a un parere del Ministero della salute che suggerisce, che indica come gold standard l'utilizzo dei tamponi molecolari per le persone più esposte al virus, avrei preferito vedere nella Regione del Veneto quantomeno un atteggiamento più precauzionale, soprattutto nei contesti che già nella prima ondata erano stati teatri di drammi veri, penso alle RSA.
Ora, oltre all'intervento del Governo, che a mio giudizio non è stato messo nelle condizioni di fare ciò che doveva fare e ciò che abbiamo chiesto di fare anche al Presidente fino a poco tempo fa, e cioè istituire per decisione nazionale la zona rossa in questo territorio, e non l'ha fatto perché non è stato messo nelle condizioni di farlo, c'era un altro soggetto che aveva il potere e l'autorità di imporre ulteriori restrizioni, ed è il Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, il Presidente della Regione del Veneto. è stata proprio la Regione del Veneto, attraverso una serie di ordinanze, richiamando il criterio di specialità, che ha preteso che il Governo riconoscesse il livello regionale come area principale per far fronte alla pandemia.
è il passaggio fondamentale tra la prima e la seconda ondata: nella prima il Governo fa tutto da sé, c'è una fase in cui le Regioni chiedono di poter essere più libere e più autonome nell'organizzazione della risposta sanitaria sui loro territori e da aprile 2020 il Governo offre alle Regioni questa possibilità, riconoscendo la potestà legislativa, attraverso le ordinanze dei Governatori, di imporre il regime di restrizione più coerente con quel singolo territorio. E c'è un cambio di atteggiamento anche del presidente Zaia quando avviene questo passaggio di funzioni, che inizia ad aprile: siamo i primi a riaprire tutte le attività, siamo quelli che concedono un maggior numero di deroghe alle restrizioni attraverso le prefetture, siamo i primi che riaprono le attività sportive e turistiche, siamo i primi che si dicono pronti alle riaperture.
Abbiamo assistito a una serie infinita di ordinanze, quasi quotidiane, a un attivismo, a un protagonismo del Presidente nel definire come ci dovevamo comportare, ordinanze caratterizzate da un alto livello di permissivismo per attività economiche, commerciali e sociali, e invece da un livello di precauzione più alta solo nel mondo della scuola. Per il resto abbiamo aperto tutto e rimarrà tutto aperto fino ai primi di dicembre, quando il Governo interverrà a livello nazionale imponendo restrizioni pesanti, che noi abbiamo fatto finta di anticipare di due giorni con un'ordinanza del Presidente. Pur di non parlare di zona rossa o zona arancione, in questa Regione ci siamo inventati persino la zona "gialla plus". Ci siamo inventati la zona "gialla plus"!
Ma davvero pensavamo di contenere il contagio di 5.000 casi al giorno raccomandando di non recarsi in abitazioni non proprie e indicando il numero massimo di clienti ammessi in ogni esercizio commerciale? Ordinanza del Presidente della Giunta regionale n. 67 del 10 dicembre 2020. Sono già 7.000 i morti in Veneto e noi facciamo la zona "gialla plus", raccomandando alle persone di non andare a mangiare la pizza a casa di amici – ma siamo seri? – oppure imponendo di non essere più di quattro avventori per tavolo, anche se conviventi? Ordinanza del Presidente della Giunta del 17 dicembre 2020. Noi davvero abbiamo pensato che potessero essere queste le misure con cui noi riduciamo il livello di contagio, con 500 persone ricoverate in terapia intensiva, 4.000-5.000 nuovi contagi al giorno, già decine di migliaia di morti sulle spalle?
Anche sotto questo profilo c'è una differenza sostanziale – e vado a concludere, Presidente – nell'atteggiamento del presidente Zaia tra la prima e la seconda ondata. Al Presidente abbiamo riconosciuto durante la prima ondata di aver avuto il coraggio di compiere scelte impopolari, quando c'era chi andava a fare gli aperitivi e a dire che si poteva stare aperti. Abbiamo sostenuto quella decisione. Ma questo cambiamento avviene nel momento in cui evidentemente la pressione dell'opinione pubblica, la necessità di far ripartire il mondo produttivo locale, quando, insomma, il bilanciamento tra l'interesse economico e la tutela della salute delle persone cambia in questa Regione. Cambia!
Allora lo diciamo oggi, ex post, cosa si poteva fare, con nella mente preciso il ricordo del dramma che abbiamo vissuto in quei mesi. Lo diciamo oggi, ex post, ma per la verità lo dicevamo anche allora, nella seduta di dicembre, quando il Presidente si è presentato in collegamento video per mezz'ora dal punto stampa di Marghera. E non lo dicevamo solo noi allora, lo dicevano gli scienziati, gli operatori sanitari, il mondo sanitario. Lo dicevano tutti. Ma nulla è stato fatto, o meglio, abbiamo fatto tutto, tranne ciò che serviva nel momento più cruciale della diffusione del virus. Non abbiamo avuto la forza e il coraggio di assumere la decisione più difficile, ma anche l'unica in grado di bloccare fisicamente un virus, che era già diventato ormai incontrollabile: distanziamento e barriere fisiche. Non avevamo alternativa.
Chiudo davvero, Presidente. Credo che oggi abbiamo di fronte un atteggiamento grave leggendo la relazione di maggioranza, una rinuncia aprioristica a voler riconoscere il dramma vissuto da decine di migliaia di cittadini di questa Regione, il rifiuto di voler capire se davvero qualcosa di diverso avremmo potuto fare. D'altronde, c'è un errore peggiore di quello che si può fare quando si è chiamati a dover scegliere in uno scenario di forte stress, e l'errore peggiore è giustificare a priori le autorità politiche che hanno oggettivamente sbagliato. Questo significa mettere da parte, ancora una volta, la salute pubblica, gli interessi dei cittadini, il bisogno di verità, e mettere al primo posto gli interessi di un'unica parte. Significa non solo non essere riusciti a dare risposte, a dare conforto, a non aver capito o aver voluto capire l'errore fatto, significa anche che tutto ciò che abbiamo sopportato è stato sopportato inutilmente.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Collega Bigon, prego.

Anna Maria BIGON (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Parto dalla fine. Riporto una dichiarazione del professor Enrico Rettore, che in data 10 marzo dichiara che, a seguito di un'analisi fatta delle nostre relazioni e degli allegati, se avessimo applicato la zona rossa in Veneto si sarebbero potuti evitare almeno 3.200 decessi.
Intanto ringraziamo tutto il personale socio-sanitario per il lavoro svolto. Credo che questo sia doveroso.
La teoria del Veneto che tiene e che è stata la migliore Regione credo che non possa reggere ancora e che nasconda molti, molti punti deboli. Nessuno può negare che la pandemia ha stressato, in primis, il servizio e il sistema sanitario pubblico. Sappiamo perfettamente che già prima della pandemia, al 31 dicembre 2019, i dati sulla carenza del personale erano noti ed evidenti: mancavano circa 1.300 ospedalieri (adesso ne mancano pochi meno), mancavano molti medici di medicina generale, mancavano molti infermieri. Era già un sistema fragile. Eppure, il Covid se l'è preso in carico quasi completamente il sistema pubblico, rendendolo ancora più fragile. Ma questo serviva come dato per aiutare la maggioranza a capire che certe scelte erano doverose proprio per un sistema sanitario che non avrebbe potuto reggere.
Assume la Presidenza
Il Vicepresidente Nicola Ignazio FINCO

Anna Maria BIGON (Partito Democratico Veneto)

Nel gennaio 2020 in Italia si registravano i primi casi di infezione da Covid e il 21 febbraio il Coronavirus ha fatto la sua entrata ufficiale in Veneto, con il primo decesso a Vo' Euganeo, in Provincia di Padova, e i primi ricoverati nell'ospedale di Schiavonia. è indubbio che il Veneto nella prima fase si è riuscito a difendersi meglio rispetto ad altri territori. L'abbiamo sempre detto e riconosciuto. Ciò è dovuto soprattutto grazie al lavoro dei medici di medicina generale, agli ospedalieri, ma anche al Ministero della salute, d'intesa con la Regione Veneto, che è intervenuto tempestivamente con l'isolamento delle zone e la chiusura dell'ospedale di Schiavonia.
Importante e fondamentale è stata la decisione del Governo di applicare sanzioni severe su spostamenti e contatti personali. Si era sin da subito colto il fatto che l'interruzione del contatto tra le persone avrebbe impedito o, quantomeno, ridotto il contagio. Inizialmente le restrizioni volute e decise dal Governo erano relative alle Province di Padova, Treviso e Venezia. Ricordiamo che il presidente Zaia in quell'occasione chiedeva addirittura lo stralcio della zona rossa sui territori del Veneto. Al contrario, con il DPCM del 9 marzo 2020 il Governo estendeva dette misure a tutto il territorio nazionale.
Siccome la Commissione Covid si è interessata soprattutto della seconda ondata, entriamo nella seconda ondata. Malgrado rispetto alla prima fase di pandemia fossero aumentate le conoscenze e le analisi, malgrado l'aumento del numero del personale e dei presìdi, fin dall'inizio del mese di settembre il numero di contagi in Italia e in Veneto appare preoccupante. La situazione era talmente preoccupante che alcune Regioni venivano dichiarate zone rosse, così come la Lombardia a far data dal 6 novembre 2020, oppure la vicina Emilia-Romagna con la zona arancio. Questo aveva inciso efficacemente sui numeri dei contagi. La Regione Veneto adottava invero misure di contenimento più blande, la zona gialla e poi la zona gialla plus.
Per un aspetto tecnico, comunque, vorrei premettere una cosa, perché è giusto anche essere chiari sulle varie decisioni e anche le misure normative intercorse. In relazione all'individuazione della zona da individuare in base ai colori, e quindi alle relative prescrizioni, occorre premettere che il DPCM del 3 novembre 2020 suddivideva l'Italia in tre zone sulla base dell'entità del contagio: gialla, arancione e rossa.
Per stabilire in quale area doveva andare ogni regione si teneva conto non solo dell'indice Rt, ma di ben ventuno indicatori individuati dai tecnici del Ministero della Salute. Si trattava di tre scenari differenziati sulla base delle diverse aree regionali e della situazione epidemiologica in ognuna di esse.
Dall'incrocio dei dati veniva stabilita la zona di appartenenza delle diverse regioni, fatto dal Governo. Gli indicatori erano stati divisi in tre gruppi: la capacità di monitoraggio, la capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione, la trasmissibilità dei contagi e la tenuta del sistema sanitario.
Il Veneto, la cui situazione era in continuo peggioramento – siamo nell'autunno del 2020 – arrivava ad avere addirittura 5.000 casi nuovi al giorno, contando oltre il 20% di tutti i casi rilevati in Italia. Nonostante ciò rimaneva in zona gialla. L'assegnazione a una regione di una classificazione rispetto a un'altra si basava essenzialmente sull'analisi – come abbiamo detto – di due elementi dei ventuno totali: principale era il livello di rischio dell'impatto che il contagio poteva avere sul sistema sanitario.
Per quanto riguarda il calcolo dell'Rt, l'affidabilità del calcolo dell'Rt risente della qualità e della completezza dei dati forniti. Dalle audizioni assunte in Commissione sappiamo che proprio in quel periodo la Regione Veneto ha registrato grossi problemi nella raccolta dei dati a causa di un problema legato all'inserimento tempestivo nel sistema informatico dei nuovi casi e del loro stato clinico.
Sappiamo, inoltre, che la Regione Veneto, da dati dell'Istituto Superiore di Sanità, era una delle peggiori per la qualità del monitoraggio. Sappiamo anche che nel monitoraggio di metà novembre e dicembre la Regione Veneto, pur presentando un alto rischio, ha evitato la zona arancio proprio per un indice Rt inferiore alla soglia.
Nel medesimo periodo, però, proprio per l'alto numero dei contagi quotidiani, l'attività di contact tracing era praticamente saltata in Veneto. A dimostrazione che la situazione in Veneto era peggiorata c'erano anche degli altri indicatori, quello dei decessi e delle ospedalizzazioni. Risultava sicuramente difficile attivare reparti interi a terapia intensiva. Il Veneto, comunque, si adeguava alla previsione richiesta dal Ministero che, partendo dai numeri già attivi, aumentava di 331 posti letto i 494 esistenti già attivi, arrivando al numero di 825. Poi arriva a 840 e dopo, improvvisamente, a 1.016.
La Regione Veneto ha, quindi, scelto di andare ben oltre alla richiesta avanzata dal Ministero che, tenuto conto dei calcoli fatti con il DPCM, il Veneto avrebbe dovuto attivare 705 posti di terapia intensiva. Certo è che se avessero utilizzato, appunto, il riferimento di posti letto di terapia intensiva realmente esistenti e operanti, 700 esistenti e attivi in Veneto, la Regione Veneto avrebbe superato la soglia del 30% di occupazione, con l'immediata applicazione della zona rossa o arancione, probabilmente, già alla metà di novembre.
Sulle terapie intensive, però, visto che è un argomento che abbiamo trattato parecchio, vorremmo fare un approfondimento anche nei numeri, perché è fondamentale questo dato, ai fini proprio dell'individuazione delle zone e, quindi, della misura da adottare e all'impatto che questa aveva sul sistema sanitario veneto già debole, ripeto, all'inizio.
Con la circolare del 1° marzo 2020, il Ministero della Salute chiede un incremento del 50% di posti letto in terapia intensiva e del 100% dei posti letto in pneumologia e malattie infettive.
Ai 494 posti di terapia intensiva attivi in Veneto, ne vengono attivati altri 331, arrivando a un totale di 825 posti letto, 84 in più del richiesto. Oltre a questi, vengono attivati, con lo stesso Piano del 15 marzo 2020, n. 298 posti di terapia semintensiva, passando da 85 a 383 e n. 1.612 per malattie infettive, passando da 165 a 1.777. Con successiva delibera, la n. 552, del 5 maggio 2020, la Regione riorganizza i posti letto di terapia intensiva, dichiarando di averne 840, più di 825 già dichiarato di avere attivi.
Tenuto conto di tutti questi provvedimenti emanati dal Governo, la Regione avrebbe dovuto mettere a disposizione n. 877 posti letto, di cui 705 in terapia intensiva e 172 in terapia semintensiva, per cui 705 era sufficiente per il Ministero per il Veneto, in terapia intensiva. La Regione Veneto, con DGR n. 782 del 16 giugno 2020, applica quanto previsto e richiesto, individuando i presìdi ospedalieri dove collocarli e i posti letto previsti.
Con delibera del 6 agosto 2020, la n. 1.103, inspiegabilmente, comunque senza per noi alcun motivo, al momento, c'era una disponibilità di 1.016 posti letto di terapia intensiva, ridefinendoli poi in 1.000 posti letto a partire dal 22 ottobre.
Questo numero sarà fondamentale per l'individuazione delle misure da adottare e quindi con l'indicatore del colore. Il dottor Rosi, Direttore del SUEM 118 e Dipartimento emergenza, dichiara che nella massima occupazione erano arrivati a un totale di 663 posti di terapia intensiva occupati e che il totale di posti letto attivati era 700. Ciò significa che 300 posti erano attivabili. Ma come, con quale personale? Noi avevamo già problemi per quelli attivati.
Durante la Commissione abbiamo fatto delle audizioni e raccolto delle dichiarazioni. L'ANAAO dichiara, perché bisogna anche formarli i medici: "In gran parte dei casi la formazione è stata non carente, di più. Ho il dato di estrazione, come superenalotto, dei nomi del personale infermieristico da destinare ai reparti normali e ai reparti Covid, in palese violazione della criticità individuale che può esserci".
Il dottor Paolo Righetti della CGIL, in questo caso, la prima dichiarazione era della ANAAO, dice: "Mi sento di dire che la formazione del personale che in quella situazione di emergenza veniva spostato nella terapia subintensiva e intensiva non era una formazione adeguata". Il sistema era saltato.
La Vicepresidente in questo caso della UNEBA dichiara, parliamo di terapia intensiva e di posti letto in ospedale: "C'è un dato. Come strutture, ci siamo trovati in difficoltà a creare un corpo unico in alcuni territori con chi ha competenza sanitaria, che poi sono le aziende USL. È vero anche che, nel momento in cui nella fase acuta noi tentavamo di portare, molti di noi, al pronto soccorso i nostri ospiti, sapete meglio di me che i "pronto soccorso" e gli ospedali hanno scelto a un certo punto chi curare e chi no. Di fatto è stata fatta una scelta. Non più tardi della settimana scorsa – prosegue la Vicepresidente UNEBA – in alcune strutture della nostra USL, per esempio, la guardia medica si è rifiutata di uscire". Quando sentono "Case di riposo", se qualcuno sta male, si dice "Sicuramente ha il Covid" e non escono neanche. C'è un po' di psicosi. Ci si riguarda un po' tutti da questa vicenda.
Assume la Presidenza
La Vicepresidente Francesca ZOTTIS

PRESIDENTE

Non c'è il dibattito, scusate.
Vada avanti, grazie.

Anna Maria BIGON (Partito Democratico Veneto)

Per quanto riguarda i test rapidi, sui test rapidi utilizzati in grande quantità – altro elemento importante, che noi riteniamo importante – dalla Regione Veneto, occorre precisare che già ad ottobre il Ministero della Salute stabiliva chiaramente l'ordine delle priorità nell'impiego dei test.
Questo numero sarà fondamentale per l'individuazione delle misure da adottare e quindi con l'indicatore del colore. Per gli operatori sanitari, quindi parliamo sempre dei test, e per le persone impiegate in contesti ad alto rischio il gold standard era ed è il test molecolare. Il rapido poteva essere impiegato solo in via residuale in questi contesti, in particolare per verificare la positività dei soggetti sintomatici.
Malgrado ciò, la Regione Veneto adotta una decisione diversa: test rapidi anche di prima e seconda generazione per tutti e quelli di prima e seconda sapevamo che comunque erano meno attendibili.
ANAAO dichiara in audizione: "A fine ottobre 2020, nel corso della seconda ondata, fu approvato dalla Giunta regionale del Veneto un nuovo Piano che andava ad aggiornare e a rimodulare le modalità di screening previste nei precedenti Piani. In particolare, veniva sostituito il test molecolare con il test antigenico rapido di prima e seconda generazione, anche per gli operatori sanitari. Questo tipo di test fu, quindi, elevato a un nuovo test di riferimento diagnostico ed imposto alle Aziende sanitarie le quali, in qualità di datori di lavoro, sottoposero in via prioritaria il test antigenico rapido al personale sanitario".
Per quanto riguarda la zona rossa, inizialmente, nella prima fase della pandemia, il ruolo principale nell'adozione delle misure di contenimento e di gestione, è svolto quasi esclusivamente dall'Autorità nazionale, come dicevo prima.
La Regione interviene attivando l'unità di crisi regionale e coordinamento del sistema regionale di Protezione civile. Poi, nella seconda metà di marzo, comunque, interviene anche la Regione Veneto. Nel frattempo, però, anche il Governo procede con una ulteriore limitazione. Siamo nella prima ondata. Ricordiamo la chiusura dei locali pubblici del 22 marzo, anche delle attività produttive non essenziali. La misura del lockdown viene mantenuta fino al 18 maggio 2020.
Durante quest'ultimo periodo, però, la Regione Veneto sembra quasi manifestare la volontà e la preoccupazione per l'andamento economico, dove la Regione, in data 27 aprile 2020, emette un'ordinanza esplicando chiaramente che gli unici presìdi necessari al contenimento del virus sono le mascherine e il distanziamento.
In questo ulteriore contesto, si definisce anche il potere ordinatorio delle Regioni, dove sull'andamento epidemiologico, accertato sul territorio, le Regioni, informato il Ministero della Salute, possono introdurre nuove deroghe rispetto alle nazionali.
Si estende la riapertura e la ripresa di molte attività turistiche, soprattutto ed anche i servizi all'infanzia. Ricordate, i cinema, i trasporti. Il periodo è maggio del 2020.
In autunno la situazione dei contagi riprende con forza. Il Governo, preoccupato, aumenta gli interventi restrittivi. Vengono vietate sagre, convegni e assembramenti. Vengono chiamate le Regioni a intervenire per specificare e adottare misure idonee al contesto territoriale.
La Regione Veneto interviene nel comparto economico e produttivo, autorizzando le attività economiche e sociali, senza applicare misure maggiormente restrittive rispetto a quelle nazionali. L'unica evidente restrizione maggiore è quella relativa alle scuole.
A differenza di quanto detto dalla maggioranza durante la Commissione Covid e, quindi, che le misure restrittive non avrebbero fatto la differenza, riteniamo che, se così fosse, allora le sofferenze patite nel lockdown certo non sarebbero valse a nulla. Invero, le posizioni di misure severe e di limitazione dei movimenti nei luoghi, meccanicamente, ha portato a una riduzione dei contatti e quindi dei contagi. Stando a quanto risulta dai documenti dell'Istituto Superiore di Sanità, nel corso della prima ondata, il tempo intercorrente tra il contagio e l'eventuale decesso è stato di circa tre settimane.
Si è osservato che a marzo 2020, a seguito del lockdown iniziato l'8 marzo in Lombardia e in altre quattordici Province ed esteso al resto il giorno 11 marzo, c'è stato un repentino crollo del numero dei decessi a partire dalla quarta settimana. Analogo andamento in Lombardia con l'applicazione della zona rossa a partire dal 6 novembre, dove gli effetti si vedono dal crollo dei contagi a partire dal 13 dicembre, dove si riducono del 43%.
Nel Veneto, invero, a partire dal 6 novembre viene introdotta la zona gialla fino alla vigilia di Natale, quando viene introdotta la zona rossa nell'intero Paese. I decessi continuano ad aumentare fino a gennaio e la riduzione drastica si vede solo alla fine del mese di gennaio, dopo le quattro settimane. Ci chiediamo come mai tanto ci stupivamo se chiedevamo la zona rossa.
Durante un'audizione Domenico Scibetta, Direttore dell'ULSS 6, dichiara: "Qual è la differenza tra la prima e la seconda ondata? Ricordo alcune testate giornalistiche. Il 9 novembre a tutta pagina riportavano la foto delle piazze, dei centri di aggregazione, dei luoghi, del lungo fiume e dei lunghi canali dove sembrava che il virus non esistesse più. Era come se negli ospedali non stesse succedendo nulla. Questa è stata la differenza fondamentale".
A ottobre i positivi su tutti i tamponi erano il 2%, esattamente un mese dopo, rilevazione del 4 novembre. La percentuale di positivi sui tamponi fatti era pari al 19,2%.
Assume la Presidenza
Il Vicepresidente Nicola Ignazio FINCO

PRESIDENTE

Collega, la informo che è scaduto il tempo. Le do un altro minuto.

Anna Maria BIGON (Partito Democratico Veneto)

Va bene, ho finito.
Ribadisco quello che è stato detto all'inizio, riprendendo un'analisi fatta dal professore universitario Enrico Rettore: se avessimo applicato la zona rossa, probabilmente non ci sarebbero stati tutti quei decessi. Grazie.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Adesso sospendiamo la seduta. Ripresa alle ore 14.30.
Vi informo che presso la sala stampa c'è la presentazione del libro "Il punto più alto" di Gianfranco Bacchi.
La ripresa è alle ore 14.30.
La Seduta è sospesa alle ore 12.53
La Seduta riprende alle ore 14.48
Assume la Presidenza
Il Presidente Roberto CIAMBETTI

PRESIDENTE

Colleghi, se ci accomodiamo, riprendiamo la seduta.
Non vedo richieste di intervento.
C'è qualcuno dei colleghi che intende intervenire? Se non ci sono interventi, chiudo la discussione generale.
Sulla fiducia, collega Zottis, prego.

