ResocontoVerbali

Seduta del consiglio regionale del 15/10/2024 n. 148

Resoconto n. 148 - 11^ legislatura
Resoconto 148 a Seduta pubblica
Martedì, 15 ottobre 2024
SOMMARIO
Assume la Presidenza
Il Presidente Roberto CIAMBETTI
La Seduta inizia alle ore 10.02

PRESIDENTE

Buongiorno, colleghi.
Diamo inizio alla 148a Seduta pubblica del Consiglio regionale. I lavori si svolgono sulla base dell'ordine del giorno prot. n. 13811 del 10 ottobre 2024.
PUNTO
1


APPROVAZIONE DEI VERBALI DELLE SEDUTE PRECEDENTI

Il PRESIDENTE, poiché nessun Consigliere chiede di fare osservazioni, dichiara che si intende approvato il processo verbale della 147a Seduta pubblica di martedì 1° ottobre 2024.
PUNTO
2


COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO

Hanno comunicato congedo
Fabrizio BORON
Enrico CORSI
I congedi sono concessi.
PUNTO
5


COMUNICAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE SUL PERCORSO ISTITUZIONALE RELATIVO ALL'AUTONOMIA DIFFERENZIATA, AI SENSI DELLA LEGGE 26 GIUGNO 2024, N. 86 "DISPOSIZIONI PER L'ATTUAZIONE DELL'AUTONOMIA DIFFERENZIATA DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO AI SENSI DELL'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE".

PRESIDENTE

Non ci sono interrogazioni per svolgere i punti n. 3 e n. 4, quindi passiamo al punto n. 5, che, come ho comunicato ai Capigruppo la settimana scorsa, vede il Presidente della Giunta regionale, Luca Zaia, informare il Consiglio sul percorso istituzionale relativo all'autonomia differenziata, ai sensi della legge 26 giugno 2024, n. 86.
Do la parola al Presidente Luca Zaia.

Luca ZAIA (Presidente della Giunta - Zaia Presidente)

Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti.
Questo mio intervento è per dare un punto-nave rispetto a quello che è accaduto e sta accadendo in materia di autonomia. Penso sia doveroso questo passaggio in Consiglio.
Non nego che si poteva anche procrastinare e affrontarlo tra qualche settimana, avendo anche più carne al fuoco, però ben venga, magari si può anche riprendere questo ragionamento.
È bene, però, in questa fase ricordare anche da dove siamo partiti, perché spesso, quando si parla di autonomia del Veneto, sembra quasi che sia un'iniziativa nata nottetempo, senza alcun fondamento giuridico e senza la minima prospettiva rispetto alla Costituzione repubblicana.
C'è da dire, innanzitutto, che il Veneto ha tentato per ben tre volte una stagione referendaria per l'autonomia. Varrebbe la pena di ricordare che la prima esperienza veneta in materia di autonomia si è tenuta in questa Regione nel 1992 e poi si è ripetuta nel 1998. C'è stata un'altra iniziativa nel 2001, ma meno rilevante delle prime due, che comunque erano delle proposte referendarie che non hanno mai trovato una risposta coerente all'analisi della Corte Costituzionale.
Se siamo qui oggi in questo Paese a parlare di riforme, in particolar modo dell'autonomia differenziata, lo facciamo in virtù del fatto che abbiamo inaugurato la stagione referendaria come Regione del Veneto, partendo dal presupposto di cercare di portare avanti una proposta referendaria. Voglio ricordare dei passaggi che sono utili a tutti per capire poi perché oggi arriviamo a questa fase giuridica e quale sarà il prosieguo anche rispetto a tutto questo.
Questa proposta referendaria nasce dalla volontà, fra l'altro, in questa fase – siamo nel 2014 – di indire un referendum, che viene indetto poi con una legge regionale, per dare modo ai veneti di esprimersi direttamente circa la richiesta di avere più autonomia, alla luce dell'articolo 116, comma 3, della Costituzione, che prevede comunque la possibilità, per una regione, di negoziare (questo è scritto in Costituzione) un'autonomia differenziata come un abito su misura. C'è, quindi, un negoziato, che se poi si va a consolidare con un'intesa, tra la Regione e lo Stato.
L'autonomia differenziata prende corpo in Veneto con la legge referendaria n. 15 del giugno 2014, che sostanzialmente indice un referendum. È una legge che pone un quesito referendario: "Vuoi che alla Regione Veneto siano attribuite nuove forme e condizioni particolari di autonomia?". Di certo non era un quesito sovversivo, ma semplicemente qualcuno l'ha definito un sondaggio, un'indagine tra i veneti. Ci può anche stare che qualcuno lo consideri semplicemente un sondaggio. Fatto sta che, nonostante l'approvazione, nonostante il Consiglio regionale si sia espresso rispetto a tutto questo, da lì a pochi giorni, da quel giugno 2014, il Governo in carica, il Governo della legislatura 2014-2018, decide di impugnare la nostra legge referendaria, sostenendone la incostituzionalità.
Nel luglio 2015 la legge referendaria del Veneto viene sostanzialmente certificata dalla Corte Costituzionale, che ne decreta la costituzionalità e da lì dà avvio alla possibilità di indire il referendum.
Il referendum viene indetto il 22 ottobre 2017, quindi più o meno un paio d'anni dopo. Viene indetto nell'ottobre del 2017, perché comunque c'è stata tutta una fase preparatoria. C'è da dire che nel Consiglio regionale del 2014 ci fu anche un'altra legge referendaria proposta, quella sull'indipendenza, che fu bocciata poi dalla Corte Costituzionale.
L'indizione del referendum è arrivata con non poche traversie, perché non contenti del non parere negativo della Corte Costituzionale, i ricorrenti governativi tentarono più espedienti per cercare quantomeno di delegittimare il nostro referendum.
Vi ricordo che in maniera ignobile è stato vietato l'uso della tessera elettorale ai cittadini che andavano presso i seggi a una consultazione referendaria democratica e sancita dalla Corte Costituzionale. Siamo stati obbligati a pagare le forze dell'ordine nei seggi. Abbiamo subito ricorsi al TAR fino a qualche giorno prima, fondamentalmente con l'obiettivo, da parte dei ricorrenti, di far saltare il referendum del Veneto.
Qualcuno in quelle ore diceva che sprecare 14 milioni di euro per sentire i veneti era un po' come chiedere a un figlio se vuole bene alla mamma. Ti dirà di sì. La verità è che 2.273.000 veneti sono andati a votare, per il 98% dei votanti, sì e il rimanente 2%, 1,9%, 3.328.000 veneti, quindi il 57% del corpo elettorale veneto, hanno votato no. Quindi c'è stato l'1,9% che ha potuto esprimersi anche per il no.
I dati ci dicono, e ci dicevano già, che la stagione referendaria, con quella affluenza alle urne, significava comunque che non era il referendum di un partito, ma era il referendum dei veneti, tant'è vero che, se si andassero a fare anche due conti sommari, se volete anche un po' superficiali, rispetto a quello che è avvenuto in quella elezione, potremmo dire che, a prescindere dalle indicazioni positive, negative o di astensione rispetto al referendum, un po' tutte le fazioni politiche del Veneto o meglio i loro sostenitori sono andati a votare per il referendum. Non esiste un partito che ha 2.273.000 voti in Veneto e che può fregiarsi di dire che ha avuto tutto il suo elettorato che è andato a votare per il referendum.
Dico anche che il referendum è stato molto contestato. Vi ricordo che per me non è amarcord parlare di queste cose, ma è la volontà anche di capire fino in fondo perché arriviamo alla legge Calderoli e perché abbiamo vissuto tutte le altre fasi. È semplicemente perché il referendum era sostanzialmente definito dai nostri oppositori come un'inutile consultazione. Tant'è vero che vi fu una Regione, tipo l'Emilia-Romagna, che decise di addivenire al percorso dell'autonomia differenziata adottando una delibera di Giunta regionale e iniziò a interloquire direttamente con il Governo di allora.
Nel frattempo, il Governo Renzi cadde, il nostro primo interlocutore durante la fase referendaria diventò il Governo Gentiloni e debbo dire che, fino alla settimana prima del nostro referendum, l'Emilia-Romagna addirittura fece riunioni, alla presenza del Presidente del Consiglio Gentiloni, sostanzialmente per sancire che non serviva il referendum.
Questo non è bastato, perché i veneti sono andati a votare. Tant'è vero che da quel voto e da quella forza del voto, come abbiamo sempre sostenuto noi, è iniziato il vero percorso dell'autonomia, che si è tradotto da subito in una mia presenza – il referendum si è tenuto il 22 ottobre 2017 – il 15 novembre 2017, quindi da lì a pochi giorni, una ventina di giorni, in Consiglio regionale a presentare le proposte della Regione, proposte macro, con un progetto di legge statale, e da quella data ho ottenuto il mandato ad andare a trattare. Ho un mandato pieno di andare a trattare, tenendo informato ovviamente il Consiglio regionale delle diverse fasi.
Oggi sta iniziando una fase nuova, che non è ancora una fase di trattative. Questo vorrei sottolinearlo. Con quel passaggio post referendario abbiamo dato solidità al nostro percorso istituendo la Consulta del Veneto per l'autonomia, quindi dando vita a questo tavolo degli stakeholders del Veneto, l'Osservatorio per l'autonomia e la Delegazione trattante. Ne escono questi tre istituti, che sono esattamente i tre istituti che dal 2017 ad oggi ci stanno accompagnando per tutto quello che riguarda le diverse attività riferite al referendum.
Senza tediarvi con molte date e molti passaggi, un passaggio lo voglio assolutamente sottolineare. Da subito nasceva la necessità di poter attivare una minima interlocuzione, anche giuridica, con il Governo Gentiloni. L'allora Sottosegretario incaricato era il sottosegretario Bressa. Da lì ne uscì una mia proposta, che nasceva da una mia idea, di dar vita a una pre-intesa. La pre-intesa che cos'era? Nell'attesa di fare un'intesa, che è prevista dalla Costituzione, dall'articolo 116, comma terzo, la pre-intesa, che poi firmammo il 28 febbraio 2018, da lì a qualche mese, sostanzialmente coinvolgeva cinque materie, che sono la salute, l'istruzione, il lavoro, l'ambiente e i rapporti internazionali.
È un documento che abbiamo firmato assieme, perché poi i miei compagni di viaggio sono stati la Regione Lombardia e la Regione Emilia-Romagna. Nella pre-intesa sostanzialmente siamo andati a sottoscrivere un primo piano di lavoro, che prevedeva – c'è scritto nella frase finale della pre-intesa, se andate a leggerla – che ci fosse la possibilità comunque di trattare anche sulle rimanenti diciotto materie non ancora citate, perché se ne togliete cinque da ventitré, si va a diciotto materie. Quindi, le cinque erano subito in lavorazione, per dar vita a dei tavoli ministeriali per studiare le cinque materie e poi le eventuali altre diciotto materie in base alle volontà delle Regioni. Ricordo vagamente che l'Emilia-Romagna allora chiese forse sette-otto materie da subito. Noi ne chiedevamo ventitré, chiedevamo di poter affrontare tutte le ventitré materie della Costituzione.
Questa possibilità ci venne data dalla modifica del Titolo V del 2001, una modifica che intelligentemente interpretò il volere dei Padri costituenti. Einaudi nel 1948, presentando la Costituzione – lo cito sempre – disse: "Ad ognuno dovremmo dare l'autonomia che gli spetta". È anche vero che Einaudi diceva che "il Risorgimento sarà finito quando tutti avranno una loro autonomia". Del resto, non poteva che essere così, perché in un Paese dei campanili, delle identità, delle tipicità, dell'eterogeneità, l'unico modo per mettere insieme questo Paese – lo ha dimostrato la Germania, che scriveva alla Costituzione sostanzialmente contemporaneamente a quella italiana – era quello di cercare di condividere l'unità puntando sul federalismo.
Nel Titolo V del 2001 il Governo, a seguito del lavoro della bicamerale, decise di dare una risposta nazionale ai movimenti territoriali, che comunque invocavano l'autonomia. Ne consegue che poi il Governo Gentiloni, nonostante la firma della prima pre-intesa – come vi ho detto, non venne il Presidente del Consiglio a firmare, e questo è bene ricordarlo, ma venne il sottosegretario Bressa – finì la sua esperienza e iniziò quella del Conte 1. Il Ministro era Stefani. Con il Conte 1 si fanno un sacco di attività, di lavori, che però non hanno portato a nulla. Ricordo che non portarono a nulla nonostante ci furono una quindicina di incontri politici e almeno una quarantina di incontri tecnici. Si arrivò sicuramente a un grande lavoro preparatorio, Ministero per Ministero, rispetto alle materie, ma c'è anche da dire che con il Conte 1, poi, alla fine, cadde il Governo e si riprese l'attività con il Conte 2, proprio a settembre 2019, con un nuovo Ministro, il ministro Boccia, il quale fece il primo incontro, peraltro da neo Ministro incaricato a occuparsi dell'autonomia differenziata. Il primo incontro che fece il ministro Boccia lo fece proprio qui in Veneto, annunciando quella che poi fu comunemente definita la famosa legge quadro; legge quadro che venne presentata dopo un paio di mesi, se non ricordo male. L'incontro lo si fece a settembre, il 23 settembre 2019, e la legge venne presentata il 28 novembre 2019. La legge quadro affrontò la Conferenza delle Regioni, ma poi non ebbe altro esito, perché cadde anche il Governo Conte 2.
Di mezzo, poi, c'è stato il Covid, ricordiamolo. C'è stato un limbo nel quale nessuna attività sull'autonomia si fece, perché con il Covid, da quel 21 febbraio 2020, fino almeno al 2021, non se ne parlò più, non se ne parlò o se ne parlò pochissimo. Arrivò il Governo Draghi. Con il Governo Draghi, con il ministro Gelmini, si fecero degli incontri, ma anche qui nulla di fatto.
Nel frattempo, ovviamente, noi tre Governatori sollecitavamo i diversi Governi. C'è un sacco di corrispondenza mia, di Bonaccini e di Fontana nel sollecitare i diversi Governi a far ripartire il tavolo. Il tavolo riparte, di fatto, con una data che è la data dell'elezione e dell'entrata in carica della Presidente del Consiglio Meloni, con le politiche del 25 settembre 2022, e debbo dire che il Governo eletto fa subito due cose "quasi inaspettate", se mi permettete di dirlo.
Nella finanziaria 2023, siamo nel dicembre 2022, si proietta già un primo risultato insperato, visto e considerato che io mi son sentito dire per anni che l'autonomia non si può fare perché non ci sono i LEP. Bene, il Governo cosa fa? Fa come Colombo con l'uovo e dice "l'uovo si mette in piedi così". Stabilisce l'obbligatorietà della definizione dei LEP in quella finanziaria. Ne parte una cabina di regia. Parte il Comitato LEP, con l'incarico poi al professor Cassese, che aveva il compito di determinare i LEP, tanto è vero che il professor Cassese conclude il suo lavoro dopo un anno, il 30 ottobre 2023.
Esattamente dopo un anno dalla finanziaria di dicembre 2022, il professor Cassese consegna il materiale. Consegna un materiale eloquente. Dice: "Delle ventitré materie previste nel Titolo V, nove noi riteniamo che non siano assoggettabili ai LEP e siano, quindi, affrontabili le discussioni e le eventuali trattative con le diverse Ragioni, qualora richiedessero di riattivare la trattativa per l'autonomia differenziata". Quindi, nove materie non LEP, definite più comunemente non "lepizzabili", un brutto termine, che forse rende meglio ancora l'idea, e le altre quattordici materie, a sommare ventitré, LEP. Sono LEP al punto tale che in quella che poi sarà la legge Calderoli diventeranno materie che dovranno essere trattate solo dopo la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni. Sono materie che hanno un'attesa massima di ventiquattro mesi per la definizione dei LEP.
Oggi accade che, da un lato, c'è la legge Calderoli, che è la legge n. 86, che prevede proprio che in ventiquattro mesi si definiscano i LEP e, dall'altro, c'è l'obbligo della definizione dei LEP. Ricordo che la legge Calderoli, la legge n. 86, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 26 giugno 2024 ed è stata approvata il 19 giugno. Ricorderete il famoso 19 giugno, data dell'approvazione e poi la sua pubblicazione il 26 giugno.
Oggi in che fase siamo? Entriamo nel vivo dei ragionamenti. Siamo nella fase della trattativa rispetto alle nove materie non LEP. Togliete le Regioni a Statuto speciale, che nulla c'entrano con la richiesta di autonomia differenziata, perché hanno già la loro autonomia, e più che differenziata. Se andiamo a guardare le altre Regioni a Statuto ordinario, di fatto potremmo dire che l'unica Regione che non ha proprio mai chiesto l'autonomia è l'Abruzzo. Anche se poi, secondo dichiarazioni del Presidente Marsilio, ha detto che sarebbe eventualmente interessato alle aree marginali di montagna o altre robe.
Del resto, è l'autonomia differenziata: più Stato dove ci vuole più Stato, meno Stato dove ci vuole meno Stato. Non è una dichiarazione sovversiva. Lo dico a quelli che si divertono sempre a commentare ogni mia dichiarazione. È esattamente quello che dicono i costituzionalisti, i federalisti: l'autonomia va in questo ambito. L'autonomia è stata richiesta dall'Emilia-Romagna, che era nostra compagna di viaggio, è stata chiesta nel 2019, con delibera regionale, dalla Regione Campania, è stata chiesta dalla Toscana e da molte altre Regioni, ma potrebbe anche essere irrilevante.
Oggi noi abbiamo un tavolo aperto. Il ministro Calderoli ha aperto un tavolo il 3 ottobre. Il tavolo si apre perché la legge n. 86 del ministro Calderoli, la famosa legge Calderoli del 26 giugno 2004, dice che le Regioni che hanno attivato già il loro percorso possono chiedere l'attivazione del tavolo delle trattative. Peraltro, la legge dice anche che si riprende da dove si è interrotta l'attività di negoziato. Per cui, in particolar modo le tre Regioni che potevano avere più "titolo" a chiedere l'apertura da subito del tavolo – ed è esattamente quello che ho fatto nello scrivere a luglio al ministro Calderoli – sono sicuramente il Veneto, che di attività ne ha fatte molte, è stato il primo addirittura a presentare tutta l'attività ricognitoria, la Lombardia e l'Emilia-Romagna se avesse ritenuto, ma non lo ritiene, di chiedere di partecipare al tavolo. Altre due Regioni hanno chiesto di partecipare al tavolo, e sono la Liguria e il Piemonte.
La situazione è di richieste diverse. Intanto vi dico che, rispetto alle Regioni, la Liguria chiede fondamentalmente di trattare su cinque materie, la Lombardia chiede di trattare su otto materie, il Piemonte – sto parlando di funzioni di materia – su cinque, riservandosi ovviamente su altre due materie di chiedere funzione minima, e il Veneto su tutte e nove, ovviamente. Questa è la base del lavoro.
È ovvio che, in tutto questo contesto, poi c'è stato il polverone del quale i giornali ci hanno sicuramente informato in maniera compiuta fino a qualche istante fa. È in atto una raccolta di firme che vuole chiedere l'indizione di un referendum, quindi non siamo in una fase referendaria. Siamo nella fase di raccolta di firme da presentare alla Corte Costituzionale, già depositate in Cassazione, da mandare avanti alla Corte Costituzionale per avere la certificazione della compatibilità del quesito referendario. Qualora fosse compatibile, il quesito darebbe il via alla consultazione referendaria.
C'è da dire che di nuovo sotto il sole non c'è nulla. Quelli che oggi propongono la consultazione referendaria sono esattamente gli stessi interlocutori che nel giugno del 2014 proponevano di bocciare il referendum del Veneto. Gli interlocutori sono gli stessi. Siamo in un Paese democratico ed è giusto che ci sia anche qualcuno che possa pensare di difendere fino in fondo il centralismo, lo statalismo, tutto quello che non funziona in questo Paese.
Nessuno ce l'ha con l'unità nazionale. Per me è ignobile che qualcuno la definisca la Spacca Italia o che dica che è la secessione dei ricchi. Questo è un grande processo di decentramento amministrativo, se ci pensate. Guardatelo fino in fondo.
Immaginate solo se oggi noi non avessimo l'autocertificazione. L'autocertificazione ce l'abbiamo dal 1990. Immaginate se non fosse oggi oggetto della vita reale per noi cittadini. Sicuramente è una delle funzioni che chiederemo al Ministero della funzione pubblica, senza creare venti Ministeri della funzione pubblica, come qualche fantasioso dice. Chiederemo di poter avere la funzione dell'autocertificazione. L'ho detto più volte.
Il Ministero dell'interno, senza dar vita a venti Ministeri dell'interno, ha deciso che una funzione, quella di fare i passaporti – è una funzione, e vedo un sacco di confusione tra le funzioni e le materie – va delegata. Vista la confusione e la difficoltà di erogare questi documenti, nei rinnovi e anche nei primi rilasci ai cittadini, ha deciso di delegarla agli uffici postali in via sperimentale. Io non escludo che questo, durante questa trattativa, possa tradursi anche in una proposta nostra.
Il Piemonte già la sta portando avanti, secondo me correttamente. Riconosco la primogenitura al collega Cirio, però io trovo una proposta intelligente quella che si possa portare presso gli uffici dell'anagrafe dei Comuni, in maniera tale che diventi come la carta di identità. A monte, il Ministero dell'interno farà tutte le sue verifiche, ma alla fine il rilascio, che è cartaceo, che è amministrativo, non capisco per quale motivo non si possa diffondere sul territorio.
Alla luce di tutto questo, noi abbiamo questo movimento referendario con il quale ci andremo a confrontare. Dopodiché, ho visto anche che si dice: "Hanno raccolto 1,3 milioni di firme". Bene, vanno rispettate le firme di tutti, anche di quelli che la pensano in maniera opposta al nostro pensiero, però vanno anche rispettate le code sotto la pioggia di quel 22 ottobre 2017 – ho visto disabili in carrozzina con l'ombrello – e di quei 2.328.000 veneti che sono andati a votare. C'erano solo i nostri cittadini di questa comunità veneta, non tutti gli italiani. Non dico non italiani, nel senso che non sono italiani. Sono italiani, ma non di tutte le regioni italiane, solo della regione Veneto, a votare per il referendum.
Dall'altro c'è anche un altro ricorso. C'è un ricorso contro la legge Calderoli, la legge n. 86. Cinque Regioni, non avendo raggiunto l'obiettivo di fare cinque delibere in Consiglio regionale per indire il referendum, hanno comunque, immagino, voluto dare un ulteriore segnale pensando di proporre un ricorso davanti alla Corte Costituzionale, che legittimamente possono proporre, contro la legge Calderoli.
Noi non vogliamo fare gli avvocati difensori di una legge nazionale. Non pensiamo che il Governo non sia in grado di difendersi e di argomentare, ci mancherebbe. Però, ci riteniamo parte lesa. Lasciatecelo dire. Se la legge Calderoli viene meno, è pur vero che qualche scalfittura, qualche graffio ce lo facciamo, nel senso che abbiamo un percorso avviato. Qualche problema ce l'abbiamo, per cui ci costituiamo con questa formula che abbiamo pensato ad adiuvandum un po' esteso. Quindi, per dare informazione completa al Consiglio regionale, noi abbiamo già fatto la delibera per la costituzione. Quindi, quando andranno in Corte Costituzionale contro la legge del Parlamento italiano, che esce dal Governo di questo Paese, noi saremo lì a difendere le ragioni nazionali e le ragioni di difesa di questa legge.
Per inciso, vorrei ricordare che sia la legge quadro Boccia sia la legge quadro (definiamola così) Calderoli, ovvero la legge n. 86, legge Calderoli, che è legge, e la proposta di legge quadro Boccia, che poi si arena, non viene neanche mai portata in Consiglio dei ministri, entrambe sono sostanzialmente il frutto di un'assoluta disponibilità da parte delle Regioni che chiedono l'autonomia.
Vi ricordo che la Costituzione non prevede che ci debba essere una legge quadro. La Costituzione parla d'intesa tra la Regione e lo Stato. Tant'è vero che il dibattito tra i costituzionalisti è stato acceso e importante. Si sono fatti convegni. C'è una parte che dice "è vero che è così" e un'altra parte che dice "se anche è vero che è così, sarebbe un atto di sensibilità affrontare il percorso con il Parlamento", che è un percorso legittimo. Io condivido che sia un bene andare in Parlamento, che sia stato un bene andare in Parlamento e che sarà un bene tornare in Parlamento.
Le differenze tra la legge Boccia e la legge Calderoli sono sostanziali. Si parla tanto di LEP. La legge Calderoli stabilisce che entro ventiquattro mesi devi fare i LEP e stabilisce che finché non hai fatto i LEP non puoi trattare sulle quattordici materie LEP, quindi è molto perentoria su questo tema.
La legge Boccia – se andate a leggerla – cita i LEP e dice che verranno definiti, ma non c'è perentorietà, non c'è calendario su questo aspetto. Questi sono dati di fatto. Poi, se volete, vi do le due leggi e andate a controllare. Ci sono poi molti altri aspetti sulla centralità del Parlamento. Ripeto, stiamo confrontando una legge, che ha avuto un iter compiuto ed è diventata legge, con una bozza. Trovo, quindi, anche abbastanza limitativo confrontare qualcosa che è frutto di un grande lavoro di scalpellino su un blocco di marmo, che è la legge conclusa, una legge che era una bozza.
C'era anche un altro aspetto: il ruolo del Parlamento. Sicuramente la legge Calderoli dà un ruolo al Parlamento importante, ma per capire questo e per capire di cosa stiamo parlando intanto vi ricordo che una delle nove materie è l'organizzazione della giustizia di pace. Anche in questo caso, vi ricordo che è prevista la gradualità. Oggi non vi so dire quali saranno i termini di trattativa, perché il primo incontro che abbiamo avuto è servito semplicemente per aprire il tavolo. La legge prevedeva che entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale si addivenisse all'apertura del tavolo. C'è la disponibilità da parte del Governo a iniziare a lavorare. Vi ricordo che il lavoro preparatorio è utile, perché significa per noi avere un confronto con i singoli Ministeri, che il Ministro ha fatto in nome e per conto nostro nel momento in cui abbiamo presentato le eventuali funzioni sulle nove materie, sulle quali potremmo eventualmente – uso una forma condizionale – trattare.
Le materie per le quali potremmo chiedere le funzioni sono: l'organizzazione della giustizia di pace, i rapporti internazionali e con l'Unione Europea, il commercio con l'estero, professioni, protezione civile, previdenza complementare e integrativa, coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario, Casse di risparmio, Casse rurali e aziende di credito a carattere regionale, enti di credito fondiario agrario a carattere regionale.
Per darvi una dimensione di quella che sarà la procedura, e dopo resto a disposizione per la discussione, noi oggi siamo nella fase in cui si è aperto il tavolo, il Ministro interloquisce con i colleghi dei singoli Ministeri che riguardano queste nove materie, porterà le istanze della richiesta di funzioni. Noi abbiamo dato la disponibilità, in questa prima fase, di cercare di fare uniformità, se possiamo, almeno su un primo blocco di materie, che siano coerenti e costanti per tutti, eventualmente con qualche funzione in più o in meno.
Voglio anche ricordarvi ‒ siccome sembra sia una procedura che con una pacca sulle spalle finisce lì ‒ che la procedura è questa. Prima fase: atto di iniziativa della Regione interessata sentiti gli enti locali. Siamo in questa fase. Abbiamo aperto il tavolo e faremo l'incontro con la Consulta. Poi, ve lo dico in maniera molto veloce: trasmissione da parte del Presidente del Consiglio ai Ministeri competenti per materia e al MEF e parere entro 60 giorni. Ed è quello che vi stavo dicendo, cioè vanno sentiti i diversi Ministeri. Decorsi 60 giorni, avvio del negoziato, previa informazione alle Camere e alla Conferenza Stato-Regioni. Schema di intesa preliminare, negoziato tra Stato e Regione approvato dal Governo. Alla seduta del CDM partecipa anche il Presidente della Giunta regionale coinvolto. Poi, immediata trasmissione dello stesso schema in Conferenza Unificata. Parere entro 60 giorni. Dopo il parere della Conferenza Unificata e, in ogni caso, dopo 60 giorni (non prima), si trasmette alle Camere. Atti di indirizzo dei competenti organi parlamentari entro 90 giorni. Poi, valutato il parere della Conferenza Unificata e sulla base degli atti di indirizzo parlamentare (cioè le Camere si esprimono) e, comunque, decorso il termine di 90 giorni, il Presidente del Consiglio dei Ministri predispone lo schema di intesa definitivo, al termine di un ulteriore negoziato, ove necessario.
Alla fine, partiamo da A, B, C e D, fa tutto questo giro, Conferenza Unificata, Parlamento, eccetera. Passano almeno sei mesi. Poi qualcuno potrebbe chiedere su un punto di limare o di rivedere un determinato aspetto. Fatto questo, procedura di approvazione dell'intesa. Quindi, siamo ancora in fase di pre-approvazione.
Seconda fase. Trasmissione dello schema di intesa definitivo alla Regione, che approva il contenuto, consultati gli enti locali. L'approvazione, quindi, la faremo in Consiglio regionale sullo schema di intesa che il Governo ci propone. Entro 45 giorni dalla comunicazione dell'approvazione da parte della Regione, cioè dopo averlo approvato, schema di intesa definitivo e deliberato del Consiglio dei Ministri (cioè torniamo in Consiglio dei Ministri) corredato da una relazione tecnica.
Fatto questo, contestualmente, il deliberato diventa disegno di legge di approvazione dell'intesa, che è allegata. L'intesa definitiva è immediatamente sottoscritta dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Presidente della Regione. Il disegno di legge di cui all'intesa è immediatamente trasmesso alle Camere per l'approvazione.
Per dire che questo è un colpo di mano, un colpo di spugna ci vuole fegato, ma ce ne vuole tanto. Vengono fatte salve le autonomie decisionali, assembleari. Per fare sintesi: decidiamo una bozza di intesa, che va in Parlamento; questa bozza di intesa torna fuori con delle indicazioni; dobbiamo trattare ancora per le indicazioni e chiudere la bozza di intesa. Il Consiglio dei Ministri la approva, noi la dobbiamo approvare; prima di firmare, deve tornare alle Camere, che la devono approvare.
Dire che è un colpo di spugna vuol dire non essere corretti.
Questa è la legge n. 86, la legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale, approvata il 19 giugno di quest'anno.
Quindi, siamo all'inizio di questo percorso. Abbiamo presentato un blocco di funzioni, che per certi aspetti sono anche simili a quelle dei nostri colleghi. I nostri colleghi ‒ quando dico "colleghi" mi riferisco alla Lombardia, alla Liguria e al Piemonte ‒ magari hanno altre sfumature nelle richieste. Cercheremo anche di capire e di fare tesoro assieme di quello che è mutuabile, ma non siamo un millimetro più avanti in questa fase. Siamo ancora nella fase di riscaldamento a bordo campo, dove non si sta iniziando a scrivere. Siamo nella fase di attesa dei famosi 60 giorni per avere le prime risposte dei Ministeri rispetto a quella che è un'ipotesi di lavoro, neanche di approvazione di lavoro.
Come vi ho già detto, verosimilmente si va nella direzione di pensare, in questa prima fase, di cercare di fare un negoziato a quattro, quattro Regioni che possono condividere cinque, sei, sette materie, quello che sarà, con funzioni che saranno più o meno simili. Questo per cercare, anche in questa prima fase, che è una fase di collaudo, lasciatemelo dire, di poter avere un percorso che sia un po' più definito e meno variegato, meno rocambolesco, se volete. Abbiamo un blocco per quattro Regioni, un blocco di materie delle nove. Sarà anche per noi un banco di prova, visto e considerato che è abbastanza articolata tutta questa attività.
Io non avrei altro da aggiungere, se non pensare che il lavoro con il Consiglio può essere un lavoro assolutamente proficuo. Lo faremo nel momento in cui arriverà una proposta. In questa fase non sono nelle condizioni di portarvi nessuna proposta. In questa fase noi abbiamo semplicemente portato ‒ e ve le ho fatte avere ‒ le eventuali funzioni sulle quali potremo andare a ragionare, ma non siamo in una fase nella quale possiamo avanzare altre proposte. Entro 60 giorni, sicuramente, qualcosa accadrà. Nel convocare la Consulta dell'autonomia, quindi gli stakeholders del Veneto, accompagnati dalla nostra delegazione trattante e supportati dalla nostra piattaforma per l'autonomia, quindi tutto l'Osservatorio dell'autonomia ‒ vi ricordo che noi abbiamo un link, una pagina web dove carichiamo tutti questi materiali; li trovate tutti caricati ‒ quella sarà anche l'occasione per condividere le informazioni non solo con gli addetti ai lavori, ma anche con tutta la cittadinanza.

