ResocontoVerbali

Seduta del consiglio regionale del 16/01/2024 n. 122

Resoconto n. 122 - 11^ legislatura
Resoconto 122 a Seduta pubblica
Martedì, 16 gennaio 2024
SOMMARIO
Assume la Presidenza
Il Presidente Roberto CIAMBETTI
La Seduta inizia alle ore 10.36

PRESIDENTE

Colleghi, registratevi su Concilium.
Buongiorno. Diamo inizio alla 122a Seduta pubblica del Consiglio regionale. I lavori si svolgono sulla base dell'ordine del giorno prot. n. 368 dell'11 gennaio 2024.
PUNTO
1


APPROVAZIONE DEI VERBALI DELLE SEDUTE PRECEDENTI

Il PRESIDENTE, poiché nessun Consigliere chiede di fare osservazioni, dichiara che si intendono approvati i processi verbali della 117a Seduta pubblica del 29 novembre 2023 e della 118a Seduta pubblica del 5 dicembre 2023.
PUNTO
2


COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO

PRESIDENTE

Non vi sono comunicazioni.
PUNTO
3



INTERROGAZIONI E INTERPELLANZE

Ai sensi dell'art. 114, comma 3 del Regolamento, l'elenco delle interrogazioni e delle interpellanze, allegato alla Convocazione, è dato per letto.
PUNTI
4 e 5



RISPOSTE DELLA GIUNTA REGIONALE ALLE INTERROGAZIONI E INTERPELLANZE

e

INTERROGAZIONI A RISPOSTA SCRITTA ISCRITTE ALL'ORDINE DEL GIORNO AI SENSI DELL'ARTICOLO 111, COMMA 4, DEL REGOLAMENTO

PRESIDENTE

Partiamo con le interrogazioni e interpellanze.
Iniziamo con l' interpellanza n. 4 della collega Baldin ed altri.

Interpellanza n. 4 del 17 ottobre 2023 presentata dai consiglieri Baldin, Camani, Guarda, Lorenzoni, Ostanel, Bigon, Luisetto, Montanariello, Zanoni e Zottis relativa a "PER UN INTERVENTO DI STRAORDINARIA EMERGENZA PER LA MESSA IN SICUREZZA DELLA RETE VIARIA ALLA LUCE DEL TRAGICO EVENTO DEL 3 OTTOBRE 2023"

Prego, collega Baldin.

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Grazie, Presidente. Buongiorno, colleghi.
Ringrazio le colleghe e i colleghi per aver sottoscritto l'interpellanza, che è una cosa assolutamente condivisa dalle opposizioni.
Con questo atto si fa riferimento al tragico evento del 03 ottobre scorso, che ha purtroppo interessato la morte di 21 persone sul famoso e tragico tratto di strada del cavalcavia Vempa a Mestre, con la caduta di un pullman che trasportava dei turisti e causandone una morte atroce. Proprio per questo fatto la nostra intenzione è stata quella di chiedere alla Giunta regionale, data la competenza in tema di sicurezza stradale della Regione, quindi della Giunta regionale in particolare, cosa intenda fare per la messa in sicurezza di non solo quel tratto, al di là della competenza specifica in essere su quel tratto di strada, ma in generale su tutti i punti che sono di particolare vetustà, nei tratti appunto di competenza della Regione e anche negli altri, in quanto la Regione deve fare un'opera di raccordo e di monitoraggio dei punti critici della viabilità, proprio per il raggiungimento di una condizione generale di sicurezza stradale, non solo del punto stradale interessato dal sinistro del 3 ottobre scorso, ma anche dei punti che, ricadenti in aree regionali, a prescindere dalla competenza sulla rete viaria, presentano condizioni di insicurezza e di analoga criticità e vetustà.

PRESIDENTE

Grazie.
Al posto della vicepresidente De Berti, risponde l'assessore Lanzarin. Prego.

Ass.ra Manuela LANZARIN

La Regione del Veneto ha attivato da tempo, in particolare con legge regionale n. 13/2020 , un'attenta attività di messa in sicurezza delle infrastrutture di propria competenza, con particolare attenzione a ponti e viadotti della rete, destinando complessivamente un importo di oltre 35 milioni, in aggiunta a quanto annualmente stanziato, per la gestione e la manutenzione della viabilità regionale a favore di Veneto Strade.
In merito alla rete stradale non di competenza, la Regione interviene attraverso appositi bandi, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 39/1991 "Interventi a favore della mobilità e della sicurezza stradale". In questo campo, dal 2016 ad oggi, l'Amministrazione ha cofinanziato, con un importo di 105,96 milioni, oltre 600 interventi di messa in sicurezza e potenziamento della viabilità, costati complessivamente 221,75 milioni.
La Regione intende proseguire anche negli anni a venire in questa attività di sostegno a favore dei Comuni, favorendo la realizzazione di opere per la messa in sicurezza del proprio territorio.

PRESIDENTE

Grazie.
Consigliera Baldin, per la replica, prego.

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Grazie, Assessore.
Noi non siamo nelle condizioni di dire se siano pochi o se siano tanti questi milioni di euro stanziati dalla Giunta per la sicurezza stradale. È chiaro, però, che rimangono dei coni d'ombra, delle zone del traffico e della viabilità che vanno assolutamente ripristinate e sistemate. Ricordo che non più tardi di domenica, alle ore 04.30 della mattina, si è verificato un incidente sullo stesso tratto di strada interessato dal cavalcavia, nei pressi dello schianto del pullman con le 21 persone morte. Per fortuna non c'è stata un'altra situazione tragica. Il guardrail, in qualche modo, è stato sfondato, ma ha tenuto comunque l'auto sopra il sedime stradale.
La conseguenza è che vanno implementate le risorse, va migliorato il monitoraggio della sicurezza stradale, della viabilità e delle condizioni delle strade in genere e, magari, anche ripristinata quella Consulta regionale per la sicurezza stradale, che era stata istituita da una legge regionale, ma poi mai convocata e mai resa operativa. Anche su questo punto, quindi, chiediamo un intervento maggiore, un'attenzione sicuramente maggiore.
Comunque, ringrazio e spero che da qui ai prossimi anni si riesca a fare di più e meglio su questo fronte, perché parliamo di vite umane, di cittadini, anche stranieri, in quel caso specifico. Rischiamo ogni giorno di perdere tante persone sulle strade. Per quanto mi riguarda, io che abito sulla strada statale Romea so che la situazione è assolutamente critica, perché il tratto di strada è statale, ma per le strade regionali la competenza è comunque comunale e ci sono delle condizioni che vanno assolutamente migliorate per la sicurezza di tutti.

PRESIDENTE

Grazie.
Passiamo alla IRI n. 446 del collega Zanoni.

Interrogazione a risposta immediata n. 446 del 14 novembre 2023 presentata dal consigliere Zanoni relativa a "LINEA FERROVIARIA BELLUNO-VENEZIA, CAOS INAMMISSIBILE: CAMBI TRA AUTOBUS E TRENI, CONVOGLI SATURI E GENTE LASCIATA A TERRA. LA GIUNTA REGIONALE INTENDE INTERVENIRE?"

Prego, collega Zanoni.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti.
Questa è un'interrogazione che ho depositato il 25 ottobre, dopo essere stato contattato da più di qualche cittadino che lamentava lo stato dei treni, in particolare – anzi, mi correggo, il 14 novembre 2023 – per quanto riguarda coloro che partono da Belluno.
Sono cittadini che praticamente sono costretti ad affrontare delle vere e proprie odissee per recarsi al lavoro o all'università o a scuola.
Il fatto che ho portato a conoscenza della Giunta riguarda, in particolare, quelli che partono da Belluno. Pensate, sono cittadini che prendono il treno alle 05.41, hanno 1 ora e 21 minuti per arrivare a Conegliano, ma lo devono fare con l'autobus sostitutivo del treno. Dopodiché, a Conegliano devono partire alle 07.12 di mattina.
Questo treno carica pendolari a Conegliano, Susegana, Spresiano, Lancenigo, Treviso centrale, San Trovaso, Preganziol, Mogliano Veneto, Venezia Mestre Ospedale, Venezia Mestre e Venezia Porto Marghera.
Cosa capita in maniera frequente? Che molti di questi pendolari, ad esempio nella stazione centrale di Treviso, sono rimasti letteralmente a terra essendo questo treno arrivato saturo e naturalmente con l'impossibilità, da parte di chi deve raggiungere il posto di lavoro, la scuola, l'università e quant'altro, di arrivare nei tempi previsti. Sono situazioni che si ripetono da anni. È un caos veramente inammissibile, perché sconvolge la vita quotidiana di moltissimi cittadini che hanno il diritto di avere certezze per quanto riguarda questi trasporti.
Con questa interrogazione chiedo all'Assessore come intenda intervenire con urgenza presso i referenti di Trenitalia a tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere degli utenti della linea ferroviaria Belluno-Venezia, in modo da rendere il loro viaggi piacevoli e confortevoli.

PRESIDENTE

Grazie. Interviene, sempre al posto della vicepresidente De Berti, l'assessore Lanzarin.
Prego.

Ass.ra Manuela LANZARIN

Dal 29 ottobre al 3 novembre 2023 il gestore infrastrutture RFI ha disposto la chiusura del tratto linea ferroviaria tra Ponte delle Alpi e Conegliano per effettuare lavori di manutenzione straordinaria. Pertanto, in quel periodo tutti i treni della relazione Belluno-Conegliano-Venezia e viceversa sono stati cancellati e sostituiti con bus nella tratta Belluno-Conegliano. Nello specifico, il bus Venezia 623 ha sostituito nella tratta Belluno-Conegliano il treno regionale Venezia 1687071 in partenza da Belluno alle ore 06.16.
Al fine di consentire la corrispondenza con il nuovo treno con origine da Conegliano alle 07.12 per Venezia, la partenza del bus, considerati i tempi di percorrenza stradali più dilatati e la necessità di servire le stesse località del treno tra Ponte delle Alpi e Conegliano, è stata anticipata rispetto all'orario dei treni di 35 minuti, partenza alle ore 05.41. Nei tempi di percorrenza complessivi è stato considerato anche un tempo di interscambio tra bus e treno di 10 minuti. Trenitalia riferisce di aver aggiornato i propri sistemi di vendita informativi con i provvedimenti relativi a questa interruzione programmata già il giorno 12 agosto 2023, con un anticipo di oltre due mesi rispetto alla data di inizio.
Per quanto riguarda l'occupazione del treno 1687071 Trenitalia ha precisato che lo stesso è programmato con uno dei materiali rotabili più capienti a disposizione, ovvero con convoglio ROCK a cinque vagoni casse, con oltre 605 posti a sedere. Dai rilievi ad hoc effettuati emerge che dall'11 settembre all'11 novembre 2023, su 53 circolazioni il numero dei viaggiatori ha superato i posti a sedere offerti in circa la metà dei casi, 21 circolazioni, nella tratta Mogliano Veneto-Venezia, ma più spesso tra Mestre Ospedale e Venezia. In tutti i casi, eccetto uno, il numero di viaggiatori in queste tratte è stato comunque ben al di sotto del numero dei posti omologati, che per il treno ROCK a cinque casse è 1.410.
Inoltre, Trenitalia ha informato che il disagio segnalato il giorno 30 ottobre 2023 è stato determinato da una grave avaria del treno ROCK verificatosi prima della partenza da Treviso, che non ha consentito l'utilizzo del treno.
Al fine di effettuare il servizio è stato quindi utilizzato l'unico convoglio disponibile a Treviso: un treno POP 301 posti, che è partito con circa 20 minuti di ritardo. Unica alternativa sarebbe stata cancellare il servizio. Sarà in ogni caso cura della Regione, tramite Infrastrutture Venete, continuare a monitorare costantemente la regolarità e la qualità del servizio anche attraverso le segnalazioni dell'utenza.

PRESIDENTE

Collega Zanoni, prego, per la replica.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Ringrazio l'Assessore che si è interessato e ha fatto le verifiche, sia per quanto riguarda la tratta sostitutiva Belluno-Conegliano tramite autobus sia per quanto riguarda i viaggi che hanno visto molti cittadini rimanere a piedi a causa dell'affollamento del treno che arriva fino a Venezia.
Il dato, comunque, è poco confortante. La prima osservazione che mi viene da fare è: perché in un periodo di intenso utilizzo dei mezzi di trasporto, considerato che ci sono scuole e università aperte, Ferrovie Italiane dispone la chiusura di un tratto così importante tra Ponte nelle Alpi e Conegliano, creando tutti questi disservizi.
La seconda questione è che viene data, con questa risposta, conferma del sottodimensionamento dei mezzi utilizzati per questo tipo di trasporti. Quando, Assessore, mi risponde che emerge che dall'11 settembre all'11 novembre ‒ quindi, sono addirittura due mesi ‒ ci sono queste 53 circolazioni, dove il numero di viaggiatori ha superato i posti a sedere offerti in circa metà dei casi, quindi 21 circolazioni, vuol dire (21 circolazioni con 605 posti a sedere) che abbiamo avuto 12.705 persone stipate come non so che cosa.
Pertanto, non è che si tratti di un caso eccezionale, quello segnalato. Qui mi si dà conferma che diventa quasi abitudinario. Questo mezzo con 605 posti a sedere qui si dice che è uno dei più capienti. Evidentemente sarà anche uno dei più capienti, ma non è necessario a garantire un servizio adeguato a persone che pagano il biglietto, a persone che pagano l'abbonamento.
Chiedo veramente che si prendano provvedimenti seri per evitare il ripetersi di situazioni inammissibili al giorno d'oggi per i nostri cittadini.

PRESIDENTE

Grazie.
Passiamo alla IRS n. 415 della collega Guarda.

Interrogazione a risposta scritta n. 415 dell'11 settembre 2023 presentata dalla consigliera Guarda relativa a "EMERGENZA PESTE SUINA AFRICANA E POTENZIAMENTO DEGLI ORGANICI DEI SERVIZI VETERINARI DELLA ULSS: QUALI INTERVENTI URGENTI?"

Collega Guarda, prego.

Cristina GUARDA (Europa Verde)

Grazie, Presidente.
Visto il decreto del 2022, n. 9, recante "Misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana", convertito in legge il 07 aprile 2022; visto il decreto del Ministero della Salute del 28 giugno 2022 recante "Requisiti di biosicurezza degli stabilimenti che detengono suini", in particolar modo l'articolo 4, che stabilisce funzioni e compiti delle aziende sanitarie localmente competenti e delle Regioni; vista l'ordinanza del 24 agosto 2023 "Misure di controllo ed eradicazione della peste suina africana" del Ministero della Salute e del Commissario straordinario alla peste suina africana, e in particolar modo l'articolo 9, comma 4, in cui si stabilisce che le autorità competenti, sentite le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano di appartenenza, possono delegare espressamente specifici compiti a veterinari non ufficiali, veterinari aziendali e liberi professionisti, dopo aver verificato di non poter sopperire alle ulteriori esigenze emergenziali con strumenti ordinari di ricostituzione delle piante organiche o mediante il reperimento delle necessarie risorse umane con l'attribuzione di incarichi a tempo determinato a dirigenti veterinari.
Appreso, con nota del 05 settembre 2023, protocollo n. 34 del 2023, indirizzata all'Assessore alla Sanità e alla Direzione dell'Area Sanità e sociale del Veneto, scritta dalla Federazione veterinari, medici e dirigenti sanitari del Veneto, che hanno esplicitato come le nuove misure emergenziali necessarie all'eradicazione della peste suina africana costituiscono, in atto, per i servizi veterinari veneti, un pesante carico di lavoro aggiuntivo che grava su organici fortemente ridotti.
Considerato che alle autorità regionali destinatarie della nota è stata, pertanto, richiesta l'immediata verifica dei fabbisogni del personale veterinario ad ogni livello di ogni singola azienda sanitaria, nell'ottica di avviare con urgenza le assunzioni di dirigenti veterinari a tempo indeterminato, necessarie per l'espletamento delle attività di istituto e di quelle straordinarie imposte dal contrasto dell'emergenza, assunzioni da quantificare sugli effettivi bisogni di personale calcolati sulla base delle attività da svolgere, con criteri che tengano conto del volume e dei tempi necessari a compierle e che si proceda con tempi rapidi all'espletamento delle procedure concorsuali già bandite da Azienda Zero e, laddove è necessaria, l'emanazione di ulteriori bandi per permettere la piena efficienza degli organici veterinari dell'ULSS in tutte le aree disciplinari, per poter quindi svolgere tutte le attività emergenziali e ordinarie.
Alla luce di tutto questo, nel settembre 2023 interrogavo l'Assessore alla Sanità della Regione del Veneto per sapere quali rimedi intendesse attivare per garantire il potenziamento degli organici dei servizi veterinari veneti, affinché sia garantita l'effettiva applicazione delle misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana.

PRESIDENTE

Grazie.
Risponde l'assessore Lanzarin.

Ass.ra Manuela LANZARIN

Per fronteggiare l'emergenza di peste suina africana (PSA) a livello nazionale, a partire dal gennaio 2022, il Ministero della Salute e il Commissario straordinario per la PSA hanno emanato diversi provvedimenti. Tra questi, l'ordinanza del Commissario straordinario dell'11.07.2023 ha previsto, tra l'altro, che le Regioni istituiscano dei gruppi operativi territoriali (GOT) al fine di coordinare i servizi veterinari delle aziende sanitarie locali competenti per territorio.
Nel caso della Regione del Veneto il GOT è stato identificato con l'Unità di crisi regionale (UCR), istituita con DGR del 25.01.2022. L'UCR è costituita da rappresentanti delle diverse strutture regionali che sono competenti della gestione nei vari aspetti legati alla prevenzione e al controllo della malattia e che riguardano gli ambiti sanitari, agricoli, ambientali e di Protezione civile. È coordinata dal Direttore dell'Area Sanità e sociale o, in sua vece, da un Dirigente della Direzione regionale Prevenzione e Sicurezza Alimentare e Veterinaria.
Con nota della Direzione Prevenzione, Sicurezza Alimentare e Veterinaria del 21.07.2023 i responsabili dei servizi veterinari delle aziende ULSS sono stati invitati ad attivare sul proprio territorio dei gruppi di lavoro operativi locali per la PSA, costituiti almeno da un referente veterinario esperto in materia, che assume anche le funzioni di coordinatore del gruppo, e da un rappresentante della Polizia provinciale. I gruppi operativi locali afferiscono a unità di crisi locali, già istituiti dalle ASL in conformità al Piano nazionale emergenza veterinaria. Tali gruppi sono stati incaricati in prima battuta di individuare almeno un sito di stoccaggio intermedio nel quale, in fase epidemica, dovranno essere convogliate le carcasse dei cinghiali morti o abbattuti e da cui, previo test per PSA, le medesime verranno inviate allo smaltimento.
La su citata ordinanza commissariale del n. 4/2023 è ispirata ad una visione interdisciplinare del contrasto alla diffusione della PSA, la quale, come è stato ribadito anche nel corso dell'incontro tenutosi a Venezia con il Commissario straordinario lo scorso 25 ottobre 2023, vede nel contenimento della popolazione dei cinghiali uno degli aspetti peculiari, tanto che il Commissario stima che tale attività a carico delle Polizie provinciali assorba per l'80% le attività del GOT.
Inoltre, i servizi veterinari delle ASL effettuano i controlli previsti dal Piano di sorveglianza nazionale, PSA, formalizzato annualmente dal Ministero della Salute. Questi controlli comprendono la sorveglianza passiva della malattia negli allevamenti di suini, prelievo di un campione annuale minimo di suini morti e dei cinghiali, campionamento in tutti i capi ritrovati morti, moribondi o incidentati.
Nel corso del 2023 i servizi veterinari del Veneto hanno mantenuto uno standard di campionamento in linea e a volte anche superiore, con l'obiettivo minimo fissato dal Ministero della Salute e consistente in 88 suini allevati e 125 cinghiali. Il citato Piano nazionale prevede anche l'effettuazione da parte dei veterinari ufficiali della ASL di verifiche sull'applicazione delle misure di biosicurezza negli allevamenti di suini, stabilendo anche in questo caso un target minimo annuale di controllo che per il Veneto corrisponde a 83 allevamenti.
A fine 2023 tale obiettivo a livello regionale è stato raggiunto e per alcune tipologie di allevamento abbondantemente superato.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Guarda, per la replica, prego.

Cristina GUARDA (Europa Verde)

Grazie, Presidente.
Ringrazio per questa risposta che evidentemente dà un'indicazione rispetto agli obiettivi che avete raggiunto, ma non risponde all'interrogazione, a quanto è stato richiesto. Questo perché domandavo nello specifico cosa intendesse fare la Regione del Veneto per attivare e garantire il potenziamento degli organici dei servizi veterinari veneti.
Se si fa affidamento esclusivamente alla capacità dei veterinari e dei dipendenti degli organi che fanno riferimento, poi, alla Regione del Veneto per raggiungere determinati obiettivi, a discapito dell'efficienza di altri controlli, di altre responsabilità afferenti al proprio ruolo, in questo caso del veterinario pubblico, è evidente che non si fa un'operazione politica intelligente. Di conseguenza, siccome, per esempio, dialogando con allevatori, ma anche con veterinari pubblici, emerge come nella mia Provincia ci sia un problema di mancanza di personale, di veterinari pubblici – ne manca un terzo per poter assolvere a tutte le funzioni non soltanto delle emergenze, come la peste suina africana, ma anche di aviaria piuttosto che altre emergenze e attività ordinarie – ritengo che questa risposta dia uno spaccato parziale della strategia per affrontare i controlli che, a livello nazionale, vengono imposti alle Regioni in relazione alla prevenzione della diffusione della peste suina africana, ma non risponda all'emergenza che più e più volte a voi, attraverso anche la nota scritta dai medici e dai veterinari pubblici, ribadiscono l'emergenza personale e anche a noi riferiscono le carenze e le difficoltà oggettive nel poter garantire la massima qualità e la massima efficienza in tutti i settori di propria competenza.
Questa risposta purtroppo non dà soluzione, non dà prospettiva rispetto a quanto è stato denunciato, non tanto dalla consigliera Guarda quanto dai diretti interessati.
Per questo motivo, non posso ritenermi soddisfatta e esorto questa Regione ad affrontare il tema dei veterinari pubblici, ad affrontare il tema della garanzia del personale e l'efficienza di risposta agli allevatori, così come a tutti i proprietari di animali all'interno del nostro territorio, che evidentemente è un tema che, per troppo tempo, è stato sottovalutato.
Grazie mille.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Andiamo all'IRI n. 441 del collega Zanoni.

Interrogazione a risposta immediata n. 441 del 25 ottobre 2023 presentata dal consigliere Zanoni relativa a "I CONTROLLI DEI NAS TRA LE AZIENDE VITIVINICOLE DELLE COLLINE DEL PROSECCO HANNO FATTO EMERGERE FRODI DI DIVERSA NATURA. COSA STA FACENDO LA GIUNTA REGIONALE PER COMBATTERE IL FENOMENO?"

Collega Zanoni, prego.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Questa è un'interrogazione che ho presentato il 25 ottobre. Il 12 ottobre abbiamo saputo da molte fonti giornalistiche che il Nucleo antisofisticazione, NAS, dei Carabinieri ha effettuato a livello nazionale moltissimi controlli sulle aziende vitivinicole, in particolare nelle colline di Valdobbiadene e Conegliano per quanto riguarda la nostra regione.
Durante queste ispezioni – a livello nazionale ne sono state fatte 960 – tra quelle che hanno interessato la nostra Regione sono state rilevate delle violazioni importanti in cinque realtà produttive del Veneto nelle colline di Valdobbiadene e Conegliano.
In queste aziende trevigiane, tra l'altro ricadenti all'interno del patrimonio mondiale UNESCO come area, hanno verificato i Carabinieri che veniva illecitamente aggiunto del mosto non dichiarato.
Inoltre, sono stati sequestrati ingenti quantitativi di zucchero, ben 28 quintali, utilizzati per adulterare il prodotto finale, aumentandone la graduazione alcolica.
Si tratta di una situazione di adulterazione che è stata portata alla luce grazie a questi controlli dei Carabinieri.
Volevo sottolineare che qui mettiamo in gioco la salute dei cittadini. Dobbiamo salvaguardare i nostri cittadini da queste frodi, cittadini che poi si ritrovano a comprare questi prodotti adulterati. Dobbiamo tutelare anche la reputazione delle realtà produttive che operano nel rispetto delle leggi. Credo che dovremmo essere parte attiva per contrastare queste contraffazioni. Chiedo quindi quali iniziative la Giunta regionale stia mettendo in atto, di concerto con le forze dell'ordine, per contrastare questo fenomeno delle frodi nel settore vitivinicolo?

PRESIDENTE

Prego, assessore Caner, per la risposta.

Ass.re Federico CANER

In riferimento alle questioni poste dall'interrogante, si premette che, come più volte dichiarato, uno degli obiettivi fondamentali della Giunta regionale, correlati anche alla politica agricola comune, è quello di perseguire la politica della qualità a trecentosessanta gradi.
A tal fine, la Giunta si adopera, in associazione con gli operatori, gli organismi di rappresentanza sindacale professionale, nonché con i Consorzi di tutela, per la promozione e la difesa dell'immagine degli stessi nel mondo.
Numerose sono le iniziative e i provvedimenti volti alla tutela e alla valorizzazione dei prodotti agricoli, dell'acquacoltura e alimentari di qualità, come recita la legge regionale n. 12 del 31 maggio 2001.
Questa fondamentale azione di riconoscimento risulta essenziale per il sostegno alle aziende agricole e delle imprese di trasformazione, al fine di tutelare nel mondo la reputazione delle nostre produzioni.
È a tutti noto che i vini a denominazione di origine veneta (14 DOCG, 29 denominazioni DOC e 10 Indicazioni Geografiche Protette) sono, tra gli altri, eccellenze dei nostri territori e rappresentano una ricchezza di valori e di tradizioni, oltre a costituire il biglietto da visita della Regione Veneto in campo internazionale. Tutto questo risulta fondamentale per il rafforzamento della produttività e della redditività delle imprese coinvolte, migliorandone le performance economiche e climatico-ambientali.
Il complesso sistema di regolazione delle emissioni e del consumo delle produzioni agricole, e di quelle vitivinicole tra queste, è disciplinato da norme cogenti di carattere sanitario e alimentare. Per questo operano il Comando Carabinieri per la tutela della salute, attraverso i propri nuclei territoriali, e l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero dell'Agricoltura, al fine di prevenire e reprimere le frodi relative a prodotti agroalimentari e ai mezzi tecnici per l'agricoltura, nonché di irrogare le relative sanzioni. Questa azione preventiva e repressiva risulta fondamentale per assicurare l'osservanza delle norme a tutela dei consumatori e degli imprenditori.
In tale quadro, quindi, la Giunta regionale, per mezzo delle competenti strutture, oltre a partecipare attivamente agli incontri organizzati dai diversi Consorzi di tutela all'inizio della campagna vendemmiale con i rappresentanti dell'ICQRF, garantisce la messa a disposizione delle informazioni necessarie dello schedario vitivinicolo veneto ai Corpi di Polizia per le attività di controllo. Inoltre, al fine di garantire ai produttori il necessario aggiornamento e aumentare la consapevolezza del loro ruolo economico e sociale, supporta gli operatori, le organizzazioni di produttori e le cooperative attraverso l'attivazione delle misure di formazione e di consulenza, sia per il tramite degli interventi all'uopo previsti dal complemento per lo sviluppo rurale 2023-2027 sia attraverso le attività poste in essere nell'ambito dei programmi di alta formazione presso il Centro interdipartimentale per la ricerca in viticoltura ed enologia (CIRVE) di Conegliano Veneto. Agire sul livello culturale e sul rispetto della legalità costituiscono, infatti, obiettivi di questa Amministrazione per assicurare prodotti sani e di qualità ai cittadini e per promuovere l'immagine della Regione del Veneto.

PRESIDENTE

Grazie.
La parola al collega Zanoni per la replica. Prego.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Considero la risposta non del tutto sufficiente, Assessore. Oltre a fare l'elenco di quello che già è in essere, immaginavo ci fossero ulteriori proposte per contrastare questo tipo di illeciti. Se questi illeciti si manifestano vuol dire che le attuali regole, gli attuali disciplinari, le attuali misure messe in essere oggigiorno evidentemente non sono sufficienti se, quando vengono fatte queste ispezioni, ci ritroviamo in un'area abbastanza limitata, che è quella del patrimonio mondiale Unesco delle colline del Prosecco, Valdobbiadene e Conegliano, addirittura con cinque aziende sanzionate. Tra l'altro, con la scoperta da parte degli agenti del NAS di centinaia di ettolitri di mosto non dichiarati e di ben ‒ questo per una singola azienda ‒ 28 quintali di zuccheri detenuti negli edifici di questa cantina, con un problema di adulterazione abbastanza serio.
Più volte ho proposto in quest'Aula, anche nel caso di inquinamenti dovuti agli scarichi di alcune cantine sanzionate, in questo caso dai Carabinieri forestali, sempre in quella zona, di rivedere i finanziamenti. Ricordo che nel periodo 2010-2020, dagli accessi agli atti fatti, risulta che sono stati elargiti al settore vitivinicolo in Veneto 580 milioni di euro, cioè più di mezzo miliardo. Credo che una leva importante sarebbe anche quella di valutare, da parte della Giunta regionale, di revocare i finanziamenti a tutte quelle aziende che non rispettano le leggi, creando così problemi ai cittadini, andando a elevare il fenomeno delle frodi in Veneto, ma anche creando problemi e un danno di immagine a tutte le aziende che lavorano in maniera seria.

PRESIDENTE

Grazie.
Abbiamo terminato lo spazio destinato alle interrogazioni.
PUNTO
6



PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE RELATIVA A "PROCEDURE E TEMPI PER L'ASSISTENZA SANITARIA REGIONALE AL SUICIDIO MEDICALMENTE ASSISTITO AI SENSI E PER EFFETTO DELLA SENTENZA N. 242 DEL 2019 DELLA CORTE COSTITUZIONALE". (PROGETTO DI LEGGE N. 217) RINVIO IN COMMISSIONE APPROVATO (DELIBERAZIONE N. 1/2024)

Relazione della QUINTA Commissione Consiliare.
Relatrice: Consigliera Brescacin

PRESIDENTE

Passiamo al punto n. 6 all'ordine del giorno.
Ai sensi dell'articolo 7 della legge regionale 12 gennaio 1973, n. 1 , il primo firmatario dell'iniziativa popolare sarà in Aula senza la possibilità di intervenire o interloquire con l'Assemblea.
Ricordo che la collega Brescacin è stata nominata "relatrice d'ufficio", visto che la Commissione non aveva individuato il relatore.
La parola per la relazione, quindi, alla collega Brescacin. Prego.

Sonia BRESCACIN (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Il progetto di legge n. 217 "Procedure e tempi per l'assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito, ai sensi e per effetto della sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale", in quanto progetto di legge di iniziativa popolare ha seguito fin dall'inizio un iter speciale, come previsto dalla legge regionale 12 gennaio 1973, n. 1 "Norme sull'iniziativa popolare per le leggi e i Regolamenti regionali sul referendum abrogativo e sui referendum consultivi regionali".
È stato presentato a seguito della raccolta di 9.072 firme di sottoscrittori presso l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale il 30 giugno 2023, come risulta dal verbale di deposito redatto dai competenti uffici consiliari.
Il progetto di legge interviene in materia di suicidio medicalmente assistito. La scrittura del testo trae ispirazione dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 580 del Codice penale nella parte in cui disciplina la punibilità del cittadino che agevoli un soggetto nei propositi di suicidio.
Come si evince dalla relazione accompagnatoria, il presente progetto di legge mira a definire i ruoli, i tempi e le procedure delineate dalla Corte costituzionale attraverso una sentenza immediatamente esecutiva, ferma restando l'esigenza di una legge nazionale che abbatta le discriminazioni tra malati oggi in atto.
Il provvedimento, come presentato, risulta composto di cinque articoli: l'articolo 1 "Condizioni di accesso all'assistenza sanitaria", l'articolo 2 "Assistenza sanitaria in ogni fase del percorso di suicidio medicalmente assistito su richiesta della persona malata", l'articolo 3 "Tempi per l'erogazione delle verifiche sulle condizioni e modalità di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019 per l'assistenza al suicidio medicalmente assistito", l'articolo 4 "Gratuità della prestazione" e l'articolo 5 "Clausola di invarianza finanziaria".
Ritengo importante evidenziare, in via preliminare, alcuni aspetti che hanno caratterizzato l'iter istruttorio del progetto di legge oggi in esame. Alcuni aspetti sono determinati dalle particolarità connesse alla specifica disciplina prevista per i progetti di legge di iniziativa popolare: la lex specialis, la legge regionale n. 1/1973 , che per i progetti di legge di iniziativa popolare interviene in materia di partecipazione ai lavori da parte del presentatore ufficiale e, soprattutto, di immodificabilità del testo in Commissione e altri aspetti; lo Statuto regionale, che all'articolo 20 stabilisce che questi progetti di legge non decadono con la fine della legislatura e che vengono iscritti all'ordine del giorno del Consiglio regionale trascorsi sei mesi dalla presentazione senza che sia stata presa alcuna decisione.
Il consueto approfondimento istruttorio, comune a tutti i progetti di legge presi in esame dalla Quinta Commissione, ovvero l'espletamento delle fasi di illustrazione, consultazioni ed esame sono avvenuti secondo le modalità concordate con l'Ufficio di Presidenza della Commissione, adottate sempre all'unanimità.
Il calendario dei lavori in Commissione è stato determinato anche dalla necessità di coordinare il lavoro sul PDL n. 217 con il parallelo esame della manovra di bilancio, che, come costantemente segnalato dal Presidente del Consiglio, aveva la priorità sul resto dei progetti legislativi.
Costante è stato il raccordo con la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari, che, nell'ambito delle proprie competenze di programmazione dello svolgimento delle attività e dei lavori del Consiglio, ha dedicato varie sedute al PDL n. 217, sia per la specificità della procedura dei progetti di iniziativa popolare sia per la particolare valenza etica della tematica connessa a questo progetto di legge, sviluppando la riflessione sulla necessità e sul ruolo della Commissione in funzione dell'approdo in Aula.
Ampio è stato, infatti, il coinvolgimento istituzionale dei Gruppi consiliari e dei colleghi Consiglieri, in quanto il tema investe questioni etiche che interrogano la coscienza di ciascuno di noi. L'istruttoria in Commissione si è sviluppata nel corso di quattro sedute: una di illustrazione, due di consultazioni e una di esame.
L'Ufficio di Presidenza della Quinta Commissione ha operato con una metodologia di condivisione dell'iter istruttorio dell'esame del progetto di legge. Riunendosi prima di ogni seduta, ha definito sempre all'unanimità oggetto, modalità e criteri per il corretto e ordinato sviluppo dei lavori della Commissione. Per questo ringrazio la vicepresidente Anna Maria Bigon e il collega consigliere segretario Marco Zecchinato, per la serietà che, al di là delle posizioni, abbiamo tenuto. Ringrazio anche i dirigenti del Consiglio regionale, che hanno affiancato sempre con disponibilità e competenza il lavoro in questi mesi.
Sono stati auditi i soggetti indicati dalla Commissione. In particolare, sono state raccolte tutte le proposte di audizione presentate dai Consiglieri. Successivamente, l'Ufficio di Presidenza ha definito all'unanimità l'elenco dei soggetti da audire sulla base dei criteri condivisi con la Commissione stessa.
Come da disposizioni normative regolanti il procedimento legislativo consiliare, è stata prodotta dai competenti uffici di Consiglio e Giunta regionale la documentazione, che si cita in ordine cronologico: la scheda di analisi economico-finanziaria, la scheda di inquadramento normativo e le note di lettura ricognitive degli impatti finanziari.
Il Presidente del Consiglio ha chiesto all'Avvocatura generale dello Stato, avvalendosi della funzione consultiva, un parere in merito alla competenza legislativa della materia oggetto del progetto di legge n. 217. Dopo aver sviluppato le proprie considerazioni, l'Avvocatura generale dello Stato conclude la nota con queste parole: "Dunque, alla luce delle considerazioni che precedono, l'eventuale approvazione della proposta in questione potrebbe esporsi a rilievi di non conformità al quadro costituzionale di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni".
Con la consapevolezza che, nel rispetto dei temi qui in discussione, vi sono posizioni differenti sia all'interno della Commissione stessa sia nella società, il lavoro istruttorio, che si è sempre svolto in modo ordinato e nel rispetto delle diverse posizioni, viene oggi messo a disposizione dell'Aula.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei, collega.
Ai sensi dell'articolo 72, prende la parola il presidente Luca Zaia.