Francesca ZOTTIS (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Stamattina abbiamo parlato lungamente di quello che in qualche modo è un nostro punto di vista della situazione pandemica e anche in parte post-pandemica e abbiamo cercato di ribadire un concetto. Non ci interessa – lo diceva bene anche la collega Camani – fare un tribunale, però ci sarebbe interessato in modo più puntuale cercare di dare una prospettiva, cercare di dare una risposta anche da un punto di vista politico a chi in qualche modo delle risposte sta cercando di averle in un sistema socio-sanitario anche della nostra Regione che deve prendere atto completamente di quello che è successo nei tre anni precedenti e di quelle che sono anche le lacerazioni che ci sono state nei tre anni precedenti, delle conseguenze che ci sono tuttora, purtroppo, per quella che è stata una situazione di chiusura di molte strutture.
Cicerone diceva che la memoria è tesoro e custode di tutte le cose. E allora, riuscire a fare memoria dei tre anni non significa condannare una persona piuttosto che un'altra. Significa, però, in qualche modo, dare peso alla sofferenza di chi ha perso la vita, di chi comunque terrà in ricordo questi anni come anni di isolamento completo, di chi i propri cari, per troppo tempo, non è riuscito a vederli, di chi i propri cari, purtroppo, non è riuscito ad accompagnarli alla morte.
Ricordiamo che era fine febbraio del 2020 quando all'inizio alcuni centri servizi per anziani hanno scelto di chiudere le strutture, di chiuderle completamente a causa dei contagi; strutture che poi la Regione ha deciso di chiudere con una disposizione regionale il 9 marzo del 2020. Le strutture semiresidenziali erano già chiuse dal 6 marzo. Una decisione dolorosa che in quel momento è stata presa a tutti i livelli. Una situazione, una decisione dolorosa, che, però, in qualche modo, ha lasciato degli strascichi non solo per la chiusura, ma perché quelle strutture, ad un certo punto, si sono sentite abbandonate, abbandonate da tutta la politica, abbandonate da un senso di non orientamento e di non punti di riferimento. All'inizio, per una questione di mancanza di dispositivi, poi risolta, successivamente per una mancanza anche di riferimenti, probabilmente, umani e non soltanto tecnici.
Leggo quello che ha scritto URIPA, parole che in questi giorni, almeno a me, riecheggiano più forti di prima: "Una strage annunciata per gli anziani ospiti nei centri servizi per anziani". Ribadisco, noi abbiamo deciso, mi pare, sicuramente più di dieci anni fa, nel precedente Piano socio-sanitario, di chiamare queste strutture "centri servizi per anziani", nell'intento che fossero strutture aperte, strutture aperte al territorio, strutture aperte all'accoglienza, strutture di progetti di vita per i cari che venivano comunque, in qualche modo, lasciati dalle famiglie in cura alla struttura, non certo abbandonati all'interno delle strutture.
Leggo un altro aspetto: un numero di contagi nei centri servizi che seguiva parallelamente la curva di ascesa nei territori (seconda ondata Covid) e che ha generato un effetto a catena non solo nella comunità degli ospiti, ma quanto peggio nella comunità della forza lavoro che veniva decimata in un momento nel quale vi era, invece, la necessità di avere ancora più risorse per meglio seguire i bisogni degli ospiti, garantire loro le cure e attuare le procedure di prevenzione previste.
In quei giorni nessuno di noi può dimenticare che in molte strutture vi erano situazioni a dir poco drammatiche con organici dimezzati come, ad esempio, due OSS per trenta ospiti, anziché sette in turno, piuttosto che un infermiere per sessanta o novanta ospiti.
Quello che dico non lo dico in tono accusatorio, ma lo dico in tono di preoccupazione. Lo dico in tono di preoccupazione perché, purtroppo, anche oggi la situazione di carenza di personale persiste, perché anche oggi, purtroppo, non abbiamo ancora ben chiaro come gestire eventualmente gli isolamenti. Non parlo di pandemie, ma parlo di epidemie. Questo è un problema sia nell'affrontare quelle che sono le visite, che dovrebbero essere visite non più su prenotazione, ma visite aperte, visite continuative da parte dei familiari. Lo è per un problema di diffusione eventuale dell'epidemia. Lo è per una gestione del personale stesso.
È per questo che chiediamo, di nuovo, di essere più puntuali sulla definizione di un protocollo uniforme di tutte le strutture per riuscire a dare la risposta a chi è ricoverato all'interno della struttura, per riuscire a dare risposte omogenee per chi è fuori e vorrebbe entrare dentro la struttura, per fare in modo che queste strutture siano e trovino supporto nei familiari, che non sono un elemento di ostacolo, ma possono essere, se accompagnati in un processo anche riorganizzativo, un elemento di sostegno sia emotivo sia anche alle volte operativo, anche semplicemente per dar da mangiare al proprio caro o dargli da bere.
Questo che ho detto, tra l'altro, era sottolineato dalla vicepresidente Elio dell'UNEBA, che dice: "è fondamentale un investimento di natura strutturale per permettere un reale isolamento dei soggetti colpiti da malattie infettive".
L'altro aspetto è sicuramente quello del supporto ai familiari e agli ospiti, e quindi una revisione. Quando noi parliamo di riforma delle IPAB è corretto, ma ricordo che ormai, insomma, è da troppo tempo che la aspettiamo. Su questo do anche ragione all'assessore Lanzarin: non è sufficiente. Non è sufficiente per rispondere a quello di cui stiamo parlando, non è sufficiente per rispondere a dei modelli organizzativi che siano di territorio e quindi che facciano anche servizi al territorio e con il territorio e che intersechino la residenzialità con la domiciliarità. Non è sufficiente per rispondere al problema delle contenzioni. Non è sufficiente per rispondere allo stress correlato di queste situazioni.
Queste sono le risposte che dopo tre anni di isolamento di queste strutture vanno date insieme. Non è un'accusa. Insieme. Ci vuole una revisione degli standard insieme a tutti i soggetti che la chiedono, perché sono coinvolti gli operatori, quindi i lavoratori, sono coinvolti i medici, ruolo fondamentale sul quale ci sono ancora troppi punti di domanda, sono coinvolte le ULSS, sono coinvolti gli Enti locali. Non credo che si debba aspettare ancora di vedere situazioni disastrose come quelle a cui assistiamo in questi giorni per mettere in atto quel tavolo che da tanto tempo ci diciamo anche dentro quest'Aula, per riuscire a metterlo in moto e dare delle risposte che da troppi anni aspettano, anche pre-pandemiche.
L'ultimo aspetto è sicuramente quello economico-finanziario. Le strutture si sono lamentate facendo notare i costi per quanto riguarda le mascherine, per quanto riguarda le attività dei costi legati all'energia, e non rileggo quello che è emerso dentro alla Commissione, lo potete leggere nella relazione.
È altrettanto evidente, però, che noi qui continuiamo ad approvare mozioni, ma non riusciamo a dare ancora una risposta per il non aumento delle rette. Non lo chiedo solo alla Regione, so bene che non è sufficiente la Regione, però è altrettanto evidente che, l'ho detto due mesi fa, non possiamo aspettare, a babbo morto, di veder chiuse tutte le IPAB e man mano anche i centri servizi per anziani, perché l'illusione della domiciliarità è un'illusione non solo perché comunque ci sono dei casi estremamente gravi, ma anche per quello che è un cambiamento demografico, un inverno demografico a cui non riusciremo a mettere comunque freno almeno nel brevissimo termine. Questo si ripercuoterà almeno per la generazione nostra.
Tutte queste cose noi le abbiamo segnalate all'interno, con una modalità propositiva, non con una modalità oppositiva, ma vorremmo prima o poi trovare un momento in cui ci confrontiamo punto per punto e vediamo gli atti punto per punto. Ripeto, non per noi, ma per chi sta gestendo quelle strutture con fatica, con impegno e con grandissima umanità, per quegli ospiti che ci sono e purtroppo non ci sono più e per quei familiari che vorrebbero tenergli la mano h24 e che ancora, purtroppo, non possono farlo.
Lo dico perché credo che comunque su questo ci sia una responsabilità politica, non solo giuridica. Lasciamo le responsabilità giuridiche a chi è competente, ma la responsabilità politica, la responsabilità della comunità c'è e dobbiamo sentirla tutta, tutti, sulle nostre spalle.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Baldin, prego.

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Grazie, Presidente.
Anch'io intervengo in questa discussione in cui ho sentito visioni diametralmente opposte: una relazione, una controrelazione, anzi una relazione di maggioranza e una di minoranza, ed è la prima volta che capita in questo Consiglio regionale.
È evidente che c'è un'assenza totale di punti di convergenza su questa vicenda, motivo per cui, come opposizioni, abbiamo ritenuto utile cercare di mettere nero su bianco dei punti ancora non chiariti di tutta la vicenda legata alla seconda ondata del Covid. Questo perché è un dato che il Veneto ha avuto una mortalità altissima nella seconda ondata, molto più alta delle altre regioni. Ci sono anche delle inchieste che stanno andando avanti, una su tutte quella sui tamponi rapidi, a motivo del fatto che c'è ancora qualcosa da chiarire, evidentemente. Lo farà la magistratura e vedremo cosa deciderà.
Sui tamponi rapidi la maggioranza ci dice che la Regione ha fatto quello che poteva, perché in quel periodo storico non c'erano abbastanza reagenti, non c'era la strumentazione a sufficienza e, quindi, si è optato per la via più semplice, più veloce. Però, bisogna farsi una domanda e chiedersi: quella che era l'indicazione generale a cui anche la presidente Brescacin ha fatto cenno, ovvero del golden standard dei tamponi molecolari all'interno degli ospedali e nelle RSA per quanto riguarda il personale sanitario è stata la procedura utilizzata per la maggior parte o si poteva fare qualcosa di più in questo caso? Patti chiari. È vero che c'erano pochi reagenti, però prioritariamente quei molecolari andavano fatti nei confronti dei sanitari, e su questo non vi è ombra di dubbio.
La Regione si è comunque assunta la responsabilità di non fare questi molecolari prioritariamente ai sanitari. Cosa doveva fare la Regione? Lo abbiamo detto chiaramente nella relazione, ovvero istituire, nel momento in cui lo avevano fatto anche altre Regioni, nel periodo più brutto della seconda ondata, la zona rossa, che era effettivamente il modo più drastico per limitare il propagarsi del contagio, cosa che la Regione Veneto ha deciso di non fare, accollandosi, quindi, il rischio di quello che poi si è verificato.
Abbiamo letto sui giornali importanti studi, ricerche, analisi. Una su tutte, l'hanno citata le colleghe prima di me, è quella del professor Enrico Rettore, professore di econometria dell'Università di Padova, che parla di "3.200 morti evitabili. Il dazio del Veneto rimasto in zona gialla nella seconda ondata". È un articolo recente, dello scorso 14 marzo.
Questa, come altre. Infatti, vorrei citare anche altre fonti, perché mi sembra giusto dare rilevanza a tutte. "Il Sole 24Ore" il 16 gennaio 2021 cita: "Con 117 vittime ogni 100.000 abitanti, dal 1° settembre 2020 al 15 gennaio 2021, il Veneto è primo tra le grandi Regioni italiane nell'indice di mortalità [...]. Sicuramente il fatto di essere stato a lungo in zona gialla, una fascia che, come hanno riscontrato gli esperti, non è garanzia di contenimento della circolazione virale, non è stato d'aiuto, assieme ad un certo rilassamento nei comportamenti della popolazione, più volte denunciato dallo stesso governatore Zaia".
Sullo stesso tema interviene anche il dottor Enzo Migliorini, demografo, il 19 gennaio 2021, con un altro contributo: "Da novembre al 30 dicembre i morti eccedenti nel Veneto, rispetto alla media nazionale, sono stati 23,3 per ogni 100.000 abitanti, per un totale di 1.142 persone, che probabilmente si sarebbero salvate se il Veneto fosse stato classificato zona rossa [...]. Aggiornando i dati al 7 gennaio, l'eccedenza sale a 32,72, per un totale di oltre 1.600 morti in più". Poi prosegue: "Non si può affermare che la morte di questi 1.620 sia certamente da attribuire alla zona gialla, perché sicuramente hanno concorso anche l'abuso dei tamponi rapidi, poco affidabili, nelle RSA e l'assenza di strutture per l'isolamento dei positivi". Anche questo è un altro tema che abbiamo portato all'attenzione anche nella nostra relazione, il problema, appunto, di un'infrastruttura più all'avanguardia per le RSA. Questo può trovare adeguato riscontro anche nell'appena citata proposta della riforma degli IPAB, come ha detto la consigliera Zottis, perché la aspettiamo da fine bilancio scorso, che è stato approvato a dicembre e adesso siamo a marzo, ma la riforma degli IPAB ancora non è arrivata. Trovo anche discutibile come siano stati esclusi i sindacati dei lavoratori all'interno del tavolo per la non autosufficienza.
Ritengo, invece, che una proposta che si può fare per il futuro sia quella di prevedere, all'interno di un atto regionale, la possibilità del Comitato familiari e ospiti di avere accesso h24 alle strutture per anziani. Questa cosa la si può fare da subito, senza per forza la necessità di una legge nazionale che dia il via libera alle telecamere nelle RSA. Abbiamo sentito varie proposte in questo ambito, ma penso che la presenza di questo Comitato che possa valutare, verificare e monitorare quello che avviene all'interno delle RSA possa essere una cosa valida, funzionante.
Un tema che abbiamo posto è quello delle morti all'interno delle RSA, perché ancora il dato non ci è stato chiarito. Un altro tema è proprio il fatto che questi anziani siano morti all'interno delle RSA e non all'interno degli ospedali, magari nelle terapie intensive, perché questi non ci sono mai arrivati, purtroppo, quindi con un'assistenza minore, una cura sicuramente minore in una RSA, piuttosto che all'interno di un ospedale, dove sarebbero stati evidentemente curati in misura maggiore e migliore.
In conclusione, siamo stati il primo Paese a fare il lockdown, una misura eccezionale che non c'era mai stata prima, e dobbiamo anche riconoscere che ha funzionato proprio per la capacità del popolo italiano di adeguarsi alle regole, nella maggior parte dei casi, grazie al personale, pur sottopagato, sotto stress e con l'evidenza di un nemico dal potenziale imprevedibile, con conseguenze sulla vita dei cittadini pesanti. Ne è prova il disagio psicologico di tantissimi giovani. Da un'indagine degli studenti UDU si parla di nove ragazzi su dieci con disagio psicologico. Proprio per questo ci sono state delle proposte, tra cui una della sottoscritta, per supportare a livello psicopedagogico gli studenti di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Sulla salute mentale purtroppo sappiamo tutti che il Veneto ha una percentuale in investimento che ci rende la penultima Regione in questo campo. Anche qui bisogna fare opportune riflessioni.
Credo che, a fronte di quello che abbiamo patito, subìto in questi tre anni, sia necessario riportare l'agenda di ogni Governo sulla priorità di una sanità pubblica alla portata di tutti, senza distinzioni e senza che diventi un lusso per pochi. E a fronte di questo cosa sta avvenendo in Veneto? Sicuramente negli ultimi anni abbiamo assistito a un aumento delle potenzialità del privato convenzionato rispetto al pubblico. Sappiamo che la riabilitazione, ad esempio, è nella maggioranza in mano al privato. Questi sono dati dell'ULSS 3. Esiste il problema dei medici di base, che tutti abbiamo citato: abbiamo 377 zone carenti, il che vuol dire 640.000 assistiti senza medico di base di riferimento. Questo ha comportato che in alcune situazioni ci si è dovuti attrezzare andando a pagare un medico che offra praticamente medicina di base. Ancora, 2.000 infermieri mancanti e 4.000 OSS mancanti, che non si sa dove andare a recuperare. Liste d'attesa eccessive, che costringono i cittadini ad andare verso il privato. Abbiamo letto anche questa mattina di articoli che parlano di questo.
Il sindacato CGIL Funzione Pubblica denuncia: "Attese troppo lunghe spingono i cittadini verso la sanità privata". Altro articolo: "Medici di base: cinque giorni di sciopero, 5, 6, 12, 13 e 14 aprile". Si lamentano, tra le altre cose, le liste d'attesa eterne, burocrazia soffocante e un eccesso di assistiti. Altre situazioni – questa mi ha colpito particolarmente – sono queste: "Resterò fino ai 72 anni, me lo chiedono i pazienti". Quindi, c'è il problema delle liste d'attesa. Poi, 150.000 prestazioni in galleggiamento. Anche questo è un problema tutto nostro, tutto Veneto.
Nella proposta che ho fatto ho chiesto semplicemente di far sapere ai cittadini che si ha una possibilità, quella di richiedere al prezzo del pubblico la stessa prestazione nel privato convenzionato, una possibilità già offerta da leggi nazionali, e di permettere ai direttori generali, quando ci sono forti disallineamenti nei tempi tra prestazioni nel pubblico e prestazioni intramoenia, di bloccare l'attività intramoenia per quel tipo di prestazione.
Sappiamo anche che ci sono 12 milioni di prescrizioni inevase, senza che ne conosciamo i motivi. Possono essere i più disparati, ci hanno detto all'interno di una Commissione Quinta (Sanità), ovvero persone che rifiutano di curarsi o persone che decidono di andare dal privato o che semplicemente se ne dimenticano. Però, mi sembra un dato allarmante, 12 milioni di prescrizioni scritte di pugno da un medico di base. Anche su questo dovremmo fare opportuni approfondimenti.
I "pronto soccorso": 21 su 26 sono in mano a cooperative private e pagati uno sproposito all'ora. Anche questo è un tema. Borse di specializzazione: 1 su 4 rimane vuota, ovvero vengono abbandonate o rimangono vacanti. Soprattutto questo avviene per le specialità che non hanno uno sbocco nel privato.
Case della comunità: anche a detta dell'Assessore, probabilmente rimarranno dei contenitori vuoti, perché se non c'è personale non si sa a cosa servano.
Un dato eclatante, che è emerso anche ieri da uno studio del dottor Campostrini, nei nostri lunedì in Consiglio su tanti temi: l'investimento dello Stato italiano in sanità è appena del 10% del PIL... Stavo dicendo che l'investimento in sanità da parte del nostro Paese è appena del 10% rispetto al PIL, mentre in altri Stati, sicuramente molto più grandi, ma su cui ci sono dati molto differenti e che stupiscono, è del 20% di investimento in sanità.
A fronte di tutto questo chiaramente, come dicevo all'inizio, non mi aspetto che ci siano dei punti di convergenza oggi. Ognuno voterà in propria coscienza, credo in maniera favorevole a queste due prese d'atto. Però, i punti da chiarire, come dicevo, rimangono ancora. Sarà la Magistratura a chiarirne alcuni, ma politicamente quello che è emerso dalle varie audizioni per questa Commissione è che...

PRESIDENTE

Se volete, sospendiamo una mezz'oretta, colleghi, e riprendiamo con più calma.

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Grazie, Presidente.
Spero che sia una discussione...

PRESIDENTE

Un attimo, collega Baldin.
Grazie, capogruppo Pan.
Prego, collega Baldin.

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Speravo che questa fosse una discussione più costruttiva e che ci desse la possibilità di ascoltarci...

PRESIDENTE

Sospendiamo per cinque minuti. Grazie.
La Seduta è sospesa alle ore 15.13
La Seduta riprende alle ore 15.17

PRESIDENTE

Sono trascorsi i cinque minuti, per cui se volete riprendiamo. Però, vorrei che specialmente su questo argomento ci fosse in Aula un atteggiamento adeguato, per favore. Se volete, vi cito tutti i dialoghi fatti specialmente nella ripresa, però non voglio chiamare al microfono i singoli colleghi, per favore.
Collega Baldin, concluda il suo intervento. Prego.

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Grazie, Presidente, anche per la disponibilità e l'attenzione su un tema così triste.
Stavo finendo di ripetere quelle che sono le criticità all'interno della sanità pubblica. Qualcuno potrebbe dire, come l'assessore Lanzarin ha fatto poc'anzi, che sono considerazioni un po' fuori tema, però ci tengo a dire che, se dovesse capitare un'altra epidemia – speriamo di no –, arrivarci senza mezzi, senza uomini e senza personale sarebbe ancora più disastroso. Quindi, credo sia importante parlarne e fare i dovuti investimenti affinché ci sia una sanità assolutamente di eccellenza. Questo in tutta la Penisola e possibilmente in tutta Europa, ma anche oltre.
Se queste sono le conclusioni a cui arriva l'opposizione è perché si vogliono dare utili suggerimenti a chi governa, non solo a chi governa la Regione, ma anche a chi governa il Paese.
Intanto ringrazio le colleghe, perché è stato fatto un lavoro sicuramente importantissimo, frutto di giornate intense e di tante audizioni. La nostra volontà era di far emergere quelli che abbiamo definito punti non chiariti, in virtù di una trasparenza che è sempre dovuta a chi rappresenta le Istituzioni e soprattutto a chi ha perso dei familiari o a casa o all'interno di RSA, dove ricordiamo tutti erano isolati, non potevano avere contatti, non avevano possibilità di parlare con nessuno ed erano all'oscuro di tutto quello che sarebbe successo di lì a poco. Quindi, questi aspetti non possono essere presi sottogamba, non si possono dare risposte inadeguate o minimizzare, cercando di dire che è stato fatto tutto alla perfezione. Evidentemente, con il numero di morti che c'è stato nella seconda ondata del Covid, così non è stato. C'è stato qualcosa che non è andato per il verso giusto, su cui bisogna indagare. Dicevo, appunto, che è la Magistratura che farà le dovute valutazioni sul piano giudiziario, quelle sul piano politico le abbiamo fatte oggi in quest'Aula, e credo siano emersi punti interessanti di discussione e di ulteriore approfondimento.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Ostanel, prego.

Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)

Grazie, Presidente.
Mentre preparavo l'intervento per oggi ho cercato di chiedermi perché aver fatto parte di una Commissione d'inchiesta e perché è importante una Commissione d'inchiesta. Peraltro, il clima di chiacchiericcio che c'è qui oggi mi fa ritenere che forse dobbiamo ricordarci tutti del perché si fa una Commissione d'inchiesta su un tema che in questo Paese, in tutta Europa e nel mondo non solo ha causato un numero di vittime che non ritornerà, io spero, nella storia, ma soprattutto in questa Regione, nella seconda ondata, quando avevamo l'esperienza per poter gestire quella seconda ondata in un altro modo, noi abbiamo avuto più morti rispetto a tutte le altre Regioni italiane.
L'idea di essere qui e di poter intervenire oggi, ricordando il lavoro intenso che abbiamo fatto in quella Commissione, dove i Commissari partecipavano e cercavano di audire le persone facendo le domande in maniera più tecnica possibile, ricordo anche una brutta esperienza in quella Commissione, quando c'è stata quasi un'inquisizione verso una persona, uno scienziato che era qui presente, mi spinge a riportare, con umiltà, i Consiglieri a ricordare che stiamo parlando di un momento storico di questo Paese, dell'Europa e del mondo che ha cambiato letteralmente la nostra vita e che, se siamo qui e abbiamo fatto una Commissione d'inchiesta, è perché c'è qualcosa che in questa Regione non ha funzionato.
Assume la Presidenza
La Vicepresidente Francesca Zottis

Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)