PRESIDENTE

Grazie, Presidente.
Iniziamo la discussione generale sul punto n. 5. Ricordo che la discussione avviene ai sensi dell'articolo 93.
Ha chiesto la parola la collega Camani. Prego.

Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente Ciambetti. Grazie, Presidente Zaia.
Riteniamo il confronto tra noi su questo tema necessario. Anzi, avremmo auspicato che avvenisse prima. Lo chiediamo, sostanzialmente, dall'inizio di questa legislatura. L'ultima volta lo abbiamo chiesto il 18 luglio. Vorremmo un confronto ‒ avremmo voluto un confronto ‒ per tempo, che continui in modo serrato.
Lei stesso, Presidente Zaia, nel 2017, tanti anni fa, l'ultima volta che è venuto in quest'Aula a parlare di autonomia, si era impegnato ‒ ho letto i verbali ‒ a tornare in questo Consiglio non ogni volta che lei lo riteneva necessario, ma ogni volta che il Consiglio glielo avesse chiesto. Riteniamo questo confronto importante. Le ricordo, Presidente, che in questa Assemblea sta la funzione legislativa, oggetto in parte della trattativa che lei sta svolgendo con il Governo. Qui, in quest'Aula, siede l'organo politico che detiene il potere di indirizzo politico a lei e alla sua Giunta.
Devo dire che c'era o perlomeno io avevo una certa aspettativa rispetto a ciò che ci avrebbe detto oggi. Ero curiosa di ascoltare cosa avrebbe proposto al parlamentino della Regione del Veneto, quale lettura, quale visione, quale idea di impianto istituzionale la sta muovendo dentro questa discussione, interlocuzione con il Governo. Invece, Presidente Zaia, a me sembra che oggi non sia stato capace di cambiare registro, di cambiare postura, direi, di abbandonare la retorica di chi racconta la cronistoria di ciò che è avvenuto, senza, però, riuscire a spiegare a questo Consiglio regionale qual è l'idea di Stato che ha in mente; quali sono gli equilibri istituzionali nuovi che con questa legge Calderoli vorrebbe disegnare per l'Italia e per la nostra Regione; come tenere lo Stato e le istituzioni regionali in un equilibrio coerente con le necessità di sviluppo della nostra Regione e dell'intero sistema Paese; come concretamente, Presidente, far crescere il Veneto; dove vuole condurre la nostra Regione dopo 15 anni che ha l'onore di governarla.
C'è un grande assente nella sua relazione di questa mattina, ed è proprio la Regione del Veneto. Lei ha parlato dell'autonomia come di una battaglia da vincere, ma non ci ha spiegato in che modo concretamente la sua autonomia, quella che persegue da 15 anni, possa aiutare il Veneto a migliorare e a rispondere meglio ai bisogni delle persone. Ci ha parlato dell'autonomia quasi come di un suo fatto privato, di una sua battaglia personale. Non ci ha raccontato il percorso della Regione del Veneto. Ci ha raccontato il suo percorso personale alla ricerca dell'ottenimento di quel simbolo, di quel totem, che è l'autonomia.
Ci ha fatto un riassunto di cosa è successo dal 2017. Presidente, noi sappiamo cosa è successo. Siamo un'Istituzione anche noi, sappiamo leggere le carte. Il punto non è raccontare come siamo arrivati qua, a mio modo di vedere. Io mi sarei aspettata che lei ci raccontasse dove vuole andare, dove vuole condurre il Veneto.
Credo possa essere utile fare un punto di dove siamo oggi per ragionare su cosa fare domani concretamente. Cosa resta del racconto che ci ha fatto, della cronistoria dal 2017 ad oggi? Resta indubbiamente la legge Calderoli, una legge dello Stato promulgata e pubblicata in Gazzetta. Lascerei ad altre sedi la discussione sull'appropriatezza, la costituzionalità e l'opportunità dei contenuti di quella legge. La faremo se e quando la Consulta deciderà di accogliere, o meno, il quesito referendario che abbiamo proposto. Allora apriremo una fase di campagna referendaria in cui proveremo a parlare del Paese.
Certo che alcuni dati di fatto li dobbiamo dire attorno alla legge Calderoli, per capire cosa rappresentano per il Veneto. Primo dato di fatto, Presidente Zaia: è una legge fortemente divisiva. Quella guerra di religione che lei ha impiantato nella nostra regione tra i contrari e i favorevoli all'autonomia l'avete trasferita, come impianto, pari-pari nel Parlamento italiano e avete fatto una legge che ha diviso l'opinione pubblica, ha diviso le associazioni, le forze sindacali, l'ufficio parlamentare di bilancio, Bankitalia. Pure Standard & Poor's ha detto che è una legge pericolosa.
Presidente, anche la Conferenza Episcopale Italiana ha espresso perplessità su questa legge. Glielo dico personalmente, con tutta la sincerità del caso. Mi hanno prodotto un personale imbarazzo le repliche che lei ha fatto ai vescovi italiani dicendo: "Cari vescovi italiani, non avete capito. Ve la spiego io la legge". È un atteggiamento paternalistico che può permettersi ogni tanto in quest'Aula, ma, davvero, non con la Conferenza Episcopale Italiana.
È una legge che ha diviso il Parlamento, lo ha diviso tra nord e sud, tra destra e sinistra. È una legge che ha aperto un conflitto inedito tra i Presidenti di Regione, cioè tra i suoi colleghi, come li chiama lei. Non si erano mai viste, nella storia istituzionale di questo Paese, Regioni che ricorrono contro una legge dello Stato e altre Regioni che si schierano contro i suoi colleghi. Inoltre, è una legge che ha diviso la sua stessa maggioranza, Presidente Zaia. I Ministri del Governo di cui la Lega fa parte si schierano quotidianamente contro questa legge.
Questa è la legge di cui stiamo parlando. Non dimentichiamo queste premesse fondamentali.
Soprattutto, è una legge che smentisce le due direttrici principali attorno alle quali lei e il suo partito avete costruito la retorica dell'autonomia. La prima: i soldi. Diciamo chiaramente al Veneto che la legge Calderoli esplicita il fatto che gli otto decimi, i nove decimi, "schei" dei veneti in tasca ai veneti, non si faranno, e non si faranno perché non si possono fare, perché la Costituzione non ve lo consente. Almeno ha sgombrato il campo ‒ ha avuto questo pregio la legge Calderoli ‒ da questo equivoco di fondo, che voi volutamente avete alimentato in tutti questi anni.
Non esistono neanche ulteriori risorse in questa legge, a invarianza finanziaria. Non esistono soldi perché non ce ne sono, Presidente Zaia. Non ce ne sono a Roma, nello Stato centralista della burocrazia, ma non ce ne sono neanche nella sua Regione, quella efficace e ben governata. Anche lei ha lasciato la nostra Regione senza soldi in cassa, tanto quanto la burocrazia romana.
Inoltre, smonta la retorica di cui lei ha infarcito la sua narrazione in questi 15 anni. Tutte le 23 materie subito. Non sarà così. Intanto, una parte significativa sono ‒ come le ha definite ‒ le materie "lepizzabili". Ne riparleremo, Presidente Zaia, non quando i livelli essenziali di prestazione saranno individuati, ma quando saranno garantiti, cioè quando troveremo i soldi per garantirli. Capisce meglio di me che quel tempo non è proprio domani.
La legge smentisce perché c'è, nei fatti, l'impossibilità di intervenire in ambiti ad alto interesse nazionale. Gliel'hanno detto e glielo abbiamo detto in tutti i modi. Le infrastrutture strategiche, le politiche energetiche. Presidente, a me non preoccupa tanto il fatto che il Veneto possa o debba decidere sulle infrastrutture strategiche o sulle politiche energetiche. Mi preoccupa il fatto che lei pensa di poter sottrarre la nostra Regione dalla programmazione nazionale su questi temi. Se lo immagina il Governo che fa una legge per l'approvvigionamento nazionale del gas, che vale per tutte le Regioni d'Italia tranne che per il Veneto, perché lei deve fare da solo? Le faccio questa considerazione per dire che l'oggetto del nostro confronto non riguarda tutte le 23 materie, ma cosa serve al Veneto. O su materie come la scuola. A parte che ha già detto Calderoli che è una follia. Lo cito perché ho visto degli articoli di giornale dove si spiega nel dettaglio quali sono le richieste del Veneto per la scuola. Io i dossier non li ho avuti. Per avere quattro schedine ho dovuto aspettare due settimane. Pare anche una cortesia. I giornali, però, hanno pure il dossier delle materie lepizzabili. Sono più bravi.
A proposito di burocrazia romana, Presidente Ciambetti, anche quella veneta non sempre è proprio veloce nel rispondere alle richieste dei Consiglieri.
Cosa resta di queste richieste? Da tutte le 23 materie ad alcune funzioni di 9 materie cosa resta? Alcune sono irricevibili, Presidente. E non lo dico io. So che la mia opinione conta poco. Lo dicono i Ministri del Governo di Giorgia Meloni, lo dice il ministro Musumeci, lo dice il ministro della Lega, Piantedosi. Sono richieste irricevibili perché incrociano il delicatissimo tema della sicurezza nazionale, della politica estera, che è competenza esclusiva dello Stato.
Di fronte alle contestazioni motivate di alcuni Ministri del Governo, di alcune forze politiche, anziché aprire una discussione seria su cosa serve al Veneto e perché vogliamo la protezione civile o i vigili del fuoco nazionale, lei rispolvera un po' del tradizionale antimeridionalismo (cosa vuole Musumeci, che è siciliano), senza entrare nel merito del problema e spiegare perché su quella questione ne fa una battaglia di principio.
Altre materie, altre funzioni che richiede sono oggettivamente costose. Mi va benissimo. Apriamo tutte le nuove sedi che vuole dei Giudici di Pace. Chi li paga, Presidente? Chi paga la sede? Chi paga il personale amministrativo? Se guarda il bilancio della Regione del Veneto, dovremmo chiudere un po' di uffici, anziché aprirne. Altre, Presidente, sono richieste oggettivamente poco significative. A me va benissimo. Andiamo a fare tutte le manifestazioni fieristiche che vogliamo, ma davvero lei pensa che sia questa la grande rivoluzione per il Veneto? Io penso di no.
Quindi, Presidente Zaia, le chiedo, ed è questa la domanda alla quale avrei pensato e voluto che lei mi rispondesse nel suo intervento: della battaglia delle battaglie, della storia per la quale ci tiene attaccati in Consiglio regionale da 20 anni, l'autonomia, la Pontida delle Pontida ‒ vede che la ascolto, Presidente, con attenzione ‒ cosa resta? Dettagli di competenze, ritagli di materie, qualche nuova partecipata, qualche CdA in più. È davvero questa la soluzione che lei propone alla nostra Regione? C'è un mondo impegnato del più grande cambiamento globale che travolge il sistema produttivo, la coesione sociale, gli ecosistemi, tutto il mondo occidentale si interroga su come ridefinire su scala globale lo sviluppo del pianeta e lei pensa che la soluzione, di fronte a questi grandi temi planetari, sia davvero l'organizzazione di manifestazioni fieristiche? È questo che serve al Veneto?
Sono risposte inadeguate, a mio giudizio, Presidente, che rischiano, sotto alcuni punti di vista, di essere persino dannose in termini di burocrazia. Qual è l'ente a cui mi devo rivolgere? Il Governo, lo Stato, il Comune? C'è anche la Regione, adesso. In termini di perdita di competitività, pensi alle imprese, come possono pesare su di loro gli interventi frammentari nella disciplina normativa, dannosi anche in termini di incertezza del diritto. In Veneto vale una regola, in Emilia-Romagna un'altra, in Piemonte un'altra ancora.
Temo che, fatta così, questa autonomia, qualora venisse fatta, rischia anche di essere inefficace in termini di politiche pubbliche che mettiamo in campo. Francamente, Presidente, e mi avvio a concludere, mi sarei aspettata qualcosina di più ambizioso, di visione, dal Presidente del 77% del consenso, come amava dire chi mi ha preceduto in questo ruolo, il sindaco Possamai. Da quel risultato derivano e discendono certamente grandi onori, ma anche grandi responsabilità, che a me non sembra lei sia in grado di offrire alla nostra Regione. Sa qual è il problema, Presidente, dal mio punto di vista? Che c'è una distanza enorme tra il rappresentare e il governare. È indubbio che lei rappresenta i veneti dall'alto del suo 77%. È altrettanto indubbio che lei si sta dimostrando incapace di governare la nostra Regione, ed è la differenza tra chi rappresenta e chi sa governare.
So che non è abituato. Di solito si mette in contesti in cui nessuno può dire dirle qualcosa che non va. Qualcuno, però, glielo doveva pur dire prima o poi, Presidente.
Mentre lei si dedica pervicacemente all'esercizio di ciò che, più che essere utile ai veneti, è utile a lei e al suo consenso, si dimentica di affrontare le vere emergenze che questa Regione sta attraversando, delle quali avremmo piacere di parlare più spesso con lei in questo Consiglio regionale. Ecco perché io penso che questa narrazione, questa retorica ‒ oggi si dice "storytelling" – attorno all'autonomia e a ciò che sarà per il Veneto sia, in realtà, un modo in cui lei sta prendendo in giro i veneti e sta omettendo dal centro dell'opinione del dibattito pubblico i veri problemi che questa Regione sta attraversando, i veri fallimenti di questa Amministrazione regionale, che, per quanto mi riguarda, hanno i nomi degli oltre 4.000 studenti idonei non beneficiari che non hanno le borse di studio, hanno i volti disperati delle persone che ad ogni temporale vedono la propria casa allagata, vestono i panni dei familiari delle persone anziane non autosufficienti che non trovano posto nelle case di riposo della nostra regione o, quando lo trovano, devono pagare troppo.
È il fallimento che ritroviamo nei Comuni del Veneto, virtuosi nel mettere a terra i fondi del PNRR e destinatari dei tagli del Governo Meloni. Vada a Roma, non a chiedere l'autonomia per le fiere, ma a dire che quel taglio sui trasferimenti ai nostri Comuni non è accettabile. Io non la vedo sbattere i pugni sui tavoli romani su questioni che riguardano direttamente il nostro territorio.
Vedo il fallimento di un trasporto pubblico locale dell'unica Regione che non investe risorse nostre in questo fondamentale settore, già di competenza delle Regioni, quindi del Veneto.
Vedo il fallimento della sua Amministrazione nella frustrazione del personale del comparto sanitario, che non riesce a venire fuori da stipendi troppo bassi e dal burnout, che lei conosce benissimo.
Le chiedo, Presidente, e chiudo, in quale modo la sua autonomia differenziata, quelle funzioni dentro quelle 9 materie non LEP rispondono a questi bisogni, alle borse di studio, al trasporto pubblico locale, al problema della sanità, al problema della fragilità idrogeologica del nostro territorio. Non rispondono in alcun modo a queste domande che i veneti le stanno ponendo da tempo.
Per carità, possiamo andare in cerca dell'ennesimo colpevole, dell'ennesimo alibi, dei cattivoni che hanno impugnato le leggi regionali per fare il referendum. È colpa del PD, lo sappiamo, Presidente. È colpa degli alleati di Governo. Vi mandiamo a casa. Andiamo al Papeete un'altra volta e vi mandiamo a casa se non fate quello che vi diciamo noi. È colpa dei Ministeri, non dei Ministri. I Ministri sono persone. Bisognerebbe avere il coraggio di metterci la faccia contro quei Ministri. I Ministeri danno quest'idea della burocrazia romana.
Presidente Zaia, molto semplicemente, rispetto al fatto che questa vostra autonomia non servirà al Veneto, perché, in realtà, dalla battaglia delle battaglie si riduce a poca cosa, la responsabilità è esclusivamente vostra, del non aver avuto in questi 15 anni una proposta seria, concreta, oggettiva per rispondere alla necessità, altrettanto oggettiva, di proporre, ricomporre un impianto solidale, sociale, collaborativo che sia utile al Veneto, ma soprattutto che sia utile al sistema Paese. I grandi statisti, i grandi leader politici non sono soltanto capaci di leggere con il microscopio il proprio territorio, ma dovrebbero diventare leader a livello nazionale, proponendo un'idea di Regione e di Stato coerente con i bisogni.
Non avete un'idea originale, attuale dei rapporti tra centro e periferia. Finirete di schiacciare il Veneto in questa postura litigiosa che si contrappone a tutti, ai corpi intermedi, alle altre Regioni, al Governo centrale, all'Europa. State litigando con tutti. Non riuscite a comporre un sistema complesso, che va governato.
Presidente Zaia, noi siamo disponibili a discutere di ogni singola funzione di quei 9 dossier, se è utile per il Veneto. Tempo da perdere in chiacchiere non ne abbiamo.

PRESIDENTE

Collega Valdegamberi, prego.

Stefano VALDEGAMBERI (Gruppo Misto)

Ascoltando la collega Camani, se avevo dei dubbi, mi sono passati del tutto. Abbiamo avuto la prova del nove che ciò che stiamo facendo è qualcosa di utile a questo Paese.
Assume la Presidenza
Il Vicepresidente Enoch SORANZO

Stefano VALDEGAMBERI (Gruppo Misto)

Io sono tra coloro che pensano che questa procedura è quasi troppo complessa, è quasi troppo garantista. Doveva essere una trattativa molto più semplice, ma poi qualcun altro, da un'altra parte, dice che viene distrutta l'Italia, vengono fatte ingiustizie sociali, rubate risorse da una parte all'altra del Paese. Sono tutte cose non vere, perché poi sono smentite dalla stessa collega Camani, che dice che non porta più risorse.
Certo, questa permetterà a ciascun territorio di spendere meglio ciò che si ha, di ottimizzare l'uso delle risorse esistenti e le eventuali economie usarle, magari, per il territorio, per dare nuovi servizi e migliorare l'efficienza della spesa pubblica. Credo che sia questo l'obiettivo: responsabilizzare. Questa parola che manca in buona parte del Paese.
Anche a parità di risorse, vediamo che c'è chi dà maggiori servizi e chi non li dà. Addirittura, ci sono aree del Paese dove hanno più risorse, le spendono e hanno meno servizi di chi ne ha meno. Queste disuguaglianze vanno tolte. Non credo che sia un problema quello di creare l'efficienza in questo Paese, né per i Vescovi, né per nessun altro. Penso sia un dovere usare bene i soldi delle tasse, perché le tasse sono sacrifici delle famiglie e delle imprese e vanno usate in maniera corretta. Credo che questo, alla base, sia il principio di questa autonomia.
Vorrei fare un po' di storia, perché molti di voi non c'erano, alcuni c'erano qui in Aula, forse i più longevi. La storia nasce da lontano. Vorrei ricordare a quei signori che oggi si oppongono che questa è una valvola di sfogo per una situazione che si era creata a quei tempi, esplosiva, nel Veneto: movimenti indipendentisti, assemblee ogni sera, da una parte all'altra del Veneto. Pochi di voi lo ricordano. Sono il sintomo di una tensione che c'era, una voglia di giustizia, di equità e di parità di trattamento di questa Regione, che è latente da diverso tempo.
Penso che questo sia uno dei motivi anche della nascita di movimenti come la Lega. Si vuole rivendicare una equità, quantomeno equità, di trattamento in un territorio che produce risorse e vede svanire questa forza produttiva, vede disperdere in tanti sprechi i risparmi nel resto del Paese, cioè dare più di quello che si riceve e vedere che quello che si dà in più ancora non basta, questa voglia di riportare un'efficienza non tanto del Veneto perché l'autonomia aiuta più gli altri, ma di tutto il Paese, anche a vantaggio del Veneto.
Credo che siano queste istanze forti che hanno portato nel 2017 i 2.300.000 veneti convintamente in fila, anche sotto la pioggia, a partecipare a questo voto. E noi ci permettiamo ora di sorridere contro questa volontà popolare, di quasi beffeggiarla, di insultarla? Come ci permettiamo? Stiamo offendendo i nostri cittadini. Questa è una battaglia del Veneto, di tutti, anche della Sinistra del Veneto. Non capisco questo atteggiamento che tende sempre a rinviare, a trovare il punto negativo, a ostacolare, a mettere freni ovunque.
È passato già troppo tempo da quel 2014, e oggi siamo nel 2024, quando ricordo che in quest'Aula, anche con una certa agitazione, un certo timore, arrivarono due proposte di referendum consultivo. Una l'avevo depositato io due anni prima. Era stata sollecitata anche da Indipendenza Veneta. Era molto forte e molto provocatoria. Ha avuto grande coraggio il Consiglio di allora ad approvare questa proposta, perché era veramente dirompente. È stato come buttare in uno stagno, dove non si muoveva nulla, un masso, un macigno.
Da quel macigno poi sono emersi anche gli antidoti, è emersa la legge per l'autonomia, è emerso il dibattito che si è incanalato anche nel percorso costituzionale. Se non ci fosse stato un macigno buttato nello stagno, penso che oggi non saremmo nemmeno qui a parlare di questi temi.
Il macigno è stato proprio quel disegno di legge, il quale poneva un quesito, che chiaramente la Corte Costituzionale ha cassato, perché lo Stato tutela sé stesso, non può mettere in discussione la propria stessa esistenza, che andava a minare l'integrità dello Stato.
Era un referendum consultivo che chiedeva – vediamo se trovo il testo, perché è interessante – "Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana, sì o no?". Questo è un quesito approvato da una legge della Regione Veneto. È stato un atto veramente – lo guardo con il senno di poi – di grande coraggio. È da questo quesito che poi sono nati una serie di altri quesiti di un'altra legge, dei quali uno si è salvato, che è quello dell'autonomia differenziata, che – dobbiamo darne atto – il Presidente Zaia è stato capace di trasformare in qualcosa di concreto attraverso un referendum.
Anche questo è stato un atto eroico, perché anche lì lo Stato non ha aiutato nel partecipare minimamente. C'è stato quasi un tentativo di ribellione dell'apparato interno allo Stato contro l'espressione della volontà popolare del Veneto. Ora siamo qui, a distanza di tempo, ancora ad aspettare cose concrete, che si stanno avverando. E qualcuno ancora mette i pali fra le ruote e va a contestarli.
Cari amici, siamo fuori tempo massimo. Dobbiamo procedere velocemente, perché i veneti non dimenticano, perché quei tempi in cui c'erano quei movimenti indipendentisti che andavano a gridare "via dall'Italia", questi qua sono qua assopiti che aspettano di vedere i risultati. Ditelo ai vostri colleghi di altre Regioni che fanno ricorsi assurdi, Regioni che hanno già un grado di autonomia più del Veneto. Sembra quasi siano invidiosi che altri possano godere dello stesso grado di autonomia nei loro territori.
Questi discorsi assurdi fateli ben presenti a coloro che vanno a firmare i referendum. Non tirate la corda troppo, perché quando si tira troppo la corda va a finire che si spezza.
Se vogliamo rimanere nell'ambito della Costituzione Italiana, eccetera, non possiamo vedere che i veneti percepiscono un Paese che è madre da una parte e matrigna dall'altra. Siamo tutti figli di una stessa madre. Quando portate avanti le istanze contro la volontà dei veneti, sappiate che a una reazione corrisponde una controreazione. Quando si esagera nel voler negare un diritto minimo, naturale, che è di spettanza dei veneti, succede che i veneti si alzano in piedi e chiedono di rompere l'ordine costituzionale. State bene attenti.
Lo dico qua perché io ho vissuto questo periodo e credo che oggi questa sia la risposta costituzionale a un problema che non può essere messo da parte. Non è dimenticato dai veneti, non è accantonato, è molto vivo e ritornerà ancora in prima linea se noi faremo saltare il banco, se noi non porteremo a termine questo processo.
Questo processo è una risposta. Se non ci sarà nessuna risposta, i 2.300.000 veneti che si aspettavano un cambiamento, non staranno fermi. Lo dico oggi e fra qualche anno ce ne accorgeremo. È un dovere dare una risposta, è una responsabilità della maggioranza e dell'opposizione.
Ringrazio il Presidente che ha preso sempre seriamente questo tema. Credo che in questo caso nessuno debba stare dall'altra parte. Tutti dobbiamo correre nella stessa direzione per il bene dell'Italia stessa e anche per una questione di equità e di giusto riconoscimento a un'istanza che è legittima, più che legittima, che hanno fatto 2.300.000 veneti.

PRESIDENTE

Buongiorno a tutti. Buongiorno, Presidente. Grazie, collega.
Ha chiesto la parola il collega Villanova Alberto. Ne ha facoltà. Prego.