Luca ZAIA (Presidente della Giunta - Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Un ringraziamento alla presidente Brescacin, alla vicepresidente Bigon e a tutti i Consiglieri che hanno lavorato su questo progetto di legge di iniziativa popolare.
Intervengo un po' in punta di piedi e anche cosciente del fatto che si tratta di un argomento, come si diceva prima, che ognuno di noi percepisce intimamente. È un argomento, ovviamente, che divide molto spesso i cittadini sotto il profilo etico, della percezione, della visione. Intervengo anche immaginando che sia doveroso che questo Consiglio oggi – io non ho un discorso scritto – dia quantomeno, e non ho dubbi che sarà così, l'idea di rispettare anche le idee degli altri.
Visto e considerato che ci sono mezzi di comunicazione che permetteranno, per fortuna, ai cittadini di seguire i lavori di questa seduta, non posso dimenticare che ci saranno cittadini malati, malati terminali, che comunque ascolteranno, che comunque avranno idee diverse, che comunque avranno approcci diversi. Per quanto mi riguarda, quindi, e sono convinto che questa visione sia sposata dalla quasi totalità di questo Consiglio, avrò anche l'accortezza di pesare le parole. La condizione del malato è quella che mi interessa di più.
Detto questo, non vi nego che avevo anche immaginato di non venire in Consiglio. Parlo di due o tre settimane fa. Dopodiché, visto il battage comunicativo, mi sono reso conto che sarebbe stata fondamentale la mia presenza, per un fatto di verità, di coerenza, anche rispetto a quell'ipocrisia serpeggiante che spesso viene diffusa su un tema come questo. Io, quindi, oggi sarò qui. Spero che questo discorso, a differenza di quanto accaduto in passato, chi lo volesse vedere, lo veda integrale. A me è capitato, durante il Covid, con l'assessore Lanzarin al mio fianco, all'inizio delle vaccinazioni, di aver risposto alla domanda dei giornalisti "lei si vaccinerà?" con "no che non mi vaccino, e neanche l'Assessore si vaccinerà, perché prima dovranno avere l'opportunità i fragili e gli anziani, come è scritto". Allora mi si chiedeva questo, perché il presidente De Luca decise di vaccinarsi per primo. Quella frase fu tagliata e fu diffusa (ancora oggi vedo che gira nei social): "non mi vaccino, e anche l'Assessore non si vaccina".
Se questo è il modo di trattare i cittadini, direi che il rispetto è zero.
Detto questo, perché siamo qui? Cominciamo con la verità. Io non sono il portabandiera di questo progetto di legge, non lo sono mai stato e non è nei nostri programmi. Se qualcuno andasse a vedere i nostri programmi, nonostante siano chiare le mie idee, perché, a differenza di chi parla al vento, io le ho anche scritte in un mio libro intitolato "I pessimisti non fanno fortuna", edito nel 2022, vedrebbe che oggi noi siamo qui per esercitare un diritto inviolabile della democrazia.
So che sto dicendo delle banalità, ma chi ci ascolterà, chi ci seguirà, ha il diritto di sapere questo. Ho visto che anche parte della comunicazione non ha saputo spiegare bene cosa sta accadendo in Veneto. Il diritto democratico in questa Regione, nelle Regioni italiane, più o meno con misure e modalità diverse, permette ai cittadini, che raccolgono un tot di firme – qui sono 7.000 – di presentare dei progetti di legge. Sempre in virtù della legge di questa Regione, questi progetti di legge debbono essere necessariamente trattati – per questo oggi siamo qui – entro sei mesi.
Questo è un progetto di legge depositato a protocollo della Regione, del Consiglio regionale, il 23 giugno 2023. Quindi, fondamentalmente, tra qualche giorno scadranno i sei mesi.
Quindi, noi siamo qui a discutere questo progetto di legge. Siamo qui con la volontà di affrontare e rispettare quelle che sono le leggi democratiche. Anzi io, Presidente e cari Consiglieri, vedendo la velocità della trattazione, mi sono anche chiesto se a volte varrebbe la pena, forse, di presentare un progetto di legge con 7.000 firme e, magari, favorire anche dei percorsi privilegiati. Questo per dire che forse varrebbe la pena – lasciatemelo dire – vedere fino in fondo anche questa modalità, non per togliere un diritto ai cittadini, ci mancherebbe, ma quantomeno per stabilire tempistiche che siano più sostenibili anche per il lavoro del Consiglio. Tanto è vero che il Presidente del Consiglio immaginava anche di non poter rispettare i tempi, visto e considerato che eravamo in sessione di bilancio.
Detto questo, c'è un altro tema rispetto alla verità. Io sono andato a leggermelo questo progetto di legge; un progetto di legge che, fondamentalmente, al di là di quello che si è detto a livello nazionale, "Il Veneto autorizzerà il fine vita"...
Vorrei ricordare che intanto questo progetto di legge ha lambito e sta lambendo più Regioni: il nostro vicino Friuli Venezia Giulia, il Piemonte, l'Emilia-Romagna, le Marche, il Lazio e la Calabria. Questi progetti di legge sono stati presentati in tutte le Regioni. Ci sono Regioni che hanno l'obbligo di trattarlo entro sei mesi, come, ad esempio, il Friuli Venezia Giulia, e quindi dovrà necessariamente andare in Consiglio alla volta di febbraio, e altre Regioni che magari hanno Regolamenti più blandi, meno restrittivi, meno coercitivi, e quindi questi progetti di legge resteranno anche nei cassetti.
Capisco che sia un po' un'operazione a strascico, lo capisco fino in fondo, ma dico anche che poi, andandolo a vedere fino in fondo, questo progetto di legge, sempre per un'operazione verità, e mi appello al mondo della comunicazione e ai cittadini che ci ascolteranno e vedranno questi nostri interventi, questo è un progetto di legge che, fondamentalmente, da quello che capisco io, poi qualcuno mi spiegherà o magari spiegherà anche il contrario, introduce dei tempi e il ruolo della sanità.
Debbo dire per onestà intellettuale che non so quanto costituzionalmente sostenibile sia tutta questa operazione, però mi viene detto di sì e mi piacerebbe, oggi, dal Presidente del Consiglio, magari per voce del Segretario generale del Consiglio, il dottor Valente, avere la conferma della sostenibilità giuridica di tutto questo. C'è chi magari può invocare, che so, la pregiudiziale costituzionale, chi magari può invocare perplessità. Ma perché lo dico? Perché è bene che sia chiarito che sia qui a trattare un provvedimento che ha avuto un avallo dall'Ufficio legale di questa Regione. Piaccia o non piaccia, funziona così.
Detto questo, qual è sempre il tema nell'operazione verità? Io penso che oggi noi non autorizziamo proprio un bel niente, nel senso che forse a qualcuno sono sfuggiti dei passaggi. Io ero in Parlamento, ero Ministro, quando nel 2009, se non ricordo male, Beppino Englaro chiedeva di poter staccare le macchine a sua figlia Eluana.
Eluana morì durante la convocazione, a Parlamento aperto, mentre si discuteva se fare o non fare. Eluana morì perché una sentenza di un TAR decise di dare l'okay alla sospensione dei sostegni vitali alla povera Eluana Englaro.
Questo, quindi, è un dibattito che si perde un po' nella notte dei tempi, ammesso e non concesso che il 2009 sia la notte dei tempi. È un dibattito che comunque si è trascinato al punto tale che, con la legge n. 219 del 2017, in questo Paese si introducono le disposizioni anticipate di trattamento. Lo dico perché a qualcuno sarà sfuggito che qualsiasi cittadino italiano, dal 2017, può tranquillamente andare allo stato civile del proprio Comune, piuttosto che da un notaio e legittimare una volontà con dei testimoni in maniera certa, dimostrando anche che questa volontà sia libera, stabilendo già, in un momento nel quale è sano, quali saranno i livelli di cura massima sostenibili che potrebbe accettare.

PRESIDENTE

Collega Montanariello, se vuol fare show, oggi non glielo permetto.
Bene.

Luca ZAIA (Presidente della Giunta - Zaia Presidente)

Ho perso il filo. Dicevo, cosa accade? Accade che molti cittadini – parlo di quello che noi chiamiamo "testamento biologico" – si rechino a mettere nero su bianco, in maniera ufficiale, le loro volontà.
Questo cosa va a significare che, nel momento in cui saranno gravemente malati, avranno bisogno di supporti vitali, di alimentazione artificiale, della PEG o quant'altro, loro diranno: "Se arriverò lì, non dovete provvedere". Arriva anche una sentenza della Corte costituzionale, quella che comunemente viene definita di "dj Fabo". Siamo nel 2019, la sentenza è la n. 242. È una sentenza che introduce il tema del quale noi oggi parleremo. Sempre per non fare il portabandiera, ma per fare il portabandiera della verità, visto e considerato che ho letto di tutto sui giornali, voglio ricordarvi che in questo Paese siamo fondamentalmente divisi in questa maniera: lo stadio e chi è a bordocampo.
Noi Governatori o, meglio ancora (noi siamo anche, fra l'altro, forse, negli spalti) i nostri sanitari, i nostri Comitati etici delle ULSS, sono chiamati a dare risposta in virtù di questa sentenza, che non prevede più nessuna azione penale nei confronti di chi provvede.
Vi ricordo che nessuna Procura si reca in Regione nel momento in cui accade questo, in virtù di una sentenza della Corte costituzionale del 2019, quindi di quattro anni fa. Questa sentenza dice che se il malato terminale ha una diagnosi infausta, se la sofferenza psicologica e fisica è estrema, se è in vita solo grazie ai supporti vitali...
Non sono un giurista e non voglio stare qui a fare lezioni. Voglio semplicemente dire come stanno le cose, senza perorare, ovviamente, la causa, sia chiaro, ognuno vota quello che vuole. Posso anche già anticipare, lo dico con chiarezza, che per quanto riguarda i nostri Gruppi c'è assoluta libertà di pensiero, di espressione e quindi di scelta etica rispetto a questo tema. Ci mancherebbe.
Alla luce di tutto questo, quel cittadino malato terminale si reca dal suo medico di base oppure si appella direttamente alla ULSS. Questa è legge, di fatto, è procedura in questo Paese. Qualcuno o, meglio, il Comitato etico dell'ULSS gli dovrà dare risposta. Questo è quello che accade oggi. Per me è inaccettabile che si legga che noi oggi si autorizza il percorso di fine vita o suicidio assistito, perché è già tale.
Oggi, in questo disegno di legge, leggo che la risposta deve arrivare entro 20 giorni, che è un'altra roba. Dopodiché, eticamente... Io ho letto questo. No? C'è il ruolo delle ULSS e tutta questa roba. Adesso ci arrivo.
In più – ripeto, non per fare la difesa, ma per dire come stanno le cose – si definisce meglio il ruolo dell'ULSS. Vorrei ricordare che in tutto questo contesto, ovviamente, noi ci stiamo muovendo. Voglio anche dirvi, per quanto riguarda il Veneto, vi posso dare la mia parola d'onore, che noi non sappiamo minimamente quante domande ci siano in corso, quali siano.
C'è comunque il tema della privacy e noi, oggettivamente, lo posso dire senza problemi, lo veniamo a sapere quando lo leggiamo sui giornali. Tanto per dare la dimensione di quanto "Grande Fratello" ci sia dietro questa roba.
Quali sono i numeri del Veneto? Sono andato a farmi dare i numeri del Veneto, anche per evitare di dire sciocchezze. Me li hanno consegnati questa mattina.
Le richieste che sono state fatte in Veneto sono le seguenti: una all'ULSS 2, l'azienda ha dato corso ad una richiesta di suicidio medicalmente assistito, che ha avuto eco mediatica con il nome di Gloria (questa è la signora di quest'estate, l'ULSS 2 è quella trevigiana); ULSS 3, l'azienda non ha accolto una richiesta di suicidio medicalmente assistito sulla base dei pareri del Comitato; ULSS 6, l'azienda non ha accolto una richiesta al suicidio medicalmente assistito sulla base dei pareri; ULSS 7, l'azienda ha ricevuto una richiesta di suicidio medicalmente assistito e il Comitato etico ha espresso parere favorevole. È la vicenda di Stefano Gheller, se vi ricordate, che ovviamente vive e lo conoscete; ULSS 8, l'azienda non ha accolto una richiesta di suicidio medicalmente assistito sulla base, ovviamente, della determinazione del Comitato; Istituto Oncologico Veneto, l'azienda non ha accolto una richiesta di suicidio medicalmente assistito.
Fondamentalmente abbiamo cinque richieste rigettate e due richieste accolte, delle quali una delle due non è per un malato terminale, ma è per una condizione particolare. Voi conoscete Stefano Gheller, e non aggiungo altro.
Tutte le altre aziende non hanno mai avuto nessuna richiesta. Questo è lo stato dell'arte del Veneto.
Le possiamo contare, se le volete sapere con esattezza. L'ULSS 2 ha avuto la richiesta della signora Gloria. L'ULSS 3 ha avuto una richiesta e l'ha rigettata. L'ULSS 6 ha rigettato una richiesta. In totale, rigettate sono quattro.
Detto questo, oggi abbiamo, peraltro, al Senato un progetto di legge depositato, che è lì da un bel po' di tempo e quindi vedremo di capire quali evoluzioni ci saranno a livello nazionale. A me interessa dire, a questo punto, che c'è un tema, ovviamente, che viene posto da molte realtà, da molte associazioni, ma anche ognuno di noi magari intimamente se lo può porre questo tema. Alla fine, questo è un progetto da Grande Fratello, ma è un sistema per considerare alcuni dei cittadini degli scarti della società e quindi è una eliminazione programmata e quindi si risolvono i problemi dell'assistenza, di tutto quella che è poi magari la difficoltà dell'assistenza a livello anche familiare. Questi sono temi che tutti noi ci poniamo. Sono, ovviamente, quesiti ai quali bisogna dare risposta. Però, dico anche che è fondamentale ricordare, nel momento in cui ce li poniamo, che oggi c'è una sentenza. Tra le grandi soluzioni ce n'è una, assolutamente, e dopo vorrei che l'assessore Lanzarin parlasse anche delle cure palliative, che è quella della cura. Del resto, la prevede la Costituzione.
La Costituzione prevede la necessità di curare il cittadino, ma prevede anche, per i cittadini, la possibilità di rifiutare le cure, voglio ricordarvelo. Voglio anche dirvi che davanti a una situazione come questa, dove comunque c'è una sentenza della Corte costituzionale, considero atipico che, come è accaduto per Eluana Englaro, un tema così delicato, così profondo e intimo lo si debba gestire con una sentenza della Corte costituzionale.
Se dovessimo valutare le diversità di vedute (non le voglio definire "fazioni"), che sono da rispettare, se ci fossero cittadini che sostengono che il suicidio medicalmente assistito debba diventare qualcosa di "sostenuto" dal punto di vista legale, quella parte di cittadini che la pensano così, che vogliono vedere riconosciuto il diritto del malato di poter decidere del proprio fine vita, dovrebbe dire "noi vogliamo una legge".
Vi è, poi, un'altra parte di cittadini che pensa: "Noi non vogliamo che ci siano cittadini che, magari, non arrivino liberamente a quella scelta". È sacrosanta questa cosa, immaginare che ci siano cittadini che arrivino, in virtù di una sentenza della Corte costituzionale, che non protegge proprio all'estremo, perché è una legge potrebbe darci una maglia molto più fitta di controlli e quant'altro, ma c'è una sentenza... C'è un'altra parte di cittadini che potrebbe dire: "Sì, io sono d'accordo, potrei essere d'accordo, ma vorrei fino in fondo che davanti a tutto questo ci fosse anche un sistema di controllo assolutamente efficace, che vada a selezionare solo casi estremi dove ci sia una certificazione, dove ci sia la libertà della scelta", dove ci sia tutta una serie di caratteristiche che io non vi so dire, di natura etica, bioetica. Sono riflessioni molto più in alto di quelle che possiamo fare noi qui dentro. Se ne devono occupare gli esperti.
Vi è, poi, una terza parte composta da chi non ne vuole proprio sapere. Rispetto anche questa idea, quella di chi dice: non voglio commensurare nel mio modo di pensare l'idea che un cittadino possa anche marginalmente immaginare che la sofferenza, il tema delle cure palliative, tutto l'iter normale ‒ definiamolo così ‒ del fine vita possa avere un'alternativa. Tu puoi non condividere questa idea, ma la devi rispettare.
Davanti a tutto questo, bisognerebbe anche fare un atto di coerenza. Se da un lato c'è chi dice "sì", dall'altro c'è chi dice "vorremmo che fosse più definito questo aspetto", dall'altro, magari, c'è qualcuno che dovrebbe anche approfittare della forza politica che ha, delle idee che ha, eccetera e dire "noi siamo portatori di una legge che vieta il fine vita in questo Paese". Questa è la democrazia. Solo questa è la democrazia.
Io non ho altro da aggiungere. Vi dico già che non parteciperò alla discussione, quindi finisco e esco, proprio perché non vorrei mai che qualcuno andasse a dire in giro che è condizionato dalla mia presenza, dal mio sguardo. Sarò qui a votare, ovviamente. Questo è un momento alto di questo Consiglio regionale, al di là del fatto che uno la pensi in maniera positiva o negativa rispetto a tutto questo, perché siamo chiamati a discutere.
Io non so cosa faranno i miei colleghi. Ho parlato con qualche collega. Qualcuno sta pensando a come non arrivare in Consiglio regionale. A proposito: rinnovo la preghiera di avere un intervento dal punto di vista dell'ufficio legale o di qualcuno che ci confermi la legittimità dell'atto e ci confermi, soprattutto, che il percorso sia stato rispettoso, onde evitare che ci siano, nel prosieguo, dubbi sulla legittimità dell'atto. Due: il tema della pregiudiziale costituzionale. È un altro dei temi. Non so chi lo invocherà. Noi siamo sotto i riflettori. Perché? Semplicemente perché siamo i primi a trattare questo tema. Probabilmente, quando ci sarà la decima Regione, non ci andrà più nessuno, non interesserà più nessuno.
Però, ripeto, e chiudo, a prescindere da come la si pensi, è immorale che un Paese gestisca un tema così profondo e importante con una sentenza della Corte costituzionale.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Ai sensi dell'articolo 95, interviene l'assessore Lanzarin. Prego.

Ass.ra Manuela LANZARIN

Grazie, Presidente.
Intervengo dopo il Presidente per fare alcune sottolineature che mi sono state chieste. Anch'io, devo dire la verità, entro in punta di piedi e con molto rispetto nei confronti di ogni singola posizione su questo argomento, argomento che ho seguito in Commissione consiliare. Ho partecipato a tutte le varie fasi, a tutte le varie audizioni. Ho ascoltato i portatori di interesse e non ho mai replicato, anche se avrei avuto da replicare rispetto ad alcune affermazioni e ad alcune cose che sono state dette, proprio per quella delicatezza, quel rispetto nei confronti di un provvedimento importante e delicato, che però ‒ mi trovo nella stessa posizione del Presidente ‒ deve mettere al centro, in primo piano, la condizione della persona malata, quindi il rispetto della decisione della persona malata.
Il mio intervento andrà proprio nella direzione dell'operazione verità, che citava anche il Presidente, per cercare di dire e di dare qualche numero rispetto a quello che è stato più volte citato e chiamato in causa, ossia cosa dobbiamo, possiamo, vogliamo fare e cosa oggi non stiamo facendo, eventualmente, nei confronti delle persone malate, delle persone che vivono una condizione di questo tipo e che arrivano a questo punto.
Sono stati citati a più riprese, anche negli ultimi giorni, i livelli, oggi, della presa in carico sanitaria regionale, in particolare dell'accompagnamento delle cure palliative domiciliari nei confronti delle persone che vivono una condizione di sofferenza di questo tipo. è stato detto molto rispetto a quello che stiamo facendo, che vorremmo fare e che stiamo programmando. Oggi è anche il momento opportuno per dare indicazioni e per far capire cosa sta facendo il Veneto, anche nei confronti dei malati. Poi farò anche un passaggio rispetto ai malati, ai sei malati che hanno richiesto il suicidio medicalmente assistito e anche a tutti gli altri malati.
Il Veneto, come sapete, ha sempre avuto una cultura molto forte rispetto all'accompagnamento, alla presa in carico delle persone malate. Non a caso, la prima legge regionale sulle cure palliative del Veneto è del 2009. La legge nazionale è del 2010. Quindi, il Veneto ha anticipato di un anno l'intervento per quanto riguarda le cure palliative regionali, che poi sono diventate cure palliative nazionali con la legge del 2010, che poi è stata reiterata, aggiornata con la legge che citava il Presidente, quella sulle Disposizioni anticipate di trattamento, le famose DAT, nel 2017.
Nel corso di questi anni, chiaramente, abbiamo cercato di intervenire e investire il più possibile rispetto alla presa in carico e alle cure domiciliari palliative. I numeri, i monitoraggi, quindi l'unico indicatore oggi valido a livello nazionale, l'unico indicatore che oggi c'è, che è l'indicatore NSG, quello di garanzia nazionale, relativo al 2020, ci dice che la Regione Veneto ha una copertura, rispetto agli indicatori nazionali, quindi al conteggio che fa il legislatore nazionale, del 57% (56,7-56,8). Quindi, siamo la prima Regione rispetto a quegli indicatori.
Si può fare di più? Sicuramente dobbiamo fare di più. Non ho dubbi sotto questo punto di vista. È anche vero ‒ perché ho sentito anche questo ‒ che oggi le cure palliative sono garantite principalmente ancora ai malati oncologici. È vero in parte. Non è proprio così vero. Oggi abbiamo avuto un aumento delle prese in carico per quanto riguarda le cure palliative del 94% rispetto alle malattie cardio e cerebrovascolari, del 75% rispetto al Parkinson e alla sclerosi multipla e del 57% in più rispetto alle demenze, come assistenza presa in carico in cure palliative domiciliari. Gli assistiti oncologici rispetto al 2018 sono aumentati del 39%. Quelli non oncologici, che vi citavo prima, dell'89%. Negli ultimi anni c'è stato un aumento anche dei medici e degli infermieri palliativisti, del 57% per quanto riguarda i primi e del 26% per quanto riguarda i secondi.
La Regione Veneto ha messo in campo tutte le procedure oggi previste, ad esempio quelle dell'accreditamento, come sapete. Abbiamo previsto l'accreditamento della rete delle cure palliative nel 2022, dando criteri ben definiti per quanto riguarda la garanzia dei servizi e la presa in carico delle persone. Nel 2023 abbiamo previsto l'accreditamento per quanto riguarda le cure palliative pediatriche. Anche qui, come sapete, il Veneto, proprio perché è stata una Regione ed è tuttora una Regione molto attenta a tutto questo, ha uno dei primi hospice pediatrici nazionali che oggi risponde anche a Trentino, Friuli Venezia Giulia e altre Regioni, che è in procinto di essere ristrutturato, quindi aumentato, anche con presìdi di altro tipo. Nel 2023 sono stati ricostituiti la rete, il coordinamento regionale delle cure palliative e la Commissione regionale per quanto riguarda le cure palliative.
Abbiamo un cantiere aperto, legato anche alle risorse, ma soprattutto agli standard del DM n. 77, che – come sapete – interviene sul potenziamento del territorio. Nel potenziamento del territorio, quindi la parte sicuramente legata ai punti unici di accesso, agli ospedali di comunità, alle COT, inserisce anche tutto il concetto legato alle cure palliative e agli strumenti a esse connessi. Prevede, quindi, il potenziamento degli hospice. Oggi in Veneto ci sono 231 posti di hospice, che verranno aumentati in previsione di uno dei parametri inseriti all'interno del DM n. 77, ossia un hospice con 8 posti ogni 100.000 abitanti.
L'altra previsione è quella delle cure domiciliari, il potenziamento, come sapete, delle cure domiciliari. Anche in questo caso sapete che la Regione ha quasi raggiunto quel famoso 10% (queste sono le cure domiciliari generali), che è uno dei livelli inseriti a livello di monitoraggio di Unione europea entro il 2026 per gli over 65, ma che sul nostro piano di potenziamento della rete delle cure palliative inviato al Ministero e approvato dal Ministero deve raggiungere il 90%, entro il 2028, degli assistiti che ne abbiano bisogno.
È prevista anche la creazione di quella che viene definita "unità domiciliare cure palliative", una ogni 100.000 abitanti e una ogni distretto. Quindi, il lavoro che il cantiere oggi legato alle cure palliative sta facendo è quello della costituzione di un'unità di questo tipo minimo ogni distretto (sapete che noi abbiamo 26 distretti), uniformando tutte le procedure per l'accesso, per la garanzia e per, effettivamente, andare incontro a quelle che sono oggi le esigenze di questa popolazione fragile.
È stato citato a più riprese anche il tema del caregiver, ossia di chi è vicino alla persona che soffre. Voi sapete che su questo manca una legge di riferimento nazionale, che ‒ mi dicono ‒ dovrebbe arrivare. Nel frattempo, tutti i fondi che sono stati stanziati e anche le iniziative che la Regione Veneto ha stanziato a supporto sono andati in questa direzione.
è chiaro che qui c'è bisogno di un supporto normativo per l'inquadramento anche di queste figure essenziali nella presa in carico, nell'assistenza della persona malata. Quindi, anche su questo sicuramente c'è un impegno totale e un impegno molto, molto importante.
Chiudo con un riferimento rispetto a quella operazione verità, rispetto a quello che abbiamo sentito in tutti questi mesi. Sei sono le richieste che diceva il Presidente, che sono state depositate alle singole aziende sanitarie, una è quella che ha avuto esito positivo e che quindi è andata a buon fine. Ho voluto confrontarmi con l'azienda sanitaria di riferimento, in questo caso l'ULSS 2 Trevigiana, e poi l'ho fatto anche con le altre aziende su cui era arrivata una richiesta, per capire se a queste persone erano state proposte le cure palliative. La risposta è stata: sì. Certificata la proposta.
Nel caso di Gloria, visto che è stato citato anche il caso, le sono state proposte a più riprese e la paziente ha sempre rifiutato. Questo a testimonianza che la sua volontà era altra e per questo credo che vada rispettata ancora di più.
Altre aziende non hanno avuto nessuna richiesta. Quindi, indipendentemente, perché ci sono stati anche dei passaggi in cui alcune aziende non sono state citate e quindi sembra che quelle aziende, qualora ci fosse un passaggio normativo, non potrebbero farlo. Assicuro che sono le stesse aziende, tipo lo IOV, che hanno già avuto una richiesta, ma hanno dato un esito negativo. Quindi, non sussiste neanche questa circostanza.
Ci tenevo a dire, e lo faccio oggi in punta di piedi, anche perché mi sembra questo il consesso più giusto per farlo, a che punto siamo, a che livello siamo, come il Veneto, in questa materia, dell'assistenza, delle cure palliative, dell'accompagnamento del malato e dei familiari, si sta muovendo, e quello che sta programmando.
Se la domanda, e vado a chiudere, Presidente, è "Il Veneto sta facendo abbastanza?", rispondo che il Veneto sta facendo abbastanza, ma sicuramente bisogna fare di più. Siamo chiamati, sicuramente come parte legislativa, normativa, politica, ma soprattutto come anello che deve garantire i livelli essenziali di assistenza e l'universalità delle cure, come previsto dalla nostra Costituzione, ad aumentare ancora il nostro impegno. Lo stiamo facendo con i provvedimenti che vi ho citato, con i cantieri specifici in tema di cure palliative, in tema di domiciliarità, e in tema di potenziamento dei presìdi che sono legati a tutto questo.

PRESIDENTE

Grazie, Assessore.
Rispetto alle richieste del presidente Zaia, è stato appena ricordato che siamo qui perché c'è un parere del nostro Ufficio legislativo che permette la procedibilità di questo provvedimento. Come abbiamo già avuto modo di dire, il seppur autorevole parere del dottor Giachetti non mette al riparo il lavoro che faremo oggi da possibili impugnative e da esiti che verranno poi verificati in Corte costituzionale.
Iniziamo la discussione generale.
Ha chiesto la parola il collega Valdegamberi. Prego.

Stefano VALDEGAMBERI (Gruppo Misto)

Grazie, Presidente.
Ho ascoltato con attenzione l'intervento del presidente Luca Zaia. Ha detto una cosa giusta, che questa norma di iniziativa popolare ha un percorso privilegiato, molto privilegiato, se consideriamo – lo guardavo adesso – che un progetto di legge depositato poco dopo, a firma mia e dei consiglieri Barbisan e Finco, che porta il n. 222 (questo porta, invece, il n. 217), deve ancora entrare in Commissione, deve ancora essere esaminato in Commissione.
Questa non è una critica alla Commissione Sanità, ma è per dire che gli iter normali hanno tempi molto più lunghi. Non è che noi non rappresentiamo nessuno. Comunque, prendiamo atto che il nostro Regolamento è particolarmente democratico, forse anche troppo, nel senso che hanno più diritto 7.000 cittadini che non altri Consiglieri, che magari rappresentano diverse migliaia di cittadini in più, ma non possono portare avanti le loro iniziative.
È vero anche quanto ha detto l'assessore Lanzarin, che il Veneto si pone all'avanguardia, comunque, anche se siamo perfettibili, abbiamo ancora molto da fare, nelle cure palliative e terapie antidolore. Ha detto che abbiamo una copertura, secondo questi indici, del 57-58%, come mi pare di aver capito prima.
È altrettanto vero, io mi ricordo quando ero Assessore al sociale, al socio-sanitario, allora, insieme con l'Assessore alla sanità, che le prime delibere sulle cure palliative le abbiamo portate noi. Mi ricordo quanto ha detto l'Assessore, che eravamo allora un po' all'avanguardia su questo tema a livello nazionale. Eravamo i primi della classe a cercare di dare una risposta a una legge, quella regionale, che ha anticipato, come è stato detto, di un anno quella nazionale.
Il tema che pongo oggi è di natura diversa. È un tema di principio. Cerco di spiegarvi le motivazioni della mia contrarietà. Abbiamo visto queste leggi, le leggi sull'eutanasia, la storia che hanno avuto in altri Paesi, che precedono anche il nostro Paese nell'attuazione di questo tipo di leggi. Nel Canada, nel 2016, anche lì c'era una legge nata con gli stessi intenti prima in maniera più restrittiva e poi, un po' alla volta, è stata modificata e si è allargata la maglia. Questa legge non riguarda solo i malati terminali o quelli in uno stato particolare, dove c'è una sentenza. Quello che noi andiamo a fare è trasformare uno stato di fatto, che deriva da una sentenza, su casi limite, in uno stato di diritto, cioè ammettere che c'è il diritto al suicidio. Se c'è un diritto al suicidio, c'è il dovere delle Istituzioni di assistere il suicidio. È questo che non accetto.
Dicevo che in Canada si è partiti con quelle intenzioni iniziali. È passata, dopo anni, questa legge. In poco tempo, le maglie si sono allargate. Lì c'è un sistema sanitario, tra l'altro, diverso dal nostro. Noi abbiamo una sanità universale, pubblica. Lì c'è il sistema delle assicurazioni.
Sapete bene che, dove ci sono questi sistemi, se tu hai i soldi ti curi, se non hai i soldi, se non paghi le polizze, hai meno possibilità di curarti degli altri.
In molte situazioni che sono avvenute – ho visto inchieste fatte tra coloro che hanno optato per il cosiddetto "suicidio assistito" in quel Paese, per l'eutanasia – molte persone si sono trovate di fronte a un dilemma: "curarti costa tot, ma c'è questa alternativa". Diventa una scelta tutt'altro che libera, tutt'altro che volontaria, ma dettata da uno stato di necessità, di fatto.
È questo il pericolo che c'è. Noi siamo in una situazione in cui la sanità sta andando sempre più in difficoltà, per l'invecchiamento della popolazione. Gli studi dicono che incidono parecchio nella spesa sanitaria soprattutto gli ultimi cinque anni di vita delle persone. Ma se noi un po' alla volta andiamo a dare delle scappatoie, un domani, magari, non ci sarà più un sistema così protetto e rischiamo di finire come in Canada, che chi ha le possibilità si cura e chi non ha le possibilità dice "non vado a mettere a repentaglio il patrimonio della famiglia, non ho le risorse, sono in uno stato di depressione, in uno stato di non libera volontà di scelta, quindi sono indotto a prendere decisioni che sono molto utili allo Stato, brutalmente utili alle finanze pubbliche".
Il rischio che alla fine questi provvedimenti finiscano per selezionare le persone è molto elevato: intanto che sei utile, intanto che sei efficiente, intanto che sei utile alla società, tu hai ragione di essere tutelato. Quando ti trovi in una situazione di scarto, sei un tossicodipendente, sei una persona che non ha speranza, sei una persona depressa, sei una persona che non ha soldi, cosa ci stai a fare? Ti do questa via d'uscita breve. Spesse volte in quei Paesi diventa una via obbligatoria, perché non hanno alternative, non c'è la sanità come da noi.
Si arriva, poi, dal punto di vista anche ideologico, a situazioni come in Olanda, dove si è partiti da questo e poi la maglia via via si è allargata. Se si ammette il diritto individuale a poter decidere il suicidio, poi non c'è più limite. In Olanda addirittura si è discusso, poco tempo fa, sul concetto di vita vissuta: ho 65 anni, ho vissuto la mia vita, possiamo liberamente decidere di toglierci di mezzo. Ma chi mi assicura che poi in una società edonistica, utilitaristica, che mette in evidenza modelli di efficienza, di utilità, di successo, chi si trova in situazioni non solo per malattia, ma anche per problemi di disabilità, per problemi psichici, fisici, e di marginalità – scusi, Presidente, c'è un brusio e ho difficoltà a parlare – non sia poi indotto e non sia anche una comodità da parte dello Stato, bene o male, indurre a questo, perché sappiamo quante risorse vengono risparmiate diminuendo la spesa sia sociale che sanitaria?
Io metto in guardia di fronte a questo grave rischio che vedo, tant'è che, guarda caso, i promotori di questa iniziativa legislativa, che sono gli stessi di oggi, ma anche di qualche anno fa, come il signor Cappato, dicono che dobbiamo diminuire la popolazione, siamo in troppi, dobbiamo cominciare a selezionare, a riprogrammare. Un certo Andreotti una volta diceva che alle volte a pensar male ci si indovina. A pensar male ci si indovina. Quindi, stiamo attenti perché quelli che ora sono i fautori e dicono di voler decidere, a parte il fatto che di solito si usa...

PRESIDENTE

Signor Silvestri, mi permetto di dire che lei è qui come ospite. Non può, mi permetto di dire, né con gesti né con altre cose, fare altro. Questo se lo poteva benissimo risparmiare. Sia chiaro. Lei è qui perché c'è un articolo che lo prevede, però lei è ospite. Chi decide sono i Consiglieri.
Prego, collega Valdegamberi.

Stefano VALDEGAMBERI (Gruppo Misto)

Dicevo che queste associazioni che hanno promosso questa legge sono le stesse che hanno lanciato slogan contro la natalità. È tutto documentato. Potete andare a vedere i loro siti. Intervengono contro la natalità, dicendo che dobbiamo diminuire la popolazione, che dobbiamo cercare di contenerla, eccetera.
Dicevo, con una battuta – come un politico celebre di un tempo sosteneva – che delle volte a pensar male ci si indovina. Questo è un modo per creare le condizioni perché uno si senta quasi un peso, per dirgli "guarda, c'è l'alternativa". Le condizioni, purtroppo, saranno sempre peggiori, perché sappiamo quant'è la spesa sanitaria e l'aumento che ci troveremo di fronte, di una popolazione che, per mancanza di un cambio generazionale, sarà fortemente squilibrata, sempre più invecchiata, con un'aspettativa di non autosufficienza sempre maggiore. Quindi, quale migliore soluzione di trovare delle scappatoie? Sarebbe il venir meno del fine primo della sanità, che è quella di curare, dare fiducia, dare speranza, mettere nelle condizioni che non ci sia sofferenza. Per questo, in un disegno di legge che ho citato prima volevamo mettere un'accelerazione, ancora, sul motore, per poter arrivare quanto prima a dare il massimo delle risposte e anche un sostegno alle famiglie che non devono vedere il proprio malato, il proprio congiunto, come un peso sociale.
Questo è uno stato dignitoso, questo è uno stato di diritto. Le altre scorciatoie sono molto, molto pericolose, soprattutto se provengono da coloro che hanno un'ideologia che è quella di contenere, ridurre, un'ideologia che hanno ben manifestato in altre circostanze, che sono gli stessi che poi propongono queste leggi.
Non entro nel merito giuridico, perché è chiaro che per me questo è un tema che non doveva nemmeno essere trattato, perché – non so se lo diranno i nostri tecnici – abbiamo visto un parere dell'Avvocatura molto chiaro. Non è che noi possiamo normare in un modo nel Veneto e magari in un altro in Emilia-Romagna o in un altro ancora nel Lazio, tantomeno su questi temi, che sono temi su cui non abbiamo la possibilità di stabilire i LEA.
I LEA, i livelli essenziali di assistenza sociale e sanitaria, sono di competenza dello Stato. Questo è ben chiaro. Quindi, di fatto, noi andiamo a stabilire delle norme che sono paragonabili a dei LEA con impegni di spesa e quant'altro. Non entro nei temi giuridici, che sarebbero molti, per dire che questo provvedimento è incostituzionale, ma mi fermo semplicemente a fare alcune considerazioni, che in parte ho fatto e altre che aggiungo. Stiamo attenti, quando si apre la porta, una volta stabilito il principio, il principio diventa una fisarmonica e si allarga. Non diventi un elemento, questo, per ridurre i problemi. Allo Stato che uno faccia l'eutanasia conviene. È un interesse. Certi Stati la promuovono. Certi Stati che ci hanno anticipato non sono detrattori dell'eutanasia. Anzi la incentivano, perché risana la sanità pubblica. Attenti, cittadini, che pensate di aver acquisito un diritto, alla fine a non ritrovarvi, invece, con una trappola, e magari in quel diritto lì ci cadete dentro pure voi.

PRESIDENTE

Collega Ostanel, prego.

Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)

Grazie, Presidente.
Quella di oggi è una giornata storica. Lo dico anche al collega Valdegamberi, che sta uscendo dall'Aula. La differenza tra i provvedimenti di legge che tutti noi abbiamo e presentiamo e sono bloccati, compresi i miei, e questo è il fatto che ci sono più di 9.000 firme di cittadini veneti che hanno chiesto e sottoscritto oggi di essere qui. Per quanto mi riguarda, il fatto che ci sia una legge che ci permette di entrare in quest'Aula e di dibattere, come stiamo facendo, in maniera alta, speriamo fino alla fine, di un provvedimento che ci è stato richiesto da firme, quindi un provvedimento che ha dei nomi e dei cognomi di tutte quelle persone che hanno firmato questa richiesta, che oggi forse non solo ci stanno guardando... Al di là del fatto che ci stiano guardando o meno, aspettano domani di capire che cosa abbiamo fatto con la loro richiesta.
Solo per questo motivo, e lo dico al collega Valdegamberi, che ovviamente è uscito, essere qui in quest'Aula oggi ha un valore diverso rispetto ai provvedimenti che di solito discutiamo. Penso che, proprio per questo, lo dovremmo fare con una responsabilità diversa. Di fronte abbiamo questi nomi e cognomi. Soprattutto, mi viene da dire, questi nomi e cognomi non sono di destra o di sinistra. Potrebbero essere da una parte e dall'altra. Potrebbero non pensare di stare in nessuno di questi schieramenti. Potrebbero essere ‒ e io credo siano ‒ cattolici e laici. Lo abbiamo sentito. Abbiamo sentito interventi diversi. Sono semplicemente delle persone che, in coscienza, come stiamo facendo qui noi oggi, hanno deciso di decidere se sono a favore, contro o, magari, indecisi, quindi pensano di non dover prendere una decisione, rispetto ad un provvedimento così importante.
È esattamente quello che hanno fatto più di 9.000 veneti. Oggi noi siamo qui portati a dibattere se siamo con loro d'accordo o meno e se la loro richiesta debba essere portata avanti. Penso che tra questi firmatari, come tra l'altro molti di noi hanno... E davvero faccio appello anche al pensare a quei familiari, a quei pazienti, a quegli amici, a quelle persone che ognuno di noi ha avuto vicino e che, per portare un esempio personale ma forse credo sia molto comune, l'ho visto anche sui giornali, l'ho letto in alcuni testi che in questi giorni ho approfondito anche di medici cattolici che si trovano davanti a questo dilemma, a qualcuno che chiede al proprio medico: "Per favore, mi faccia morire". Io non so se a voi è capitato con un vostro familiare, un vostro amico, di essere in quel momento lì, in quelle ore lì, in cui qualcuno vi guarda e vi chiede e vi dice: "Io non ce la faccio più". Perché questo è il momento che io credo dovremmo avere in mente quando abbiamo dei dubbi legittimi, li abbiamo tutti, io credo, e quando di fronte abbiamo qualcuno che ti chiede di essere libero di scegliere.
Anche per questo mi sento di ringraziare il presidente Zaia, ma di dirgli anche una cosa, visto che non è qui: io avrei preferito che fosse rimasto, perché ci sono dei momenti in cui il dibattito serve anche nel momento in cui la presenza fisica in un'Aula dà un segnale. Al di là che ci sia qui dentro libertà di voto, come lui ha detto, penso che essere qui presenti ed ascoltare anche i contributi sia utile per istruire un voto che qualcuno poi deve fare alla fine. E comunque lo ringrazio perché non era scontato che fosse qui e, come ha detto, che ci mettesse la faccia. Come ringrazio tutti i Consiglieri e le Consigliere che in questi mesi hanno pensato, ragionato, scritto, contribuito, cambiato idea in un senso o nell'altro, perché alla fine è dentro il proprio pensiero, è dentro la propria testa. Io spero – almeno questo è quello che ha guidato tanti di noi qui dentro durante la Commissione, durante gli approfondimenti, durante le audizioni – che semplicemente oggi siamo qui per prendere con giudizio informato una scelta e quindi ringrazio chiunque con questo atteggiamento, indipendentemente da cosa voterà, lo ha fatto con la propria testa e senza condizionamenti, perché i condizionamenti, da una parte e dall'altra, non funzionano quando devi prendere una scelta così difficile.
L'appello che mi sento di fare, quindi, fin dall'inizio di questo intervento, ormai ho preso qualche minuto ma continuerò così, è di mantenere il dibattito sul merito delle questioni poste dalla proposta di iniziativa popolare facendo – sì, lo ha detto anche il presidente Zaia e lo ridico – un'operazione di verità senza inquinare il confronto che oggi qui avremo e senza pensare che un posizionamento puramente politico-ideologico possa servire a prendere una decisione sul provvedimento che stiamo approvando.
Certo, mi sarebbe piaciuto – lo dico con forza – che questo atteggiamento ci fosse stato fin dall'inizio di questo percorso, perché, lo abbiamo visto, troppo spesso nelle dichiarazioni, nei posizionamenti, nei dibattiti, ci siamo divisi – metto il "ci", perché non è da una parte o dall'altra, è un "ci" – in due grandi famiglie: i Pro-vita e i Pro-choice, che è esattamente quello che in questo Paese sta facendo difficoltà nel portare ad una norma sensata, ad una norma vera, come hanno tutti, tanti, la maggior parte dei Paesi civili, europei e non solo, uscendo quindi dal merito della proposta. Noi nel Pro-Vita e nel Pro-Choice usciamo dal merito della proposta. Usciamo dalla cosa che mi hanno insegnato di recente ad un dibattito a cui ho assistito a Padova alcuni medici cattolici, che mi hanno detto che al centro ci stanno il paziente e la relazione medico-paziente.
Io sinceramente alla relazione medico-paziente non avevo ancora pensato in maniera così approfondita, perché ci sono medici, in questa Regione, ma in tutto il Paese che ogni giorno... Noi qui ci divertiamo a dibattere, siamo a favore, siamo contro, cosa pensiamo, falsifichiamo anche il dibattito, dico "falsifichiamo" perché alle volte lo posso aver fatto anch'io, perché serve uscire e posizionarsi.
Ma oltre a noi, qui fuori ci sono medici, probabilmente anche in questo momento, che in una Terapia Intensiva hanno un posizionamento proprio e si trovano di fronte a qualcuno che gli chiede di fare anche qualcosa di diverso da quello che pensa e si interroga. Se io mi metto nei panni di una relazione medico-paziente, io oggi non posso essere qui e discutere per mero posizionamento ideologico-politico di schieramento, ma devo riuscire ad entrare nel merito di una proposta e fare un'operazione verità.
Oggi i cittadini che sono fuori da quest'Aula ci guardano con molta attenzione: basta vedere quante persone sono qui, quante sono fuori. E i toni che in questi mesi abbiamo visto, in effetti, non hanno pensato che oggi ci saremmo trovati qui ad essere guardati. Infatti, oggi, prima di entrare in Aula ho pensato a quei momenti in cui un po' da pazza guardavo questo Consiglio regionale mentre non ero seduta qui dentro, e ogni tanto vedevo un livello che non mi pareva quello che io avrei voluto vedere.
Oggi mi sono detta: entra e cerca di pensare al livello che avresti voluto vedere quando eri fuori di qui e non era ancora entrata. Penso ad esempio a chi ha voluto dipingere chi voterà a favore, oggi, di questa legge come quelli della cultura della morte. Io questa cosa vorrei davvero che oggi non fosse il centro della discussione. Vorrei che fosse il passato, vorrei che fosse quello che abbiamo fatto per uscire sui giornali. Oppure chi ha minacciato di inserire chi voterà a favore in una lista. Oppure chi ‒ qui lo dico, invece, con chiarezza ‒ ha pensato che l'Ufficio Legislativo non avesse fatto un buon lavoro. Io, invece, vorrei in questo intervento ringraziare l'Ufficio Legislativo e anche la Presidente della Commissione Sanità, Brescacin, assieme a chi ha diretto la Commissione. Siamo arrivati in difficoltà in questo momento, perché era la prima volta che discutevamo una legge di questo tipo. Ci sono state difficoltà a interpretare due norme: una norma approvata prima e una norma successiva. Ci hanno accompagnato nel farlo, io credo, nel migliore dei modi. Sostenere che questo non sia stato fatto è grave per questo Consiglio regionale. Questo, sì, lo dico chiaramente a chi, invece, lo ha detto all'interno dei giornali.
Sarebbe, forse, quindi, più corretto lasciar perdere tutte queste dichiarazioni e arrivare oggi, io credo, in quest'Aula a dire un messaggio molto chiaro: qui dentro noi non ci dividiamo tra favorevoli e contrari, ma tra chi ha svolto un lavoro in coscienza e ha deciso di prendere in maniera assolutamente libera e legittima una decisione.
Però c'è una cosa che voglio dire a chi lo farà. È quello che mi sentirei di dire anche se fossimo al bar a bere un caffè. Io ho pensato a due cose semplici quando dovevo prendere questa decisione: alle parole di Stefano Gheller in quest'Aula, che, per quanto mi riguarda, sono state la massima espressione delle motivazioni per cui qualcuno ha voglia di candidarsi, almeno lo è stato per me, e al fatto che potrei trovarmi io un giorno esattamente nella sua condizione. Quando io ero seduta in quest'Aula, lì, con Stefano Gheller accanto, mentre la presidente Brescacin leggeva le sue parole, perché lui in quel momento non riusciva ad esprimerle e a leggerle, ho pensato a cosa avrei fatto se fossi stata al posto suo, in quella condizione. Questo credo debba essere quello che oggi ci porta a dire cosa faremmo noi se fossimo nelle sue condizioni, cosa faremmo noi se i nostri figli, i nostri genitori, il nostro amico più caro fosse in quelle condizioni. Davvero ‒ questo è certo ‒ potrebbe effettivamente capitare.
Se in un primo momento avevo ventilato l'ipotesi di presentare io un progetto di legge, e avevo, per questo, provato a sentire il Comitato nazionale su questi temi... Lo condivido in quest'Aula: non l'ho ancora fatto. L'avevo fatto solo privatamente, perché penso che dia il respiro della scelta che oggi dobbiamo prendere qui. All'epoca – e credo di aver fatto bene – il passo indietro è stato quello di dire: non è che qui dentro votiamo un progetto di legge che è di qualcuno, qui dentro votiamo un progetto di legge che è richiesto da fuori e in coscienza noi decideremo se mettere sì o mettere o no, per permettere a chi è fuori di qui di essere libero di scegliere. E questo di nuovo lo dico chiaramente perché è un principio chiave. Se noi oggi qui decidiamo di dare libertà di scelta a qualcuno, non è che togliamo la libertà di scelta a qualcun altro. Io è questo che davvero in cuore chiedo e su cui davvero chiedo di ragionarci, perché se noi diamo libertà a qualcuno di accettare e fare questa procedura, come hanno fatto Stefano, Gloria e i sei casi che abbiamo citato, noi obblighiamo qualcuno a fare la stessa scelta? No. Allora questo è un altro dei punti fondamentali che io credo portino oggi a prendere una decisione che è più facile di quello che crediamo.
Entro così nel merito e alla fine ringrazierò anche il Comitato e i proponenti, che ho accompagnato a portare le 9.000 firme ormai sei mesi fa. Perché oggi noi siamo qui a discutere – e qui entro nel merito negli ultimi sei o sette minuti che mi rimangono – una norma, un progetto di legge di iniziativa popolare che non fa altro, quindi non aggiunge nulla, e non è poco, ma non fa altro che ribadire quello che è sancito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019. Ne cito un pezzo testuale: "L'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella/ello reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano verificate da una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, previo parere del Comitato Etico territorialmente competente, può avere diritto". Noi abbiamo un diritto sancito da una sentenza di una Corte costituzionale.
La Regione del Veneto, lo ha detto bene prima anche l'assessore Lanzarin, ha fatto dei passaggi istituendo una procedura che però non ha una norma in questo momento in questa Regione e oggi noi, perché è quello che manca, facciamo un passettino in più: dare una regolamentazione chiara che ne definisca tempi e modalità di esecuzione. Oggi non facciamo altro che rispondere a quello che la Corte costituzionale ha chiesto e nel 2018 chiedeva anche al legislatore nazionale. Non inventiamo quindi nulla di nuovo.
Vanno ricordate, lo abbiamo fatto anche prima, ma le cito di nuovo per ringraziarle, due decisioni adottate, quella della ULSS 7 Pedemontana per Stefano Gheller, quella della ULSS 2 Marca Trevigiana per Gloria. In entrambi i casi, la Regione del Veneto, prima in Italia, prima che noi oggi fossimo qui, ha dato spontanea attuazione alla pronuncia della Corte costituzionale, con l'accertamento, da parte di una Commissione di specialisti esperti, nominata dall'azienda sanitaria e un parere di un Comitato Etico, accogliendo quindi queste due richieste, una delle quali è stata portata a termine, una delle quali ancora no.
Vorrei davvero che noi ci ricordassimo quello che ha detto Stefano Gheller in quest'Aula, perché quando si parla di diritto alla vita, o di cultura della morte, io penso che queste siano le parole che lo spiegano: "Da quando mi è stato riconosciuto questo diritto io sono cambiato, il mio Paese mi ha riconosciuto un diritto: quello di morire in Italia. Ho ritrovato la voglia di vivere essendo molto più sereno di prima – questa è una frase che a me fa riflettere, e spero che condividerla faccia riflettere anche qualcun altro – in pace, con un senso di totale libertà. Prima ero sempre irrequieto, oppresso, mi sentivo anche incompreso su ciò che desideravo, ossia, essere libero di scegliere. Io sono Stefano, e la mia scelta, come quella che faranno altri, deve essere sacra, come la vita di cui un giorno deciderò di privarmi". Non l'ha ancora fatto, e si sente libero da quando è stata data una decisione da un Comitato competente di medici di diverse discipline: la libertà che ha recuperato io credo oggi lo porti ad essere qui e probabilmente ad ascoltarci.
L'introduzione di quello che noi oggi facciamo è quella di armonizzare, definire tempi relativamente ad ogni fase di quello che la Corte Costituzionale ha chiesto, inclusa quella di competenza del Comitato Etico e le modalità inerenti alla procedura indicata dalla Corte costituzionale.
Non entro nel merito del provvedimento, magari dopo avremo modo di re-intervenire anche nelle dichiarazioni di voto, però diamo dei tempi certi, diamo una procedura chiara. Vi faccio un'altra domanda: se Stefano Gheller, ed è il motivo anche per cui oggi siamo qui, fosse nato in un'altra Provincia, sarebbe accaduto uguale? Se Stefano Gheller avesse avuto bisogno di meno giorni, cioè se la sua vita non avesse retto fino ad oggi, lui si sarebbe trovato ad essere libero di scegliere? Queste sono altre domande che ci pongono la necessità chiara di avere una norma che indichi regole chiare, tempi certi e procedure sicure.
Chiudo su un altro punto. Il problema della china scivolosa, quello che ha detto prima il collega Valdegamberi, cosa accadrà quando noi approveremo questa norma, è un altro punto fondamentale. Io ho un'opinione fondamentalmente opposta a chi crede che lasciare nel campo del privato e della libera scelta del singolo ‒ guardo lo scambio epistolare anche con il collega Bet di questi giorni ‒ sia la scelta più giusta. Veramente non lo condivido, perché penso che, invece, una legge regionale, procedure certe, Comitati Etici e Commissione medica messa davvero nelle condizioni di lavorare, anche a partire da una norma che regoli tempi certi e procedure chiare, il fatto che ci sia un sistema sanitario pubblico nazionale che non solo decide, ma prende anche in carico la richiesta del paziente, sia l'unico modo per garantire che non ci siano chine scivolose, che non ci siano effetti collaterali, che non ci siano richieste che vengono accettate anche quando non si dovrebbe. I "no" che prima sono stati citati nei casi veneti ci fanno capire che abbiamo medici di diverse discipline (psicologi, psichiatri, giuristi, assistenti sociali) dentro queste Commissioni ‒ guardate da chi è composta ‒ che, con grande professionalità e capacità, prendono decisioni che possono essere positive, ma che, lo abbiamo visto, nella maggior parte dei casi sono state negative perché il caso non aveva quei cinque punti che la stessa Corte mette al centro per la possibilità di accedere a questa procedura.
Lo Stato, il sistema sanitario nazionale, la possibilità che noi oggi abbiamo qui è proprio quella di non entrare in un dibattito che ci porterà a dire "entriamo in una china scivolosa che chissà cosa farà accadere al Veneto e a tutta l'Italia". No. Noi stiamo dicendo qui, proprio perché siamo per la libertà di scegliere e proprio perché mettiamo al centro la vita e la libera scelta di vivere la vita con dignità fino alla fine, che vogliamo che lo Stato si prenda cura e si prenda carico dei pazienti, dei loro familiari e, non dimentichiamolo, dei medici, che nella relazione medico-paziente ci stanno accanto.
È vero ‒ ho gli ultimi 18 secondi ‒ che manca una norma nazionale. Questo è chiaro. Qui non stiamo discutendo di questo. Avremo modo di discuterne anche con un ordine del giorno che ho visto essere pensato dai colleghi della minoranza.
Volevo chiudere con due parole ‒ mi prendo un minuto ‒ di Piergiorgio Welby, che secondo me di nuovo chiudono bene una discussione di questo tipo: "Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita, e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza che in un momento è arrivata ad essere crudele, io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta".
Grazie.

PRESIDENTE

Collega Camani, prego.

Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Gentili colleghi, dopo sei mesi dalla presentazione al Consiglio da parte del Comitato promotore, su iniziativa dell'Associazione "Luca Coscioni", arriva oggi in Aula il progetto di legge che ambisce a definire a livello regionale le procedure e i tempi per l'assistenza sanitaria al suicidio medicalmente assistito.
Si tratta a mio avviso di una discussione importante, che ha animato il dibattito pubblico per mesi e che oggi ci mette di fronte ad una prova intensa, una prova che credo richieda senso di responsabilità, maturità, volontà e capacità di dialogo e che anche ci richiama a trattenerci, ad attenerci a toni appropriati.
è vero, arriviamo a questa discussione in virtù di un pronunciamento della Corte Costituzionale che nella sostanza ha già definito il confine tra ciò che è lecito e ciò che non è lecito, ma anche nel limite della discussione, determinato appunto da quanto già stabilito dalla Corte, e stando pienamente all'interno del perimetro che definisce la competenza legislativa regionale, è indubbio che temi così delicati richiedano profondità di pensiero e profondità di argomenti. Credo sia indispensabile, nella discussione di oggi, evitare facili semplificazioni, stare distanti da scontri di natura ideologica, rimanere fermi contro estremizzazioni o, peggio, banalizzazioni della materia oggetto della nostra discussione. Dico questo per il rispetto che dobbiamo agli oltre 9.000 cittadini che hanno sottoscritto questa proposta e a tutte le persone ricordate più volte oggi che, con interesse sincero, osservano lo svolgimento e gli esiti della nostra Assemblea.
Lo dico perché abbiamo l'obbligo tutti di lavorare con intelligenza e pazienza per disincagliare il tema del suicidio medicalmente assistito da un dibattito che rischia di essere fuorviante e costruire così le condizioni per trovare punti di incontro e di sintesi e per garantire, per quanto di nostra competenza, una risposta chiara a chi si è rivolto a noi, alla politica per affrontare una questione così cruciale. Pur comprendendo come il progetto di legge presentato possa incontrare opinioni difformi, riserve e qualche dissenso, seppur da versanti opposti, credo si possa dire senza dubbio che questo testo si avvicina allo spirito e alla lettera dell'ordinanza e della sentenza della Corte costituzionale.
Non sta a noi, e questo mi è molto chiaro, entrare nel merito del pronunciamento della Consulta, di cui dobbiamo in qualche modo semplicemente prendere atto, per limitarci a dare indicazioni operative agli uffici regionali che dovranno applicare concretamente, e che già hanno applicato, gli indirizzi della Corte.
Ma per la delicatezza del tema, e devo dire anche per onestà intellettuale, credo sia ragionevole non sottrarsi al nodo cruciale della discussione per dotare anche di un orizzonte di senso il nostro intervento normativo, e per fornire un'indicazione e una visione al legislatore nazionale, qualora, come più volte richiesto anche dalla Corte, decida finalmente di entrare in maniera compiuta su questo tema.
Io credo che in parte ci sia anche questo nella decisione che prendiamo oggi, cioè la volontà di lanciare un segnale politico chiaro, che sia forte, al Parlamento italiano, rispetto alla necessità – direi all'urgenza – di dotare il Paese di una legge organica sul suicidio medicalmente assistito.
Va infatti ribadito che noi oggi, ma anche la Corte Costituzionale con molto più potere di noi prima, stiamo intervenendo su questo tema, perché chi avrebbe il dovere e il potere di farlo, cioè il Parlamento, non lo ha fatto fino ad ora. Un'inerzia che giudichiamo grave, a cui è indispensabile porre rimedio quanto prima.
Comprendo la difficoltà della politica a entrare in questo campo, e lo stiamo vedendo anche dal dibattito di questi giorni, a trovare soluzioni che si muovano nella zona grigia che sta tra la vita e la morte delle persone, a regolare per via normativa i problemi che la scienza e la tecnica, oltre che l'etica, ci pongono di fronte. Ma proprio per difendere il diritto costituzionale e, aggiungo, anche il diritto umano delle persone a vivere con dignità e libertà, il diritto di decidere di sé stessi fino all'ultimo atto della propria esistenza, magari scegliendo di porre fine a una vita ridotta ad insopportabile sopravvivenza, rappresenta una frontiera che la politica oggi deve avere il coraggio di raggiungere.
È già avvenuto nel passato che le Istituzioni siano state capaci di rispondere a domande complesse; nel 2017, quando con l'approvazione della legge n. 219 si introdussero nel nostro Ordinamento alcuni princìpi innovativi e chiarificatori rispetto all'articolo 32 della Costituzione, primo tra tutti quello che ha esteso il dovere della Repubblica alla garanzia della salute anche al diritto di ciascuno di rifiutare le cure, l'accanimento terapeutico, fino anche alla possibilità di richiedere l'accompagnamento alla morte naturale attraverso il ricorso alla sedazione palliativa profonda. Questa è già legge dello Stato. Non a caso, infatti, la Corte si richiama proprio a quelle norme e a quei princìpi per intervenire sulla questione del suicidio medicalmente assistito.
Ma la società cambia rapidamente e quelle norme vanno ripensate, anche alla luce di nuovi bisogni non più comprimibili. Così come rapidamente evolvono le opportunità che la scienza e la tecnica ci offrono. Al contempo, dovrebbe, con coerenza, avanzare anche l'estensione del livello della civiltà e dei diritti delle persone, e la politica dovrebbe accorgersene e farsene carico.
L'evoluzione delle terapie mediche ha modificato il morire, che oggi avviene sempre più frequentemente dopo un lungo processo di medicalizzazione, spesso dopo una lunga permanenza nel tempo della sofferenza. Spesso l'intervento della scienza medica strappa alla morte pazienti in condizioni estremamente compromesse. In certi casi, però, senza riuscire, purtroppo, anche a restituire loro una condizione di vita sufficientemente accettabile.
Certo, il tema della convivenza lunga con la malattia, a cui ci hanno giustamente richiamato anche i Vescovi, va costruito senza banalizzazioni, senza dare il minimo spazio a qualsiasi tentazione di legittimare la cultura dello scarto, di chiudere gli occhi davanti a situazioni di abbandono o solitudine o a tentativi di emarginazione dei soggetti più fragili, privi di affetti familiari e possibilità economiche. È un piano di confronto rispetto al quale, ad esempio, assessore Lanzarin, la Regione del Veneto molto di più dovrebbe fare, a partire dall'erogazione di adeguate cure palliative, appropriata terapia del dolore, al fine di alleviare davvero le sofferenze davvero di tutti. Ma se nulla può giustificare un disinvestimento o un disimpegno individuale o collettivo sulla cura e sull'assistenza, al contempo tutto ciò che è possibile deve essere fatto per garantire una morte dignitosa e rispettosa delle volontà personali, nei casi in cui se ne presenti la dolorosa necessità.
Sulla base di questo oggettivo bisogno, la Consulta si è espressa prima con l'ordinanza del 2018 e poi con la sentenza del 2019, nell'ottica di tutela del diritto alla vita, specie delle persone più deboli e vulnerabili, riconoscendo come insufficiente l'accompagnamento alla morte senza accanimento e senza sofferenza previsto oggi dalla legge n. 219. Esprimendosi in merito alla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'Assise di Milano rispetto all'articolo 580 del Codice penale infatti la Corte costituzionale ha ritenuto che punire indiscriminatamente, con l'incriminazione di aiuto al suicidio, chi assiste una persona al raggiungimento della morte volontaria, sia gravemente limitativo della libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze. Questa determinazione della Corte si fonda direttamente sui principi inderogabili sanciti dalla Costituzione: l'articolo 32, ovviamente, che stabilisce che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, ma anche l'articolo 2, che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, e l'articolo 13, che ribadisce l'inviolabilità della libertà personale.
Imporre ad una persona, dice la Corte, un'unica modalità per congedarsi dalla vita, il ricorso alla sedazione profonda, appunto, senza che tale limitazione possa ritenersi preordinata alla tutela di altro interesse costituzionalmente apprezzabile, non è conforme al dettato della nostra Costituzione. Sulla base di questo si fonda il pronunciamento della Consulta, che dichiara dunque costituzionalmente illegittimo l'articolo 580 del Codice penale nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi di una persona pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche reputate insopportabili. Questo è il terreno su cui siamo chiamati a muoverci in un perimetro, dunque, già chiaramente indicato dalla Corte.
Abbiamo chiara qual è la decisione e abbiamo chiara qual è l'indicazione per i nostri lavori, così com'è chiaro il principio a cui si ispira. La nostra comunità civile si fonda sul diritto alla vita come primo dei diritti inviolabili dell'uomo, un diritto da tutelare sempre, anche e soprattutto quando le persone sono in difficoltà, sono più fragili o quando vivono una situazione difficile, anche quando proprio per la sofferenza intollerabile, una persona libera chiede di interrompere la sua pena e di concludere dignitosamente la propria vita. Io penso che garantire questo diritto sia un nostro dovere, sia un dovere della politica prima che della Corte costituzionale e il Partito Democratico intende farlo pienamente, votando a favore di questo progetto di legge e adoperandosi affinché anche il Parlamento sia chiamato presto ad un uguale responsabilità.
Ma la Corte non si limita ad intervenire sui profili penali sollevati dal Tribunale di Milano. Consapevole della delicatezza della questione e registrando il perdurare del colpevole immobilismo del legislatore nazionale, la Corte, sapendo bene che il proprio pronunciamento avrà e ha forza di legge, pone condizioni rigorose per delimitare l'accesso al suicidio medicalmente assistito. Condizioni rigorose, dicevo, da accertare in modo pieno, esaustivo e severo attraverso l'intervento del sistema sanitario pubblico. Questo, per sgombrare il campo in maniera inequivocabile dal rischio di deriva che sarebbe intollerabile – questo sì – di una sorta di normalizzazione al suicidio quale forma socialmente accettata o accettabile, come via di fuga della sofferenza. È il presidio pubblico che garantisce che quel piano non si inclinerà troppo.
Per questo non mi convince la teoria dello scivolamento, del rischio di una decisione incontrollabile. Credo che paventare la possibilità che l'introduzione di questi princìpi rischi di diventare una moda capace di influenzare le scelte e la volontà delle persone, come se una legge potesse fare costume o determinare comportamenti, rischia di essere solo una scusa banale per chi non vuole vedere ciò che già accade, ciò che serve e soprattutto ciò che manca.
Proviamo allora a partire da qui, da ciò che già c'è: c'è la necessità per la politica di corrispondere ad un bisogno reale che incrocia drammaticamente la vita di migliaia di persone. Potete non essere d'accordo con questa legge, ma non potete non vedere il bisogno delle persone. C'è il bisogno delle persone, che malate, sofferenti, non riescono più in nulla, al punto da essere disponibili a voler rinunciare alla propria vita. Dietro a queste persone ci sono amici, parenti, familiari che di quella sofferenza si fanno quotidianamente carico.
C'è la sentenza della Corte Costituzionale, che dice chiaramente cosa dobbiamo fare e come lo dobbiamo fare. C'è la Regione del Veneto, che ha già operato sulla base di queste indicazioni. Cosa manca ora? La specificazione dentro la competenza regionale di materia della definizione delle procedure, dei tempi, delle modalità di erogazione per la prestazione al suicidio medicalmente assistito, chiarire quali sono i soggetti chiamati ad agire, le aziende socio-sanitarie, la Commissione per la pratica clinica, i Comitati provinciali per la bioetica, chiarire le modalità di prescrizione del farmaco, come erogare la prestazione, chiarire i tempi per la risposta, tali per cui venga garantito, da un lato, il dovere alla verifica rigorosa, ma anche alla risposta soddisfacente. A questo siamo chiamati e su questo semplicemente verte il progetto in esame, dentro un quadro che è già chiaro e che ha fatto la Corte al posto del legislatore nazionale, che su questo è rimasto silente in tutti questi anni.
Ho volutamente, però, inteso non sottrarmi neppure alla discussione più generale, al piano più generale attorno a questo progetto di legge. L'ho voluto fare per dire con chiarezza in quest'Aula da che parte sto e da che parte stiamo, per dire con chiarezza come la pensa il Partito Democratico attorno a un tema così delicato. Una comunità politica si fonda anche e soprattutto sulla condivisione di un piano valoriale, che diviene identità politica. E in politica, lo dico ai colleghi della maggioranza, non c'è nulla di più importante per spiegare di che partito sei e chi rappresenti di dire come la pensi sulla vita delle persone, nel pieno rispetto, nel confronto continuo di chi anche tra noi ha una sensibilità diversa e rappresenta un pensiero difforme, ma ugualmente legittimo. Il rispetto e il riconoscimento delle differenze non vanno mai confusi con l'ambiguità. La fatica della sintesi non va mai confusa con l'incertezza. La volontà dell'ascolto e del confronto non va mai confusa con la mancanza di coraggio di digitare il voto "sì" a questa legge.
A noi, dunque, il compito di legislatori regionali di offrire una prova di serietà e di responsabilità davanti ai veneti e davanti al Paese, davanti alle persone che ci hanno interpellato, al Comitato promotore, ai 9.000 cittadini che hanno sottoscritto la proposta di legge regionale, a Stefano Gheller, che ha fatto della sua vita un simbolo, ma anche a chi nel silenzio, nel dolore, nella solitudine sta vivendo la stessa atroce attesa del nostro voto.
Per tutte queste persone il Partito Democratico è a disposizione.
Assume la Presidenza
Il Vicepresidente Nicola Ignazio FINCO

PRESIDENTE

Grazie, collega.
È iscritta a parlare la consigliera Baldin. Prego.

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Grazie, Presidente.
Per la prima volta, almeno in questa legislatura, è in discussione, e poi verrà messo in votazione, un progetto di legge di iniziativa popolare. Innanzitutto un ringraziamento va a quelle persone, a quel Comitato, a quelle associazioni che finora hanno raccolto oltre 9.000 firme di cittadine e cittadini, che hanno voluto sottoscrivere convintamente questo progetto di legge, alle centinaia dei cittadini che hanno raccolto queste firme nei banchetti, nelle piazze, nei vari locali, alle promotrici e ai promotori della legge "Liberi Subito", all'Associazione "Luca Coscioni", che ha proposto questo testo in Veneto e nelle altre Regioni.
Lo sottolineo, oggi si compie l'ultimo atto di un grande esercizio di democrazia diretta, un esempio eccezionale di partecipazione del popolo veneto alla formazione delle leggi regionali, un impegno che va compreso, ascoltato e trattato con rispetto da parte nostra, rappresentanti di tutti i cittadini del Veneto, forse più di quanto non sia stato fatto finora nel corso di un iter che è stato un po' zoppicante. Essere arrivati fin qui in Aula, quindi, costituisce in ogni caso una piccola e grande vittoria di democrazia, un messaggio positivo per tutti quei cittadini attivi che quotidianamente, anche con semplici gesti, come la firma di una proposta di legge, decidono di partecipare alla vita politica e impegnarsi a favore della cosa pubblica. La politica non deve essere appannaggio dei pochi eletti, ma è un patrimonio di tutte e tutti. Questo è il primo messaggio che voglio dare oggi.
Innanzitutto va anche ringraziato il presidente Zaia, che ha comunque lanciato un messaggio ulteriormente forte con la sua presenza, e soprattutto va fatto un ringraziamento e un apprezzamento all'Ufficio Legislativo del Consiglio regionale. Mi dispiace che sia stato messo in discussione il suo parere. Sarà eventualmente la Corte Costituzionale, perché non vedo qui dentro giudici della stessa Corte, a decidere sulla costituzionalità di una legge che ancora non è legge, è una proposta di legge. Su questo aspetto io andrei quindi molto cauta e assolutamente anzi sgombrerei il campo da qualsiasi paravento o foglia di fico proprio perché saranno altri a decidere in merito alla costituzionalità e non di certo noi come Consiglieri.
Venendo al merito della proposta in esame, cosa possiamo dire? La proposta formalizza l'orientamento già presente nel testo costituzionale relativo all'autodeterminazione del singolo, dell'individuo. è un principio costituzionale che influenza una serie di altri rapporti sia civili che sociali. Questa legge non introduce un diritto al suicidio medicalmente assistito, né tantomeno alcun fantomatico diritto alla morte, com'è stato detto da più parti, che non esiste e non può esistere, perché verrebbe meno proprio l'essenza stessa del diritto.
La legge invece stabilisce tempi e procedure per i casi circostanziati dalla Corte Costituzionale nel 2019. Lo abbiamo sentito dire dal Presidente, lo hanno detto anche altri colleghi. Bisogna che sia chiaro questo concetto. Qui non si stabilisce alcun diritto al suicidio medicalmente assistito, che forse è un linguaggio improprio, andrebbe meglio chiarito il concetto di aiuto medico alla morte volontaria. Qui si va solo a regolamentare tempi e procedure per l'autosomministrazione di un farmaco letale, cosa che hanno spiegato molto bene i rappresentanti, i promotori della proposta di iniziativa popolare. Spero, almeno oggi, come ultima giornata di questo lungo e travagliato iter, che possano aver suscitato in noi una reazione e soprattutto una comprensione vera e propria del testo che oggi andiamo a votare, e non sulle fantasie che abbiamo letto sui giornali o altro.
Riassumendo, quindi, gli aspetti più significativi sono i tempi certi per l'accesso alle procedure indicate all'articolo 3 (quindi, l'articolo 3 è centrale in questa proposta); si stabilisce la gratuità della prestazione, e questo è un concetto fondamentale, proprio per garantire l'accesso a tutti, non solo per chi può permetterselo. Abbiamo visto recenti casi di cronaca in cui si è dovuti andare in Svizzera. sborsando una notevole quantità di migliaia di euro.
Inoltre è prevista la Commissione medica multidisciplinare permanente, che ha il compito di valutare caso per caso il tipo di farmaco e la relativa metodologia di somministrazione per garantire una morte più rapida, indolore e dignitosa possibile.
L'altro punto saliente è che l'ULSS competente deve fornire i farmaci, i macchinari e l'assistenza medica per l'autosomministrazione del farmaco.
L'ultimo aspetto è importantissimo: il soggetto non solo deve avere la capacità di intendere e di volere, ma deve avere anche la capacità di agire, quindi di potersi somministrare autonomamente il farmaco. è quindi un aiuto medico alla morte volontaria, come ha spesso citato, giustamente, il Comitato, dove l'accento va su "volontaria", sulla libertà individuale di ciascuna e ciascuno di giudicare e scegliere, in virtù della propria esperienza, delle proprie condizioni e convinzioni, liberamente e senza condizionamenti.
Ricordiamo che questo aiuto alla morte volontaria, questo aiuto medico è già consentito, quindi non stiamo introducendo nulla di ultroneo. Non si pone, quindi, un aspetto di ulteriore previsione normativa in questo campo.
Qui non si tratta di un diritto a morire, ma di un diritto a vivere, il che vuol dire decidere autonomamente, autodeterminarsi. Che cos'è la vita senza libero arbitrio? Del resto, non può esistere un diritto a morire, perché significherebbe formalizzare un diritto a non avere diritti o, in altri termini, a perdere la titolarità dei diritti. Bisogna chiarire che il soggetto che esercita il diritto a interrompere la sopravvivenza la interrompe solo dal punto di vista strettamente biologico, perché la vita, come articolazione di esperienze individuali complesse, collettive e sociali, gli è negata dalla patologia, che, a suo sentire, è diventata intollerabile e fonte di estreme sofferenze.
Bilanciando i due princìpi, quindi, con questa legge regionale andiamo a disciplinare nel dettaglio un diritto già formalizzato dalla Consulta, e sottolineo questo aspetto per l'ennesima volta: quello di vivere fino all'ultimo minuto, fino a quando c'è la possibilità di farlo senza sofferenza. Ancora. Non può esserci una disparità, che sarebbe iniqua, tra chi chiede la sedazione palliativa profonda, che ha sempre il diritto di ricevere dal servizio sanitario nazionale, e chi chiede l'aiuto medico alla morte volontaria. Due questioni che sono state sventolate in questo periodo per mettere in discussione la proposta di legge di iniziativa popolare e che non hanno alcun fondamento. L'ha spiegato anche l'assessore Lanzarin nel suo intervento relativo alle cure palliative.
Io volevo parlare anche dell'obiezione di coscienza. Anche questo è un tema che è emerso. È pacifico che questo è un diritto riconosciuto all'individuo, in particolare al singolo medico, tutelato a livello costituzionale, che non può essere messo in discussione da una legge regionale. Anche su questo bisogna prestare la dovuta attenzione e togliersi questo paravento.
Come per il resto esiste un diritto all'obiezione di coscienza all'interruzione volontaria di gravidanza, ad esempio. è un diritto individuale. Non compete però alla struttura pubblica, quindi all'ospedale, che ha il dovere di concedere il farmaco qualora venisse richiesto e non può trincerarsi dietro all'obiezione di coscienza naturalmente.
Le cure palliative. Lo diceva l'Assessore molto meglio di me. è una legge del 2010, è già prevista, le persone che hanno fatto richiesta di aiuto medico alla morte volontaria non le hanno chieste o non le hanno volute, però c'è questa possibilità e una non esclude l'altra, ovvero non si può dire: noi vogliamo le cure palliative perché così diciamo no all'altra opzione. Possono coesistere entrambe, e lo ha detto anche lo stesso Stefano Gheller, che non finiremo mai di ringraziare per il suo impegno e il suo attivismo su questo tema, che dovrebbe smuovere un po' le coscienze di tutti noi che oggi andiamo a votare questa proposta.
Una brevissima cronistoria. Sappiamo ormai benissimo, la sentenza della Corte costituzionale, lo ricordiamo un'ulteriore volta, la n. 242/2019, autorizza le ULSS a fornire il farmaco per l'autosomministrazione senza incappare in reati, sempre dietro a stringenti requisiti, quindi si fa riferimento a chi si trova in determinate condizioni di sofferenza fisica e mentale a causa di una malattia irreversibile e degenerativa, e la stessa Corte chiede anche al Parlamento di intervenire, cosa che noi chiediamo anche oggi, tra l'altro, e poi lo vedremo, andremo a votare un ordine del giorno promosso dal Partito Democratico su questo, che voterò sicuramente.
Almeno altri due cittadine e cittadini in Veneto hanno fatto ricorso a questa possibilità: Stefano Gheller, naturalmente, e Gloria, una anziana del veneziano, come è stato ricordato dal Presidente. Prima di questi casi, l'unica via percorribile era quella di recarsi in Svizzera, come ha dovuto fare, purtroppo, perché non ha potuto decidere di morire in casa propria con i propri familiari, con i due figli che ho avuto il piacere di conoscere a un'iniziativa dell'Associazione "Coscioni" a Mestre non più tardi di un mese fa, Sibilla Barbieri, alla quale è stato negato dalla sua Regione, il Lazio, di procedere all'aiuto medico alla morte volontaria, e per questo ha dovuto recarsi in Svizzera, sborsando, come vi dicevo all'inizio, migliaia e migliaia di euro.
In numerose occasioni, lo abbiamo sentito anche oggi, il presidente Zaia si è dichiarato a favore di questa proposta e della possibilità dell'aiuto medico alla morte volontaria. Non solo lui, ma anche tanti amministratori locali di provenienza trasversale.
Io mi auguro che oggi accada quello che è successo nella votazione a una mia mozione sottoscritta anche da altri colleghi. Mi riferisco in particolare a quella del 02 maggio 2023, in cui il Consiglio regionale ha approvato a larga maggioranza l'impegno per la Regione a garantire un percorso oggettivo e rapido a tutte le persone che avanzano la richiesta di procedere alle pratiche per il fine vita e a promuovere il principio secondo cui il ruolo della politica è garantire la libertà di scelta in materia, astenendosi da interventi ideologici al fine di condizionare la volontà delle persone stesse.
In quella votazione ci furono 2 contrari, 6 astenuti, 32 voti favorevoli, grazie anche alla concessione fatta dai Capigruppo di una libertà di coscienza accordata a tutti i Consiglieri e le Consigliere.
Io spero che questi numeri ci siano anche in questa votazione, anche per un senso di coerenza. Lo auspico. Non mi illudo però che magari nel frattempo, anche per il pressing che c'è stato da parte di alcune associazioni, qualcuno abbia cambiato idea. Continuo però a sperare che sia possibile arrivare alla maggioranza. Lo dobbiamo fare, credo, proprio per rispetto delle tante cittadine e cittadini in queste terribili condizioni di sofferenza estrema e in una condizione patologica irreversibile.
Ringrazio di nuovo tutti quelli che ci hanno messo la faccia, che hanno raccolto le firme, che non si sono trincerati dietro il partito, anche perché credo sia una questione assolutamente, come dicevo, trasversale ai partiti.
Se pensiamo anche a un sondaggio pubblicato da Demos, l'82% della popolazione del Veneto, del Trentino, del nord Italia, è favorevole a un aiuto medico alla morte volontaria. Questo è a livello trasversale, tra tutti i partiti politici, cioè tra chi vota a destra, chi vota a sinistra, chi vota 5 Stelle. La maggior parte di questi è favorevole. Ancora una volta quindi i cittadini hanno dimostrato di essere più avanti della politica. E noi di questo dobbiamo assolutamente tenerne conto se vogliamo essere rappresentanti degni di questi cittadini a latitudini trasversali, al di là del partito di provenienza. Spero ci sia la volontà di andare oltre a questo e di essere coerenti prima di tutto con la propria coscienza e di portare avanti innanzitutto la bandiera della libertà di scelta di ogni individuo.

PRESIDENTE

Grazie, collega. Con il suo intervento sospendiamo i lavori.
Ripresa alle ore 14.30.
La Seduta è sospesa alle ore 12.58
La Seduta riprende alle ore 14.45
Assume la Presidenza
Il Presidente Roberto CIAMBETTI

PRESIDENTE

Colleghi, riprendiamo la seduta.
Della lunga serie di richieste di intervento, se magari nel video riusciamo anche a riportarne una parte è meglio.
Ha chiesto la parola il collega Enoch Soranzo. Prego.