Vedere che nella relazione di maggioranza viene sostanzialmente messo in dubbio il fatto anche che ci sia stata un'analisi di dati relativamente a quel periodo, la seconda ondata, che ha colpito questa Regione, come le altre Regioni nello stesso momento, cercare di dire che il dato anche della mortalità è un dato che dovrebbe essere visto in un arco temporale più ampio, così da diluire quelle morti, secondo me non rende onore alle persone che in questa Regione abbiamo visto perdere soprattutto in quel momento.
Ho ricordato, tra l'altro, il perché io ho voluto far parte di questa Commissione, perché in quel momento, se vi ricordate – secondo me, se ritorniamo tutti a quel momento ce lo ricordiamo –, c'erano persone che entravano in ospedale per una patologia – non solo in Veneto ovviamente – e non uscivano più perché contraevano il Covid dentro gli ospedali. Io ho fatto parte di questa Commissione perché volevo avere una risposta – e poi mi ci soffermerò – alla seguente domanda: perché il Veneto, diversamente da altre Regioni, per un periodo ha utilizzato i tamponi rapidi massicciamente per il controllo degli operatori sanitari e non i tamponi molecolari? Io ho perso un familiare per questo motivo in quel periodo: entrava per una patologia e non usciva più. Ricordo in quel momento non solo i miei familiari, ma anche i familiari di tutti i comitati che poi si sono uniti per le vittime che non riuscivano nemmeno ad andare a prendere i vestiti delle persone che morivano dentro gli ospedali.
Dobbiamo ricordarci quei momenti, se vogliamo davvero pensare che questa Commissione d'inchiesta e questa giornata servano a qualcosa. Ebbene, siccome è questa la domanda a cui io ho voluto e ho provato a dare una risposta, poi ci entrerò, perché la risposta in questa Commissione io l'ho avuta, e non è una bella risposta. È una risposta che fa ragionare sul fatto che qualcosa di sbagliato è stato fatto.
Andiamo sulle morti. Vi mostro questo grafico. Sicuramente questo gesto vi ricorderà il presidente Zaia durante le conferenze stampa. Io avrei voluto che oggi lui fosse qui, perché questo discorso io avrei voluto farglielo in diretta. Questo è il dato dello studio, che prima veniva citato, del professor Rettore. Magari direte che questo studio non è abbastanza scientifico, come è stato fatto per altri. Tuttavia, credo che, prendendo i dati della Protezione civile, essendo questa persona uno statistico dell'Università di Padova, non si possano fare grandi errori. Ebbene, questo grafico fa vedere che la Lombardia, quando ha inserito delle misure di restrizione diverse da quelle che la Regione del Veneto ha fatto, in una settimana ha avuto un calo dei decessi del 43%.
Quest'altro grafico fa vedere un'altra cosa che nella relazione di maggioranza, io credo e spero non per volontà, è spiegato in maniera non precisa. Si cerca di sostenere che in questa Regione la seconda ondata della pandemia ha colpito in una temporalità diversa rispetto ad altre Regioni, dato che viene smentito, anche qui, dai dati della Protezione civile, che fanno vedere che in entrambe le Regioni, Lombardia e Veneto, la seconda ondata parte – pur concedendo un range di cinque o dieci giorni di differenza – nello stesso momento. Quindi, noi ci siamo trovati in una situazione simile a una realtà come la Regione Lombardia, che sappiamo come aveva gestito la prima ondata, lo sappiamo molto bene, che però ha fatto una scelta diversa. Poi mi si dirà, com'è stato detto dalla collega Brescacin, che era lo Stato che decideva le zone. Ma l'effetto è quello che, nel momento in cui si faceva un'altra scelta, questi erano gli effetti. Ed è per questo che questo professore dice che si potevano evitare circa 3.200 morti.
Non entro su quel tema, perché è uno studio del quale oggi non saprei nemmeno riportare i tecnicismi, ma questi due grafici li sapevo fare anch'io, come credo chiunque di noi sappia un minimo maneggiare i dati possa fare, grafici che già smentiscono un dato che è dentro la relazione di maggioranza, e cioè che qualcosa di diverso si poteva fare.
Torno sul tema che non sarebbe stato il presidente Zaia a decidere in quel momento le zone, ma il Governo nazionale, in base ad una serie di indicatori che le Regioni dovevano dare. A me viene da dire che qui c'è un altro dei grandi temi, a cui anche con la collega Camani abbiamo lavorato tanto in questa Commissione, anche per la definizione di questa relazione di minoranza – per la prima volta c'è una relazione di minoranza – perché ci sono questioni che ancora oggi io credo si debbano chiarire. Quindi, arriviamo e vediamo – credo che questa sia la domanda – la questione politica.
Nel momento in cui c'è un Presidente di Regione e un Assessore, che ringrazio di essere presente – ovvio, avrei preferito che ci fosse anche il Presidente, perché questa domanda avrei voluto farla a lui –, se si era in quotidiana conferenza stampa a riportare dati e cartelli, come ho fatto io prima, dati che si conoscevano, che il presidente Zaia non recitava a memoria – io sono sicura che il presidente Zaia quei dati li conosceva, li faceva propri, e penso anche che non stesse bene in quel periodo, come tutte le persone che erano al Governo in quel periodo –, quando ci si rendeva conto che avevamo della pressione nelle terapie intensive, tante – ci entrerò dopo, ma ci sono entrati anche i colleghi, e non è un tema che voglio approfondire oggi qui, ne ho altri due da approfondire –, quando si vedeva che c'erano dei pazienti che entravano in ospedale, tanti, e non ne uscivano più, pur essendo entrati per altre patologie, quando si vedeva – l'hanno detto qui in audizione anche i sindacati di diversa matrice – che c'era una pressione tale negli ospedali che non si riusciva più a stare dietro ai pazienti, il fatto che il tracciamento saltava – e dopo entrerò sui pezzi di verbali che testimoniano il fatto che ci sono stati dei periodi, delle settimane, perché è stato detto qui dalla dottoressa Russo, in cui non si riusciva a fare il tracciamento a casa –, perché un Presidente di Regione non può spingere, come aveva iniziato a fare dicendo "facciamo la zona gialla plus", per dire "qui, ragazzi, c'è una situazione che io non riesco più a gestire e dobbiamo fare come ha fatto la Lombardia"? Perché quella scelta non è stata fatta? Questa è la domanda politica.
Guardando i dati e lavorando con quel sistema di organizzazione complessa, che ho ritrovato anche nella relazione di maggioranza, e mi sembra che ci sia stata un'organizzazione complessa, non direi mai che la pandemia non è stata presa in carico dalla Regione del Veneto, lo si è fatto, ma guardando e avendo tutte le strumentazioni organizzative sul posto, con i direttori delle ASL, con i direttori sanitari che abbiamo incontrato, perché non ci si è fatti la domanda se era opportuno agire diversamente? Questa è la domanda politica che oggi dobbiamo fare. Del resto, si poteva fare.
Non è vero che i dati venivano inviati come fosse un fatto tecnico. L'abbiamo visto anche in altre Regioni. La stessa Regione Lombardia nella prima ondata aveva chiesto un ricalcolo, perché stava vedendo che doveva far mandare pazienti in altre zone, mentre qui questo non è stato fatto. E qui c'è una chiara responsabilità politica, perché di fronte al fatto che ci sono dei grafici che fanno vedere che si potevano evitare delle morti io penso che chiunque fosse al Governo di questa Regione avrebbe dovuto fare il buon padre di famiglia e dire: "Sapete che c'è? Anche se lo Stato sta sbagliando con le zone io ne faccio una ulteriore, io chiedo una zona ulteriore, io, come ho fatto a Vo', decido di far chiudere un intero pezzo di territorio della nostra Regione del Veneto". Io penso che chiunque qui dentro avesse saputo come sarebbe andata avrebbe fatto così.
Non è vero, peraltro, che non è stata presa una decisione. Qua si continua a dire, come ci è stato detto anche durante le audizioni, che eravamo in un momento complicato, non si riusciva ad avere tutti gli elementi per poter decidere bene, abbiamo visto anche in Lombardia cos'è accaduto. Okay. Ma anche le non decisioni sono decisioni quando si parla di politica e di politiche pubbliche. E non decidere di intervenire ha causato al Veneto non solo di essere la Regione con più morti, ma anche di non evitare, come dice quello studio che prima citavo, 3.200 eventuali morti all'interno di questa Regione.
Vorrei adesso entrare nei due temi su cui ho deciso di fare degli approfondimenti, perché sono esattamente i temi che mi hanno toccata nel profondo, uno come cittadina, l'altro come figura politica, perché ricordo – e lo ricordo volentieri in quest'Aula, perché credo si debba sapere – che il movimento "Il Veneto che Vogliamo" ha ricevuto una denuncia, nelle persone dei due portavoce, Carlo Cunegato e Vania Trolese, da parte del presidente Luca Zaia per diffamazione, proprio perché in quel periodo scrivevano un comunicato stampa dove dicevano che gli era arrivata voce da alcuni operatori sanitari che in quel momento, durante il tracciamento, si vedeva nel portale una tendina che marcava automaticamente "asintomatico". C'è una denuncia, una denuncia archiviata, perché il Pubblico Ministero nell'archiviazione cita (testuali parole): "è risultata vera la circostanza che il sistema informatico SIAVR – quello che era in dotazione in quel momento – indicava di default la dicitura "asintomatico" a fianco dei pazienti positivi al tampone: in tal modo si forniva un quadro più ottimistico del reale". Questo è il virgolettato che c'è all'interno della relazione del Pubblico Ministero che archivia la denuncia di Luca Zaia ai portavoce di Veneto che Vogliamo in quel periodo.
Durante la Commissione d'inchiesta è ovvio che, come eletta di Veneto che Vogliamo, approfondisco quel tema, perché io volevo capire se i due nostri portavoce avevano sbagliato, avevano detto qualcosa che non dovevano dire o se avevano detto qualcosa di plausibile, perché ricordate che in quel momento non era ancora archiviata la denuncia. E quindi ci si mette, si guarda, si leggono i verbali. E allora emerge chiaramente – e lo scriviamo nella relazione di minoranza – che tra ottobre e la prima settimana di novembre, lo dice la dottoressa Russo virgolettato nella relazione, c'è stata una difficoltà nel tracciamento dei casi e del relativo caricamento a sistema dei dati completi relativi al tracciamento dei positivi, al loro essere quindi asintomatico o sintomatico. Questo accadeva perché, dice sempre la dottoressa Russo, in quel momento si avevano circa 3.000, 4.000, 5.000 positivi al giorno, non si riusciva a chiamare a casa le persone per chiedere se fossero sintomatiche o asintomatiche nel periodo corretto, quando doveva essere fatto, e quindi non si riuscivano a identificare come sintomatici o asintomatici. Ma il sistema in quel periodo metteva un'etichetta in automatico, così esce dai verbali, che era "asintomatico".
E cito ad esempio il dottor Gubian, che nella sua dizione dice: "Il valore di default poteva essere asintomatico finché non venivano indicati i sintomi: quindi forse è questo che ha portato poi la dottoressa Russo, come diceva prima, a dichiarare che erano marcati come asintomatici", cioè conferma che finché non lo mettevi tu vedevi la tendina automatica "asintomatico". E dice ancora: "Quindi probabilmente, in assenza di sintomi, non trovava indicato dei sintomi perché non erano ancora rilevati". Sì, non si riuscivano a fare le telefonate a casa tutti i giorni. Ed è sempre Gubian... e io credo che questo sia il punto più interessante, perché io non ho trovato nella relazione di maggioranza questo passaggio che invece è chiave, perché nella relazione di maggioranza si dice che questo non ha causato alcuna anomalia nel calcolo dell'indice Rt. Io non so se l'ha causata, quindi non sono qui a dire che ha causato un'anomalia nel calcolo dell'Rt, perché non sono uno scienziato, però voglio citare quello che dice il dottor Gubian: "Per dire qualcosa su come può impattare sul calcolo dell'Rt bisognerebbe mettersi lì con dei dati statistici, fare un'analisi, ricostruire esattamente in quel periodo che numeri si sono utilizzati e, a questo punto, arrivare ad una conclusione. Sul numero di asintomatici posso fare delle ipotesi che però vanno verificate su cosa potrebbe essere successo, su come questo abbia poi impattato sull'Rt. È tutta un'altra partita. Bisogna vederlo dal punto di vista puramente statistico-matematico". Cioè dice che serve fare un approfondimento.
Nella relazione di maggioranza questo dubbio non viene inserito e noi invece lo abbiamo inserito, ma non abbiamo detto che siete stati colpevoli di aver manomesso l'Rt, non è questo il tema. Io ho scritto, noi abbiamo scritto che c'è un dubbio. Una Commissione d'inchiesta ha il compito di dire: si apre un dubbio, si fa un approfondimento, andiamo a vedere, andiamo a ricalcolare l'Rt come sarebbe stato se noi in quel momento tra ottobre e dicembre avessimo inviato i dati corretti, se avessimo avuto abbastanza personale per fare le telefonate a casa nonostante avessimo 5.000 casi? Questo è un dubbio che io ritengo essere importante e utile da portare qui alla discussione e che abbiamo inserito ovviamente nella relazione di minoranza.
E poi – l'ultimo, e poi chiudo – il tema dei tamponi rapidi, su cui vi ho già spiegato perché sono andata a fare degli approfondimenti. Qui c'è una inchiesta in corso, la magistratura farà il suo lavoro, io non entro su questo tema, ma vi riporto una domanda che un familiare delle vittime... Sui tamponi rapidi, il caso Rigoli. Sui tamponi rapidi non c'entra? Va bene, poi ne discutiamo.
La domanda che mi è stata fatta da un familiare delle vittime, che credo sia importante, io la pongo qui in Aula perché credo sia corretto riportare una voce. La Regione, ad esempio, era a conoscenza sui tamponi rapidi utilizzati, e che sono sotto indagine rispetto al caso Rigoli, che il dottor Rigoli che abbiamo udito qui dentro non aveva fatto nessuno studio? Questa, io credo, sia la domanda. Poi la magistratura farà il suo lavoro. Questa è la domanda, perché per un familiare delle vittime che aveva un suo familiare in un ospedale, in una RSA e non lo ha visto uscire ma entrare per un'altra patologia, credo che sia una domanda che ha tutto il suo senso di essere fatta.
Quello che è emerso durante la Commissione è una cosa importante, secondo me, e non c'entra nulla con il tema del caso Rigoli: quello che è stato fatto in questa Regione è puntare tutto e tanto sui tamponi rapidi. Abbiamo verificato che l'uso dei tamponi rapidi – e di questo io mi sono occupata – non è l'uso dei tamponi rapidi per lo screening della popolazione, ma è l'uso dei tamponi rapidi nei contesti fragili (ospedali ed RSA), perché quello che emerge dalla relazione di minoranza e da quello che abbiamo raccolto in Commissione è che la prima scelta in questi contesti – e lo ripetono tanti degli auditi che abbiamo sentito – non era il tampone rapido, che ricordiamo essere allora non quello di terza generazione, ma di prima e di seconda, che avevano effettivamente delle attendibilità diverse, e i vari auditi hanno confermato che in comunità fragili (ospedali e RSA) la prima scelta doveva essere quella del tampone molecolare.
Chiudo anche qui con una domanda. Avere il rischio che circa il 30% dei soggetti in questi contesti così delicati risultasse potenzialmente un falso negativo, perché è questo che oggi sappiamo e che sapevamo già allora, quindi che alcuni dei nostri medici sanitari erano inconsapevoli veicoli di quel contagio, come è accaduto nel mio caso specifico e del familiare di cui prima vi ho parlato... Se noi sapevamo, avevamo la coscienza di questo possibile rischio, perché non utilizzare, come stavano facendo in quel momento altre Regioni, i tamponi molecolari per il controllo e lo screening degli operatori sanitari? Non sto parlando dell'uso dei tamponi rapidi per la popolazione, sto parlando di quei tamponi utilizzati in contesti fragili.
Chiudo con una citazione perché così si chiude per me il lavoro dentro la Commissione, perché la domanda che cercavo era questa (e poi chiudo davvero, scusate). Cito solo il dottor Palù che risponde. Io gli dico in Commissione: "Grazie, dottor Palù, che conferma una cosa che cercavo da tempo, che la scelta di utilizzare i tamponi rapidi nei contesti ospedalieri non era la prima scelta". Questo gli dico io. Lui risponde: "Sì, a meno che non li facesse tutti i giorni". Noi sappiamo che questo non accadeva nei contesti sanitari. Non facevamo i tamponi rapidi tutti i giorni agli operatori sanitari, quindi io credo...
Assume la Presidenza
Il Presidente Roberto CIAMBETTI

PRESIDENTE

Signori, lasciamo che finisca la collega, per piacere.

Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)

Quindi io credo che anche su questo, e lo dice Palù, non lo dice una esponente di Veneto che Vogliamo, noi abbiamo ancora tanti chiarimenti da fare.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Zanoni, prego.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Il tema di oggi è un tema molto importante perché discutiamo del Covid, ma soprattutto della seconda ondata che tanti morti ha fatto in Veneto. Si dice: "Chi salva una vita, salva il mondo intero", quindi siamo qui per capire se abbiamo salvato tutte le vite che potevamo salvare.
Oggi in Consiglio regionale abbiamo due mozioni, una di maggioranza e una di minoranza. Abbiamo una relazione di maggioranza di 133 pagine e quella di minoranza di 45 pagine. Ma dove sta la verità? Perché le relazioni sono due.
Oggi, a mio avviso, sveliamo, e i colleghi e le colleghe in particolare, che mi hanno preceduto, che fanno parte della Commissione speciale d'inchiesta, hanno già sollevato queste problematiche. Le sveliamo, a mio avviso, in tutta la loro gravità e sveliamo anche che quella narrazione fatta dalla Regione Veneto, dal suo Presidente, su un contrasto al Covid fatto nei modi migliori è effettivamente una cosa che non è reale.
Una narrazione elevata alla massima potenza praticamente da tutti i media all'epoca. Tutti i media erano concentrati, tra l'altro c'era una diretta non dico h24 ma quotidiana sul bollettino, su ciò che accadeva.
Ne abbiamo sentite tante, in quel periodo, per carità, anche che i cinesi mangiano i topi vivi. Però, a parte qualche scivolone, avevamo una costante informazione con un impegno anche dell'Assessorato, del Presidente, non da poco, un impegno anche fisico nell'essere sempre presente a queste dirette.
Ci era stato detto che tutto andava bene, che si stava facendo tutto il possibile, che eravamo i più efficienti, che siamo stati i migliori nell'affrontare l'epidemia del Covid. Questo veniva rimbalzato a livello nazionale, spesso anche per contrastare altre Amministrazioni regionali.
È accaduto spesso, da parte di tanti. Invece, oltre a questa narrazione, abbiamo anche un'altra relazione, quella che troviamo nella nostra relazione di minoranza. Non c'è stata l'intesa e quindi la minoranza ha dovuto farne una a parte. Da qui emergono effettivamente diversi problemi, soprattutto per quanto riguarda la seconda parte, la seconda ondata: la questione dei tamponi rapidi, inaffidabili, che portava ad avere in giro tanti cittadini falsi negativi, liberi di circolare e di contagiare; un numero di morti tra ottobre e marzo pari a 2.882, quando nello stesso periodo in Lombardia erano 13.000. Ma, come è stato detto, la Lombardia ha 10 milioni di abitanti, ne ha il doppio di noi che siamo poco meno di 5 milioni.
La zona gialla – questo è un grosso tema, forse è il più importante – è stata difesa coi denti dal nostro Presidente, e non solo, perché sicuramente aveva molte pressioni dietro per mantenere la zona gialla, lo possiamo immaginare; ma bisogna fare l'interesse dei cittadini, di tutti. Invece doveva essere una zona rossa, perché, come è stato anche già spiegato e come è scritto nella nostra relazione, il famoso indice Rt, che faceva decidere il Governo e il Ministro della Salute sul colore, ovvero sulla gravità della situazione che aveva la nostra Regione, era stato in qualche modo sfalsato dai dati che la Regione Veneto dava, ovvero da quegli ipotetici 1.000 posti letto di terapia intensiva quando in realtà quelli efficienti reali erano 700. E qui ne abbiamo viste di tutti i colori, nel senso che siamo arrivati anche alla zona gialla plus, che ha fatto di fatto allentare molte misure anti-contagio.
Io ne ho viste veramente di tutti i colori in quel periodo. Mi sono occupato anche delle deroghe a queste zone, di una in particolare che mi è risultata e l'ho sempre considerata bizzarra e fuori da ogni logica: la deroga concessa ai cacciatori. Eravamo tutti imprigionati con la zona arancione all'interno del nostro Comune, anche per il lavoro. C'era qualche deroga, c'erano delle deroghe per il lavoro, ma dai parenti, dal barbiere, eccetera, fuori Comune non potevi andare, però se avevi la licenza di caccia e la doppietta potevi andare. Questo è quello che è successo in Veneto.
E ancora la questione delle mascherine farlocche, le mascherine non certificate che non servivano a evitare il contagio, mascherine delle quali ci siamo occupati con tante interrogazioni, perché poi hanno riempito i magazzini e sono diventate anche rifiuto, perché poi non utilizzate.
Le case di riposo blindate e gli anziani ammalati, soli e reclusi come se fossero dei detenuti sottoposti al regime del 41 bis. Ci sono stati casi virtuosi dove si acconsentiva ai parenti di andare a trovare i propri familiari, magari con lo scafandro, ma tanti sono morti veramente nella solitudine più assoluta. È successo questo. Dite il contrario.
Nella prima ondata il Presidente della Regione, questa Amministrazione poteva dire che non eravamo pronti: chi era pronto a una cosa del genere mai accaduta prima con queste proporzioni e con questa popolazione, con questo incremento demografico che c'è stato dalla precedente pandemia degli anni Venti, la Spagnola, a questa? Nessuno aveva certamente l'esperienza. L'impreparazione totale era un po' di tutti, però per la seconda ondata non c'erano scusanti. L'esperienza ce l'avevamo, eravamo partiti su tutti i fronti, c'erano le procedure, c'erano le direttive.
Ricordo che il professore Enrico Rettore dell'Università di Padova, professore di Statistica, leggendo i dati dei bollettini ufficiali della Regione e dello Stato, è arrivato a calcolare che nella seconda ondata sono morte 3.200 persone in più. Altri hanno fatto dei conteggi diversi, si parla di 1.600 persone morte in più, 1.600, 3.200, un migliaio di cittadini almeno, i nostri nonni, nonne, vicini di casa, amici, medici, c'erano imprenditori, operai, casalinghe che potevano essere salvati se si rispettavano le leggi dello Stato, perché ricordo ancora che noi stiamo parlando di molte questioni, però il punto principale della richiesta della Commissione speciale d'inchiesta riguarda in particolare la seconda ondata e i dati e i numeri che emergono come fuori scala rispetto alla mortalità che c'è stata nelle altre Regioni.
Concludo, sono molto sintetico perché le colleghe che mi hanno preceduto prima, la collega Bigon, la collega Zottis, la collega Camani, la collega Ostanel, tra l'altro tutte componenti della Commissione speciale di inchiesta, le hanno raccontate e le hanno elencate molto bene queste faccende, queste vicende drammatiche per il Veneto. Ma concludo con una nota che dovrebbe far pensare tutti, noi di minoranza, ma anche voi di maggioranza: che il nostro Presidente, che è stato in diretta per giorni e giorni con decine di microfoni e telecamere davanti a raccontare l'andamento di questa pandemia, oggi non sia presente in quest'Aula è una cosa, a mio avviso, semplicemente scandalosa, vergognosa, immorale, irrispettosa per quest'Aula.
È veramente un segnale di non rispetto per tutti noi, non solo noi di minoranza, ma anche per voi di maggioranza. Perché, scusatemi, se trova il tempo, anche di domenica, di andare a inaugurare il "Ponte dell'umanità" (domenica scorsa) per il sito UNESCO delle colline del Prosecco, a maggior ragione, al di là di tutti gli impegni istituzionali, una mezz'oretta oggi per venire in quest'Aula almeno la doveva trovare.

PRESIDENTE

Collega Guarda, prego.

Cristina GUARDA (Europa Verde)

L'obiettivo della Commissione straordinaria d'inchiesta è verificare come e dove una Istituzione avrebbe dovuto agire in maniera differente.
L'obiettivo politico è evitare di ripetere gli stessi errori e di errori non possono non essercene stati di fronte ai numeri di contagi e di morte della seconda ondata. Ci possono essere state delle casualità? Sì. Ma una casualità, se ripetuta, non è più tale, diventa un errore.
Le analisi econometriche del recente studio dell'Università di Padova confermano, come in Lombardia, a seguito dell'istituzione della zona rossa nella seconda ondata, vi sia stata una riduzione di più del 40% delle morti. Cosa che non è avvenuta in Veneto, come abbiamo ascoltato anche oggi. Il fatto che la relazione di maggioranza, invece di reagire con responsabilità e rispetto nei confronti delle vittime, non valorizzi affatto questo dato e si rifiuti di sviscerare quanto emerso, limitandosi a fare la difesa delle politiche del giallo a tutti i costi, mettendo coscientemente prima della prevenzione della vita la garanzia della continuità dell'attività economica, come emerge anche dalle conferenze del Presidente e della relativa comunicazione, è un dato che non si può non rilevare oggi.
Una comunicazione, quella del Presidente, che si era basata più sui numeri di posti letto ideali e non reali di terapia intensiva, giocando sui numeri dei tamponi.
Anche volendo utilizzare come argomentazione in questa sede, e allora, all'interno delle conferenze del Presidente e delle scelte strategiche del Presidente della Regione, la bontà della scelta strategica riguardante l'uso dei tamponi rapidi, il problema di fondo non è mai stato se fosse giusto o sbagliato utilizzarli, ma il problema di fondo e il tema di base era come erano stati utilizzati, senza rispettare le indicazioni degli stessi produttori dei tamponi in questione, prevedendo quindi in Veneto una frequenza di tamponi di sette giorni in terapia intensiva, di ventun giorni negli altri reparti, addirittura nelle case di riposo, quando nel bugiardino di questi tamponi c'era scritto "effettuare almeno ogni tre giorni".
È questo ciò di cui parliamo e abbiamo parlato in passato durante i precedenti Consigli o Commissioni Sanità: parliamo di tamponi che all'epoca avevano una precisione di appena il 60%, secondo gli studi internazionali, ossia, quasi come lanciare una monetina.
Insomma, usare la Commissione straordinaria con una relazione di maggioranza con finalità eterodosse, tutta giocata ad affermare la strenua difesa di Zaia, a dispetto di ogni compito d'imparziale approfondimento è un gran peccato, per voi, specialmente.
Avrei avuto piacere che almeno questa volta, di fronte alle storie raccontate dai medici, dagli infermieri e dagli OSS, di fronte alle storie dei familiari delle vittime, non venisse utilizzata strumentalmente dalla maggioranza questa Commissione. Siamo politici, sì, ma anzitutto siamo uomini e donne, con una responsabilità personale prima che partitica, nei confronti della comunità che ci chiede semplicemente di analizzare e non ripetere lo stesso errore.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Lorenzoni, prego.

Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)

Grazie, Presidente.
Io voglio iniziare ringraziando tutti coloro che hanno partecipato alla Commissione, perché è stato un lavoro lungo, un lavoro che comunque ha portato tutta una serie di dati a quest'Aula, e sono grato.
Sono grato anche alle colleghe, che erano tutte di sesso femminile, di minoranza, che si sono fatte carico della preparazione di una relazione di minoranza, che è una cosa nuova, per questo Consiglio, e mi pare che ultimamente questo Consiglio stia sperimentando diverse cose nuove. Questo può fare piacere o meno piacere, a seconda dei casi.
Ho una seconda considerazione, però: mi unisco al rammarico che esprimeva il collega Zanoni che il Presidente non ci sia. Rammarico perché diceva che è irrispettoso per l'Aula: secondo me la mancanza del Presidente è irrispettosa per le vittime di cui stiamo parlando oggi. E questo lo dico da cittadino del Veneto. Cercare di essere presenti, di fare luce su quello che è accaduto sarebbe stato rispettoso nei confronti di coloro che hanno subìto questi traumi.
Io confesso un po' di disorientamento alla lettura della relazione di maggioranza perché cercavo delle risposte a delle domande che mi sono posto, che in parte mi sono state poste e purtroppo non ho trovato queste risposte che mi attendevo.
Devo dire che la strategia della Giunta regionale è più comprensibile seguendo le conferenze stampa del periodo della pandemia piuttosto che dagli atti stessi che sono stati promulgati in quel periodo. E allora io voglio richiamare alcuni aspetti su cui cercavo risposta e su cui non ho trovato risposta negli atti della Commissione.
Il 13 luglio 2020 il Presidente in conferenza stampa affermava: "Noi abbiamo testato 1.000 tamponi rapidi, vengono dalla Corea, in doppio e uno ha dato falso positivo". A me sarebbe piaciuto che la relazione avesse l'evidenza sulla base della quale il Presidente ha fatto questa informazione.
Il 17 agosto 2020, con riferimento al test sulla saliva, sempre il Presidente diceva: "Il dottor Rigoli a Treviso sta testando la saliva e i primi risultati sono buoni". Anche qui ci sono dei dati su questo? Perché io non li ho visti e mi dispiace questo perché avrebbe aiutato a capire.
Ma vengo al periodo un po' più focale per quello che è l'oggetto della discussione di oggi.
Il 6 ottobre 2020 sempre il Presidente diceva: "Su 4.754 positivi oggi abbiamo 155 sintomatici, cioè il 95-97% dei casi non dà sintomi".
La settimana successiva, il 13 ottobre 2020, sempre il Presidente diceva: "Il 97% degli attuali positivi è asintomatico, ma non si può giocare con la roulette russa".
Io vorrei capire come queste affermazioni fatte in quel periodo possano conciliarsi con la figura, a pagina 56 della relazione di maggioranza, in cui c'è un grafico che indica gli asintomatici stabili tra il 50 e il 70% dei contagiati. L'affermazione, sempre a pagina 56, è che la distribuzione tra sintomatici e asintomatici risulta pressoché stabile nel tempo, cioè tra i 50 e i 70, quando negli stessi giorni il Presidente diceva che il 97% sono asintomatici. Non riesco a conciliare questi dati. Mi sarebbe piaciuto che si facesse chiarezza sulla base di cosa quelle affermazioni erano state fatte.
Vengo al 16 novembre 2020 quando il dottor Rigoli, in conferenza stampa insieme al Presidente, diceva: "Abbiamo testato 3.486 soggetti in doppio con il molecolare e abbiamo perso solo due positivi. Sui negativi abbiamo avuto 22 falsi positivi. Con questi dati abbiamo una specificità nel 99%". Io non metto in dubbio questi dati, però vorrei avere evidenza oggi, che sono passati due anni, dei dati sulla base dei quali quelle affermazioni sono state fatte.
Possiamo dire quello che vogliamo, però io vorrei citare un altro lavoro che non è stato finora citato e che invece secondo me è estremamente significativo. Forse non è stato citato perché è stato pubblicato successivamente al termine dei lavori della Commissione. Mi riferisco alla pubblicazione di Azienda Zero, di gennaio 2023: "Il rapporto sull'eccesso di mortalità nel periodo 2020-2022 nel Veneto: dati aggiornati al 15 dicembre 2022", relativo all'impatto dell'epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente nel Veneto con dati 2012-2022. È un rapporto ricco, parla di tante cose e lo ritengo estremamente illuminante su molte cose, ma di tutto il rapporto io vorrei portare all'attenzione dell'Aula la figura 3.1 che ha il dato relativo all'eccesso di mortalità in termini percentuali in Veneto e in Italia. Le due curve, se andate a vedere, sono molto simili nel periodo ottobre 2020. Diventano nuovamente simili tra il febbraio 2021 e il settembre 2022, ma tra l'ottobre 2020 e il febbraio 2022 hanno una differenza che è evidente, di grande portata, su cui, però, la Commissione non dà alcuna giustificazione.
Vorrei veramente esprimere un po' l'insoddisfazione relativa al documento che ci è stato illustrato con le slide questa mattina, che mi sembrava più indirizzato a screditare il lavoro fatto dal professor Crisanti, su cui si è data molta enfasi, piuttosto che a giustificare quella curva di figura 3.1 del rapporto che ho citato che, invece, è la fotografia di ciò che è accaduto in questa Regione tra ottobre 2020 e gennaio 2021, in cui è successo qualcosa. Credo che quanto hanno detto i colleghi finora possa, in qualche maniera, dare delle indicazioni per cercare di capire. La delusione viene dal fatto che, più che citare le audizioni che sono state fatte in quest'Aula durante la Commissione, la relazione di maggioranza non ha fatto.
Un altro elemento mi ha veramente deluso: il fatto che la relazione di maggioranza sia estesa a tutto il periodo Covid, mostrando che il Veneto non ha avuto dei dati diversi da quelli del resto d'Italia. Certamente, se noi andiamo a prendere il periodo febbraio 2020-dicembre 2022, l'Italia ha un andamento simile a quello del Veneto, ma perché i dati di quel periodo che volevamo capire e che sono fotografati dalla figura che ho citato, vengono diluiti. Per cui, ecco, non può che essere deludente da parte mia.
C'è il riconoscimento del comportamento esemplare da parte dei lavoratori del settore della sanità, su cui sono convinto e a cui va il mio ringraziamento. Non c'è dubbio che tutti i lavoratori della sanità della nostra Regione si siano spesi con gratuità e con dedizione, addirittura oltre quello che ci si poteva aspettare. Lo riconosco e a loro va tutta la mia gratitudine. Però, vorrei portare la vostra attenzione sul fatto che non stiamo dando delle risposte ai cittadini del Veneto su ciò che è accaduto, che è inequivocabile, perché nel momento in cui andiamo a vedere anche i grafici che ha mostrato la collega Ostanel sono decisamente eloquenti, ma gli stessi grafici di Azienda Zero, ripeto, lo sono e non viene data risposta.
Rilevo con gratitudine il fatto che ci sia stato un coordinamento a livello nazionale, perché, al di là della zona gialla, dei tamponi di cui è stato detto, vi ricordo che qui abbiamo rischiato di essere tutti vaccinati con lo Sputnik, se avessimo seguito la linea autonomista della nostra Regione.
Vi ricordo che proprio a novembre del 2020 sembrava che avremmo tutelato i cittadini del Veneto con la app Zero Covid su cui abbiamo interrogato il Presidente, di cui poi non si è vista nessuna traccia. Il grande investimento nella sicurezza sanitaria della nostra Regione, sembrava che venisse da strumenti ulteriori, sviluppati dalla creatività della nostra Amministrazione. Nulla ne è venuto.
Per cui, abbiamo una serie di elementi che fanno veramente porre dei punti di domanda su questo eccesso di mortalità che c'è stato, non rispetto agli anni precedenti – c'è stato in tutta Italia – ma rispetto al resto d'Italia.
Credo che non dare risposta ai cittadini del Veneto su quello che è accaduto, soprattutto ai cittadini che hanno vissuto dei lutti in quel periodo, non faccia merito a questo Consiglio.
Mi auguro, senza fare la caccia alle streghe, senza voler confondere le idee a nessuno, che si cerchi di dare risposta. Io non sono contento, non mi accontento dell'esito di questa Commissione. Dobbiamo dare delle risposte, dobbiamo far capire perché quelle curve hanno quegli andamenti così diversi. Mi appello a tutti i colleghi, anche di maggioranza, perché si vogliono dare delle risposte.

PRESIDENTE

Collega Valdegamberi, prego.

Stefano VALDEGAMBERI (Gruppo Misto)

Portando un po' il pensiero al periodo trascorso, che è stato traumatico per tutti, penso a tutte le contraddizioni che sentivo dal mondo scientifico. Dovremmo contestualizzare quel periodo, perché arrivare a certi giudizi a posteriori, senza aver contestualizzato bene in che contesto ci si muoveva, porta difficilmente a esprimere dei giudizi.
Penso alle contraddizioni del mondo scientifico. Se si ascoltavano gli esperti, che ogni giorno parlavano in TV, una settimana dicevano una cosa e la settimana dopo dicevano l'esatto contrario, neanche tra loro erano d'accordo. Nessuno aveva le idee chiare, né sulla dimensione del problema, né su come affrontarlo.
Vi ricordo che per molto tempo le terapie erano completamente sbagliate. Le terapie che venivano date per i malati di Covid ufficialmente, su direttive del Ministero, non miglioravano la situazione del paziente, anzi, delle volte, la peggioravano. Ci sono stati errori a tutti i livelli, non c'è dubbio.
Vorrei, però, contestualizzare quel periodo, un periodo in cui cercare di trovare il capro espiatorio nella Giunta regionale, nel Presidente, in chicchessia, è del tutto ingrato, oltremodo, perché credo che tutti abbiano avuto a cuore il benessere dei cittadini in quei singoli momenti di grande difficoltà e di smarrimento; smarrimento soprattutto da parte di coloro che avrebbero dovuto dare delle direttive chiare e precise, ma anche lo stesso mondo scientifico non era unanime, non era ben cosciente di cosa si sarebbe dovuto fare. Mi metto nei panni di un decisore politico, il quale deve, da buon padre di famiglia, decidere, alla fine – è lui che ci mette la firma – se chiudere o meno, se mentre in quarantena un paese, una città, una regione, se deve assumere delle decisioni invece di altre, perché ogni decisione ha delle contromosse. Se tu decidi di mettere in quarantena una Regione, blocchi la produzione, blocchi tutta una Regione, poi te ne assumi anche la responsabilità se lo hai fatto senza serie motivazioni. È una lama a doppio taglio. È facile esprimere giudizi a posteriori rispetto a un momento così difficile e drammatico che abbiamo vissuto.
Ricordo anche il momento in cui si decise di chiudere Vo'. Tanti erano gli oppositori che hanno attaccato la Regione, che hanno attaccato il presidente Zaia, che ha avuto quel grande intuito e responsabilità di chiudere e di mettere in quarantena un territorio. Andavano nelle trasmissioni televisive e mi ricordo anche gli attacchi dicendo che era eccessivo, non si poteva far così, si rovinava l'economia e tutte queste cose qui.
Ricordo anche i protocolli sanitari che venivano distribuiti, ripeto, fino a non molto tempo fa, dove si facevano fare cure che erano improprie e non contenevano la malattia, ma anzi delle volte la peggioravano. Abbiamo scoperto che le cause di morte derivano da fattori su cui abbiamo trovato la soluzione solo recentemente.
Ricordo anche il problema dei dispositivi, dei presidi sanitari, quando c'era bisogno delle mascherine. Mi viene in mente una telefonata del Presidente, dell'allora Presidente – non so se lo sia tuttora – dell'URIPA. Mi chiamò e mi disse – c'erano anche gli articoli sui giornali – che la stessa Finanza sequestrava ogni mascherina che entrasse in Italia. Loro avevano procurato le mascherine attraverso delle farmacie, attraverso dei fornitori. Mi diceva che erano senza camice, senza mascherine e questo materiale veniva sequestrato dallo stesso Stato italiano. Un paradosso. è successo di tutto e di più.
È sempre difficile, quindi, esprimere giudizi a posteriori. Credo che si sia navigato a vista, cercando la soluzione migliore, man mano che i problemi si presentavano. Quando sono stati adottati i tamponi rapidi – adesso si criticano tanto i sierologici, eccetera – vi ricordo che c'erano dei numeri enormi da verificare ed era meglio tentare di individuare, anche se non erano perfetti, erano perfetti al 70%, all'80%, al 90%, era meglio individuare il numero più alto di contagiati per contenerne la diffusione piuttosto che lasciarli tutti in circolazione e usare magari altri metodi di analisi più precisi.
Come sempre, come dice anche il proverbio, l'ottimo è il nemico del bene. Se voglio essere perfetto, voglio la perfezione, voglio le relazioni... In quel tempo là le relazioni, i test, eccetera, non c'era neanche il tempo di farle. Bisognava cercare, in maniera molto pragmatica, di adottare gli accorgimenti, quelli che apparivano i più opportuni, per cercare di contenere il fenomeno.
Ricordo ancora sulle mascherine, che non c'erano le FFP2 negli ospedali, ma non per colpa della Regione, perché la Consip aveva il compito di rifornirli. Abbiamo avuto aerei, con forniture fatte dallo Stato, che non arrivavano, non arrivavano alle Regioni, non dimentichiamocelo. Poi è venuto fuori che qualcuno si è...
Non capisco perché abbiamo gli aerei di Stato, abbiamo i rapporti tra Stati e non si poteva andare a prendere, con gli aerei di Stato, le mascherine senza affidarci a dei fornitori di dubbia competenza. Spesso abbiamo visto delle truffe, che non ci sono state solo nel Veneto, ma si sono verificate a livello nazionale, dove abbiamo speso milioni e milioni di euro per forniture che non sono mai arrivate. I nostri ospedali erano sguarniti e si facevano le raccolte. Ho fatto anch'io una colletta in giro tra le fabbriche per trovare delle FFP2 per poi consegnarle agli ospedali. Questa è la nostra storia.
Non possiamo cercare adesso di addossare le responsabilità. Le responsabilità sono molto ampie e spaziano da una disorganizzazione di uno Stato, a un sistema degli appalti in cui c'era un Commissario che poi, alla fine, spesso entrava in contraddizione. C'erano le farmacie che non avevano più i dispositivi di protezione, non avevano più le mascherine perché venivano sequestrate dello Stato. Insomma, una confusione totale.
Credo che a questo punto valga il detto, che più volte è stato richiamato, utilizzato da Manzoni nei Promessi Sposi: "Del senno di poi son piene le fosse". A giudicare ex post una situazione di quel periodo lì significa fare un grave errore. Credo che allora i decisori pubblici che c'erano in questa Regione abbiano fatto il meglio possibile con gli strumenti che avevano a disposizione e con le informazioni che avevano a disposizione.
È chiaro che se avessimo avuto un sistema con informazioni ben chiare, sia per come affrontare il problema del Covid dal punto di vista sanitario, sia se avessimo avuto un sistema con delle forniture che avessero rispettato i tempi previsti, come erano previsti nei contratti, probabilmente avremmo avuto molti meno morti. Sicuramente questo.
È facile dire, ma trovarsi lì a dover prendere decisioni anche sugli impegni di spesa, con responsabilità, non è una cosa così banale. Vorrei vedere ciascuno di noi a dover dire "bene, domani mattina rinuncio a fornirmi di questi test rapidi, che magari hanno dato questo effetto", perché un domani la Corte dei Conti magai mi chiamerà a pagare, che ne so, 2, 3, 4 o 5 milioni di euro, perché magari non funzionano come avrebbero dovuto funzionare o come dice il mondo scientifico che avrebbero dovuto funzionare. Il mondo scientifico, infatti, ha spesso supportato decisioni che poi, magari, non erano così perfette, però, ripeto, l'ottimo è il nemico del bene.
Credo che il bene sia quello che i nostri decisori hanno cercato di fare, non credo nella malafede di nessuno. Credo che tutti abbiano fatto il meglio e, purtroppo, una grande responsabilità c'è nella leggerezza e nel modo sbagliato con cui è stata affrontata, dal punto di vista medico, la malattia già a partire a livello nazionale. Abbiamo dato farmaci che non servivano, abbiamo omesso di dare farmaci che servivano, abbiamo trattato la malattia in modo sbagliato e molti morti dipendono da questo.

PRESIDENTE

Bene. Ha chiesto di intervenire Sonia Brescacin, come Consigliere della lista Zaia.
Prego.

Sonia BRESCACIN (Zaia Presidente)

Grazie.
Alla luce di quanto ho ascoltato negli interventi delle opposizioni, mi sento in dovere di ribadire e soffermarmi su alcuni punti.
Ho sentito ridicolizzare e sminuire come invenzioni della maggioranza concetti e dati riportati puntualmente da tecnici esperti durante le sedute. Un esempio tra tutti è il rapporto dimostrato tra il numero dei decessi e la predisposizione genetica della popolazione.
Ricordo, a beneficio anche dei Consiglieri che non erano in Commissione, che quando abbiamo audito la dottoressa Ricci, nella prima seduta della Commissione, ci ha ben spiegato come in Veneto siano arrivate – l'attenzione si era soffermata sulla seconda ondata – nei mesi ottobre-novembre-dicembre, fino a marzo 2021, varianti più contagiose ed aggressive prima che in altre regioni. La nostra ondata si è anticipata rispetto alle altre regioni, che l'hanno avuta nei mesi successivi e ha ricordato per prima la variante inglese, poi la variante indiana.
Abbiamo appurato, come ci ha spiegato la dottoressa Ricci, che vi sono delle caratteristiche dei virus che hanno avuto andamenti diversi nelle diverse regioni, che hanno influenzato l'andamento della malattia all'interno di queste regioni e come l'andamento della malattia è stato influenzato anche da condizioni esterne, dalla densità della popolazione e, come ci ha testualmente detto, da una questione genetica estremamente importante della popolazione che, ovviamente, dovrà essere approfondita.
Penso, quindi, che sminuire o ridicolizzare quanto ci hanno detto i nostri dirigenti sia una cosa non condivisibile. Si è persino insinuato che alcuni degli auditi siano intervenuti in Commissione, e cito testualmente, "evidentemente ben istruiti". Parafrasando, si descrivono dei tecnici e dei dirigenti strutturati e qualificati quasi come fossero dei burattini, riuscendo in un sol colpo a demonizzare – presumo – il Presidente e a offendere e sminuire la professionalità e la serietà di queste persone.
Andiamo, allora, nel merito degli argomenti. Intanto noi non abbiamo mai diluito e non abbiamo mai modificato quelli che sono stati i dati oggettivi e i documenti pubblici, molto chiari, che abbiamo anche allegato (sono 1.300 pagine di allegati) alla nostra relazione di maggioranza.
Nella nostra relazione di maggioranza vengono citati soltanto dati e studi ufficiali, e parto dalla mortalità. Premetto intanto che interpretare le differenze tra Regioni è un fenomeno molto complesso, che deve tener conto del fatto che la pandemia ha colpito, come dicevo poc'anzi, con modalità e tempi diversi le varie aree geografiche, considerando anche le notevoli differenze tra le caratteristiche dei territori del Paese.
Non è corretto, a mio avviso, trarre conclusioni su un tema complesso come la mortalità limitando l'osservazione ad un solo periodo ristretto di tempo, scelto arbitrariamente, come è stato fatto. Più correttamente e con maggior rigore scientifico l'articolo pubblicato da "The Lancet" – non lo diciamo noi, lo dice la più prestigiosa rivista di sanità al mondo – valuta, ma non classifica la differenza tra mortalità osservata e attesa sulla base dei dati pre-pandemia. In tale articolo evidenzia che la Regione Veneto non ha registrato valori più alti rispetto a tante altre Regioni italiane.
Al fine di rendere i dati confrontabili tra i diversi Paesi e le diverse Regioni, gli autori dell'articolo pubblicato su "The Lancet" hanno rapportato il dato relativo all'eccesso di mortalità alla popolazione residente. Per l'Italia hanno calcolato un eccesso di mortalità pari a 227,4 ogni 100.000 abitanti, per il Veneto è stato calcolato un eccesso di mortalità pari a 177,5 ogni 100.000 abitanti, tra i valori più bassi tra tutte le Regioni, valori inferiori ad Abruzzo, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Valle d'Aosta. Si evidenzia che secondo gli autori dell'articolo tra le Regioni del Nord Italia solo per le due Province autonome di Trento e Bolzano è stato calcolato un valore di poco inferiore a quello calcolato per il Veneto.
Ma hanno approfondito ulteriormente, e per approfondire ulteriormente questo fenomeno gli autori hanno valutato quanto dell'eccesso di mortalità è spiegato dal numero dei decessi diagnosticati come Covid-19 tramite test diagnostico. Tale analisi è, quindi, sintetizzata dal rapporto tra l'eccesso di mortalità durante il periodo pandemico per tutte le cause e i decessi effettivamente diagnosticati come Covid-19. Questo rapporto è stato calcolato essere pari a 1,89 per l'Italia, mentre in Regione Veneto tale rapporto è stato calcolato pari a 1,34, tra i più bassi di tutte le Regioni, valore inferiore ad Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Valle d'Aosta.
Si è potuto riscontrare un rapporto inversamente proporzionale tra il numero di tamponi eseguiti e la letalità, perché l'isolamento precoce dei soggetti infetti, grazie alle attività di testing, ha permesso di evitare un maggior numero di decessi (questo lo abbiamo visto anche nell'ultima tabella che avevo presentato prima nelle slide). Si precisa che più basso è il valore di questo rapporto maggiore è stata la capacità della Regione di individuare correttamente i decessi associati al Covid-19, proprio grazie alla capacità di effettuare un test al fine di confermare la diagnosi di infezione, sia per il livello ospedaliero che territoriale. Ma "The Lancet" non si è fermato qui, ha anche quantificato una sottostima dei morti in Italia nel biennio 2020-2021 dell'89%. La rivista scientifica scende anche nel dettaglio regionale e il Veneto arriva al 34% di morti sottostimate, la Lombardia al 70%, l'Emilia-Romagna al 40%, la Toscana al 67% e il Piemonte al 225%.
Significativo è anche il rapporto INAIL del 26 gennaio 2022 "Scheda nazionale infortuni Covid-19", che prende in esame un campione di popolazione nel solo ambito lavorativo. Il Veneto incide per il 4,6% del totale nazionale degli infortuni con esito mortale, posizionandosi dietro a Lombardia, Campania, Lazio, Piemonte, Puglia, Emilia-Romagna e Sicilia.
Che non sia corretto trarre conclusioni su un tema complesso come la mortalità, limitando l'osservazione ad un solo periodo ristretto di tempo, scelto arbitrariamente, come è stato fatto, lo dimostra anche l'analisi dell'Ufficio statistico della Regione Veneto, che su una rielaborazione di dati ISTAT mostra che nei mesi di febbraio e marzo 2021, dopo le chiusure nazionali disposte nel periodo che va da Natale all'Epifania, quindi fino a gennaio 2021 – abbiamo citato prima che il Governo ha posto tutto il Paese in zona rossa, eravamo tutti chiusi –, Regioni vicine geograficamente al Veneto e simili come territorio hanno avuto un incremento significativo dei decessi, mentre il Veneto ha avuto una riduzione. E ve la leggo: nel febbraio 2021 il Veneto ha avuto 4.447 decessi, l'Emilia-Romagna ne ha avuti 4.781 (più del Veneto); se lo rapportiamo come variazione percentuale rispetto alla media dei decessi nelle stesse Regioni come media del quinquennio 2015-2019, nel febbraio 2021 il Veneto ha registrato una variazione di meno 0,2% della media dei decessi del periodo 2015-2019, l'Emilia-Romagna ha registrato un 7,8%. Andiamo al mese di marzo 2021: il Veneto ha registrato 4.908 decessi, per tutte le cause, l'Emilia-Romagna ne ha registrati 5.482, anche in questo caso con una superiorità doppia rispetto al Veneto rispetto alla media 2015-2019. Allora dovreste spiegarci perché, anche tenuto conto che durante il periodo di Natale 2020 il Governo aveva adottato restrizioni da zona rossa per tutta la nazione, il virus ha creato questo tipo di risultato che abbiamo potuto vedere.
Arriviamo alle zone rosse. Le zone rosse, come abbiamo citato prima, sono state introdotte con DPCM del 3 novembre dal Governo, che le ha introdotte perché voleva imporre un monitoraggio nazionale obbligatorio, al fine di poter prendere eventuali misure nazionali di controllo dell'epidemia. Il dottor Brusaferro dell'Istituto superiore di sanità ha spiegato che le Regioni sottopongono, normalmente e quotidianamente, dei quesiti e chiedono chiarimenti all'Istituto superiore di sanità e al Ministero della salute e su questi chiarimenti e richieste si discute per trovare i migliori provvedimenti, quelli più appropriati in quel contesto regionale e per quel quadro epidemiologico.
Ricordiamo che la Regione del Veneto non soltanto ha adottato la zona gialla plus, con la quale ha introdotto misure in alcuni casi più restrittive dell'area arancione e più dettagliate nei comportamenti al fine di ridurre gli assembramenti, ma ha anche rivolto una richiesta al Ministero della salute e all'Istituto superiore di sanità per capire se vi erano altre indicazioni da parte del livello nazionale.
Avete chiesto, in Commissione, se il Veneto ha chiesto se applicare misure da zona arancione, quello che ho appena detto, l'avete fatta la domanda, e il dottor Brusaferro dell'Istituto superiore di sanità vi ha risposto che il Ministero, dove c'erano particolari problemi, ha fatto delle ordinanze restrittive, oppure i Presidenti di Regione provvedimenti specifici per le zone dove vi erano i focolai. Il Veneto lo ha fatto e lo ha anche chiesto. Quindi, dovreste di nuovo spiegarci perché nei mesi di febbraio e marzo 2021 il Veneto ha registrato un numero di decessi inferiore a Regioni come l'Emilia-Romagna – e vi ho fatto prima il caso – il Piemonte e la Toscana, che nei mesi di febbraio e marzo hanno registrato un numero di mortalità superiore alla nostra.
Terapie intensive. Ci hanno spiegato molto bene, il dottor Rosi e il dottor Fattori, che a marzo 2020 il Veneto aveva disposto un piano in cui aveva individuato 825 posti letto di terapia intensiva. Ricordiamo tutti che il 19 maggio il Governo promulga il decreto-legge n. 34, in cui impone di introdurre per la Regione Veneto 343 posti di terapia semintensiva, di cui 50 riconvertibili in terapia intensiva. Ci hanno spiegato bene come sono stati fatti questi provvedimenti, che sono stati dettati dalle previsioni che allora c'erano, non con il senno di poi – ce lo ha spiegato molto bene, il dottor Rosi – e che le previsioni di allora, che sono diventate attendibili verso la fine del 2020, durante i primi mesi del 2020 erano che si arrivasse a 900-1.000 posti letto di terapia intensiva occupati. Quindi, con il senno di poi è tutto un po' più semplice, però allora loro hanno agito in questo modo e hanno ottenuto il risultato, perché hanno sempre garantito i posti letto per le emergenze e per le linee termodipendenti e hanno garantito l'occupazione dei posti letto per le terapie Covid, garantendo sempre e comunque di avere un margine di alcuni posti letto disponibili.
Ci hanno spiegato bene anche la definizione di posti letto attivabili, che è una definizione estremamente chiara. Peraltro, la definizione dei posti letto attivabili è stata illustrata in audizione, ed è la seguente: posti letto dotati di tutte le strumentazioni necessarie (letto, ventilatore, monitor, pompe di infusione) per i quali le Aziende hanno identificato il personale da trasferire da altre attività, al fine di poterli utilizzare per accogliere il paziente. Ci hanno anche spiegato bene – i numeri ve li ho richiamati precisamente prima – che c'era anche il personale a disposizione per attivare questi posti letto.
Il DPCM che istituisce le zone gialle, rosse e arancioni è del 3 novembre, ed è in quella fase che il Governo decide di utilizzare il parametro delle terapie intensive come uno dei parametri per assegnare le zone. Tutta l'attività fatta dalla Regione Veneto è stata fatta nei mesi precedenti, nella prima fase, quindi nella primavera del 2020, e poi è stata fatta in modo significativo durante il periodo estivo, al punto da arrivare pronti nella fase autunnale con il piano di emergenza autunnale. Tra l'altro, è stata anche richiesta dallo stesso Commissario nazionale, che ha consegnato delle forniture al Veneto e ha chiesto, il 4 novembre, alla Regione Veneto di aggiornare il numero dei posti letto indicati a livello nazionale, che poi lo stesso ha certificato.
Indice Rt. Anche qua, abbiamo assistito a una Commissione in cui le domande fatte agli auditi sono state ripetute più volte agli stessi auditi e per tutti gli auditi, e avete avuto le risposte. Però, se le risposte non vi andavano bene, non potete sminuire i lavori della Commissione d'inchiesta e portare tutto su un piano di tipo politico. Probabilmente avevate delle tesi da avallare e non ci siete riusciti, perché sull'Rt avete chiesto se l'Rt veniva influenzato da dati che potevano non essere completi e l'Istituto superiore di sanità vi ha risposto che l'Rt non è un numero impazzito, che si muove, che schizza, ma se ci sono dei dati coerenti permette di dire che i dati sono coerenti, e avere un sistema di monitoraggio che si basa su tanti indicatori permette di dire che i dati erano coerenti. Ancora, vi hanno spiegato che le Regioni sottopongono dei quesiti o chiedono chiarimenti a Istituto superiore di sanità e Ministero della salute, e si discute per trovare i migliori provvedimenti, quelli più appropriati in quel contesto regionale, per quel quadro epidemiologico.
Inoltre ci hanno detto: "Con la Regione del Veneto sicuramente c'è stato un continuo scambio di informazioni e laddove c'era la necessità di chiarimenti sono venuti da una parte e anche dall'altra". Ancora, l'Istituto superiore di sanità ci ha detto: "Noi abbiamo sempre e comunque verificato tutte le Regioni, la consistenza tra questi due indicatori, in particolare l'Rt sintomi e l'Rt ospedalizzati. In qualche modo, quindi, questo è stato verificato. È stata ogni volta riportata alle Regioni l'eventuale incongruenza tra questi indicatori, al fine di valutare, e questo non ha riguardato la Regione del Veneto".
Ma avete chiesto altro quel giorno. Avete chiesto all'Istituto superiore di sanità se le incongruenze sono mai state sollevate alla Regione Veneto e vi hanno risposto che non risulta mai riscontrato un Rt divergente o particolari segnalazioni al riguardo, che non hanno mai osservato anomalie. E hanno aggiunto: "Non abbiamo mai identificato anomalie, non abbiamo mai visto incongruenze e il fatto di guardare a tanti indicatori ci permette di dire che erano coerenti tra di loro".
Abbiamo citato il dottor Gubian. Ebbene, il dottor Gubian, in sede iniziale dell'audizione, ci ha detto testualmente: "Io ricordo fino al 19 ottobre". Sappiamo, infatti, che lui poi si è trasferito in un'altra Azienda al di fuori della nostra Regione.
Abbiamo citato il tema degli asintomatici. Il professor Palù, il 12 ottobre 2021, ci ha detto: "Se guardiamo anche oggi – 12 ottobre 2021 – i dati dell'Istituto superiore di sanità, il 90% è sintomatico o paucisintomatico". Ci è stato ben spiegato dall'Istituto superiore di sanità, dal dottor Pezzotti, come funziona l'Rt. Ci hanno spiegato che l'Rt misura, infatti, la crescita dei casi tra una settimana e l'altra, dove ciò che conta non è tanto la quantità di casi sintomatici riportata, ma è legata proprio alla variazione da una settimana all'altra di quei casi.
Il sistema non è mai saltato, come avete detto voi, e ce lo hanno ben spiegato. Durante tutto il periodo di pandemia, infatti, venivano caricati automaticamente e tempestivamente tutti i nuovi positivi nel sistema di monitoraggio e, conseguentemente comunicati agli organi nazionali, tutti i positivi registrati da parte di tutte le strutture e i soggetti coinvolti, quali laboratori del Servizio sanitario regionale, laboratori privati autorizzati all'effettuazione dei test, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta. Tutti caricavano automaticamente al sistema nazionale. Questo dimostra che la strategia regionale adottata fin dalle prime fasi dell'emergenza pandemica, successivamente confermata nei diversi piani di sanità pubblica che si sono succeduti, ha previsto misure finalizzate a promuovere l'individuazione e la registrazione di tutti i possibili casi positivi da parte di tutte le strutture e i soggetti coinvolti.
Il calcolo dell'Rt, inoltre, non considera – altra cosa importante – tutti i soggetti con data di diagnosi compresa nei quattordici giorni precedenti alla data del calcolo, che pertanto vengono scartati dall'algoritmo nazionale, al fine di avere indicatori su dati consolidati, proprio in virtù del fatto che il sistema di monitoraggio definito dall'Istituto considera l'esigenza di un intervallo temporale necessario alla raccolta e al completamento dei dati.
L'Istituto superiore di sanità ha evidenziato che la comunicazione della Regione Veneto all'Istituto sull'attività messa in atto ha favorito il processo di completamento dei dati per il calcolo dell'Rt e che così agendo il valore dell'Rt non poteva che aumentare, determinando una stima della circolazione virale più corretta e aderente alla reale situazione epidemiologica.
Potrei andare avanti ancora a parlarvi dell'Rt, perché secondo me è anche interessante. Lei saprà già tutto, ma agli altri magari può interessare.