Alberto VILLANOVA (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Intervengo perché, dopo aver sentito la collega Camani, mi sono sentito molto in colpa e penso che tutti noi ci siamo sentiti molto in colpa. Quando nel suo crescendo wagneriano, alla fine, ha iniziato a elencare tutti i motivi per cui noi stiamo sbagliando a portare avanti questa idea di autonomia, io subito ho detto: "dobbiamo pentirci, ragazzi. Dobbiamo subito pentirci, perché stiamo peccando".
Ci vuole coraggio a venire in quest'Aula, che è stata definita il "parlamentino dei veneti", io dico il Parlamento dei veneti, come diceva mia nonna, ci vuole coraggio a venire qua a dire certe cose. Ci vuole veramente coraggio.
Adesso io partirò con delle considerazioni che sono assolutamente politiche, non sono personali nei vostri confronti, anche perché credo che molti di voi abbiano votato anche a favore di questo referendum. Credo che, tolta la maschera di esponente del PD o della sinistra, probabilmente molti di voi vogliono l'autonomia per la nostra Regione. Secondo me, il vostro partito, in particolare il PD e altre associazioni culturali e sindacati, sta portando avanti la battaglia contro l'autonomia in malafede.
C'è un esempio concreto che è passato quasi sottotraccia nei giornali. Solo un giornale ha riportato un trafiletto qualche giorno fa. Con il vostro segretario regionale Martella, l'altro giorno avete chiesto le dimissioni della professoressa Elena D'Orlando, Presidente della Commissione tecnica sui fabbisogni standard, non perché è incapace, non perché è impreparata, non perché ha qualche colpa grave, ma semplicemente perché ha fatto parte della Commissione trattante del Veneto.
Voi a questa donna, a questo professore universitario, avete messo una lettera scarlatta sulla schiena: non può fare la Presidente di una Commissione tecnica perché ha lavorato per la Regione Veneto. Questo vi dà il metro con cui state portando avanti la battaglia contro l'autonomia.
Quando andate a colpire le persone, non per quello che pensano, per come lavorano, ma solo perché hanno fatto parte di una Commissione della Regione Veneto, veramente si capisce perché, secondo me, state portando avanti, come partito, una battaglia in malafede. Io ho ascoltato, come sempre, in maniera molto attenta, la collega Camani, perché mi dà sempre molti spunti per intervenire. Lei ha detto: "Qual è l'idea che di Stato che avete?".
Signori, noi stiamo portando avanti una riforma che è basata sulla Costituzione e la stiamo portando avanti, come dice il Presidente, in maniera gandhiana e in maniera democratica. La legge Calderoli è stata approvata in Parlamento, dal Parlamento italiano, non dal Parlamento veneto. È stata firmata dal Presidente Mattarella, come vi ho già detto qualche mese fa, sta arrivando nella fase applicativa e il Presidente Zaia ci ha dato tutti i passaggi.
Che idea abbiamo dello Stato? L'idea che è scritta in Costituzione, e questa Costituzione non l'abbiamo scritta noi. La riforma del Titolo V – ve lo ripeterò fino allo sfinimento – non l'abbiamo scritta noi, l'avete scritta voi.
La consigliera Camani dice: "Presidente, cosa vuole fare lei dell'approvvigionamento di gas?". Prenda il telefono e chiami i suoi colleghi di partito che hanno inserito in Costituzione questa cosa. Perché viene a chiederlo a noi? Perché viene a chiederlo a noi? Prenda, prenda il telefono. Chi era il Presidente del Consiglio quando è stata fatta la riforma della Costituzione? D'Alema, immagino. Prenda il telefono, visto che magari siete anche vicini dal punto di vista politico, e chiedete perché sono state inserite in Costituzione queste materie, se poi provocano così tanto disagio e vanno a spaccare l'unità del Paese.
Guarda caso, una legge che spacca a metà il Paese è una legge quadro. Non è scritta la parte applicativa perché, come diceva il Presidente, serve l'accordo tra Regione e Stato, previsto dalla Costituzione. Una legge quadro che spacca il Paese? Non si è mai visto e non si è mai sentito, però, guarda caso, la legge sull'autonomia spacca il Paese.
Un'altra domanda ci è stata posta: "Dove volete andare? Dove volete portare la Regione Veneto?". Avete sentito tutti? Noi la Regione Veneto la vogliamo portare avanti, ma so benissimo dove voi non volete andare o dove volete restare. Voi volete restare alla situazione attuale, restare al centralismo, che ha spaccato il Paese, restare a un Paese con le Regioni del sud che fanno fatica a curare le persone. Non è colpa nostra se non riescono a curarle, con la gente che deve venire al nord a lavorare, ancora oggi.
Questo è il posto dove volete portare voi l'Italia, dove volete portare voi il Veneto. Ci dite che spacchiamo l'Italia, che siamo sempre egoisti. Ne leggiamo di tutti i colori. Voglio ricordare che nel bilancio che stiamo per approvare c'è un contributo di solidarietà di 40 milioni in parte corrente che vanno non alle Regioni del nord, vanno alle Regioni del sud. Per fare cosa? Perché sono stati fatti investimenti con il PNRR, che non riescono a essere coperti nella parte corrente. Vengono fatti tagli ai Comuni e alle Amministrazioni provinciali e regionali delle Regioni che non hanno problemi di bilancio. E noi saremmo gli egoisti? Dopo che il PNRR è stato devoluto, anzi è stato stanziato con una quota fissa per il sud e poi abbiamo dato un'altra quota al sud, noi saremmo gli egoisti?
Ci ha detto, consigliera Camani, che la nostra è una legge divisiva. Anche qui serve tanto coraggio. Serve veramente tanto coraggio. Voi state facendo una raccolta firme contro l'autonomia, contro la legge Calderoli, per un referendum che speriamo la Corte Costituzionale non approvi. Speriamo, ma da questo Stato dobbiamo aspettarci sempre di tutto. Sul referendum che state portando avanti, se dovesse essere approvato e se dovessimo andare al voto, secondo voi, nel momento in cui, nella malaugurata ipotesi che questo referendum passi e venga abrogata la legge, i veneti si sentiranno più italiani, dopo che hanno votato anche loro un referendum con il 98,1%? Quei 2.300.000 veneti che hanno votato, che si sono messi in coda sotto la pioggia per esprimere quello che è un diritto costituzionale, la loro idea su un diritto costituzionale, si sentiranno più italiani dopo? Questa è una domanda, senza raggiungere l'apice retorico del collega Valdegamberi. Io credo di no.
Io credo che questo vada a spaccare di nuovo il Paese, perché se dovessimo ritornare a quella che è la situazione del referendum contro la devolution del 2006, allora era una legge costituzionale che è stata bocciata, qui stiamo parlando di qualcosa che è stato chiesto dai veneti con referendum. I veneti lo hanno chiesto e vogliono vedere se la Costituzione viene applicata nei loro confronti, anche quando si tratta di concedere dei diritti.
Voi continuate a dire che questa è un'idea di autonomia che combina mille disastri, ma io non ho mai sentito una vostra idea di autonomia.
L'altra sera, in un dibattito, mi sono sentito dire da una vostra collega, ex senatrice, ex Consigliera regionale del Veneto, che la vostra idea di autonomia era la riforma costituzionale del 2016, che è stata bocciata dal referendum. La vostra idea di autonomia era quella dove lo Stato metteva una clausola di supremazia su tutte le Regioni, toglieva le competenze e metteva una clausola di supremazia contro le Regioni. Questa è la vostra idea di autonomia. Se questa è la vostra idea, per forza abbiamo due idee completamente diverse, ma probabilmente anche i veneti hanno un'idea diversa dalla vostra, e penso ve ne siate accorti negli anni. A vedere i sondaggi, mi sembra che non sia cambiata questa tendenza. Fatevi una domanda.
Ogni volta che intervenite sull'autonomia, c'è un approccio che sembra – ripeto, non è una considerazione personale, ma politica – un approccio bipolare. Nello stesso discorso mi venite a dire che questa legge va a spaccare l'Italia, va a creare danni irreparabili, va ad allontanare il nord dal sud, va a far morire di fame la gente del sud a momenti, però nello stesso discorso dite che non porterà un euro in più al Veneto, che non porterà più competenze, non porterà materie, solo alcune funzioni.
Delle due, l'una. C'era un collega, nella scorsa legislatura, che diceva sempre "delle due, l'una": o è un progetto eversivo che porta a uno spaccamento dell'Italia, che porta all'attribuzione di miliardi di euro in più, che ci dà la possibilità di fare quello che vogliamo, cosa che non mi sembra, oppure è una legge che non porta niente in più. Non può essere tutte e due le cose assieme. Mettetevi d'accordo con voi stessi. Non potete dircelo nello stesso discorso, perché non siete tanto credibili. Non spetta a me dirvelo, ma non siete tanto credibili neanche dal punto di vista dei veneti.
A proposito del fatto che i veneti non sono d'accordo con voi, a me fa impazzire quando, collega Camani, lei dice al Presidente Zaia che c'è una distanza enorme tra rappresentare e governare. È una cosa che mi fa veramente impazzire. Voi non siete mai riusciti una volta, negli ultimi trent'anni, a farvi eleggere in questa Regione. Il Presidente Zaia non saprà rappresentare né governare, ma voi non avete fatto né l'uno, né l'altro in questi trent'anni! Prima di dare lezioni, per piacere, almeno provateci!
C'è da ridere. Mi lasci intervenire, collega Camani. Lei pretende il silenzio assoluto quando parla. Stia un attimo tranquilla, mi ascolti, tanto fra qualche minuto ho finito e dopo interverrà.
Ogni tanto io mi chiedo, quando fate certe uscite, tipo quella che ho sentito prima, oppure degli interventi, lavorate per il bene delle persone che vi hanno eletto qua o lavorate per portare avanti degli atti di indirizzo che vi arrivano da Roma, se non da Napoli? Ogni tanto mi sembra di sentire il Presidente De Luca in quest'Aula.
Quando siamo sotto bilancio e parliamo di sanità e della mancanza di medici, venite a recriminare contro il fatto che mancano medici, sapendo benissimo che la programmazione non la facciamo noi. Il Presidente De Luca porta i dati della sua Regione quando viene a Treviso, viene in Veneto, porta i dati sulla presenza dei medici nella sua Regione, che sono molto inferiori rispetto ai nostri, ed è ancora colpa del Veneto.
Voi date ragione al Presidente De Luca. È questa la cosa fantastica! Venite qui a portare avanti ancora questo tipo di approccio. Mi spiegate per chi lavorate? Me lo spiegate? Stiamo portando avanti una riforma che servirà ai veneti, che porterà delle funzioni, delle materie.
Un'altra cosa che mi manda via di testa è che l'altro giorno, quando si parlava del fatto che lo Stato non spenderà un euro in più per dare le competenze, insieme alle funzioni vengono devoluti i soldi che serviranno a portare avanti quelle funzioni, la nostra proposta, che penso sia una proposta di buonsenso, è che, se riusciamo ad essere più efficaci, più efficienti e a fare delle economie, quelle economie devono essere investite in Veneto.
La consigliera Camani, la Capogruppo, dice: "No, quei soldi vanno ancora in solidarietà". Cosa volete, il sangue dei veneti? Volete ancora il sangue? Cosa dobbiamo fare di più per la solidarietà di questo Paese? C'era un comunicato stampa l'altro giorno, è stato pubblicato. Avvocato Montanariello, c'era un comunicato stampa che è stato pubblicato giorni fa.

PRESIDENTE

Colleghi, vi prego di non fare un dialogo. Prego.

Alberto VILLANOVA (Zaia Presidente)

Cara collega, capisco che lei sia un po' sensibile su questo tema. Essendo una donna di grandi capacità, capisco che anche lei, quando dice certe cose, non ci può credere. Come dicevo prima, quando dice due cose in contrasto nello stesso discorso, capisco che anche lei va in grande difficoltà a tenere in piedi questa linea del vostro partito a livello nazionale.
Come vi dico sempre, voi potete tenere la linea che volete, l'importante è che sia caduta la maschera. Dovete dirlo chiaro e forte: voi siete contro l'autonomia, non di questa autonomia, voi siete contro l'autonomia del Veneto. Basta. Altrimenti, in tutti questi anni avreste portato una vera riforma, avreste portato in Parlamento qualcosa di chiaro. Avete fatto una bozza di legge quadro. Ripeto, una bozza di legge quadro. In tutti questi anni c'è stato il vuoto assoluto da parte vostra sull'autonomia.
Se non volete avere rispetto di noi, almeno abbiate rispetto dei veneti che l'hanno chiesta. Almeno non mettetevi sempre di traverso, come vi chiede la vostra segretaria, Elly Schlein, o come vi chiedeva il vostro segretario, Matteo Renzi, qualche anno fa, sempre di traverso ai veneti. Lasciate che la Regione porti avanti le istanze che arrivano dal popolo veneto per portare a casa qualcosa. Questo vi chiediamo.
Per piacere, smettetela di raccontare bugie, perché queste bugie non le capiamo solo noi, le capiscono anche quelli che sono a casa e le capiscono i veneti.

PRESIDENTE

Grazie, collega Villanova.
Ha chiesto di parlare la collega Baldin. Ne ha facoltà. Prego.

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Grazie, Presidente. Buongiorno, colleghi. Buongiorno, Presidente Zaia.
Io le devo dire una cosa in tutta sincerità. Sono delusa, perché mi aspettavo da lei qualcosa di molto diverso rispetto a quello che abbiamo sentito poco fa e che abbiamo letto e sentito in varie conferenze stampa, interviste ai giornali, tv, radio, chi più ne ha più ne metta, in tutti questi anni.
È la prima volta in sette anni che viene a riferire a questo Consiglio regionale su quello che sta avvenendo su questo fronte, e già questa è una cosa abbastanza grave. Mi sento di dire che da lei non abbiamo avuto nessuna risposta, nessuna novità, nessuna idea su come verranno gestite queste materie, queste ulteriori funzioni. Nulla di nulla, nessuna visione anche macroeconomica, se vogliamo, visto che di questo stiamo parlando, un'idea che dovrebbe avere la Regione Veneto su come gestire poi queste competenze. Non abbiamo sentito veramente alcuna novità.
Ai cittadini credo che interessino poco le nostre opinioni, quello che stiamo dicendo oggi credo che veramente non sia così interessante per nessuno, né le mie opinioni, né quelle di ciascuno di noi. Forse era più importante raccontare ai cittadini come questa riforma cambierà – si spera sempre in meglio, perché voglio essere positiva anch'io – le loro vite, le vite di ognuno di noi.
Ricordo, e forse qualcuno lo rammenterà, che anch'io e il Movimento 5 Stelle, all'epoca, nel 2017, votammo il referendum voluto dal Consiglio regionale, ricordiamolo, nel 2014 e fu un esercizio, come tutti i referenda, di democrazia diretta. Siamo sempre stati dalla parte di chi, come i cittadini, vuole esprimersi su ciò che lo riguarda. Quindi, su ogni esercizio di democrazia è sempre bene che ci sia la possibilità di dar seguito a queste libere espressioni.
Questo referendum, che è stato votato nel 2017, aveva delle premesse ben precise, Presidente. Ricordo benissimo che si parlava dei nove decimi di tasse che sarebbero rimaste in Veneto, si parlava delle ventitré materie, ad oggi si discute di nove, si dirà che in seguito ce ne saranno altre, ma la cosa più importante era, appunto, quella delle tasse che sarebbero rimaste ai veneti, ai cittadini del Veneto.
Su questo non si sa più nulla, non si è più detto nulla su questo. Penso che se oggi ripetessimo quell'esercizio di democrazia diretta, forse i dati sarebbero diversi. Non lo sappiamo, però probabilmente i veneti all'epoca votarono in maggioranza – oltre 2 milioni, lo ricordiamo sempre – quel referendum proprio sulla base del fatto che sarebbero rimasti più "schei" in Veneto.
Arriviamo a questa fase, quindi, grazie al Consiglio regionale di questa Regione. Nel 2014 ci fu la proposta di referendum, però ricordiamo che la Lega all'epoca non volle parlare di autonomia. Si parlava di indipendenza, e anche questo va detto, Presidente.
Si arriva, ancor prima di questo referendum regionale, con la riforma del Titolo V, perché la riforma del Titolo V, voluta dalla sinistra, come ricordate spesso, dà la possibilità ad oggi di parlare di autonomia differenziata e all'epoca, è giusto ricordarlo, la Lega non la votò. Non votò quella riforma del Titolo V e, quindi, sulla famosissima ad oggi e tanto benemerita autonomia differenziata.
Oggi non ho sentito una parola su queste nove materie. Ne cito un paio giusto per essere un po' più precisa. Sulla gestione della giustizia di pace, siamo sicuri che sia così vantaggiosa? Non so, voi probabilmente sapete meglio di me che la giustizia di pace sta attraversando un brutto momento, anche in questa Regione. Ci sono Comuni che non sanno come gestirla, con quali risorse farla andare avanti. I giudici di pace, letteralmente, sono una figura in via di estinzione. Non a caso, nel mio Comune si è fatta molta fatica a mantenere l'ufficio del giudice di pace e si parla ogni giorno di un suo ipotetico trasferimento. Anche su questo bisognerebbe riflettere.
Abbiamo la capacità, quindi, di trattenere le risorse e gli strumenti poi per gestire queste funzioni in più? Non lo so. Probabilmente sbaglio io, ma questa è una considerazione che si poggia su una base di realtà oggettiva.
Vengo ai rapporti con l'Unione europea, un'altra delle materie che vengono richieste. Credo che probabilmente le Istituzioni dell'Unione europea preferiscano rivolgersi agli Stati, non tanto alle Regioni, in più in uno scenario che in sette anni da quel famoso referendum è cambiato tantissimo, perché ci sono guerre su più fronti, guerre internazionali, c'è l'inflazione, ci sono crisi umanitarie devastanti. Probabilmente uno Stato forte serve di più e ha più garanzie e più facilità di essere ascoltato rispetto a una singola Regione, che conterà, ma conta fin lì in un panorama internazionale.
Arriviamo alla richiesta di oggi, alla richiesta di referendum contro la legge Calderoli. Io direi che su questo potremmo sentire la voce di tutti gli italiani.
Abbiamo sentito nel 2017 quella dei veneti. Perché, allora, in un ulteriore esercizio di democrazia diretta, non vogliamo dare la parola agli oltre 60 milioni di italiani, che forse avrebbero anche qualcosa da dire, oltre che risentire la stessa voce dei veneti?
Vediamo, quindi, se questa riforma fa veramente gli interessi di tutti i cittadini, a prescindere dalle latitudini. A me viene un dubbio, sinceramente, dato che gli stessi Ministri del Governo appoggiato dalla Lega in qualche materia hanno fatto delle deduzioni pesanti, di contrarietà. Se all'interno del centrodestra stesso non si è d'accordo su queste materie, sulla gestione regionale di queste materie importanti, credo vi sia un problema alla base.
Assume la Presidenza
Il Presidente Roberto CIAMBETTI

Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)

Detto questo, chiudo con la delusione di non aver sentito nulla di più. Lei stesso lo ha detto: "Siamo all'inizio di questo percorso. In questa fase non sono nelle condizioni di fare una proposta". Quindi, oggi a cosa è servito essere qui in Aula? A raccontare le stesse cose che abbiamo sentito negli ultimi anni da decine e decine di conferenze stampa? È veramente uno spreco di tempo, dal mio punto di vista, che oggi si sia qui tutti riuniti a discutere del nulla, in sostanza. Non c'è una proposta. C'è una legge su cui si stanno raccogliendo delle firme e su cui spero ci sia la possibilità di dare la parola al popolo italiano, proprio per capire se, effettivamente, come dite voi, questa legge conviene a tutti. Io ho i miei dubbi. Saranno i cittadini a scegliere il loro vero interesse. Spero vi sia da parte vostra la volontà di lasciarli esprimere, di essere rispettosi delle 1,3 milioni di firme raccolte in piena estate in pochissimo tempo, indice del fatto che questa riforma non convince tante persone.
Non so se convinca voi. Forse non tutti. Qualcuno preferirebbe parlare di secessione, di indipendenza. Ricordo che la proposta di referendum del 2014 deriva da Forza Italia, non dalla Lega. Oggi, quindi, siete diventati i massimi sostenitori di un'idea non vostra, quella dell'autonomia differenziata. È bene anche sottolineare questo.
Spero vi sia una replica da parte sua, Presidente. Non so quanto tempo avrà. Abbiamo 20 minuti come Capigruppo e 10 come Consiglieri. Spero di riuscire a sentirla, alla fine, per replicare ad ogni punto. Magari la prossima volta ‒ spero di averla più spesso con noi ‒ potrà dirci qualcosa in più riguardo a quello che sta avvenendo. Tutto quello che ho sentito già lo sapevo, potevamo sentirlo già in altre decine e decine di occasioni precedenti.

PRESIDENTE

Collega Baldin, mi permetta. Il Presidente Zaia è qui su richiesta delle minoranze. Tanto per capire cosa stiamo facendo qui oggi.
Collega Venturini, prego.

Elisa VENTURINI (Forza Italia - Berlusconi - Autonomia per il Veneto)

Grazie, Presidente Ciambetti.
Buongiorno, Presidente Zaia. Saluto i membri della Giunta presenti oggi e tutti i colleghi.
Il Presidente Zaia ci ha rappresentato la situazione presente e del passato prossimo relativa all'autonomia, o regionalismo. Io vorrei, invece, fare cenno al passato remoto. Ritengo che la storia sia maestra di vita (historia magistra vitae). L'iter che porta all'autonomia differenziata non è una passeggiata di salute in piena armonia. Chi conosce la storia del regionalismo nel nostro Paese sa benissimo che è un percorso irto di ostacoli.
Se pensiamo che si parlava di Regione nel 1861, che in Costituzione è stata inserita nel 1948, che è stata istituita ‒ parliamo delle Regioni ordinarie ‒ nel 1970, che alla fine degli anni Novanta le Regioni incominciano ad avere poteri qualificanti, che negli anni Duemila si introduce il concetto di autonomia differenziata e che nell'anno di grazia 2024 è avviato, sostanzialmente, l'iter per l'autonomia differenziata, capiamo bene cosa significa nel nostro Paese parlare di regionalismo e, soprattutto, attuarlo.
Presidente Zaia, lei è un coraggioso, noi veneti siamo dei coraggiosi, perché è un percorso difficile e travagliato. Pensate che la prima proposta di Regione, presentata nel Governo Cavour (1860-1861), che parlava delle Regioni come di membrature naturali dell'Italia, è stata sonoramente bocciata dalla Commissione della Camera istituita per l'esame della questione. Gli antiregionalisti adducevano come argomento principale gli squilibri tra Regioni. Erano soprattutto studiosi e uomini politici meridionalisti. Perché? Perché sollecitavano, invece, un intervento penetrante e diretto da parte dello Stato, sulla base di un modello, che era una legge del 1885 applicata a Napoli. Non si considerava, invece, l'idea dell'epoca di regionalismo inteso come sforzo per adeguare le strutture amministrative alla molteplicità delle condizioni del Paese.
Dall'Unità d'Italia, quindi dal 1861 al 1948, anno in cui viene inserita in Costituzione, c'è un dibattito sulle Regioni infinito, naturalmente sempre in termini approssimativi e inconcludenti. Quando viene introdotto il concetto di Regione in Costituzione, nel 1948, questo è il risultato di un compromesso, ambiguo e lacunoso, che dava adito a tutta una serie di applicazioni, naturalmente con la prevalenza delle scelte politiche centrali rispetto a quelle locali, con tutta una serie di vincoli e di controlli statali stringenti.
Il politico e storico Salvemini diceva che la disciplina costituzionale che parla di Regioni in Costituzione è solo un vaso vuoto dove è stata apposta l'etichetta "Regione".
Da quando viene inserita in Costituzione, a partire dal 1948, parte tutta una serie di altri dibattiti, dottrine, anche in antitesi tra di loro, che cercano di risolvere la questione del regime giuridico-politico da dare alle Regioni, con grande confusione, confusione alla quale contribuiscono anche i partiti.
Pensiamo alla sinistra. Nel corso dei decenni ha cambiato più o meno quattro o cinque volte posizione: prima a favore delle Regioni, dopo contro le Regioni, poi a favore delle Regioni, poi contro le Regioni. Capiamo, quindi, che tutta questa confusione non fa altro che rendere difficile individuare il ruolo che hanno le Regioni. Anche se previste in Costituzione nel 1948, verranno istituite formalmente con le elezioni nel 1970. Uno, a quel punto, pensa che partiranno nel 1970. No. Rimangono inerti, perché lo Stato, che dovrebbe applicare a una serie di Regioni che lo permettono il trasferimento di funzioni e di competenze, aspetta. Rimaniamo nell'inerzia più totale fino alla fine degli anni Novanta, quando incominciano ad essere date una serie di funzioni e di competenze alle Regioni.
Di fronte a proposte che tendono ad arricchire le attribuzioni delle Regioni, dall'altra parte abbiamo, invece, altri progetti di legge che vogliono comprimere il ruolo delle Regioni, vogliono che siano semplicemente esecutrici di quanto viene deciso dall'apparato centrale di Governo.
Aspettiamo la fine degli anni Novanta, quindi, cambia la visione, ci sono aperture verso le autonomie regionali, però attendiamo gli anni Duemila perché ci sia una riforma costituzionale, con la revisione del Titolo V. Qui viene introdotto il concetto di autonomia differenziata, con forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni ordinarie. Vengono indicate le 23 materie. Quindi, non è un'invenzione della Regione del Veneto chiedere 23 materie, ma è previsto in Costituzione. Ci possiamo ragionare? Sì, ragioniamoci, ma è previsto dalla nostra Costituzione.
Rispetto a quello che è scritto e a quanto è realizzato, capite nel nostro Paese quanto sia difficile. Sulla base di questa storia – scusate se mi sono dilungata in questa narrazione – noi capiamo che cosa abbiamo di fronte, le resistenze che vengono poste, che sono trasversali, perché legate a un contrasto tra centri di potere che entrano in collisione. Quando il nostro segretario nazionale Tajani interviene, cerca di fare sintesi in un partito, come Forza Italia, che ha più anime territoriali forti e cerca di contenere quelle che sono le paure e le ansie legate agli spauracchi che vengono agitati sul territorio, soprattutto nel meridione.
Se l'iter fino a questo momento è andato avanti è perché ha dato il proprio contributo, in termini numerici, anche Forza Italia. A parte qualche voto contro, che non ha inciso, ha contribuito con numeri importanti, che hanno permesso all'iter di andare avanti. Anzi, in alcuni momenti Forza Italia è stata determinante. Ricordo in modo particolare quanto accaduto in Commissione Affari costituzionali della Camera con l'onorevole Pagano.
Noi cerchiamo di fare la nostra parte. Forza Italia in Veneto l'ha fatta. È stata citata in precedenza la legge che ha portato all'indizione del referendum per l'autonomia, che parte anche da Forza Italia, che ha cercato di dare un proprio contributo.
Mi avvio alla conclusione. Mi vorrei soffermare in modo particolare, con riferimento alla proposta presentata dalla Regione del Veneto, sul comma 2 dell'articolo relativo al coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario, che prevede testualmente: "Ferma restando la verifica positiva del raggiungimento dei livelli essenziali di prestazione nelle materie rientranti nell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, i risparmi di spesa rispetto al fabbisogno finanziario riconosciuto, rilevati a consuntivo nella gestione dei relativi servizi, rimangono nella libera disponibilità del bilancio regionale". Ecco uno dei principi cardine dell'autonomia. Se siamo in grado di fare le cose bene, siamo in grado di essere efficienti, siamo in grado di risparmiare rispetto allo Stato. Quindi, chiediamo che queste risorse rimangano sul territorio.
Questo, consigliere Camani, è il principio dell'autonomia. Riteniamo di essere responsabili, riteniamo di essere efficienti, quindi di fare le cose, rispetto allo Stato, meglio di come le può fare. Questo è uno dei princìpi cardine che sosteniamo.
Concludo. Dobbiamo continuare con pazienza, con perseveranza, capendo che per raggiungere il risultato abbiamo bisogno di alleanze, abbiamo bisogno di dialogo. Quello che la storia ci ha insegnato e ci insegna sul percorso regionale dell'autonomia è che si tratta di un percorso lungo, estenuante, tortuoso, travagliato. Però "per aspera ad astra". Ognuno deve fare la propria parte, perché siamo convinti di fare il bene dei veneti.

PRESIDENTE

Collega Montanariello, prego.

Jonatan MONTANARIELLO (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Parto da un passaggio del collega Valdegamberi, quando ha detto che questa procedura è troppo complessa. Su 18.400 chilometri quadri non possiamo fare un muro né schierare l'esercito. Questa procedura, collega Valdegamberi, si chiama "democrazia" e rientra in un perimetro un po' più ampio dell'appropriarci con forza di alcuni passaggi che la Costituzione prevede avvengano attraverso altre procedure.
Presidente, oggi le minoranze le hanno chiesto di essere qui in Aula, come ricordava prima il Presidente Ciambetti. Oggi vorrei capire di quale autonomia stiamo parlando. Forse è colpa mia che non sono attento, facile che sia così, però non ho ancora capito se stiamo discutendo dell'autonomia romana (che quando andiamo nei Ministeri spieghiamo a Roma che, anche se ci danno un pezzettino di autonomia, non cambia niente, è tutto come prima) o dell'autonomia che noi raccontiamo ai veneti: con l'autonomia tutto cambierà e tutti i problemi che oggi in Veneto ci sono smetteranno di esserci, narrando, quindi, di un'autonomia che diventerà quell'elemento che porterà via tutti i problemi del Veneto all'improvviso. A Roma c'è una narrazione di autonomia, quando la andiamo a chiedere. Quando, invece, parliamo nei talk, visto che in Aula da anni non se ne parla, sembra quasi che l'autonomia diventi quella panacea per la risoluzione di tutti i problemi che oggi il Veneto ha.
Presidente, ho sentito più volte da lei e dal suo capogruppo Villanova parlare delle contraddizioni, di chi vuole dipingere il Partito Democratico come la parte che fa ostruzionismo (il PD non vuole l'autonomia). Io non mi faccio mai gli affari di casa degli altri, però se fossi nel perimetro del centrodestra proverei a pensare alle contraddizioni che ha Forza Italia. Il buon Presidente Tajani, come diceva la collega, cerca di rassicurare dalle paure che quei cattivi del PD seminano sul territorio.
Siamo di fronte a un esercizio di arrampicata sugli specchi, da chi tenta di fare l'autonomista in Veneto a chi tenta di spiegare in Calabria, nello stesso partito, che l'autonomia non s'ha da fare. Penso alle contraddizioni di Fratelli d'Italia, quando Musumeci dice che la protezione civile non si tocca, alle contraddizioni presenti nel perimetro del centrodestra, prima di pensare alle contraddizioni che ci sono nel Partito Democratico, che oggi ha un ruolo di non governo.
Questa narrazione, che se riuscite siete bravi voi e se non riuscite è colpa del Partito Democratico, non regge. C'è tutta una contraddizione anche all'interno del centrodestra, alimentata quotidianamente anche dai vostri alleati di Governo, di Forza Italia, di Fratelli d'Italia. Lo spreco delle risorse dove non servono. Non è mica il Segretario del PD che vuole fare il ponte sullo stretto di Messina, ragazzi. Visto che parliamo di spreco delle risorse dove non servono, ogni tanto ricordiamoci queste cose. Diciamo che le risorse devono andare al nord. C'è un signore, il Segretario del suo partito, Presidente, che ci viene a spiegare che deve fare il ponte sullo stretto di Messina. Quindi, non è che sia proprio un dibattito tutto nella sinistra. C'è un dibattito anche nel centrodestra, che è quello che vi porta oggi a essere inchiodati e a trovare un capro espiatorio per dire che se riuscite siete bravi voi e se non riuscite è colpa di quelli che stanno dall'altra parte.
Credo ci sia anche un problema istituzionale. Abbiamo discusso in questi anni di quelle che devono essere le eventuali competenze attribuite al Consiglio regionale del Veneto, al Veneto, al Presidente della Regione. Io non avevo l'ambizione di cambiare il mondo quando sono venuto in Consiglio regionale, ma un minimo di ambizione di avere il privilegio di discutere di autonomia in quest'Aula. Visto che non posso discuterne a Pontida perché non vado, nei talk siete più presenti di noi, Calderoli lo seguo poco, perdonatemi, discutere in Consiglio regionale del Veneto sull'autonomia che chiede il Veneto penso sia un'ambizione che ogni Consigliere che siede a destra o a sinistra di quest'Aula abbia e voglia avere.
Quindi, Presidente, non credo sia proprio lo strumento più bello parlare di autonomia in tutta Italia. Ne parla De Luca, ne parla Musumeci, ne parlano tutti. Noi, che siamo il Consiglio regionale del Veneto, sono solo sette anni che non parliamo di autonomia in questo Consiglio.
Ci aspettavamo qualcosa di più della cronistoria, anche se ha fatto bene il Presidente a ricordarci tutti i passaggi. Oggi ci aspettavamo qualcosa che ci convincesse, qualcosa che ci smentisse nel merito, qualcosa che non ci portasse su un dibattito "come volete fare per un perimetro politico ideologico, ci siete voi e noi, chi la vuole e chi non la vuole", qualcuno che ci venisse a raccontare come l'autonomia da domani può impattare sui problemi della vita quotidiana della gente, come l'autonomia da domani può risolvere quei problemi che oggi i cittadini del Veneto hanno; qualcuno che mi spiegasse, visto che in questi anni ha perorato questa causa, come questo strumento possa condurci verso risposte, assessore Marcato, che oggi non riusciamo a dare ai veneti e che domani daremo.
Assessore, ho trascorso tanti anni sul vaporetto ‒ è vero ‒ e sono un po' sordo. Lavoro da quando ho quattordici anni.

PRESIDENTE

Lasciamo parlare il collega Montanariello, grazie. Non dialogate tra di voi.