Enoch SORANZO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente.
Devo dire che, come le annunciavo, è strana la statistica che porta sempre il nostro Gruppo a prendere la parola subito dopo la pausa dei lavori.
Dico questo perché riprendere un ragionamento, una riflessione, una discussione sui provvedimenti... Vorrei sottolineare – non ce n'è bisogno, non ce ne sarebbe bisogno, ma è bene farlo – che in quest'Aula oggi non stiamo discutendo di un provvedimento di carattere tecnico-urbanistico, un progetto di legge che può produrre effetti che di fatto intervengono su una materia tecnica, edilizia o di carattere ambientale. Qui stiamo parlando di un progetto di legge d'iniziativa popolare che interverrà e produrrà effetti, qualsiasi essi siano, sulle persone, sui loro familiari e su tutto il contesto sociale del Veneto.
Questa era la premessa per iniziare a svolgere il nostro intervento, che il nostro capogruppo Polato concluderà nella dichiarazione di voto.
Partiamo da alcune considerazioni. Tutta quest'Aula sa, il Veneto sa che il Gruppo di Fratelli d'Italia, fin da subito, unico Gruppo in quest'Aula, ha sempre avuto una posizione chiara, una posizione – crediamo – assolutamente coerente, una posizione che avanzava alcune perplessità fin da subito. L'abbiamo fatto nel massimo rispetto di tutti, ringraziando anche chi ha proposto questo testo di iniziativa popolare.
Dico questo perché il presidente Zaia questa mattina ha fatto bene a ricordare – per noi è basilare, è un fondamento irrinunciabile – ciò che lo Statuto regionale del Veneto sancisce, cioè quanto il diritto dei cittadini veneti a proporre una legge di iniziativa popolare sia sacrosanto e irrinunciabile. È un diritto inviolabile, certo, guai a chi volesse metterlo in discussione. Quindi lo diamo per assodato, per assunto e assolutamente inconfutabile.
Bisogna però anche portare all'attenzione alcune considerazioni sugli interventi che abbiamo ascoltato. Almeno, noi sentiamo il dovere e la necessità di farlo. È vero che nel 2010 il Veneto è stata la Regione – e va un plauso – che ha introdotto una legge sulle cure palliative, legge a cui noi teniamo tanto. È vero che il lavoro fatto è tanto, ed è verissimo, se andiamo a riascoltare l'intervento dell'assessore Lanzarin, che ha riconosciuto che tantissimo – lo sottolineo – c'è da fare sulle cure palliative.
Quando si parla di DAT (Disposizioni anticipate di trattamento), che si introduce come innovazione della normativa, è vero, come diceva il presidente Zaia, che la legge riconosce, per un cittadino veneto, italiano, di farlo presso un notaio, presso un ufficio comunale. Ricordiamo, però, che c'è anche un altro tema. Le Disposizioni anticipate di trattamento la legge prevede che vengano prodotte e richieste anche presso le aziende ospedaliere, le strutture sanitarie in Veneto. A noi risulta che non ce ne sia nemmeno una attivata oggi. Questo è uno degli elementi che noi pensiamo, per esempio, che si debba ampliare e potenziare in tutti gli aspetti, che vede le cure palliative, non solo, i percorsi per i nostri cittadini malati e le loro famiglie (sottolineo "famiglie"), in un percorso di accompagnamento.
Vogliamo poi fare alcune considerazioni anche in termini di legittimità di atto, altra cosa che, invece, cambia. Magari noi siamo abituati a comprendere il valore della terminologia giuridica. Il presidente Zaia parla di legittimità di atto, e fa bene. Il presidente del Consiglio regionale Ciambetti parla di procedibilità dell'atto. Sono due cose diverse. La procedibilità nessuno l'ha messa in discussione, perché questo è compito di chi di fatto sta nell'Ufficio di Presidenza, e Fratelli d'Italia non è nell'Ufficio di Presidenza. Forse è l'unico Gruppo o uno dei pochi Gruppi che non è nell'Ufficio di Presidenza.
Non abbiamo mai messo in discussione il lavoro degli uffici legislativi, che ringraziamo anche noi, però il problema si presenta, colleghi, nel momento in cui si parla di legittimità. La legittimità è stata messa in discussione con un parere dell'Avvocatura dello Stato, che è agli atti, che è molto chiaro sulla competenza esclusiva e concorrente in questa materia. Su questo, colleghi, devo fare un apprezzamento. Sei mesi fa, quando abbiamo iniziato il percorso all'interno delle Commissioni e in questo Consiglio regionale, abbiamo apprezzato e rispettato in maniera vera, assoluta, il comportamento e l'atteggiamento di chi ha proposto questo progetto di legge. Scrivere un progetto di legge è difficile per quest'Aula e va apprezzato lo sforzo di chi l'ha fatto fuori da quest'Aula. È uno sforzo enorme. Il rispetto per quei 9.000 firmatari non solo deve essere riconosciuto, ma è assolutamente indiscutibile.
Ricordiamo, 9.000 firmatari su 5 milioni di abitanti, di veneti. È dovere di quest'Aula prenderli in considerazione? Certo. Guai se venisse messo in discussione. È dovere di quest'Aula verificarne la correttezza? Credo di sì. È dovere di quest'Aula verificarne l'applicazione corretta? Credo di sì. È responsabilità di quest'Aula votarla, nel riconoscimento che sia uno strumento normativo efficace, giusto, corretto e soprattutto funzionante? Io credo altrettanto. Quest'Aula oggi è vero che discute un progetto di iniziativa popolare, ma è anche vero che quando uscirà da quest'Aula sarà una legge regionale del Veneto, e sarà difficile, credo, per chiunque, se il provvedimento ha delle deficienze, delle contraddizioni, dei malfunzionamenti, dei motivi di legittimità discussi, ma forse non approfonditi, che sia una giustificazione per il Consiglio regionale del Veneto, per una legge regionale del Veneto (non è di 9.000 firmatari, perché quella è la proposta) dire che è stata approvata così com'era, che andava bene così. Non credo, perché in questo Consiglio regionale, con il voto che sarà espresso, ognuno di noi si prenderà una piccola fettina di responsabilità per gli effetti che questa legge regionale potrà in qualche modo produrre.
Signori, io non posso che fare un plauso. Ho visto, sei mesi, sette mesi fa lo sforzo di un Consigliere regionale (spero non ti dispiaccia se ti chiamo in causa, ma l'abbiamo vissuto da vicino), lo sforzo del collega Bet, che ha prodotto un lavoro enorme nelle Commissioni, ha prodotto un lavoro enorme dal punto di vista giuridico. Non parlo di contenuto, io voglio dividere il mio intervento tra parte tecnica e parte del contenuto. Per cui, in teoria, il desiderio era quello di produrre un emendamento.
L'emendamento non c'è stato, seppur quell'emendamento – ne discutevamo in tempi non sospetti – prevedesse una cosa molto semplice. Pur nello sforzo, noi comunque non eravamo d'accordo, perché poi la conclusione di quello sforzo avrebbe portato a riscrivere interamente questo progetto di legge. Perché? Cosa abbiamo visto, gentili colleghi? Chi ci ascolta non ha sentito questo durante la mattinata trascorsa, ha sentito solo posizioni, in interventi rispettabilissimi, di concetto, ma non sa cosa è avvenuto dentro le Commissioni.
Nelle Commissioni abbiamo visto la proposta di legge in discussione. Io non sono un giurista, non sono un uomo di legge, non sono un avvocato, non sono un magistrato, non sono un giudice, ma sono chiamato a portare delle riflessioni e a fare la scelta migliore per i veneti. A questo punto, nella Commissione qualcuno dovrebbe rispondere ad alcune domande. Sono agli atti, Presidente, sono agli atti della Commissione. Perché, allora, se tutto va bene... Io ho apprezzato il presidente Zaia nella sua riflessione generale, ma poi chi era in Aula si domanda: se è tutto a posto, gentili colleghi, perché in Commissione Prima, quando il Gruppo di Fratelli d'Italia, insieme ad altri colleghi, ha posto il quesito su quale fosse la copertura finanziaria, per cui era previsto nella scheda SIN che 5.000 euro a caso, ne prevedevano 50, prevedeva una copertura di 250.000 euro per questo tipo di progetto di legge all'anno, e diceva anche dove allocarli, eventualmente, dov'è che ci siamo arenati, colleghi? Dov'è che il punto debole è emerso in tutta la sua difficoltà a procedere con questo provvedimento? Non è una colpa, perché chi l'ha prodotto esternamente non ha l'apparato, non ha la struttura, non conosce il bilancio regionale, non ha la normativa, non ha gli esperti, oppure li ha in una forma privatistica. È emerso quando, di fatto, la struttura del Dipartimento della Salute, dell'Assessorato della Regione Veneto ha scritto nero su bianco che non si tratta di LEA, ma di extra LEA. Tant'è che il capitolo di bilancio di finanziamento era sugli extra LEA.
Quindi, collega Baldin, quando lei dice nel suo intervento che è gratuito, lei dice che è gratuito perché è a carico del sistema sanitario nazionale, così come il progetto di legge è stato impostato. E così oggi è in discussione. Peccato che nella scheda SIN si parla di un capitolo che finanzia gli extra LEA ed è a carico della Regione. Anche qui, c'è una contraddizione.
Ci siamo domandati: come possiamo noi Consiglieri regionali procedere con un progetto di legge che prevede un LEA che decide lo Stato, che pagherebbe lo Stato (così dice il progetto di legge dei promotori), e allo stesso tempo, invece, abbiamo la struttura regionale che ci dice che è a carico del bilancio regionale perché è un extra LEA?
Capite che è grande l'imbarazzo di un Consigliere regionale che deve trovarsi su questa posizione, perché o l'uno o l'altro. Ecco perché il collega Bet a un certo punto dice che bisognerebbe riscriverla. Chiunque, non un giurista, un uomo di legge, un magistrato, un giudice, capisce con il buon senso che c'è qualcosa che non funziona. Se tutto è okay, perché la Commissione Sanità proprio sui LEA non ritorna più a discutere di questo progetto di legge? Non ci torna più, eppure doveva tornarci.
Addirittura, in Prima Commissione, in Commissione Bilancio, c'era la fretta di dare un parere alla Quinta Commissione Sanità il giorno dopo proprio perché si doveva operare in questo senso. E in verità non si arriva.
Ora siamo consapevoli che non era possibile procedere per questo corto circuito. E allora arriviamo alle valutazioni di ordine costituzionale. Perché non è di competenza regionale? L'abbiamo detto fin da sei mesi fa, noi crediamo convintamente che sia una competenza dello Stato, del Parlamento. Su questo, presidente Zaia, sul fatto che una sentenza non possa normare una materia di questo tipo, ma serve una legge dello Stato, possiamo anche essere d'accordo, ma allora perché stiamo discutendo qui oggi? Stiamo discutendo perché c'è una proposta di iniziativa popolare che merita rispetto e deve approdare in un'Aula. Lo stiamo facendo. Questo non toglie che noi possiamo avvalorare un progetto di legge sbagliato, non magari nell'intento, che rispettiamo, ma quantomeno nella tecnica, "quantomeno" diciamo, perché noi siamo rispettosi anche di chi magari la pensa diversamente da noi.
È stato bravissimo il collega Bet in Commissione. Credo che anche i promotori ne abbiano apprezzato – lo spero – lo sforzo. Il collega Bet non è di Fratelli d'Italia. Lo ha anche pubblicato sulla stampa, quindi posso permettermi di dirlo. C'è una legge del Friuli Venezia Giulia impugnata dalla stessa Corte nel 2016 che recitava, e ha fatto bene a pubblicarlo, che "una normativa in tema di disposizioni di volontà relativa ai trattamenti sanitari nella fase terminale di vita, al pari di quelli che regolano la donazione degli organi e i tessuti, necessita di uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale". È chiaro, ci vuole buonsenso, e chiunque comprende – e io sto cercando di usare termini comprensibili, non tecnici, non giuridici, ma comprensibili per chi ci ascolta – che se venti Regioni più le Province autonome si mettono ognuna a determinare tempi, modalità, applicazione, organi e anche fasi... Ecco perché io al presidente Zaia dicevo prima che forse non è solo tempi e metodi, qui si tratta di tempi, metodi e anche questo recita il progetto di legge, evidentemente, se tutti facessero così, avremmo potenzialmente un catalogo di offerte... Il progetto di legge dice "no", perché alla fine viene applicata a ogni cittadino in base a dove risiede. Insomma, siamo in un'Aula dove tanti amministratori sono presenti e per cambiare la residenza di un cittadino ci si mette sì e no trenta giorni. La cosa non è così difficile.
Noi siamo qui, gentili colleghi, per passare al setaccio e portare all'attenzione di chi ci ascolta il fatto che serve sicuramente, come ha detto la collega Camani, responsabilità, serietà. Fratelli d'Italia non vuole estraniarsi, non vuole neanche nascondersi, non l'ha mai fatto, non lo farà mai, e abbiamo portato avanti la nostra posizione con coerenza, chiarezza, mettendoci la faccia, tanto quanto altri l'hanno fatto, convinti come siamo, e non per ideologia. Non c'è nessuna ideologia, c'è convinzione. Noi lo abbiamo fatto come Gruppo, lo abbiamo fatto come partito, ma lo abbiamo fatto ancor più singolarmente, convinti delle nostre osservazioni. Noi crediamo che la difesa della vita sia un cardine irrinunciabile, dall'inizio alla fine; noi crediamo che si debbano assolutamente ribadire convinzioni e obiettivi, come quello per cui la vita è sacra, che l'obiettivo e il lavoro debbano essere indirizzati (e dovrebbe essere fatto sempre, per dovere, nel lavoro e nell'impegno quotidiano) ad aiutare e sostenere la vita. Quello di fatto è il compito che ci viene assegnato.
Potenziare le cure palliative sicuramente dà l'accesso alla tutela dal dolore, all'assistenza domiciliare a quante più persone possibili, ma io aggiungo che il fatto che ci sia un potenziamento – come l'assessore Lanzarin ha ribadito, che è la verità, ma dobbiamo passare dalle parole ai fatti – è per le famiglie.
Una persona che oggi noi pensiamo sia di fatto preda del dolore, preda del sentimento di potenziale abbandono, di potenziale scarto... Guardate, si sentirebbe così ognuno di noi, nel momento in cui si dovesse trovare a guardare con i propri occhi che di fatto la struttura non già non vuole, ma non è in grado di adempiere a ciò che noi pensiamo dovrebbe adempiere, cioè dare quel contesto, quell'avvolgimento che può accompagnare quel percorso di quel malato, di quella famiglia in maniera tale da escludere la sensazione di essere uno scarto, di essere abbandonato, di essere in preda al dolore e in totale solitudine.
Noi vogliamo escludere questa situazione. Vogliamo lavorare perché questo non accada, e intanto che accada sempre meno. Noi vorremmo delle cure palliative, e così lavoreremo, per quanto ci è possibile, per garantire questo principio, cioè che i nostri malati non sono un peso. Sicuramente rispettiamo le posizioni altrui, ma noi crediamo che questo principio vada ribadito. Perché questo? Io penso, e qui concludo, che ognuno di noi, se poniamo la domanda alla popolazione veneta, come a qualsiasi cittadino nel mondo, se preferisce sentirsi un peso, sentirsi abbandonato e lasciarsi andare (perché così è), oppure qualcos'altro, probabilmente è indotto a pensare che sia meglio qualcos'altro. Ma questo vuol dire che noi siamo stati sconfitti, abbiamo accettato una sconfitta, con la vita che si arrende all'impotenza di garantire un percorso sicuro, avvolgente, soprattutto in una società con la "S" maiuscola, una società che non lascia dietro nessuno e che, di fronte alle audizioni che abbiamo sentito in quest'Aula, dove gli esperti ci hanno detto che esistono oggi cure palliative per coprire quasi nella totalità, se non nella totalità dei casi, il dolore... Io ho appreso quello che è stato detto. Non sono un esperto, ma questo è stato asserito dagli esperti.
Dire ai veneti che non c'è un'alternativa rispetto a quello che qualcuno vorrebbe portare come ultima ratio, per cui è giusto... Io non la critico, noi non la critichiamo, noi non giudichiamo, ma siamo convinti che il nostro lavoro, il lavoro di una Regione come il Veneto, grande come il Veneto, possa sicuramente cambiare questa situazione e la possa portare con grande coraggio, concludendo che la priorità non può essere come e quando morire. Non può essere questo il principio. Deve essere, a nostro avviso, con convinzione, come vivere con dignità.
Noi possiamo accompagnare i nostri familiari, i nostri malati, le nostre famiglie con le risorse, con l'impegno, con le strutture, con il lavoro, a fare un percorso della fine della vita di una persona sicuramente con dignità. Senza dolore e con dignità. Che nessuno possa pensare che qualcuno possa decidere come e quando morire.
Per questo ci impegneremo e concludo – il capogruppo Polato, a questo punto, può essere soddisfatto perché sono stato nei tempi – dicendo che noi lavoreremo, per quanto ci è possibile, in tutte le sedi, per quanto sarà nel nostro impegno, senza risparmiarci nulla, per cercare di raggiungere questo risultato, nell'interesse di questa comunità e del futuro dei nostri figli.

PRESIDENTE

Grazie.
Chiede la parola il collega Joe Formaggio. Prego.

Joe FORMAGGIO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente.
Ringrazio il collega Enoch Soranzo, il capogruppo Polato e tutti gli altri colleghi. Ringrazio anche l'assessore Donazzan. Spero, dopo, abbia la facoltà di intervenire, perché abbiamo condiviso, noi sei, un grande lavoro e un grande pensatoio attorno alla proposta di legge di oggi.
Ho sentito "sì, lo facciamo", però alla fine uno può scegliere se non usufruire del suicidio assistito e andare avanti con le cure, quindi è una roba per cui uno è libero di scegliere. Però, signori, se partiamo dal presupposto che una legge, che siamo chiamati a votare oggi, produce un pensiero e soprattutto una legge diffonde un costume – qualsiasi legge produce un pensiero e diffonde un costume – io oggi ho tre domande. Tre domande per le quali ho una risposta perché, personalmente, ritengo che ci siano dei valori non negoziabili. Quindi, partendo da questa mia cultura, dove ci sono la morte, il suicidio assistito, l'eutanasia non è un valore negoziabile, ho dei quesiti.
Questa legge apre una porta – non dico che la spalanchi, però la apre – alla morte, al suicidio assistito nella nostra Regione. Siamo sicuri, qualcuno ha la certezza di dirmi che nella prossima legislatura, domani, fra venti giorni, non avremo altre 9.000 firme che cercano di aprire questa porta ancora di più? Qualcuno, magari dopo, negli interventi, può darmi la certezza che questa porta, che adesso noi andiamo ad aprire leggermente, non venga aperta di più, come è successo in tanti Paesi? Il collega Valdegamberi l'ha ricordato prima: Canada, Paesi Bassi, Olanda. I casi sono aumentati esponenzialmente.
Allora, la prima domanda riguarda l'apertura di questa porta. Chiedo se qualcuno possa darmi la matematica certezza che questa porta non si aprirà ancora di più.
Seconda domanda. Parlo di autonomia, signori. In quest'Aula abbiamo tante volte parlato di autonomia del Veneto. Davvero vogliamo essere la prima Regione che apre questa porta? Veramente vogliamo essere la prima Regione autonoma del suicidio assistito? Io sto ponendo delle domande, dopo interrompetemi o datemi le risposte che volete. Domani mattina Joe Formaggio, abitante delle Marche, vuole il suicidio assistito, si trasferisce ad Albettone e parte con la procedura per avere il suicidio assistito. Veramente vogliamo questo turismo migratorio per dare il suicidio assistito e vogliamo l'autonomia del suicidio in Veneto? Questa è la seconda domanda.
Terza domanda. Ho avuto un'educazione cattolico-cristiana. Vedo che c'è il Crocifisso, in quest'Aula. Ogni volta continuiamo a sentir dire che dobbiamo legiferare in maniera laica... Collega, il Crocifisso c'è, è là. So che voi di sinistra non lo vedete, infatti l'hanno messo là perché lo vediamo noi.

PRESIDENTE

Colleghi, evitate il dialogo fra noi. Parlate della legge, forse è meglio.

Joe FORMAGGIO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente.
Io da questa posizione vedo il Crocifisso. Sono stato cresciuto, come penso la maggior parte di voi, nel Veneto cattolico e cristiano. Veramente vogliamo dare a questo tema importantissimo una laicità e lasciare completamente fuori l'insegnamento cattolico-cristiano che ci ha tirato su fino ad oggi? Veramente vogliamo fregarcene di quello che pensa la Chiesa, di quello che pensa il mondo cattolico? Sì, 9.000 firme sono tante, però oggi c'erano tante persone che, fino a che siamo qua a discutere di questa legge, cantavano e pregavano. Ci sono tantissime associazioni che hanno cercato di dire che questa legge è sbagliata.
Voglio trasmettere anche un'altra cosa, e parlo sempre dell'apertura della porta. Lo dico in maniera personale, così almeno nessuno può attaccare Joe Formaggio. Benissimo, domani mattina con questa legge (cerco di spiegarlo con parole mie) la mamma di Joe Formaggio, malata terminale, usufruendo di questa legge, si suicida in maniera assistita con lo Stato, con la Regione, con le ASL, con tutto. Poi passiamo a Joe Formaggio. Joe Formaggio è un drogato, ha bisogno di assistenza, soffre di crisi d'ansia, è una persona fragilissima. Magari ha già tentato il suicidio a 14 anni ed è stato salvato per il rotto della cuffia. Benissimo, non è che per caso – ed un'altra domanda che vi pongo – andando ad aprire quella porta, questa persona fragile che è Joe Formaggio, pieno di problemi, non compreso da nessuno, nella sua testa (visto che sono stato invitato dai colleghi di sinistra a ragionare con la testa dei fragili), fragile, depresso, possa pensare: visto che mia mamma si è suicidata con l'aiuto dello Stato perché era al fine vita, aveva tutti i problemi del mondo, perché non posso pensare anch'io, che soffro di ansia e sto male, di avere anch'io il diritto al suicidio? Vado in un ospedale e mi dicono: tu soffri d'ansia, non hai il diritto che ha avuto tua madre a suicidarsi. E mi butto giù da un ponte. Non pensiamo a questa porta che stiamo aprendo?
Con tutti questi problemi, con tutte queste aperture che facciamo oggi, pensiamo a dei valori non negoziabili, perché la vita non è negoziabile.
Concludo, Presidente. Oggi ho sentito il presidente Zaia, ho sentito l'assessore Lanzarin, però non ho sentito l'espressione della Giunta. Questa cosa come è stata trattata in Giunta? Io la ritengo importantissima. L'assessore Donazzan perché non può parlare oggi? L'assessore Donazzan ha un foglio in mano che è frutto del lavoro di noi cinque e della sua competenza in materia. Io voglio sapere, visto che oggi abbiamo perso tanto tempo in quest'Aula per tante cose che non sto qui ad elencare, perché l'assessore Donazzan oggi non può interpretare il pensiero suo, del Gruppo e di Fratelli d'Italia.
Uso l'ultimo minuto. Sono orgoglioso di avere una premier che ha fatto di tutto per portare un bambino inglese, che nessuno di noi conosceva, in Italia per curarlo, ma poi lo Stato in UK ha deciso di staccare la spina. Teniamoci dunque i nostri valori non negoziabili. Preferisco essere nato e cresciuto e vivere in un'Italia dove non si apre quella porta.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Sulla possibilità dell'intervento dell'Assessore ho già chiarito con lei e anche con il Capogruppo la cosa. Se serve, riunisco la Giunta per il Regolamento, però, purtroppo, penso non si possa.
Ha chiesto la parola il collega Razzolini. Prego.

Tommaso RAZZOLINI (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente.
Intervengo per ribadire il mio voto contrario a questo PDL riguardante il suicidio medicalmente assistito.
Lo Stato non deve aiutare a morire, ma a vivere nelle migliori condizioni. È giusto che lo Stato accompagni alla morte, ma non che sia esso stesso a dare la morte a chi ne fa richiesta. Il rischio è proprio quello di imboccare una strada che fa passare le persone deboli come un peso per la società, e questo, dal mio punto di vista, non è corretto.
Facciamo l'esempio di un bambino piccolo che, quando cade, magari si sbuccia il ginocchio. Se le persone vicine fanno capire a questo bambino che c'è una situazione di disagio, di pericolo, di paura, è molto facile che questo bambino pianga. Mentre se si fa capire che è caduto, ma tutto sommato non è successo nulla di grave e si può rialzare, è facile che il bambino si rialzi tranquillamente, perché dipende molto, poi, anche dal contesto in cui si vive e dal contesto in cui si ha una determinata propensione.
Penso ad una società che deve aiutare, sostenere e far sentire queste persone, per quanto difficile, me ne rendo conto, all'interno della nostra società. Poi, questa è la visione di società della nostra Regione. Il Veneto è una terra che abbraccia alcuni valori, in particolare quello della solidarietà, dello spirito di volontariato, della comunità, che sente un forte legame con la terra e le proprie tradizioni, anche cristiane.
Poi ci sono altre visioni di società. Penso a quella svedese. In Svezia tutto andava bene: standard di vita alti, progresso, pensiero moderno. Poi venne il momento di fare un altro passo avanti per liberarsi da strutture familiari antiquate che condizionavano il modo di stare insieme, rendendosi dipendenti l'uno dall'altro.
Nel 1992 in un manifesto del partito socialdemocratico veniva prefigurata la famiglia del futuro in un sistema socio-assistenziale perfettamente organizzato, il cui fine è dare a ciascuno una vita completamente autonoma. Negli anni a venire fu dunque perseguito tale obiettivo per rendere indipendente ogni individuo. La teoria svedese dell'amore dice che ogni rapporto umano autentico, libero da condizionamenti materiali e psicologici, deve basarsi sulla sostanziale indipendenza delle persone.
In Svezia oggi molte persone, la metà della popolazione, vivono da sole e un quarto muoiono da sole. Molti anziani muoiono dimenticati da tutti, in anonime residenze, in cui ognuno è chiuso nel suo piccolo alloggio.
Per le persone che muoiono senza che nessuno se ne accorga e di cui nessuno si preoccupa esiste un'apposita agenzia governativa che investiga sulle circostanze e cerca i parenti prossimi, ma a volte risulta difficile contattarli o impossibile rintracciarli. Questo esempio l'ho fatto per mettere a confronto due tipologie di società.
Onestamente, credo che questo progetto di legge sia ideologicamente indirizzato verso una società progressista, come ne possiamo vedere più di qualcuna anche nella nostra Europa: la Svezia ne è un esempio.
Ma la mia visione futura della nostra Regione non è certo di spinta progressista. Credo che ancora oggi, come accennato prima, il Veneto sia una Regione con un forte senso di comunità, di solidarietà e con una storia e cultura anche a tradizione cattolica cristiana.
Concludo riaffermando la mia contrarietà a questo progetto di legge, augurandomi che non sia questo Consiglio regionale a dare il via libera, come prima Regione in Italia, ad un'iniziativa legislativa di questo tipo.
Per questo faccio un appello all'Assessore, al Presidente, a tutta la Giunta e a tutti i miei colleghi: è già stato fatto un buon lavoro sulle cure palliative, ma bisogna incentivare di più queste cure per non lasciare indietro nessuno.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Collega Pavanetto, prego.

Lucas PAVANETTO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente. Grazie, colleghi.
Naturalmente ringrazio anche i promotori della proposta di legge n. 217 sulle procedure e i tempi per l'assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito, perché di questo stiamo parlando.
Come ha accennato anche l'assessore Lanzarin prima, ma anche il presidente Zaia nel suo intervento, questa procedura esiste già, quindi, non stiamo parlando di qualcosa di nuovo. Qui si cerca solo di accorciare o omologare i tempi.
È anche vero che nel corso di questi anni le cure sono cambiate, molto si è evoluto. Credo che tutti noi abbiamo costantemente esempi in casa di persone che solo magari vent'anni fa, di fronte alla stessa malattia, non avevano uno sbocco di speranza. Oggi invece magari alcune malattie possono essere combattute, possono essere anche risolte, con altre magari si convive per diversi anni, quindi credo che anche questo possa essere un obiettivo ulteriore, uno spunto ulteriore alla discussione. Sicuramente questa proposta di legge ha dato l'opportunità a tutti noi di andare oltre quello che tecnicamente andiamo ad approvare all'interno di quest'Aula: possono essere essi provvedimenti urbanistici, piuttosto che economici o macroeconomici, visto che veniamo fuori dal bilancio del Consiglio regionale del Veneto di qualche settimana fa. Però è anche vero che è proprio l'Aula che poi deve decidere su questo tema. Ed è l'Aula, non questa, ma forse quella del Parlamento italiano che deve chiedere un'omologazione di questa eventuale tempistica all'interno delle varie Regioni, perché se c'è una cosa che si può dire, effettivamente, è la diversità di come questa procedura viene attuata differentemente tra ASL e ASL. Questo sicuramente è un punto di riferimento. È anche vero però che, come diceva e dai dati anche dell'Assessore, forse questa esigenza o questa velocità nel prendere questa decisione, questa discussione, magari non era forse così necessaria, nel senso che i dati che l'Assessore prima ha snocciolato non sono di forte impatto rispetto a quella che è una necessità di una legge così importante e che poi va a stravolgere anche il sistema nostro.
Poi, appunto, l'utilizzo della legge, perché una volta fatta questa può essere utilizzata e quindi il rischio può essere anche quello di avviare un percorso, in maniera più veloce, perché poi bisogna rispettarla la legge e bisogna dare l'opportunità alle persone che fanno richiesta di poter eseguire o che gli potesse essere eseguito questo trattamento, ma poi sappiamo che, a differenza di altri tipi, in questo caso non si torna più indietro. Questa cosa penso sia fondamentale.
Quando si tratta di amputare una gamba – adesso non voglio banalizzare, ci mancherebbe altro – o un braccio uno magari può convivere nella scelta sbagliata. Ma qui una volta fatta la scelta non si torna più indietro. La vita è una. E non voglio entrare nel merito di quella che è la vita intesa come dono, visto che qualcuno ha già fatto riferimenti alla fede, ma anche come dono indisponibile, perché la vita ci è data e non siamo noi disponibili ad utilizzarla come vogliamo; spesso e volentieri se abbiamo questo come vita, come principio fondamentale forse è anche questo un valore di cui noi dobbiamo tener conto.
Chiudo, però, invocando i colleghi, invocando l'Aula con un termine che forse quest'oggi magari non è stato utilizzato, ovvero il termine "prudenza", che è un termine importante non solo nella materia teologica ma anche in quello che poi devono elaborare le varie Aule, siano esse quelle del Consiglio regionale, quanto quelle del Parlamento. Purtroppo noi ci siamo abituati in questi anni alla prudenza in termini di attenzione alla guida, oppure anche alla prudenza nel senso di rallentare le cose. Non c'è la volontà di rallentarle, ma è intesa come la più grande delle virtù, la più bella a disposizione dell'uomo e guida tutte le altre, perché consente di riconoscere l'obiettivo fondamentale della vita nella situazione concreta.
Chiediamo prudenza e prudenzialità. In virtù di questo, il mio voto, come anche nelle DAT, visto che qualcuno prima le ha tirate fuori, in Consiglio comunale ho votato a suo tempo contro (ognuno, poi, ha la propria libertà di coscienza nel farlo), come nelle DAT, dicevo, anche in questo caso il mio voto sarà contrario, in linea, naturalmente, con i colleghi che mi hanno anticipato prima e con il Capogruppo, che poi chiuderà l'intervento. Però quello che dico è: perché possa esserci una buona legge, ci vuole molta prudenza. E io questo chiedo all'Aula.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Ha chiesto la parola il collega Bet. Prego.

Roberto BET (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, la proposta di legge di iniziativa popolare presentata dall'Associazione "Coscioni" ha avuto il merito di portare all'attenzione di questo Consiglio regionale la necessità di disciplinare il fine vita, con riferimento al particolare caso del malato che richiede di essere aiutato a concludere la vita prima del tempo naturale. Un tema che tocca corde dell'etica, del concetto e del ruolo dello Stato nel rapporto con i cittadini, aspetti religiosi, filosofici e, infine, questioni di puro diritto, che ci mettono a dura prova.
In Veneto, la Lega e il presidente Zaia, con grande intelligenza politica e, soprattutto, grande rispetto verso tutte le sensibilità, ha dato piena libertà di voto e non c'è stata alcuna minima pressione verso una posizione piuttosto che un'altra. Per questo voglio ringraziare pubblicamente il Governatore e il Gruppo della Lega, per aver lasciato ai Consiglieri del Gruppo la totale libertà.
Premetto, quindi, che su questo PDL ho profondo rispetto delle opinioni diverse dalla mia. Ringrazio anche i proponenti per la disponibilità e la pazienza che hanno avuto nel rispondere alle mie sollecitazioni. Non era così scontato.
Aggiungo un'altra premessa. Io non ho verità in mano, non ho certezze. Anzi, vi confesso che ho provato e sto provando, nell'affrontare questo tema, una sofferenza di scienza e di coscienza nel decidere come votare di fronte a questa proposta di legge. Inizio il ragionamento con una pregiudiziale di rito. Questa è una proposta di legge – per il Consiglio regionale credo sia la prima volta dopo la modifica delle norme sullo Statuto – di iniziativa popolare, che ha una corsia preferenziale che prevede che entro sei mesi dalla presentazione deve essere iscritta all'ordine del giorno e discussa in Consiglio, salvo che non sia stata presa alcuna decisione. Così recita l'articolo 20, comma 5, del nostro Statuto.
L'iter legislativo è stato radicato con la convocazione della Quinta Commissione in sede referente ed è stato chiesto il parere di compatibilità finanziaria alla Prima Commissione: però non si sono concluse con una votazione e, a mio avviso, forse, neanche con l'approfondimento di tutti gli aspetti.
Teniamo poi conto che la disciplina particolare delle proposte di legge d'iniziativa popolare prevede che le Commissioni non hanno competenza nell'approvare emendamenti, che sono riservati, in via esclusiva, a questa Assemblea.
Evidenzio che sul tema della copertura finanziaria la scheda economico-finanziaria che ci è stata allegata ha stimato una spesa, nel triennio, di circa 250.000 euro, che però non è prevista nella proposta di legge. Sappiamo che da Regolamento il parere sulla copertura finanziaria è causa di improcedibilità della legge, e la Prima Commissione non si è espressa.
In limine, all'inizio dell'approfondimento, sulla soglia del dibattito, permettetemi di esprimere un dubbio. Magari mi sbaglio, spero di sbagliarmi. Il dubbio è che l'iter che stiamo seguendo potrebbe avere dei vizi. Non vorrei che tra i motivi di un'eventuale impugnazione in Corte costituzionale ci fosse anche il caso (scolastico) di vizi nella procedura di approvazione della legge, mancando il completamento dell'iter in Commissione, mancando la conclusione dei lavori in assenza di una votazione e il parere della copertura finanziaria che, ricordo, è causa di improcedibilità.
Essendo la prima volta che dobbiamo affrontare un PDL di iniziativa popolare, ci dobbiamo permettere anche il beneficio del dubbio, e qui mi fermo.
Poi, c'è una questione di competenza. Vi è, a mio avviso, una questione pregiudiziale sulla competenza della legge in capo alla Regione, e qui le opinioni sono diverse. Si tratta di materia attinente alla tutela della salute e quindi ex articolo 117, comma 3, della Costituzione in materia di competenza concorrente e, in quanto tale, la Regione può intervenire, per il principio di cedevolezza invertita, anche in assenza di una norma quadro nazionale, ma attingendo dai principi già presenti nelle leggi attualmente in vigore? Oppure si tratta di materia esclusiva dello Stato attinente all'ordinamento civile o alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale?
La scheda del nostro Legislativo dichiara la competenza della Regione, rientrando la materia nella tutela della salute. Si sposa la tesi dei proponenti, ritenendo che non si figurano nuovi diritti, tantomeno qualificabili come diritti fondamentali. Si tratta, quindi, di una procedura medicalizzata e, pur non essendoci una norma statale, una legge quadro, per il principio della cedevolezza invertita su materie di competenza concorrente, qualora il legislatore nazionale non si sia espresso, è ammesso l'intervento del legislatore regionale.
Poi ci si appella per individuare l'obbligo della prestazione in comunicazioni del ministro Speranza o del Capo di Gabinetto, allora il Ministro della Salute, che scrive a tutte le Regioni di provvedere a fornire la prestazione gratuitamente. Qui non mi soffermo sull'efficacia di queste comunicazioni nella gerarchia delle fonti del diritto. Si richiamano i pareri poi dei Comitati bioetici regionali, anch'essi rispettabilissimi, ma credo, consentitemi, davvero poveri di efficacia giuridica. Infine si cerca di interpretare la sentenza e si dice: se c'è scritto che in capo al servizio sanitario nazionale c'è la verifica delle condizioni e dell'esecuzione della prestazione allora c'è anche l'obbligo di esecuzione della prestazione. A mio avviso, se la Corte avesse voluto scriverlo espressamente, lo avrebbe fatto. Avrebbe scritto: come per le cure palliative, la sedazione profonda continua, così per l'assistenza medica al suicidio il sistema sanitario è tenuto a fornire a questa prestazione. Ma questo, in verità, nella sentenza della Corte non è scritto.
La scheda dell'Ufficio Legislativo continua con una serie di questioni applicative e qui mette in evidenza che ci sono alcuni problemi sulla disciplina della procedura medicalizzata, sulla tempistica sotto il profilo della ragionevolezza e della tutela dei diritti complessivamente disciplinati. La stessa analisi del Legislativo quindi solleva delle questioni applicative poi nel merito della proposta di legge.
Altra tesi sostiene invece che la questione di costituzionalità è palese, è evidente. Siamo nella materia che rientra nel complesso dei diritti attinenti alla vita, ai diritti inviolabili dell'uomo di cui all'articolo 2 della Costituzione, che sono stati espressamente citati nella famosa sentenza. Diritti che attengono all'integrità fisica riconducibili alla materia dell'ordinamento civile, ex articolo 117, secondo comma, lettera l), oppure alla lettera m), ossia alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti allo stesso modo su tutto il territorio nazionale.
Su queste posizioni contrapposte credo che sia tranciante la sentenza n. 262/2016 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittima una legge regionale friulana che aveva tentato di introdurre delle norme sul fine vita, in particolare sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, quando la legge n. 219/2017 non era ancora stata approvata e direi che l'inciso della sentenza, che vi riporto letteralmente, non lasci spazio a dubbi interpretativi: "Una normativa in tema di disposizioni di volontà, relativa a trattamenti sanitari nella fase terminale della vita, al pari di quella che regola la donazione di organi e tessuti, necessita di uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale per ragioni imperative di uguaglianza, ratio ultima della riserva allo Stato, della competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile disposta dalla Costituzione".
Ritorniamo sulla portata della sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale. Ci dobbiamo chiedere se la sentenza abbia, effettivamente, introdotto un obbligo in capo al servizio sanitario di fornire l'aiuto al suicidio.
Ricordiamo che la nota sentenza da cui prende avvio la proposta di legge ha solo introdotto una scriminante procedurale che esclude l'antigiuridicità dell'aiuto al suicidio, previsto quale reato dall'articolo 580 del Codice Penale, salvando quindi il medico dalla responsabilità penale, a condizione che il malato, affetto da una grave patologia irreversibile, tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, abbia manifestato la volontà di morire in modo libero e consapevole.
Ebbene, non c'è un passaggio in tutta la sentenza che prevede espressamente, in capo al servizio sanitario, un obbligo di prestazione di assistenza al suicidio, mentre vi è un'espressa attribuzione in capo al servizio sanitario della verifica dei presupposti, con l'esclusione della responsabilità del medico, tanto che tutta la giurisprudenza civile, formatasi sugli obblighi in capo al servizio sanitario, e parliamo di pochissime sentenze che si contano sulle dita di una mano, si è unanimemente indirizzata verso condanne alla mera verifica dei presupposti. Non c'è una sentenza che ha condannato la prestazione.
Solo il tribunale di Trieste nel luglio dell'anno scorso, nel testo della sentenza, nel ragionamento in diritto, ma non riportato nel dispositivo della sentenza di condanna, ha ritenuto esserci un diritto alla prestazione in relazione al rapporto giuridico di spedalità tra il paziente e l'azienda sanitaria. Invece, ha ben scritto, a mio avviso, il giudice di Ancona sulla stessa materia: "La sentenza della Corte riconosce la legittimità del comportamento del medico che aiuta al suicidio a determinate condizioni, non introduce un obbligo di prestazione". Del resto, non tutto ciò che è lecito o tollerato è altresì dovuto.
Con la presente legge noi, invece, introdurremo per la prima volta nell'ordinamento giuridico italiano un obbligo di prestazione. Mi domando e vi domando: siamo sicuri che possiamo farlo?
Personalmente e con grande prudenza mi sarei fermato a una disciplina di legge regionale legata alla verifica dei presupposti. Se andiamo oltre, rispondendo magari anche a una legittima e giusta richiesta, andiamo a legiferare su un terreno che non è di nostra competenza.
Usare la legge n. 219/2017 per introdurre, sulla base di un ragionamento analogico, un livello essenziale di assistenza a me pare una forzatura.
Del resto, offrire l'assistenza al fine vita con la terapia del dolore non mi sembra proprio così pacifico parificarlo all'aiuto, alla somministrazione di un farmaco letale. Gli effetti delle due pratiche sanitarie sono ben distinti: nell'una si accompagna alla morte naturale; nella seconda ipotesi si determina il decesso della persona, che dovrà essere, poi, accertato nelle cause e nella modalità dalla Procura della Repubblica. E qui si apre un fronte di ragionamento di filosofia del diritto: è giusto che lo Stato intervenga a favorire la morte di un malato? Ma mi fermo perché entriamo in un merito che, secondo me, non ci spetta.
La questione dirimente è il rischio di impugnazione della legge in Corte costituzionale. Pensiamo agli effetti. Finché la Corte non si sarà espressa ci sarà una situazione di incertezza normativa su un aspetto che attiene alla vita dei nostri concittadini. Vi chiedo e mi chiedo: ce lo possiamo permettere? Credo che possiamo assumerci questo rischio solo in una situazione di certezza giuridica, che oggi non abbiamo.
Sul contenuto della proposta di legge, brevemente, tocco alcuni aspetti. Ci sono dei vizi, lacune e problemi di ragionevolezza che lo stesso Ufficio Legislativo ci ha sollevato.
Problemi di applicabilità. Il tema delle aziende ospedaliere di Padova e Verona e dello IOV, che non sono coinvolte con i loro Comitati etici. Non c'è una Commissione disciplinare relativa a queste strutture, dove, magari, il malato potrebbe essere preso in cura, non sono previste. Uno deve andare nell'azienda sanitaria di competenza territoriale.
La composizione della Commissione medica disciplinare. Non si dice da chi debba essere composta in maniera chiara, non si dice quanto dura la sua efficacia. Qui ci giochiamo la partita, perché è quella che, poi, fa la relazione, l'approfondimento, la diagnosi della condizione del malato. Vogliamo lasciare che le ULSS, in maniera differenziata all'interno del nostro territorio regionale, eleggano dei componenti della Commissione medica disciplinare in maniera differente da ASL ad ASL?
La composizione dei Comitati etici per la pratica clinica. Ricordo che in Veneto sono stati disciplinati da una DGR del 2014, che, ovviamente, all'epoca non prevedeva questo tipo di pareri, e oggi sono chiamati a esprimere questi pareri. Non hanno al loro interno previsto per legge, obbligatoriamente, delle figure che il Consiglio nazionale per la bioetica, con un parere di gennaio dell'anno scorso, ha, invece, indicato come essenziali: lo psichiatra, il medico palliativista e altre figure professionali che sono indicate.
La mancanza, nella verifica dei presupposti, della verifica dell'applicazione, prima, delle cure palliative, che siano effettivamente offerte. Questo ce lo dice la stessa Corte Costituzionale nella famosa sentenza: "pregiudizialmente e prioritariamente bisogna offrire al malato tutte le opportunità previste dalla legge sul testamento biologico e dalla legge sulle cure palliative". Allora bisogna verificare che queste siano state effettivamente offerte, non semplicemente dire al medico o al sistema sanitario: dammi un parere per il suicidio medicalmente assistito. E questo non c'è nella legge.
Non parliamo poi dei termini. Venti giorni per convocare una Commissione multidisciplinare e un Comitato etico a me paiono quantomeno irragionevoli, irrealistici, considerata, anche in questo frangente, la carenza di medici e la necessità, comunque, di creare un'équipe medica di un certo tipo. L'adeguata informazione ai familiari è prevista nella legge n. 219/2017, ma non è chiaramente prevista in questa proposta di legge.
Durata ed efficacia del parere. Il parere, una volta emesso, per quanti mesi ha efficacia? Quanto può rimanere valido quel parere? Non è, invece, necessario, a un certo punto, dire: ritorniamo a convocare la Commissione multidisciplinare e richiediamo al Comitato etico per la pratica clinica di esprimersi?
Arriviamo all'ultima norma, che è la copertura finanziaria. LEA ed extra LEA, lo abbiamo già detto prima, c'è un problema. C'è un cortocircuito sulla spesa, sulla copertura finanziaria di questa norma.
Credo che chi ha proposto questa legge debba, nei confronti dei cittadini veneti, soprattutto di quelli che hanno anche sottoscritto questa proposta di legge, dire che ci sono dei rischi, che questo progetto di legge ha dei rischi di costituzionalità, ha delle lacune.
Hanno raccolto delle firme sulla base di una proposta di legge che, secondo me, ha evidenti problemi. Forse, prima di far sottoscrivere la legge, dovevano essere avvisati di questi problemi, perché, altrimenti, abbiamo creato un'aspettativa da parte dei veneti che in Consiglio regionale si possa approvare una legge, che poi effettivamente qualcuno ci dirà: non era vostra competenza approvarla.
Per i motivi sopraesposti, io, come già annunciato, scritto e detto, voterò contro, ripeto, nel rispetto di tutte le opinioni che emergeranno in questo Consiglio e chiedo a tutti voi altrettanto rispetto per le mie povere, sbagliate e umili opinioni sulle quali, ripeto, non ho la certezza e non ho nessuna verità in mano.
Concludo con un'ultima riflessione. La pietà umana e soprattutto cristiana di fronte alla sofferenza non può lasciarci indifferenti. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale, che riconosce un comportamento lecito, quello del medico che aiuta, a determinate condizioni, a concludere la vita ad un sofferente, credo che sia urgente una norma nazionale di garanzia e di tutela di queste persone che chiedono aiuto. Approvare norme incerte e impugnabili e la confusione normativa sono la peggiore risposta che possiamo dare a questi cittadini e soprattutto al nostro sistema sanitario veneto. Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Prego, consigliere Montanariello.