PRESIDENTE

Collega, però la invito a chiudere.

Sonia BRESCACIN (Zaia Presidente)

Va bene. Grazie, Presidente.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Collega Scatto, prego.

Francesca SCATTO (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Dopo le più che esaustive spiegazioni della presidente Brescacin, io credo che soffermarsi ancora su quelli che sono i numeri, che possono risultare a questo punto un qualcosa che può anche stancare, io mi sento di dover dire altre cose, e cioè che il 18 marzo 2020 abbiamo assistito a scene che non pensavamo in vita nostra di vedere mai. Io partirei da questo, perché quei camion militari che trasportavano le bare a Bergamo ci sono rimasti ben impressi e rimarranno impressi nelle nostre menti per sempre. Io credo che sia questo, dopo tutto quello che è stato detto, dopo tutto il lavoro che è stato fatto nella Commissione, il punto da cui dobbiamo partire oggi, a chiusura dei lavori di questa Commissione.
Non si possono trarre delle conclusioni su un tema così complesso come la mortalità, osservando un ristretto periodo di tempo, scelto ad libitum tra l'altro, perché parliamo della seconda ondata. La seconda ondata ci ha colti nuovamente di sorpresa perché, come disse la dottoressa Russo, effettivamente era anche cambiato il virus. Vorrei sottolineare anche che il periodo di cui ci stiamo occupando è stato caratterizzato da una pandemia, che nella derivazione greca del termine vuol dire che riguarda tutti i cittadini. Non credo ci voglia molta fantasia per immaginare quanto un tale evento possa cogliere di sorpresa chiunque, anche gli amministratori più preparati.
Ho sentito dire prima in un intervento che il Veneto era del tutto impreparato. Vorrei dire che la Regione del Veneto si era dotata di elementi organizzativi per fronteggiare le emergenze di natura infettiva e ha tempestivamente risposto all'emergenza Covid. Infatti, in aderenza a quanto previsto dal Piano nazionale per la pandemia influenzale del 2007, la Regione del Veneto, con un atto siglato il 13 aprile 2007, ha aderito al progetto "Sostegno alle funzioni di interfaccia tra le Regioni e le Province autonome e il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie", documento approvato dalla Conferenza degli Assessori regionali alla sanità nella seduta del 18 giugno 2006.
Con deliberazione di Giunta regionale n. 2315 del 28 luglio 2009 è stato definito il Coordinamento regionale per la prevenzione e il controllo delle malattie. Successivamente è stata formalizzata l'istituzione di una task force regionale per la definizione di un protocollo per la gestione dei casi sospetti di influenza A/H1N1. Con la DGR n. 443 del 20 marzo 2012 è stato fatto il Piano per la preparazione e la risposta ad emergenze di sanità pubblica, con particolare riferimento alle emergenze infettive, ed è stato istituito in Regione Veneto un modello organizzativo permanentemente strutturato di rete aziendale e regionale, capace di rispondere con elevato profilo organizzativo e gestionale ad emergenze sanitarie, con particolare riferimento a quelle di natura infettiva.
La collega Baldin forse non sapeva, non era al corrente di queste notizie, altrimenti sono assolutamente certa che non si sarebbe espressa in tal senso.
Ci sono state Regioni con minor numero di morti in una prima fase, che poi hanno mantenuto un numero maggiore di soggetti a rischio nelle fasi successive, Regioni e Paesi nel mondo che in fase diverse hanno avuto degli andamenti diversi. Ripeto, il virus è cambiato nella seconda ondata.
Ma vorrei dire ancora altro. Prima la controrelatrice Camani diceva: dobbiamo capire cosa sia avvenuto. Ebbene, io credo che sia questo. D'altronde, se noi andiamo avanti con una relazione di maggioranza e una relazione di minoranza in cui i dati non sono assunti come veri, non ne usciremo mai. Quindi, quello che voglio dire è questo: chi avrebbe saputo, nelle condizioni in cui noi ci trovavamo in quel momento, che cosa fare assolutamente?
Prima la correlatrice Camani si chiedeva: quale strada avrebbe potuto prendere la storia se fossero state prese altre decisioni? Ma questa non è una domanda che si adatta a questa tipologia di problematica, perché qui abbiamo dovuto tutti combattere la battaglia con i soldati e con i mezzi che avevamo. E io sono assolutamente convinta che i mezzi che avevamo li abbiamo usati tutti, alle volte ce li siamo anche inventati! Però, se non partiamo da questo principio, se non partiamo dalla buonafede delle intenzioni, questa Commissione non sarà servita a nulla. Del resto, che cosa andremo a dire ai cittadini? Che stiamo litigando oggi per sapere chi aveva ragione? La ragione non l'hanno avuta le persone che sono morte, purtroppo. Non possiamo farci niente e niente avremmo potuto fare. Avremmo voluto tutti fare qualcosa di più: è questo quello che ci dobbiamo dire. Penso che nessuno in quest'Aula possa dire che non è vero.
Concludo dicendo che credo solo questo possa essere quello che dobbiamo dirci oggi. È stato un periodo che ci ha segnato tutti, tutti, qualcuno più, qualcuno meno. Ma sicuramente tutti abbiamo fatto la nostra parte. Infine, consigliera Camani, e so che non le piace sentirselo dire, il presidente Zaia è stato un grande Presidente, tant'è che la Regione Veneto è stata presa ad esempio da tutte le altre Regioni.
Grazie.

PRESIDENTE

Collega Zecchinato, prego.

Marco ZECCHINATO (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Anch'io voglio partire da una frase che è stata detta in audizione, proprio per far capire da dove partiamo, ed è stata detta dal professor Brusaferro, il quale dice: "Io ribadisco che la Regione Veneto ha un impianto organizzativo, per quanto consta a noi, molto ben strutturato, in particolare sulla prevenzione". E va avanti. Cioè, da dove partiamo? Partiamo dal fatto che la Regione Veneto, quando è arrivata la pandemia, fortunatamente, nonostante sia stata un evento inaspettato, partiva comunque da un impianto strutturato. Lo preciso perché tante volte letture danno adito al fatto che ci troviamo di fronte a una struttura che non è così ben organizzata, e invece è il contrario.
Quando ci si trova di fronte a un'emergenza – lo dice il termine stesso, e mi trovo d'accordo con il collega Valdegamberi – ci si trova a fronteggiare una situazione imprevista e imprevedibile, pertanto una Commissione come la nostra, per vedere e valutare a posteriori scelte fatte in emergenza, dovrebbe perlomeno partire dal presupposto che le scelte fatte andrebbero viste con gli occhi di allora, come è stato detto. Allora, se le guardiamo con gli occhi di allora, vuol dire che dobbiamo renderci conto che allora, sia nella prima ondata che nella seconda, affrontavamo l'imprevedibile nell'imprevedibile, l'emergenza nell'emergenza e l'urgenza nell'urgenza. Oggi, invece, abbiamo elementi e conoscenze diverse, sicuramente certezze rispetto ad allora, magari perché le analisi ci sono state, ed è evidente che il nostro giudizio è viziato in qualche modo. Pertanto, qualsiasi cosa si dica in una ricostruzione, è comunque viziata rispetto ad allora.
Abbiamo audito molti testi, molti professori, medici e rappresentanti di sindacati e categorie, e per questo motivo voglio riprendere una frase che è stata detta da un dottore, il Presidente dell'Associazione Ippocrate, che è un'associazione super partes, nel senso che non è un sindacato, non è un nostro dipendente, non è un nominato, ed è il dottor Zaramella, che i vicentini conosceranno bene perché lavora in ULSS n. 8. Questo stimato medico a un certo punto dice: "Si poteva fare meglio? Per principio sì, io penso di sì. Chi pensa che qualsiasi cosa non possa essere fatta meglio è di per sé limitativo. Si poteva fare di più?. No, più di così no. Era umanamente impossibile fare di più". Quello che ha detto credo sia vero. Ricordo che il dottor Zaramella è un medico che è stato in prima linea. Ma credo che questo concetto valga per tutti, perché dobbiamo pensare che c'è stato, sì, il personale sanitario che è stato in prima linea, medici e infermieri, ma c'è stato anche il personale amministrativo e tecnico. Pensiamo agli idraulici, agli elettricisti, ai muratori, a chi ha lavorato negli ospedali per trovare gli spazi per fare le aree di terapia intensiva e le aree compartimentate. Tutti i giorni tutti quanti hanno dato il massimo.
A maggior ragione credo che questo concetto sia estendibile alle Istituzioni. Abbiamo avuto un esercito di Sindaci, di Presidenti di Regione (anche il nostro Presidente) e di Assessori che ogni giorno hanno cercato di dare il meglio, per quanto umanamente possibile. Per cui, anch'io trovo difficile credere che qualcuno abbia giocato su dati, su valutazioni e su analisi, anche modelli predittivi, per cercare di svincolare dagli obblighi che c'erano. Tutti ‒ secondo me, e voglio crederlo, altrimenti sarebbe veramente grave ‒ hanno cercato di lavorare nella stessa direzione e per il bene dei cittadini, tenendo sempre conto che chi fa parte delle Istituzioni ha dovuto scegliere, cioè coordinare questo esercito che lavorava per il bene dei cittadini, tenendo conto di vari aspetti (sanitari, sociali, economici, di ordine pubblico) e ha preso decisioni molto difficili. Questo ci tenevo anch'io a ribadirlo, anche se sembra una ripetizione, magari, con qualche intervento che c'è già stato, però è importante ricordarselo e averlo bene in testa.
Vorrei aggiungere un ultimo ragionamento, molto veloce, sull'utilizzo dei tamponi rapidi e molecolari. I tamponi sono di per sé un mezzo per fare diagnosi. Non sono un mezzo per proteggere la comunità. Il tampone è il primo metodo che si usa per identificare e isolare il virus, come è stato. In questo caso ce lo ha ricordato bene il professor Palù nell'audizione del 12 ottobre 2021. Questo ci ricorda che la prevenzione, così come il contrasto alla trasmissione del virus ‒ e anche questo è derivato dalle audizioni che abbiamo fatto ‒ sono stati determinati in primis da misure igienico-comportamentali e non da programmi di screening. Infatti, nelle strutture si sono svolti anche corsi proprio per questo, per cercare di limitare il propagarsi del virus.
Dico questo perché nella gestione della pandemia sono stati utilizzati tamponi rapidi e tamponi molecolari che, in maniera diversa, hanno la stessa finalità. Voglio ribadire che l'utilizzo dei tamponi molecolari non ha subìto flessioni nelle varie ondate. Era rapportato alla capacità di poterli fare, quindi in base ai macchinari disponibili, alle capacità di refertazione e alla disponibilità di attrezzature. I tamponi rapidi, quindi, si sono aggiunti a quelli molecolari che già si facevano e si sono continuati a fare. Come abbiamo sentito, si è passati da 3.000 a 9.000, a 16.000 e, nei punti di massima, a 25.000-27.000 tamponi molecolari al giorno.
Vi do un dato per riflettere. Noi abbiamo, nell'ambito della regione Veneto, circa 10.000 dipendenti, come medici, e 25.000 come personale di comparto (infermieri, personale ostetrico e altro personale), quindi siamo già a 35.000 unità. In più, abbiamo tutto l'altro personale, sempre legato al sistema sanitario, oltre a quello delle Case di riposo (circa altre 30.000 unità di personale, che non sono dipendenti nostri). Siamo, quindi, a cifre molto alte. Neanche volendo si sarebbe potuto fare il tampone molecolare continuamente a questi soggetti.
Aggiungo un dato. Era rapportato, quindi, alla capacità di poterli fare. Il fatto di aver utilizzato, invece, in maniera combinata i due tipi di tampone, in particolare aver usato molti tamponi rapidi con esito immediato, seppur con minore sensibilità, ha consentito comunque un grande vantaggio. La maggiore frequenza con la quale venivano fatti sicuramente sopperiva anche a quella minore sensibilità che poteva esserci. Questo ha consentito di individuare soggetti positivi che non sarebbero mai stati individuati e che non si sarebbero potuti fare rispetto ai numeri che avevamo con i tamponi molecolari e ha consentito di isolare tempestivamente il positivo, anziché attendere più giorni dall'esito, anche nel caso di personale che veniva testato. In molte strutture si faceva sia il molecolare sia il rapido, in base alle possibilità che c'erano e in base alla tempistica che ci si era dati. Questo dava la possibilità di testare e di avere persone disponibili che, altrimenti, non lo sarebbero state se avessero dovuto attendere l'esito.
Questo non confligge con la circolare del Ministero, che è stata citata più volte, in quanto la circolare n. 35234 del 30 ottobre 2020 recita così: "Il test antigenico rapido è un'alternativa da considerare in quei contesti in cui sono vantaggiosi l'identificazione e l'isolamento rapido dei positivi a tutela dei soggetti fragili, a rischio di complicanze e delle larghe comunità chiuse". Per cui, il fatto di poter aver avuto l'utilizzo dei tamponi rapidi, oltre ad aggiungersi a quelli che potevamo già fare, molecolari, e quelli erano, è stato sicuramente un beneficio e un valore aggiunto, che altrimenti non avremmo avuto. Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Collega Pan, prego.

Giuseppe PAN (Liga Veneta per Salvini Premier)

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, su questa vicenda volevo ringraziare ‒ penso di poterlo fare a nome di tutti i Gruppi, ma anche di tutti i colleghi presenti ‒ i medici, il personale infermieristico, tutti coloro che, sia all'interno dei nostri ospedali sia all'interno delle Case di riposo, hanno svolto servizio di assistenza. I volontari, la Protezione civile, la Croce Rossa e tutti coloro che hanno assistito il nostro popolo veneto in questa fase cruciale della propria esistenza. Era dal 1600, dalla peste, dai lazzaretti qui fuori, nelle isole, che non si vedeva una cosa del genere. Prima di tutto, penso, bisogna ricordare queste persone (tra l'altro, tante di queste non ci sono più), questo spirito di volontariato, che è caratteristica del nostro popolo, che è caratteristica delle nostre genti.
Detto questo, dobbiamo avere grande rispetto di tutte quelle famiglie che hanno avuto tutti questi morti, questi lutti, tutte queste situazioni, gli ammalati e tutti coloro che dal Covid hanno anche avuto problemi di salute e li hanno ancora adesso.
Ciò che ci è capitato addosso ‒ è stato ricordato ‒ è stata una pandemia, una catastrofe a livello globale. Chi si aspettava che da Wuhan arrivasse tutto questo in pochi giorni? Primo caso in Veneto, a Vo', tra l'altro il papà di una mia cara amica, [...], deceduto.
Le zone rosse, le zone gialle, le zone arancioni, il Green Pass, le chiusure, le proteste, i No-Vax. Ricordiamo tutto questo, quello che è stato, quello che abbiamo vissuto. Una pagina di storia, una triste pagina di storia che tutti noi abbiamo vissuto. Chissà quante generazioni ci vorranno ancora perché si viva di nuovo tutto questo.
In secondo luogo, volevo ringraziare per il lavoro svolto dalla presidente Brescacin e dai componenti della Commissione, per questa relazione, che ha tirato fuori tutte le problematiche, tutte le specialistiche, tutte le parti di questo periodo, facendo un riscontro oggettivo, un riscontro importante e, chiaramente, puntuale.
Voglio ringraziare anche l'Assessore, qui presente con noi, per il lavoro svolto insieme a tutte le strutture regionali che si sono adoperate in quel periodo.
Volevo ringraziare il nostro Presidente, il presidente Zaia, per essere stato sempre presente, tutti i giorni, a tutte le ore, giorno e notte, in mezzo a noi, anche quando eravamo chiusi in casa. Ci dava ogni giorno una voce di speranza. È di quello che i veneti avevano bisogno in quel momento. Una speranza e un'informazione puntuale, tutti i giorni. Penso che, sentendolo, non abbia dormito molto o abbia dato molto del suo, anche a livello fisico, come è stato ricordato, in questo periodo.
Se c'è una cosa che mi dà fastidio oggi, però, è questo subdolo teorema nascosto all'interno di questa contro-relazione delle minoranze. È subdolo. Qui stiamo parlando di morti. Questa accusa subdola al nostro Presidente... Perché è qui che vogliamo arrivare, è a questo che volete arrivare voi. Portarlo davanti ai magistrati. Si parla di magistratura. "Manderemo i nostri dossier". Ma mandate i dossier alla magistratura. Mandiamo i dossier alla magistratura. Il subdolo teorema è che il nostro presidente Luca Zaia si sia divertito oppure abbia fatto di tutto pur di mantenere la zona gialla, per mantenere le attività aperte, il turismo e quant'altro, fregandosene dei 3.000 morti veneti che ci sono stati. Questo è quello che state dicendo oggi. State dicendo che il nostro Presidente, il Presidente del Veneto, il presidente Luca Zaia se n'è infischiato di tutto e di tutti e delle norme per lasciare aperto il Veneto, perché il Veneto è produttivo, perché siamo la prima regione turistica in Italia. Se è vero questo, è da portare ‒ come Putin l'altro giorno ‒ in un processo per crimini umanitari davanti al Tribunale umanitario dell'Aia, se questa è la vostra teoria. Anche Manuela insieme. Siamo arrivati veramente al ridicolo. Questo è quello che voi asserite nella vostra relazione: in quel periodo, da settembre-ottobre 2020 a gennaio, ce ne siamo infischiati (facciamo la zona gialla, lasciamo che tutto vada bene, facciamo che i morti siano morti).
Invece, ci vuole rispetto: rispetto dei morti, rispetto delle famiglie e soprattutto rispetto del lavoro che ha fatto il nostro Presidente in quel periodo, che ha salvato chissà quante migliaia di vite, che ha fatto sì che il Veneto arrivasse ai nostri giorni, superando questa pandemia, portando a casa strumentazioni, facendo funzionare gli ospedali, facendo fare tutta una serie di azioni, comportando la fuoriuscita da questa pandemia.
E poi, i tamponi rapidi. Sui tamponi rapidi ha detto bene la collega Brescacin e hanno detto bene i colleghi. Il 2 ottobre hanno iniziato a testare i tamponi rapidi. Il 13 ottobre la seconda ondata. Tutto il mondo ha usato i tamponi rapidi, magari in breve successione (un giorno sì e un giorno no). Facevamo solo 16.000 tamponi molecolari. Tra l'altro, il famoso microbiologo Crisanti, guarda caso, che doveva fare lo screening dei tamponi molecolari a Padova, ti faceva aspettare 5-6 giorni prima di avere la risposta. Stiamo ancora aspettando il suo famoso studio sui tamponi rapidi, che non abbiamo mai visto. Dov'è questo studio dei tamponi rapidi di Crisanti? Senatore. Perché, poi, la fortuna politica di qualcuno, magari, è passata anche attraverso questo.
Di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di questa vostra fobia verso il presidente Zaia, perché è il miglior Presidente dei Presidenti d'Italia, perché è quello più votato. Perché voi avete questo cruccio dalle elezioni. Quindi, per distruggere l'avversario politico bisogna portarlo davanti ai magistrati, davanti a un tribunale. Cosa c'è di meglio per la Sinistra che portare davanti a dei magistrati, per distruggerlo, il proprio avversario, se non si riesce a farlo con i voti del popolo? Giusto? Questa è la vostra teoria, che però passa attraverso ‒ che cosa? ‒ una speculazione sui morti delle nostre famiglie venete.
Io vi dico solo che dovete vergognarvi. Questo dovete fare. Dovete vergognarvi di quello che state portando in quest'Aula oggi. Dovete vergognarvi.

PRESIDENTE

Collega Venturini, prego.

Elisa VENTURINI (Forza Italia - Berlusconi - Autonomia per il Veneto)

Grazie, Presidente.
È quantomeno curioso l'atteggiamento che a livello nazionale si ha, direi tiepido, nei confronti dell'istituzione della Commissione d'inchiesta e dello svolgimento di indagini sulla gestione della pandemia da parte del Governo Conte ad opera dei partiti che oggi vedo particolarmente agguerriti in Aula nel giudicare l'operato del presidente Zaia nelle fasi più acute della pandemia. Ma tant'è.
Abbiamo acquisito, come componenti della Commissione d'inchiesta, i dati relativi alla gestione della pandemia. Scaturisce una riflessione, che gli amministratori locali magari comprendono bene: quando un amministratore ‒ soprattutto locale, e penso a un Sindaco, a un Presidente di Provincia, a un Presidente di Regione ‒ deve prendere delle decisioni in momenti di emergenza, decisioni che fanno tremare le vene ai polsi, per quanto si abbiano stuoli di consulenti e ci sia anche un apparato tecnico competente, si trova nella più assoluta solitudine. C'è un obiettivo che un amministratore tenta sempre di perseguire: il bene dei suoi amministrati. Io sfido a trovare amministratori, in occasioni di difficoltà, di emergenza, che adottino decisioni finalizzate a creare un nocumento, un danno ai propri cittadini.
È facile, con il senno di poi, esprimere giudizi. Però bisogna ritrovarsi nelle emergenze e gestirle. Bisogna capire il contesto nel quale si opera. Gli stessi dati, come è stato più volte detto, devono essere contestualizzati. Una cosa è agire in emergenza. Nell'ordinario è ben diverso. È chiaro che questa attività di contestualizzazione è necessaria per capire anche il valore dell'operato da parte degli amministratori. Altro, invece, è quello che si è tentato di fare, ed è stato anche messo in evidenza: pensare, cioè, che ci possano essere dei magheggi per quanto riguarda la gestione dei dati. Penso che qui si ricada in altre fattispecie, che in questo caso non ci sono. Noi pensiamo che non sia questo il caso. Anche perché il fine ultimo è sempre il benessere dei nostri cittadini, il benessere dei veneti, la tenuta del nostro tessuto veneto.
Con questo noi diciamo, come Gruppo, che la relazione della maggioranza la condividiamo, la sosteniamo, anche perché riconosciamo il grande lavoro svolto dai professionisti del settore, soprattutto della Sanità, ai quali va il nostro ringraziamento. Penso sia stato fatto di tutto per poter uscire dalla pandemia nel miglior modo possibile, nonostante tutte le difficoltà.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Villanova, prego.