Jonatan MONTANARIELLO (Partito Democratico Veneto)

Assessore Marcato, se lei me lo chiede, io abbasso i toni. Non sia infastidito, Assessore, stia sereno. Usi le sue energie, assessore Marcato, per spiegarci come questo strumento possa portare i veneti alla risoluzione dei problemi della vita quotidiana che oggi hanno.
Presidente Zaia, a me va bene che lei mi dica che la Liguria ne vuole cinque, forse sette, però oggi sarebbe stato più interessante capire quanto può impattare su quasi cinque milioni di cittadini veneti una riforma ‒ che si chiami autonomia, che si chiami centralismo, che si chiami come volete ‒ dove ci hanno già detto che non metteranno un euro.
A me piacerebbe che oggi qualcuno si alzasse in piedi e dicesse: "Cari cittadini veneti che siete venuti a votare al referendum" visto che ci ricordate sempre questo numero "sapete che noi non stiamo parlando dell'autonomia dei nove decimi di gettito fiscale che resta qui? Sapete che quell'autonomia non esiste più? Sapete che quell'autonomia con Calderoli non esiste? Sapete che l'importante legge Calderoli non parla più del fatto che i nove decimi restino?".
Se andiamo dai nostri cittadini, Presidente Ciambetti, ci rendiamo conto che la gente è ancora convinta che noi, che chiedevamo i nove decimi, siamo ancora fermi lì. Invece no. Stiamo parlando di uno strumento che non metterà un euro di più sulla nostra Regione. Io non sono un economista, ma penso che poco migliori le condizioni di vita e risolva i problemi dei veneti non mettere un euro di più. Di questo stiamo parlando.
Il collega Villanova prima diceva che offendiamo i veneti. Noi non vogliamo offendere i veneti. Noi abbiamo l'ambizione di rappresentarli. Abbiamo l'ambizione, collega Villanova, non di offenderli, ma di fare delle richieste anche qui, oggi, proprio perché li rappresentiamo. Non li rappresentate tutti voi. Ne rappresentate di più, ma non li rappresentate tutti. Siamo contro la monarchia, se vi può interessare. Vogliamo chiedere dove ci porta, dove stiamo andando. Entriamo nel merito della legge. Diteci questa legge da domani come potrà impattare nella vita quotidiana dei veneti.
Lasci perdere quello che dice la collega Camani. Avete il 76%. Diteci voi, al 76%, che state chiedendo l'autonomia, cosa cambierà domani su quelle liste d'attesa che ci sono nella sanità, su quelle infrastrutture dove chiudiamo le società regionali perché non funzionano. Stiamo restituendo, Presidente, 700 chilometri a Veneto Strade e ad ANAS. Nel trasporto siamo penultimi in Italia, dopo la Campania, e abbiamo l'autonomia dal 1998.
Uso gli ultimi quaranta secondi. Si è fatto riferimento al Titolo V, al 2001, al centrosinistra. Guardate che dal 2001 a oggi è cambiato il mondo. Nel 2001 forse non c'era neanche internet diffuso come oggi. Nel 2001 non conoscevamo la pandemia, non conoscevamo le grandi sfide dell'acquisizione dell'energia.
Pensate davvero che trattare una campagna vaccinale come quella che è stata la più grande della storia, dove non bastava neanche l'Italia, ci voleva L'Europa, sia una cosa che può fare il Veneto? Credete davvero che sulle materie energetiche, dove, se non arrivava l'Europa, saltavano le economie di Paesi interi, possa andare ‒ con tutto il rispetto ‒ il Governatore, il Presidente del Veneto a trattare in Russia, per l'oleodotto, o a San Pietroburgo? Credete davvero di poter raccontare questa novella e che qualcuno vi creda ancora?
Grazie, Presidente.

PRESIDENTE

Collega Zanoni, prego.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Buongiorno a tutti. Saluto il Presidente Zaia, che vedo che è uscito.
Naturalmente, noi siamo a favore dell'autonomia. Lo abbiamo dimostrato negli anni, anche con le riforme che abbiamo portato avanti a livello parlamentare. Un conto è l'autonomia, un altro conto è la legge Calderoli. Chiedo ai colleghi se hanno letto il testo della legge Calderoli. Io ho voluto leggerlo e approfondirlo.
Innanzitutto, ci sono dei punti critici molto importanti. Con la legislazione esclusiva c'è il concreto rischio di avere norme diverse da Regione a Regione sulla stessa materia. Mi viene in mente la scritta sulle aule dei tribunali "La legge è uguale per tutti". Probabilmente, la dovranno togliere questa scritta dopo.
I LEP potrebbero non funzionare, visto che ad oggi i LEA non hanno garantito l'auspicata uniformità di trattamento nel territorio nazionale. Le Regioni saranno finanziate con compartecipazioni e imposte nazionali. Quindi, il rubinetto resta allo Stato. Cade il desiderio dei nove decimi, degli otto decimi e quant'altro.
Vi sarà una Commissione paritetica diversa per ogni Regione, con il rischio che vengano attribuite funzioni diverse a diverse Regioni nell'ambito della stessa materia trasferita, con differenze anche nei finanziamenti. L'intesa è a termine e non potrà andare oltre i dieci anni; al termine, potrà essere tacitamente rinnovata oppure modificata o revocata.
Ho scritto anch'io un elenco e ho annotato ben 17 passaggi per arrivare a ottenere qualcosa a livello di autonomia per quanto riguarda le Regioni. Li ha detti anche il Presidente prima. Volevo far notare solo una cosa: per quanto riguarda il negoziato tra Governo e Regione, uno dei primi punti, la legge non specifica la durata del negoziato, quindi non abbiamo tempi certi.
Comunque, per le 9 materie oggi in discussione sarà necessario più di un anno, se non un anno e mezzo, solo perché la proposta di legge arrivi alle Camere per essere discussa e, eventualmente, approvata, con i tempi di discussione e approvazione delle Camere.
Per quanto riguarda la durata con i LEP, per le 14 materie, le più rilevanti sotto l'entità del finanziamento, che passerebbero alle Regioni, vanno aggiunti all'anno e mezzo i due anni previsti per definire i LEP. Si arriva, quindi, a circa tre anni e mezzo prima che la proposta giunga alle Camere per essere discussa ed eventualmente approvata, colleghi. Vuol dire che, di fatto, se ne occuperà, praticamente, la prossima legislatura del Parlamento.
Paradossalmente, questa legge probabilmente ha allungato i termini; forse, senza questo tipo di legge avremmo avuto qualche forma di autonomia prima.
Volevo sottolineare e puntualizzare anche la faccenda della Regione efficace. Più di qualcuno ha parlato di efficienza, anche negli ultimi interventi di alcuni esponenti di maggioranza. Voglio ricordare alcuni fatti che riguardano cose locali, regionali, su materie che già erano in disponibilità per quanto riguarda la competenza della Regione. In Veneto abbiamo avuto uno dei casi di inquinamento al mondo più gravi da PFAS, ma se ne è accorto l'IRS, un organismo tecnico-scientifico alle dipendenze del Ministero dell'ambiente (a proposito di Ministeri e burocrazia), il quale ricevette l'incarico dall'Unione europea. Abbiamo già dimostrato che abbiamo qualche lacuna grave.
Di regimazione ed escavazione dei fiumi si parla molto adesso, con i problemi di allagamenti, bombe d'acqua e quant'altro. Un fiume che tutti gli italiani conoscono, non solo i veneti: il Piave. Abbiamo 220 chilometri di fiume Piave e da quasi 40 anni la Regione Veneto autorizza l'escavazione sempre sui soliti 20 chilometri. Perché? Perché lì c'è la ghiaia, ci sono i cavatori. Anche in questo caso non abbiamo dimostrato grande capacità di gestire, ad esempio, i fiumi e il dissesto idrogeologico.
Per quanto riguarda il consumo del suolo, abbiamo fatto ‒ io ero presente ‒ una legge, noi votammo contro, come opposizione, contro il consumo del suolo, nel 2017. Da quando abbiamo approvato quella legge, siamo primi in classifica e ci contendiamo il podio con la Lombardia. Non mi pare che riusciamo a fare, anche in questo caso, leggi efficienti.
Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, la salute e la prevenzione, la riduzione dei veleni nel nostro ambiente, sui pesticidi abbiamo un record nazionale. Siamo arrivati a utilizzarne una media di 3 chili e 3 etti a testa, 16 milioni di chili l'anno (l'ultimo dato è di tre anni fa).
Per quanto riguarda i controlli ‒ è importante perché si parla di salute, sanità, prevenzione ‒ porto solo l'esempio della Provincia di Treviso. Nel 2014 sono stati fatti 178 controlli sull'utilizzo di queste sostanze chimiche dannose per la salute. A distanza di otto anni, nel 2022 i controlli, che erano 178 nel 2014, sono stati 29. Vi pare ci sia efficienza nel gestire la Regione e nel tutelare e prevenire problemi di salute dei veneti con queste cifre?
Per quanto riguarda la Pedemontana, in questi giorni abbiamo visto come una corsia della galleria di Malo sia stata bloccata a causa di una lama d'acqua. Non di qualche infiltrazione, ma di una vera e propria cascata. Quando ho letto la notizia, ho pensato: ma come, è un'opera che abbiamo fatto noi, che ci costerà un occhio della testa, era già successo a maggio, avevamo tutta l'autonomia per intervenire e chiedere al privato di porre rimedio a quel grave danno e a ottobre si riverifica il tutto?
Il problema della Pedemontana è che con l'amministrazione attuale, le amministrazioni degli ultimi anni che hanno gestito questa strada, rischiate di portare sul lastrico la Regione Veneto. Se i dati che abbiamo in nostro possesso, che ci avete fornito voi, sulle entrate e se i dati che avete messo nero su bianco nella bozza di bilancio, che ci avete già illustrato e che stiamo vedendo nelle Commissioni, verranno confermati, cari colleghi, stiamo parlando di un buco, in trentanove anni, di circa 9 miliardi di euro. Ripeto, 9 miliardi di euro. E qual è la soluzione che proponete? A chi volete ricorrere? Allo Stato. Volete portare la competenza di queste strade, questa strada in particolare che crea questo buco – avete fatto un capolavoro incredibile –, allo Stato. Quindi, avremmo qualcosa da ribattere anche sull'efficienza e sul fatto che una Regione sarebbe in grado di gestire meglio. Poi, sulla questione della sanità è meglio che lasciamo stare.
Oggi sui giornali si parlava della materia istruzione e gli intervistati erano preoccupati. Qualcuno diceva: se la Regione avrà l'istruzione, avremo diverse istruzioni in tutto il Veneto; probabilmente ci porteranno gli alpini da relatori. Lo dico con tutto il rispetto per gli alpini. Credo siano meglio gli insegnanti. Probabilmente ci porteranno anche i cacciatori. Già si sta cominciando in qualche scuola. Che cosa insegneremo, che il lupo mangia i bambini, visto quello che si sta facendo e dicendo anche sul lupo? Oppure, qualcuno insegnerà ai nostri bambini che la causa delle alluvioni sta nelle nutrie, negli istrici e nelle volpi? È questo che ci si può aspettare, visto che è stato proprio lei, Presidente, a dire che le alluvioni in Veneto sono causate dalle nutrie.
Poi, visto che abbiamo dibattuto molto anche in quest'Aula su quanti crocefissi verrebbero venduti in Veneto e quanti ne verrebbero messi e in ogni dove, perché questo è quello che ci avete dimostrato proprio in quest'Aula, probabilmente un'altra materia di insegnamento saranno i presepi. Non so sul Prosecco come potrebbe andare a finire. Guardate, la mia non è una battuta. C'è la Carta Europea sull'Alcol che dice: attenzione, non mischiamo attività sportive con l'utilizzo di alcolici. Ebbene, qui la Regione sta sponsorizzando, anche attualmente, nonostante la cosa sia stata denunciata dalle associazioni, l'abbiamo denunciata anche noi con alcune interrogazioni, attività promozionali di alcolici collegate a manifestazioni sportive. Che cosa potrebbe accadere nel momento in cui avremo piena autonomia anche su questo?
Non vi sto a dire sulla caccia. Voi sapete che ho la passione della biodiversità e la tutela degli animali selvatici. Io non so sulla caccia come andrebbe a finire. Quando abbiamo avuto un po' di autonomia, sono state dichiarate cacciabili alcune specie rarissime insettivore. Probabilmente verrebbe sterminata anche la fauna selvatica e non resterebbe che inserire nella lista delle specie cacciabili anche la verza, così quando non ci sarà più niente si sparerà anche sulla verza.
È questa l'autonomia che vogliamo?

PRESIDENTE

Grazie, collega Zanoni.
Ha chiesto la parola il collega Pavanetto. Prego.

Lucas PAVANETTO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente. Grazie, colleghi. Ringrazio, naturalmente, il Presidente Zaia e la Giunta, oggi qui presenti per questo aggiornamento sull'iter dell'autonomia differenziata.
Volevo iniziare l'intervento parlando di quello che riguarda l'autonomia, ma evidentemente qualcuno è riuscito a farmi perdere l'obiettivo iniziale, che poi recupero, visto che minuti ce ne sono, senza tediare alcuno.
Ho sentito in Aula diverse posizioni, critiche naturalmente, sul percorso dell'autonomia e sull'utilità dell'autonomia. Consigliere Zanoni, vomitare assieme, tra il serio e il faceto, alcune tematiche – ho sentito parlare anche di presepi e crocifissi – veramente delude, perché non è questo il livello della discussione. Io capisco che la teatralità e le parole, soprattutto su alcuni temi, come i lupi che mangiano i bambini, fanno effetto, però effettivamente poteva evitare di mischiare il sacro con il profano, soprattutto per chi ci segue da casa, su un tema così importante come quello dell'autonomia differenziata. Comunque, questo è l'unico appunto che tengo a fare, perché il resto degli interventi è stato abbastanza puntuale sull'utilità dell'autonomia, vista da diversi punti.
È un iter lunghissimo, iniziato non certamente con un Governo di centrodestra, ma dai Padri costituenti, poi proseguito con la modifica del Titolo V. È un iter lunghissimo che ha avuto grandi assestamenti e ha trovato grandi paludi nei Governi che si sono susseguiti, specialmente Governi di centrosinistra. Ma questo ci sta, perché effettivamente la spinta dell'autonomia come necessità è arrivata dai Governi di centrodestra, Governi locali naturalmente, e poi dalla spinta referendaria. Però, abbiamo visto Regioni, come l'Emilia-Romagna, dove mi pare che di destra da tanti anni non siano, anzi forse da sempre. Questo dimostra che, proprio sulla base delle problematiche, messa da parte l'ideologia o la propaganda, questo sia utile per capire che chi oggi deve dare risposte ai cittadini ha bisogno di nuovi strumenti, e l'autonomia è uno di questi.
Oggi se ne sta discutendo, ma ne stiamo parlando dopo anni e anni di immobilismo, perché finalmente un Governo, voluto dal popolo, quindi con elezioni popolari, con elezioni democratiche, che nel 2022 hanno sancito l'elezione di un Governo di centrodestra, quando si insedia, a ottobre-novembre 2022, decide nell'arco di pochi mesi, precisamente a febbraio 2023, di portare un disegno di legge, che porta il nome del ministro Calderoli, perché è colui che segue tutto l'iter, che finalmente dà inizio a un iter di discussione democratica con tutti gli Enti necessari, con gli Enti locali, come diceva il Presidente Zaia poco fa. Insomma, questo Governo avvia un iter fondamentale per fare una cosa che viene chiamata legge, com'è normale che sia, ma che in verità stravolge anche il sistema dello Stato come lo conosciamo oggi, ma lo stravolge – speriamo e siamo sicuri che sarà così – in positivo.
Penso, quindi, che la necessità di alcune Regioni, ripeto, non propriamente di centrodestra, ma che oggi si adoperano nella richiesta, come la Liguria, il Piemonte e tante altre ancora, sia proprio quella necessità di avere una forte autonomia sul territorio, al fine di poter dare quelle risposte che ai cittadini sono mancate in tanti anni di immobilismo di Governi di centrosinistra. Quindi, penso che questo sia necessario.
Ringrazio, pertanto, il Presidente della Giunta e, naturalmente, il Governo Meloni, insieme a tutto il Governo di centrodestra, per il lavoro che stanno facendo. Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Collega Bigon, prego.

Anna Maria BIGON (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Sono ventitré le materie che con questa legge, anche sulla base del principio costituzionale, le Regioni possono governare e adottare in via esclusiva. Ieri parlavo con delle persone, con delle famiglie che hanno dei bambini piccoli, provengono dal Sud, e una piccola bambina verrà ricoverata qua, in Veneto, e guardavo le età e le prospettive di vita che hanno. Ebbene, al Sud un bambino che nasce ha una prospettiva di vita inferiore rispetto a un bambino del Nord. Dicevo, sono ventitré le materie che con questa legge a livello costituzionale possono essere date in via esclusiva in gestione alle Regioni, così avremmo sicuramente venti sistemi diversi. Ma non venti sistemi diversi per cui uno dice: va beh, avremo venti autonomie, venti sistemi. No, perché all'interno di ogni Regione comunque ci sono già diversi sistemi. Guardiamo in sanità. Chi abita in una USL spesso ha un sistema di governo diverso da chi abita in un'altra USL, sia per la carenza di personale più o meno maggiore rispetto ad altre zone, sia per i sistemi lavorativi completamente diversi. Quindi, avremo venti sistemi ancor di più regionali diversi.
Così come avremo magari all'interno del lavoro, ad esempio, contratti diversi tra una Regione e l'altra, avremo una sicurezza diversa. Domenica ho partecipato ad un evento dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi e abbiamo analizzato i numeri della Regione Veneto e i numeri in Italia per quanto riguarda i decessi e per quanto riguarda gli infortuni. Guardate, il problema è che c'è una mancanza di controllo e di personale anche e soprattutto in Veneto che lascia dire che vogliamo materie dove, di fatto, siamo già carenti nel numero di personale, perché in Veneto, a differenza di altre Regioni, tanti se ne vanno e tanti sono giovani, anche laureati, che potrebbero essere ben impiegati all'interno del nostro sistema lavorativo.
Quindi, pensavo: come si potrà in futuro risolvere questa questione, nel momento in cui avremo questa autonomia proposta dal ministro Calderoli? Si proporrà probabilmente un'assicurazione? Allora forse magari risolveremo i problemi con la privatizzazione dei sistemi. Sì, perché anche la scuola verrà smantellata nei venti sistemi che la legge Calderoli vorrà proporre. Perché? Perché anche l'istruzione di fatto vedrà la privatizzazione delle scuole, quindi magari vedremo un sistema pubblico depotenziato, come c'è già sulla sanità, visto il mancato finanziamento a livello governativo. Soprattutto lo vedremo, quindi, nell'istruzione, dove le scuole pubbliche vedranno magari raccogliere e insegnare agli immigrati, agli ultimi, ai fragili, economicamente fragili, e magari quelle private, sempre più potenti, prenderanno corpo e vita per dare un'istruzione magari diversa – non dico migliore, ma diversa – a tutti gli altri.
Per venire al Veneto, ricordo che la legge Calderoli propone due questioni, due differenze tra quelle che sono le materie che garantiscono i diritti civili e sociali, quindi avranno i LEP, e quelle che, invece, non li hanno. Allora, siccome ha dato la possibilità alle Regioni di partire subito con quelle che non hanno questi LEP, perché i LEP sappiamo perfettamente che non sono finanziati o, quantomeno, come i LEA vedranno in prospettiva magari ventennale forse l'applicazione, pensavo, ad esempio, al commercio con l'estero. Qual è il rischio di questa richiesta? È la frammentazione delle azioni di promozione commerciale a livello nazionale e, quindi, il pericolo di creare delle contraddizioni tra politiche commerciali statali e regionali. E dite poco!
Pensavo anche alla materia della protezione civile. Qual è il rischio? Il rischio è quello di un'ulteriore frammentazione delle competenze, quando la protezione civile, per sua natura, è un settore che richiede prontezza, coordinamento e chiarezza nelle competenze, specialmente in situazioni di emergenza. E di emergenze l'Italia ne vede tante, non solo quelle che diceva il collega di alluvione create dalle nutrie. Abbiamo avuto tantissime emergenze dove la Protezione civile, coordinata a livello nazionale, l'ha fatta da padrona, e dobbiamo ringraziarli.
Pensavo, inoltre, ai rapporti internazionali con l'Unione europea. La Regione del Veneto propone di partecipare direttamente alla preparazione di accordi con Stati confinanti e di gestire iniziative di cooperazione internazionale. Sebbene ciò possa apparire come un rafforzamento dell'identità regionale e della capacità di negoziazione sui temi specifici, in realtà questo tipo di autonomia potrebbe ridurre l'efficacia dell'azione italiana a livello globale. Quindi avremo un indebolimento, non un rafforzamento, come qualcuno vorrebbe far pensare e proporre.
Pensavo, infine, all'autonomia fiscale e al rischio delle disuguaglianze. La richiesta di autonomia in materia di coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario regionale è un altro tema sicuramente sensibile e la richiesta di autonomia differenziata pone una serie di questioni cruciali.
Noi crediamo che dobbiamo essere sicuramente in grado di porre un sistema governativo completamente diverso. Ma certo è che un Paese non cresce assolutamente se non c'è un principio di solidarietà, non c'è attenzione ai fragili e non c'è unità all'interno delle varie Regioni. L'autonomia differenziata proposta dalla legge Calderoli non fa questo, quindi l'Italia è destinata ad indebolirsi, a frammentarsi, a dividersi e ad aumentare le disuguaglianze, cosa che non vogliamo. Ecco perché abbiamo firmato contro questa legge.

PRESIDENTE

Grazie.
Collega Casali, prego.

Stefano CASALI (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti. Ringrazio i colleghi, perché comunque è un dibattito interessante, a prescindere dalla differenza di opinione che viene manifestata dal singolo Consigliere.
Dal 2015 al 2020 ho avuto l'onere e l'onore di essere qui in Consiglio, con Fratelli d'Italia, e con i colleghi Formaggio, Bassi e Berlato abbiamo sostenuto tutto l'iter consiliare che ha portato poi al referendum, votato dalla stragrandissima maggioranza dei cittadini veneti, sostenendo l'autonomia. Qualche consigliere ha fatto bene a citare la CEI, perché c'è qualcosa anche di evangelico che è successo in questi quattro anni, cioè qualche Governatore di Regione di sinistra ha avuto non una conversione sulla via di Damasco, ma una conversione sulla via della Schlein, nel senso che Stefano Bonaccini ricordo che era estremamente favorevole all'autonomia. Cito quello che disse il 29 aprile 2022: "L'autonomia differenziata è un'opportunità prevista dalla nostra Costituzione che noi vogliamo cogliere". Inoltre, la Regione Toscana, storicamente non amministrata dal centrodestra, anche qui manifestando una conversione sulla via della Schlein, ancora prima, l'8 settembre 2020, disse: "Almeno dieci materie senz'altro le dobbiamo chiedere". Tutto questo lo trovate con una velocissima e modesta ricerca via internet.
Abbiamo poi assistito a frasi irresponsabili in questi giorni. C'è stato chi ha definito la riforma dell'autonomia differenziata, dunque la legge Calderoli, addirittura una riforma eversiva. Accidenti! È una frase molto forte. Ma è solo irresponsabile di per sé, perché l'autonomia, come sapete meglio di me, è prevista dalla legge delle leggi, cioè è inserita nella Costituzione agli articoli 116 e 117. È qualcosa di legittimo. Io spero che la Corte Costituzionale smascheri – non voglio usare una parola che comincia con la "s" ancora più volgare – chi ha presentato ricorso. Del resto, questo significa non saper leggere la Costituzione. Poi può essere votata dal Parlamento o non votata, ma è prevista dagli articoli 116 e 117 della Costituzione, cioè nel solco della Costituzione e in tempi non sospetti, riforma costituzionale fatta non certo da forze di destra.
Mi chiedo, poi, visto che qualche scellerato ha usato i termini "eversione" ed "eversivo", se non sia eversivo o eversione non considerare il voto di un legittimo referendum dove si è espressa la sovranità popolare dei veneti il 22 ottobre 2017 e se non sia eversivo o eversione che in sette anni non si sia, di fatto, ancora realizzato ciò che è stato votato.
Credo che oggi siamo a un punto importante e dobbiamo ringraziare il Governo Meloni per aver tolto dalla palude questa legittima manifestazione di volontà costituzionale espressa dai veneti. Spero che adesso ci sia una vera e importante accelerazione sul punto.
La consigliera Camani, pur se non condivido niente di quello che dice, l'ascolto sempre con grande interesse, perché reputo che sia una signora, una donna, una Consigliera molto intelligente. Lei diceva: le risorse dove le trovate? Se lo Stato spende "x" e le risorse vengono assegnate al Veneto, non credo che sia un calcolo difficilissimo da fare. È la cosiddetta "fungibilità delle risorse" o per chi studia idraulica (non io) la cosiddetta "fungibilità dei flussi". Quindi, forse questa è una prima rozza ma semplice risposta a questa domanda.
Un'ultima riflessione. Quello che è avvenuto con il referendum del 2017 è stato qualcosa di importante e, come diceva qualche Consigliere che mi ha preceduto, non si può non considerare, avendo tutti uno spirito democratico, il rispetto della sovranità popolare come qualcosa di importante, di significativo, di valore, anche da rispettare, perché mi pare che ci sia anche una certa arroganza nei confronti di un principio democratico che è la sovranità popolare che si è espressa. Quindi, credo che non si possa mettere sotto il tappeto questa cosa. E aveva ragione il governatore Zaia a far fare questo referendum, perché all'epoca eravamo qui – se lo ricordano tutti, anche gli uffici, che fortunatamente in gran parte sono gli stessi, con le competenze ancora migliorate, se possibile – e Stefano Bonaccini diceva: "A cosa serve il referendum? Io faccio una legge regionale. Risparmiate e andiamo avanti tutti felici". Potete trovare queste dichiarazioni su internet. Però, poi le conversioni ci sono, religiose e anche politiche, se cambia il capo del movimento.
Il referendum con 2.273.000 voti a favore è qualcosa che va oltre la conversione, è qualcosa che diventa assiomatico, che diventa un focus, un punto, una stella polare per chi la deve rispettare. Quindi, andiamo avanti e motiviamoci tutti di più, perché adesso, dopo sette anni di stallo, c'è un'accelerazione, e tutti dobbiamo spingere in questo senso.
Io mi sento, proprio rispettando 2.273.983 espressioni di democrazia, di fare un appello a tutti i veneti e a tutti voi, indipendentemente dalle casacche di partito, indipendentemente dal voto politico: sosteniamo questa riforma, sosteniamola tutti insieme! Lo dico agli amici e colleghi del PD, perché nei 2.273.983 votanti c'erano anche i vostri elettori. I numeri non mentono! C'è un detto popolare veronese che dice: a quello che mi dicono non credo per niente, a quello che vedo credo a metà. Ma credete a questi numeri, signori Consiglieri, e rispettate anche la vostra parte politica. La Schlein ha convertito due Regioni. Vi prego, non fatevi convertire anche voi sulla via della Schlein e tutti insieme sosteniamo l'autonomia.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Ha chiesto la parola la collega Zottis. Prego.

Francesca ZOTTIS (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Io non mi preoccuperei tanto della conversione sulla via di Damasco o del referendum di Stefano Bonaccini, piuttosto mi preoccuperei maggiormente – è vero, ha ragione il Presidente Zaia – del rischio che questo dibattito diventi rocambolesco. Dico rocambolesco perché, per quanto ci riguarda, quello su cui vorremmo entrare, anche nei futuri dibattiti, perché ormai questo sta andando, è la chiarezza sui princìpi, come le funzioni e la gestione delle funzioni stesse, perché solo attraverso questo allora saranno dissipati forse i nostri dubbi sulle risorse. Non è così automatico il principio "funzione-risorsa" se non capisco qual è la gestione della funzione e qual è lo specifico anello della funzione, quali sono i filtri di controllo che mettiamo. Purtroppo, come abbiamo visto con il PNRR, con i bonus e quant'altro, non sono strumenti di per sé negativi o positivi, diventano assolutamente negativi quando la parte pubblica non mette quei filtri di controllo necessari per raggiungere l'obiettivo dato.
Credo, proprio per rispetto di quei cittadini che hanno votato a maggioranza al referendum per l'autonomia, che questo percorso dovrebbe affrontare con maggiore chiarezza e fino in fondo quelle che sono le attuali inefficienze delle Regioni e dello Stato, e non nasconderle.
Occorre, dunque, un percorso di autonomia che risponda realmente ad un'organizzazione federalista, quel federalismo che spesso viene citato in quest'Aula, il federalismo di Silvio Trentin, federalismo che vedeva come equilibrio di forze opposte sintesi tra collettivismo economico e libertà politica. Un sistema, quindi, che garantisca quella che è l'equità, quella che è la flessibilità, una nuova reale efficienza delle Istituzioni, e che veda finalmente come primi attori i cittadini e gli Enti locali, che per quanto mi riguarda hanno troppo poco spazio anche nel dibattito pubblico e nel dibattito operativo che riguarda l'autonomia. Un sistema con nuove regole che siano garanzia di rasserenamento di quelle fratture sociali, che – è vero – si stanno ampliando e si stanno ampliando anche all'interno della Regione del Veneto, pensiamo al tema della povertà, e quindi quella certezza di responsabilità politica, di attendibilità e di funzionalità fiscale.
Allora penso proprio alla materia del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, che, leggendo il punto c), che dispone l'istituzione di un bilancio regionale e di due fondi regionali, uno a favore dei Comuni e uno a favore della Città metropolitana e delle Province del Veneto, e va avanti, dovrebbe, in teoria, portarci una garanzia di equità di erogazione dei servizi. Ma allora dobbiamo capire perché fino ad oggi – non è una questione solo di autonomia o, comunque, di mancanza di risorse – non siamo riusciti a dare, in quelle che sono le nostre materie, una garanzia di equità di servizi e di distribuzione ed erogazione degli stessi all'interno di tutto il territorio veneto.
Non credo che sia giusto dire che è fantasioso chi ha posto alcuni dubbi sul sistema dell'istruzione, perché credo che ci sia, invece, una reale confusione tra il rispetto del principio di autonomia scolastica, che attraverso l'autonomia non andiamo a togliere, perché deve essere dato e garantito proprio nel principio di quella che è un'idea di federalismo e di autonomia, e le funzioni acquisibili, al netto dell'opportunità, che può esserci, di prenderla o meno. E proprio sull'opportunità ho dei dubbi, che mi piacerebbe approfondire in termini pratici, su quelli che, per esempio, sono i rapporti internazionali, per comprendere se il peso di una singola Regione sia sufficiente, in termini proprio di rappresentanza, per raggiungere maggiori obiettivi e una competitività maggiore all'interno della nostra Regione e nei confronti del mondo internazionale, dell'uso dei fondi diretti, cosa che si potrebbe fare già oggi se puntassimo di più e aumentassimo probabilmente anche gli organici deputati.
Concludo, quindi, dicendo che alla fine noi non stiamo chiedendo di non discutere, ma chiediamo certezza, chiediamo certezza di unità, di equità, di stabilità, di sviluppo, e quindi, chiaramente, chiediamo filtri di controllo, di cui, però, dovrebbe farsi garante proprio la parte politica, per quel senso di responsabilità che più volte è stato citato. Ad oggi, tutti i timori, gli stessi che citava anche la collega Venturini, sono nati e continuano a insorgere, referendum compreso, perché non c'è quella fiducia che ci siano quei filtri di controllo tali da garantire quel federalismo che significa equità e meritocrazia, ma anche, alla fine, unità dei diversi federalismi e, quindi, dello Stato stesso.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Collega Ostanel, prego.

Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)

Grazie, Presidente.
Ho grande rispetto per gli oltre due milioni di cittadini che hanno votato al referendum nel 2017, ne ho talmente tanto che immagino anche che quest'Aula dovrebbe essere quella in cui discutiamo o, perlomeno, avremmo dovuto discutere i passaggi fondamentali di questa riforma. Mi spiace, quindi, che chi dice che rispetta quel voto, nonostante venga poco in quest'Aula, non stia nemmeno tutta la mattinata. Sarebbe utile che il Presidente Zaia potesse ascoltare gli interventi di tutti i Capigruppo, come sarebbe necessario che i Capigruppo fossero presenti – lo dico al collega Villanova, che poi citerò – per ascoltare il dibattito rispetto a cosa ne pensano anche le forze di opposizione sull'autonomia, perché il voto del 2017 di oltre due milioni di cittadini veneti io lo rispetto profondamente. Lo rispetto profondamente e sono d'accordo con il collega Villanova quando dice che qui dentro – e anche fuori – non servirebbe un dibattito ideologico, perché stiamo parlando di una riforma dello Stato, stiamo parlando di una riforma chiave per questo Paese, dunque nessuna ideologia ha senso quando si cerca di andare davvero nei contenuti. È proprio per questo che, se il collega Villanova citava sua nonna, io cito la mia, che mi diceva: chi promette massa, non ottiene niente.
Vorrei chiedere al Presidente Zaia se nella replica mi possa rispondere in maniera chiara a una domanda. Di quel quesito referendario del 2017, dove si parlava – l'ha detto bene il collega Montanariello – dei nove decimi, dove si parlava delle materie, dove si dava l'illusione che questa Regione fosse e diventasse realmente autonoma, oggi di quel quesito referendario cosa rimane nella proposta che ci è stata allegata e cosa rimarrà nella richiesta delle ulteriori materie che voi ritenete di dover chiedere?
Sinceramente, se viene additato al centrosinistra di avere posizioni diverse, e probabilmente è vero, anche dentro la maggioranza sappiamo – sono chiare, e lo dovremmo dire ai cittadini del Veneto – che ci sono posizioni diverse. Lo dico alla collega Venturini. Io non ho capito, ad esempio, la sua posizione dal suo intervento. La ringrazio per l'intervento storico di inquadramento, che tutti noi in realtà sapevamo, ma le voglio ricordare che lo stesso Tajani ha detto "no" ai rapporti con l'UE delegati amministrativamente alla Regione del Veneto, che oggi, invece, vediamo in questa proposta. Lo dico ai colleghi di Fratelli d'Italia. Piantedosi ha detto chiaramente "no" ad avere la delega per quanto riguarda la gestione dei Vigili del fuoco. In realtà, come ben sapete, gli stessi Vigili del fuoco e i loro sindacati hanno detto che non sarà corretto gestire in maniera autonoma questo tipo di funzione.
Oggi venite a dire che questa riforma, per voi essenziale, è colpa del fatto che qui dentro e anche fuori c'è stato un approccio ideologico al tema, ma a me sembra, invece, di poter dire che l'ideologia la vedo anche dall'altra parte. Dovremmo dire ai veneti la verità. Sinceramente, quando finirà questo mandato, se mai dovessi essere rieletta, la cosa importante è capire cosa accadrà in futuro in questa Regione rispetto all'autonomia, perché, credetemi, io ad oggi, per come la sto vedendo e la sto leggendo, vedendo anche, che all'interno della vostra maggioranza in Parlamento ci sono diverse criticità rispetto a una riforma dell'autonomia, non sono sicura che verrà alla luce. Ci guarderemo in faccia tra un po' di anni.
Vorrei anche puntualizzare sulla riforma del Titolo V, perché io, rappresentante di un movimento civico, ho la libertà di dire che a me quella riforma non piaceva, e non piaceva perché è stata fatta velocemente, perché non ha fatto un ragionamento, ad esempio, su che tipo di autonomia questo Paese potesse avere e fosse sostenibile con l'ordinamento dello Stato.
Cosa significa autonomia nel momento in cui – e dopo ne parlerò – io penso che un'autonomia reale passi per il reale decentramento e il potere dei territori? È una cosa che non vedevo all'epoca e che non vedo oggi. Se quella riforma ha garantito la gestione della sanità che vediamo oggi nel nostro territorio, c'è qualcosa che non ha funzionato, e non credo di doverlo dire io.
Presidente, lei ha citato la Germania. Mi piacerebbe fare un ragionamento. Io non ho una risposta certa, ma leggo pareri più autorevoli di me, anche di studiosi tedeschi, che dicono che oggi la crisi della Germania dipende anche da quel sistema federalista, fatto male e in velocità, che vari celebrano, ma che, in un momento di crisi, come quella che stiamo vivendo e quella che vivremo – l'assessore Calzavara lo sa bene quando guarda i conti della nostra Regione – in un momento di crisi come quello che vivremo la vera domanda che ci dovremmo fare è: il sistema decentrato che stiamo vedendo e abbiamo celebrato di altri Paesi è quello davvero che farà reggere uno Stato a quella crisi e alla crisi che verrà avanti?
Vari studiosi dicono che il sistema federale tedesco oggi è proprio quello che sta facendo sì che una potenza, che era quella della Germania, oggi si trova in una crisi più profonda dello Stato italiano. Forse la storia ci dovrebbe insegnare qualcosa.
Ha fatto anche, Presidente, giustamente, la lista delle Regioni, di quante materie hanno chiesto. Voglio farle un'altra domanda: io ho il timore, non solo io, ma autorevoli studiosi, non solo che si potrebbero annoverare nel campo del centrosinistra, ma abbiamo letto pareri di studiosi del campo del centrodestra che raccontano e spiegano con concretezza il rischio che abbiamo di fronte. C'è uno Stato che fatica a funzionare perché abbiamo Regioni che chiedono materie diverse, sistemi diversi dentro quelle materie, con uno Stato che non riesce più a capire come governare la complessità di un'autonomia che si chiama "differenziata" non a caso.
Funzionerà meglio uno stato fatto così? Al di là del dibattito che possiamo fare sui divari nord-sud e territori, funzionerà meglio la vita dei cittadini all'interno di tutti i territori d'Italia? Perché, con tutto il rispetto, assessore Marcato, sarà lei, ad esempio, che dovrà, con questa proposta, andare probabilmente a negoziare direttamente le politiche commerciali con il Ministro cinese. Lei pensa di avere la stessa autorevolezza di uno Stato? Io glielo chiedo veramente. Lei pensa che in questo momento di crisi, in cui tra l'altro Cina e USA, in uno scenario globale di guerra, stanno facendo la loro parte, una Regione abbia più potere negoziale di uno Stato?
Sono domande su cui una replica di contenuto non deve essere dovuta a me, ma deve essere dovuta a quei due milioni e rotti di cittadini che quella volta hanno votato in coscienza e hanno il diritto di sapere la verità, hanno il diritto di sapere più nel concreto cosa accadrà con questa riforma o con la proposta che voi state facendo.
Il collega Villanova (dopo glielo dirò al bar) diceva: "Voi non dite mai la vostra idea di autonomia". Io, invece, la voglio dire, perché sono libera da correnti, sono libera da persone che mi dicono cosa devo dire, un movimento civico può dire quello che vuole.
La nostra idea di autonomia l'abbiamo fatta mettere nel DEFR, che avete votato a favore: "In coerenza con l'obiettivo di massimo decentramento verso gli enti più prossimi alle esigenze delle persone, le funzioni amministrative che saranno attribuite alla Regione in base all'intesa finale saranno quanto più possibile attribuite ai Comuni e, in seconda battuta, alle Province e alle Città metropolitane della Regione, in conformità all'articolo 118 della Costituzione", ed è già stato detto il perché invece varie delle proposte che qui leggiamo non lo sono "contestualmente alle relative risorse".
Abbiamo, invece, un problema, perché questo non è quello che abbiamo votato qui dentro. Dite "prenderemo un fondo perequativo". Lo ha detto il collega Villanova rispondendo alla collega Camani, come se il dibattito fosse tra PD e Lega, invece il dibattito è se stiamo facendo quello che serve ai cittadini del Veneto.
I pochi euro, perché sapete che sono aumentati l'anno scorso a circa 2 miliardi di euro, del Fondo perequativo, basteranno a garantire quelle risorse di una legge ad invarianza finanziaria? La risposta la sappiamo tutti ed è "no". Sappiamo, ad esempio, che, nel momento in cui pensiamo a una riforma di reale decentramento e potere dei Comuni, dovremmo fare una riforma diversa, verticale, come quella proposta dagli articoli 118 e 119 della Costituzione, dove la Regione non diventa un nuovo Stato, un nuovo centralismo. Dove, ad esempio, la Provincia di Belluno chiede più autonomia, dove, ad esempio, anche la Provincia di Rovigo, per le caratteristiche che ha, dovrebbe probabilmente avere una gestione diversa.
Ci stiamo chiedendo se non stiamo riproponendo un centralismo democratico che accentra a Venezia piuttosto che dare ai Comuni? Perché nella proposta che ho letto e attentamente studiato del punto 4, "coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario", la risposta non c'è. Ai cittadini che hanno votato quel referendum va detto che non c'è, perché il fondo perequativo non basterà, la riforma è a invarianza finanziaria. Punto. Non abbiamo vie o scappatoie che ci tolgono da questa verità.
Ad esempio, invece che celebrare il fatto che la battaglia che state facendo per l'autonomia sta arrivando al risultato, io preferirei dire ai veneti la verità come sta, che quando hanno votato quel referendum stavano votando un'altra cosa, un'altra idea che voi avevate e che oggi quell'idea non si concretizzerà. Probabilmente, detta così sarebbe più facile per le persone che ci hanno creduto.
Faccio un esempio. Perché sulla casa, ad esempio, questo Governo sapete bene, ha tagliato i fondi. La Regione del Veneto cosa fa? Manda una lettera a firma dell'assessore Corazzari che dice "ci dispiace, i fondi sono tagliati, noi non possiamo più garantire un aiuto per il Fondo affitti". Sono i Comuni che stanno pagando, sono le famiglie che non ce la fanno ad arrivare a pagare la retta neanche delle case ATER, non solo perché sono poche, ma perché la Regione del Veneto non ha mai investito un euro.
Solo in questo bilancio, grazie anche alla battaglia che Il Veneto che Vogliamo ha fatto, vi siete resi conto di non fare più i Robin Hood al contrario, perché tenevate in bilancio 5 milioni di euro l'anno che mettevate in generale sul bilancio generale, prendendoli dai Comuni, dal valore della casa di proprietà dei Comuni e delle ATER.
È questa la riforma dell'autonomia che avete in testa o avrete la possibilità, ma non lo sarà, e quindi voglio sentirmelo dire in replica, di avere invece maggiori risorse per fare questo lavoro? Perché le risorse, anche e solo dal Fondo perequativo che voi immaginate, cioè quelle che prima il collega Villanova diceva dovremmo tenere in pancia, non basteranno a fare questo lavoro.
Forse, Presidente, per uscire un attimo – mi permetta – dall'ordine del giorno, lo dico e lo dichiaro subito, forse avremmo dovuto fare un ragionamento diverso. Non sarà la riforma dell'autonomia a portare più soldi nelle casse dello Stato regionale, ma sarà quella di aver avuto il coraggio, la lungimiranza di pensare anni fa a una riforma dell'addizionale IRPEF, che avrebbe, invece, garantito davvero e da subito quei soldi, che non arriveranno dall'autonomia differenziata. Forse dovremmo anche dire che l'autonomia che avete finora avuto non l'avete sempre esercitata.
Sistemi Territoriali aveva la gestione delle nostre reti ferroviarie. L'assessore De Berti in un comunicato stampa, in un virgolettato dice: "Finalmente la cessione a Ferrovie dello Stato permetterà più efficienza, la garanzia di non avere ritardi e più risorse". Quando le avevamo, le abbiamo date a Ferrovie dello Stato.
Su Pedemontana Veneta ho ascoltato la sua conferenza stampa, Presidente, quest'estate, quando è stato presentato il bilancio e ho sentito dalle sue parole – ma lo sapevo già – come si stava nel tempo, e anche oggi, tentando di scaricare la patata bollente di una infrastruttura che, come lei ha detto giustamente quel giorno, doveva essere statale nella sua origine, e anche le strade, che, fino a prima, erano regionali e provinciali, ad ANAS.
Non è che oggi stiamo vedendo che, invece, delle cose le abbiamo, le abbiamo avute e le dobbiamo gestire? Non faccio l'esempio della sanità, l'ho già fatto prima, ma anche solo dove avevamo la possibilità di avere reale competenza, poi, quando si è in difficoltà, lo Stato serve? Lo dico perché anche chi crede nell'autonomia, nel momento in cui non ci saranno risorse e nel momento in cui l'invarianza, il fondo di cui parlava il collega Villanova, non basterà, e noi non faremo altro per garantire quelle risorse, ci troveremo le patate bollenti da dover gestire e non le potremo scaricare allo Stato, come state facendo.
Forse ai veneti dovremmo dire la verità, dovremmo dire che quello che hanno votato non è quello che oggi si sta prefigurando. Dovremmo dire che tra le dita rimane loro l'inno veneto e la Giornata per l'autonomia.
Chiudo con il Veneto nelle scuole, perché davvero leggere gli articoli di oggi per una persona che, tra l'altro, viene da un piccolo Comune e in famiglia parla dialetto, vedere che la Vicepresidente della Commissione Cultura dice che l'autonomia servirà a insegnare ai nostri ragazzi le radici venete, anche questa mi pare totalmente una cosa fuori luogo. A parte il fatto che le radici di presenza veneta le insegna la famiglia e anche la scuola.
La Vicepresidente della Commissione Cultura, questa mattina, commentando la riforma, dice che l'autonomia servirà anche a rafforzare il fatto che nelle scuole si possa lavorare. Penso che, invece, dovremo fare altri ragionamenti eventualmente sulle materie che non sono comprese nei documenti che oggi abbiamo visto.
Le chiederei, ad esempio, cosa può fare una Regione per lavorare davvero nell'edilizia scolastica. Le chiederei o vi chiederei di capire come invece ai giovani veneti possiamo garantire quelle risorse che questa riforma non garantirà – i dati lo dimostrano – per non essere la seconda regione del nord per emigrazione degli under 35.
Queste sono le questioni, io credo davvero, ma lo dico con il cuore, per cui quei veneti nel 2017 hanno votato in coscienza la richiesta di maggiore autonomia. C'è chi è d'accordo e chi non lo è. Se due milioni di veneti si sono espressi, non voglio oggi qui dire che hanno sbagliato o hanno fatto bene. Il mio ruolo qui è prendere parola e dibattere nell'Aula per portare a un ragionamento diverso da quello che si sta facendo, perché, dati alla mano, ragionamento e studio mi fanno vedere che quella proposta non sarà realizzata e che l'autonomia, se dovesse mai servire, dovrebbe funzionare per come ho detto, per dare più potere ai territori, per dare più potere ai Comuni, per dare maggiori risorse.
Qui dentro queste cose non ci sono. Credo che ai veneti avremmo dovuto dire la verità anche oggi e anche nelle comunicazioni che facciamo fuori di qua, perché, altrimenti, a proposito di chiederci cosa ci serve oggi essere qui, penso che oggi essere qui ci sarebbe dovuto servire a dibattere nel contenuto e, invece, abbiamo visto, almeno io ho visto, che del contenuto si è parlato pochissimo.

PRESIDENTE

Collega Marzio Favero, prego.

Marzio FAVERO (Liga Veneta per Salvini Premier)

Un saluto a tutti voi. Vi chiedo scusa se faccio una premessa che può sembrare del tutto fuori contesto, però mi serve per spiegarvi come vedo la partita sulla quale oggi stiamo discutendo.
La scorsa settimana si è insediato il nuovo Ministro della cultura in Italia, Alessandro Giuli, persona assolutamente preparata, al di là delle battute sulla laurea. Vi ricordo che nel Novecento moltissimi grandi intellettuali italiani non erano laureati: scrittori, filosofi. La laurea è utile, ma non è una certificazione sulle capacità.
Ha esordito, nella sua riflessione, con due citazioni che hanno sconcertato gli uditori e suscitato delle risate.
Mi ha colpito, al di là dell'ampollosità forse un po' ingenua del primo intervento del Ministro, il fatto che nessuno dei commentatori si è accorto che il Ministro ha citato Hegel e Floridi. Ha citato Hegel quando ha detto che la cultura è il proprio tempo appreso con il pensiero, che dovrebbe essere una frase semplicissima per chi ha fatto un liceo, tipo "quel ramo del lago di Como" o altre frasi che sono entrate nel repertorio universale come citazioni popolari. Poi ha citato Floridi, con l'infosfera.
Sulle riflessioni di Floridi in questo momento stanno lavorando docenti e ricercatori universitari nella dimensione della cibernetica, del diritto, della bioetica e via elencando, ma dei nostri grandi commentatori, delle firme principali dei nostri giornali nessuno si è avveduto, tutti hanno colto l'occasione per citare un comico, Tognazzi del film "Amici miei", il conte Mascetti.
Credo che questo sia interessante. Si è volatilizzato qualsiasi spessore culturale nella discussione politica. I comici sono diventati un riferimento. Pertanto, c'erano alcuni autori che questa mattina pensavo di richiamare qui, di evocare, di scomodare, come Olivetti, Higgins, Burns , Calamandrei, Miglio, Lussu, Levi, Trentin, Don Sturzo, Bellieni e altri, che però è meglio che lasci riposare nelle loro tombe. Meglio che anch'io citi un comico, Totò, quando, guardando con astuzia il suo interlocutore e sapendo che era un gioco fra mentitori, diceva: "siamo uomini di mondo". Fra uomini di mondo possiamo parlarci tranquillamente e dire prima di tutto cosa non è la legge Calderoli. Quando sento la collega Camani parlare in modo così tonitruante di un Paese che sta andando in frantumi, di divisioni e lacerazioni, provo lo stesso sconcerto che provavo quando ero Assessore alla cultura in Provincia di Treviso e sentivo alcuni intellettuali di sinistra parlare del rischio del fascismo e del nazismo. Guardavo fuori dalla finestra, ma non vedevo nessuno stormo di bombardieri americani diretti verso Berlino.
Cerchiamo di capire bene: la legge Calderoli non ha nulla a che fare con il federalismo, perché il federalismo richiede un'articolazione assolutamente diversa delle competenze fra Stato centrale e Stati periferici, quindi non stiamo parlando di federalismo.
Capisco che il federalismo avrebbe potuto suscitare resistenze, perché di solito il federalismo è un movimento centripeto, che punta all'unione. Nel nostro caso, essendo già costituito lo Stato centrale, la sua trasformazione in Stato federale potrebbe essere letta come un processo disgregativo, sbagliando. Vi ricordo che Hitler come suo primo atto, nel 1933-1934, decise di eliminare l'organizzazione federale del Reich, poi lo Stato tedesco tornò a essere federale dopo la fine del nazismo. Perché? Perché volevano una più ampia partecipazione dei cittadini alla vita democratica dei due neonati Stati tedeschi dell'est e dell'ovest.
Che cosa non è ancora? Non è nemmeno devoluzione, perché nella devoluzione lo Stato si priva in modo definitivo di alcune competenze lasciandole alle Regioni, e per gestire meglio questa roba si dota anche di una Camera delle Regioni. Quindi, non stiamo parlando né di federalismo, né di devoluzione.
Stiamo parlando di una riorganizzazione organica delle autonomie locali? Stiamo a scherzare? Dopo la Delrio, quell'atto di macelleria istituzionale prodromico ad arrivare alla soppressione delle Province con la riforma renziana, noi abbiamo delle autonomie locali che hanno un'organizzazione claudicante. Qualcuno si è accorto, dopo quattro anni dalla riforma delle Province, che le Province si occupavano anche di robe serie, tipo le infrastrutture stradali e le scuole superiori. Si sono riaperti un pochettino i rubinetti, ma si sono dotate le Province di organismi di rappresentazione democratica debole, cioè di secondo grado.
Quindi, noi oggi non stiamo nemmeno parlando di una riorganizzazione del nostro sistema delle autonomie. Stiamo parlando di qualcosa di molto più fragile, debole, che si chiama "decentramento". Infatti, nella legge Calderoli si parte proprio con questa parola, "decentramento".
Come viene effettuato questo decentramento, che dovrebbe risolvere il concentramento dello Stato italiano? Con una serie di cautele, tali per cui chi è nella Regione si vede puntati i fucili dello Stato da ogni parte. Se sbagli ti revochiamo le competenze; il Presidente del Consiglio può decidere che durante le trattative certe materie devono sparire; poi c'è un controllo decennale, ma anche prima si può intervenire per togliere competenze se si ritiene che le cose non vadano; le Regioni che non aderiscono comunque riceveranno le risorse di prima; nel caso ci sia una qualche variazione nelle entrate e nei tributi riconosciuti in quota parte alle Regioni, si provvederà alla perequazione a livello nazionale. Leggasi: chi più efficienta, meno soldi si trattiene.
Secondo quel principio già reso storico dai decreti Stammati, se tu sei un ente virtuoso devi versare gli schei, se invece tu sei un ente vizioso hai bisogno di aiuto da parte dello Stato. Quindi, stiamo parlando di una modesta legge di decentramento che cerca di attuare quei pochi scampoli di libertà che il centrosinistra ha concesso con una riforma della Costituzione che oggi dice che fa schifo. Certo che il centrosinistra può permettersi il lusso di dire che quella riforma del Titolo V della Costituzione fa schifo, perché l'ha fatto il centrosinistra e quindi conosce benissimo il suo prodotto.
Noi lottiamo lo stesso per portare a casa qualcosa, anche senza soldi in più. Perché facciamo questa operazione? Ve lo dico subito, per cinismo, perché siamo profondamente cinici e dobbiamo confessarlo anche agli elettori. Stiamo portando avanti questa riforma perché comunque sta aprendo delle crepe in quel monolite che si chiama Stato moderno, un moloch, un mostro di difficile gestione dal punto di vista democratico, tant'è che io dico non meno Europa, come dice il mio segretario di partito, ma più Europa, perché dobbiamo attaccare questo mostro dall'alto e dal basso, come vuole qualsiasi forma di pensiero federalista.
Cara collega Camani – lo dico anche se non ci sei ad ascoltare gli altri, poiché ti basta ascoltare te stessa – paternalista è questo Stato, che non si fida dei figli. Io do ragione al Presidente Zaia, che fa bene a portare avanti questa battaglia, pezzo per pezzo, perché se dovessimo riuscire a portare a casa qualcosa, dimostreremo che anche con quel qualcosa saremo in grado di fare molto, ed è questo che spaventa.
Non è che, cedendo anche solo dei pezzettini di autonomia alle Regioni, le Regioni virtuose saranno in grado di dimostrare che noi Stato gestivamo malissimo quei soldi, tant'è che fra quei soloni che scrivono sui giornali, c'è già qualcuno che dice: "Se il Veneto dovesse realizzare delle economie, è bene che restituisca le risorse risparmiate alle altre regioni che non ci riescono". Ma come no! Già abbiamo rinunciato al residuo fiscale, che si chiama residuo, ma è una cifra imponente. Adesso dovremmo addirittura arrivare a rinunciare alle ottimizzazioni che potremmo mettere in atto se ci fossero concesse delle autonomie estremamente parziali. Mi pare davvero surreale.
Comunque per noi, come vi dicevo, è un'operazione win-win, giusto per usare un altro anglicismo che va di moda, perché, se ci arrivano delle competenze, dimostreremo che la Regione è più efficace di questo Stato, che rimane uno Stato che prima fu sabaudo e poi fu fascista come impostazione, e lo sapevano anche i Padri costituenti che la riforma che stavano portando a casa non era ancora sufficiente per demolire un'organizzazione centralizzata di potere.
Lo scriveva Calvino in un romanzo che vi invito a leggere, s'intitola "La giornata d'uno scrutatore", che racconta dell'esperienza di uno che sta all'interno del Cottolengo, assiste alle votazioni, scopre un mondo che gli era ignoto e si rende conto che sta tornando, attraverso la burocrazia, l'ombra grigia del centralismo statale. Se riusciremo ad aprire qualche crepa, comunque, sarà valsa la pena aver portato avanti questa battaglia. Se non ci riusciremo, signori, non è quello che io auspico, non lo auspica nessuno, andremo avanti con la logica del tanto peggio, tanto meglio, perché è chiaro che questo Paese con 3.000 miliardi di debito, appena dieci anni fa erano 2.000 miliardi, è come un treno lanciato verso un muro in cemento armato, verso lo schianto.
Se ci fosse un po' di buonsenso, questo Consiglio oggi esprimerebbe tutta la sua solidarietà al Presidente, magari invitandolo a tornare più spesso, perché ci è anche simpatico. Questo Consiglio potrebbe anche proporre al Presidente di attivare un gruppo di lavoro che lo affianchi nella fase che si sta annunciando di definizione delle materie, delle funzioni, eccetera, eccetera. Questa è una richiesta più che legittima da parte di questo Consiglio, però sarebbe un errore se questo Consiglio fosse diviso in questa partita, non solo perché ce l'hanno chiesto i veneti, con un'espressione di voto univoca che non ha precedenti nella storia, ma perché dovrebbe imporcelo la nostra coscienza. Tutti noi sappiamo che il male di cui soffre l'Italia non è l'autonomia, ma un eccesso di centralismo. Da quando questo Stato è nato fino a oggi sono state sperimentate tutte le forme di accentramento possibili e immaginabili. Mai si è voluto affrontare la medicina del decentramento vero, dell'autonomia, per non parlare del federalismo.
Questo è il momento, signori. Se fossimo veramente seri, dovremmo richiamarci all'esperienza dei nostri Padri costituenti o meglio di quei politici che rimasero fuori dall'Assemblea costituente, che nel 1945 e nel 1946 ebbero l'intuizione che se avessero cercato di fare la riforma della Costituzione all'interno del Parlamento, non ci sarebbero riusciti. Perché è inevitabile, primum vivere. Ogni partito cerca di avere il consenso. Ogni politico cerca di sopravvivere e di essere rieletto. Quindi, ogni partito è esposto al vento del consenso, che è cangiante: un giorno spira da una parte, il giorno dopo spira dall'altra.
Per fare una riforma servono dei politici che siano sganciati da queste logiche, le menti migliori, un'Assemblea costituente, che non è pressata dalla preoccupazione di godere del consenso di oggi per il domani mattina e che pensa verso il lungo termine, non verso l'immediato. In attesa che qualcheduno a livello romano si ravveda, cerchiamo noi veneti di dare una lezione di serietà.
Spero che questo Consiglio, alla fine, nonostante queste discussioni, possa essere unito nella richiesta di maggiori forme di autonomia e dare sostegno al Presidente, non perché il Presidente Zaia ci sia simpatico o antipatico, ma perché la battaglia è una battaglia che riguarda ognuno di noi, le nostre famiglie e, per chi di noi ha figli, anche i nostri figli.

PRESIDENTE

Grazie, collega.
Ha chiesto la parola il collega Bozza. Prego.