Jonatan MONTANARIELLO (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Cari colleghi, seguendo anche un po' il dibattito come si è sviluppato finora, quello di cui abbiamo parlato, quello di cui si è discusso, risulta evidente che oggi, pur nel rispetto delle proprie idee, non stiamo facendo un seminario su chi può spiegare o insegnare i valori cattolici a qualcun altro, e lo dico da cattolico. Non siamo qui a pensare che qualcuno di noi metta in discussione il fatto che ci possa essere nella ricerca, nella medicina, un passo in avanti talmente forte e importante da pensare che tutti quanti saremmo gioiosi di fronte all'idea che la ricerca possa eliminare dolore e sofferenza e anche procurare cessazioni di vita anticipate per cause di malattie oggi non curabili.
è evidente, per rispondere in maniera tranquilla ma doverosa a una serie di interventi che sono stati fatti, che, pur rimanendo nel perimetro delle proprie idee, non siamo qui per darci lezioni reciproche su chi è più cattolico, su chi è più credente, almeno io queste non le accetto, ma credo nessuno di noi dovrebbe né farle né accettarle e pensare che ci sia un limite a quelle che sono le nostre speranze della ricerca e di come si possa avere domani un approccio che porti anche a curare quello che oggi purtroppo non è curabile.
Io credo, e non solo io, che oggi sia un giorno storico al netto di come ognuno di noi la pensa, perché stiamo facendo una discussione politica vera e il Consiglio regionale è tornato a riappropriarsi di temi di discussione politica che, in barba a chi dice che non dovrebbero essere materia del Consiglio, io sostengo che, invece, debbano essere materia del Consiglio, perché la discussione politica, quando si è legislatori e non amministratori, deve passare anche da queste discussioni, con l'ambizione di tentare di rappresentare tutti, non solo chi ci è più vicino nel pensiero, perché la vera sfida di un legislatore che fa leggi, che è diversa da quella di un amministratore, mi insegnate tutti voi in questi anni, deve essere quella di tentare di rappresentare tutti e non solo chi ci è idealmente, culturalmente o territorialmente più vicino.
Io credo che quella di oggi sia una discussione importante, che arriva nei Consigli regionali del Veneto per la prima volta e credo che debba essere riconosciuto questo non ad una lungimiranza politica, facendo una critica anche a me stesso e mettendomi tra i primi ad autocriticarmi perché non arriva in quest'Aula grazie a una lungimiranza politica, ma arriva grazie ad una richiesta di volontà popolare, di civiltà, di porre fine a un vuoto normativo che oggi c'è, che dopo sia la cellula "Coscioni", che ringraziamo, che sia il Comitato, che siano i Consiglieri che stanno discutendo, che sia il Legislativo, che siano quei 9.000 cittadini che hanno firmato... La società civile, come sempre in Italia, ha dato torto alla politica, che si è opposta ai diritti civili e l'abbiamo visto col divorzio, dove la società civile è arrivata prima della politica. E anche oggi la società civile sta arrivando prima della politica perché noi siamo più avvitati nelle nostre congetture mentali o ideologiche che nel pensare davvero cosa hanno bisogno quei 5 milioni di veneti che sono fuori da qui.
Diceva prima il collega che una legge produce un pensiero. Sì, una legge produce anche civiltà, se è fatta bene.
Diceva qualche collega prima che apriamo la porta alla morte. No, purtroppo la morte c'è e fa parte della vita ed è quell'elemento forse che più dà senso alla vita.
Diceva qualcuno prima: chi ci dice che quella porta domani non sarà aperta di più di quanto viene aperta oggi? Quella porta non l'abbiamo aperta noi, l'ha aperta una sentenza. E se domani qualcuno vorrà aprire di più quella porta forse siete proprio voi garanti che questa porta non sarà aperta di più, perché potrà farlo il Parlamento, dove certamente non ci siamo noi in maggioranza. Anche su questo, perché fortunatamente c'è ancora chi ci segue da casa, va fatta un po' di chiarezza. Se oggi questo Consiglio regionale non si fosse riunito la pratica del suicidio medicalmente assistito in Veneto com'è esistita fin ieri continuerebbe ad esistere anche oggi e domani. Non siamo noi che decidiamo questa pratica. Mentre noi discutiamo, questa pratica è stata già esercitata in Veneto in virtù di una sentenza della Corte Costituzionale. Se noi oggi non ci fossimo riuniti, se avessimo avuto una legislatura regionale che ci diceva che ci volevano 600 giorni e non 60, probabilmente oggi, anche senza la nostra discussione, qualcuno starebbe, colleghi, tentando di fare la richiesta alle ASL per questa pratica.
Non siamo noi, oggi, che decidiamo che in Veneto approda questo. È stato deciso in un vuoto normativo parlamentare. Tutti noi, partendo da me, ci dobbiamo fare carico di questa mancanza che c'è stata. Questa pratica già esiste. Noi oggi decidiamo un'altra cosa. Decidiamo le tempistiche e i ruoli di chi dovrà esercitarla. Risulta evidente che, di fronte a una Regione che già la applica, non ci può essere il privilegio di essere nati sotto una ULSS più veloce piuttosto che un'altra. Il dolore non aspetta le tempistiche. Risulta evidente che noi non decidiamo quello che deve accadere. È stato già deciso, e non riguarda noi. Possiamo decidere, giusto o sbagliato, bello o brutto, che avvenga per tutti i 5 milioni di cittadini in maniera uguale. È un principio di civiltà? Sì. È un principio di volere o non volere questo? No. C'è già. Come c'è già, purtroppo, la morte. Dobbiamo solo essere dei buoni legislatori e dire che 5 milioni di cittadini, di fronte a una scelta che mai nessuno nella vita penserebbe di fare, non devono vedere una differenza se sono nati a Chioggia o a Selvazzano Dentro.
Risulta evidente che non è giusto, e lo dico calmando gli animi e invitando anche a limitare i toni, che non possiamo essere tacciati, come siamo stati tacciati finora, anche in quell'effetto boomerang di mail che molto spesso ci è arrivato, come assassini o predicatori di morte. Se è giusto che in democrazia bisogna rispettare tutte le idee, tutte le idee devono essere rispettate. Su questo aveva ragione Andreotti quando diceva che tutti siamo contro la dittatura, ma la dittatura più difficile da sconfiggere è quella delle proprie idee, quando crediamo che valgano più di quelle degli altri. Se c'è una democrazia, ci deve essere nel rispetto della diversità delle idee. Qui non è assassino chi voterà "sì" e non è un predicatore di sofferenza chi voterà "no". Sono due idee legittime a confronto.
I diritti della dignità della vita devono essere gli stessi diritti, cari colleghi, della dignità della morte, che esiste, c'è. Non piace a nessuno, ma c'è. Ed è, forse, quell'elemento più fantastico, straordinario e qualificante che dà senso all'esistenza della vita. È giusto che ci sia una morte dignitosa, è giusto, quando la sofferenza prende il posto della speranza, che ci sia una visione di società, di diritti e di diritto.
Questa deve essere la dignità e la prerogativa che noi oggi dobbiamo cercare di mettere in campo, perché a oggi non è che se una persona si vuole suicidare ha bisogno della nostra legge. Ci sono decine, purtroppo, di suicidi che oggi avvengono. Non hanno bisogno di una nostra legge, però io credo che se una persona, in una situazione dove la sofferenza ha preso il posto della speranza e la speranza non c'è più, perché non c'è la possibilità di tornare indietro, morire non deve essere una prerogativa per i ricchi che possono andare in Svizzera, se morire vuol dire morire quando tu non hai altre alternative, quando tu non hai la possibilità di tornare alla vita, quando non è che morire è una scelta che noi facciamo oggi. Morire, purtroppo, è già scritto. È giusto che qualcuno decida di poter morire in Italia, in Veneto, e non si debba fare un mutuo per correre in Svizzera dove c'è un sistema di diritti e uno Stato di diritto, forse, che queste cose le riconosce già.
Così come è giusto che ci sia una dignità nella morte, perché una persona, che soffre talmente tanto da non sopportare più il dolore, deve necessariamente pensare di fare un gesto atroce e morire in violenza o può pensare di morire con la mano dei propri cari nel proprio letto di casa, visto che la morte è la conditio sine qua non dalla quale non potrà tornare indietro? E non certo perché lo decidiamo noi.
Chiudo dicendo che c'è la necessità di dare questo tipo di risposte. Non si può più attendere, così come il tema delle cure palliative che ho sentito dire oggi – e chiudo, Presidente – è una conditio sine qua non per cui questo Consiglio regionale da domani si mette al lavoro, ma l'uno non esclude l'altro.
La battaglia delle cure palliative da domani deve diventare la battaglia di questo Consiglio regionale, ma non deve essere l'alibi per sostituirci oggi a dire che se una persona è libera, è fragile ed è tormentata dal dolore non può essere un elemento della nostra società così scomodo da trincerarci dietro ad alibi o girarci dall'altra parte e far finta che questa persona non stia soffrendo.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Ha chiesto la parola la collega Venturini. Prego.

Elisa VENTURINI (Forza Italia - Berlusconi - Autonomia per il Veneto)

Grazie, Presidente.
In primis mi rivolgo al presidente Zaia, al quale dico che non mi esprimerò con un voto a favore o contro il Presidente. Se il voto è contrario, non è che io sia una nemica del Presidente che si accanisce contro un bersaglio, per usare delle parole che sono testualmente riportate nella cronaca di qualche giorno fa. Sono una Consigliera regionale che esercita il suo diritto di voto su un ambito ad altissima sensibilità etico-sociale, per cui in questo caso rispondo alla mia coscienza.
Le audizioni e le letture di queste settimane mi sono state utili e qualche idea in più, in una materia così delicata e complessa, me la sono fatta. Parliamo di Istituzioni che danno assistenza alle persone per morire. Alla fine che differenza c'è tra un medico che stacca un ventilatore, quel trattamento di sostegno vitale, quel mantenimento artificiale in vita su richiesta del paziente, cosa che il medico fa, è tenuto a rispettare la volontà del paziente, e questo lo prevede la legge n. 217/2019.
Ecco, che differenza c'è tra un medico che stacca un ventilatore su richiesta del paziente e un medico che fornisce un farmaco e un macchinario affinché un paziente che lo richieda si dia la morte? Nel primo caso non si parla di suicidio assistito e il medico non è punibile. Nel secondo caso si parla di suicidio medicalmente assistito e il medico non è punibile in virtù della sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019, se ricorrono naturalmente determinati presupposti.
Ma allora cosa cambia tra l'un caso e l'altro? Nel primo caso, con il medico che interrompe il trattamento, si lascia che la vita si esaurisca da sola, associata alla sedazione palliativa profonda continua, il che può durare poche ore o pochi giorni. Nel secondo caso è un attimo, un'autosomministrazione del farmaco in cui si interrompe la vita con un atto di per sé aggressivo che il paziente fa verso di sé con l'aiuto di chi dà i mezzi per farlo. Oltre all'aspetto passivo/attivo ciò che rileva è il tempo. Nel primo caso il tempo della vita che si consuma senza possibilità di disporne, nel secondo caso, del suicidio assistito, l'attimo che interrompe la vita, attimo su cui il paziente decide. è il tempo e la gestione del tempo che fa sentire padroni della propria vita e nei racconti che noi sentiamo è il tempo della morte senza controllo, il tempo che ci vuole per morire che genera paura. La morte deve essere rapida, indolore e dignitosa, asseriscono i promotori di questo progetto di legge, ma noi sappiamo che ogni cosa in natura ha bisogno di tempo, volenti o nolenti, e anche la morte può avere bisogno di tempo.
Epicuro nel terzo secolo avanti Cristo insegnava che la morte non esiste per noi. Quando noi viviamo, la morte non c'è e quando c'è lei, non ci siamo noi. Ma non è la morte in sé a fare paura, anzi, è intesa nel suicidio assistito come liberazione, ma è il tempo incontrollato della morte che fa paura. Si vuole che la morte sia indolore, si dice: infatti la morte deve essere rapida, perché ciò che spaventa è il dolore, è la sofferenza che è propria dell'esistenza umana. Si soffre anche quando si nasce, non è di gioia il pianto del neonato. La sofferenza che può togliere la dignità.
Il filosofo Seneca nel primo secolo avanti Cristo nelle "Epistole a Lucilio" sosteneva che quel che importa non è morire più presto o più tardi, ma importa morire bene o male e morire bene è fuggire il pericolo di vivere male.
Ecco allora, in alternativa, il suicidio assistito, le cure palliative, la terapia del dolore, la sedazione palliativa profonda continua, che arriva a togliere la coscienza e lascia che la vita si esaurisca in poche ore o pochi giorni, eliminando la percezione della sofferenza.
Lo Stato, attraverso il servizio sanitario, ti può dare il farmaco, il macchinario affinché tu ti possa uccidere in un istante, e questa è la pratica del suicidio medicalmente assistito, o ti può dare le cure palliative, la terapia del dolore e la sedazione palliativa profonda per accompagnarti con meno o senza dolore alla morte che arriva. È un fatto di tempo. Due visioni a confronto, in contrapposizione. L'autodeterminazione assoluta da una parte: decido io quando morire. E l'indisponibilità alla sacralità della vita che non viene interrotta. Contrapposizione che si accentuerà sempre di più in società altamente medicalizzate, in cui le scoperte medico-scientifiche hanno allungato la durata della vita delle persone anche in situazioni difficili.
Qui ragioniamo su un piano, se vogliamo, etico-teorico, però, poi, se ci caliamo nella prassi e operatività delle strutture sanitarie apprendiamo come sul fine vita svolgono un ruolo significativo i medici.
Ne "La demografia del fine vita" di Colombo e Dalla Zuanna le analisi statistiche mostrano come gli atteggiamenti dei medici verso il fine vita siano influenzati dalla loro cultura, dalla religione, dall'età e dal fatto di essere uomini o donne.
In Italia, qualche anno fa, si sono svolte delle indagini da cui è emerso che i medici che hanno dichiarato di aver preso almeno una decisione di non trattamento, cioè non hanno attivato l'idratazione o l'alimentazione o la ventilazione artificiale per far vivere il paziente in occasione di una morte attesa, passano dal 6% del 2001, al 30% del 2011.
Sempre in Italia uno studio multicentrico del 2010 sui medici, condotto in 83 reparti di terapia intensiva, rileva come il tempo della morte è stato influenzato dalla decisione del medico nel 62% dei casi, nel 50% dei casi non iniziando la rianimazione cardiopolmonare, nel rimanente 50% decidendo di non intraprendere o sospendere la nutrizione artificiale o di sospendere o non iniziare trattamenti più invasivi (come dialisi, ventilazione o interventi chirurgici).
Ho fatto questa digressione per sottolineare come, nella realtà, i medici hanno un ruolo fondamentale sul fine vita, ma questo meriterebbe una trattazione a sé. Se ritorniamo al paziente, alla sua volontà, possiamo dire che il paziente decide in virtù del principio di autodeterminazione e può prevalere sul principio di indisponibilità della vita.
La Corte costituzionale sottolinea che la decisione del paziente sul suicidio assistito deve essere libera e consapevole. Ma libera da cosa? Da condizionamenti? Basti pensare quanto liberi siamo di decidere quando siamo banalmente tormentati dal mal di denti. È evidente che la scelta è condizionata dalla situazione personale, sociale, economica e relazionale e nella situazione relazionale inseriamo anche, con un peso considerevole, la relazione di cura tra medico e paziente, che si basa sulla fiducia e sul consenso informato. Come sottolinea la legge n. 217/2019, il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura. Attraverso una cultura medica diffusa, i professionisti con competenze clinico-assistenziali possono individuare percorsi diagnostici adeguati, con un processo decisionale che viene calato nell'alleanza terapeutica medico-paziente. La pianificazione condivisa delle cure, che è il percorso assistenziale fino al termine della vita, come prevede la legge n. 217/2019, ha come finalità, meglio precisata all'articolo 5, quella per cui nella relazione medico-paziente, rispetto all'evolversi delle conseguenze di una patologia cronica invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione, con prognosi infausta, può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa, alla quale il medico è tenuto ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nelle condizioni di non poter esprimere il consenso.
È dimostrato che la pianificazione anticipata delle cure diminuisce forme di accanimento terapeutico e determina l'aumento di hospice e cure palliative. Pertanto, è necessaria la formazione iniziale e continua dei medici e degli esercenti le professioni sanitarie sulle cure palliative e terapia del dolore, che costituiscono obiettivi primari del Piano sanitario nazionale. Ci domandiamo quanto siano formati e informati i medici e il personale al riguardo, vista la richiesta di maggiore formazione che ci proviene da anestesisti, chirurghi, geriatri. Sono le cure palliative, cioè gli interventi che si fanno quando la prognosi è infausta o non c'è più nulla da fare, la terapia del dolore, la terapia per il controllo e la soppressione della sofferenza che aiutano a liberare dai condizionamenti, dalla sofferenza e dalla paura che incidono sulla scelta del paziente.
In questo senso, la legge n. 38/2010 si occupa dell'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore in tutti gli ambiti assistenziali, in ogni fase della vita. Una legge lungimirante, di 14 anni fa. Permettetemi: all'epoca il presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi.
Da sottolineare che l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore è tutelato e garantito nell'ambito dei LEA, giustamente. Come viene sostenuto dal Comitato nazionale per la bioetica, l'offerta effettiva di cure palliative e della terapia del dolore dovrebbe rappresentare una priorità assoluta per le politiche della sanità. Si cadrebbe, altrimenti, nel paradosso ‒ sostiene il Comitato ‒ di non punire l'aiuto al suicidio senza avere prima assicurato l'effettività del diritto alle cure palliative, che, secondo la Corte costituzionale, costituiscono il prerequisito per la scelta del paziente. È statisticamente dimostrato che più intenso è il ricorso alle cure palliative e alla terapia del dolore e meno è la richiesta delle cosiddette "EAS" (suicidio assistito ed eutanasia).
Come viene riportato nello studio di Colombo e di Dalla Zuanna, le ricerche dimostrano che l'incremento di eutanasia e di suicidio assistito è meno rapido se vengono organizzate in modo generalizzato appropriate cure palliative, in grado di ridurre grandemente e addirittura di annullare il dolore cronico, giungendo fino alla sedazione palliativa profonda e continua, per evitare una morte funesta, da dolori incontenibili. Perché ciò accada è, però, necessario sviluppare un'intensa interazione tra paziente, congiunti e personale sanitario. Ma la questione è che, nonostante gli sforzi finora impiegati, le cure palliative non hanno piena attuazione e necessitano di una maggiore organizzazione, come mettono in evidenza i bioeticisti clinici.
Le leggi in Italia ci sono. È necessario che siano conosciute, altrimenti sono inutili. Servirebbe un Osservatorio permanente e indipendente in grado di produrre una relazione periodica (tre-sei mesi) sul reale stato di attuazione delle leggi approvate.
Se da considerazioni concernenti la fattispecie di suicidio assistito e le sue implicazioni e connessioni si passa ad analizzare la proposta di legge al vaglio oggi del Consiglio regionale nella sua articolazione, qualche rilievo può essere mosso. Innanzitutto, la sentenza n. 242/2019 prevede che, ai fini dell'esclusione della punibilità del soggetto che aiuta nell'esecuzione del suicidio, devono ricorrere determinati presupposti, che devono essere verificati da strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale. Nella proposta di legge in questione detta attività di controllo viene svolta da una Commissione medica multidisciplinare permanente, che può essere integrata e modificata in relazione alle condizioni del malato. Questo è quanto proposto nella nostra Regione, ma nulla toglie che si possano valutare con posizioni diverse, in termini di numero e professionalità, in attesa dell'intervento del legislatore nazionale. Questo comporterebbe una differenza rilevante tra Regioni.
Se analizziamo i quattro presupposti per escludere la punibilità di chi aiuta al suicidio, tra questi si include che il paziente sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Questo presupposto può essere interpretato in modo diverso. Ad esempio, l'ULSS di Treviso ha riconosciuto che le cure oncologiche a cui era sottoposta la signora che ha avuto, poi, accesso al suicidio assistito l'anno scorso dovessero essere equiparate ad un trattamento sanitario di sostegno vitale. Questo amplia di molto i casi di eventuale ricorso al suicidio assistito, perché la maggior parte dei soggetti richiedenti è costituita da pazienti oncologici. Fino a quel caso, invece, si pensava che il trattamento di sostegno vitale fosse l'apparecchiatura per l'alimentazione o ventilazione che teneva in vita. In ogni Regione, quindi, l'interpretazione in merito ai trattamenti di sostegno vitale può essere diversa, con conseguenze territoriali diverse.
Il fatto, poi, che il servizio sanitario debba farsi carico del suicidio assistito impone di valutare come: se fornendo mezzi materiali (farmaci e apparecchiature) o garantendo anche il personale. Anche questo può essere motivo di disomogeneità di applicazione della normativa, se si pensa che nelle Marche il paziente che ha voluto procedere con il suicidio assistito ha dovuto comprare farmaci e pompa infusionale.
Il rischio di diversità importanti di trattamento evidenti tra una Regione e l'altra può essere, quindi, tollerato in un ambito delicato come questo? Da qui la querelle sulla competenza a legiferare a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019. È chiaro che se noi riteniamo che con questo progetto di legge andiamo a definire semplicemente aspetti procedimentali e organizzativi di una prestazione sanitaria, non di un diritto nuovo, aspetti che possono variare da una Regione all'altra, perché hanno una rilevanza relativa, e li facciamo rientrare così nella materia della tutela della salute, allora la Regione ha competenza a legiferare, in attesa che lo Stato faccia la sua parte. Invece, se si ritiene che con questo progetto di legge si va ad incidere sull'identità e l'integrità delle persone e che il diritto alla vita, in quanto diritto fondamentale alla base della competenza esclusiva a legiferare dello Stato, sia intaccato, per cui sono necessarie uniformità e uguaglianza per ragioni imperative, per evitare disparità nel trattamento, che vanno a ledere la competenza esclusiva in materia di LEA, allora non è la Regione, ma è lo Stato esclusivamente che deve intervenire. Questo è il nodo su cui si gioca la legittimità o meno delle due visioni.
Ritorno alla questione da cui sono partita: il tempo. Nella proposta di legge che oggi è all'esame dell'Aula sono fissati i tempi che scandiscono la procedura dei vari soggetti per arrivare al suicidio del paziente. Tale tempistica, a detta di chi opera sul campo, potrebbe compromettere il tempo di cura, con pregiudizio delle varie fasi, soprattutto perché il tempo è importante nella comunicazione e nella formulazione di risposte adeguate al caso, tempi che potrebbero comportare rilievi di non ragionevolezza. Il tempo è quello che ci siamo presi come Consiglieri regionali per acquisire informazioni e per riflettere, non per bighellonare, perché siamo consci della delicatezza e dell'importanza della questione.
Forse l'intelligenza artificiale avrebbe dato subito una risposta in merito, ma qui più che mai interviene la dimensione umana, con i suoi interrogativi sulla vita.
Volevo anche precisare che non si è guidati dal pensiero che "tanto tocca agli altri", perché, non sapendo che destino sia dato in sorte a ciascuno di noi e ai nostri cari, si ragiona su una realtà che riguarda tutti.
In conclusione, la sentenza della Corte costituzionale, i cui membri non sono eletti dal popolo, escludendo la punibilità ha introdotto di fatto che un medico, quindi il servizio sanitario, quindi lo Stato, consegni un farmaco – "pharmakos" in greco significa originariamente "veleno" – alla persona perché si possa uccidere. Uno Stato, penso, dovrebbe garantire le cure per la vita attraverso il servizio sanitario. Quando queste vengono rifiutate, lo Stato deve fare in modo che la persona non soffra. Ma la sentenza c'è. Il progetto di legge che abbiamo in esame e sul quale ci dobbiamo pronunciare ci prospetta due visioni contrapposte: l'una è che la Regione può legiferare, perché siamo nell'ambito di una materia a tutela della salute in quanto procedura medicalizzata, in cui, quindi, la Regione può intervenire; l'altra è che solo lo Stato, quindi il Parlamento può legiferare, visti i diritti in campo.
Alla luce di questo, ritengo che sia lo Stato a dover intervenire in questa materia. Questo poteva portarmi a non partecipare al voto. Ma, nella denegata ipotesi che la Regione possa intervenire introducendo per legge un obbligo di prestazione, che può variare da una Regione all'altra, il voto è negativo. Quindi, il mio voto sarà contrario e sarà contrario anche il voto di questo Gruppo.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Lorenzoni, prego.

Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)

Grazie, Presidente.
Ringrazio i colleghi che sono intervenuti finora. È un tema che ci coinvolge.
Io mi sono chiesto se avesse senso intervenire nella discussione di questo progetto di legge. Chi ha una propria posizione probabilmente non intende modificarla. D'altra parte, io non ho nessuna aspirazione a modificare la posizione di nessuno. Mi sono chiesto, allora: perché intervenire? Perché mi fa piacere condividere con voi alcune considerazioni. Questa è la ragione per cui faccio il mio intervento.
Non ho gli strumenti per entrare nel merito della costituzionalità del provvedimento. Credo che le osservazioni sollevate dal collega Bet siano fondate. La sua cultura giuridica penso che lo porti ad avere delle perplessità. Credo che la risposta possa venire.
Io non so se si introduca un nuovo LEA o non si introduca un nuovo LEA, se stiamo introducendo un obbligo di prestazione sanitaria che spetti allo Stato. Tutti aspetti giuridicamente rilevanti a cui, forse, questo testo non dà risposte esaurienti. Ma non è su questo piano che voglio portare il mio contributo.
In questi giorni ho sentito fare osservazioni tipo che stiamo lavorando contro l'uniformità di prestazioni sanitarie, che spetta allo Stato, che rischiamo di attivare addirittura una mobilità della morte, dopo la mobilità della sanità, che, peraltro, porta risorse in questa Regione, quando introducessimo condizioni più agevoli in questa Regione rispetto ad altre. Io non lo credo. Però capisco che possano essere questioni su cui discutere, su cui confrontarsi, da approfondire.
Ritengo che questo testo, però, essendo espressione di una chiara volontà popolare, debba essere trattato con attenzione. Ho sentito anche osservare che la vita non è nella disponibilità di questo Consiglio regionale. Ci mancherebbe altro. Ne sono perfettamente consapevole. Il tema centrale della discussione è proprio se la vita sia nella disponibilità di ciascuno di noi oppure sia un dono che trascende le nostre scelte. L'ha detto anche la collega che mi ha preceduto, la collega Venturini.
Qui ciascuno di noi ha delle risposte diverse. È difficile trovare una risposta che valga per tutti, quando andiamo nell'etica della vita delle persone, nell'etica di ciascuno di noi. Non c'è una verità assoluta che vale per tutti nelle scelte che riguardano noi stessi, non la relazione tra noi e gli altri. Lo capiamo bene quando consideriamo che non tutto ciò che è legale è lecito. Ci sono scelte legali che alcuni di noi non ritengono lecite. Gli strumenti per discernere, dal mio punto di vista, non li può dare una norma, ma la costruzione della nostra coscienza. Di questo sono profondamente convinto.
Faccio un esempio: l'analisi genetica prenatale è assolutamente lecita e, secondo me, è assolutamente desiderabile lasciarla lecita, ma io non ne ho fatto ricorso. Mai avrei fatto un'analisi genetica ai miei figli. Qualsiasi fosse stato l'esito, io avrei accolto mio figlio.
Credo sia giusto dare una possibilità. Poi sono i cittadini che decidono se utilizzarla o meno. Ricordo la lacerante discussione sul divorzio. Ero un bambino. Nessuno oggi mette in discussione il diritto al divorzio, anche se la scelta che ciascuno di noi fa non è dettata dalla legge, ma è dettata dalla propria concezione di vita e dalla propria concezione della relazione con il proprio coniuge. Il fatto che la legge condizioni il concetto di ciò che è lecito credo comporti una visione di sfiducia verso l'uomo. Questo è l'elemento che io vedo, di limite, nell'opporsi a questo progetto di legge. Il fatto che i divorzi siano aumentati è dovuto alla durezza del nostro cuore, non alla legge. Le relazioni che rompevano di fatto, anche quando il divorzio non era legale, c'erano. Ma c'era un velo di ipocrisia che copriva tutto. Io non credo che rompere quel velo abbia modificato le cose.
Credo sia importante, nelle scelte dell'etica, non tanto la legge, quanto la nostra relazione con la legge. Se vogliamo portarla su un piano religioso, Cristo non ha modificato nessuna legge. Ha modificato la relazione di ciascuno di noi con le leggi. Questo è importante, secondo me.
Ho sentito anche osservare che la scelta di guidare le proprie ultime ore sia una scorciatoia. Addirittura stamattina ho sentito dire che il sistema sanitario nazionale risparmia. Questa è una cosa che ritengo veramente terribile, il solo pensare che questo diritto possa far supporre che la vita fragile non ha senso. La cultura dello scarto non ha origine qui. Ha origine altrove. Abbiamo tante testimonianze che, con gli occhi di oggi, figlie della nostra storia, fanno sorridere. Pensate che per l'ordinazione sacerdotale bisogna essere di sana e robusta costituzione fisica. Questa è una cosa veramente incredibile. È incredibile, però è ancora così.
La vita è libertà. Senza libertà non possiamo dire che una vita sia piena. Ma chi decide cosa mi fa sentire libero? Libero da cosa? Io ho conosciuto persone immobili, che potevano muovere solo le palpebre, che avevano una libertà di cui io ho la stima più grande. Una è mancata da poco, purtroppo. Però invidio la libertà di quella persona, la sua capacità di interpretare il mondo, di sentirsi libera. Credo che la libertà sia la libertà dalla paura. Di questo ciascuno di noi, nel profondo, sente il bisogno. Solo io posso decidere quali sono le paure da cui voglio essere liberato. Anche dalla paura della morte. Solo io so cosa mi libera da quella paura, non una regola, non una legge.
Nella società, in passato, le regole erano date dall'esterno. Ci si affidava ad autorità morali, religiose o laiche, e ancora oggi in alcune parti del mondo, ma da noi non può e non è così. Le pretese autorità morali sono così tante, così vicine, così invadenti, che siamo sollecitati in ogni direzione. Le scelte, nel bene e nel male, oggi, sono scelte nostre, individuali, e non può che essere così.
Dobbiamo sempre ricordare che sono le leggi per l'uomo e non l'uomo per le leggi. Anche qui possiamo fare dei riferimenti agli scritti sacri. Siamo chiamati a dire la nostra in merito a questo, come le regole che ci diamo consentono di dare la risposta migliore, più vera, alle aspirazioni di ogni cittadino del Veneto.
Io credo che un sistema sanitario regionale, che possa dare risposta anche all'aspirazione di approcciare alla morte in modo consapevole, sia un sistema che dà più risposte alle attese degli uomini di oggi di uno che non normi questo aspetto. Non la stessa risposta a tutti, ma con questa norma diamo una risposta in più, senza nulla togliere ad alcuno, e questo è un aspetto importante.
Ciascuno di noi vive in modo diverso la propria libertà. Ciascuno di noi affronta la sofferenza in modo diverso. A fronte di patologie che rendono inservibile lo stomaco, c'è chi accetta la rimozione e l'alimentazione tramite PEG e chi, invece, preferisce attendere l'evoluzione della malattia. C'è un precedente che ha fatto discutere tantissimo il nostro Paese, il cardinale Martini, persona che, dal mio punto di vista, è un riferimento morale assoluto, che disse nel 2006: "Le nuove tecnologie che permettono interventi sempre più efficaci sul corpo richiedono un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona". Ed è curioso che proprio lui, poi, ha innescato, quando è mancato, purtroppo, quella discussione sul fatto che avesse rifiutato l'alimentazione forzata.
Torno al concetto di bene. Qual è il bene di un individuo? Lo decide lui o c'è un concetto oggettivo? Torniamo all'idea di fondo, che divide chi è a favore e chi è contrario al suicidio medicalmente assistito: la vita è un dono di cui non dispongo o la vita mi appartiene. Io, personalmente, sono tra coloro che ritengono che la vita mi sia stata donata e non ne possa disporre, della mia vita, ma non mi sento di forzare a tale scelta nessuna donna e nessun uomo, perché ritengo giusto dare ascolto al dolore di chi chiede il diritto di porre fine alla propria vita, consapevole che vi sono altre risposte possibili, ma non sempre accessibili o accettabili.
In questo senso dobbiamo riconoscere e pretendere il ruolo delle cure palliative – abbiamo sottoscritto un ordine del giorno – prima di considerare per chiunque l'accesso a interventi di anticipazione del morire.
Debbono essere offerti specifici percorsi palliativi, che ogni paziente è libero di accettare o rifiutare. In questo modo si potrebbe impedire che scelte di morte medicalmente assistite siano la conseguenza di un abbandono o comunque di un'inadeguata assistenza sanitaria.
Allora, pur con tanti dubbi, con tante difficoltà, io non ho una verità, propendo a togliere il velo di ipocrisia che teniamo intorno alla morte. Credo che con questo provvedimento lo straordinario tessuto sociale di assistenza e di solidarietà che caratterizza la nostra Regione non venga tradito e sovvertito. Anzi, quel tessuto è la forza che ci dà la fiducia di credere che l'amore per la vita non è affidato a una legge, ma alla forza che sta dentro ciascuno di noi. Non riconoscere questa forza sarebbe una mancanza di fiducia verso le persone del Veneto.
La mia stima e la mia considerazione verso tutte le donne e tutti gli uomini del Veneto mi fanno credere che questa legge non indirizzerà la nostra società verso l'indifferenza per i più deboli. Certo, sta a noi apparare come singoli, come legislatori, perché le alternative siano messe in atto, perché ognuno senta sempre e comunque il valore della propria vita.
La scelta che dobbiamo compiere oggi è legata all'idea di uomo che abbiamo: l'individuo o la capacità di individuare e scegliere ciò che è bene per sé stesso. Ha questa capacità l'individuo? Io credo di sì, ce l'ha e si tratta di un grande atto di fiducia verso ogni uomo e ogni donna.
Consentire al sistema sanitario regionale di assecondare anche la scelta più drammatica per il rispetto delle aspirazioni di tutti non significa spingere per scelte di morte, ma per scelte di libertà o di liberazione, se volete.
Assume la Presidenza
Il Vicepresidente Nicola Ignazio FINCO

PRESIDENTE

Grazie. Collega Bigon, prego.