Alberto VILLANOVA (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Il consigliere Pan è ancora carico.
Parto e prendo a riferimento la correlazione, la contro-relazione, meglio. Abbiamo sentito tanti interventi, ma mi ha stupito un po' l'intervento iniziale, quando si è detto che non siamo un tribunale. Ho detto: dai, forse per la prima volta riusciamo a parlare in maniera obiettiva di quello che è successo. In realtà, non saremo un tribunale, ma la sentenza l'abbiamo già sentita dare più e più volte negli interventi che sono stati fatti dall'opposizione.
Ringrazio, innanzitutto, per gli interventi che mi hanno preceduto, in particolare quello della presidente Brescacin, che ha portato tutti i numeri di cui avevamo bisogno. Dati scientifici che sono stati portati ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, in quest'Aula. Penso che quello che abbiamo sentito, più che dati scientifici o interpretazioni di questi dati, siano state considerazioni politiche.
In Commissione avete avuto a disposizione i maggiori esperti regionali e nazionali, ai quali potevate fare domande, chiedere spiegazioni. Avevate la possibilità di interloquire con chi ha avuto il compito e la responsabilità di prendere decisioni. Molto spesso ho visto sui giornali che, invece di ascoltare quello che veniva detto da questi esperti, l'opposizione li contestava sulle loro attività. Stiamo parlando di scienziati. Non stiamo parlando di Consiglieri regionali della Lega, ma di scienziati. E anche di livello nazionale.
Noi avevamo veramente la speranza di poter affrontare un'emergenza, una tragedia che ha colpito il nostro territorio in maniera obiettiva. Da questa esperienza si può sempre migliorare. Nessuno qui pensa di avere la verità in tasca e di aver fatto tutto giusto e sempre giusto, però sentirci dire ancora una volta, dopo tre anni, che questa Amministrazione ha la responsabilità di qualche migliaio di morti è un qualcosa che, a me personalmente, ma penso a tutti i Gruppi che rappresento, risulta inaccettabile. Inaccettabile.
Da ciò che avete portato come contro-relazione, che prende dentro tutti i Gruppi di minoranza, emergono due dati politici fondamentali. Il primo è che avete abbandonato il vostro cavallo di battaglia, quello sui tamponi rapidi. Quello studio, mai pubblicato, che avete portato avanti per anni. Tant'è vero che la contro-relatrice mi ha stupito dicendo: "Sui tamponi rapidi non entro nel merito". Guarda caso. Ci sono entrati nel merito per anni, ci hanno attaccato in tutti i modi possibili e immaginabili sui tamponi rapidi, però nella contro-relazione non si entra nel merito. Ma che bello!
Abbiamo visto che è stato cambiato il cavallo di battaglia. Adesso il cavallo di battaglia non sono più i tamponi rapidi. Probabilmente chi ha portato avanti questo studio ha già ottenuto quello che voleva, magari un seggio al Senato. Siamo risaliti su un tema che, invece, ci aveva già visto sotto attacco a fine 2020, inizio 2021, cioè il tema del numero delle terapie intensive. Quello che voi avete affermato in quest'Aula oggi non è un qualcosa, secondo me, come diceva il collega Pan, di ridicolo o comico, ma è un qualcosa di gravissimo. Nel momento in cui voi dite che la trasmissione dei dati è stata modificata ad arte per impedire il passaggio da zona gialla a zona arancione o a zona rossa e aggiungete ‒ virgolettato ‒ che "sono stati gonfiati i numeri dei posti letto in terapia intensiva, sempre per evitare il passaggio in zona arancione o in zona rossa" voi non state facendo una battuta, ma state dicendo che c'è stato un falso in atto pubblico. State correlando quello che è il nesso tra causa e effetto tra queste manomissioni dei dati e il risultato di aver avuto qualche migliaio di morti in più in Veneto.
Se voi avete il coraggio di dire quello che state dicendo oggi in un'Aula istituzionale, mi chiedo, perché in tutti questi anni non avete portato questo tema in Procura e non avete denunciato? Ve l'abbiamo detto la prima volta nel maggio 2021, quando abbiamo fatto una Commissione in quest'Aula. Perché non siete andati a denunciare questi fatti, se siete sicuri che ci sia una correlazione diretta? Voi fate vedere i grafici degli studi. Voglio ricordarvi che quegli studi statistici sono fatti con dei modelli matematici. Nessuno di quegli studi ha il caso-controllo. Io ho guardato prima su PubMed, dove vengono pubblicati gli studi scientifici, che vengono pubblicati sul serio. Qui ho trovato, ma ne trovate anche voi... Professor Lorenzoni, lei sa come funziona. Se ne trovano finché si vuole. Trovo uno studio pubblicato che dice che un lockdown ‒ quindi, la misura estrema di chiusura ‒ provoca venti volte i morti rispetto a una non chiusura. Questo è scritto. Dopo ve lo consegno e ci date un'occhiata. Ripeto: lontano da me pensare che sia vero, ma questo è un articolo pubblicato.
Possiamo trovare tutto e il contrario di tutto, ma quei dati che voi portate sono dovuti a un modello matematico e, in base ai coefficienti che vengono inseriti, cambia il risultato. Però, se voi siete convinti di quello che state portando avanti, dovete andare a denunciare. Non ci sono alternative. Come abbiamo deciso dall'inizio, i risultati di questa Commissione d'inchiesta verranno portati tutti in Procura, nella massima trasparenza. Io mi chiedo, però, perché voi non l'abbiate fatto.
Ci tengo anche a precisare una cosa, visto che il tema dei tamponi rapidi è stato toccato in maniera così veloce da una vostra Consigliera di minoranza. Mi riferisco al fatto che ci sia un'inchiesta sui tamponi rapidi. No, signori. L'inchiesta non è sui tamponi rapidi. L'inchiesta è su un presunto falso ideologico. Stiamo parlando di tamponi che sono stati certificati da tutte le Autorità regolatorie che ci sono in Europa e nel mondo. Il vostro cavallo di battaglia, quando si è trovato a gestire l'emergenza in un'altra Regione, non ha preso quelli che erano tamponi rapidi di multinazionali occidentali. Ha preso tamponi rapidi, 1.300.000 tamponi rapidi provenienti dalla Cina e li ha utilizzati nello stesso modo. Anzi, lo abbiamo visto prima, con una frequenza minore rispetto a quella usata nel Veneto.
Mi dovete spiegare anche un'altra cosa. Se i tamponi rapidi non funzionano in Veneto, posso sapere perché il ministro Speranza, il Ministro della Salute, che se non sbaglio adesso è tornato all'interno del PD, ha usato, sia con il Governo Conte 2 sia nel Governo Draghi, i tamponi rapidi di prima e seconda generazione anche per le entrate e le uscite dalla quarantena? Perché sono stati usati come spina dorsale di tutto il sistema di tracciamento anche nelle ondate dove ci sono stati i numeri più alti se non si potevano usare? Oppure, perché i tamponi rapidi non vanno bene solo in Veneto, ma nel resto d'Italia funzionano? Se vengono usati anche da chi li contrasta in Veneto... Se vengono usati in Sardegna, questo funziona. Se li prende il ministro Speranza, li adotta e li fa usare da tutte le farmacie d'Italia, anche nei casi positivi, per entrare e uscire dalla quarantena questo va bene.
Bisogna essere anche un pochino coerenti. Siatelo fino in fondo. Sono tre anni che ci accusate delle peggiori nefandezze, di aver provocato morti. Dico "ci avete accusato" perché noi facciamo parte di un'Amministrazione dove il presidente Zaia ha messo la faccia, però dietro ci siamo tutti noi. Ci avete accusato in tutti i modi. Abbiate il coraggio di andare in Procura a portare questa vostra tesi di oggi. Personalmente, a farmi accusare di avere qualche migliaio di morti sulla coscienza non ci sto, e penso neanche i miei colleghi.

PRESIDENTE

Collega Soranzo, prego.

Enoch SORANZO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente.
Innanzitutto voglio iniziare questo intervento a nome del Gruppo – se posso, grazie; poi vi scambiate i grafici – ringraziando tutti i componenti della Commissione che hanno lavorato per un anno, questo è un dato che voglio sottolineare, e che hanno visto la nostra partecipazione. Io ho partecipato per una parte. Poi, come molti sanno, ero davvero impegnato in troppe Commissioni e ho dovuto abbandonare. Ringraziamenti, quindi, doppi e veramente sentiti.
Questo, però, ci ha dato modo di poter leggere con attenzione... Voglio anche esprimere una cosa, che magari interessa a pochi. Come abbiamo lavorato. Abbiamo iniziato a leggere, in ordine cronologico, prima la relazione della minoranza e poi quella della maggioranza, o, meglio, a firma del presidente Brescacin, che ha anche il ruolo e la responsabilità della Commissione. E non lo dico a caso.
Abbiamo iniziato a leggere i lavori della Commissione. Cominciamo a dire che questa Commissione voluta e votata all'unanimità è una Commissione che si è approcciata, e non è così scontato in altre Regioni e in altri Enti, con un atteggiamento operativamente, di lavoro, importante (dodici sedute e cinquantasette auditi), ma soprattutto in streaming. Sul sito del Consiglio regionale, qualunque persona poteva seguire i lavori della Commissione. Non è una cosa insignificante. Anzi, ha un grosso valore di trasparenza.
L'approccio, poi, l'attività emersa dalle relazioni. La reazione che ha avuto la struttura sanitaria, il sistema sanitario veneto, dalle relazioni, a nostro avviso, è risultata concreta, coraggiosa, tempestiva e, talvolta, forse troppo puntuale. Dico "forse troppo" perché, di fatto, secondo noi, si è inserita in un contesto magari proprio non di competenza.
La cosa che, poi, emerge è che nessun paziente è stato inviato fuori dalla struttura sanitaria veneta, cioè fuori dai confini della regione. Cosa che è accaduta in altre regioni.
L'altro dato, che magari è stato oggetto, è oggetto, è un dato sensibile, un tema sensibile per chi ci ascolta (stiamo parlando di persone decedute, di famiglie ferite), che rimarrà per sempre è che anche nelle RSA non c'è stato nessun paziente ‒ almeno così recitano le relazioni agli atti di quest'Aula ‒ che è tornato a casa dal ricovero in struttura ospedaliera. Questo vuol dire che il sistema ha dato una risposta, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti.
Poi l'attività, nei fatti, vede che il Veneto ha attivato provvedimenti prima dei dispositivi dello Stato. Questo lo si vede dalle relazioni, in particolare dalla relazione citata. In particolare, lo si può vedere dalla relazione della dottoressa Russo, la quale ci tiene ‒ nella relazione ‒ a elencare il lavoro che è stato fatto in tempi "non sospetti". Oppure sospetti, magari, lo erano per qualcuno a Roma. Ricordiamoci cosa è emerso all'inizio del 2020 all'interno del Ministero della Sanità. Mentre i provvedimenti arrivano solo successivamente, la dottoressa Russo dichiara che già a gennaio 2020 il gruppo operativo, a risposta regionale, si era inserito, era stato istituito; già a fine gennaio del 2020 era pronto un Piano di sanità pubblica e il 21 febbraio, quindi, c'era già un gruppo operativo pronto, di fatto, a occuparsi di quello ‒ che in quel momento non era ben chiaro ‒ che sarebbe arrivato, atterrato sulla nostra regione, come probabilmente in tutto il mondo. Il 21 febbraio 2020, quindi, grazie a questo gruppo operativo, tutti sapevano – dice così – cosa fare, almeno con gli strumenti che si avevano a disposizione in quel momento. Da lì inizia il tema del contact tracing.
Recita, poi, quelle che sono state ‒ come si può vedere ‒ le differenze tra la prima ondata e la seconda ondata. Il Veneto, poi, recita sempre nella relazione, ha attivato restrizioni molto spesso maggiori rispetto ai dispositivi previsti dallo Stato. Recita, poi, che il contact tracing, con un cruscotto, consentiva di sapere in quanto tempo la sanità pubblica poteva reagire alla presa in carico del soggetto riscontrato positivo. Completa, quindi, questo ragionamento, la relazione, dicendo che il cardine della strategia regionale veneta era l'individuazione precoce di tutti i possibili soggetti positivi per prenderli in carico, intervenire, seguirli e, di fatto, interrompere la catena del contagio.
I dati contenuti nella relazione di maggioranza, quindi depositati a firma della presidente Brescacin, portano, poi, due dati: quello sul rapporto dell'eccesso di mortalità e quello sui tamponi. Sui tamponi molti colleghi sono intervenuti. Credo sia anche ridondante ritornarci sopra. Tra le varie relazioni e interventi di auditi, si comprende che il combinato disposto del test rapido insieme al test molecolare era la strategia, lo strumento ritenuto più efficace e migliore. Poi, uno può intervenire sulla tempistica. Abbiamo visto che ci sono varie versioni.
Sull'eccesso di mortalità la presidente Brescacin ha fatto benissimo a citare quello che, di fatto, le relazioni... Che non sono una cosa depositata a caso, ma di fatto sono ‒ speriamo sia così; siamo sicuri sia così; sarebbe grave il contrario ‒ la spina dorsale di questa presa d'atto, le risultanze di una Commissione d'inchiesta che ha, ai sensi dello Statuto e del Regolamento, il compito di mettere in evidenza e mettere in luce quello che è accaduto nella struttura, cercando, come qualcuno ha detto, di analizzare per non ripetere. "Analizzare per non ripetere" diceva la consigliera Guarda. Qualcun altro poi vedremo cosa diceva.
Su questi numeri sul rapporto tra eccesso di mortalità, riportava bene, la presidente Brescacin, il fatto che il Veneto, sia nella prima analisi che nella seconda, risultava tra i più bassi ‒ questi sono dati depositati ‒ rispetto alle altre regioni o rispetto all'Italia e l'Italia rispetto ad altre nazioni. Non è un dato irrilevante. Ci tengo ad evidenziare ancora una volta questo: da qui nasce... E qui devo dare ragione, e lo dico ai colleghi di minoranza, a chi mi ha preceduto. L'impressione di quest'Aula e di chi ci sta ascoltando, credo di non sbagliare, è stata abbastanza chiara all'inizio, negli interventi che si sono susseguiti da parte vostra, dalla correlatrice Camani a seguire, che purtroppo, ahimè, confermano la relazione della minoranza depositata.
Non c'è nulla da ridere, collega Camani. Lei, prima, durante l'intervento del collega Pan, quando asseriva che il presidente Zaia avrebbe modificato i dati e che questo è quello che vorreste affermare, ha detto "è proprio vero", fuori microfono. Lo dico io perché l'ho sentito e l'ho visto. Questa non è sicuramente una cosa carina da vedere in un'Aula come il Consiglio regionale, soprattutto su un tema come questo, che impone serietà, senso di responsabilità e rispetto, non tanto per noi stessi, ma per quelle persone che stanno ancora soffrendo.
Tornando al ragionamento, nella relazione della minoranza e negli interventi è vero che l'impressione è quella che si voleva in qualche modo suggellare una teoria, un teorema, diceva il collega Pan (voglio sperare di no, ma lo lasciamo agli atti di questa Aula), che di fatto la Regione Veneto avrebbe trasmesso al Ministero dati che avrebbero in qualche modo evitato che scattasse la zona rossa. Cosa vuol dire, quindi? Uno: che la Regione Veneto ha mentito? Questo vorreste dire? Due: che la Regione Veneto ha fatto finta di non rilevare che non c'era un controllo dei dati? Tre: che non vi erano quei famosi posti letto attivabili, ma solo inseriti per lo scopo che speriamo di aver capito male? Il collega Pan, invece, è andato dritto in base, visto che gioca a rugby, esprimendo quello che può essere un pensiero.
Bene. Credo sia stato davvero azzardato. Il collega Villanova ha usato la parola "grave". Io l'avevo scritta qui. L'ho tolta e l'ho cambiata in "azzardato". Perché poi questi atti diventeranno sicuramente patrimonio di tanti lettori. Dico che è azzardato perché significherebbe, collega Camani, colleghi della minoranza, che tutto il sistema – ripeto, tutto il sistema – della sanità veneta, della sanità pubblica veneta ha mentito. Vuol dire che voi state affermando che un intero sistema ha mentito, dai dirigenti ai responsabili. Tutta la struttura.
È azzardato, poi, perché affermare che c'è stata un'anomalia nella raccolta dati e nella trasmissione, quel vulnus che ha consentito di affermare un dato diverso, per un attimo, nell'ascoltare i vostri interventi, la vostra relazione, mi aveva veramente allarmato. Allarmante, invece, è stata la vostra relazione. Come qualcuno ha letto, ma la voglio ripetere... Non ci fosse stato scritto, ma c'è, è agli atti, è a verbale e c'è nelle conclusioni della relazione di maggioranza. Non lo dice un Consigliere regionale, che magari in materia di sanità può avere sicuramente grossi limiti. Lo dice il Presidente dell'Istituto superiore di sanità. E lo dice in modo chiaro: "I dati trasmessi dalla Regione Veneto nella registrazione dei casi positivi, sintomatici e asintomatici, degli ospedalizzati sono sempre risultati coerenti". Voi dite che non è vero. "Nella sequenza dei report quotidiani e settimanali non si sono osservate anomalie o indicatori divergenti che potessero evidenziare incongruenze negli indicatori ai fini della valutazione del rischio. Le dichiarazioni fornite dallo stesso Presidente e dai suoi collaboratori confermano la capacità strutturata di intervento, tracciamento, monitoraggio che la Regione Veneto ha intrapreso e che nasce ben prima della pandemia l'elevato livello di collaborazione riscontrato dalla stessa Regione. In particolare, è stata sottolineata l'importanza del sistema di monitoraggio dell'Istituto superiore di sanità, che ha reso disponibili dati validati secondo metodologie condivise, in conformità a quanto previsto dagli standard internazionali, validi per il doppio controllo".
Poi, però, è il disallineamento che viene toccato. Il Presidente dell'Istituto superiore di sanità afferma ed evidenzia che "la comunicazione della Regione Veneto allo stesso Istituto superiore della sanità sul disallineamento e l'attività messa in atto per recuperarlo ‒ quel disallineamento che voi avete recitato come la possibile finestra per cui qualcuno avrebbe, magari, trovato 'il modo di...' ‒ ha favorito il processo di completamento dei dati per il calcolo dell'Rt. Così agendo, il valore dell'Rt non veniva ridotto, ma, al contrario, non poteva che aumentare, ottenendo una stima di circolazione virale più corretta e aderente alla reale situazione epidemiologica".
Allora, due sono le cose: o sono tutti matti, compreso il Presidente dell'Istituto superiore di sanità, oppure qualcosa non torna. Abbiamo tutta la struttura pubblica della sanità della Regione Veneto che mente. Abbiamo il Presidente dell'Istituto superiore di sanità che probabilmente non ha chiara la situazione. Abbiamo, sostanzialmente... Cosa? Ah, è incompetente. Alla fine, però, sotto il profilo che con il senno di poi diventate tutti professori, invece voi avete la verità e la certezza. Quindi, quella impressione prende sempre più forma.
Questa impressione, questa sensazione che oggi ho avuto, ma non credo di essere stato l'unico, è diventata preoccupante per l'approccio che, invece, ha avuto la minoranza nei confronti del presidente Zaia. Non credo ci sia qualcuno in quest'Aula, con tutto il rispetto, che debba rappresentare o difendere o fare la difesa d'ufficio del presidente Zaia, però è assolutamente incredibile, e lo dico con molta forza a nome del Gruppo di Fratelli d'Italia, che in una relazione della minoranza si scriva che "il presidente Zaia sosteneva in modo fuorviante per l'opinione pubblica". Poi si scrive: "Il presidente Zaia è stato scorretto nel sostenere che l'aumento di contagi era collegato a un elevato numero di test eseguiti".
Sono parole molto forti e sono dentro gli atti della vostra relazione.
Ancora più incredibile, per non dire qualcos'altro, è che la minoranza, di fronte a questa situazione, continui negli interventi della collega Camani... Adesso ci arrivo. Ho tanta roba. Ho scritto, credo, un'enciclopedia oggi. Nel suo intervento conferma quello che si legge nella relazione di minoranza.
Chiedo scusa: il dito era solo per dare una indicazione a lei. Con voi bisogna stare attenti anche se si alza il dito. Ormai facciamo un processo anche se qualcuno alza il dito della mano destra. Il dito! Magari qualcun altro, prima o poi...
Tornando all'intervento della correlatrice Vanessa Camani – qui ha ragione il collega Villanova, che su questo ha colto come noi – lei dice: "Non siamo in un tribunale, non dobbiamo emettere sentenze". Questa è stata la sua introduzione, come per dire che abbiamo ben compreso cos'è la Commissione d'inchiesta, abbiamo compreso qual è la nostra funzione e l'esercizio della nostra funzione, abbiamo ben compreso perché siamo stati eletti. Mah! Sulle conclusioni, però, ho qualche dubbio. Lei, infatti, prosegue dicendo: "Il fatto di non essere in tribunale non ci può sollevare dalla responsabilità di affrontare questa discussione con serenità e onestà". Direi che è una cosa giusta, sensata. Ma poi aggiunge: "Noi non vogliamo essere pubblica accusa, comunque il presidente Zaia è stato scorretto e fuorviante nella relazione". Infine, dice: "Sul punto trovo sinceramente inammissibile, se non addirittura irrispettoso, il mancato riconoscimento che traspare nella relazione di maggioranza". Quindi, incredibilmente anche noi siamo complici di un'operazione di grande truffa, dove mente tutto il sistema della sanità pubblica del Veneto, mente ed è incompetente il Presidente dell'Istituto superiore della sanità. Ma sottolinea il gran lavoro svolto dalla Commissione, perché dice: "In molte dichiarazioni dei soggetti auditi, evidentemente ben istruiti". E qui ringrazio la presidente Brescacin per averlo notato e per averlo messo in evidenza, perché questa è un'accusa assolutamente da rigettare. Persone che hanno trascorso giorni e notti e che hanno affrontato forse quella che nella storia rimarrà l'emergenza più difficile...

PRESIDENTE

Collega Soranzo, ha esaurito il tempo a sua disposizione.

Enoch SORANZO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Va bene.
Alla fine, collega Camani, lei ha dato vita ad un processo con il suo intervento ed ha anche emesso una sentenza. Quindi, di fatto, se nelle premesse ha detto una cosa, nelle conclusioni ha smentito sé stessa. Quindi, non possiamo che dire che ci lascia tristi e allarmati.
Credo che, alla fine, ci si debba dire un grande "grazie" e si possa solo ed esclusivamente affermare che, di fronte a dati scientifici e relazioni, non si può creare un fantasma, perché il Veneto non ha bisogno di questo.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Collega Possamai, prego.