Alberto BOZZA (Forza Italia - Berlusconi - Autonomia per il Veneto)

Grazie, Presidente.
Saluto anch'io il Presidente Zaia e lo ringrazio per l'intervento di oggi.
Certo, è difficile parlare dopo il collega Marzio Favero, perché conosciamo le sue doti e le sue capacità, ma soprattutto anche la sua profonda cultura. Credo che il dibattito di oggi sia un dibattito che sicuramente serve, un dibattito importante. Ricordiamo che, se oggi siamo qui a discutere, è perché evidentemente il Governo di centrodestra di questo Paese ha consentito di arrivare a una fase iniziale, ma avanzata di quella che era la proposta, per poter andare avanti in un percorso di riforma importante.
Sono d'accordo con chi prima diceva della cultura oggi di essere come siamo noi, fortemente europeisti, fortemente atlantisti, ma anche federalisti e autonomisti, che non sono concetti in contraddizione, ma sono, per chi ha la cultura di promuovere l'autonomia, chi ha la cultura di gestire ovviamente al meglio quelle che sono oggi le risorse pubbliche e le opportunità degli strumenti che ai vari livelli possiamo mettere in campo per la nostra cittadinanza, i principi ispiratori, che dobbiamo tenere presente in ogni confronto, in ogni dibattito, ma soprattutto ad ogni livello istituzionale.
Se oggi siamo qui, è perché stiamo cercando di svolgere un dibattito sano, un dibattito costruttivo e di capire se questa riforma sia una riforma di opportunità o una riforma di danno, se lo è o se non lo è.
Se siamo qui, se questo Governo di centrodestra l'ha voluto, è evidentemente perché ritiene che sia un'opportunità. È chiaro che sta a noi cercare di spiegare, non solo in che termini questa opportunità si trasformerà, ma soprattutto essere pragmatici e concreti e dare l'opportunità ai nostri concittadini di pensare e di sperare che l'autonomia sia un elemento di opportunità.
Quindi, sgomberiamo subito il campo da chi oggi, invece, strumentalizza con lo spauracchio della paura, dello spacca-Italia, del danno che si creerà con le diseguaglianze tra Regioni, ma soprattutto tra i cittadini, addirittura con effetti sociali devastanti. Non è questo quello che ci interessa. Siamo lontani da questa ideologia, da questa concezione, così come siamo lontani di chi ha usato la parola "autonomia" pensando che il giorno dopo noi saremmo stati, come gli amici trentini o bolzanini, in grado di spendere e utilizzare le risorse in quella maniera.
Lontani, quindi, dall'ideologia degli spot, ma molto più concentrati su quello che oggi è il ruolo che noi dobbiamo avere, di garanzia e di sintesi. Se l'autonomia deve diventare un'opportunità, deve diventarlo perché siamo stati bravi e in grado di fare sintesi, di essere garanti in quei percorsi di filtro, di osservazione, di concretizzazione del confronto su quelle che devono essere le funzioni che vanno a esplicitarsi non solo nell'ambito del percorso che riguarda i LEP, ma anche nel percorso che riguarda le altre materie, su cui la discussione è iniziata nelle settimane scorse.
Pragmatismo e responsabilità, insieme ed equità e garanzia penso siano elementi importanti che il nostro partito sta portando avanti.
Ricordava bene, e ringrazio la collega Venturini, il percorso complesso che ha portato il nostro Paese ad affrontare in varie fasi, anche storiche, l'autonomia. Se c'è stata una complessità, una lungaggine credo sia dovuta anche alla complessità di un Paese come il nostro, che si ispira alla Costituzione, ma che spesso non ha il coraggio di affrontare quelle riforme costituzionali, fondamentali ed essenziali, di cui abbiamo davvero tanto bisogno. Spesso ci lamentiamo per l'inefficienza del nostro sistema Paese nell'ambito pubblico, che però non siamo in grado di trasformare quando ne abbiamo l'opportunità. Sì, perché l'autonomia è un'opportunità.
Credo, pertanto, che oggi ottenere maggiore autonomia rispetto a quella che già oggi abbiamo sia esistenziale, sia un elemento basilare, fondamentale, ma sia anche di sprono. Dobbiamo sapere innanzitutto utilizzare bene e meglio gli strumenti che già abbiamo oggi nel campo delle autonomie, mi viene in mente la parabola dei talenti, per coloro che ovviamente non credono o possono difficilmente credere che l'autonomia sia un'opportunità, ma anche nei confronti di chi oggi ha degli strumenti che può utilizzare nel campo dell'autonomia regionale, che spesso non utilizza al meglio. Sarà un problema di chi, anche a livello regionale, non riuscirà a cogliere l'opportunità di avere questi talenti poterla sprecare o meglio utilizzare.
Autonomia vuol dire oggi anche avere autorevolezza delle scelte, avere il coraggio di affrontare, a tutela della difesa delle nostre risorse, delle nostre eccellenze, quello che già oggi abbiamo. Quindi, una doppia fase di autonomia. Quella interna ci deve spronare tutti, cari colleghi, a fare meglio, a fare di più. Penso ai sistemi che abbiamo nell'ambito del mercato dell'energia e dei servizi. Abbiamo la grande opportunità con AGSM AIM, di cui dobbiamo andare orgogliosi e che dobbiamo difendere proprio nell'ambito veneto per il sistema del mercato, per evitare che altri mercati vicini e concorrenziali possano fagocitarci. Il sistema degli aeroporti, che bene facciamo a mantenere e abbiamo voluto fortemente, anche quando ci fu l'opportunità a Verona di entrare in un sistema lombardo, un sistema veneto, scegliere Venezia, perché ritenevamo che il sistema veneto fosse garantista non solo per il sistema aeroportuale regionale, ma anche per la stessa Provincia di Verona.
Questo per dirvi che quando uno ha lo spirito e la cultura legata all'autonomia, lo fa anche nelle cose che tutti i giorni si devono affrontare. A noi non interessa l'ansia da prestazione, di qualcuno a volte, in maniera simpatica, ci accusa. A noi interessa cercare di fare presto, sì, ma al tempo stesso di fare un buon lavoro. Dobbiamo essere consapevoli che per farlo dobbiamo entrare non solo nel merito e nel pragmatismo che ci contraddistingue, ma anche essere oggi autori e missionari autentici del buon messaggio che l'autonomia deve rappresentare, anche nei confronti di quelle parti d'Italia o anche dei nostri amministratori del nord, del centro e del sud che non hanno ancora capito che l'opportunità che possiamo avere è un momento di coesione sociale, un momento di coesione costituzionale del nostro Paese. Non è un momento di divisione o di spacca-Italia.
Questo ci serve, ma dobbiamo essere capaci di farlo in maniera responsabile, dobbiamo spiegarlo bene ai nostri cittadini, proprio per togliere quelle armi di strumentalizzazione che il centrosinistra sta cercando di portare avanti, infilandosi in una debolezza che non ci contraddistingue, soprattutto cercando di andare oggi a terrorizzare, con un referendum, la popolazione, pensando che con l'autonomia l'Italia si spacchi e che domani mattina non riusciremo più a tenere certe fasce sociali, soprattutto creando diseguaglianze.
Questo non ci appartiene, non lo vogliamo. Credo che il consiglio di oggi del collega Favero – e mi avvio alla conclusione, perché il mio tempo sta per scadere – sia proprio quello di creare insieme un momento di confronto. Se lo facciamo anche all'interno del nostro Consiglio, penso sia un'opportunità di confronto costruttivo nel percorso dell'autonomia. Penso sia anche un momento politico importante, visto che proprio il popolo veneto si è espresso in maniera significativa. Credo che questo sia un dovere che abbiamo nei confronti dei nostri concittadini, ma anche un dovere, come eletti in questo Consiglio, di accompagnarli in un percorso di responsabilità.
Bene, quindi, l'invito del collega Favero. Agli amici del centrosinistra e della sinistra oserei dire: state sereni, perché all'autonomia ci arriveremo. Ci arriveremo insieme in Veneto, ci arriveremo grazie anche a Forza Italia e ci arriveremo, soprattutto, nell'interesse non di una parte o di un partito, ma nella consapevolezza che diventerà un'opportunità nell'interesse dei nostri veneti e nell'interesse del nostro Paese.

PRESIDENTE

Collega Soranzo, prego.

Enoch SORANZO (Fratelli d'Italia – Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente.
I gentili colleghi mi scuseranno se nel mio intervento porterò anche delle considerazioni politiche, al di là del ruolo che mi avete affidato ultimamente.
L'autonomia differenziata è un modello che ha un percorso che qualcuno ha definito irto, complesso, articolato, difficile, ma dobbiamo fare squadra, come ha detto bene anche il collega Favero. Certo, dobbiamo fare squadra, come ha sempre fatto il Veneto. È un modello che noi, per quanto ci riguarda, abbiamo inserito nel programma elettorale 2020 in questa Regione, lo abbiamo inserito nelle politiche, perché è un modello che serve al Paese, non solo al Veneto. Questo è il messaggio che deve uscire da questa Regione.
È vero che qualcuno su questa differenza, su questo cuneo si infila per cercare di dividere o narrare che è uno spacca-Paese, uno spacca-Italia. I veneti non hanno nella propria cultura niente di tutto ciò, non lo farebbero mai e non lo stanno facendo. È un modello che serve alla nazione, non solo al Veneto. Serve un modello più performante, come testimoniano anche gli interventi che sono stati portati all'attenzione. Abbiamo un debito pubblico che continua a crescere, abbiamo bisogno di più velocità di risposta, più controllo, perché ce lo chiede il tessuto produttivo, i cambiamenti del tessuto sociale, ce lo chiede il territorio.
Abbiamo capito che in tutte le articolazioni e i modelli portati negli ultimi anni, signori, lo sappiamo tutti, invertendo i fattori il risultato non cambia, a meno che non cambino gli stessi. Se fino ad oggi non ha funzionato, qualcosa deve essere cambiato.
Alla luce di questo, è evidente che tutti i cambiamenti spaventano. Non c'è terreno più fertile, per chi vuole bloccare un processo di cambiamento, che agire nella paura. Su questo lasciatemi fare delle considerazioni da un punto di vista anche politico, del nostro Gruppo, che il Capogruppo e, precedentemente, il collega Casali hanno voluto riportare.
Veniamo in quest'Aula, oggi, Presidente, con grande orgoglio e con grande soddisfazione. Abbiamo trascorso mesi con il punto interrogativo sulle spalle da parte dei veneti e anche di qualche collega di quest'Aula, legittimamente, chiedendoci se Fratelli d'Italia avrebbe portato avanti con serietà questo obiettivo e se veramente avrebbe combattuto per raggiungere l'obiettivo e portare a casa un impegno. Con soddisfazione vogliamo riprenderla qui, oggi, in Aula, che senza dubbio oggi sentenzia che il processo dell'autonomia differenziata è seriamente, concretamente, operativamente iniziato, ed è iniziato grazie alla relazione del Presidente Zaia, che voglio veramente ringraziare, perché ha ricordato tutti i Governi che hanno fatto finta di voler attivare un processo di autonomia differenziata. Quando dico "fatto finta" non intendo fare un'accusa politica o denigrare qualcuno.
Quando si parla di un progetto di legge che, nella sostanza, non va da nessuna parte e non ha le articolazioni, è come pensare a un atleta che dice di voler competere a un gran premio, ma non fa mai scendere la macchina in pista. Lo abbiamo visto con la relazione del Presidente.
Con soddisfazione, invece, abbiamo dato prova che quando diciamo una cosa la perseguiamo e quando vogliamo fare qualcosa la facciamo sul serio. Lo confermano i cambiamenti di opinione del Partito Democratico. Nel 2001 la riforma del Titolo V viene fatta sulla spinta del territorio che lo chiede, Presidente. Siccome si inseguiva il consenso, anche il Partito Democratico ha dovuto fare i conti, giustamente, con i propri cittadini che indicavano una strada. Non se l'è inventata per caso. Come è avvenuto nel referendum del 2017. Perché nel 2017 il Partito Democratico ufficialmente sosteneva il referendum in Veneto? Perché la maggior parte dei veneti lo chiedeva. Correttamente, una rappresentanza politica, che risponde al proprio elettorato, che sono i veneti, persegue gli obiettivi e le indicazioni che riceve dai propri cittadini. È motivo di soddisfazione per noi, perché gli impegni per noi sono importanti. Sono talmente importanti che diventano quasi irrinunciabili.
Siamo soddisfatti perché a Roma, Presidente, oggi, non l'Amministrazione Zaia, sicuramente l'Amministrazione Zaia, e i veneti sono i primi interlocutori di questo Governo, sono gli interlocutori privilegiati su tutti i temi nazionali e soprattutto sulle riforme nazionali. La visione veneta di questa Regione continua a dare indicazioni a tutto il Paese.
Trovo molto strano e faccio fatica a confrontarmi in quest'Aula quando sento interventi che parlano di tutto, come diceva il mio collega prima, perfino di pesticidi, di PFAS, tutti temi molto importanti per il Veneto. La volontà, però, è quella di confondere i cittadini. Le preoccupazioni e le considerazioni di alcuni colleghi che ho sentito sono giuste, ma, Presidente, troveranno la loro correttezza nel momento in cui, come lei ha ricordato, la fase sarà quella appropriata. Non è questa.
Si vuole fare il processo alle intenzioni, si vuole giudicare una legge quadro in cui le considerazioni portate in quest'Aula e anche nel territorio fanno parte di una fase che arriverà nei prossimi mesi. Sarà quella la sede, il momento. Questo vuol dire essere un amministratore corretto, questa è la politica corretta, l'indicazione corretta che doveva essere data ai nostri cittadini, che non hanno gli strumenti, come li abbiamo noi, per leggere, analizzare e fare correttamente procedimenti legislativi.
Il tempo di bloccare una riforma ancora prima che parta o, meglio, la fase, il tentativo, la voglia sottostante che si percepisce di alcune forze politiche, appoggiando e attivando strumenti giustamente democratici, mi fa temere che ci sia il desiderio di bloccare un processo prima che arrivi la vera legge o il vero schema di accordo, dove anche i cittadini veneti potranno farsi un'idea chiara. Qualcuno non ha più gli strumenti per raccontare la propria narrativa, ma si deve confrontare con fatti e con comportamenti certi.
È questo che ci preoccupa. Se veramente dobbiamo fare squadra, dobbiamo farlo per l'interesse nazionale. Dobbiamo fare l'interesse del Veneto e l'interesse nazionale, l'interesse di quel futuro che ha bisogno di una risposta e di una visione, un futuro che voi e molto spesso noi tutti in quest'Aula continuiamo a riportare come la necessità prima. La necessità prima è rappresentata dai veneti, da un modello che funziona, che regala una prospettiva di crescita e che non può continuare in un modello, come qualcuno ricordava, che evidentemente si è ritenuto nei fatti essere oggi fallimentare.
Presidente, lei lo sa, perché l'interlocuzione con il Governo è costante e quotidiana, noi ci siamo. Gli impegni che ci siamo presi li porteremo avanti con forza. Noi siamo chiamati a svolgere al meglio il nostro lavoro, nell'interesse della comunità tutta. Noi saremo a disposizione in tutte le fasi per portare avanti un processo essenziale per il Veneto e il nostro Paese.

PRESIDENTE

Collega Laura Cestari, prego.

Laura CESTARI (Liga Veneta per Salvini Premier)

Grazie, Presidente.
Non mi dilungherò moltissimo, perché già molto è stato detto anche dai colleghi. Volevo iniziare rassicurando qualcuno della nostra opposizione su due cose. La prima è che appartenere a un partito non esclude la possibilità di esprimere il nostro pensiero liberamente. In secondo luogo, la Provincia di Rovigo gode di buona salute, a maggior ragione ora, ed è anche più rappresentata di prima. Quindi, fossi in voi, non mi preoccuperei molto.
Detto questo, torniamo al tema principe. La storia del Veneto, che noi abbiamo davvero il grande onore di rappresentare, è legata ‒ lo abbiamo già detto ‒ alla storia della Serenissima, e lo è in modo indissolubile e inequivocabile. La storia della nostra Serenissima è una grande storia. È la storia di una Repubblica che ha governato per diverso tempo con saggezza, con lungimiranza, esportando il modello del buon governo. Da donna, solo per citare un esempio, dico che forse non è un caso che la prima donna al mondo laureata fosse veneta. Padovana, per l'esattezza. Non è un caso che il filosofo francese Voltaire, visto che oggi siamo in vena di citare filosofi, dicesse: "Venezia, paese giusto e libero, dove non c'è nulla da temere. A Venezia la giustizia è patrimonio di tutti, come l'acqua dei suoi pozzi". Tra tutte le eredità della nostra Repubblica, la più grande, arrivata fino ai giorni nostri, e questi sono dati oggettivi, non è soltanto quella dei leoni che abbelliscono le nostre città. Quella più importante di tutti è la libertà: la libertà di potersi esprimere, la libertà di poter dare sfogo ai nostri desideri. I veneti amano la libertà. Anche in questo caso, la storia ci viene in aiuto. L'unico Doge che provò a instaurare la monarchia, il Doge Marino Falier, fu processato e giustiziato nel giro di pochissime ore.
I veneti sono allergici a qualsiasi forma di regime e, evidentemente, a coloro che limitano la libertà, tanto professata e tanto tutelata da noi. La volontà dei veneti, su spinta proprio di quella tradizione di libertà, si è poi incrociata con un istituto che ‒ lo dobbiamo ammettere – è forse uno dei più democratici di tutti: il referendum. Era il 2017, lo abbiamo detto, sette anni fa, e l'indicazione dei veneti è stata chiara, come lo era il quesito: sì all'autonomia.
Per un caso veramente curioso, della politica o del destino, decidiamolo noi, la volontà dei veneti, espressa in modo chiarissimo, è stata sin da allora osteggiata proprio dal partito che ha un simbolo all'interno del quale capeggia un aggettivo specifico, cioè "democratico". Si crea un cortocircuito inspiegabile. Non è chiaro come ‒ lo abbiamo già detto ‒ la sinistra possa sabotare un percorso che, di fatto, risponde ai dettami della Costituzione. È un mistero. Non è nemmeno chiaro come non si possa stare al fianco di coloro che tutelano la libertà dei veneti che hanno fatto una scelta precisa.
La nostra presenza qui, infatti, non risponde al mandato di un partito. Qui non conta la casacca, non conta la bandiera. Conta la volontà di coloro che noi oggi in questo Parlamento rappresentiamo, cioè i veneti, la nostra gente.
L'applicazione dell'autonomia, il cui percorso è iniziato nel 2001 con un Governo di sinistra, ce lo dimentichiamo, ma è importante ricordarlo, darà veramente vantaggi a tutti i veneti, anche a quelle fasce di popolazione, quei lavoratori, quegli uomini e quelle donne che per molti decenni hanno votato la sinistra, nell'auspicio, evidentemente, di potersi vedere riconosciuti determinati diritti.
Oggi, però, vediamo che la sinistra veneta ‒ lasciatemelo dire ‒ risponde a diktat romani e probabilmente abbandona la propria gente, chiedendo addirittura di lasciare più risorse al sud, privando i veneti di quelle risorse. Chi è eletto dai veneti e lavora per i veneti ha il sacrosanto dovere morale di far valere gli interessi dei veneti prima di quelli di chiunque altro.
Nei giorni scorsi ‒ anche questa è storia ‒ si è celebrata la famosa battaglia di Lepanto, dove senza Venezia, ricordiamocelo, quella che oggi chiamiamo "Europa" non sarebbe Europa, visto che ci tacciano di non essere europeisti, di fregarcene dell'istituzione europea. Ripensando a quella battaglia e ripensando alla battaglia dei veneti di oggi, credo che il loro diritto di essere autonomi diventi sacrosanto.
Vorrei concludere con le parole del comandante veneziano di allora, Sebastiano Venier, che, di fronte all'arroganza e alla prepotenza dell'impero ottomano, ha risposto: "No se pol far de manco".

PRESIDENTE

La parola al collega Masolo. Prego.

Renzo MASOLO (Europa Verde)

Grazie, Presidente.
Saluto tutte le persone che ci seguono da casa e i colleghi e le colleghe, che stanno dimostrando una grande autonomia energetica da tre ore e venticinque. Tempi di maratona.
In particolare, oggi sono contento di salutare il Presidente della nostra Regione, Luca Zaia. È la prima volta che lo incontro qui in Consiglio regionale. Per me è anche un momento piacevole. C'è, è venuto. Dico questo non solo a nome mio, ma a nome di tanti veneti che mi domandano perché il Presidente non c'è mai. Forse è molto impegnato, ma nello stesso tempo quei posti, quelle poltrone sono prerogativa di chi è stato incaricato, è stato votato, è stato sostenuto dai veneti per essere qua. Spero che dopo, nella replica, spieghi perché non c'è. Questa non è una critica personale. È proprio una cosa della quale mi sono stupito. Ritengo naturale che l'ente che ha maggiore autorità, il Consiglio regionale, sia sempre frequentato da tutti i propri componenti.
Pensavo che fosse presente anche quando, qualche settimana fa, è stata discussa la possibilità, poi accolta dal Consiglio regionale, di istituire una Giornata regionale sull'autonomia, ancor prima di ufficializzare l'autonomia stessa nella pratica. Su quella Giornata sono stati fatti molti discorsi, anche simili, con importanti e interessanti contributi dei colleghi, come oggi. Ho ricevuto anche un invito per questa giornata. So che il 22 ci sarà un evento. Dico già in anticipo che non verrò, non per maleducazione, ma per motivi che poi spiegherò.
Ritengo che questo sia il posto delle discussioni e delle risposte. Gli altri luoghi, specialmente gli organi di stampa, dovrebbero venire dopo quello che si decide in questa sede.
Ho alcune osservazioni da fare. Rispetto alla storia che avete raccontato, alla narrazione, mi sono venuti dei dubbi. State parlando della stessa autonomia della quale parlava il nostro Presidente per raccontare il percorso fatto? Quando si citano le proposte di referendum del 2014 e, in particolare, del 2015, si parla della stessa autonomia? Stiamo parlando di cose completamente diverse. Infatti, erano incostituzionali e sono stati bocciati. Soprattutto quello del 2015, perché si chiedeva l'indipendenza del Veneto.
Ne stiamo parlando e si continua a dire "magari". Stiamo parlando di una narrazione rispettosa di chi ci sta seguendo, dei veneti, o si stanno prendendo in giro i veneti? Al di là del percorso fatto (questa mattina sono state fatte alcune comunicazioni da parte del Presidente rispetto al percorso che si sta facendo in termini di autonomia), degli stakeholder di cui il Presidente parlava probabilmente noi non facciamo parte. Siamo chiamati in causa solo per una comunicazione, ma non facciamo parte di questo percorso, al quale potremmo contribuire.
Nello stesso tempo, se quello è il modello di indipendenza della nostra Regione, in questo caso la narrazione, il percorso, il riassunto che è stato fatto è un riassunto di fallimento completo. Tra l'altro, un fallimento dimostrato anche dalle ultime trattative. Se leggiamo i giornali vediamo che le cose che sono state dette da colleghi anche di altri partiti non rappresentano l'equilibrio che c'è al Governo. Non c'è un entusiasmo così grande nei confronti dell'autonomia, perché già si comincia a parlare di alcune materie che non sono percorribili. Faccio l'esempio della protezione civile, come abbiamo detto, l'esempio dei vigili del fuoco, l'esempio del commercio con l'estero e altri esempi di cui poi parlerò.
I miei dubbi non sono stati risolti da questa comunicazione, da questa discussione, seppur molto interessante e anche di alto livello. Di fatto, i contenuti sono stati pressoché il nulla. Io non ho capito bene adesso di cosa si andrà a parlare e quale sarà il percorso da fare.
Devo dire che il mio Gruppo, Europa Verde, rispetto all'autonomia, al modello originario, cioè all'autonomia legata all'indipendenza e alla secessione, è sempre stato contrario. I Verdi sono favorevoli a una forma di federalismo, come è già stato detto, che, tra l'altro, non è un federalismo che centralizza, ma è un federalismo che dà delle risorse, che equilibra le competenze dei soggetti, soprattutto in scala sovranazionale. Infatti, Europa Verde è a favore di un federalismo a favore dell'Unione europea, soprattutto. Per questo cerchiamo sempre di allargare al massimo i confini e di farli uscire dal Veneto. Questo, forse, è il più grosso limite in assoluto che si ha in questa sala. Io sono fiero di essere veneto, sono fiero di essere nato e di avere le radici venete e di conoscere la storia della mia regione, ma nello stesso tempo sono altrettanto, se non di più, fiero di essere italiano e di essere europeo.
La visione, secondo me, deve essere garantita da questo Consiglio regionale. Qual è la vostra visione vera del Veneto? Qual è la vostra visione del futuro, del mondo al quale andiamo incontro?
Anche sul referendum abrogativo ci sono stati dei commenti. Questo è un giornale di ieri. Sto parlando al di là ‒ ripeto ‒ del rispetto profondo per i veneti che sono andati a votare al referendum del 2017. Anche quelli che non sono andati sono veneti, ed erano quasi la metà. Le cose cambiano velocemente, consigliere Formaggio. Cambiano più velocemente di quello che pensiamo, così come sta cambiando il mondo. La politica è fatta a onde, come ha dimostrato la storia: si va su e poi molto velocemente, spesso, si va giù. Quando qualcuno è sopra l'onda è meglio che non faccia troppo il galletto o il furbo, perché poi si fa presto ad andare giù. Questo lo dimostra la storia.
Ho dato un'occhiata al giornale "La Stampa": lei è favorevole o contrario all'autonomia differenziata? Favorevole il 33%, contrario il 41% del totale. L'autonomia differenziata porta maggiori vantaggi o svantaggi alla tua regione? Maggiori vantaggi 34%, maggiori svantaggi 36%. Ancora: pensa che l'autonomia differenziata possa essere un fattore di rischio per la tenuta del Governo? Badate, il vostro Governo. Sì il 31%, no il 27%. Pertanto, se ragioniamo solo in un'ottica di Veneto, questo è il tipo di narrazione che emerge, che è molto parziale, è molto di parte. Noi, invece, dobbiamo avere una visione un po' più generale.
Non posso nascondere le mie preoccupazioni rispetto al fatto che una Regione come il Veneto possa avere più autonomia su alcune materie. Questo perché mi rendo conto della situazione del Veneto attuale e di quella in prospettiva, in un futuro che è molto immediato e che sta cambiando molto velocemente, per cui sono molto preoccupato della narrazione che state raccontando voi, dal momento che penso che questa non sia la vera narrazione, perché spesso i numeri ci sono alleati e ci aiutano a raccontare la reale narrazione, che non è la vostra. Penso alle materie e penso al Veneto che può avere più autonomia in queste materie, allora la mia preoccupazione cresce ulteriormente. Penso alla sanità: non posso non raccontare le continue lamentele che ricevo dai cittadini che incontro. Queste non possono essere nascoste dai numeri. Il fatto che una persona aspetti un anno e mezzo per fare una visita e sia costretta a rivolgersi al privato, perché il medico le prescrive di fare un controllo ogni due mesi per una certa patologia, non si può nascondere. Come non si può nascondere la situazione delle liste d'attesa, giocandoci su, e dei galleggiamenti, perché questa persona è obbligata, al 100%, ad andare sul privato. Per cui, questa tendenza che ha smantellato la sanità di vent'anni fa, che era un modello, e che adesso sta spingendo sempre più sul privato non è nascondibile, neanche dai numeri, neanche dai più bravi matematici.
Penso all'istruzione. Abbiamo provato a fare la scuola made in Italy, adesso vogliamo fare anche la scuola made in Veneto? Nel momento in cui le nostre più belle menti scappano via dal Veneto per andare altrove, noi vogliamo fare la scuola made in Veneto.
Penso all'ambiente. Su questo tema dovrei parlare un paio d'ore, comunque mi limito a esporre alcuni punti, perché anche su questo sono molto preoccupato. La sfida energetica non può essere gestita dalla Regione Veneto, ma deve essere gestita dal Governo, unendo tra loro le Regioni, facendo in modo di trovare un metodo che possa facilitare il più possibile, non ostacolare.
Mi viene un dubbio: il Presidente ha pensato a cosa può succedere negli uffici della nostra Regione avendo noi più autonomia su cinque, nove, diciotto materie? Ha sentito i nostri dipendenti per capire che cosa può succedere anche solo dal punto di vista organizzativo? Questo mi preoccupa.
Il discorso della transizione energetica e della gestione dell'energia deve essere centrale e centralizzato. Devono essere fatte politiche uniche per tutte le Regioni. Già adesso avete visto che questo Governo sta tirando il freno a mano sulle energie rinnovabili, con decreti legislativi che ci stanno bloccando. Questo mi preoccupa molto.
Penso al consumo di suolo. Voi sapete che nel 2017, tra l'altro lo stesso anno del referendum, è stata fatta una legge sul consumo di suolo e dopo sette anni continuiamo a consumare due metri al secondo di terra fertile, a favore di cemento, strade, capannoni, parcheggi, con lo slogan "Veneto Territorio Sostenibile"?
Dell'inquinamento è già stato detto, quindi non voglio dilungarmi. Penso alla mobilità. Qui devo dire due parole. Colgo l'occasione per unire due tematiche, infrastrutture e mobilità. Ieri ho partecipato on-line all'ultimo evento del dibattito pubblico sulla diga del Vanoi, dove la Regione, da quello che ho capito, e sono sicuro di questo, ha espresso la propria contrarietà. I tecnici si sono pronunciati chiaramente su questo, però abbiamo fatto un ulteriore incontro. Tuttavia, su questo incontro la Regione deve ancora pronunciarsi ufficialmente. Io spero che si pronunci qua rispondendo alle interpellanze, votando le mozioni e dando vita a una discussione che ci faccia finalmente capire qual è la posizione del Presidente Zaia sulla diga del Vanoi, che spero sia di contrarietà. In tal caso, lo sosterrei appieno in questa sua posizione di contrarietà. Inoltre, dopo aver fatto questo incontro, sono andato a un incontro ai laghi di Revine, che conoscete tutti per la bellezza naturalistica e per i progetti che stanno facendo, e per arrivarci ho percorso la Superstrada Pedemontana Veneta. Erano le 20.15-20.30 e in un Veneto vitale, florido, stimolante dal punto di vista culturale ed enogastronomico, anche se, è vero, era un lunedì sera, comunque uno può andare ugualmente a cena, a teatro, al cinema, o a trovare gli amici, in sessanta chilometri ho incontrato dieci auto. Allora, se i numeri sono in rapido aumento, in grande aumento, mi domando com'erano prima questi numeri.
Anche su questo avrei qualcosa da dire restando sempre in tema di autonomia, proprio perché abbiamo dimostrato cosa vuol dire un'opera di questo tipo fatta in autonomia e quali sono le prospettive economico-finanziarie nei prossimi anni, quando invece si poteva, sì, lavorare in autonomia, mi riferisco a quel famoso progetto di metropolitana di superficie, o creare veramente una mobilità alternativa che fosse all'altezza dei nostri giovani, che hanno bisogno di muoversi liberamente e magari anche gratuitamente.
Ripeto, i punti sono molti, purtuttavia mi avvio alla conclusione. A breve la Corte Costituzionale si esprimerà sulla proposta di referendum abrogativo, per cui la partita è aperta. Francamente mi aspettavo che la Giornata dell'Autonomia regionale venisse fatta solo dopo aver avuto la certezza assoluta che questa strada possa essere percorsa. Io mi auguro di no, perché ci sono altre strade, ci sono altri modi, e non quelli di tenere i veneti per più di sette anni in balia di una campagna, che alla fine è una campagna di comunicazione, è una campagna elettorale perenne, tra l'altro spendendo soldi, 14 milioni di euro per il referendum, 1.200.000 lire solo per la pubblicità del referendum. Ricordiamoli questi numeri, perché si fa presto a dimenticarli.
Io spero, invece, che il referendum abrogativo possa essere approvato, in modo tale che la prossima primavera magari potremo andare ad esprimerci, e se i numeri indicati dai giornali, che prima vi ho elencato, saranno rispettati, aspettatevi che cambino molto le politiche, ma soprattutto cambino molto le persone perché – lo ripeto – le onde vanno su e giù e i cicli politici possono concludersi. Io lo vedo, anche in modo profetico, visto che prima si è parlato di folgorazioni sulla strada di Damasco e di crocifissi. Si è parlato di tante cose. Ebbene, da un punto di vista profetico io spero che siamo alla fine di un'era, alla fine di un ciclo politico. Comunque, sono fiducioso e spero per il bene del Veneto, del nostro futuro e delle sfide che avremo, soprattutto le sfide climatiche, ambientali, sociali, economiche, energetiche, che tutti noi e chi ci segue, soprattutto le giovani generazioni, possiamo essere testimoni della fine di un'era politica e dell'inizio di un'altra.
Grazie.

PRESIDENTE

Collega Pan, prego.