Anna Maria BIGON (Partito Democratico Veneto)

Presidente, Consiglieri, grazie. Buongiorno.
Vorrei aprire questa mia riflessione con un caso di mia conoscenza, il caso di Angelo. Angelo soffre di un male che provoca una sofferenza inaudita. è una persona come tutti noi, che vorrebbe vivere, stare con i propri familiari ed essere in grado di sfruttare al meglio il tempo che gli rimane da vivere, ma il dolore non glielo permette, gli impedisce di fare qualsiasi cosa.
Colleghi, oggi stiamo trattando un tema che riguarda gli aspetti più intimi del nostro essere umani: la sofferenza, il passaggio dalla vita alla morte, il dolore delle persone care. Credo che questo tema ci veda partecipi di una grande responsabilità, la responsabilità, come comunità e come Istituzione, di prendere posizione su come garantire un diritto, il diritto ad una scelta che sia davvero libera.
Come sapete, in questi ultimi anni il dibattito sulle varie sfaccettature del fine vita si è posto in tutta la sua urgenza, dando luogo a una serie di cambiamenti fondamentali per il nostro ordinamento, e tanto si è detto dell'ordinamento nostro.
Penso, innanzitutto, alla legge n. 38 del 2010, che ha introdotto la rete delle cure palliative in tutto il Paese. Penso alla legge n. 219/2017 sul consenso informato e sulla DAT, di cui abbiamo parlato anche in qualche intervento prima. Il presupposto di queste due previsioni è proprio l'accesso alle cure palliative quale elemento indispensabile per garantire l'effettività dell'autodeterminazione della persona.
Penso alla sentenza n. 242/2019, quella su cui si fonda anche lo stesso progetto di legge che oggi è in discussione; una sentenza in cui la Corte individua i casi in cui è possibile accedere al suicidio assistito e ne pone anche le condizioni.
La sentenza dice: 1) che la persona deve essere affetta da patologia irreversibile; 2) che la patologia deve essere fonte di sofferenze fisiche e psicologiche assolutamente intollerabili; 3) che la persona sia tenuta in vita a mezzo di un trattamento di sostegno vitale; 4) che la persona resti capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
Nell'individuare questi requisiti la Corte richiama l'essenzialità delle cure palliative, infatti, precisa che l'accesso alle cure palliative, ove idonee a eliminare la sofferenza, spesso si presta a rimuovere le cause della volontà del paziente di congedarsi dalla vita.
È quindi la stessa Corte costituzionale a chiarire l'ineludibile legame tra il suicidio assistito e le cure palliative. Per questo richiamo all'importanza non solo degli hospice, ma anche delle cure domiciliari che permettono al paziente di stare con i propri familiari.
La relazione socio-sanitaria della Regione Veneto del 2023, sommando gli assistiti in hospice con quelli a domicilio e considerando i soli malati oncologici, il 40% del totale, rileva che solo in parte essi hanno raggiunto ed hanno accesso alle prestazioni.
La DGR Veneto n. 993 del 2023 precisa – e, guardate, ho preso esclusivamente dati della Regione Veneto – che le reti per le cure palliative, in ogni ULSS, risultano applicate solo per il 44% in Veneto.
La presenza del medico per le cure palliative del fine settimana e la disponibilità alla reperibilità h24 è garantita in due, massimo tre distretti su ventisei in Veneto. Gli ambulatori attivi, poi, sono solo sei, pari al 23% dell'obiettivo che la stessa delibera si era prefissata.
Dalle audizioni in Commissione che abbiamo tenuto – abbiamo lavorato in Commissione Quinta – è emerso che un sistema efficiente di terapia del dolore potrebbe diminuire l'incidenza di domande di accesso al suicidio medicalmente assistito, dando, quindi, vera consapevolezza, come richiede la Corte.
Angelo, di cui vi ho parlato all'inizio, rientra nella percentuale degli assistiti della Regione. Ma possiamo davvero dire che, con quattro ore al mese che gli sono concesse, queste cure possono veramente migliorare la sua qualità di vita, quella che rimane? Possiamo davvero dire che Angelo potrà essere lucido e in forze a sufficienza per stare con i suoi cari? Possiamo dire che è veramente libero di scegliere? A lui ho promesso che avrei fatto qualcosa e ho depositato un emendamento durante il bilancio per potenziare le cure palliative non di poco, di 20 milioni, che è il minimo sufficiente per dare risposta a quelle 41.000 persone terminali che ci sono in Veneto, di cui raggiungiamo solo una parte. È stato bocciato.
Il Presidente – so che è qua in Consiglio, non è presente in Aula, ma c'è – si è speso per questa legge. Lui sa benissimo che non abbiamo una rete di cure adeguate oggi in Veneto. Lo sa benissimo, e si è speso per questa legge. Chiedo cosa farà domani per queste cure palliative e cosa farà per garantire che chi sceglie il suicidio medicalmente assistito abbia avuto prima tutte le cure di cui ha diritto, un diritto garantito dalla Costituzione, che lo mette come prerequisito.
Perché è stata scelta questa strada, questa scorciatoia? Perché non si è rivolto al Parlamento, che è governato dalla sua stessa maggioranza politica, per chiedere che facessero una legge o che aumentassero i fondi per le cure palliative? Il Partito Democratico l'ha depositata una legge. Perché non ha fatto una delibera di Giunta, se lo scopo era quello che mi è stato detto, di una procedura sanitaria per uniformare nei tempi, nelle procedure, nei termini tutte le ASL? Perché non è stata fatta una delibera di Giunta o un decreto? Avremmo anche anticipato, perché tutti sappiamo, e lo sa anche il Presidente, che la competenza non è regionale, ma nazionale, per tutti i motivi che sono stati detti.
Un diritto non è reale finché non si realizzano le condizioni materiali che ne consentano l'effettivo esercizio. Per quanto riguarda il fine vita, queste condizioni sono le cure palliative garantite a tutti. Senza queste condizioni, la libertà di scelta è un'affermazione di principio insufficiente, persino illusoria e anche ingannevole.
Il rischio, altrimenti, è quello di sacrificare le persone, le loro storie, le loro vite sull'altare dei principi e delle ideologie.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Villanova. Prego.

Alberto VILLANOVA (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Ci tengo a precisare che intervengo a titolo personale, in quanto il nostro Gruppo ha deciso di lasciare assoluta libertà di voto. Intervengo, quindi, solo a titolo personale.
Intervengo perché, ovviamente, questa è una legge su cui non ho mai nascosto la mia posizione, mi sono sempre dichiarato favorevole, e voglio anche spiegare questa mia posizione, perché io oggi so che votiamo una legge, a seguito di una sentenza della Corte costituzionale, dove andiamo ad indicare dei tempi certi di risposta e un iter che devono seguire le nostre aziende sanitarie.
Questo è quello che stiamo votando oggi. Tempi che magari qualcuno può definire che siano troppo brevi o troppo lunghi. Quando parliamo di tempi, di quei venti giorni scritti nella legge, dobbiamo renderci conto che molto spesso un malato terminale, che ricade all'interno dei prerequisiti di questa norma, venti giorni magari non li ha.
Questa è una norma che sicuramente va a interrogare il profondo di tutti noi. In particolare, dal mio punto di vista, posso dire che ho fatto un giuramento, che è il giuramento di Ippocrate, ho lavorato per diversi anni in ospedale, ho una esperienza formativa e professionale che mi ha portato a sviluppare questa convinzione, la convinzione che in alcuni casi, in alcune situazioni, il dolore del paziente, per quanto possa essere seguito nel migliore dei modi dal punto di vista clinico e medico, non trovi una soluzione.
C'è una piccola percentuale di pazienti che non rispondono alle cure palliative. Questo forse è qualcosa che non corrisponde al vero? Io chiedo a qualsiasi collega di venirmi a dire dove sto sbagliando. C'è una piccola percentuale di pazienti nei quali le cure palliative non mettono fine al dolore. Quando io sento, come tante volte ho sentito quest' oggi – badate, voglio ripetere una cosa che ho detto più volte sui giornali: ho il massimo rispetto per chi non la pensa come me, perché qui non c'è né il giusto né lo sbagliato, né il bianco né il nero –, che si mettono in contrapposizione le cure palliative a questo diritto che diamo i malati, si sta facendo un errore gravissimo, perché le cure palliative non sono alternative al fine vita che stiamo votando, al fine vita della sentenza della Corte costituzionale.
Ho preso il telefono e ho chiamato alcuni colleghi che lavorano proprio nelle cure palliative, perché mi sono occupato di questo, quando ero un semplice Consigliere, in Quinta Commissione nella passata legislatura, ho cercato di dare una mano, ho partecipato a diversi convegni della società di cure palliative. Ho chiamato e ho chiesto a chi lavora tutto il giorno sul campo, a chi magari ha accompagnato, nella fase più delicata della vita, migliaia di persone: cosa ne pensi di questa norma? Ebbene, quello che mi hanno risposto è stato che la maggior parte dei palliativisti sono d'accordo, perché si rendono conto, anche loro, che la medicina arriva fino a un certo punto, oltre il quale non c'è limite alla sofferenza.
Guardate, io non ho una specializzazione "salvavita", sono uno stomatologo, però da stomatologo succede che ogni tanto ti chiamino a fare consulenze, perché nella fase finale della vita purtroppo accade che questi malati sviluppino infezioni a livello orale che rendono ancor peggiore l'ultima parte della loro esistenza, quindi ho visto diversi casi di questo tipo, e vi assicuro che in alcuni casi sono state messe in grande discussione le mie credenze professionali e le mie credenze religiose. Del resto, anch'io sono cattolico, anch'io sono cristiano, anch'io ho seguito tutto quello che è la cultura veneta anche dal punto di vista religioso. Però, in alcune situazioni io mi sono trovato in grandissima difficoltà, perché tutto questo è stato messo in discussione. E questi non sono tantissimi casi. Abbiamo sentito prima l'Assessore elencarci il numero di casi. Però, ci sono. Allora, io voglio pensare che in una situazione del genere non sia Villanova a decidere se una persona ha diritto o meno di fare questa richiesta, o qualsiasi altro Consigliere, dentro o fuori da questa Aula.
Io voglio pensare che un paziente afflitto da queste sofferenze possa decidere per sé stesso. È un tema di libertà. Nessuno lo obbliga a decidere. Nessuno obbliga un'altra persona a decidere di andare in questa direzione. Però, voglio pensare che, nel momento in cui dovesse capitare a me, possa avere questa libertà di decidere per me stesso e voglio pensare che questo Stato, che dovrebbe dotarsi di una norma nazionale, mi conceda la libertà di decidere per me stesso.
Questi sono i motivi per cui io sono favorevole.
Vedete, in queste settimane, in questi mesi abbiamo letto sui giornali, e non solo sui giornali, che chi è a favore di questa norma fa parte della cultura della morte. Ripeto, io ho studiato una vita per curare le persone, e come me tanti altri medici che sono favorevoli a questa norma. Qui non si tratta di cultura della morte o di cultura dello scarto. Qui si tratta, di fronte all'impossibilità fisica e materiale di mettere fine alla sofferenza, di mettere in campo il principio della pietas nei confronti del malato. Penso che un malato abbia tutto il diritto di decidere quando è arrivato il momento di dire "basta, non ce la faccio più". Guardate, i palliativisti, per evitare che ci siano quei problemi di non libertà di decisione o non libertà influenzata dal dolore, hanno delle metodologie per capire se è il distress della malattia che porta una persona a voler morire oppure se effettivamente si è arrivati al limite. Basta parlare con i palliativisti. Cercano di far dormire il malato in modo da dargli riposo prima di decidere. Cercano di capire se la richiesta di questa soluzione deriva solo dalla volontà di non arrecare peso nei confronti dei familiari. Cercano di dare tranquillità, per quella che può essere tranquillità, al malato in una situazione del genere di poter decidere. Ci sono strategie che vengono portate avanti per fare in modo che una persona sia libera, per quanto una persona possa essere libera in una situazione come questa.
Ricordiamoci che in questo momento stiamo parlando da persone che stanno bene e sono sedute in quest'Aula. Bisogna mettersi nei panni di chi sta vivendo quella sofferenza. Allora, la prima cosa che dobbiamo fare, come ho chiesto tante volte, come ho chiesto anche ai Consiglieri del mio Gruppo, è avere rispetto di chi sta vivendo questa tragedia. Rispetto! Ve lo chiedo semplicemente perché noi oggi stiamo parlando – lo ripeto – in una situazione di tranquillità. Queste persone non hanno molti giorni davanti, si trovano a dover prendere la decisione più difficile della loro esistenza, io credo che queste persone meritino rispetto, come merita rispetto chi, di fronte a una situazione del genere, vuole intervenire per mettere fine alla sofferenza o per alleviare la sofferenza.
Ragionando di etica, mi viene da dire che nessuno qui dentro penso oserebbe mai mettere in discussione quelle norme e quelle procedure che danno la possibilità di staccare la spina nel momento in cui ci sia una morte cerebrale. È giusto? Nessuno le metterebbe in discussione. Ma vi pongo una domanda. Nel momento in cui ci fosse un paziente che non ha fatto la DAT o il testamento biologico, che non ha lasciato nessuna indicazione sul proprio fine vita, quella decisione viene magari presa dai familiari. È giusto? Sto dicendo qualcosa di non corretto? Viene chiesto ai familiari. Ecco, in quel caso c'è un terzo, un familiare che decide per il malato. Eppure, quel malato potrebbe restare in vita ancora giorni, mesi o anni con il sostegno delle macchine. Eppure, in questa situazione viene staccata la spina. Lo sappiamo. Succede tutti i giorni, purtroppo, nei nostri ospedali, negli ospedali italiani e di tutto il mondo.
Noi qui, invece, non vogliamo garantire il diritto a una persona che liberamente prende una decisione per sé stessa. Credo che questo non possa coesistere. Credo sia una questione di dignità, perché ogni persona ha il diritto di decidere di mettere fine alla propria sofferenza con dignità. Lo ripeto, ci sono situazioni dove, nonostante tutte le terapie possibili e immaginabili, la dignità si perde, dove una persona tranquilla, buona, socievole perde qualsiasi tratto di umanità perché afflitta dal dolore. Ebbene, io voglio pensare che nel nostro Stato ‒ non dico nella nostra Regione, nel nostro Stato ‒ finalmente si arrivi ad avere una legge di civiltà che permetta di mettere fine a queste cose.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Ha chiesto di intervenire la consigliera Scatto. Prego.

Francesca SCATTO (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Vorrei iniziare questo mio intervento scomodando Socrate, perché Socrate riconosce che il dialogo può essere un'occasione di cambiamento positivo solo quando ci induce a mettere radicalmente alla prova la nostra anima. Questo tipo di dialogo, però, comporta la presenza di tre elementi: la conoscenza, la benevolenza verso il proprio interlocutore e la libertà di parola. Ne consegue che il dialogo vero ha bisogno della conoscenza dei fatti, ma soprattutto di una predisposizione alla cura e alla responsabilità. Non esiste libertà di parola se non all'interno di un contesto di cura, che è cura di sé e cura dell'altro.
Non vorrei lasciarmi andare, in questi otto minuti che mi rimangono, ai tecnicismi giuridici, di cui è sicuramente piena questa proposta di legge, ma desidero soffermarmi su questo pensiero socratico perché da quando abbiamo iniziato a discutere di questa norma ho visto di tutto, ho visto cose che non avrei voluto vedere e ne ho sentite altre che non avrei voluto sentire. Io intendo questa proposta di legge come un'occasione in più, oltre a tutto quello che rappresenta, per dimostrare a chi non crede più alla politica che non solo c'è la politica, ma c'è anche la deontologia della politica. Dico questo perché noi oggi non siamo chiamati a votare una norma che ci vedrà vincitori o perdenti. Qui non ci sono né vincitori né perdenti. Qui oggi c'è una grande assunzione di responsabilità, alla quale siamo chiamati.
Non si tratta di asfaltare strade o incentivare l'illuminazione, si tratta della vita e della morte, ma di una morte dignitosa, quella che deve essere assicurata alle persone che hanno i quattro requisiti di cui oggi abbiamo sentito parlare. Ma c'è un'altra cosa: non si tratta solo di assicurare una morte dignitosa ma, cosa ancora più importante, di dare la libertà della scelta, sapere che io, se mi ritroverò in determinate situazioni, potrò scegliere. La scelta!
Dai tanti discorsi che ho sentito – scusatemi la franchezza – mi sono posta una domanda: quanti Consiglieri di questo Consiglio regionale sanno veramente di che cosa si sta trattando, di che cosa si sta andando a votare? Perché o io ho preso un abbaglio e non ho capito, cosa possibile, o non ci siamo capiti. Oggi, infatti, andiamo a votare una norma, il progetto di legge n. 217, che titola "Procedure e tempi", procedure e tempi di una norma che è già applicata, perché la normativa si rifà a quella delle DAT. Quindi, che cosa è successo? Che in assenza di una legge nazionale che regolamenti l'aiuto alla morte volontaria, ovvero l'accesso al suicidio assistito, in Italia questa scelta di fine vita è regolamentata dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, che ha legalizzato l'accesso alla procedura, ma solo a precise condizioni di salute delle persone. Dunque, la Consulta ha disposto che per accedere all'aiuto alla morte volontaria occorre essere in possesso dei requisiti di cui si parlava fino a prima: essere capaci di autodeterminarsi, essere affetti da patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute dalla persona intollerabili, ed essere dipendenti da trattamenti di sostegno vitale. Quindi, nonostante la possibilità di ottenere questo tipo di aiuto, il Servizio sanitario non garantisce tempi certi. Stiamo parlando dei tempi che servono per attuare le disposizioni del paziente, della persona malata e questi tempi sono individuati da questa norma.
Non stiamo votando la legge che dice che siamo favorevoli o non favorevoli alla pratica del suicidio assistito, che io preferisco chiamare fine vita. Non siamo chiamati qui a votare questo. Siamo chiamati a votare una norma che si chiama "Procedure e tempi per l'assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito". Questo stiamo votando. Non stiamo decidendo se applicare o meno questa normativa. Quindi, ribadisco: o io non ho capito niente, cosa possibile, o non ci siamo capiti.
Venendo, poi, al fatto che questa legge possa o meno venire impugnata, questo non è affare nostro. Questo non è affare nostro! A noi interessa che, medio tempore, vale a dire nel tempo che serve affinché lo Stato decida di approvare una norma che regoli questa materia, il paziente abbia un determinato lasso di tempo, possibilmente breve, venti giorni più i sette, perché sia messa in atto tutta la procedura. Poi, che la disciplina relativa alla titolarità e all'esercizio dei diritti fondamentali sia nella competenza esclusiva del legislatore statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, questo lo stabilisce bene la Corte con la sentenza n. 5/2018, in cui dice che deve essere garantito, sì, il diritto alla propria integrità fisica e psichica in condizione di uguaglianza in tutto il Paese attraverso la legislazione statale. Quindi, nel momento in cui lo Stato deciderà di intervenire, verrà anche assicurata l'omogeneità. Per cui, non è il caso di dire che una persona per usufruire di questi trattamenti debba venire in Veneto perché in Veneto si applica e nelle altre Regioni no, dal momento che, proprio in virtù dell'autonomia, sarà lo Stato a decidere su questa normativa.
Francamente mi è parsa la volontà di usare la politica non per il più nobile dei fini della politica, ma per strumentalizzare un progetto di legge così importante per miseri scopi politici, che nulla hanno a che fare con questo progetto di legge.
Grazie.
Assume la Presidenza
La Vicepresidente Francesca ZOTTIS

PRESIDENTE

Grazie, Consigliera.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Favero. Prego.

Marzio FAVERO (Liga Veneta per Salvini Premier)

Vi confesso che provo sempre un certo senso di invidia verso chi ha delle granitiche certezze, perché io non ne ho nessuna. Nei giorni scorsi sono andato a rileggermi i documenti che sono stati presentati in Commissione saggi scritti da autorevoli esperti sul tema, e non ho trovato nessuno che avesse soluzioni certe, verità in mano. Ma noi qua siamo in un'arena politica, ragion per cui, siccome la politica si fonda sulle opinioni, non sulle verità, salvo quando è dittatoriale, perché le dittature funzionano sulle verità forzate, perdonatemi, credo sia opportuno ritornare al tema del rispetto reciproco.
Oggi ognuno di noi porta la sua opinione personale. Non è latore di verità superiori. Io porto la mia. È un'opinione sofferta, perché recentemente ho perso persone a cui volevo bene, sia in modo improvviso sia dopo una lunga e sofferta malattia. Ho un'età, per cui anch'io ho qualche problemino di salute ogni tanto. Quindi, mi domando cosa farei nei panni di chi si trova su una sedia a rotelle e non è in grado di curarsi. Come ha detto benissimo Stefano Gheller: non riesco nemmeno a pulirmi il sedere.
Francamente non ho voglia di fare retorica su queste cose, quindi vi porterò la mia umilissima impressione. Vi prego soltanto di considerare che le parole che vi dirò sono sincere, vengono dal cuore, non da qualche forzatura ideologica, o perché è arrivata qualche lettera a fare pressione. Anzi, se fosse per quelle lettere, probabilmente avrei fatto una scelta diversa. D'altronde, sentirsi dire "guarda che non ti voto se premi il pulsante in un certo modo" a me fa venire voglia di fare esattamente la scelta contraria. Del resto, che razza di politico è quello che si fa ricattare da un cittadino o da un gruppo di cittadini? Quindi, le cose che dirò nascono da una riflessione personale, imperfetta, come sono tutte le riflessioni personali.
Vi dico che, dalla mia prospettiva, vedo due posizioni, che contengono alcune forzature, entrambe interessanti, entrambe portatrici di parte della verità, ma che non mi soddisfano. Due posizioni che sono accomunate da un aspetto: la mancata accettazione della morte come parte della vita, come parte che dà significato alla vita. Noi viviamo in una società che è immersa nelle possibilità che ci offre la tecnologia. La tecnologia è espressione naturale, per me, non artificiale, perché l'intelligenza nasce con la natura, quindi anche gli strumenti tecnologici sono un'espressione della potenza naturale. Però, attenzione: alle volte tendiamo ad abusarne. Le due posizioni trattano la morte come una specie di dato tecnico. Infatti, usano l'espressione "fine vita". Qualcuno dice che questo fine vita si può anticipare se le condizioni di vita sono diventate insopportabili, qualcun altro dice che vanno dilazionate finché la tecnologia non ci consente di tenere biologicamente in vita il nostro caro. Del resto, qua c'è anche il problema relazionale del rapporto tra ammalato e parenti. Come avrete intuito, la seconda posizione è quella dei "pro vita". Esiste molto sulle cure palliative e sulle terapie antidolore, previste dalla legge n. 38/2010, soprattutto sulle reti sociali di assistenza (famiglie, USL eccetera), reti sociali che, purtroppo, si stanno indebolendo a causa di quel fenomeno, a cui ha fatto prima riferimento, anche correttamente, il consigliere Lorenzoni, dell'infragilirsi dei rapporti sociali. Ci sono istituzioni, come il matrimonio, che non sono più stabili. Il nostro sistema di welfare sta collassando sotto il suo stesso peso. L'invecchiamento della popolazione è un dato che è stato ampiamente sottovalutato, ma che pesa a livello sociale.
L'altra posizione è quella di chi sostiene il suicidio medicalmente assistito. Io non ho dubbi sulla sincerità delle intenzioni dei proponenti di questo PDL: la loro volontà è quella di dare risposte a quei pazienti che non rispondono più nemmeno alle terapie palliative. E ha ragione il nostro Capogruppo quando dice che vi è una parte dei pazienti che, purtroppo, risultano refrattari al tentativo di ridurre la loro percezione del dolore, anche con il ricorso a farmaci importanti. Ho sentito la testimonianza di medici e infermieri che si sono occupati di fine vita e loro mi hanno detto che ci sono, purtroppo, situazioni che sono veramente ingestibili, pazienti che riescono a fare cose che sembrano contro natura, si staccano da soli il respiratore, e non si sa come ci riescano visto che hanno difficoltà di movimento. Non posso condividere, quindi, la visione dei "pro vita" che arriva a livello penitenziale. In fin dei conti, Gesù Cristo è stato crocefisso un pomeriggio, non per mesi.
Non credo però – qua ha ragione il collega Bet – che si possa considerare norma una sentenza della Corte costituzionale, perché il nostro è un Paese che non è a common law, è il Parlamento che deve decidere. Ciò che può fare la Corte costituzionale è segnalare un vuoto e ciò che ha fatto la Corte costituzionale è stato semplicemente depenalizzare il comportamento dei medici che, in certe condizioni, hanno aiutato qualcuno a togliersi la vita, cioè a cercare una morte decorosa.
C'è un termine che non abbiamo utilizzato oggi o che è stato toccato incidentalmente: "buona morte" in greco si dice "eu-thánatos", eutanasia, individuale. L'eutanasia non è solo quella che ti impone un sistema, ma può essere anche una scelta individuale, ed è una scelta individuale difficile, annichilente. La nostra Corte costituzionale si limita a dire: tu, medico, se hai aiutato uno che vive grazie ai respiratori, alle tecnologie, che si trova in condizioni soggettive insopportabili, non ti perseguito penalmente, disapplico la norma, ma non puoi, tu, aiutare il paziente a prendere quella pastiglia o a farsi quella iniezione che lo porta alla morte, sennò ti considero un omicida. C'è qualcosa che non va. Pertanto, credo che abbia ragione il collega Bet a dire che c'è un profilo di incostituzionalità. Ma c'è anche di peggio: il Parlamento non si sta assumendo una responsabilità in questa direzione.
Vorrei sottolineare, però, che fra i due estremi c'è una via che, secondo me, è percorribile e che correttamente – li ringrazio per l'onestà intellettuale – i proponenti del PDL indicano nella loro relazione. C'è stato un momento in cui ho avuto un dubbio: non è che questa relazione ce la siamo scritta noi rispetto al testo normativo presentato dai proponenti? Allora, ho chiamato il dottor Giachetti e mi ha detto che l'hanno scritto loro. Quindi, mi permetto di citare un loro passaggio: "In base alla legge 22 dicembre 2017, n. 219, il paziente in tali condizioni può già decidere di lasciarsi morire". Poi conclude: "Il paziente è, però, così costretto, per congedarsi dalla vita, a subire un processo più lento e più carico di sofferenze per le persone che gli sono care". E qua mi permetto di avere dei dubbi, perché da familiare di una persona che è scomparsa di recente ho vissuto quella situazione ancipite per cui da un lato dici "Signore, questa persona non può continuare a soffrire così" ma dall'altro ti auguri che ci sia un altro giorno per salutarlo. Sbaglio? C'è un vecchio detto ebraico che recita così: nessuno è abbastanza malato o abbastanza vecchio da non augurarsi almeno un altro minuto di vita.
Probabilmente ci vorrebbe più attenzione alla via della sedazione profonda, bisognerebbe educare i medici a spiegare al paziente che può intraprendere questa via e bisognerebbe aiutare i familiari ad accettarla. È l'accettazione della morte come parte naturale della vita, quell'accettazione della morte che dovrebbe ispirare il percorso esistenziale di chiunque, fin dall'inizio, per dare senso a ogni giorno della propria vita. Il filosofo Martin Heidegger diceva: "La morte non va rifuggita, ma affrontata con la decisone anticipatrice di essa". Questo per dire che cosa? Per dire che bisogna avere la consapevolezza che ogni secondo è un dono.
Allora, se c'è la possibilità di dare una risposta al paziente che non reagisce più alle terapie palliative, come ha correttamente detto prima il consigliere Villanova, possiamo suggerire questa via, piuttosto che quella del suicidio assistito? Perché non mi piace la via del suicidio assistito? Ve lo dico subito: perché finisce col mettere in discussione un principio che è frutto di secoli di lotta per la civilizzazione dell'uomo. L'uomo non nasce civile. L'uomo non è buono in natura, è un predatore, come diceva James Graham Ballard. Lo dimostra il fatto che anche oggi riusciamo a giustificare guerre ingiustificabili che sono in corso. Tuttavia, nel corso del tempo abbiamo elaborato un costrutto, che non è un dogma, è una conquista, quello dell'inviolabilità della vita. Lo abbiamo elaborato non solo su spinta del pensiero cristiano, ma anche sull'onda del pensiero laico. Vi ricordo che l'abolizione della pena di morte è stata concepita dai giuristi illuministi, che sostenevano che la vita non può essere tolta nemmeno al criminale più feroce, sennò significherebbe mettersi nella logica del criminale e rendere la vita una cosa relativa e il suo utilizzo e la sua disponibilità una prassi possibile.
Perché a me spaventa l'idea di autorizzare il suicidio assistito o l'eutanasia? Perché viviamo nell'era del politeismo dei valori. La bella espressione non è mia, ma di Max Weber, un sociologo, che l'ha coniata più di cento anni fa, quando si era accorto che nella società contemporanea c'erano troppe oscillazioni valoriali, era difficile costruire una "minima moralia", una morale comune. E sapete qual è uno degli effetti di questa dissoluzione di una morale comune? L'esigenza di trovare un minimo di fondamento etico comune su un pilastro inesorabile, che è quello della legge. La legge diventa matrice anche di valori morali, non sentiti personalmente, non avvertiti con profondità, ma che a livello di massa diventano il "disco verde" per certe tipologie di comportamento.
Permettetemi di fare un accostamento a un tema estremamente delicato, di cui non parliamo più, ma che prima ha richiamato il collega Lorenzoni, facendo a mio avviso una scelta coraggiosa: il tema dell'aborto. Questo è un tema estremamente serio. Quando è stata fatta la legge sull'aborto, essa serviva a dare risposte a donne che subivano violenze all'interno delle famiglie, prima ancora che fuori dalle famiglie. Gli aborti sono diminuiti, ma sono aumentati i test genetici sugli ovuli fecondati, sui feti in evoluzione. L'estate scorsa "Il Foglio" ha lanciato un allarme: in alcuni Paesi europei stanno scomparendo i bambini down. Prassi legittimata, prassi che risolve problemi per molte famiglie. Ho letto di qualche famiglia che ha fatto causa alla propria USL di appartenenza perché i test sono stati sbagliati e adesso si devono tenere il bambino che ha questo problema. Io, che non ho risposte e sono pieno di dubbi, mi domando se sarà un mondo migliore quello dove i bambini down non avranno più diritto di nascere. A volte ho l'impressione di no.
Noi parliamo spesso dei drammi del secolo scorso e a me viene, alle volte, da ridere amaramente quando sento, in certe cerimonie pubbliche, giustificare certi fatti accaduti dicendo: "Dobbiamo ricordare perché la storia non si ripeta". Ma la storia non si ripete mai allo stesso modo. Lo ammoniva Ernst Jünger, che solo al termine della sua vita si è pentito delle sue idee politiche. È stato protagonista e volontario della prima guerra mondiale. Poi si è distaccato dal nazismo, ma alla fine lui, che era di formazione guerriera prussiana, ha ammesso: "La guerra moderna fa schifo. È solo una questione di materiali, di arsenali e di disponibilità di armi". Ha ammonito circa il nichilismo. Il nazismo è stata un'espressione di nichilismo, di annientamento di valori umani, costruiti storicamente. Ma non si ripresenterà come una volta. Non vedremo nuovi eserciti in marcia. I valori del nazismo o del nichilismo passeranno attraverso le arti mediche, la cura del corpo.
Credo che noi si debba sempre vigilare sui provvedimenti che prendiamo, specie quando la legge diventa anche fonte di una morale basica. Non sincera, non meditata, ma che funziona come alternativa all'indebolirsi degli altri punti di riferimento, quelli delle religioni tradizionali piuttosto che quelli delle grandi ideologie politiche, che erano anche scuola di formazione umana. Davanti a questo vuoto credo che dovremmo interrogarci sulle scelte che legittimano la messa in discussione della vita. Non sto gettando la croce o condannando coloro che portano avanti questo PDL. Ripeto: ho degli amici che lo sostengono e sono convinto della sincerità delle loro intenzioni. Altrettanto sinceramente, per quel poco che può valere la mia opinione, esprimo la mia preoccupazione per una possibilità che si vuole aprire: quella che mette in discussione uno dei pochi pilastri, che ancora erano sopravvissuti, di un vecchio ordinamento sociale, che non può essere buttato via completamente.
Io sono contro il tradizionalismo. Il tradizionalismo congela la tradizione e la uccide. La tradizione va mantenuta viva, quindi si innova continuamente, ma vi sono dei pilastri della tradizione che sono frutto della conquista e dell'elaborazione concettuale e morale di corpi sociali, che hanno portato a delle acquisizioni che sono costate fatiche enormi. Tra queste conquiste vi è quella del principio della sacralità e dell'intangibilità della vita.
È per questo che credo sia più opportuno lavorare nella direzione della sedazione profonda, dell'educazione all'accettazione della morte come parte della vita, ma non dell'introduzione di un principio che consente a una persona di terminare il proprio percorso. Non è stata forzata la riflessione di qualcheduno che ha detto: "E il suicida?". Io ho avuto degli amici che si sono tolti la vita. Lo hanno fatto con determinazione. Se hanno resistito per un po' è solo perché avevano di fronte a loro prospettive crudeli, che poi comunque hanno praticato (buttarsi giù da un cavalcavia, impiccarsi, soffocarsi con il gas di scarico dell'auto). Guardate che ci vuole coraggio. Arrivare a togliersi la vita significa che sono saltati tutti i freni. C'erano persone nei lager ridotte pelle e ossa che ancora lottavano per sopravvivere. Queste persone, che stanno bene fisicamente, invece cercano una via d'uscita.
Forse sottovalutiamo il fatto che ci sono sofferenze che non sono solo corporee, ma appartengono anche alla dimensione dello spirito. Noi oggi come affrontiamo questi problemi che appartengono allo spirito e alla coscienza delle persone? Non ricorriamo più alla camicia di forza. Ricorriamo alle gabbie chimiche. Usiamo psicofarmaci. Talvolta funzionano e talvolta, ahimè, no.
Di fronte a questa complessità di temi, io non sono nessuno, sono solo un vecchio che non arriverà nemmeno alla pensione, però mi permetto almeno di sollevare qualche dubbio all'interno di quest'Aula. Non sono d'accordo con l'affermazione con cui si è aperto il lavoro questa mattina di questa Assemblea, ovverosia: "Tanto la scelta è già fatta. Si tratta solo di attuare". Noi siamo chiamati ad approvare uno strumento, è vero. Però, attenzione. Come avvertiva il grande filosofo Dwigth, quello richiamato dal presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, per defascistizzare, decomunistizzare e denazificare gli Stati Uniti negli anni Trenta, riformando la scuola, i mezzi sono una parte frazionaria del fine. Quando tu scegli un mezzo, non è mai neutro rispetto a ciò che vai a realizzare. Nel momento in cui lo hai adottato hai anche sposato il fine che quel mezzo rende possibile perseguire.
È per questo che ‒ scusandomi con voi per aver abusato della vostra pazienza ‒ concludo annunciando un voto contrario, che non è un voto ostile nei confronti di chi ha presentato questa proposta, a cui riconosco la volontà di dare una risposta a persone che sono in stato di sofferenza estrema. Piuttosto è l'espressione di un timore, che è quello di non superare un principio che non può e non deve essere messo in discussione, non perché è un dogma, ma perché è una conquista culturale, costata tantissimo alla nostra civiltà.
Credo che una soluzione ai pazienti che non rispondono più alle terapie del dolore ci sia. L'ho detto prima, e chiudo con questa: la sedazione profonda, con il congedo decoroso nei confronti delle persone che si sono amate.
Chiudo richiamando la mia esperienza personale. Qualche mese fa ho ricevuto una telefonata da un amico che ha scelto la sedazione profonda e che mi ha detto: "Marzio, ti ho voluto bene". Punto. È possibile andarsene con dignità, anche nelle situazioni più estreme.
Assume la Presidenza
Il Presidente Roberto CIAMBETTI

PRESIDENTE

Grazie, collega Favero.
Ha chiesto la parola il consigliere Marco Zecchinato.

Marco ZECCHINATO (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente. Buonasera a tutti i colleghi.
Premetto anch'io e ribadisco che provo rispetto per ogni orientamento, posizione o pensiero espresso oggi dai colleghi, ma di chiunque, perché è un tema delicato e profondamente difficile da trattare.
Come ha detto il Presidente stamattina, è un tema intimo. Ognuno di noi ha un vissuto, ha esperienze personali piuttosto che idee a livello etico, di sensibilità e di credo che portano a fare dei ragionamenti. Per questo ho il massimo rispetto anche di tutti gli interventi che ci sono stati. Io intervengo perché voglio motivare la scelta del mio voto, essendo da noi, come Gruppo, prevista la libertà di voto.
È naturale che si sia aperto un dibattito con posizioni anche contrapposte, diverse, con temi che possono toccare magari più la sfera filosofica, religiosa, giuridica. Questo, lo abbiamo visto, si è sviluppato anche in altri temi.
Per curiosità sono andato a vedere i lavori che abbiamo fatto in Commissione e anche la discussione con tanti colleghi, il dibattito che era nato proprio sulla morte e sui trapianti. Ho letto delle cose interessanti, per quanto drammatiche, a volte, sul primo trapianto di cuore con Barnard. Anche lì si era aperto il dibattito su chi e come si doveva dichiarare la morte cerebrale. Si è aperto un dibattito sul quale siamo arrivati, in qualche modo, a condividere una linea comune. Non so se avverrà lo stesso anche per questo tema.
Sicuramente il PDL ha acceso una luce, un faro su un tema importantissimo, che molti, magari, non avevano approfondito o del quale non erano a conoscenza. Dagli approfondimenti fatti, anch'io sono d'accordo che vadano potenziate... L'Assessore lo ha detto stamattina e ha spiegato anche quanto si sta facendo in tema di cure palliative. Non si devono saltare i limiti entro i quali opera la sentenza della Corte costituzionale. Spesso abbiamo letto sui giornali di fare attenzione perché stiamo facendo saltare i limiti nei quali opera la sentenza. Esiste una legge, la n. 219/2017, sul biotestamento. Non dobbiamo travalicare questi limiti.
Approfondendo questi temi, ricordo che stiamo parlando di una procedura che si attua, attraverso una sentenza, su persone che hanno determinati requisiti. Li voglio ricordare. Li abbiamo ricordati già tante volte, ma è utile ricordarli ancora. Si sta parlando di persone tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale, affette da patologie irreversibili, fonti di sofferenze fisiche e psicologiche ritenute intollerabili, ma pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli. Qui accomuno la sentenza che c'è stata, che prevede questi requisiti, quindi una procedura, alla legge sul biotestamento. Diventano casi ‒ in particolare quella sul biotestamento ‒ in cui l'assistenza di terzi è l'unico modo per porre il fine vita al malato, quindi l'unico modo di sottrarsi, secondo le proprie scelte individuali, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto, che egli ha il diritto di rifiutare.
La legge n. 219/2017 sul biotestamento riconosce ad ogni persona capace di agire il diritto di rifiutare o interrompere qualsiasi trattamento sanitario, ancorché necessario alla propria sopravvivenza, inclusi i trattamenti di idratazione, ad esempio, e di nutrizione.
Salto alcuni passaggi che mi ero annotato, perché sono stati già ben delineati dai colleghi precedentemente. Però, da questi approfondimenti, proprio sul testo specifico del PDL, ho fatto alcuni ragionamenti e riflessioni, che voglio condividere. Il PDL di iniziativa popolare interviene su una pratica, un servizio già in essere nel sistema sanitario regionale, quindi produce già dei suoi effetti. A torto o a ragione, comunque esiste, viene già applicata ‒ abbiamo visto ‒ dalle ULSS. Il PDL intende dare una tempistica certa e una modalità certa.
È pervenuto, è vero, un parere dell'Avvocatura dello Stato, che ha evidenziato che il PDL potrebbe esporsi ‒ non si espone, ma potrebbe esporsi ‒ a rilievi di non conformità al quadro costituzionale di riparto delle competenze. Su questo si apre un tema. "Potrebbe esporsi" può essere interpretato come una telefonata dell'Avvocatura dello Stato che dice "guardate che ve lo impugno" oppure "potrebbe esporsi" può porre un dubbio e potrebbe anche essere: prima vedo il PDL (qualora arrivi) e poi mi esprimo.
Esiste, altresì, al pari di questo, nei documenti che abbiamo trattato in Quinta Commissione, cito in particolare la scheda normativa fornita dal legislativo, un passaggio in cui si riporta un riferimento al parere del Comitato regionale per la bioetica, che, proprio riguardo a questa pratica, dichiara che esiste un insieme univoco e coordinato di atti la cui legittimità e applicazione non risulta, allo stato, oggetto di contestazione, in particolare sotto il profilo di competenza alla loro adozione. Qui il riferimento è alla pratica, che si basa su una sentenza. C'è un'indicazione da parte del Ministero della salute, che poi la nostra area programmazione – dico "nostra" come area regionale – ha demandato alle ULSS. Le ULSS hanno messo in pratica le procedure con i tempi previsti in ogni singola ULSS.
Possiamo vedere da un lato e anche dall'altro questo PDL. Possiamo vederne le criticità, ma possiamo vederne anche il fine, cioè quello di stabilire dei tempi per dare una risposta a un fine vita dignitoso ‒ condivido il discorso fatto dal collega Marzio Favero prima, non decoroso, ma dignitoso ‒ entro tempi certi. Avere una risposta. Si tratta di casi, come abbiamo detto, circoscritti.
Mi sentivo di fare queste riflessioni. Dovendo esprimere un giudizio, oggi, un voto politico su tutto questo (non introducendo nulla di nuovo, perché già quello che ha introdotto produce degli effetti, agiamo sul lato della disciplina), voglio confermare il mio voto favorevole.
Grazie.