Giacomo POSSAMAI (Partito Democratico Veneto)

Presidente, grazie.
In apertura anch'io vorrei ringraziare chi ha lavorato in questi mesi nella Commissione, a partire dalla presidente Francesca Zottis e dalla collega Vanessa Camani, che oggi ha fatto la correlazione, per arrivare alle colleghe Anna Maria Bigon, Elena Ostanel ed Erika Baldin, per le minoranze, e chiaramente anche i colleghi di maggioranza che hanno fatto parte della Commissione e che in questi mesi hanno discusso e approfondito il tema.
Tantissimo è stato detto da questi banchi in queste ore, per cui vorrei limitarmi a fare, molto velocemente, alcune valutazioni. La prima è che mi hanno colpito molto due interventi, uno è stato quello del capogruppo Pan, l'altro è stato quello del capogruppo Soranzo, perché ci portano in un clima da "curva sud" che, secondo me, pur essendo un appassionato di curva, non c'entra nulla con quest'Aula e con la discussione odierna, nel senso che tende a confondere il giudizio politico, che per fortuna in questo Paese e anche in questa Regione è ancora ammesso, con il giudizio dei tribunali. Allora, il giudizio dei tribunali è un conto, e su questo chiaramente si pronunceranno i tribunali. Peraltro, adesso non c'è il capogruppo Pan, ma volevo sommessamente segnalargli che il primo a dire che gli atti di questa Commissione dovevano essere trasferiti alla Procura è stato il presidente Zaia, che, seduto lì una delle rare volte che ci ha fatto il piacere di farci visita, è venuto a dire: "Faremo questa Commissione e la faremo in streaming cosicché tutti i veneti la possano vedere. Ma non solo: tutti i documenti dovranno essere consegnati alla Procura". Pertanto, non siamo stati noi a dire che le carte devono andare in Procura, l'ha detto il presidente Zaia, e noi chiaramente su questo non abbiamo visto quale fosse il problema o il tema. Immagino, quindi, che questi documenti verranno poi consegnati. Questo solo per amor di verità.
Vengo a questioni di carattere politico. In questi anni mi è capitato tante volte di affrontare questi temi in dibattiti televisivi, tante volte con il capogruppo Villanova, che nella vita fa il medico, il quale mi faceva presente che giustamente io non ho le competenze tecniche per affrontare alcuni argomenti. Invece, ad affrontare la parte più politica ci provo. L'aspetto è il seguente: a me sembra debole questo impianto per cui nella prima ondata il presidente Zaia è stato un genio assoluto, perché siamo stati una Regione che è riuscita a uscire meglio delle altre dalla prima ondata – questo è stato anche un grande tema di dibattito della campagna elettorale in occasione delle elezioni regionali – e anche nella seconda ondata, anche se siamo state una delle Regioni più colpite, è stato ugualmente un genio. Allora, o non è un genio in un caso, oppure è un genio nell'altro. Provo a spiegarmi, anche se immagino che si capisca.
Immagino che sia molto vero quello che non ha mica detto soltanto il presidente Zaia, ma l'hanno detto tutti coloro che si sono trovati ad avere impegni di Governo durante la pandemia, come è valso per chi l'ha avuto a livello nazionale, così è valso per i Presidenti di Regione, che sono di tutti i colori e che evidentemente hanno tutti detto la stessa cosa, più o meno: avrei voluto vedervi al posto nostro. Perché? Perché eravamo con strumenti deboli, perché evidentemente la condizione di difficoltà era in larga parte in territorio incognito, quindi nessuno aveva gli strumenti pieni per affrontare la situazione che si prospettava davanti a noi. E su questo possiamo anche essere tutti d'accordo. Il punto qual è, però? Perché ha avuto senso, credo, avere una Commissione e perché ha senso che ne discutiamo oggi? Proprio perché evidentemente, poiché c'erano elementi di difficoltà oggettiva, è giusto provare a capire oggi se è stato fatto tutto correttamente oppure se da qualche parte qualche scelta sbagliata è stata assunta. Ripeto, si parla eventualmente di colpa o di errore. Poi, se c'è il dolo, il dolo non lo stabiliamo in quest'Aula, ma lo stabiliranno nel caso i giudici e le Procure, e lo stabiliranno non certo e non soltanto per il Veneto, considerato che la questione tocca ben altri territori e ben altre Regioni. Ma se dal nostro punto di vista sul piano politico ci sono stati degli errori, è giusto che questo venga discusso.
Su questo fronte anche il ragionamento, che per me resta su un piano politico, e qui mi rifaccio a quello che ha detto il capogruppo Villanova, sul tema delle terapie intensive, non credo che il tema fosse truccare i numeri, ma credo che ci fosse un punto di vista legato a un impianto. Cioè, se l'impianto era che la prospettiva dovesse essere quella di chiudere il più possibile, perché se trovavo gli strumenti per chiudere chiaramente la chiusura era anche legata ad indicatori e a dati che io comunicavo, perché mi interessava in quel momento più di tutto la cautela, era una tesi. Ripeto, non eravamo a valle – questa è una cosa che dice sempre il presidente Zaia – eravamo a monte, ed è vero. L'idea era: fintantoché posso evitare che si faccia una chiusura totale, cerco di avere gli strumenti per farlo. Questo è un altro punto di vista. Per me – per me intendo con le competenze di cui dispongo – l'unica lettura possibile è politica. Sono entrambe legittime. Dopodiché, è anche legittimo che discutiamo di quale fosse giusta e quale fosse sbagliata.
Sui tamponi rapidi, per quello che diceva prima il capogruppo Villanova, evidentemente la questione è più tecnica ed è legata ad altri aspetti, ma è altrettanto evidente, come abbiamo visto, che ci sono state tesi diverse nell'ambito scientifico e tutte hanno diritto di cittadinanza.
Prima di chiudere il ragionamento velocemente, non posso non sottolineare che trovo sbagliato e grave che oggi il presidente Zaia non sia qui, perché è la chiusura di un cerchio, di un percorso, che l'ha visto protagonista assoluto, suo malgrado chiaramente, per il ruolo che ha dovuto svolgere, ma anche per il modo in cui ha deciso di svolgere questo tipo di ruolo in questo momento. Anche quando lui era qui presente gli ho detto che, se non altro, ha dimostrato il coraggio, tutti i giorni, di andare lì e metterci la faccia. Però, nel momento in cui si decide di fare questo tipo di attività, la si porta fino in fondo e la si porta anche nei luoghi istituzionali. Ne abbiamo discusso tante volte: per me è stato profondamente sbagliato che l'unico ambito di discussione in questa Regione sulla questione che in quel momento toccava la vita di tutti i veneti fosse il punto stampa di Marghera e non fosse quasi mai, e continua a non essere neanche oggi, il luogo istituzionale deputato, perché senza l'uomo che ha avuto più di tutti il ruolo nella gestione di questa vicenda è evidente che la discussione resta monca.
Ad ogni modo, per chiudere il ragionamento, a me non convince l'impostazione da "curva sud". Lo dicevo prima. Mi sembra evidente, alla luce della correlazione che abbiamo letto e ascoltato, che la posizione della maggioranza è diversa, che qualcosa non ha funzionato in questa Regione e che noi abbiamo tentato con questa correlazione e in questi anni nella nostra attività di opposizione di dare una lettura di che cosa non ha funzionato. È altrettanto evidente che la verità in tasca su questa storia non ce l'ha nessuno. Ma penso anche che sia preciso non soltanto diritto, ma anche dovere di una minoranza e di un'opposizione segnalare quando le cose non funzionano e provare a dire, nella nostra lettura, che, ripeto, può essere giusta o può essere sbagliata, quali sono stati gli errori che sono stati fatti.
È evidente che abbiamo punti di vista diversi, ma è altrettanto evidente che il lavoro che abbiamo fatto, ma il lavoro che ha fatto prima di tutto la Commissione è fondamentale che renda giustizia prima di tutto a chi a causa del Covid ha perso un familiare, e sono tanti in questa Regione, e soprattutto che questo lavoro che chiudiamo oggi renda giustizia alla loro memoria.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
La collega Camani interviene come Consigliere. Perfetto. Prego.

Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Non tornerò su molte delle questioni che sono state affrontate, non mostrerò grafici, numeri e piani di sanità pubblica...
No, come Consigliere. Devo ancora intervenire.

PRESIDENTE

Signori, l'ho detto all'inizio: per ogni Gruppo il primo che interviene lo fa per venti minuti, tutti quelli che intervengono dopo lo fanno per dieci minuti; dopodiché, c'è la possibilità di replica finale di relatore e correlatore, nonché della Giunta
Collega Lorenzoni, la parte della vittima non le riesce benissimo, mi permetta.
Collega Camani, prego. Lasciamo parlare la collega Camani.

Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Dicevo, non tornerò a illustrare grafici, schemi e piani di intervento, perché è una discussione che abbiamo approfondito in Commissione e che delle volte dimostra anche la distanza siderale tra la discussione che avviene nei palazzi della politica e la realtà che le persone sperimentano e vivono sulla propria pelle. Vi faccio un esempio su tutti. Per chi alle audizioni ci ha parlato del modello veneto di prevenzione da Covid nelle scuole, avevamo un piano di intervento nelle scuole perfetto: tampone a tempo zero, cinque giorni, sintomi e non sintomi, tampone molecolare prima del rientro. Perfetto. Io sfido chiunque di voi abbia figli che hanno frequentato le scuole in quei mesi a dirmi se davvero avete avuto la possibilità di fare il tampone a tempo zero. Nessuno. Le "Scuole Sentinella" sono un bellissimo progetto, ma è rimasto sulla carta. Vorrei sapere, infatti, a quante persone è capitato di frequentare scuole in cui si è svolto quel progetto.
Io vorrei che fosse chiaro che nessuno mette in discussione la preparazione teorica, l'impianto del Sistema sanitario regionale e l'impegno con cui si è affrontata la seconda ondata. Ma vorrei che fosse altrettanto chiaro che c'è una differenza siderale tra le intenzioni, tra i documenti, tra ciò che avremmo voluto fare e ciò che la realtà ci ha posto davanti, che è imprevedibile, come è imprevedibile la gestione del virus. E no, consigliere Valdegamberi, non è facile venire qua a discutere se 8.000 morti potevano essere evitati o meno. Non è facile per chi aveva la responsabilità di decidere, ma vi assicuro che non è facile neanche per chi oggi ha la responsabilità di offrire un punto di vista. E io credo che il rispetto per il presidente Zaia noi lo abbiamo sempre dimostrato non facendo mai polemica, e vi sfido a dimostrare il contrario, durante i giorni più drammatici. Forse il presidente Zaia si sarebbe guadagnato un po' di rispetto venendo qua oggi, perché è facile fare il Presidente quando si devono prendere gli applausi, forse è meno facile fare il miglior Presidente d'Italia quando c'è qualche critica da ascoltare.
E perché, presidente Brescacin, ho detto che molte delle audizioni sembravano seguire un copione ben scritto? Perché è successo un fatto clamoroso negli ultimi mesi, che ha visto la pubblicazione su alcuni quotidiani di alcune intercettazioni in cui il presidente Zaia spiegava al Direttore sanitario che aveva sbagliato, che non si doveva permettere di fare delle cose senza il suo permesso e delle cose che non avevano nulla a che fare con la gestione sanitaria, perché il dottor Toniolo si era permesso di spiegare all'Università di Padova come doveva comportarsi rispetto al professor Crisanti. E allora di fronte a queste cose il dubbio che ci sia un rapporto insano, non corretto, non trasparente tra la politica e il funzionario pubblico che deve gestire il sistema sanitario regionale ce l'ho io e infatti ce l'ha anche la magistratura.
Certo che non è indagato, ma se voi pensate che nell'opinione pubblica passi il messaggio che è normale che il Presidente della Regione telefoni per rimproverare un Direttore sanitario, che si scusa per aver detto le cose che pensava senza aver chiesto il permesso al Presidente, io credo che non sia un rapporto sano tra la politica e la dirigenza pubblica, perché un conto è la funzione che i tecnici, i consulenti, gli scienziati hanno a supporto della politica, un altro conto è la capacità che attraverso la libertà quei tecnici rendono credibili le loro affermazioni.
Su queste premesse devo dire che il fatto di stare in zona gialla fosse un obiettivo politico del presidente Zaia, un trofeo da esporre mediaticamente non lo diciamo noi, lo ha detto direttamente più volte il presidente Zaia in conferenza stampa quando diceva, dopo la giornata del test al Ministero della Salute: "Evviva, siamo rimasti in zona gialla".
Lo ha detto il presidente Zaia più volte, da aprile a ottobre, quando si è impegnato con le categorie economiche, dicendo: "Vi prometto che questa Regione resterà in zona gialla". Non l'abbiamo detto noi che era un obiettivo; lo ha esplicitamente detto il Presidente, lo ha fatto prima negando l'evidenza e lo ha fatto poi, con le dichiarazioni stampa.
Io non sono scienziato e non sono neanche un medico, quindi approccio tutte le questioni scientifiche – l'ho detto rispetto allo studio di Rettore, rispetto allo studio sui tamponi rapidi – con una certa "laicità", ma una cosa ho capito, basilare, proprio da terza elementare: che il Covid va a ondate, nel senso che la diffusione funziona come un'onda. Un'onda per partire deve avere un elemento che la innesca, e per esaurirsi deve avere un elemento che la fa contrarre: è fisica banale. Se l'elemento che innesca l'onda è la contagiosità del virus, io vi chiedo qual è l'elemento che ha messo in campo la Regione del Veneto per contribuire a far contrarre quell'onda. Abbiamo detto, e lo abbiamo riconosciuto, che nella fase di minor diffusione hanno funzionato le attività di tracciamento e di isolamento dei contagi positivi, le USCA, il potenziamento del personale e il tracciamento, e fin là nessuno diceva niente, perché la situazione nel Veneto era uguale a quella di tutto il resto dell'Italia.
La domanda che era oggetto della nostra discussione doveva essere quando il tracciamento e l'isolamento non sono più stati sufficienti a far contrarre l'onda, quando è stato evidente, per numeri di contagio, di ricoveri, di decessi, ma non lo dico io, lo dicevano tutti i giornali del tempo, che era evidente che l'argine era rotto, che l'onda era diventata troppo alta per poter essere fermata con i tamponi antigenici, con l'isolamento, con l'inserimento dei dati nel file. A quel punto, quando serviva prendere la decisione complicata, la domanda che ci siamo fatti è: perché in Veneto, in quel momento lì, e voi avevate gli algoritmi... abbiamo fatto riunioni su riunioni in cui Bottacin ci spiegava che era il genio che aveva inventato l'algoritmo che ci consentiva di prevedere a distanza a che punto saremmo arrivati. Voi lo sapevate che con quei numeri di contagi, di ricoveri e di decessi la curva sarebbe salita.
Io ho solo chiesto: perché, di fronte a quella prospettiva lì, non abbiamo fatto la scelta di utilizzare l'elemento più efficace, l'unico, ce l'ha insegnato la prima ondata, l'unico che avrebbe fermato l'onda, cioè il distanziamento?
La prima domanda che ci siamo fatti è: perché non l'ha fatto il Governo? Durante le audizioni nella Commissione d'inchiesta abbiamo scoperto alcune cose, perché la Commissione d'inchiesta serve a questo. Abbiamo scoperto, dalle parole della Russo prima e di Gubian poi, che per un mese e mezzo l'inserimento dei dati non veniva fatto in maniera corretta. Mica l'abbiamo detto noi, ce lo hanno detto gli auditi. Lì abbiamo scoperto che i famosi posti di terapia intensiva attivabili erano soltanto dei letti, sei o sette, ammassati – ce l'ha detto il dottor Rosi – nelle sale operatorie, con appoggiati i ventilatori. L'ha dichiarato in audizione nella Commissione che non ci sarebbe mai stato il personale per attivarli. Abbiamo fatto delle ipotesi per spiegarci perché non è intervenuto il Governo e poi abbiamo chiesto e a questa domanda nessuno ha risposto. Possiamo non essere d'accordo sull'Rt, sui posti di terapia intensiva, va bene, ipotizziamo che sono tutte fantasie della minoranza e che quindi gli indicatori erano giusti: perché il presidente Zaia, che in quel periodo faceva una ordinanza al giorno, non ha scelto, di fronte a quei numeri, di chiudere, che secondo noi era ciò che bisognava fare in quel momento? Invece di rispondere a questa semplice domanda, avete scelto soltanto di tentare di smontare i nostri argomenti.
Dovete avere la coerenza di dire che secondo voi... Faccio di seguito l'intervento finale, se questo è il problema, dottor Valente.
Tu non hai l'intervento finale, perché non sei correlatore. Porta pazienza.

PRESIDENTE

Decido io.

Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Chiudo il ragionamento, allora.

PRESIDENTE

Come ho fatto per gli altri.

Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)

Vi chiedo: perché non siete intervenuti?

PRESIDENTE

La invito a chiudere.

Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)

Certo. Però interverrò anche dopo.
Perché non abbiamo chiuso? Delle due, l'una: o mi dovete dire che secondo voi non c'era nessun motivo per chiudere, ed è una posizione, e mi dovete spiegare allora che, secondo voi, 8.282 morti in quei cinque mesi erano la mortalità fisiologica.

PRESIDENTE

Grazie, collega.

Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)

Se, invece, non ritenete quel dato fisiologico, dovete darci un'altra motivazione. A questa semplice domanda non ho trovato alcuna risposta né nella relazione della Commissione, né tantomeno negli interventi di oggi.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Piccinini, prego.

Tomas PICCININI (Veneta Autonomia)

Grazie, Presidente.
Ho ascoltato un po' tutti i colleghi intervenuti oggi e anche gli interventi che abbiamo avuto la fortuna di audire in Commissione.
Faccio una premessa e non voglio entrare nella polemica dei dati scientifici. Dico solo questo: è lontano da parte mia pensare che chi oggi guida una Regione e deve dare le linee guida possa aver pensato minimamente di avere taroccato o comunque visto i dati in maniera, chiamiamola così, non corretta. Io penso invece che una verità dobbiamo dircela tutti: che la pandemia ha preso tutti impreparati, tutti. In primis l'OMS, che ha dichiarato la pandemia dopo quanto? Con palese ritardo, perché prima c'era la semplice influenza. Dobbiamo ricordare quella che è stata la storia e contestualizzare anche come sono stati i fatti. è chiaro che in emergenza è difficile per tutti e quando si è chiamati a fare delle scelte in emergenza sono scelte difficili, soprattutto quando riguardano la salute dei cittadini.
In Commissione abbiamo udito i migliori esperti in quel momento, sia regionali che nazionali: che ci fossero state delle difficoltà era palese. Avremmo tutti voluto i molecolari, ma non era possibile e io credo che, quando siamo chiamati a salvare più vite possibili, qualsiasi arma è legittima, dal mio punto di vista. Lo abbiamo fatto anche col tracciamento: palesemente c'è stato anche detto che in un momento il tracciamento era diventato difficile. Ma credo che il presidente Luca Zaia abbia fatto quelle scelte su base scientifica, tecnica e non su base politica. Io credo che in quei momenti di difficoltà per affrontare quella pandemia dovevamo scegliere di prendere decisioni su quella base e non su una base politica.
Credo che questo dramma, che ha lasciato morti sul campo, ha lasciato molte ferite, debba insegnarci ed essere da monito per le scelte future, cercando di pensare che la pandemia potrà capitare o i fatti gravi possono anche succedere, ma la politica ha il dovere di essere pronta anche nell'emergenza.
Perciò io ringrazio tutti gli operatori, tutti quelli che in quella fase di Covid ci hanno messo del proprio, auspicando che quelle scelte che hanno fatto le abbiano fatte per cercare di salvare più vite possibili. Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Collega Giacomin, prego.

Stefano GIACOMIN (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Sarò sintetico come mi hanno chiesto i colleghi, anche perché sono assolutamente convinto, visto che qualche anno ce l'ho sulla groppa, che ognuno rimarrà della sua idea e la porterà avanti fino alla morte. Però una riflessione la devo fare.
La modalità con cui è stato iniziato questo confronto mi preoccupa. Mi preoccupa perché penso, come diceva giustamente prima la collega Venturini, alla solitudine di chi deve prendere le decisioni, un Sindaco, un Presidente di Provincia, un Presidente di Regione. Bene, quale sarà l'atteggiamento in una situazione come questa fra due, fra quattro, fra cinque anni, sapendo che, malgrado tutta la buona volontà di prendere la migliore delle decisioni possibili, si scatenerà la polemica, si scateneranno i fascicoli delle magistrature, eccetera? Noi stiamo minando attraverso un processo, come è stato detto, un po' subdolo, quello che è l'elemento fondamentale di una democrazia, che è dare a chi compete la capacità di prendere le decisioni. E noi questo, con una certa modalità di impostare discussioni, lo stiamo minando.
E un'altra cosa vorrei indurre come riflessione. Premetto che, lo ricordo, quando si parla di tecnici è stato coniato un termine nuovo, "virologo". Allora uno faceva il dirigente di laboratorio ed era un virologo, uno faceva l'immunologo ed era un virologo, cioè chiunque si occupava con microscopio di virus diventava un virologo. A volte anche questi tecnici avevano posizioni diverse. Ma chi deve prendere le decisioni deve tener conto a 360 gradi di quello che è l'aspetto della scienza, di quello che è l'aspetto dell'economia, di quello che è l'aspetto dell'ordine pubblico. Io dico che ci sono dei silenzi che sono rimasti e forse fra qualche anno, quando le acque si cheteranno, la storia, con la lucidità che la storia dà, un po' riuscirà a entrare.
Il male che è stato fatto alle nuove generazioni: abbiamo un forte inasprimento delle malattie psichiatriche soprattutto tra i giovani e questo è un male oscuro di cui nessuno parla. Forse se in determinati momenti le scuole non fossero state chiuse lasciando a volte alla libera iniziativa di genitori la gestione dei bambini... Parliamoci francamente, le fabbriche erano aperte, i genitori lavoravano e in qualche taverna venivano gestiti anche i bambini. Bisognerebbe intervenire a trecentosessanta gradi.
Oppure anche la solitudine degli anziani che sono stati chiusi. Io vi porto una testimonianza personale: mia madre è morta chiusa in una Casa di riposo, non è morta di Covid. Quando c'è stata la chiusura totale, e io per mesi non ho potuto vederla, se non attraverso una vetrata, ma la sua maculopatia naturalmente non le consentiva di vedermi, ho visto la donna cadere a precipizio. Per cui, quando parliamo di una certa situazione, dobbiamo tener conto di tutti gli aspetti. Chi è chiamato a decidere dovrebbe, con serenità, compatibilmente con la situazione, poter tener conto di tutti questi aspetti. Dal dibattito che è emerso, invece, sembra quasi vi sia la volontà di trovare esclusivamente le responsabilità in virtù di uno "zero virgola qualcosa". Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei, collega.
Dichiaro chiusa la discussione generale.
Adesso c'è lo spazio per eventuali repliche finali di relatrice, correlatrice e Giunta.
Collega Brescacin, prego.

Sonia BRESCACIN (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Per rispondere alle domande istitutive della Commissione d'inchiesta è necessario collocarsi nel momento in cui le scelte sono state fatte. Farsele dopo, da un'altra posizione, è più facile o quantomeno diverso perché, ovviamente, le risposte si basano su elementi che allora non c'erano. Con questa convinzione abbiamo affrontato i lavori della Commissione, le domande poste agli auditi e le spiegazioni ricevute dagli stessi.
Devo dire che anche oggi, in questo Consiglio regionale, i punti che sono stati sviluppati da alcuni dei Consiglieri che sono intervenuti hanno riguardato domande che durante le audizioni sono già state poste agli auditi, sono state poste agli stessi più volte e ripetute a tutti coloro che si sono seduti in quest'Aula per le audizioni. Gli auditi le risposte le hanno date, ma evidentemente non sono andate bene. Quindi, si è cercato di sminuire il significato della Commissione e dei lavori della Commissione, un lavoro importante, e di spostare tutto sul piano politico.
Questo lo si è letto in modo chiaro nelle prime righe della relazione di minoranza, dove già nelle premesse si dice che la Commissione ha il compito di individuare eventuali limiti ed errori nelle decisioni politiche. Invece no. La Commissione, tra i compiti istitutivi che abbiamo approvato tutti, all'unanimità, aveva quello di accertare le cause del diffondersi del virus. Queste parole mi sono sembrate già far capire che, anziché basarsi su fatti, atti oggettivi e contributi degli auditi, si sia proseguita una linea ‒ chiamiamola così ‒ politica, per ricercare un capro espiatorio, un colpevole politico per come una pandemia mondiale abbia colpito nella regione del Veneto.
Avete riportato nella relazione cose non corrette. Faccio un esempio tra tutti: quando dite che l'aumento dei casi positivi individuati non è collegato al numero dei tamponi effettuati. Vi ha risposto l'Istituto superiore di sanità, quindi non noi, che siamo di parte, dicendovi chiaramente che se riesco a fare attività di screening posso identificare più casi semplicemente perché li sto cercando. Così ci diceva l'Istituto superiore di sanità.
Avete osato dire anche molto di più. Avete detto che, in realtà, banalmente, si fanno più test perché c'è una maggiore circolazione del virus. Questo l'avete messo anche voi nella tabella di pagina 16 della vostra relazione, quando si analizza l'utilizzo dei test per lo screening. Si vede chiaramente che quando l'utilizzo massiccio di test si è diffuso su tutto il territorio nazionale, e il Veneto era partito ben prima, il numero dei positivi rilevati è esploso. Vedasi Emilia-Romagna, Toscana e Puglia.
Avete fatto ricorso, nella relazione e anche oggi, per sostenere le vostre tesi, ad articoli di giornale, che hanno una finalità diversa dall'essere usati per argomentare un ragionamento all'interno di una relazione di una Commissione d'inchiesta. Avete trattato argomenti sviluppati da persone non audite, non oggetto di verifica, analisi e valutazioni in tale sede.
Avete sviluppato in modo parziale il tema dell'attività di contrasto alla pandemia, attività che va, invece, analizzata nel suo complesso di scelte ed azioni, che insieme determinano l'efficacia della strategia di contrasto, capacità di tracciamento, capacità di monitoraggio, capacità di testing, di assumere misure specifiche, eccetera. Non si può banalizzare tutto lavoro che è stato fatto. Un approccio parziale che prende in considerazione solo singoli aspetti dell'azione di contrasto, come non vi fosse altro, a mio avviso, non è condivisibile.
Personalmente non ho neppure condiviso l'atteggiamento, alcune volte tenuto all'interno della Commissione, non costruttivo, dove non c'era un vero ascolto dei professionisti che in Aula spiegavano ‒ dati tecnici alla mano ‒ l'azione della Regione e la sua correttezza ed efficacia. Anzi, abbiamo assistito ad atteggiamenti e toni che in alcuni passaggi sono sembrati d'aula di tribunale, quasi a dover far confessare qualcosa a qualcuno, attaccando la dimensione tecnico-professionale. Un attacco che nuoce alla buona amministrazione e all'impegno umano e professionale apportato dagli auditi, uomini e donne, che hanno gestito la complessità della pandemia ora dopo ora, giorno dopo giorno, per mesi, per anni. Sono convinta che dovremmo tutti rivolgere loro il nostro ringraziamento per quanto hanno fatto.
Certo, la politica è anche un punto di vista. Vi possono essere visioni e sensibilità diverse di fronte allo stesso oggetto. È questa la dialettica politica. Per me, una politica che vuole essere di indirizzo e controllo accerta fatti e atti, anche attraverso domande e approfondimenti, e si ferma di fronte alle risposte più volte ricevute da una parte tecnica, che ha uno spessore professionale di competenza dimostrato e confermato.
A mio avviso, il nostro dovere di commissari della Commissione d'inchiesta era di andare oltre l'opinione personale e politica e lavorare su fatti oggettivi, con serietà, per rispetto di chi si è prodigato per cercare di arginare gli effetti della pandemia, ma soprattutto per rispetto delle vittime e dei familiari, a cui non dobbiamo una posizione politica, ma un serio lavoro di analisi dei provvedimenti approvati, attuati e verificati, il lavoro che noi abbiamo fatto, da cui è emerso, scritto nero su bianco nella relazione di maggioranza, che la Regione del Veneto ha fatto tutto ciò che era possibile secondo le conoscenze di quel momento.

PRESIDENTE

Grazie.
Correlatrice Camani, prego.

Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Prima di tutto dei ringraziamenti per il lavoro complicato e lungo della Commissione alla presidente Francesca Zottis, all'Ufficio di Presidenza e a tutte le colleghe e i colleghi che in questi mesi hanno tentato di utilizzare le informazioni raccolte per farsi un'idea.
Gli atti conclusivi del lavoro della Commissione d'inchiesta, insieme ‒ auspico ‒ anche ai verbali della seduta di oggi, saranno trasferiti alla Procura. Sarà compito, ovviamente, dei magistrati verificare eventualmente se ci sono delle responsabilità personali e penali e verificare se alcune scelte sono state commesse con dolo o colpa grave.
Capirete bene che stiamo affrontando una discussione su una dimensione completamente diversa. Devo dire che dispiace il fatto che in quest'Aula non siano ammessi punti di vista, opinioni, considerazioni non in linea con un'interpretazione. Io, invece, penso che il lavoro che abbiamo fatto, che abbiamo proposto, sia un lavoro doveroso, che dovevamo alle tante persone che sono morte in quei drammatici mesi, non tanto e non solo per individuare eventuali responsabilità, quanto soprattutto per vedere se saremo capaci di imparare qualcosa da questa vicenda, proprio perché non pensiamo, a differenza di quanto emerso dalla discussione e dalle parole di alcuni Consiglieri di maggioranza, che quanto sia accaduto in questa Regione in quei mesi sia semplicemente derubricabile a normale straordinarietà della pandemia.
è indiscutibilmente difficile assumere decisioni complesse in scenari inediti. Su questo non c'è dubbio. Vale per i Presidenti di tutte le Regioni italiane, per il Presidente del Consiglio, per il Ministro della Salute. Penso che abbiamo tutti dovuto fare i conti con delle difficoltà rispetto alle quali mai avremmo pensato di doverci confrontare. La pandemia ha oggettivamente stravolto non soltanto la vita delle persone, ma anche l'agenda politica e ha obbligato tutte le Istituzioni a rimettere al centro della propria attività l'interesse e la tutela della salute pubblica.
La complessità delle decisioni, però, credo non possa consentirci di far passare come normale la volontà di sottrarsi a questo tipo di confronto. Non è mai avvenuto in questo Consiglio regionale, se non oggi, che tra di noi ci confrontassimo rispetto alla lettura di fatti che sono accaduti e che hanno riguardato direttamente o indirettamente la vita di tutti noi. E non è semplicemente una discussione pro o contro il presidente Zaia. È una discussione rispetto a un fatto epocale che ha coinvolto tutti, incluse le Istituzioni.
Per questo credo non sia corretto liquidare le posizioni della minoranza come polemiche. È nostro dovere porci delle domande, porvi delle domande. È nostro dovere pretendere delle risposte. Le avremmo pretese dal presidente Zaia se si fosse degnato di essere presente almeno una volta in tutte le volte che ci siamo riuniti.
Penso che noi abbiamo fatto il nostro dovere. Penso anche sia sbagliato non porsi mai dubbi, non chiedersi mai, se avessimo ascoltato un po' di più, se fossimo stati meno concentrati sull'autodifesa e di più sull'ascolto, se magari le cose sarebbero potute andare diversamente anche in questa Regione. Nessuno di noi, vi assicuro, è contento di poter attaccare Zaia rinfacciandogli gli 8.000 morti, tantomeno le minoranze. Per quanto ciniche possiamo essere, non possiamo arrivare a tanto.
Credo, quindi, sia stato un lavoro doveroso. Auspico anche che lo sforzo che abbiamo fatto con i mezzi che avevamo... Ovviamente, tutti i tecnici a disposizione delle minoranze, a differenza di quanto avvenuto con la relazione di maggioranza, non li avevamo. A proposito di disparità di forze in campo e della difficoltà di approfondire sempre. Abbiamo avuto in una Commissione d'inchiesta questa difficoltà. Immaginatevi la fatica del lavoro del Consigliere dell'opposizione. Ma cos'altro dobbiamo fare, se non svolgere la nostra funzione di vigilanza e di controllo, ragionare sulle questioni e chiedervi di farlo insieme a voi?
Non credo che da questo punto di vista la Commissione abbia ottenuto l'obiettivo che si era prefissata, cioè provare ad avere una lettura condivisa. Tant'è che è un unicum il fatto che vengano depositate due relazioni, che sostanzialmente dicono cose profondamente diverse.
Io non so se sia tutta responsabilità della minoranza. Se fossi la maggioranza mi porrei il dubbio su come mai c'è una parte di questa Regione, seppur minoritaria, che vorrebbe avere qualche risposta in più rispetto a quella fase. Guardate, vi chiederei davvero la cortesia di fare lo sforzo e di pensare che queste argomentazioni, queste preoccupazioni, questi dubbi, queste domande non se le sono poste solo i dieci Consiglieri di minoranza. C'è un pezzo di questa Regione là fuori che attende e che vuole capire quanto quello che è accaduto ci possa anche essere utile per il futuro.
Penso che noi abbiamo fatto il nostro dovere.
Nel ribadire i contenuti che abbiamo provato ad esporre nella relazione di minoranza e, ovviamente, rinforzando i ringraziamenti per chi ha partecipato a questi lavori, confidiamo che questa discussione non termini qui, ma sia propedeutica a una nuova modalità di confronto che consenta ad entrambi di essere un po' meno partigiani e di lavorare un po' di più tutti insieme per il benessere dei cittadini di questa regione.

PRESIDENTE

Assessore Lanzarin, per la replica della Giunta.

Ass.ra Manuela LANZARIN

Grazie, Presidente.
Ho ascoltato con grande attenzione un po' tutti gli interventi e ho segnato un po' di cose, molte delle quali sono state già ripetute e ribadite.
Parto anch'io con un ringraziamento a tutti i componenti della Commissione d'inchiesta, rimarcando che quando è stata chiesta una Commissione d'inchiesta... Ricordiamoci che c'era già stata una Commissione d'inchiesta nella prima fase, a chiusura della legislatura precedente, sulle Case di riposo, specifica, che poi è stata assorbita da questa Commissione d'inchiesta. Quando è stata chiesta l'istituzione della Commissione d'inchiesta non c'è stata nessuna contrarietà. Credo che l'analisi e il confronto siano fondamentali, purché rimangano un'analisi e un confronto di dati non, poi, interpretabili. Ringrazio tutti coloro che hanno partecipato e sono stati attivi all'interno della Commissione d'inchiesta.
Io non avrei voluto sentire una divisione, come è stato detto, a spalti, quindi a curve. Credo che in un momento difficile, come lo è stato quello dal 2020 in poi, quindi prima e seconda ondata e ondate successive, non ci possano essere differenziazioni rispetto a terminologie che ho sentito usare da qualcuno, ossia il rispetto delle vittime. Ci mancherebbe. Tutti abbiamo il massimo rispetto delle vittime, o il rispetto degli operatori che lavoravano in prima linea, ci mancherebbe. Tutti abbiamo il massimo rispetto e rivolgiamo il massimo ringraziamento e la massima riconoscenza nei confronti degli operatori tutti che lavoravano in prima linea.
Oppure, il rifiuto di riconoscere il dramma vissuto da migliaia di persone. Vi assicuro che il dramma vissuto da migliaia persone lo abbiamo vissuto tutti, io forse più di qualcun altro, visto che ho avuto l'onere e l'onore, rispetto al ruolo che ricopro, di essere assieme al presidente Zaia lì ogni giorno a dover prendere decisioni difficili, in un momento drammatico, decisioni che cambiavano repentinamente, seguendo quindi condizionamenti, evoluzioni, quadri epidemiologici difficilissimi, cercando di essere sempre lì a dare ascolto alla scienza, perché questo abbiamo fatto.
Ho sentito dire "decisioni politiche più importanti dei consigli della scienza". Rimando tutto al mittente, perché se c'è una cosa che il Veneto, la squadra, il team legato all'emergenza, che è stato costituito, ha sempre seguito e solo seguito sono state le indicazioni e le istruzioni della scienza, non legate ad altre circostanze.
Dopodiché, ci confrontiamo sulla scienza, ci confrontiamo su quelli che sono poi gli esiti della scienza. Abbiamo toccato il tema dei tamponi rapidi e quant'altro. Non è neanche bello accettare o sentire che il Veneto avrebbe non dico taroccato, perché mi sembra una parola troppo brutta, una parola troppo forte, ma avrebbe in qualche modo evidenziato dei dati nel caricamento. È stato spiegato come abbiamo caricato i dati. È stato spiegato che agli organi preposti, Istituto Superiore di Sanità, Ministero della Salute, Comitato tecnico regionale costituito in seno alla Presidenza del Consiglio, abbiamo sempre, tempestivamente, anche quando abbiamo avuto dei problemi, e voi l'avete sottolineato, rispetto al caricamento dei dati, comunicato tutto. Erano, quindi, tutti a conoscenza di quel passaggio che c'è stato e che voi citate sempre nelle relazioni. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che la parte decisionale nazionale sapeva, poteva fare tutte le verifiche. Siamo stati noi a chiedere di fare le verifiche. Non c'è nessun problema proprio perché avevamo la consapevolezza di quello che stava succedendo e avevamo la consapevolezza di come il sistema funzionava e come il sistema era stato impostato.
Mi dispiace sentir dire che c'è stato un caricamento dei dati non allineato oppure, ancora di più, quando si parla delle terapie intensive. Sulle terapie intensive ci sono stati dei passaggi molto forti. Voi sinceramente pensate che noi abbiamo immaginato e pensato di dire di avere 1.000 terapie intensive per un fine che quando è stato pensato non c'era ancora? Perché è stato citato che quando sono stati fatti i primi piani di sanità pubblica non c'era ancora il decreto che comunque individuava i criteri per i passaggi nelle varie zone. Abbiamo pensato e abbiamo corso nel fare 1.000 terapie intensive perché eravamo spaventati. Eravamo spaventati rispetto a quello che poteva succedere. Eravamo così tanto spaventati che volevamo essere pronti qualora ci fosse uno scenario apocalittico, chiamiamolo come vogliamo. Questo ci ha mosso rispetto alla ricerca di respiratori, alla ricerca di posti letto, alla ricerca di tutto quello che è seguito.
Non abbiamo mai detto – potete riprendere qualsiasi dichiarazione – che i posti erano tutti posti pronti. Avevamo detto che erano posti che potevano essere attuabili, ossia bastava in quel momento aprire le porte, recuperare il personale che c'era, ma era dedicato ad altro. è chiaro che nel momento in cui avremmo dovuto aprire quei posti letto, avremmo dovuto – e l'abbiamo detto – chiudere alcuni reparti e convertire in quei posti il personale, nella massima trasparenza. I nostri sono stati Piani nella massima trasparenza. Questo proprio con l'obiettivo e l'ottica di essere pronti anche a scenari molto più drammatici e molto più critici. Ripeto, i nostri numeri, i nostri dati sono sempre stati forniti con la massima tempestività e trasparenza a tutti.
È chiaro che il comportamento che noi abbiamo avuto è stato un comportamento che noi riteniamo lineare rispetto ai parametri a cui eravamo soggetti in quel momento, alle condizioni. Si può imparare qualcosa per il futuro? Certo, sempre si può imparare qualcosa per il futuro. Se qualcuno, soprattutto in sanità e sociale, non pensa di imparare, di fare tesoro dell'esperienza vissuta, credo sia qualcuno che non guarda in modo lungimirante rispetto al futuro. Purtroppo, però, la memoria a volte è corta, e lo stiamo vedendo in generale, non dico in questo caso specifico. Purtroppo la memoria del Covid io la trovo una memoria molto corta, già passata, già dimenticata. Questo forse ci dovrebbe far riflettere, perché eravamo tutti eroi, eravamo tutti ad applaudire il nostro personale, eravamo tutti pronti a fare sacrifici. Oggi, invece, purtroppo, non è più così, non c'è più questo scenario. Oggi è uno scenario completamente diverso. Forse su questo dovremmo un po', mi auguro, fare dei ragionamenti per il futuro, fare dei ragionamenti che ci portino anche a non perdere gli insegnamenti ottenuti durante questi tragici mesi.
Chiudo dicendo che è stato sicuramente un periodo difficile, lo sapete. Se qualcuno pensa che nei giorni in cui si sollevavano i cartelli che voi avete citato, con duecento morti al giorno, quindi dei numeri importanti, dei numeri grandissimi, ci fosse la consapevolezza che si poteva fare qualcosa in più, anche per risparmiare uno di quei morti, voi pensate sinceramente che non sarebbe stato fatto e messo in atto? Se voi pensate sinceramente questo, è un'accusa che rimando al mittente e mi auguro che le sedi preposte siano quelle, come diceva la consigliera Camani, a fare chiarezza, non è questo un tribunale, rispetto al fatto se ci sono stati dei comportamenti non corretti e non trasparenti. Vi assicuro, però, che i comportamenti che la Regione Veneto, il presidente Zaia, la sanità veneta... Ho l'obbligo di difendere la sanità veneta, di difendere i professionisti della sanità veneta che in maniera gratuita, con spirito di sacrificio, di abnegazione hanno dato il massimo in quel momenti, in quei periodi, quindi con l'obbligo di difendere tutta la sanità veneta, io dico che se ci fosse stato solo qualcosa che poteva evitare in quel momento anche un solo decesso siate convinti che l'avremmo fatto, perché in quel momento le azioni messe in campo erano totali, tutte, quelle disponibili, quelle che avevamo con gli strumenti a disposizione, nazionali e regionali.
Su questo voglio chiudere, con i ringraziamenti chiaramente per il lavoro che è stato fatto, che ci servirà, sono convinta che ci servirà per il futuro, ma sono altrettanto convinta che probabilmente altre sedi, se saranno definiti altri ambiti, dovranno definire le responsabilità.
Noi abbiamo, come sempre, in massima trasparenza inviato tutta la documentazione, anche prima di questa Commissione, e voi lo sapete molto bene. Abbiamo sempre collaborato con qualsiasi autorità giudiziaria che ci chieda qualsiasi cosa, proprio perché abbiamo la consapevolezza che in quel momento abbiamo fatto tutto il possibile che potevamo fare. Abbiamo la consapevolezza, però, che dobbiamo far tesoro, per il futuro, di quello che abbiamo imparato.

PRESIDENTE

Grazie, Assessore.
Siamo al momento del voto della PDA n. 61.
Come ho detto all'inizio, votiamo l'esito dei lavori della Commissione e ne prendiamo atto attraverso un voto. Ovviamente, trattandosi di un organo collegiale, la presa d'atto si esprime con il voto.
Non vedo richieste di intervento.
Metto in votazione la proposta di deliberazione amministrativa n. 61.
È aperta la votazione.
(Votazione elettronica)
Scusate, votate così? Va bene. Sono un po' perplesso, ma non giudico.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
37 voti a favore, 9 non espressi, 5 assenti.
Chiedo ai Capigruppo di fermarsi un attimo in Sala del Leone per una breve riunione di organizzazione dei lavori per il prossimo Consiglio. Grazie.
La Seduta termina alle ore 18.28
Il Consigliere segretario
Erika BALDIN

Il Presidente
Roberto CIAMBETTI


Resoconto stenotipico a cura di:
Cedat 85

Revisione e coordinamento testo a cura di:
Maria Concetta Miccoli

Elaborazione testo a cura di:
Maria Concetta Miccoli
Verbale n. 92 - 11^ legislatura
PROCESSO VERBALE
SEDUTA PUBBLICA N. 92
MARTEDì 21 MARZO 2023


PRESIDENZA
PRESIDENTE ROBERTO CIAMBETTI
VICEPRESIDENTE NICOLA IGNAZIO FINCO
VICEPRESIDENTE FRANCESCA ZOTTIS

PROCESSO VERBALE REDATTO A CURA DELL'UFFICIO ATTIVITà ISTITUZIONALI

INDICE

Processo verbale della 92a seduta pubblica – martedì 21 marzo 2023
La seduta si svolge a Venezia in Palazzo Ferro-Fini, sede del Consiglio regionale, secondo le modalità ordinarie, fatta eccezione per i consiglieri soggetti ad obbligo di isolamento correlati al Covid-19 che parteciperanno da remoto come previsto dalla deliberazione dell'Ufficio di presidenza n. 64 del 25 ottobre 2022.

I lavori si svolgono sulla base dell'ordine del giorno prot. n. 4353 del 16 marzo 2023.

Il Presidente CIAMBETTI, alle ore 10.41, comunica il rinvio dell'inizio dei lavori alle ore 10.50.

La seduta inizia alle ore 10.50.

Assume le funzioni di Consigliere segretario la consigliera Erika Baldin.

Punto n. 1) all'ordine del giorno

Approvazione verbali delle sedute precedenti  [RESOCONTO]


Il PRESIDENTE, poiché nessun consigliere chiede di fare osservazioni, dichiara che si intende approvato il processo verbale della seduta pubblica n. 91 di martedì 14 marzo 2023.

Punto n. 2) all'ordine del giorno

Comunicazioni della Presidenza del Consiglio  [RESOCONTO]


Il PRESIDENTE comunica che sono in congedo il Presidente della Giunta regionale Zaia e la consigliera Rizzotto.

Punto n. 3) all'ordine del giorno

Interrogazioni e interpellanze

Ai sensi dell'art. 114, comma 3 del Regolamento l'elenco delle interrogazioni e delle interpellanze, allegato alla Convocazione, è dato per letto.

Punto n.4 all'ordine del giorno

Risposte della Giunta regionale alle interrogazioni e interpellanze  [RESOCONTO]


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

n. 350 del 08.02.2023
presentata dalla consigliera Guarda e Baldin
"Perché l'applicazione Viviveneto non è accessibile ai non vedenti?"

La consigliera Guarda dà per letta l'IRI in oggetto.

Interviene l'assessore Calzavara che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene la consigliera Guarda (Europa Verde) in sede di replica.

n. 246 del 22.03.2022
presentata dalla consigliera Guarda
"Venezia capitale mondiale della sostenibilità ma anche cimitero per le barche! Quali le iniziative previste per addivenire alla soluzione del problema?"

Interviene la consigliera Guarda (Europa Verde) che illustra l'IRI in oggetto.

Interviene l'assessore Bottacin che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene la consigliera Guarda (Europa Verde) in sede di replica.

n. 258 del 26.04.2022
presentata dal consigliere Nicola Ignazio Finco
" ULSS7 - Interviste sugli organi di stampa: le dichiarazioni del direttore della UOC Anatomia Patologica del 24 febbraio 2022 sono state autorizzate?"

Il consigliere Finco dà per letta l'IRI in oggetto.

Interviene l'assessora Lanzarin che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene il consigliere Finco (Liga Veneta per Salvini Premier) in sede di replica.

n. 320 del 22.12.2022
presentata da consigliere Montanariello
"Rischio fallimento delle piccole e medie imprese di dispositivi medici: la Regione intende intervenire?"

Interviene il consigliere Montanariello (Partito Democratico Veneto) che illustra l'IRI in oggetto.

Interviene l'assessora Lanzarin che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene il consigliere Montanariello (Partito Democratico Veneto) in sede di replica.

n. 333 del 12.01.2023
presentata dalla consigliera Baldin
"Di "Gente vestita in pelle, col perizoma fuori, messa a quattro zampe" e altre oscenità. La Giunta intende prendere le distanze dalle parole oscurantiste ed offensive pronunciate in Consiglio regionale da una parte della maggioranza?"

Interviene la consigliera Baldin (Movimento 5 Stelle) che illustra l'IRI in oggetto.

Interviene l'assessore Calzavara che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene la consigliera Baldin (Movimento 5 Stelle) in sede di replica.

n. 359 del 14.02.2023
presentata dai consiglieri Zanoni, Giacomo Possamai, Zottis e Bigon
"Bonus edilizi: la Giunta regionale si è attivata per l'acquisizione dei crediti dalle imprese edili del proprio territorio per dare un aiuto concreto a questo settore oggi in forte difficoltà?"

Interviene il consigliere Zanoni (Partito Democratico Veneto) che illustra l'IRI in oggetto.

Interviene l'assessore Calzavara che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene il consigliere Zanoni (Partito Democratico Veneto) in sede di replica.

INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

n. 6 del 20.01.2023
presentata dal consigliere Lorenzoni
"Quali regole e controllo la Regione ha attivato sulla qualificazione dei "Medici a gettone" per la tutela del paziente?"

Interviene il consigliere Lorenzoni (Gruppo Misto) che illustra l'IRO in oggetto.

Interviene l'assessora Lanzarin che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene il consigliere Lorenzoni (Gruppo Misto) in sede di replica.

Interviene sul Regolamento la consigliera Guarda (Europa Verde) chiedendo l'iscrizione all'ordine del giorno, ai sensi dell'articolo 111, comma 4, della IRS 291 e sollecita la risposta alle IRS nn. 280 e 287 già iscritte.

Punto 6) all'ordine del giorno

Presa d'atto della documentazione finale della Commissione speciale di inchiesta sull'andamento in Veneto dei contagi e dei decessi da SARS-COV-2 durante la pandemia, con particolare attenzione alla seconda "ondata". (Proposta di Deliberazione amministrativa n. 61) APPROVATA (Deliberazione n. 35/2023)  [RESOCONTO]


Il PRESIDENTE illustra le modalità e i tempi di discussione per la presa d'atto delle documentazioni finali della Commissione speciale di inchiesta sull'andamento in Veneto dei contagi e dei decessi da SARS-COV-2 durante la pandemia, con particolare attenzione alla seconda "ondata".

Intervengono le consigliere Brescacin (Zaia Presidente), che svolge la relazione di maggioranza per conto della Commissione speciale di inchiesta, e Camani (Partito Democratico Veneto), che svolge la relazione di minoranza per conto della Commissione speciale di inchiesta.
In discussione generale interviene la consigliera Bigon (Partito Democratico Veneto).

Durante l'intervento della consigliera Bigon assumono la presidenza: il Vicepresidente Nicola Ignazio Finco, poi la Vicepresidente Francesca Zottis e successivamente il Vicepresidente Nicola Ignazio Finco.

La seduta è sospesa alle ore 12.53.

La seduta riprende alle ore 14.48.

Assume la presidenza il Presidente Roberto Ciambetti.

In discussione generale intervengono le consigliere Zottis (Partito Democratico Veneto), Baldin (Movimento 5 Stelle).

La seduta è sospesa alle ore 15.13.

La seduta riprende alle ore 15.17.

In discussione generale intervengono le consigliere Baldin (Movimento 5 Stelle) che prosegue il suo intervento, Ostanel (Il Veneto che Vogliamo).

Durante l'intervento della consigliera Ostanel assumono la presidenza: la Vicepresidente Francesca Zottis e successivamente il Presidente Roberto Ciambetti.

In discussione generale intervengono i consiglieri Zanoni (Partito Democratico Veneto), Guarda (Europa Verde), Lorenzoni (Gruppo Misto), Valdegamberi (Gruppo Misto), Brescacin (Zaia Presidente), Scatto (Zaia Presidente), Zecchinato (Zaia Presidente), Pan (Liga Veneta per Salvini Premier), Venturini (Forza Italia - Berlusconi - Autonomia per il Veneto), Villanova (Zaia Presidente), Soranzo (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni), Possamai Giacomo (Partito Democratico Veneto), Camani (Partito Democratico Veneto), Piccinini (Veneta Autonomia) e Giacomin (Zaia Presidente).

Il PRESIDENTE dichiara chiusa la discussione generale.

In sede di replica intervengono le consigliere Brescacin (Zaia Presidente), Camani (Partito Democratico Veneto) e l'assessora Lanzarin.

Il PRESIDENTE, non essendoci dichiarazioni di voto, pone in votazione col sistema elettronico in modalità telematica la presa d'atto della proposta di deliberazione amministrativa in oggetto.

Il Consiglio approva

Ai sensi dell'articolo 50, comma 4 dello Statuto si riportano i voti espressi dai singoli Consiglieri.

Hanno votato sì:

Andreoli, Barbisan, Bet, Bisaglia, Boron, Bozza, Brescacin, Cavinato, Cecchetto, Centenaro, Cestari, Cestaro, Ciambetti, Corsi, Dolfin, Favero, Finco, Giacomin, Maino, Michieletto, Pan, Pavanetto, Piccinini, Polato, Possamai Gianpiero, Puppato, Razzolini, Rigo, Sandonà, Scatto, Soranzo, Sponda, Valdegamberi, Venturini, Vianello, Villanova, Zecchinato

Hanno votato no:

nessuno

Astenuti:

nessuno

Non votanti:

Baldin, Bigon, Camani, Lorenzoni, Montanariello, Ostanel, Possamai Giacomo, Zanoni, Zottis

Il PRESIDENTE dichiara chiusa la seduta.

Il Consiglio regionale sarà convocato a domicilio.

La seduta termina alle ore 18.28.

Consiglieri presenti o partecipanti in modalità telematica:
ANDREOLI Marco
MAINO Silvia
BALDIN Erika
MICHIELETTO Gabriele
BARBISAN Fabiano
MONTANARIELLO Jonatan
BET Roberto
OSTANEL Elena
BIGON Anna Maria
PAN Giuseppe
BISAGLIA Simona
PAVANETTO Lucas
BORON Fabrizio
PICCININI Tomas
BOZZA Alberto
POLATO Daniele
BRESCACIN Sonia
POSSAMAI Giacomo
CAMANI Vanessa
POSSAMAI Gianpiero
CAVINATO Elisa
PUPPATO Giovanni
CECCHETTO Milena
RAZZOLINI Tommaso
CENTENARO Giulio
RIGO Filippo
CESTARI Laura
SANDONA' Luciano
CESTARO Silvia
SCATTO Francesca
CIAMBETTI Roberto
SORANZO Enoch
CORSI Enrico
SPONDA Alessandra
DOLFIN Marco
VALDEGAMBERI Stefano
FAVERO Marzio
VENTURINI Elisa
FINCO Nicola Ignazio
VIANELLO Roberta
GIACOMIN Stefano
VILLANOVA Alberto
GUARDA Cristina
ZANONI Andrea
LORENZONI Arturo
ZECCHINATO Marco

ZOTTIS Francesca






LA CONSIGLIERA SEGRETARIA
f.to Erika BALDIN




IL PRESIDENTE
f.to Roberto CIAMBETTI








PROCESSO VERBALE
Redazione a cura di Alessandro Vian e Paola Lombardo