Giuseppe PAN (Liga Veneta per Salvini Premier)

Intervengo velocissimamente, perché è già stato portato via tanto tempo e sono già stati affrontati tanti argomenti.
Sappiamo benissimo, caro Presidente, come il Veneto sia entrato a far parte di questo Stato nel 1866, quindi se c'è qualcuno che dobbiamo ringraziare dentro quest'Aula è proprio lei, perché lei ha dato finalmente dignità al nostro popolo. Noi abbiamo perso tante occasioni storiche, che sono quelle, ad esempio, dopo la Seconda guerra mondiale, come qualcuno diceva, della presenza di pochi veneti o addirittura di nessun veneto all'interno del Governo di allora, quando si faceva la Costituzione e quando si cambiavano le riforme di questo popolo. Cito solo due cose. La prima: "Il centralismo ignora lo sviluppo della persona nel suo contesto territoriale". Questo l'ha detto Don Luigi Sturzo, non io. E noi l'abbiamo sempre dichiarato. Ricordo che lui è stato il fondatore del Partito Popolare. La seconda: Gianfranco Miglio credeva che uno Stato potesse essere sociale solo se, diventando federale, assumesse dimensioni ridotte e un'amministrazione a diretto contatto con i cittadini. Questo era il nostro Miglio, che era il nostro filosofo. Adesso non c'è Marzio Favero, però era il nostro filosofo della Lega.
Noi abbiamo perso tante occasioni. Abbiamo perso l'occasione quella volta con Alcide De Gasperi quando dette lo Statuto speciale ai trentini. Abbiamo perso quell'occasione in quanto all'epoca non avevamo rappresentanze.
Per me l'autonomia è solo un punto di partenza, non è un punto di arrivo. È un punto di partenza verso altre battaglie. È un punto di partenza verso un Veneto che somigli molto alle Regioni contermini e che, oltre ad avere le ventitré materie, dimostri di essere bravo nell'amministrazione, in modo tale che ci lascino qui i nostri risparmi, ma soprattutto ci lascino qui il nostro residuo fiscale, almeno una parte. D'altronde, senza schei, come dicono i veneti, non si va da nessuna parte. Sicuramente questo sarà un punto di arrivo più avanti.
Ad ogni modo, come è stato detto prima, se non creiamo una crepa dentro questo Stato, prima o poi, non si va da nessuna parte. Comunque, almeno oggi abbiamo capito qualcosa, al di là di tutto quello che ci siamo detti: chi sono gli amici e i nemici o i semplici conoscenti di questa autonomia. Gli amici sono qui seduti da questa parte e i nemici sono seduti dall'altra parte. I nemici sono quelli che prima cambiano il Titolo V della Costituzione e firmano per l'autonomia e poi vanno nelle piazze a raccogliere le firme contro l'autonomia, contro questa riforma che va a modernizzare il nostro Stato veneto. Quindi, attenzione. Comunque, poi i veneti sapranno come comportarsi. Se avrò un'unica certezza uscendo da qui oggi è che il Partito Democratico non vincerà mai le elezioni in questa Regione.
Ci lasciamo con questa riflessione, continuiamo su questa strada e portiamo a casa quello che possiamo portare a casa per aprire altri varchi in futuro. Grazie.

PRESIDENTE

Grazie.
Il Presidente Zaia mi ha chiesto di poter replicare adesso, perché poi deve andare verso altre latitudini. Prego.

Luca ZAIA (Presidente della Giunta - Zaia Presidente)

Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti e mi scuso con quelli che interverranno, ma ho già rimandato la partenza per Roma. Sarò a Roma oggi e anche domani, a occuparmi dei fatti della Regione. Lo sottolineo visto che di tanto in tanto qualcuno dice: Zaia non c'è mai! Riprendo le parole del consigliere Masolo, che saluto con questa nuova nostra vernice oggi. È la prima volta che ci vediamo. Le dico che dove ci sono io non c'è lei e dove c'è lei non ci sono io. Funziona così. Quindi, quando non mi vedete qui, vuol dire che sono in un posto dove voi non ci siete. Di certo non sono da qualche parte a fare il fancazzista. Fra l'altro, oggi con il mondo digitale riuscite ad avere sufficienti informazioni su cosa sta facendo il Presidente della Regione.
Del resto, se c'è un lusso che mi posso permettere, è quello di avere una squadra di maggioranza compatta, che ringrazio, che riesce a garantire il numero legale e supportare i provvedimenti, quindi il lavoro della Giunta è sicuramente più agevolato. Probabilmente qualcuno di voi sperava in una maggioranza risicata dove, comunque, se manca anche il voto del Presidente, si va sotto (come si dice). Non funziona così. Fra un anno si andrà a votare, come diceva lei, e parlava di onde. Immagino si riferisse ai corsi e ricorsi storici di Vico. I romani dicevano: natura non facit saltus. Però, poi i romani sono scomparsi e non si sono più visti, perché hanno ceduto il passo con il crollo del Sacro Romano Impero d'Occidente, e ne è nato quello che oggi abbiamo, che è frutto di questa evoluzione storica, con l'Italia dei Comuni, per arrivare, attraverso le diverse fasi storiche, a quello che oggi conosciamo come Stato democratico, repubblicano, con una Costituzione, che – rispondo a tutti – nessuno vuole mettere in dubbio.
Io mi metto anche nei vostri panni e voglio vedere in maniera positiva tutti i discorsi che avete fatto, perché l'autonomia, prima che una grande riforma di natura giuridica e amministrativa, è innanzitutto una grande riforma culturale. Friedman diceva che ha più bisogno uno che ha avuto e che non ha più. Quindi, se tu vai dai cittadini e gli dici "guarda che sta arrivando la banda Bassotti e ti porta via qualcosa", il cittadino ti risponde "io avevo e rischio di non avere più". Ma questi chi sono? Mi riferisco ai sondaggi che vengono fatti ai cittadini del Sud o ad alcuni cittadini, ai quali chiedono "cosa pensa dell'autonomia?" e loro rispondono "un branco di ladri", "spacca Italia", "lazzaroni", "la banda Bassotti" o "la secessione dei ricchi". Poi, stringi e stringi – me lo sono chiesto anch'io intimamente – probabilmente il vero tema è un tema di comunicazione.
A tal proposito, consigliere Masolo, non abbiamo speso, come ha detto lei, 1.200.000 euro, ma neanche 1.200.000 lire per la promozione del referendum. Il referendum è costato quel che è costato per le spese di indizione del referendum, ma non per la promozione del referendum.
Al di là di questo, ripeto, penso che il vero tema sia il tema della comunicazione, cioè il tema del dibattito. Evito di star qui a dire che il dibattito sull'ambito delle ipocrisie è disarmante, delle ipocrisie di chi prima diceva "sì" e poi ha detto "no", ma di chi addirittura rappresenta partiti che nascono federalisti, anticlericali, d'assalto con l'arma bianca – perdonatemi l'espressione – ma pacifici, che oggi dicono: l'autonomia, cos'è questa roba? Di chi magari ha approvato, come hanno detto molti consiglieri, la modifica del Titolo V, che oggi è stata disconosciuta da molti interventi, anche dalla vostra parte. Prima la consigliera Ostanel ha detto che quella riforma, se ci fosse stata lei, non l'avrebbe fatta. Lo abbiamo capito tutti. Quella è una riforma... Prego? Perdonatemi la sintesi, vado a memoria.
Diciamolo fino in fondo: quella è una riforma che nasce perché qualcuno stava prendendo voti sulla via di un nuovo progetto che era quello di essere padroni a casa nostra. Anche questa espressione: padroni a casa nostra. Ma è proprio un insulto? Bisogna essere leghisti per dire "padroni a casa nostra"? Bisogna essere di destra per dire "padroni a casa nostra"? Io penso che i Padri costituenti abbiano disegnato... Lasciate perdere il Titolo V. Lasciamo perdere il Titolo V. La Costituzione repubblicana del 1° gennaio 1948 è autenticamente federalista. Ma non può che essere così. Scrivono la Costituzione in quei due anni, dal 1946 al 1948 con la Costituente, e la scrivono – ha ragione il consigliere Favero quando lo sottolinea – in maniera assembleare. Hanno fatto un'Assemblea costituente. Abbiamo avuto dei veneti presenti. Non c'era solo Einaudi o Calamandrei, ma c'erano anche i nostri. E cos'è che succede? Succede che scrivono la Costituzione avendo le macerie fumanti alle spalle, sapendo che la Germania fa la stessa cosa. Avevamo perso clamorosamente la guerra e si è cercato di dare una veste democratica a un Paese che non c'era più. È esattamente quello che è successo in Spagna nel 1978, con la nuova Costituzione spagnola, dopo la morte di Francisco Franco nel 1975. Noi siamo per la democrazia e siamo per la Costituzione.
Cosa spetta a noi? Non di sicuro prendere per le palle i cittadini. Scusatemi l'espressione poco assembleare. Ma in qualche intervento ho sentito dire: andate a dire ai veneti, andate a spiegare ai veneti. Guardate che i veneti li frequento. Al di là del fatto che il consigliere Masolo trova tutti che gli chiedono cose che io non ho mai sentito. Ma lo posso anche capire. Evidentemente io ne incontro pochi di veneti. Di certo, non partecipo ad assemblee dove c'è una visione ideologica e fondamentalista su quel tema. Io frequento i veneti. E noi ai veneti abbiamo detto che siamo partiti da lì. La storia ci ha dedicato questo passaggio storico. Se vent'anni prima, nel 1992, fosse passata l'idea referendaria proposta nel 1992, c'erano ancora la Prima Repubblica e il pentapartito, magari andate a vedere nelle carte chi la votò, probabilmente in questo momento parleremmo di Commissione paritetica dell'autonomia, di Comitati nazionali, del fatto che bisogna portare avanti la trattativa con lo Stato. Non è accaduto niente nel 1992, non è accaduto niente nel 1998. Diciamolo fino in fondo.
Parliamo contro i nostri interessi politici. I leghisti nell'Assemblea regionale, nel 1998, hanno promosso un referendum per l'autonomia del Veneto e sono stati tutti espulsi o se ne sono andati dalla Lega. Quindi, anche quel momento non fa onore a noi, perché se nel 1998 avessimo portato avanti quella sfida oggi le cose sarebbero diverse. Io non c'ero, ma il Gruppo consiliare era composto da sette Consiglieri, che fecero quella proposta e ne venne fuori il grande scisma della Lega del 1998, che voi conoscete e che è stato un grande spartiacque.
È inaccettabile per me sentir dire che si prendono in giro i cittadini. Per questo intervengo. L'ho sentito dire con le Olimpiadi e ho visto i comunicati stampa che molti hanno fatto, che non hanno avuto neanche il buon gusto di dire: sì, ci siamo sbagliati, sono solo comunicati stampa. L'ho sentito dire con l'autonomia all'inizio: il referendum è una farsa, è una bufala, non lo faranno mai. Ebbene, questo Paese ha inaugurato una stagione delle riforme tale che, se dovesse accadere che il centrosinistra o i Verdi – ve lo auguro – vadano a governare questo Paese, avrebbero già il lavoro mezzo fatto, dovrebbero solo tararlo. Ma a noi spetta dire che ci siamo trovati nel momento giusto e nel posto giusto. Questo lo possiamo dire. Anche questa è una colpa?
Io spero vivamente, da inguaribile ottimista, che si possa pensare fino in fondo che questo sia veramente un ambito di no-fly zone, di progetto di tutti. Lo diceva qualcuno prima. Perché non deve essere un progetto di tutti? Possiamo non essere d'accordo su nessuna delle declinazioni dell'autonomia, ma dire che l'autonomia è un progetto di tutti sì. Evito di domandarvi se siete andati a votare al referendum e, se sì, per cosa avete votato. Prego?

PRESIDENTE

Per favore, non fatevi suggestionare dalle domande.

Luca ZAIA (Presidente della Giunta - Zaia Presidente)

A maggior ragione, pur davanti a una posizione precostituita e pur davanti a qualcosa che allora era ancora in uno stato embrionale, si votava "no" a un quesito. Vuoi che alla Regione Veneto siano attribuite nuove forme e condizioni particolari di autonomia? Se già questo valeva il "no", è inevitabile pensare che il Veneto sia diviso in due squadre, una maggioritaria che dice che l'autonomia va fatta per scelta e una minoritaria che dice che, se le tocca farla, la farà per necessità.
La terza via c'è sempre, collega Ostanel.

PRESIDENTE

Lasciamo finire il Presidente, per favore.

Luca ZAIA (Presidente della Giunta - Zaia Presidente)

Prego?

PRESIDENTE

Collega Montanariello, per favore.

Luca ZAIA (Presidente della Giunta - Zaia Presidente)

Al di là di questo, ai cittadini del Sud, alle comunità, che sono giustamente inquietate da una comunicazione vergognosa, vergognosa a dir poco, perché in altri contesti politici con altri Governi da quei territori arrivavano richieste di autonomia, e c'è una rassegna stampa da paura, ma mi fermo qui, dobbiamo spiegare che il modello che ha funzionato dal 1°gennaio 1948 ad oggi in questo Paese ci porta ad avere 3.000 miliardi di debito pubblico. È colpa dell'autonomia? Ci porta ad avere che bambini che nascono in giro per l'Italia sanno che futuro avranno in virtù di dove nascono. Non è colpa dell'autonomia. Abbiamo cittadini che sono costretti a curarsi fuori Regione e noi siamo una delle Regioni ospitanti.
Anche qui, finiamola con questo adagio di dire da qualche parte in giro per l'Italia che qui si cura meglio perché abbiamo rubato i soldi. Andate a vedervi le distribuzioni del Fondo sanitario nazionale rapportato ai cittadini e vedrete che il Veneto ne ha meno di molte Regioni che si lamentano. La verità è che abbiamo fatto determinate scelte. E non le ho fatte io, perché allora andavo alle elementari, o giù di lì. Questa è una Regione che ha avuto il coraggio di razionalizzare la sanità e di chiudere quarantanove ospedali negli ultimi settant'anni. Questo è accaduto in Veneto. E noi abbiamo continuato, senza però chiudere nulla. E non è vero che abbiamo deciso di destinare tutto al privato. Mancano medici. Io, invece, ringrazio i medici che abbiamo, perché erogano ottanta milioni di prestazioni all'anno. La vostra visione anche di operatori rischia di essere una visione della propria lista d'attesa e delle richieste dei cittadini. Però, vi ricordo che guardiamo i parametri a 360 gradi e abbiamo una squadra di sanitari, composta da 64.000 operatori, dei quali 12.000 medici, che eroga ottanta milioni di prestazioni sanitarie all'anno, senza star qui a sciorinare i primati sui trapianti e altre robe, piuttosto che il successo delle breast unit, che garantiscono aspettativa di vita e cura del tumore al seno almeno al 98 per cento delle donne che si sottopongono allo screening. Dico queste cose, Consiglieri, perché le ho sentite dire.
Anche sulla Pedemontana, lei, consigliere Masolo, ha detto: come puoi pretendere di chiedere l'autonomia se hai la Pedemontana? Consigliere, invece di andare in giro alle 20.30 di lunedì, magari la percorra la mattina quando vanno tutti a lavorare e vedrà che la Pedemontana è piena, perché la Pedemontana ha superato i 71.000 veicoli al giorno. Ma non è che questa è una sfida. Le potrei dire, Consigliere, a lei che è esperto di bicicletta, che se questo è il progetto che abbiamo oggi è perché il mondo ambientalista negli anni Novanta – io non c'entro niente – ha detto di non volere l'autostrada gratis. Vi ricordo che il progetto che lo Stato era disposto a fare e che ha presentato, alla presenza dell'allora ministro Nesi, che penso fosse addirittura di Rifondazione Comunista in quella parentesi in cui hanno governato, non prevedeva un'autostrada a pagamento ma, nel rispetto dell'ambiente, riducendo di 50 centimetri la carreggiata, quindi passandola da 25 a 24,50 metri per carreggiata, una superstrada a pagamento. Guardate che non vi sto raccontando una balla. Ci sono le carte. Io ero Presidente della Provincia di Treviso e sono stato l'unico a votare contro, assieme all'allora Sindaco di Spresiano, e chi c'era ha visto un assalto del mondo dei comitati a Castelfranco, alla Conferenza di servizi, dove siamo usciti con questa chimera. Voi sapete che non esiste in Italia una superstrada a pagamento. È un ossimoro. La superstrada è sempre stata gratuita. Noi siamo riusciti a farci imporre anche questa roba.
Penso che quella infrastruttura sia stata chiesta a gran voce negli anni. Non me la sono inventata io, è degli anni Novanta. La realizzazione è sotto gli occhi di tutti e cercheremo di accompagnarla. Se tutti avessero fatto il ragionamento che fa lei e i suoi amici, l'autostrada A4, che è stata realizzata settantacinque anni fa, nel 1949, quando non c'erano le auto e neanche le patenti, probabilmente non l'avrebbe mai realizzata nessuno. Prego? Se dice che le autostrade si devono fare se c'è traffico, l'autostrada A4 nessuno l'avrebbe fatta. Così anche l'Autostrada del Sole. È stata realizzata negli anni Sessanta e ha avuto per i primi anni 10.000 veicoli al giorno, che è una banalità. Mi permetto di dire solo questo.
La comunicazione deve essere una comunicazione anche di grande opportunità. Sentivo molti Consiglieri – mi scuso se non cito tutti – dai banchi di Fratelli d'Italia dire: alla fin fine non è il progetto del Veneto. Giustamente non è il progetto del Veneto. La Costituzione è nazionale. Peraltro, è autonomia differenziata non perché si fanno differenze tra chi è più bello e chi è più brutto, ma perché ognuno possa avere il proprio abito su misura. Ed è esattamente questo che vogliamo fare. Andare a dire alle comunità del Sud, che già vivono un sacco di diseguaglianze, non conoscono i diritti sociali e civili egalitari... Anche qui, questo Governo ha introdotto il principio di applicazione di uniformità dei diritti sociali e civili da Nord a Sud. Sarà una colpa anche questa? "Ma chi li paga?", ho sentito dire prima. Come chi li paga? Ma, allora, mi chiedo: è una priorità o non è una priorità? Se è una priorità, dobbiamo pagare prima quelli, in modo tale che tutti siano trattati alla stessa maniera. "Ma è un Paese a due velocità", ho sentito dire. Certo che è a due velocità, ma due velocità anche molto diverse. Ma non è per colpa dell'autonomia. È per colpa di un sistema che non ha funzionato. "Ma al Sud danno pochi soldi", ho sentito dire. Questa è la più gran boiata che si sente dire. Andate a guardare i dati ufficiali. Il problema è che i cittadini del Sud poveri pagano il conto di generazioni – non sto parlando degli attuali colleghi Governatori, ma del passato – di mala gestio. Se poi facciamo finta di dire che al Sud non c'è mai stato nessun problema, okay. Ma i contributi del Fondo per lo sviluppo e la coesione per l'80% vanno al Sud. Poi hanno difficoltà a investirli. Ma non è per colpa del cittadino, che avrebbe benefìci di investimento. Come anche il 40% del PNRR, dei 235 miliardi di euro, e molto altro ancora.
Questo percorso lo dobbiamo fare assieme a queste comunità. Siamo come gemelli siamesi, siamo legati assieme: la vita o la morte di uno è la vita o la morte dell'altro. Però, d'altro canto, dobbiamo anche far capire che questo è un progetto di grande decentramento amministrativo. A me spiace che in queste ore, in questi giorni, in questi mesi, in questo tempo non si parli mai di Bassanini, ad esempio. Bassanini è stato un innovatore su questo fronte: la devoluzione verso i territori. Ho sentito dire: il commercio estero, la giustizia di pace, i rapporti con l'Unione europea, ma sì voi andate a trattare, l'assessore Marcato andrà a trattare con i cinesi. Non è questo il livello. Il livello è quello di non complicare la vita ai cittadini. Non mi riferisco solo alla signora Maria, che è a casa, che magari si dedica alla sua famiglia, ma mi riferisco ai cittadini, alle imprese, ai lavoratori. La vera sfida è capire: ogni funzione che chiederemo servirà a migliorare la vita dei cittadini oppure no? Questa è la vera sfida. A mio avviso, sì.
Dopodiché, parliamo di soldi. Qual è il primo beneficio? Il miglioramento della vita dei cittadini. Il secondo beneficio è l'efficienza. Riducendo le catene decisionali – questo è un principio, è aurea come regola – sarà pur vero che sarà più efficiente nella gestione del tutto, ma chi di voi è disposto a rinunciare alle deleghe che abbiamo avuto nella sanità per tornare a una visione centralista? Nessuno lo dice, ma se oggi io venissi qua a dire che vogliamo le deleghe alla sanità, qualcuno avrebbe qualcosa da dire. Siccome ho chiesto cose che sono infinitesimali rispetto alla sanità, mi preoccupo di pensare che qualcuno possa pensare che sia un problema.
Se dovessi parlare di Musumeci con la sua Protezione Civile, si sono anche offesi, abbiamo detto che nessuno porta via la scrivania. No, non vogliamo la scrivania. Non vogliamo i Ministeri. Non ce ne facciamo nulla dei Ministeri.
Qualcuno prima ha detto "siete in grado di gestire tutto?". Dovremmo attrezzarci per gestire le nuove competenze. Sarà pur vero che se c'è una funzione che mi dice che possiamo dare al Governatore la possibilità di emettere ordinanze in deroga in caso di calamità naturale regionale (terremoti e allagamenti), senza aspettare giorni o settimane che arrivi la carta bollata da Roma per agire, non sarà mica una eresia questa roba.
Sicuramente non siamo nei nove decimi di Trento, per carità, non siamo lì, ma è pur vero che culturalmente iniziamo un nuovo percorso. Avrei tante altre robe da dire.
Sulla diga del Vanoi, avete l'obbligo di ricordare sempre che siete pubblici amministratori. Non è che la politica decide chi fa la diga e chi no. Non funziona così. Nelle vostre riunioni potete dire tutto quello che volete, ma qui c'è una procedura, perché sennò è come andare a dire a uno "non dargli la concessione edilizia per farsi la casa; non fargli fare la cuccia per il cane, non fargli fare la pompeiana". Non funziona così. C'è una legge.
La politica può solo dire che la legge deve essere applicata in maniera rigorosa. Si verifichi fino in fondo questo, ma il fatto che voi fate passare l'idea che Zaia non vuole la diga non è corretto. Zaia commette un reato se ferma un procedimento amministrativo. Poi, la mia idea è che il territorio, dalle carte che si leggono, è altamente fragile e con quella fragilità vedo difficile che possa arrivare un'autorizzazione dai tecnici che si debbono assumere la responsabilità. Non ho fatto io la legge per distinguere il ruolo dei tecnici, quindi la macrostruttura da quello della politica. A inizio anni Novanta si è voluta fare questa distinzione con la Bassanini per evitare che ci fosse commistione e tornasse la Prima Repubblica con le tangenti. Se una volta il Sindaco andava in Commissione edilizia e diceva "questo mi piace, questo non mi piace", come fa la Sovrintendenza adesso, con alcuni progetti, oggi non si può fare.
Volentieri discutiamo, quindi, della diga del Vanoi, portiamo un ordine del giorno, ma vi ricordo sempre che possiamo farlo solo per sensibilizzare. La Regione non può fare molto. Io sinceramente se vedessi un ordine del giorno nel quale si dice "si dica alla Regione di bocciare la diga del Vanoi", direi che questo è illegittimo dal punto di vista giuridico. Dopo fatene quello che volete, pur avendo da parte mia contrarietà. Non ho una posizione personale a favore, visto quello che si legge, ma i tecnici debbono assumersi le proprie responsabilità.
Abbiamo uno specchio, che è quello del Vajont, e non troverete mai un tecnico, mai una pratica (anche se vi viene da sorridere, vi sfido a trovarla) in cui il sottoscritto abbia fatto una minima ingerenza, perché così funziona la pubblica amministrazione. Se avete altre idee della pubblica amministrazione, siete nel posto sbagliato.
Sul consumo del suolo, consigliere Masolo, le ricordo che siamo in testa anche quest'anno per il consumo di suolo, pur avendo fatto noi una legge contro il consumo del suolo, virtuosa. Però, se chi fa il conto mette dentro sempre 94 chilometri di infrastruttura dell'autostrada, più 68 altri chilometri di infrastrutture, è ovvio che siamo sempre bocciati, a meno che a voi non risulti che abbiamo zone industriali in espansione, che stiamo costruendo. A me risulta che c'è difficoltà, invece, che abbiamo capannoni sfitti.
Uno può essere verde, può essere arancione o di qualsiasi colore politico, o rosso, con tutte le sfumature dell'arcobaleno, teniamoci le nostre idee, per carità, ci sta, ma che ci sia un minimo di Veneto Pride, di orgoglio veneto, di difesa del presidio. Non è possibile che, mentre noi stiamo qua tutto il giorno a difendere il presidio, dall'altra parte si tifi perché le robe vadano male, perché alla fine ci vanno di mezzo i nostri cittadini.
Penso che questa non sia una bella roba da vedere. Vi inviterei ad avere anche un po' di fiducia su questo percorso dell'autonomia.
Del neocentralismo, e chiudo, ha parlato la consigliera Ostanel prima. Io sono convinto – l'ho detto, penso, in centomila dichiarazioni – che l'autonomia non può prescindere dal fatto di evitare il rischio di neocentralismi regionali. Le Regioni, nella mia visione, dovrebbero essere organi legiferativi, Assemblee che fanno leggi, e poi gli enti locali a cascata realizzare e rendere operative queste leggi.
Sono anche dalla parte di chi sostiene che le Province debbano tornare a essere elettive, quindi che la Delrio non vada bene e che si torni anche lì a dare sostanza e solidità a una scelta del cittadino, che poi si traduce in una squadra, in una Giunta, in un'amministrazione che sceglierà anche di amministrare le nuove competenze che arriveranno dalla devoluzione di altre competenze.
Io non aggiungerei altro, consigliere Camani? Consigliera o Consigliere? Astronauta o astronauto?

PRESIDENTE

Non dialogate.

Luca ZAIA (Presidente della Giunta - Zaia Presidente)

Però, c'è anche quella femminile.

PRESIDENTE

Presidente Zaia, non stimoli troppo la collega Camani.

Luca ZAIA (Presidente della Giunta - Zaia Presidente)

C'è l'astronauto? Presidente del Gruppo, Consigliera, bisogna sempre chiedere.
Consigliera, l'autonomia è la Pontida delle Pontida. Di certo è un mantra per noi leghisti, questo è poco, ma sicuro. Penso che i leghisti abbiano anche il merito di aver portato questo Paese a discutere di autonomia, e questo lo dovete riconoscere. A me fa piacere vedere che nelle Commissioni, anche a livello nazionale, dove si trovano ideologicamente i componenti di diverse idee politiche, da sinistra a destra, che comunque il dibattito è un dibattito sempre giusto e formativo.
Chiudo manifestando solidarietà alla professoressa D'Orlando. Prima è stata citata Elena D'Orlando. La professoressa D'Orlando non si è mai occupata di politica. Ha avuto solo una sfortuna, che nell'ambito del gruppo di lavoro degli accademici in Veneto le abbiamo chiesto – colpa mia, che non la conoscevo, ma era talmente famosa, con bel curriculum e si è sempre occupata di federalismo e autonomia come docente universitario, partecipando anche alle Commissioni paritetiche, cosa di altissimo livello – di partecipare anche al nostro lavoro.
La professoressa D'Orlando poi è stata identificata come utile Presidente della Commissione per i costi e i fabbisogni standard, quindi correttamente si è dimessa dalla delegazione trattante del Veneto, è andata avanti e ha continuato il suo lavoro.
Sentir dire che deve dimettersi, grida vendetta. Non c'è il minimo rispetto né per il professionista, né per la donna. Vi faccio un esempio. Io nutro massima stima nel Presidente Barbera, mettetelo gli atti. Sapete che Alberto Barbera è Presidente della Corte Costituzionale. Penso che sia uno dei più bravi Presidenti che ci sono stati, quindi vi faccio questa premessa. Troverei disdicevole che qualcuno dalla parte politica opposta venisse a dire che il Presidente non va bene perché è stato per molte legislature parlamentare del PD, del PDS, del PC (perché questi erano partiti).
Se questa è l'unità di misura, la trovo squallida, ma veramente squallida. Quindi, esprimo la mia totale solidarietà alla professoressa Elena D'Orlando che, veramente, si ritrova in mezzo a una polemica che non ha nessun senso ed è vergognoso che venga sempre dalla stessa parte.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie, Presidente.
Colleghi, ho molte sollecitazioni a sospendere la seduta.
Riprendiamo con questo ordine e con questa discussione alle ore 15.30.
La Seduta è sospesa alle ore 14.12
La Seduta riprende alle ore 15.59
Assume la Presidenza
La Vicepresidente Francesca ZOTTIS

PRESIDENTE

Riprendiamo i lavori.
Continuiamo con la discussione.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Razzolini. Prego, consigliere Razzolini.