PRESIDENTE

Collega Finco, prego.

Nicola Ignazio FINCO (Liga Veneta per Salvini Premier)

Cari colleghi, quando ho iniziato il mio percorso politico, diversi anni fa, mai avrei pensato di trovarmi nella situazione di dover decidere su un tema etico così importante come la vita. Sarà che, fino a qualche anno fa, mai nessuno avrebbe messo in dubbio un principio fondamentale così importante, perché in una società valoriale questo era considerato, dalla gran parte dei cittadini, un dogma, mentre nella società attuale, dove prevale l'individualismo e l'io, anche questo valore è stato messo in discussione.
Parole come "eutanasia", "suicidio medicalmente assistito" e "fine vita" ci facevano pensare a Paesi come il Belgio, l'Olanda e il Canada, dove queste pratiche sono realtà già da molti anni, oltre a storiche battaglie portate avanti dai Radicali nel corso degli anni, con scarsi risultati sia da un punto di vista politico, che elettorale.
Dobbiamo avere anche il coraggio di dire che questi temi non hanno mai fatto parte della cultura e dell'agenda politica né del centrodestra, né tantomeno della Lega e il centrosinistra, che tanto si erge a paladino di tutti i diritti di questa terra, mi sembra non consideri questi temi tra i prioritari per il nostro Paese.
Poi, ricordiamoci che viviamo in Veneto, una Regione con una profonda storia sociale e culturale, legata all'assistenza della persona, dai primi giorni di vita fino all'ultimo respiro, e non è un caso che il Veneto sia la Regione – spesso noi ci vantiamo di ricordarlo – con il maggior numero di scuole paritarie, che vuol dire l'accudimento del bambino fin dai primi giorni di vita e con il maggior numero di case di riposo, proprio per l'attenzione che questa Regione da sempre dà anche a chi è anziano e a chi vive i suoi ultimi giorni di vita, dopo una lunga esistenza.
Non è un segreto che il mio voto a questo progetto di legge sarà contrario, ma sento il dovere di cogliere questa opportunità e proporvi una visione diversa rispetto a quella che ci hanno fatto forzatamente digerire nel corso di questi mesi; mesi in cui non passava giorno in cui ci veniva ricordato, vuoi a mezzo stampa, vuoi tramite i mezzi di divulgazione di massa, come chi era detentore di un pensiero diverso da questo progetto doveva essere considerato un troglodita, un becero da stanare, una persona insensibile alla sofferenza degli ammalati piuttosto che essere considerati dei politici che vivono lontani dalla realtà e che affrontano le problematiche dei cittadini al caldo dei loro salotti, magari con la copertina sulle gambe, insomma quasi passibili di una condanna per non aver accettato che la nostra Regione debba proceduralizzare la morte.
Adesso veniamo alla proposta, una proposta che fa base su una sentenza, come avete ben citato più volte, la n. 242 del 2019 che, è bene chiarirlo ed è già stato fatto, è già auto-applicativa ed ha efficacia erga omnes.
Giusto per precisare, alcun giudice può obbligare il legislatore, sia esso regionale o nazionale, a introdurre una norma obbligatoriamente, tantomeno su un argomento delicato come questo.
In questa tematica, usare il termine "in attesa che sia colmato il vuoto normativo" nell'accezione spesso data dai promotori di questa proposta, è scorretto se si tiene in considerazione che è la stessa sentenza n. 242, tanto richiamata, a confermare come sia sufficiente una mera modifica dell'articolo 580 del Codice penale per renderlo conforme a quanto stabilito dal provvedimento stesso.
Ma è scorrendo, poi, il testo della legge, anche ove si condividesse la volontà di proceduralizzare tale attività medica, che ci si dovrebbe fermare a ragionare sulle tempistiche per poter autorizzare la somministrazione al malato. La norma introduce un termine di venti giorni per decidere se permettere o meno alla persona di suicidarsi. Basti solo questo per far sorgere dei legittimi dubbi sul valore che oggi viene dato alla vita di ciascuno di noi.
Passiamo, poi, alla Commissione multidisciplinare, che non è stata disciplinata all'interno del testo. Nessun riferimento alle persone che dovrebbero assistere alla prestazione, all'iter preventivo sulle cure palliative, all'assistenza dei familiari, al ruolo e al sostegno dei caregiver, spesso giovani e donne che sacrificano studio o lavoro per l'assistenza dei propri familiari o dei propri genitori o dei propri figli, ma per loro non si parla di diritti, mai, ai diritti e ai servizi da garantire a coloro che magari sono in condizione di fine vita, ma non vogliono morire, situazioni che molti di noi conoscono, di persone che sono costrette a fare, e ne abbiamo anche diverse nelle nostre zone, che conosce bene anche l'assessore Lanzarin, di ragazzi magari anche più giovani di me, che sono malati di SLA, che per avere l'assistenza domiciliare sono costretti a vendere i panettoni nel mese di dicembre piuttosto che a vendere delle birre con gli amici d'estate per pagarsi l'assistenza domiciliare h24. Queste sono le esigenze anche che hanno i malati terminali, perché loro hanno bisogno anche della persona che gli asciughi la bava alla bocca; agli scenari sugli sviluppi che potrebbe avere una legge del genere nel corso degli anni, in una società con sempre meno nati, sempre più sola, con un maggior numero di anziani ed una crescente richiesta di servizi di assistenza.
Senza considerare, poi, il ruolo della ricerca medica. Fino a qualche anno fa di certi tipi di tumore si moriva, con certe patologie si moriva in tempi molto più brevi rispetto ad oggi. Grazie alla ricerca, grazie alle metodologie innovative, alle cure sperimentali, alla voglia di tante persone di non mollare e di testare sul proprio corpo certi farmaci, la vita di molti è migliorata e molte malattie che un tempo magari erano incurabili oggi sono quasi curabili.
Sicuramente il principio che dovrebbe togliere ogni speranza a una persona che non ha più speranze o possibilità di vita, andrebbe di sicuro anche a limitare la possibilità di migliorare la vita per qualcuno di noi un domani.
Per l'associazione "Coscioni" l'unico vero obiettivo, a mio parere, è sancire in legge, e quindi farlo diventare un diritto, che lo Stato o una Regione possano autorizzare la soppressione di una persona. Questo è l'unico e vero obiettivo.
Guardiamo, poi, all'iter che questo progetto di legge ha avuto. Una legge iscritta nella seduta della Quinta Commissione per la prima volta il 31 ottobre dello scorso anno, quattro sedute di Commissione, 660 minuti dedicati, 11 ore, nessuna discussione post audizione, nessun voto in Commissione Sanità e forti dubbi sono emersi anche in Prima Commissione per via della neutralità finanziaria e in merito alla discussione se è un LEA o un extra LEA, tanto che l'associazione "Coscioni" la considera una prestazione gratuita, perché è alla pari della sedazione profonda.
Durante le audizioni sono emersi dubbi, perplessità, questioni pregiudiziali, come quella sollevata dal parere chiesto dalla Presidenza di questo Consiglio all'Avvocatura generale dello Stato, che ha evidenziato, a caratteri cubitali, come questa norma non sia di nostra competenza.
Oggi è uno spartiacque che aprirà o meno la porta del nostro Ordinamento a questa scelta profonda per accettare che la Regione regoli la possibilità di porre fine alla vita di un cittadino o meno. è questo che dobbiamo avere chiaro, e non possiamo trattare con distacco o sufficienza questa dura realtà nascondendoci da circostanze tecniche: una norma di procedura che, invece, cela valori profondi.
Non possiamo accettare soprattutto il modo attraverso cui è stata venduta la questione ed è stato imposto il dialogo su questa proposta dal Comitato promotore "Coscioni" e da tutti quelli che hanno liquidato la questione in questo modo; una associazione, quella a supporto del Comitato, qui presente, che pubblica, quasi con vanto, la media delle richieste di informazione sul fine vita ricevute al proprio numero bianco, cresciute del 23,8% rispetto ai dodici mesi precedenti, circa sette richieste al giorno, sette possibili persone che quotidianamente chiedono informazioni su come poter accedere alla procedura che toglierà loro la vita.
Non posso accettare che nella comunità politica di oggi ci si attivi maggiormente con proposte, azioni e norme che permettono ad una persona di porre fine alla propria vita piuttosto che tutelarla e darle ogni strumento per aggrapparsi a vivere ad una vita dignitosa.
È con questa chiarezza che – mi domando e poi concludo – vogliamo affrontare il voto di oggi su un tema così importante? È così che vogliamo dimostrare ai veneti come operiamo, liquidando un tema fondamentale, come quello sulla vita, in pochi mesi, dove il Parlamento, da anni, si sta chiedendo come fare una legge e dare una risposta concreta a questo Paese?
Ecco, questa scelta, che ritengo ingiusta, non avrà mai il mio voto.
Sui giornali abbiamo letto di tutto nel corso di questi mesi, addirittura di un derby politico interno al mio partito tra zaiani e salviniani, neanche fosse una questione di fazione politica. Follia pura. Senza considerare – questo l'ho letto, ma non ho visto nemmeno smentite – la presa di posizione di alcuni Consiglieri di opposizione che, nella speranza di evitare un voto di astensione da parte di una collega, gli hanno augurato addirittura di prendersi l'influenza.
Questi sono i livelli ai quali siamo arrivati. Leggetevi il giornale dell'altro giorno.
Un apprezzamento, invece, lo faccio di cuore e un ringraziamento al collega Bet che, nonostante non fosse componente della Quinta Commissione, e non è l'unico, ha partecipato a tutte le sedute della Commissione e ha cercato, in maniera intelligente, in queste settimane, di redigere una proposta emendativa seria e di buonsenso, che però ha dovuto ritirare.
Questo ci è stato detto dal Comitato qui presente: "Prendete questo testo ed approvatelo, perché altra via non c'è. Analisi, approfondimenti, modifiche sono inaccettabili, perché inaccettabile è ogni forma di dissenso contro questa proposta".
Ecco, proprio per questi motivi, il mio sarà un "no" convinto a questo progetto di legge.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Giacomin, prego.

Stefano GIACOMIN (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Intanto devo ringraziare tutti i colleghi perché i numerosi interventi, ai quali io farò solo poche brevi osservazioni, sono stati, in larga parte, interventi di spessore, profondi e per nulla banali.
Questo è un tema che non deve essere in alcun modo banalizzato. Sullo sfondo c'è tanta sofferenza e, di conseguenza, dobbiamo arrivare a questo tema con grande rispetto.
Devo ringraziare anche la Regione Veneto e il suo Statuto, che ha consentito di portare all'attenzione di questa Assemblea un progetto di legge di iniziativa popolare. Lo dico perché facciamo anche un po' di politica e io, nel corso della mia, purtroppo per l'età, lunga esperienza di progetti di legge di iniziativa popolare ne ho fatti tanti e ho raccolto decine di migliaia di firme, perfettamente legittime e legali, che sono finite nel fondo di tanti cassetti, di quei cassetti che non hanno mai fine, e di conseguenza non sono mai stati portati all'attenzione dell'Aula, qualsiasi fossero i Governi eccetera. Poi la macchina burocratica è partita e li ha macinati.
C'era, evidentemente, nei vari termini, una volontà popolare che non è stata rispettata. E allora a chi tante volte – mi ricordo le manifestazioni – agita la Costituzione direi: "Anche in questo caso agitiamo la Costituzione, perché se vogliamo che la democrazia sia democrazia effettiva dobbiamo rispettare tutti i meccanismi che la Costituzione e la democrazia ci consentono e non andare a minare certi processi, perché magari quel tema non ci fa comodo".
Rispetto tutte le posizioni espresse oggi e non nascondo i dubbi che mi permangono sul progetto di legge, ben espressi nell'intervento del collega Bet, che ha ricevuto, in più occasioni, molti apprezzamenti. Il suo è stato uno sforzo che, anche visto dall'altra parte, e forse non del tutto compreso, mirava a cucire e cercare di arrivare a un testo comune che avesse il più ampio consenso possibile, andando a sminare alcuni aspetti che, obiettivamente, alcune problematiche le rappresentano. Di conseguenza, deve essere ringraziato per questo.
Un'altra cosa. Su questo tema evidentemente c'è un vuoto normativo nazionale al quale, a mio avviso, il Parlamento dovrebbe dare una risposta e sul quale la sentenza della Corte costituzionale, come tutte le sentenze, non ha messo che un pannicello, perché poi le sentenze dei magistrati sono manifestazioni ad hoc che non tengono mai conto dell'aspetto complessivo e di conseguenza sono sempre una risposta parziale. È una risposta parziale che, però, essendo una sentenza della Corte costituzionale, ha un effetto.
La mia osservazione, e qui concludo, perché cercherò di essere brevissimo, in quanto ci sono ancora molti interventi, è la seguente ed è il problema che mi sono posto al momento del voto: con questa iniziativa, di fatto, si cerca di dare certezza nelle tempistiche e omogeneità nei comportamenti da parte della sanità del Veneto, perché questa è l'essenza.
Noi che siamo amministratori di questa sanità, cos'è che possiamo lasciare alle singole ULSS, alle singole aziende sanitarie, ai singoli Direttori generali, che competenza, spessore personale, cultura? Abbiamo Direttori generali che sono laureati in legge, in economia e commercio, in scienze politiche, in medicina. Di conseguenza, alle spalle hanno un retroterra molto diverso e c'è il rischio che, nel momento in cui viene fatta questa richiesta, ci sia una eterogeneità di risposta da parte delle varie ULSS, un po' a macchia di leopardo. Ed è per questo che, in qualche modo, secondo me, con un certo pragmatismo, credo che questa Assemblea si debba far carico di questo onere e dare una risposta sulla gestione perché a noi compete la sanità del Veneto e a questo siamo chiamati a rispondere in questo caso: dare una risposta omogenea da parte della sanità del Veneto su questo tema.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Collega Luisetto, prego.

Chiara LUISETTO (Partito Democratico Veneto)

Anch'io intervengo brevemente perché molto è stato detto. Ringrazio i colleghi degli interventi. Credo che sia stata una discussione e sia una discussione che possa arricchire tutti noi.
Credo che sia fondamentale, e qua colgo l'invito del consigliere Giacomin, darci una prospettiva di pragmatismo e di concretezza, perché rischiamo, altresì, se così non facciamo, di inserirci all'interno di dinamiche e di strumentalizzazioni che ci portano lontano rispetto ai contenuti di ciò che oggi siamo chiamati a votare.
Lo dico perché ho sentito, durante le settimane di audizione, ma in alcuni momenti, anche nella giornata di oggi, alcune affermazioni che rischiano di non tenere presente quali sono i soggetti titolati a fare domanda, e va ribadito, perché le quattro condizioni previste dalla sentenza della Corte si devono realizzare contestualmente tutte e quattro: la capacità di intendere e volere, l'essere attaccati a macchinari che tengono in vita, l'essere soggetti a sofferenze che si reputino intollerabili e avere una prognosi infausta di una malattia che non può guarire.
Queste quattro cose, insieme, rappresentano la nostra cornice, il perimetro, come diceva la capogruppo Camani questa mattina, nel quale ci muoviamo e dobbiamo prendere una decisione.
Sentire che in questi mesi o in questi anni è il valore della vita a essere stato messo in discussione o che in questi mesi chi ha deciso di votare contro è stato dipinto in maniera negativa credo sia non corretto. Credo sia non corretto perché, purtroppo, nel momento in cui si è scelto o alcuni hanno scelto di portare la discussione su un piano di tifoserie, chi si è detto portatore delle istanze della vita e ha posto in una luce assolutamente negativa chi ha discusso e, magari con fatica, è arrivato una sintesi personale di un pensiero in senso diverso, si è comunque reso protagonista di una deriva che a mio avviso non può non essere considerata in quest'Aula.
Abbiamo l'opportunità di scegliere e di prendere una decisione che è certamente figlia di una mancata decisione nazionale. Sono d'accordo. Condivido con tutti quelli che hanno detto che manca una legge nazionale, che il legislatore ha abdicato al suo ruolo, nonostante la stessa Corte abbia insistito nel chiedere che questo ruolo venisse esercitato. E sono altrettanto convinta che non possiamo noi sostituirci in toto al legislatore nazionale. Ma c'è un territorio sul quale questo Consiglio è chiamato a legiferare, un territorio nel quale ci sono cittadini che possono essere presi in carico ad oggi in maniera diversa. Non stiamo decidendo se possono essere presi in carico nella loro richiesta. Stiamo decidendo quando e stiamo decidendo se c'è una omogeneità nella presa in carico, omogeneità che ad oggi non c'è.
è vero, non c'è una legge nazionale, ma non è la prima volta che spinte popolari, spinte dal basso, spingono appunto, sollecitano, sono strumento per rendere consapevole e necessaria una scelta a livello nazionale e quindi anche su questo dovremmo riflettere nel momento in cui decidiamo. Non credo sia una scelta a cuor leggero per alcuno di noi, sia per le convinzioni, magari anche per convinzioni religiose, per tutta una serie di aspetti, ma credo altresì che chiusa quella porta e seduti in quest'Aula abbiamo una responsabilità che va oltre noi stessi, una responsabilità collettiva e solidale a cui non possiamo davvero abdicare.
È perfetta questa proposta di legge, l'avremmo scritta così? Ce lo siamo detti nel corso delle sedute di Commissione. Le proposte del consigliere Bet, altre proposte emendative che avevamo in mente per migliorarla, per renderla più, a nostro avviso, aderente alla sentenza, ma anche nel caso del Partito Democratico, aderente a una proposta di legge che era stata votata da uno dei due rami del Parlamento e poi si è bloccata a livello nazionale.
Ci sono delle responsabilità sia a livello nazionale che ad altri livelli rispetto alle questioni che ci siamo detti e una di queste è anche quella di garantire servizi socio-assistenziali e sanitari che rendano libere le scelte delle persone e chi, se non chi governa questa Regione, ha l'impegno e la possibilità di scegliere che queste politiche, che questi servizi siano concreti, efficaci e raggiungano più persone possibili.
Non nascondiamoci dietro a una proposta di legge per fare politiche che, invece, sono necessarie e siamo nelle condizioni di poter fare, che chi ci governa può fare assolutamente e mettere in campo.
La dimensione in cui lavoriamo è una dimensione molto concreta. Parliamo di procedure e tempi e non dei sì o no a un diritto che viene già esercitato ed è frutto di una sentenza ed è bene ribadirlo, perché, ribadisco, se i dubbi espressi in tutto il percorso dal consigliere Bet, se i dubbi stessi che ognuno di noi, ascoltando i tanti auditi, che ringrazio per la grande disponibilità che hanno messo a disposizione, ci hanno conferito, ci sono dei termini e delle estremizzazioni che non fanno bene a chi ascolta e guarda questo Consiglio e soprattutto a chi vive una situazione di sofferenza.
Non è soltanto per Stefano Gheller che dobbiamo fare una scelta, è anche per la responsabilità che portiamo con noi nei confronti di oltre 9.000 persone che hanno sottoscritto questa legge e credo anche nei confronti di uno Stato al quale, con la nostra azione, chiediamo di essere incisivo, concreto e di prendere in mano finalmente una questione che da troppo tempo viene procrastinata.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Collega Zottis, prego.

Francesca ZOTTIS (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente. Parto dal ringraziamento alla Capogruppo e al Vicecapogruppo perché hanno già espresso, con molta chiarezza, quella che è la linea del Partito Democratico.
Un ringraziamento va anche al Comitato perché ci ha permesso, grazie a quelli che sono degli strumenti previsti, ce lo ricordava bene il collega Giacomin prima, dalla nostra legislazione, dal nostro Regolamento, di poter riflettere, di poterci confrontare su un tema che è un tema, per quanto mi riguarda, che va affrontato da un punto di vista morale, anche se ricordiamo che non siamo in uno Stato etico, ma siamo in uno Stato comunque democratico e laico, e soprattutto da affrontare da un punto di vista anche di responsabilità. Ha ragione la collega Luisetto nel dire che è anche un richiamo allo Stato per dire: tu che sei responsabile devi legiferare, perché siamo nel 2024 e non è possibile che non si riesca a dibattere in modo sereno anche di queste tematiche e trovare quei confini che il legislatore, per il ruolo per cui è stato votato, per cui è stato scelto, deve comunque portare a termine.
Mi è piaciuto molto il richiamo al rispetto perché per me è stato ostico affrontarlo, l'ho già detto, perché credo che sia l'unico modo per riuscire a trovare quel confine. Quel rispetto che mi porta a dire che questo dibattito, almeno per me, e il mio pensiero si è sviluppato sempre con quel principio di umanità che credo sia doveroso e a cui ci richiamava Martin Luther King quando diceva che l'umanità ha bisogno di leader che non guardano la pubblicità ma che guardano all'umanità. Questo è stato l'elemento che mi ha guidato anche nella scelta del sì a questo progetto di legge, quell'umanità che mi dà la consapevolezza che per me – e quindi parlo a titolo individuale – la vita è sicuramente un valore inviolabile, ma quella vita ha un fine, e su questo condivido in modo diverso quello che diceva prima il collega Favero. Si parla anche di morte, perché la morte è un elemento naturale del processo della vita. Per chi non crede, la morte è un atto finale di questa Terra, per chi crede è l'atto finale della vita terrena, che guarda a qualcos'altro, ma fa parte del processo naturale. Io credo che il termine "morte", non solo il termine "vita", debba entrare a pieno titolo e senza ipocrisia nei nostri dibattiti.
Il principio dell'accompagnamento alla morte deve entrare nei nostri dibattiti, nei principi che ci dicevamo prima con le cure palliative, ma anche in quel principio di comprendere i confini, di comprendere qual è la necessità di formarci come legislatori e di formare anche chi a quella morte deve accompagnare. Parliamo di cure palliative, io voglio che si parli anche di cure palliative pediatriche, per quel coraggio che ci deve accompagnare nel dibattito che dobbiamo fare comunque, anche con questo progetto di legge. Se io posso – ed è uno dei motivi per cui voto sì – contribuire nell'alveo definito dalla Corte nel dettare i tempi, le procedure, nei quattro criteri posti dalla Corte, ad applicare in modo uniforme quello che c'è scritto e nello spingere lo Stato con quel principio di libertà che ci ricordava prima il capogruppo Villanova, lo faccio credendoci fino in fondo, con quella libertà che porta rispetto per l'altro, con quella libertà che porta rispetto per la vita, con quella libertà che porta rispetto per quel principio di consapevolezza che della morte, per quanto mi riguarda, a un certo punto non bisogna aver paura, proprio per quella naturalità che ci dà la vita.
Credo che in questo dibattito forse alcune volte, non tanto oggi quanto fuori, si sia scesi ad esprimere giudizi morali che non stanno a noi, proprio per quello di cui stiamo discutendo. Si è scesi a spostare il dibattito da una parte, giustamente, ma troppo su quello che sono i servizi sanitari, ma non ne stiamo discutendo oggi, non votiamo questo. Votiamo i tempi e le procedure e solleviamo sicuramente una questione politica di vuoto normativo. è questo che stiamo facendo. Questo non significa rinunciare a tutto il resto, nella consapevolezza però che anche le cure palliative hanno un limite e che la dignità delle persone va salvaguardata anche da un punto di vista legislativo e il coraggio di andare fino in fondo nei confronti della legislazione, se uno decide di svolgere questo ruolo, bisogna che ce lo prendiamo fino in fondo nel rispetto delle diversità. Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Collega Guarda, prego.

Cristina GUARDA (Europa Verde)

Oggi discutiamo una proposta di legge che ha un compito: fornire indicazioni univoche alle ULSS del Veneto affinché sia correttamente valutata la volontà di persone con patologie gravi, degenerative e terminali di ricevere aiuto nel congedarsi alla vita con l'autosomministrazione di un farmaco.
Questa proposta di legge è popolare, è avanzata da più di 9.000 persone e traduce in legge regionale la disciplina affrontata dalla Corte Costituzionale con la sentenza additiva n. 242/2019, intervenuta per risolvere un argomento difficilissimo che la politica non aveva avuto il coraggio di affrontare. Credo sia utile sottolineare come il testo sia conforme a tutte le condizioni di elementi definiti con la sentenza in questione e per questo ritengo che i paventati aspetti di illegittimità costituzionale non sussistano. In questo modo mi trovo d'accordo con la precisa analisi fatta dal servizio Affari Legislativi del Consiglio perché non ci sono ostacoli di diritto che impediscano la discussione di questa proposta, procedendo all'approvazione del testo presentato.
Accanto però a queste considerazioni, va tuttavia ammesso quello che anche voi avete condiviso: affrontare questo progetto di legge è politicamente e umanamente complesso. Personalmente lo ritengo l'atto più difficile in quasi nove anni di attività istituzionale, e lo è perché in sé il tema è uno di quei temi in cui non c'è un bianco e nero universale, ma tante sfumature, sfumature che non dipendono solo da fattori esterni ma dalla coscienza di ogni cittadino e di ogni cittadina. Chiunque quindi si senta eccessivamente sicuro della propria posizione probabilmente rischia di affrontare il tema in modo autoreferenziale, pensando di poter racchiudere in una logica monodirezionale la comunità poliedrica di cui invece ci preoccupiamo. Ma chi come noi fa politica ha ben compreso il nostro ruolo, va fortunatamente ben oltre l'autoreferenzialità e deve, per potersi dire compiuto in coscienza, rapportarsi con la complessità e i temi etici, anche prescindendo dalle proprie personali scelte o dal pezzo di mondo che sentiamo di rappresentare.
Al decisore pubblico è richiesto di guardare oltre i propri confini, spingendosi a guardare il mondo con gli occhi dell'altro, spogliandosi del proprio ego. Questo per me è un esercizio difficile, ma obbligatorio ed è fatto un po' su tutto. Lo faccio dentro di me anche quando devo discutere con voi di clima e cerco di ascoltare e comprendere le posizioni del collega Valdegamberi. Lo faccio quando discuto di caccia e cerco magari di mediare il mio sentire con quello del collega Possamai, giusto per fare due esempi piccoli. So bene di riuscirci alcune volte di più e altre volte meno. Come immagino anche voi facciate, cerco quindi di guardare oltre me con esercizi quotidiani di empatia e condivisione che muovono ognuno di noi, coloro che vogliono lavorare per il bene pubblico, per il bene comune. Tanto più nei temi etici. L'empatia, citata anche prima, non può mancare e deve accompagnare tutte le analisi tecniche, legislative e scientifiche. È l'empatia a generare il rispetto per il prossimo. La capacità di ascoltare e non solo sentire la disponibilità al silenzio per fare il vuoto dentro di sé e accogliere le parole, i desideri, le preoccupazioni dell'altra o dell'altro.
Ho cercato di fare mia questa empatia, questo camminare nelle scarpe dell'altro, a partire dal mio percorso familiare e di fede personale e condiviso. Lì l'ho imparato chiamandolo farsi una cosa solo con l'altra o con l'altro o ancora amare il prossimo come me stessa, una regola che ho avuto il grande privilegio di condividere con tante religioni differenti nella società civile, basata su principi di solidarietà.
Questa regola mi ha fatto rileggere con attenzione ogni dichiarazione dei proponenti, ogni vostra dichiarazione. Le dichiarazioni degli auditi, degli esperti, dei membri dei Comitati etici e l'ho fatto anche andando ad incontrare uomini e donne, pazienti, parenti, medici, cittadini che rappresentiamo assieme e che hanno vissuto o proprio ora stanno vivendo l'esperienza di dolore irreversibile e del commiato dai propri cari. Ma questa è anche la regola che mi ha fatto rimbombare nella mente un'esperienza che mi ha colpito profondamente: magari ricorderete quando nel 2022 vi tediai con la proposta per prevenire la cronicizzazione dell'emicrania e il mal di testa.
In modo sicuramente goffo vi raccontai come fosse stato ispirato dall'esperienza condivisa da me e da altri malati di cefalea e di emicrania cronica. Eravamo arrivati ad un punto così grave di cronicizzazione da soffrire ogni giorno senza tregua e molti anche con conseguenze gravissime per la propria vita e quella dei propri familiari.
Un giorno, ricordo bene, ci siamo detti "non vogliamo che altri soffrano come noi", e da lì partì quella proposta, quella che abbiamo votato poi.
Quest'anno la relazione fra me e la mia cattiva emicrania cronica compirà 16 anni. Come ho confidato ad alcuni di voi, di anno in anno peggiora, purtroppo. Al momento ho esaurito le strategie di cura per ridurre il mio dolore. Ci sono giorni, e sono molti, purtroppo, in cui questo dolore raggiunge picchi che io non riesco a descrivere.
Uno di questi era il settantaseiesimo di dolore continuo e pieno di quei picchi. Quel giorno ricordo che mi sono proprio fermata ed ero totalmente sfinita, non avevo più le forze per reagire. In quel momento ho pensato una cosa che io, ammetto, non avrei mai pensato possibile: ho pensato che avrei preferito finire la mia vita così, perché non ce la facevo più.
L'ho pensato proprio io, che ero certa, grazie alla mia fede e alla mia inesauribile speranza, di poter resistere al dolore, sempre e comunque. L'ho pensato io, che soffro un millesimo rispetto a chi ha chiesto di avere la libertà di scegliere. L'ho pensato io, che ritenevo di poter resistere comunque e sempre reagendo al dolore, nascondendolo ai più per anni, in attesa di trovare un neurologo con la soluzione giusta, una cura nuova, una terapia alternativa per ridurre almeno l'intensità di quel dolore o i giorni di sofferenza.
Ripenso a quel giorno e a quelli successivi. Ripenso alle esperienze di vita passate nella mia famiglia e di quelle persone con cui ho condiviso questo percorso di confronto sul fine vita.
Vedo le mancanze di garanzie medico-scientifiche sull'efficacia delle cure palliative per alcune patologie, visto quanto è emerso al riguardo anche nelle audizioni che abbiamo affrontato insieme e comprendo che la sedazione profonda non può essere consentita o garantita come soluzione universalmente dignitosa, a parere di tutti.
Per questo sento il dovere morale di mostrare empatia. Per me, chi soffre e non ritiene che le cure palliative e la sedazione profonda siano una scelta per sé dignitosa, non può vedere un veto politico che lo obbliga a sopportare e a resistere al dolore, nonostante tutto.
Devo affrontare questo tema mettendomi nei panni di quelle persone che soffrono, hanno percorso ogni strada di cura possibile e chiedono di poter decidere di fermarsi con dignità invece che con sofferenza, lasciando chiunque altro libero o libera di fare una scelta diversa, che sia la sedazione profonda o le cure palliative, la terapia del dolore. "Nessuno ha amore più grande di colui che sa rispettare la libertà dell'altro" diceva Simon Weil, filosofa e mistica.
Il voto di oggi è quindi per me un esercizio di comprensione e di unità con chi ci chiede di poter scegliere, accompagnati da Istituzioni responsabili. Per questo motivo ringrazio voi per aver condiviso questa discussione, ringrazio tanto più chi ha fatto questo esercizio di empatia e ha scelto poi, di conseguenza, in una direzione o nell'altra, e ringrazio quei più di 9.000 cittadini veneti che ci hanno obbligati ad affrontare questo tema in Consiglio, prendendoci a cuore dei temi che fino ad oggi probabilmente non abbiamo affrontato in maniera sufficientemente dignitosa e rispettosa e, al contempo, li ringrazio perché hanno consentito anche a me di fare questo percorso e di condividerlo con tanti cittadini e cittadine che in questo momento stanno condividendo con me e con noi la tensione della scelta, della comprensione e della disponibilità nell'ascolto per l'altro.

PRESIDENTE

Collega Zanoni, prego.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
È stata una giornata intensa. Abbiamo sentito moltissimi interventi su un tema così importante e così sentito, molto dibattuto, che meritava appunto massima attenzione. Credo che come membri di questo Consiglio dobbiamo usare concretezza e pragmatismo e dobbiamo agire nella nostra azione legislativa in maniera libera e laica. Non dobbiamo farne, come abbiamo visto in questi giorni, una questione di tifoseria dove i toni troppo spesso si sono alzati a dismisura. Dobbiamo sempre avere, a mio avviso, comunque, il rispetto dell'altrui parere ed opinione, naturalmente se è espresso in maniera civile, equilibrata, non offensiva.
Stiamo parlando oggi di un punto all'ordine del giorno abbastanza anomalo, diciamo quasi nuovo in questa legislatura e anche per l'altra, devo dire, nel senso che è un progetto di legge d'iniziativa popolare. Abbiamo uno Statuto che prevede che i cittadini possono, attraverso una raccolta di firme (7.000 in questo caso) presentarci delle proposte di legge. È stato fatto da questo gruppo promotore con 9.000 e passa firme. Quindi abbiamo anche un obbligo nel doverlo esaminare e poi anche votare.
Abbiamo degli obblighi precisi su questo. Sono regole che si è data la Regione Veneto, che si è dato questo Consiglio, naturalmente nelle precedenti legislature.
Perché siamo qui oggi? Siamo qui oggi sicuramente perché c'è stata questa proposta di questo progetto di legge, ma siamo qui anche per delle evidenti omissioni da parte del Parlamento italiano, che risulta essere uno dei pochi ancora in un'Unione Europea a non aver legiferato su questo.
Se qualcuno se la deve prendere, se la prenda con l'inefficienza del nostro Parlamento.
Da parte nostra è da più di un anno che in Parlamento abbiamo presentato un progetto di legge, il progetto di legge n. 104 a prima firma Bazoli; un progetto di legge che servirebbe a dotarci di una norma che hanno ormai moltissimi Paesi, che, all'articolo 1, nelle finalità, prevede semplicemente che "la presente legge disciplina la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita, alle condizioni, nei limiti e con i presupposti previsti dalla presente legge, nel rispetto dei principi della Costituzione, della Convenzione europea dei Diritti dell'uomo e della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea".
Oggi noi siamo chiamati a votare un progetto di legge che fa propri quelli che sono i dettami della sentenza della Corte Costituzionale, la n. 242/2019. Questo perché manca una norma dello Stato. Siamo, in qualche modo, come Consiglio regionale, come Consiglieri, un po' vittime di questa omissione perché devono essere i parlamentari a fare queste leggi.
Io credo sia giusto, però, ricordare anche un'altra cosa. Il comma 2 dell'articolo 1 dice una cosa chiarissima, proprio per questo motivo che ho premesso: questa legge esiste ed esisterà, se approvata, fino all'entrata in vigore della disciplina statale, perché manca la disciplina statale.
Naturalmente sono temi molto delicati, quindi, come dicevo prima, va posto massimo rispetto per le convinzioni personali di tutte, lecite, comprensibili, alcune anche profonde. Però, io credo che non dobbiamo assolutamente esimerci dall'attuare il nostro compito di legislatori, perché le procedure che sono state adottate sono tutte previste dalle leggi e quindi il nostro dovere è prendere in considerazione questo progetto di legge e naturalmente votarlo.

PRESIDENTE

Collega Pan, prego.

Giuseppe PAN (Liga Veneta per Salvini Premier)

Grazie, Presidente.
Sarò molto breve, anche perché faccio mie molte delle discussioni fatte oggi in quest'Aula, in particolare quelle del collega Bet e del collega Marzio Favero, di cui ho apprezzato molto la profondità e a cui sono anche contento di avere lasciato i venti minuti del Gruppo Lega per come ha espresso la sua profonda opinione.
Sono stati toccati molti argomenti, da una parte e dall'altra. È stata, secondo me, una discussione edificante da tutti i punti di vista che si sono visti oggi.
Comunque, volevo solo sottolineare alcune mie riflessioni personali, al di là dei tecnicismi, del fatto che la legge sia una legge di competenza statale, che l'Avvocatura dello Stato ci abbia mandato una nota, che ci siano state delle interpretazioni, che comunque in questa Regione è già possibile accedere a questo tipo di intervento. Ci sono stati dei casi, qualcuno ha detto "andato a lieto fine", e quello mi ha un po' disturbato, devo dire. Altri, invece, sono ancora in itinere.
Sicuramente è un momento importante di questo Consiglio, è un momento che tocca tutti noi, è un momento chiaramente dettato anche dalle esperienze di vita di ognuno di noi. Io posso solo citarne alcune delle mie. Ormai, come Marzio, ho superato i sessant'anni e quindi ho accompagnato spesso e ho visto morire molta gente, molte persone care, amici, mio padre, anche persone di giovane età, con malattie importanti, malattie terminali. Recentemente, prima dell'ultimo dell'anno, un caro amico che aveva un cancro al pancreas, dopo tre mesi, ci ha lasciato. Quando sono andato per l'ultima volta al suo capezzale ‒ questo signore era a casa ‒ erano presenti gli infermieri. I medici dell'ULSS di Bassano, in Provincia di Vicenza, hanno operato su questa persona, anche giovane, quindi in piena forza nelle sue capacità, questi interventi. Devo dire che avergli lasciato del tempo, grazie a queste cure palliative, a queste cure antidolore (poi è andato in sedazione profonda, perché non ci ha più riconosciuto), avergli lasciato il tempo necessario per confortare i figli, dire l'ultima parola, salutare la moglie e gli amici cari... Devo dirvi che è stato un momento toccante, un momento che, al di là, purtroppo, della fine, che era certa, ci ha lasciato un grande ricordo e un grande affetto. Questo mi ha fatto molto pensare.
Non è facile prendere una decisione oggi. Lo capisco. Non rientro nei temi della società, che si sta invecchiando, di questa porta, che qualcuno citava, questo varco che in altri Stati è stato aperto, che sta portando soprattutto gli anziani verso questo tipo di scelta. Quando ci sono di mezzo solitudini, magari anche eredità, figli che non ci sono più... Io ho una mamma di 91 anni. Andiamo a trovarla sempre e cerchiamo di starle vicino. È ancora in gamba.
Nel quartiere dove abito io ci sono tanti anziani che, purtroppo, sono abbandonati. Se basta andare a casa di questi anziani e dire loro "tu sei un peso per la società, sei un costo per la società e anche per la sanità pubblica, prima te ne vai meglio è", io penso che firmerebbero tutti. La fragilità di un anziano, per chi frequenta gli anziani... Io da Sindaco mi sono occupato delle case di riposo, quindi so bene come vengono gestite e cosa accade al loro interno, che tipo di malattie ci sono. Si giustificano le migliaia di morti che avvengono in Belgio, Olanda, Svezia, Canada.
Vi lascio esprimendo la mia contrarietà a questo progetto di legge. Quando si nasce si è da soli, quando si muore si è da soli, ma essere accompagnati da cari amici e dagli affetti credo sia molto meglio che essere accompagnati dalle strutture sanitarie.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Presidente Brescacin, prego.

Sonia BRESCACIN (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Intervengo a titolo personale. L'enorme sviluppo delle tecnologie in medicina se, da un lato, permette di curare pazienti che fino a poco tempo fa avrebbero avuto scarse possibilità di sopravvivenza, dall'altro determina, talune volte, l'allungamento della vita in condizioni instabili e di grande dolore e angoscia.
Di pari passo alle trasformazioni tecnologiche è mutata anche la sensibilità sociale nei confronti della sofferenza. Così, nel dibattito che accompagna le riflessioni sul fine vita, si è andata incentrando l'attenzione prevalentemente sull'idea di dignità, intesa nella sua dimensione di diritto a morire con dignità, e sulla tutela dell'autonomia del malato. Comprendere le componenti e le influenze del benessere di fine vita è una preoccupazione fondamentale tra esperti di etica, professionisti, responsabili politici, pazienti morenti e le loro famiglie.
Il punto è conciliare i due princìpi della salvaguardia della vita, da un lato, e dell'autonomia e libertà di autodeterminazione del soggetto, dall'altro. Un bilanciamento che deve tenere in particolare conto condizioni e procedure che siano di reale garanzia per la persona malata e per il medico. Il bilanciamento lo hanno fatto i 15 giudici della Corte costituzionale, di fronte al silenzio del Parlamento, dei parlamentari eletti, che sono i depositari della sovranità nazionale e sono competenti in materia di diritti costituzionali fondamentali della persona. La sentenza esclude la punibilità dell'aiuto al suicidio in determinati casi, individuando i presupposti per una procedura medicalizzata per analogia agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 219/2017, che ha disciplinato le DAT, il consenso informato e la sedazione profonda palliativa. Tutti aspetti rientranti nella relazione medico-paziente, a tutela della dignità e della libertà di autodeterminazione della persona, affidandola, in via esclusiva, a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale.
A mio avviso, la sentenza si colloca nella materia della tutela della salute, materia di competenza concorrente Stato-Regioni e, in quanto tale, di competenza regionale, quantomeno per la disciplina dei profili procedimentali ed organizzativi e le relative norme chiamate a definirli. Così sono diversi i casi già oggi di applicazione della sentenza costituzionale.
Significativo è il documento del 18 luglio 2019 del Comitato nazionale di bioetica, dove 13 componenti hanno espresso valutazioni a favore, sia da un punto di vista morale che giuridico, al suicidio medicalmente assistito. Evidenziano che la richiesta di assistenza al suicidio giunge alla fine di un percorso di cura e di relazione con il medico e con altre figure dell'équipe sanitaria, che permette la conoscenza del malato e l'instaurazione di un rapporto di fiducia, di un'alleanza terapeutica, all'interno della quale si prospettano le varie alternative e si accerta che la volontà dell'interessato sia autentica e non sia frutto di pressioni esterne che fanno leva sullo stato di vulnerabilità. Sapere di avere la possibilità di mantenere la propria dignità fino alla fine della propria vita è un aspetto centrale del proprio benessere complessivo e fornisce quel senso di sicurezza che può rasserenare l'esistenza, anche qualora non si richieda concretamente alcuna assistenza a morire. Ritengono, inoltre, che l'effettiva disponibilità della palliazione non escluda la possibilità che il paziente avanzi comunque una richiesta di aiuto medico al suicidio.
Sottolineo, a tal proposito, l'attenzione della Regione del Veneto nei confronti delle cure palliative, già messa in evidenza questa mattina molto bene dall'assessore Lanzarin. L'impegno regionale si è sempre distinto per una rapidità nel recepire la normativa nazionale, rafforzando l'implementazione delle cure palliative nella programmazione socio-sanitaria regionale. La rete regionale di cure palliative pediatriche è un modello di riferimento nel panorama nazionale e le reti di cure palliative dell'adulto si sono strutturate in modo progressivo nel corso degli ultimi dieci anni.
Il Piano di potenziamento della rete delle cure palliative (delibera di agosto del 2023) ha visto il Veneto tra le poche Regioni a inviarlo nei tempi fissati dallo Stato e ha l'obiettivo di incrementare la presa in carico degli aventi diritto, anche grazie ai progetti legati al PNRR e al nuovo finanziamento di 10 milioni di euro inserito nella legge finanziaria del 2024. È così che la materia si inserisce nell'ambito delicato delle situazioni di particolare vulnerabilità, regolamentando la mera possibilità, e non certo l'obbligo, a determinate condizioni, di accedere al suicidio medicalmente assistito, prevedendo meccanismi di tutela e controllo. La sentenza, infatti, affida a una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale la verifica delle condizioni e delle modalità di esecuzione, previo parere del Comitato etico territorialmente competente.
A tal proposito, si evidenzia che per i Comitati etici per la pratica clinica si fa riferimento alla nota regionale n. 4448 del 5 gennaio 2022, che individua nei Comitati etici operanti presso le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere, presso lo IOV, gli organismi competenti ad esprimere il proprio parere nei casi di gestione di problematiche attinenti al fine vita. Il legislatore nazionale ha stabilito composizione e funzionamento dei Comitati. Il Veneto, con DGR n. 333 del 29 marzo 2023, ha riorganizzato la rete e ridefinito le modalità di nomina dei componenti e di funzionamento.
Il Comitato etico territoriale deve adottare un Regolamento che dettagli compiti e modalità di funzionamento e di gestione del conflitto di interessi, regole di comportamento dei componenti e dell'ufficio di segreteria e deve essere conforme alla normativa vigente in materia e a tutti gli atti di indirizzo predisposti dal Centro di coordinamento nazionale dei Comitati etici.
Il parere del Comitato etico è, quindi, espressamente richiesto per la delicatezza dei valori in gioco e a tutela delle situazioni di particolare vulnerabilità, nelle more dell'intervento del legislatore. Deve, pertanto, esprimere un parere in particolare sull'assenza di situazioni che rivelino profili di eteronomia della decisione per interventi indebiti di terzi, la sussistenza di una compiuta informazione, prevista dall'articolo 1, comma 5, della legge n. 219/2017, alla cui stregua il medico deve prospettare al paziente le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative, promuovendo ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica. Infine, deve anche verificare la stabilità della volontà, che deve manifestarsi in modo costante e ininterrotto.
Inoltre, come espressamente previsto dalla sentenza costituzionale, il servizio sanitario nazionale deve assicurare e il Comitato etico deve verificare se l'interessato sia stato coinvolto in un percorso di cure palliative, ai sensi della legge nazionale n. 38/2010, al fine di garantire un adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona ammalata e della famiglia. Per questo, e anche per altri motivi, il mio voto sarà favorevole.
Assume la Presidenza
Il Vicepresidente Nicola Ignazio FINCO

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Ha chiesto di intervenire il presidente Ciambetti. Prego.

Roberto CIAMBETTI (Liga Veneta per Salvini Premier)

Care colleghe e cari colleghi, come sapete frequento spesso le Istituzioni comunitarie e anche da Bruxelles osservo quanto è accaduto in Europa, quali sono le norme in vigore nei vari Stati dell'Unione europea e anche il comportamento delle Corti di giustizia. Porto alcuni esempi concreti.
Presso la Corte europea dei diritti dell'uomo, 29 aprile 2002, sentenza Pretty contro Regno Unito: la Corte ha stabilito per la prima volta che l'imposizione di un trattamento medico senza il consenso del paziente equivale alla violazione del rispetto della vita privata e familiare.
20 maggio 2010, sentenza Haas contro Svizzera: la Corte afferma che spetta agli Stati trovare il giusto bilanciamento e che spetti solo a questi decidere come debbano essere disciplinate le disposizioni sul fine vita.
4 ottobre 2022, sentenza Mortier contro Belgio: la Corte ammette che gli Stati possano rendere legittime le richieste di soggetti affetti da malattie psicologiche, anche garantendo l'indipendenza dei medici coinvolti.
Cosa hanno fatto gli Stati? Come hanno legiferato gli Stati?
In Belgio la legge sull'eutanasia del 2002 introduce la possibilità di praticare l'eutanasia con il consenso informato del paziente, capace di intendere e volere, che sia soggetto a sofferenza intollerabile e costante, causata da una malattia grave ed incurabile. Nel 2014 viene, poi, approvata la legge sull'eutanasia sui minori, che estende la possibilità di praticare l'eutanasia prevista dalla legge precedente, del 2002, anche ai minori di età.
In Olanda la legge sul fine vita su richiesta e il suicidio assistito è del 2001. Questa legge si applica anche ai minori a partire dai 12 anni.
In Lussemburgo la legge sull'eutanasia e il suicidio assistito è del 16 marzo 2009. Si consente il ricorso alla legge anche in caso di sofferenza psicologica.
In Spagna la legge organica sull'eutanasia è del 18 marzo 2021 e detta la disciplina generale dell'eutanasia, definendola come un vero e proprio diritto di richiedere e ottenere l'aiuto necessario a morire. Un diritto nuovo, inserito tra i servizi del sistema sanitario nazionale.
In Germania nel 2015 è stato presentato un disegno di legge sul suicidio assistito, che lascia impunita l'assistenza al suicidio episodica da parte di una persona vicina alla vittima. Il 26 febbraio 2020 il Tribunale costituzionale federale tedesco ha stabilito che ciascuno è libero di scegliere di morire, che è una determinazione che lo Stato e la società non hanno il diritto di sindacare e che, piuttosto, incombe sulle Istituzioni l'obbligo di garantire che il servizio di aiuto a morire sia reso fruibile sul territorio nazionale.
In Francia la legge contro l'accanimento terapeutico è del 2005. Nel 2016 viene approvata la legge sulla sedazione profonda e continua, che prevede nuovi diritti per i malati terminali, tra cui quello a una sedazione profonda e continua.
In Austria le persone affette da malattie incurabili possono ricorrere al suicidio medicalmente assistito, in quanto la Corte costituzionale austriaca ‒ sentenza 11 dicembre 2020 ‒ ha deliberato che vietare questa pratica vìola il diritto dell'autodeterminazione.
Uscendo dall'Unione europea, voglio citare due Paesi spesso portati come esempio di Paesi liberi e avanzati sotto diversi punti di vista. In Svizzera il Codice penale punisce l'istigazione e l'assistenza al suicidio per motivi egoistici, all'articolo 114 punisce l'omicidio su richiesta della vittima, quindi l'eutanasia, anche se praticata per motivi onorevoli, come la compassione per la condizione del paziente. Rimane priva di sanzione penale, quindi, solo la condotta di assistenza al suicidio. È il paziente a dover assumere autonomamente il farmaco, senza alcun aiuto.
Negli Stati Uniti d'America, la Corte suprema degli Stati Uniti, in sintesi, riconosce a tutti il diritto costituzionale a rifiutare le terapie mediche, proibendo, invece, il diritto a ricevere l'assistenza al suicidio.
Personalmente comprendo quanto labile e difficile sia il confine tra il porre fine a forme terapeutiche che nei fatti si trasformano in mantenimento in vita artificiale, prolungando spesso sofferenze e pene, e l'eutanasia, per quanto rigorosamente regolamentata. Ciò che temo maggiormente, e che pesa sulla mia coscienza, è il pericolo di vedere aperto uno spiraglio che, poi, come purtroppo registriamo in altri Paesi europei, apra la strada a legislazioni sempre più ampie, che permettono il suicidio anche per semplici, per quanto dolorose e complesse, depressioni, come è accaduto in Belgio e nei Paesi Bassi, addirittura per ragazzini e bambini.
Oppure vi riporto la testimonianza di un mio collega olandese, che, avendo un proprio caro ricoverato in ospedale in condizioni sicuramente serie, si è sentito proporre dal sistema sanitario: "Guardi che c'è anche quella possibilità". Lui mi ha detto: "Non pensavo che il mio sistema sanitario, invece di portarmi a difendere la vita, mi proponesse questa via d'uscita".
Capisco le ragioni di chi chiede di affrontare a testa alta, con dignità, senza sofferenza inutile per sé e per i suoi cari, gli ultimi giorni, ma come rispetto queste scelte, che trovo comunque comprensibili, chiedo venga rispettato il mio timore di assistere a una pericolosa china, che, come abbiamo visto, non è così improbabile. Anzi, uno spiraglio può diventare una voragine.
Sul fine vita la Regione Veneto, come abbiamo già detto un po' tutti, attraverso una procedura su cui nulla ho da dire, se non le riflessioni fatte dal collega Bet, applichiamo una procedura ‒ la ringrazio, collega Bet, per il grande lavoro fatto sia in Commissione che fuori ‒ su una lettera del ministro Speranza alla Conferenza delle Regioni, su una lettera del Capo di Gabinetto di Speranza e su una circolare, poi rimandata dal Direttore alla Conferenza delle Regioni. Quindi, fonti giuridiche che mi hanno un po' sorpreso, non pensavo fossimo così. Comunque, è una procedura, è una pratica che già c'è, che già si applica, che abbiamo già visto nel caso di Gloria applicare e che, ripeto, posso comprendere, ma è mio dovere anche prevedere i rischi e i pericoli di una spirale che potrebbe, in conclusione, portare a opportunità inaccettabili per l'etica e per la morale.
Non si tratta di ipotesi fumose. Come ho detto, mi rifaccio a legislazioni europee che permettono il suicidio anche a giovani o anche a chi ha problemi psichiatrici, come i depressi; legislazioni che domani potrebbero essere forzate o applicate a chiunque possa essere considerato un peso per la società: il disabile, la persona sola, l'anziano, il malato che non può essere curato, con ogni mezzo e pratica frazionaria al fine, come ha ben detto il collega Marzio Favero. Quindi, anche questo progetto di legge può essere una parte che porta non verso la modernità, ma verso una perdita di valori.
Questa cosa, sinceramente, a me fa paura. La mia coscienza davanti a questi scenari non ha dubbi. Ringrazio i colleghi per la pazienza che mi hanno riservato nell'ascoltarmi e spero che questa discussione, come è iniziata, possa terminare senza alcun tipo di sollecitazione e pressione esterna. Siamo tutti grandi e vaccinati e abbiamo sicuramente in questi mesi fatto approfondimenti e riflessioni, ci siamo informati. Tantissimi di voi, con le sensibilità più diverse, sono venuti anche a parlarmi in ufficio. A pochi di voi ho detto cosa pensavo e cosa avrei detto in questo momento.
Ripeto, non è un tema facile né semplice. Lo vedo anche in altri Consigli regionali. Una cosa, però, mi permetto di dire anche su un ordine del giorno che non so quanta valenza possa avere: c'era una maggioranza parlamentare (parlo del Governo Conte 2) che aveva, almeno nei programmi o nelle dichiarazioni elettorali, la possibilità di approvare una legge dopo la sentenza della Corte costituzionale. Penso che andare a proporre quella cosa che si poteva fare e non è stata fatta nel 2019-2020, non so quanta valenza possa avere.
Tanto per far capire che non è una scelta semplice, vi porto due frasi di due grandi personalità che hanno segnato la storia del Novecento: "Vale milioni di volte di più la vita di un solo essere umano che tutte le proprietà dell'uomo più ricco della terra", vale milioni di volte più la vita di un essere umano che le proprietà sulla terra dell'uomo più ricco. Altra fase di un'altra personalità: "La dignità dell'uomo richiede che le sue opere siano frutto della sua libera scelta senza nessuna coercizione esterna".
Siamo chiamati a riflettere sicuramente su temi importanti altissimi, ma chi parlava del valore della vita dell'uomo era Ernesto Che Guevara e chi parlava della libera scelta delle persone era Papa Paolo VI.
Mi raccomando, colleghi, decidete e votate come meglio credete. Mi rimane un tarlo, e questo lo dico da Presidente della Conferenza dei Consigli regionali, cosa che abbiamo discusso con i colleghi a settembre scorso. Mi auguro che le Regioni non vengano utilizzate esclusivamente come un Cavallo di Troia per andare in Corte costituzionale.
Ci sono altri mezzi, ci sono altre cose. Secondo me, questa legge non è di nostra competenza. Sarà facilmente impugnata dal Governo. Vedremo cosa dirà la Corte costituzionale, però non vorrei essere il mezzo istituzionale per altri scopi.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Polato, prego.

Daniele POLATO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente.
Ringrazio soprattutto il presidente Ciambetti, perché faccio suo, Presidente, l'intervento finale, nel senso che abbiamo iniziato la discussione di questa proposta di legge con l'intervento del presidente Zaia che, sostanzialmente, ci ha parlato di un'operazione verità. Condivido il pensiero con il presidente Zaia. Anzi, coerentemente e concretamente, da sempre, abbiamo adottato la nostra linea politica su un'operazione verità nei confronti dei nostri cittadini, dei nostri elettori, ma soprattutto nei confronti anche del ruolo politico che abbiamo all'interno di quest'Aula.
Perché, Presidente, le dicevo sul suo finale che ne condivido i passaggi? Perché operazione verità è anche quella di osservare, quando ognuno di noi è chiamato a votare, a discutere un provvedimento di questo tipo, se adottiamo qualcosa di legittimo o qualcosa di illegittimo, se quello che adottiamo fa il bene dei nostri cittadini.
Nell'operazione verità inserirei due passaggi. Il primo. Ringrazio il presidente Ciambetti per aver chiesto il parere all'Avvocatura di Stato. Sapete, negli ultimi 20-23 anni, quante volte un Presidente del Consiglio ha chiesto pareri preventivi all'Avvocatura di Stato? Due.
Secondo voi, se il Presidente del Consiglio sente la necessità, di fronte a una proposta di legge, che sia popolare o meno, di chiedere un parere all'Avvocatura di Stato, si pone nelle condizioni di tutelare i colleghi e i Consiglieri o nelle condizioni di fermare o meno una proposta di legge? Nei termini come lo fa? Scrivendo all'Avvocatura generale, alla Presidenza del Consiglio, all'Avvocatura dello Stato e dicendo: "visti i precedenti della giurisprudenza costituzionale, anche in materia di riparto delle competenze fra Stato e Regioni, si interroga se l'oggetto della proposta di legge rientri o meno nella competenza legislativa regionale. Si chiede la funzione consultiva di codesta Avvocatura al fine di conoscere se l'approvazione della normativa oggetto della proposta di legge n. 217 possa ricondursi a titolo di competenza legislativa della Regione o rientri, invece, nei titoli di competenza legislativa statale, a tutela di tutti i Consiglieri".
Dottor Valente, appena sono arrivato all'interno di quest'Aula, mi sono messo a leggere il vademecum. Non avevo esperienze regionali, ma in Enti locali diversi e l'atto amministrativo dovrebbe essere nelle forme un atto legittimo e in tutti i suoi passaggi, e poi arriverò anche sulla questione della neutralità finanziaria, dovrebbe essere a garanzia dei Consiglieri regionali e non solo.
L'Avvocatura, anche in maniera veloce e diligente, risponde immediatamente sul tema specifico. Tralascio, ovviamente, nei tempi l'oggetto della risposta, che richiama ovviamente la richiesta del presidente Ciambetti, ed esprime: "Ciò premesso, deve rilevarsi, in via generale, che la disciplina relativa alla titolarità e all'esercizio dei diritti fondamentali rientra nella competenza esclusiva del legislatore statale, che deve essere garantita in condizioni di eguaglianza in tutto il Paese attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica, nazionale e internazionale. A ciò, infine, si aggiunga che la stessa Corte – ovviamente, su cui si basa questo progetto di legge e che l'Avvocatura interpreta – ha sempre individuato nel Parlamento l'organo competente a legiferare in materia. La proposta in questione potrebbe esporsi a rilievi di non conformità al quadro costituzionale di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni".
Secondo voi, noi andiamo ad approvare questo progetto di legge? E non entro nel tema etico del progetto stesso. Non lo faccio per una questione di rispetto personale perché qui ho sentito che ognuno di noi ha esperienze personali. Anch'io potrei raccontarvi tutta una serie di esperienze personali e potrei confutare anche quello che altri soggetti hanno detto in quei momenti rispetto ad altri, ma porterei testimonianze private, e credo che questa non sia di nostra competenza. Credo sia meglio, in maniera laica, non portare la propria esperienza per determinare la scelta su questo provvedimento. Penso sia più importante affrontare il tema stesso.
Il Presidente del Consiglio, quindi, chiede all'Avvocatura di Stato, ed è la seconda volta negli ultimi quindici anni: "Siamo nei termini o no?". Su un tema così importante noi mettiamo a rischio tutto quello che qui dentro ci siamo detti oggi, di profondo, di alto, di condivisibile o non condivisibile. Comunque, c'è stata una riflessione politica importante. Credo sia merito di questo Consiglio regionale. Lo mettiamo a rischio inficiandolo rispetto a una sorta di declarazione dell'Avvocatura di Stato che già ci mette di fronte al fatto che potrebbe essere impugnabile.
Ce lo dice il Presidente stesso, anche viste le varie legislazioni a livello europeo. Non c'era un'interpretazione del Consiglio o del Land tedesco, ma c'era una legge dello Stato che stabilisce come si dovrebbe fare.
Sulla responsabilità politica di chi doveva fare cosa, da tutti ‒ ho ascoltato in maniera religiosa l'intervento di tutti quanti all'interno di quest'Aula ‒ è stato detto che manca la legge dello Stato. Chi aveva responsabilità politiche? I parlamentari. Anche coloro che hanno avuto ruoli di Ministro all'interno dei Governi vari, che potevano interessarsi rispetto a questa legge, cosa che ad oggi non è stata fatta.
Mi sembra di vedere un film, collega Soranzo, che però non vorrei mescolare, proprio per l'importanza del tema, che riguarda l'autonomia. Negli anni tutti hanno parlato di autonomia. Però, c'è solo un Governo che sta portando avanti un provvedimento e lo approverà, il Senato della Repubblica, riguardo all'autonomia. Ed è questo Governo, che noi, insieme agli alleati del centrodestra, rappresentiamo.
Per cui, il fatto che oggi ci sia una fuga in avanti su questo provvedimento che inficia tutto quello che oggi ci siamo detti, e di alto spessore, rispetto al tema della sofferenza, della morte, della vita, credo che sia assolutamente non corretto che questo Consiglio regionale vada ad approvare.
Dicevo prima, neutralità finanziaria. Assessore, verità. Noi non esprimiamo il parere nella Prima Commissione, presieduta dal presidente Sandonà, che ringrazio, anzi su proposta del collega Bozza sospendiamo quel parere nell'ultima seduta. Ma perché? Perché apprendiamo in Commissione che potrebbe esserci un emendamento della Giunta – se n'è parlato in Commissione – rispetto alla questione legata ai LEA e agli extra LEA.
Questa proposta di legge così costruita che cosa ci dice? Che la somministrazione, quello che va, rispetto alla legge, portato sul malato, deve essere ricompresa nei LEA. La Giunta – mi correggano i colleghi e il Presidente, apprendiamo che poi non è stato fatto – era disposta a fare un emendamento per includerla negli extra LEA. Ebbene, nel momento in cui noi, oggi, con il provvedimento dichiariamo la neutralità finanziaria – qui mi rivolgo al Presidente e al Segretario – siamo a posto dal punto di vista della proposta, visto che avevamo tutto il tempo – lo dico all'assessore Calzavara – in fase di approvazione di bilancio di inserire quei 250.000 euro, che qualcuno ci ha detto. Del resto, trattandosi di 5.000 euro a persona e di 50 persone, si ha un totale di 250.000 euro. Quindi, noi oggi dichiariamo la neutralità finanziaria quando siamo consci che non è così. Questo perché i soldi non ci sono. E non lo dico io, ma lo dice il dottor Claudio Vignotto, il quale afferma: "Dal punto di vista finanziario il provvedimento come indicato nella scheda di analisi economico-finanziaria comporta oneri correnti per 250.000 euro, per ciascun esercizio 2023, 2024 e 2025. La scheda di analisi economico-finanziaria non fornisce riscontro di copertura nel bilancio di previsione 2023-2025". Scusate, se c'era la convinzione di alcuno di portare all'attenzione di questo Consiglio questo provvedimento e se c'era la volontà di ognuno di noi, in maniera laica, di approvare o meno questo provvedimento...
Assume la Presidenza
Il Presidente Roberto CIAMBETTI

PRESIDENTE

Collega Polato, si avvii alla conclusione. Grazie.

Daniele POLATO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Concludo, Presidente.
Almeno facciamolo con i crismi e con tutto quello che ci dà la possibilità di dire che quel provvedimento è un provvedimento legittimo.
Non interverrò poi per dichiarazione di voto, ma la faccio adesso. A nome del Gruppo di Fratelli d'Italia, convintamente votiamo "no" a questo provvedimento per le motivazioni espresse, dando la disponibilità, essendo forza di Governo, di metterci a discutere su una legge dello Stato che affronti questi temi, fermo restando che per noi lo Stato non deve aiutare a morire, ma a vivere nelle migliori condizioni.
Grazie.

PRESIDENTE

Non vedo altre richieste di intervento, per cui dichiaro chiusa la discussione generale.
Colleghi, sarò abbastanza lento nelle votazioni per dare il tempo di fare il conteggio dei voti.
Abbiamo solamente i cinque articoli da votare, perché non ci sono emendamenti, e l'ordine del giorno presentato.
Aspettiamo un attimo perché manca un sistema di votazione. Portate pazienza.
Sospendo la seduta per cinque minuti. Vi invito a rimanere qua, a parte chi ha dei vizi da coltivare.
La Seduta è sospesa alle ore 18.35
La Seduta riprende alle ore 18.39

PRESIDENTE

Colleghi, per favore, prendete posto.
Aprite Concilium e verificate di essere collegati. Io vi vedo tutti presenti. Dire "vi vedo" vi assicuro che è già un bel traguardo.
Iniziamo con le votazioni.
La collega Brescacin mi ha chiesto un attimo. Bene.
Metto in votazione l'articolo 1.
È aperta la votazione.
(Votazione elettronica)
È chiusa la votazione.
Leggo l'esito della votazione: 25 voti favorevoli, 22 voti contrari, 3 astenuti, 1 assente.
Il Consiglio non approva.
Metto in votazione l'articolo 2.
è aperta la votazione.
(Votazione elettronica)
È chiusa la votazione.
Come prima: 25 voti favorevoli, 22 voti contrari, 3 astenuti, 1 assente.
Il Consiglio non approva.
Scusate un attimo, ho una consultazione con l'Ufficio Legislativo.
Colleghi, ho bisogno di fare adesso una Capigruppo in Sala del Leone, perché questo è uno degli articoli base.
La Seduta è sospesa alle ore 18.42
La Seduta riprende alle ore 18.47

PRESIDENTE

Spiego a tutti i colleghi quello che è avvenuto e che ho spiegato in Conferenza dei Capigruppo. L'articolo 2 è parte fondamentale della legge, per cui senza questo articolo la legge non sta in piedi, non regge. Quindi, come è accaduto nel 2014 per il Piano regionale delle attività di cava, se ben ricordo, quando non è approvata una parte fondamentale della legge, il progetto di legge va rinviato in Commissione, per non mantenere in Aula il procedimento legislativo.
Come mi è stato tecnicamente spiegato dagli uffici – non è che abbia possibilità di scelta – adesso devo mettere al voto il rinvio del progetto di legge in Commissione. Badate, non è un rinvio politico, che fa ripartire i sei mesi o altro, ma è un rinvio che chiude il procedimento in Commissione. È un progetto di legge normale, come gli altri, che può avere sviluppi normali, ma senza le prerogative previste dallo Statuto.
Adesso, quindi, propongo la votazione di rinvio in Commissione del progetto di legge n. 217, perché se procediamo con un testo senza uno dei punti fondamentali è una legge che non regge, che non ha alcun senso dal punto di vista legislativo. Ripeto, è una forma tecnica per liberare l'Aula dal procedimento legislativo.
Metto in votazione il rinvio in Commissione del PDL n. 217.
È aperta la votazione.
(Votazione elettronica)
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Grazie a tutti per la giornata, che è stata di alta discussione. Grazie ancora.
Convocherò la Capigruppo i prossimi giorni, con la programmazione per martedì prossimo.
Buona serata.
La Seduta termina alle ore 18.50
Il Consigliere segretario
Erika BALDIN

Il Presidente
Roberto CIAMBETTI

Resoconto stenotipico a cura di:
Cedat 85

Revisione e coordinamento testo a cura di:
Maria Concetta Miccoli

Elaborazione testo a cura di:
Maria Concetta Miccoli
Verbale n. 122 - 11^ legislatura
PROCESSO VERBALE
SEDUTA PUBBLICA N. 122
MARTEDì 16 GENNAIO 2024


PRESIDENZA
PRESIDENTE ROBERTO CIAMBETTI
VICEPRESIDENTE NICOLA IGNAZIO FINCO
VICEPRESIDENTE FRANCESCA ZOTTIS

PROCESSO VERBALE REDATTO A CURA DELL'UFFICIO ATTIVITà ISTITUZIONALI

INDICE

Processo verbale della 122ª seduta pubblica – martedì 16 gennaio 2024
La seduta si svolge a Venezia in Palazzo Ferro-Fini, sede del Consiglio regionale, secondo le modalità ordinarie, fatta eccezione per i consiglieri che partecipano da remoto come da deliberazioni dell'Ufficio di presidenza n. 48 del 1° agosto 2023 e n. 49 del 29 agosto 2023.

I lavori si svolgono sulla base dell'ordine del giorno prot. n. 368 dell'11 gennaio 2024.

Il Presidente CIAMBETTI dichiara aperta la seduta alle ore 10.36.

Assume le funzioni di Consigliere segretario la consigliera Erika Baldin.

Punto n. 1) all'ordine del giorno

Approvazione verbali delle sedute precedenti

Il PRESIDENTE, poiché nessun consigliere chiede di fare osservazioni, dichiara che si intendono approvarti il processo verbale della 117a seduta pubblica di mercoledì 29 novembre 2023 e il processo verbale della 118a seduta pubblica di martedì 5 dicembre 2023.

Punto n. 2) all'ordine del giorno

Comunicazioni della Presidenza del Consiglio  [RESOCONTO]


Il PRESIDENTE annuncia che non c'è nessuna comunicazione.

Le consigliere Cavinato e Sponda seguono la seduta da remoto a termini di Regolamento e di delibera dell'Ufficio di Presidenza.

Punto n. 3) all'ordine del giorno

Interrogazioni e interpellanze  [RESOCONTO]


Ai sensi dell'art. 114, comma 3 del Regolamento l'elenco delle interrogazioni e delle interpellanze, allegato alla Convocazione, è dato per letto.

Punti nn.4 e 5) all'ordine del giorno

Risposte della Giunta regionale alle interrogazioni e interpellanze  [RESOCONTO]


e

Interrogazioni a risposta scritta iscritte all'ordine del giorno ai sensi dell'articolo 111, comma 4 del Regolamento  [RESOCONTO]


INTERPELLANZA
n. 4 del 17.10.2023
presentata dai consiglieri Baldin, Camani, Guarda, Lorenzoni, Ostanel, Bigon, Luisetto, Montanariello, Zanoni e Zottis
"Per un intervento di straordinaria emergenza per la messa in sicurezza della rete viaria alla luce del tragico evento del 3 ottobre 2023"

Interviene la consigliera Baldin (Movimento 5 Stelle) che illustra l'INT in oggetto.

Interviene l'assessora Lanzarin che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene la consigliera Baldin (Movimento 5 Stelle) in sede di replica.

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA

n. 446 del 14.11.2023
presentata dal consigliere Zanoni
"Linea ferroviaria Belluno-Venezia, caos inammissibile: cambi tra autobus e treni, convogli saturi e gente lasciata a terra. La Giunta regionale intende intervenire?"

Interviene il consigliere Zanoni (Partito Democratico Veneto) che illustra l'IRI in oggetto.

Interviene l'assessora Lanzarin che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene il consigliere Zanoni (Partito Democratico Veneto) in sede di replica.

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

n. 415 dell'11.09.2023
presentata dalla consigliera Guarda
"Emergenza peste suina africana e potenziamento degli organici dei servizi veterinari della ULSS: quali interventi urgenti?"

Interviene la consigliera Guarda (Europa Verde) che illustra l'IRS in oggetto.

Interviene l'assessora Lanzarin che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene la consigliera Guarda (Europa Verde) in sede di replica.

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA

n. 441 del 25.10.2023
presentata dal consigliere Zanoni
"I controlli dei NAS tra le aziende vitivinicole delle Colline del Prosecco hanno fatto emergere frodi di diversa natura. Cosa sta facendo la Giunta regionale per combattere il fenomeno?"

Interviene il consigliere Zanoni (Partito Democratico Veneto) che illustra l'IRI in oggetto.

Interviene l'assessore Caner che risponde per conto della Giunta regionale.

Interviene il consigliere Z anoni (Partito Democratico Veneto) in sede di replica.

Punto 6) all'ordine del giorno

Proposta di legge di iniziativa popolare relativa a "Procedure e tempi per l'assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della Sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale". (Progetto di legge n. 217) RINVIO IN COMMISSIONE APPROVATO (Deliberazione n. 1/2024)  [RESOCONTO]


Il PRESIDENTE comunica che, ai sensi dell'articolo 7 della legge regionale 12 gennaio 1973, n. 1 , il primo firmatario dell'iniziativa popolare sarà in Aula e ricorda che la consigliera Brescacin è stata nominata "relatrice d'ufficio".

Interviene la consigliera Brescacin (Zaia Presidente) che svolge la relazione per conto della Quinta Commissione consiliare.

Ai sensi dell'articolo 72 del Regolamento, prende la parola il Presidente della Giunta regionale Zaia (Liga Veneta per Salvini Premier).

Ai sensi dell'articolo 95 del Regolamento, interviene l'assessora Lanzarin.

In discussione generale intervengono i consiglieri Valdegamberi (Gruppo Misto), Ostanel (Il Veneto che Vogliamo), Camani (Partito Democratico Veneto).

Durante l'intervento della consigliera Camani assume la presidenza il Vicepresidente Nicola Ignazio Finco.

In discussione generale interviene la consigliera Baldin (Movimento 5 Stelle).

La seduta è sospesa alle ore 12.58.

La seduta riprende alle ore 14.45.

Assume la presidenza il Presidente Roberto Ciambetti.

In discussione generale intervengono i consiglieri Soranzo (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni), Formaggio (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni), Razzolini (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni), Pavanetto (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni), Bet (Zaia Presidente), Montanariello (Partito Democratico Veneto), Venturini (Forza Italia - Berlusconi - Autonomia per il Veneto), Lorenzoni (Gruppo Misto).

Durante l'intervento del consigliere Lorenzoni assume la presidenza il Vicepresidente Nicola Ignazio Finco.

In discussione generale intervengono i consiglieri Bigon (Partito Democratico Veneto), Villanova (Zaia Presidente), Scatto (Zaia Presidente).

Durante l'intervento della consigliera Scatto assume la presidenza la Vicepresidente Francesca Zottis.

In discussione generale interviene il consigliere Favero (Liga Veneta per Salvini Premier).

Durante l'intervento del consigliere Favero assume la presidenza il Presidente Roberto Ciambetti.

In discussione generale intervengono i consiglieri Zecchinato (Zaia Presidente), Finco (Liga Veneta per Salvini Premier), Giacomin (Zaia Presidente), Luisetto (Partito Democratico Veneto), Zottis (Partito Democratico Veneto), Guarda (Europa Verde), Zanoni (Partito Democratico Veneto), Pan (Liga Veneta per Salvini Premier), Brescacin (Zaia Presidente).

Durante l'intervento della consigliera Brescacin assume la presidenza il Vicepresidente Nicola Ignazio Finco.

In discussione generale intervengono i consiglieri Ciambetti (Liga Veneta per Salvini Premier) e Polato (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni).

Durante l'intervento del consigliere Polato assume la presidenza il Presidente Roberto Ciambetti.

Il PRESIDENTE, non essendoci altre richieste di intervento, chiude la discussione generale.

La seduta è sospesa alle ore 18.35.

La seduta riprende alle ore 18.39.

Si passa alla votazione dell'articolato.

L'articolo 1, posto in votazione col sistema elettronico in modalità telematica, è respinto.

Risultato Votazione: 25 favorevoli, 22 contrari, 3 astenuti, 1 assente.

Ai sensi dell'articolo 50, comma 4 dello Statuto si riportano i voti espressi dai singoli Consiglieri.

Hanno votato sì:

Baldin, Bisaglia, Brescacin, Camani, Cavinato, Cecchetto, Centenaro, Cestari, Cestaro, Giacomin, Guarda, Lorenzoni, Luisetto, Michieletto, Montanariello, Ostanel, Possamai, Puppato, Scatto, Vianello, Villanova, Zaia, Zanoni, Zecchinato, Zottis

Hanno votato no:

Andreoli, Barbisan, Bet, Boron, Bozza, Ciambetti, Corsi, Dolfin, Favero, Finco, Formaggio, Maino, Pan, Pavanetto, Piccinini, Polato, Razzolini, Rigo, Soranzo, Sponda, Valdegamberi, Venturini

Astenuti:

Bigon, Rizzotto, Sandonà

Non votanti:

nessuno

L'articolo 2, posto in votazione col sistema elettronico in modalità telematica, è respinto.

Risultato Votazione: 25 favorevoli, 22 contrari, 3 astenuti, 1 assente.

Ai sensi dell'articolo 50, comma 4 dello Statuto si riportano i voti espressi dai singoli Consiglieri.

Hanno votato sì:

Baldin, Bisaglia, Brescacin, Camani, Cavinato, Cecchetto, Centenaro, Cestari, Cestaro, Giacomin, Guarda, Lorenzoni, Luisetto, Michieletto, Montanariello, Ostanel, Possamai, Puppato, Scatto, Vianello, Villanova, Zaia, Zanoni, Zecchinato, Zottis

Hanno votato no:

Andreoli, Barbisan, Bet, Boron, Bozza, Ciambetti, Corsi, Dolfin, Favero, Finco, Formaggio, Maino, Pan, Pavanetto, Piccinini, Polato, Razzolini, Rigo, Soranzo, Sponda, Valdegamberi, Venturini

Astenuti:

Bigon, Rizzotto, Sandonà

Non votanti:

nessuno

Il PRESIDENTE si consulta con l'Ufficio Legislativo e convoca una riunione con i Presidenti dei Gruppi consiliari per dare conto di come procedere.

La seduta è sospesa alle ore 18.42.

La seduta riprende alle ore 18.47.

Il PRESIDENTE, considerato l'esito della Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari appena conclusasi, richiamato il precedente del rinvio in Commissione del progetto di legge n. 284/2012 relativo a "Norme per la disciplina dell'attività di cava", avvenuto nella seduta del 17 settembre 2014, dà atto che il respingimento dell'articolo 2 priva il progetto di legge di una disposizione il cui contenuto risultava fondamentale nell'impianto normativo, rende improcedibile il prosieguo della votazione, e propone un rinvio di carattere tecnico del progetto in Commissione.

Il PRESIDENTE pone in votazione col sistema elettronico il Rinvio in Commissione del progetto di legge in oggetto.

Il Consiglio approva

Ai sensi dell'articolo 50, comma 4 dello Statuto si riportano i voti espressi dai singoli Consiglieri.

Hanno votato sì:

Andreoli, Baldin, Barbisan, Bet, Bisaglia, Boron, Bozza, Cavinato, Cecchetto, Cestari, Cestaro, Ciambetti, Corsi, Dolfin, Favero, Finco, Formaggio, Giacomin, Maino, Pan, Pavanetto, Piccinini, Polato, Possamai, Puppato, Razzolini, Rigo, Rizzotto, Sandonà, Scatto, Soranzo, Sponda, Valdegamberi, Venturini, Vianello, Villanova, Zaia, Zecchinato

Hanno votato no:

nessuno

Astenuti:

nessuno

Non votanti:

nessuno

Il PRESIDENTE dichiara chiusa la seduta.

Il Consiglio regionale sarà convocato a domicilio.

La seduta termina alle ore 18.50.
Consiglieri presenti o partecipanti in modalità telematica:
ANDREOLI Marco
MAINO Silvia
BALDIN Erika
MICHIELETTO Gabriele
BARBISAN Fabiano
MONTANARIELLO Jonatan
BET Roberto
OSTANEL Elena
BIGON Anna Maria
PAN Giuseppe
BISAGLIA Simona
PAVANETTO Lucas
BORON Fabrizio
PICCININI Tomas
BOZZA Alberto
POLATO Daniele
BRESCACIN Sonia
POSSAMAI Gianpiero
CAMANI Vanessa
PUPPATO Giovanni
CAVINATO Elisa
RAZZOLINI Tommaso
CECCHETTO Milena
RIGO Filippo
CENTENARO Giulio
RIZZOTTO Silvia
CESTARI Laura
SANDONA' Luciano
CESTARO Silvia
SCATTO Francesca
CIAMBETTI Roberto
SORANZO Enoch
CORSI Enrico
SPONDA Alessandra
DOLFIN Marco
VALDEGAMBERI Stefano
FAVERO Marzio
VENTURINI Elisa
FINCO Nicola Ignazio
VIANELLO Roberta
FORMAGGIO Joe
VILLANOVA Alberto
GEROLIMETTO Nazzareno
ZAIA Luca
GIACOMIN Stefano
ZANONI Andrea
GUARDA Cristina
ZECCHINATO Marco
LORENZONI Arturo
ZOTTIS Francesca
LUISETTO Chiara





IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
f.to Erika BALDIN


IL PRESIDENTE
f.to Roberto CIAMBETTI







N.B. Gli emendamenti sono conservati nel sistema documentale del Consiglio regionale.
Le richieste di modifica delle votazioni diverse da quelle previste dall'articolo 89 del Regolamento sono menzionate nel Resoconto.

PROCESSO VERBALE
Redazione testo a cura di Paola Lombardo
Revisione testo a cura di Carla Combi e Alessandro Vian