Tommaso RAZZOLINI (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente.
Volevo anch'io iniziare questo mio intervento parlando del referendum e di quanto importante è stato, nonostante spesso venga detto che il referendum è costato tanto, che rappresenta i soldi mal spesi dei veneti. In realtà, il referendum ha posto un dibattito che era interno alla nostra Regione a livello nazionale, legittimando il Presidente Zaia a chiedere una maggiore pretesa per quanto riguarda l'autonomia a livello nazionale. Se prima era notizia dei giornali regionali, ora è passata a essere notizia di livello nazionale.
Questo è stato, secondo me, un punto molto importante per dare, finalmente, un risalto, a livello nazionale, all'autonomia. Se oggi siamo in questo punto, in questa situazione è proprio grazie alla consultazione che ha dato una grande forza, vista la stragrande partecipazione che ha avuto. Questo è sicuramente un punto di partenza che deve continuare. Se poteva magari essere semplice il discorso del referendum perché tanto in Veneto avrebbe vinto sicuramente, poi bisognava concretizzarlo. Se da una parte più di qualche politico ha fatto dei riferimenti con i propri referendum, ricordiamo Renzi che quella volta l'ha perso e così è stato, mentre invece Zaia il suo l'ha vinto. Anche qui c'è una classe tra le varie figure. Questo è importante e sarà un punto sicuramente di inizio. Se le cose non vanno bene, bisogna cambiarle. Non ci si può sempre lamentare delle cose che non vanno bene perseguendo una strada che non funziona. Bisogna avere il coraggio anche di dare dei segnali di cambiamento.
Credo che questo sia un punto di partenza, non un punto d'arrivo, come è stato detto anche prima. Si può cambiare, si può aggiungere, si può modificare sicuramente anche questa proposta normativa. Alla fine, sappiamo bene, anche dalla nostra Costituzione, che è la legge fondamentale dello Stato italiano, che si posiziona al vertice della gerarchia delle fonti, che può essere modificata, perché deve poi adattarsi anche ai tempi e aggiornarsi di conseguenza.
Forse, le uniche cose che non si possono modificare, giustamente, sono i dieci comandamenti, che prese Mosè sul Monte Sinai, ma per il resto tutta la normativa nazionale può essere modificata.
Questo vuol dire che questo è un punto d'inizio. Oggi magari si dice che non va bene, perché l'autonomia così com'è è limitante, si potrebbe fare di più. Intanto si può fare. Oggi la sfida nostra e del Veneto è essere la prima Regione che ha portato una battaglia da regionale a nazionale, a livello di informazione, che poi assolutamente sta cercando di portare a casa per la prima volta questo passo molto importante e fondamentale.
È riconosciuto dallo stesso articolo 116 della Costituzione, comma terzo, di questa proposta. Non è che la Costituzione è bella e va difesa solo quando fa comodo. La Costituzione è bella anche com'è adesso e credo che questo sia pienamente in linea con quanto da essa previsto.
Fare un referendum per cercare di abrogare una legge che, invece, è anche tutelata dalla Costituzione, tanto più che alcune Regioni a Statuto autonomo stanno raccogliendo le firme e stanno boicottando una proposta di legge per l'autonomia delle altre Regioni a Statuto ordinario, è alquanto sgradevole. Se la poniamo su questo punto, allora cerchiamo di portare tutte le Regioni italiane a Statuto ordinario e non solo una parte a Statuto autonomo. Credo che la cosa giusta sia che visto che loro ci sono, non vedo perché una Regione a Statuto autonomo debba andare contro a una a Statuto ordinario che vuol essere maggiormente autonoma.
Credo che questo sia un buon risultato, che deve essere un punto di partenza. Le cose serve il tempo, ovviamente, per farle, tanto più a livello normativo e legislativo, però credo che questo sia un buon inizio. Sicuramente con il tempo si potrà modificare, si potrà integrare, però intanto è giusto dare una svolta, una modifica e cercare di intraprendere questo nuovo percorso dell'autonomia.
Grazie.

PRESIDENTE

Grazie.
Ha chiesto di intervenire la consigliera Scatto. Prego.

Francesca SCATTO (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
In realtà non avrei voluto intervenire, specialmente dopo gli autorevoli interventi di chi mi ha preceduto. Francamente, non avrei neanche molto da aggiungere rispetto a quanto hanno detto i miei colleghi di maggioranza. Mi corre l'obbligo, però, di puntualizzare delle dichiarazioni che sono state richiamate, mi pare, questa mattina in Aula, relative a una mia intervista rilasciata oggi per quanto riguarda l'autonomia rapportata all'istruzione.
Mi spiace che non ci sia la vicepresidente Ostanel che mi ha citata. Io sono partita da una considerazione che non va tanto a toccare se l'autonomia danneggia qualcuno piuttosto che altri. Sono andata oltre, nel senso che, parlando di istruzione, sono partita dalla considerazione, peraltro socratica, che la conoscenza si acquisisce con la ragione e l'analisi critica.
Da lì sono partita per andare a sostenere che è fondamentale il sapere ed è fondamentale, secondo me, conoscere la storia del proprio territorio. Questo non perché siamo dei leghisti che hanno la Noce, ma semplicemente perché se si conosce si può arrivare ad amarlo, il territorio. Soltanto così si può capire il fondamento dell'autonomia, che non è un togliere qualcosa a qualcuno, ma è semplicemente valorizzare quello che già c'è. È attaccamento alla propria gente, è condivisione, è riconoscere delle peculiarità e delle necessità all'interno di un sistema, non per staccarci da un sistema. È ben diverso quello che è stato detto.
Ho semplicemente chiarito che preferisco sapere che gli scolari, gli alunni delle scuole venete conoscano la storia della propria Regione. Se poi ho dichiarato, all'interno di questo, chiamatelo anche folklore, chiamatelo come volete, che c'è anche un inciso su quella che è la lingua veneta, non capisco che cosa ci sia di sbagliato.
Una cosa, però, vi dico: questo forse è dovuto anche al fatto che non ci piacciono gli stereotipi, che non ci piace la storia non raccontata, perché quello che non viene detto rappresenta quello che non si sa. E quando non si sa, molte volte si parla anche per niente.
Grazie.

PRESIDENTE.

Ha chiesto di intervenire il consigliere Formaggio. Prego.

Joe FORMAGGIO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Grazie, Presidente.
Pensavo di intervenire quando c'era ancora il Presidente Zaia, ma fortunatamente ho saputo che sta andando a Roma. Quindi, adesso, il nostro amato Presidente sta andando a Roma. È proprio quello di cui abbiamo bisogno. Mi dispiace contraddire l'ala sinistra di quest'Aula ogni volta, però non abbiamo bisogno che il Presidente Zaia venga qua a parlarci di autonomia. Signori, un grande politico italiano che si chiamava Giulio Andreotti ha detto che nella vita non basta aver ragione, bisogna che qualcuno ve la dia. Questa ragione, caro assessore Marcato, si chiama autonomia. Il mio intervento sarà brevissimo. Mi sento soltanto di ringraziare due persone: in primis Luca Zaia per tutto quello che rappresenta in Veneto, per secondo, in maniera stupenda – bravissima, Vanessa – la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Prima Luca Zaia per quello che rappresenta.
Anche il PD applaude Giorgia Meloni. Signori, oggi in Consiglio regionale del Veneto finalmente anche il PD ha saputo interpretare questo vento di cambiamento. Molto bene.
Dicevo, le uniche due persone da ringraziare oggi in quest'Aula si chiamano Luca Zaia e Giorgia Meloni. Ringrazio il Presidente Ciambetti che dopo porterà i miei saluti al Presidente Zaia.
Il Presidente Zaia non deve venire in Aula, non viene a fare niente in Aula, ha una maggioranza granitica che va nella stessa direzione in cui sta andando lui.
Assume la Presidenza
Il Presidente Roberto CIAMBETTI

PRESIDENTE

Collega, sentiamo lo stesso. Può anche parlare con qualche decibel in meno.

Joe FORMAGGIO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Presidente, hanno appena applaudito la nostra Premier, Giorgia Meloni. Sentire il PD che applaude Giorgia Meloni non capita tutti i giorni.

PRESIDENTE

Colleghi, per favore, calma in Aula.

Joe FORMAGGIO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Presidente, però, mi lasci parlare. Mi richiama sempre quando non ho diritto di parlare.

PRESIDENTE

Con qualche decibel in meno.

Joe FORMAGGIO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Una volta che ho il diritto di parlare!

PRESIDENTE

Con qualche decibel in meno.

Joe FORMAGGIO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Parlerò più piano.

PRESIDENTE

Collega Montanariello, silenzio.

Joe FORMAGGIO (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni)

Collega, dopo interviene per fatto personale.
Presidente Ciambetti, volevo soltanto ringraziare con questo mio intervento il Presidente Zaia e la nostra Presidente Giorgia Meloni, perché saranno gli unici due che porteranno a casa l'autonomia. Grazie, Giorgia Meloni.

PRESIDENTE

Collega Rigo, prego. Torniamo a un decibel normale.

Filippo RIGO (Liga Veneta per Salvini Premier)

Ci proviamo.
Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti.
Quando si parla di autonomia si scaldano sempre gli animi in quest'Aula e non solo in quest'Aula. Io ringrazio intanto il Presidente Zaia di essere stato qui oggi e lo ringrazio anche di aver ricordato il percorso che ha portato all'autonomia. Credo che sia utile ricordarlo perché non è stato un percorso facile, non è stato un percorso semplice, partendo nei tempi nostri, chiamiamoli tempi moderni, nella riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001, da un Governo di centrosinistra. Quella credo sia stata una fase importante, perché credo che quel Governo intraprese questo percorso anche per dare una certa limitazione alle spinte indipendentiste che arrivavano in quel particolare momento storico.
Io avevo quindici anni nel 1996, ero sul Po alla grande manifestazione che venne indetta dalla Lega. Per qualcuno fu una fase folcloristica. Io credo, invece, che fu una fase importante perché diede consapevolezza ai nostri territori e ai nostri cittadini che si poteva avere una forma di governo diversa, una forma di governo migliore. Da lì partì un percorso, per tanti anni non se ne fece nulla.
Nel 2014 e nel 2015 fu indetto il referendum e fu una scelta molto coraggiosa del governatore Luca Zaia di portare all'attenzione dei cittadini di chiedere direttamente ai cittadini come la pensavano sull'autonomia.
Nel 2017 ci fu il grande referendum che vide 2.200.000 veneti partecipare e la maggior parte dei quali, il 98%, esprimere favore verso l'autonomia, però con i Governi successivi – e anche questo è stato giusto ricordarlo – si fece e si concluse poco, fino all'avvento del Governo di centrodestra. Nel Governo a guida centrodestra, a guida Meloni, il ministro Calderoli ha, con determinazione, portato avanti l'autonomia differenziata, perché era nel programma di Governo, autonomia che è, giustamente, differenziata a seconda delle capacità anche delle Regioni e dei territori. Se avessero imposto dieci materie per qualcuno sarebbero state poche, per altri sarebbero state troppe.
In questo percorso io rivendico il merito politico del Presidente Luca Zaia e della Lega di aver portato l'autonomia al centro del dibattito nazionale. Se l'autonomia è al centro di questo dibattito credo che gran parte dei meriti vadano al Presidente Zaia e alla Lega.
Ora si apre un'altra fase, non meno importante, una fase per mettere a terra l'autonomia. Si aprirà una fase di concertazione con il Governo, con i Ministeri. Noi sull'autonomia continueremo la battaglia politica, consapevoli che non sarà un percorso semplice, ma convinti che sia una battaglia giusta, perché ce la chiedono i cittadini veneti.
Ogni volta che si parla di autonomia l'opposizione insorge. Era già successo in occasione del progetto di legge sulla Giornata dell'autonomia. L'opposizione dice un po' tutto e il contrario di tutto. Un giorno dice che l'autonomia spaccherà l'Italia, che è la secessione dei ricchi. Il giorno dopo dice che non serve a nulla, che è una scatola vuota. In tutto questo, però, non c'è mai una proposta concreta sull'autonomia.
Oggi ho sentito citare dal capogruppo Camani i vescovi. Posso comprendere le preoccupazioni di qualche vescovo, specialmente del sud Italia, che magari legge i giornali e, a causa della disinformazione, esprime una certa preoccupazione. Bene ha fatto anche in questo caso il Presidente Zaia, credo sia stato un atto anche di signorilità, a invitare i vescovi al tavolo per discutere dell'autonomia. Sorprende che a tenere alta la bandiera e le ragioni dei vescovi siano i colleghi di sinistra, quando, magari, in altre occasioni, quando i vescovi dicono qualcosa che non è comodo, si rivendica sempre la laicità dello Stato, perché lo Stato deve essere laico e non deve intromettersi nelle decisioni della politica. Ne terremo conto.
Riteniamo che l'autonomia sia l'unica riforma in grado di portare un modello nuovo per amministrare i nostri territori. Ve lo dico francamente: se continuate con questa battaglia, con questa crociata contro l'autonomia, con la raccolta firme, con il referendum, sono sicuro che tra un anno, quando ci saranno le elezioni, i cittadini veneti sapranno giustamente distinguere chi ha lavorato e ha portato avanti gli interessi dei veneti e chi, invece, ha portato avanti lotte e battaglie di partito, magari imposte dai vertici romani.

PRESIDENTE

Collega Giacomin, prego.

Stefano GIACOMIN (Zaia Presidente)

Rapidissimo. Molte cose sono state dette e molti interventi sono stati anche di particolare interesse. Mi associo a quanto detto dal collega Favero, intervento che in larga parte condivido.
Mi preoccupa, non da parte di tutti i colleghi di minoranza, ma di alcuni colleghi di minoranza, un concetto di cristallizzazione della storia. La storia è un processo in divenire. Si è fatto cenno allo Stato-nazione. La mia sensazione, forse perché ho i capelli bianchi, è che alcuni modelli politici stiano arrivando al loro compimento. Stiamo constatando l'incapacità di questo modello europeo di rispondere alle esigenze del nostro tempo – di conseguenza, credo che dovrebbe svilupparsi in modo diverso – e, allo stesso tempo, in periferia, più vicino ai territori e ai cittadini, dovrebbe arrivare la struttura pubblica.
C'è chi dice che non è abbastanza. Sicuramente per una larga parte del mondo Lega questo processo che va verso l'autonomia non è ancora abbastanza, ma è l'avvio di un processo ed è un processo storico, che verso il basso sta a indicare la vicinanza importante tra struttura pubblica, territorio e gente.
C'è un rischio sempre maggiore, che io vedo anche nel mondo del lavoro. Vi faccio un esempio. Ho lavorato per tanti anni in una realtà di credito, dove una volta il rapporto era molto più vicino, mentre adesso si va sempre più burocratizzando: quello del distacco con il cittadino. Più le realtà diventano concentrate e il sistema di potere lontano dal cittadino, più si assiste a una disaffezione. Pertanto, credo che il modello autonomistico serva anche per riavvicinare il cittadino agli autentici valori democratici.

PRESIDENTE

Collega Zecchinato, prego.

Marco ZECCHINATO (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Anch'io in maniera molto veloce volevo portare un piccolo contributo. Quando si parla di autonomia, si parla di spacca-Italia, di che cosa i cittadini potrebbero vedere. Tanti colleghi oggi hanno chiesto quale sia il vantaggio di questa autonomia per i territori, perché parliamo di questo.
Vorrei concentrarmi anche su questi contenuti concreti. Sostanzialmente, se parliamo di spacca-Italia, l'ha già detto il Presidente, così come altri interventi, l'Italia in parte è già spaccata. Lo abbiamo visto con il PNRR, con l'assegnazione diversificata di fondi. Giusto o sbagliato che sia, c'era un'assegnazione diversa. Oggi leggo sul giornale che anche i fondi, ad esempio, per l'industria 4.0, 243,5 milioni, sono stati assegnati, per lo scorrimento delle graduatorie, solo alle imprese di Calabria, Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna. Non entro nel merito. Ci saranno delle ragioni, però, chiaramente, questioni a livello regionale e territoriale ci sono. L'autonomia non colma questi gap, però sicuramente diventa più aderente e più calzante rispetto alle realtà territoriali e pone le Regioni, quando sarà attuata nelle forme previste, in un approccio diverso anche rispetto al Governo centrale, avendo delle deleghe su alcune funzioni.
Dicevo prima quali possono essere gli atti concreti in cui misurare l'attuazione dell'autonomia. Come Regione del Veneto possiamo già dire che abbiamo testato questi risultati. Ad esempio, si parlava prima delle deleghe in materia sanitaria. Vediamo i risultati rispetto ad altre Regioni, in un quadro nazionale. Toccherei anche altri temi. Ad esempio, qui, in sede di bilancio, quando c'è la discussione sul bilancio, si parla di rating certificato per la Regione Veneto, vediamo che noi siamo in tripla B, però passiamo in A quando viene fatto lo stand alone solo per la Regione Veneto. Quindi, capiamo il vantaggio che avremmo nel gestirci in maniera autonoma, anche in riconoscimento di rating.
Penso anche all'idroelettrico. Questo Consiglio ha approvato una normativa diversa, qualche anno fa, per cui dal 2029 le nostre grandi centrali elettriche saranno assegnate dalla Regione Veneto e non più dallo Stato. Questo è stato un grande punto d'arrivo. C'è stata una discussione ‒ ricordo ‒ anche nelle Commissioni. Questo vuol dire anche entrate. Su questo tema particolare dell'idroelettrico, che è stato attuato, pur in mancanza della legge di riforma dell'autonomia, grazie a un'apertura da parte del Governo, sfruttata in maniera corretta e positiva dalla Giunta e anche dal Consiglio, siamo equiparati al Trentino-Alto Adige.
Ci sono, pertanto, temi e argomenti che effettivamente abbiamo già testato o, comunque, potremmo testare a breve. Con l'attuazione dell'autonomia differenziata si apriranno nuovi scenari, quindi nuove opportunità di sviluppo per le varie materie e le relative funzioni che saranno delegate, come auspico.
Ci sono altri temi. Pensiamo al tema legato al sistema autostradale, ad esempio, dove si possono fare dei ragionamenti, alcuni dei quali sono già stati fatti.
Chiudo dicendo che la cosa importante, come hanno già detto altri colleghi, è che questo percorso sia partito. Trovo corretto anche che ci sia un momento istituzionale, il 22 ottobre, essendo stato relatore proponente, insieme ai capigruppo Pan e Villanova, come primi firmatari, del provvedimento che è arrivato in Aula, sulla Giornata dell'autonomia, perché diventa un momento in cui affrontare il tema, capire lo stato di attuazione e, visto che la legge parla anche di scenari diversi, internazionali, europei, capire come accompagnare questo percorso.
Auspico che di momenti di riflessione come questo ce ne possano essere altri, però vedo il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il collega Lorenzoni. Prego.

Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)

Grazie, Presidente.
Mi fa piacere che il collega Zecchinato veda il bicchiere pieno, perché io lo vedo vuoto. Non mezzo vuoto: vuoto.
Parto ringraziando il Presidente Zaia, che oggi, per la prima volta, da gennaio, è venuto in Consiglio. Questa è stata una festa grande per tutti. Evidentemente il tema meritava la sua presenza. È significativo che, poi, per trattare le questioni del Veneto sia a Roma. Questo in tema di autonomia, in tema di centralismo dello Stato ci dovrebbe far pensare. Però va bene così.
Parto da una considerazione: il fatto che questa attenzione, questo grande clamore mediatico intorno all'autonomia sia più di facciata che di sostanza. Parto proprio da quello che diceva il collega Zecchinato, il quale ha fatto l'esempio delle centrali idroelettriche che, secondo me, è proprio calzante. È un tema che mi sta a cuore, che seguo dalla Commissione Bersani, quando ho avuto la fortuna di partecipare al processo di liberalizzazione del mercato. Non ci serve la legge Calderoli per usare gli spazi di autonomia. Il rilascio alle Regioni della potestà sulla gestione del patrimonio idroelettrico è già presente. Come quello, tanti altri spazi già ci sono, ma non li stiamo utilizzando.
È questo ciò che io rimprovero. Rimprovero il fatto che stiamo facendo tanto clamore per cercare di inseguire questa autonomia, che alla fine vorrei capire in cosa si concretizza, quando abbiamo grandi spazi per gestire autonomia, scelte locali, che non stiamo utilizzando. Potrei fare altri esempi. Alcuni li abbiamo visti. Guardo l'assessore Marcato. Qualche stimolo è venuto e credo ci sia spazio veramente per lavorare tanto.
A me piacerebbe che si facessero meno proclami, meno grandi celebrazioni, grandi lotte formali, quando, nella sostanza, i dossier su questi temi non li vedo. Colgo con piacere la proposta del collega Favero di istituire una Commissione del nostro Consiglio per cercare di seguire. Ci sono temi che non stiamo presidiando e che dovremmo presidiare a legislazione vigente, senza dover portare a casa chissà cosa.
Vi sollecito, colleghi, se vogliamo usare spazi per efficientare la struttura amministrativa. Riconosciamo che c'è bisogno di migliorare, di riformare. Nessuno lo nega. Quello che da questa parte dell'Aula vi si contesta è il fatto che sia stata fatta una bandiera dell'autonomia, ma una bandiera vuota. Su questo vorrei sollecitare i nostri concittadini veneti. Qui ci si vuole mettere una medaglia a tutti i costi sul petto, ma è una medaglia vuota.
Si è partiti da un processo secessionista, poi autonomista, poi delle materie. Adesso stiamo trattando delle funzioni. Dovreste spiegarlo. Mi dispiace che il Presidente non ci sia, perché dice di spiegarlo ai veneti. Io vorrei spiegare ai veneti che l'autonomia che si sta cercando, quelle funzioni che si cerca di ottenere sono un'autonomia mignon. A quel 57,2% di elettori veneti che hanno votato al referendum bisognerà spiegare che l'autonomia che hanno in mente loro è molto diversa dalle funzioni che si andranno a trattare.
Mi è dispiaciuto sentire in quest'Aula oggi un collega fare riferimento ad azioni incostituzionali nel caso in cui non si volesse dare seguito al processo sull'autonomia. Secondo me, è stata un'affermazione gravissima. So che, non in quest'Aula, ma fuori, il Presidente ne ha preso le distanze. Mi auguro che tutto il Consiglio prenda le distanze da quelle affermazioni. I 300.000 fucili della Val Brembana: siamo tornati a quei tempi lì? Colleghi, prendete le distanze da quelle affermazioni. Sono cose da cui si parte, ma dopo non si controllano certi tipi di derive verso azioni non costituzionali. Cito il collega che oggi si è esibito in queste affermazioni.
L'altra cosa che rimprovero è aver personalizzato questo percorso verso l'autonomia, averne fatto una bandiera. Questo va contro l'interesse del Veneto, rendetevene conto. Il fatto che il Presidente Zaia abbia identificato questa battaglia con la sua battaglia per eccellenza ci porterà a non ottenere il risultato. Lo abbiamo già visto, anche recentemente. Pensavo che la storia insegnasse. Guardate Renzi, che ha personalizzato sui referendum: è stata la sua condanna. Quanti politici che hanno personalizzato le proprie lotte politiche hanno, poi, pagato? Io sono convinto che anche il Veneto dovrà pagare pegno per questa personalizzazione, perché non è il modo per costruire la sostanza degli spazi di autonomia. Qui se n'è fatta una battaglia politica personale, e questo va contro l'interesse dei cittadini del Veneto.
La montagna partorirà il topolino, probabilmente. Lo dico con dispiacere, perché questi spazi di gestione delle funzioni che già abbiamo e che non stiamo utilizzando, secondo me, li dovremmo utilizzare. Ma non è questa la modalità con cui portare a casa la partita. Questa è la modalità con cui inasprire lo scontro. Mi sorprende che ci sia sorpresa da parte della maggioranza perché si mettano in atto tutte le azioni. Se se ne fa la battaglia della vita, è chiaro che l'altra parte reagisce.
Sarebbe stato molto meglio lavorare costruttivamente, ma non l'ho visto fare, e questo lo rimprovero a questa maggioranza della Regione e lo rimprovero alle forze politiche che la sostengono. Non è nell'interesse dei veneti, e mi auguro che i veneti aprano gli occhi e lo capiscano, perché questa è la cosa grave del processo che stiamo vivendo.
Ringrazio per la lunga esibizione del percorso che è stata fatta stamattina dal Presidente, che ci ha spiegato ciò che è accaduto dal 1992 fino a luglio di quest'anno. Quello che mi dispiace è che non ci abbia raccontato cosa ci sarà dal 15 ottobre in avanti. Io non l'ho capito, sinceramente. Non ho capito come questa trattativa andrà avanti. Ci sono stati spiegati i tempi dei vari passaggi. La sostanza, cosa realmente vogliamo portare a casa, io non l'ho capita, e di questo ancora mi dispiace.
Quindi, colleghi, non stupitevi se troverete davanti un'opposizione forte, perché se ne fate la battaglia della vita altro non può essere.

PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il collega Barbisan. Prego.

Fabiano BARBISAN (Gruppo Misto)

Grazie, Presidente.
Ringrazio il Presidente Zaia per essere venuto qui a sostenere qualcosa che serve davvero a noi veneti, che serve per cambiare la nostra Regione in meglio, a mio avviso.
Noi siamo al confine con due regioni a Statuto speciale. Io sono vicino al Friuli, dove ci sono – è la realtà, è lì, si vede – altre risorse, un uso appropriato delle risorse, come diceva qualcuno. Sì, le usano in maniera appropriata. Ne usano parecchie e hanno altre possibilità rispetto a noi, sia dal punto di vista della cultura che dal punto di vista della gestione.
Veniamo a noi. Veniamo a noi anche come Italia. Siamo consapevoli che stiamo perdendo quello che è possibile di economia. Le nostre attività, le nostre aziende, le banche. Se oggi uno va a farsi un mutuo per la casa in FriulAdria, Cariparma diventa Crédit Agricole, cioè il guadagno va in Francia. Qualche giorno fa UniCredit ha tentato la scalata alla Deutsche Bank e siamo stati subito messi all'angolo ("non vi potete permettere"). Vorrei che la Ferrari potesse, adesso, andare dalla Volkswagen e dire: "Ti compro, Volkswagen, visto che siete in difficoltà". Volkswagen significa anche Audi, significa Porsche, significa un bel gruppo. Tra l'altro, nell'Audi c'è la Ducati di Borgo Panigale, che non è più italiana, e la Lamborghini. Non è, forse, il caso di creare un qualcosa ‒ parlo per l'opposizione ‒ che ci avvicini alla parte economica? Anche perché ricordo che se c'è del guadagno la gente non si mangia i soldi: li spende. L'imprenditore li spende. Non è un caso che un Bill Gates o un Musk vengono fuori negli Stati Uniti, e potrei citarne altri.
Possibile che noi, in Italia, ci rammarichiamo per Agnelli, per la vendita della FIAT? Dov'erano i Governi? Dov'erano quelli che hanno dato i contributi? Queste sono le contestazioni che, come italiani, dovremmo mettere in campo e come veneti sostenere, per portare avanti decisamente un contributo per la nostra autonomia. Si parte da qua, si parte dal Veneto. Può essere l'esempio per portare avanti l'Italia. Ci sono delle cose per cui l'economia può girare. La prima è la sanità: se c'è una sanità che funziona, porta con sé un indotto e l'imprenditoria. La seconda cosa è la viabilità. Purtroppo, io sono un tifoso di Pedemontana e altre. Vanno fatte le strade, perché dove c'è viabilità ci sono i distretti che producono benessere. "Benessere" vuol dire posti di lavoro, vuol dire che i sindacati, oltre che parlarsi addosso, hanno qualcosa di vero di cui parlare e discutere. Oggi cosa fanno, parlano con l'Electrolux che si trova a Stoccolma? Parlano con chi ha l'azienda in Germania? Cosa fanno la CGIL e i nostri sindacati?
L'Alitalia perché è scoppiata? Il numero di dipendenti è più che dimezzato. Le banche rappresentano un altro capitolo. Le 23 materie sono date dalla Costituzione. Non è che uno si alza la mattina e inventa 23 materie. Sono date dalla Costituzione. Si parte con cinque, sei, otto, nove. Va bene, purché si inizi.
Protezione civile vuol dire sicurezza, vuol dire dare tranquillità alle famiglie, alle imprese. Non dimentichiamo i disastri, l'allerta meteo. Tutti sappiamo che uno dei capisaldi degli agricoltori, un detto famoso è: o tu mandi via l'acqua o l'acqua manda via te, quindi o fai scorrere l'acqua nei fiumi o, se va fuori, manda via te. Si inondano le case, le strade e i paesi e mandano via la gente. È inutile girarci attorno. Serve buonsenso. L'ambiente sicuramente va tutelato, va migliorata la tutela, va implementato l'utilizzo di determinate coltivazioni, però deve esserci la parte economica e, soprattutto, la parte che porta sicurezza.
Chiudo veramente. Serve una pulizia dei fiumi, una tutela che parta dalla nostra Regione verso il resto dell'Italia, non un referendum per bloccare l'autonomia. Sette anni fa eravamo tutti nelle piazze. Nelle mie riunioni mi trovavo con gente del PD a portare avanti e spiegare l'autonomia che veniva fatta. Sette anni fa, prima del referendum, mi trovavo con gente del PD nella mia zona. È possibile riprendere quello spirito? Abbiamo il Trentino, il Friuli e le Regioni a Statuto speciale al confine che ci dimostrano di andare meglio. Vanno meglio con i soldi, non vanno meglio con strutture e quant'altro. Con i soldi, poi, si fanno le strutture.
Il messaggio che voglio dare è questo: lavoriamo assieme per portare a casa questa autonomia. Non è una vittoria di Zaia. È una vittoria nostra, dei veneti, del Consiglio regionale del Veneto, di tutti noi. La vittoria di Zaia è una vittoria di tutti noi. Se riusciamo a organizzare bene la partita, a partire da cinque, sei, sette materie, poi proviamo a implementarle. Questo dovremmo fare.

PRESIDENTE

Collega Bet, prego.

Roberto BET (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Sarò velocissimo perché tanto è stato detto. Credo che oggi, per questo Consiglio regionale, sia una bella giornata di confronto e di analisi di un progetto storico.
Il mio intervento si basa solo su un ringraziamento. Voglio ringraziare la Liga Veneta, perché è stato il primo partito in Veneto che ha cominciato la battaglia per l'autonomia, che oggi stiamo cercando, con tanta fatica, di portare a compimento e di realizzare. Certo, potremmo fare di più. Certo, il percorso non si è ancora concluso, però siamo arrivati a un traguardo che i padri fondatori della Liga Veneta all'inizio non avrebbero mai pensato di raggiungere, fino a questo punto, con tanta fatica.
Mi permetto di fare questa riflessione sulla Liga Veneta e sulla battaglia dell'autonomia di un partito che, secondo me, ha avuto lo stesso obiettivo, per esempio, della CSU bavarese in Germania: rappresentare un territorio nella sua globalità, diventare un sindacato del territorio.
In questa Assemblea trovo strano che ci siano così tante persone che al referendum per l'autonomia hanno votato contro. I dati ci dicono che il 2% degli elettori del 2017 ha votato contro l'autonomia. Credo siano seduti tutti quanti qua. Era una battuta, professore, per dire che siete troppi per la rappresentanza di questo 2%.
A me piacerebbe che questo Consiglio regionale fosse...

PRESIDENTE

Lasciate parlare il collega Bet, che non vi ha interrotto.

Roberto BET (Zaia Presidente)

Grazie.
Spero veramente che questo percorso arrivi il prima possibile. Diamo tutti grande sostegno al nostro Presidente Zaia, che è il nostro leader e punto di riferimento per questa battaglia, per questa trattativa che dovrà iniziare con il Governo romano, per portare a casa prima le 9 materie, per arrivare alle 23 e magari un giorno arrivare ad avere una Regione a Statuto speciale, come le Regioni del Friuli o il Trentino-Alto Adige, qui al nostro fianco.
Grazie. Buona serata a tutti.

PRESIDENTE

Collega Dolfin, prego.

Marco DOLFIN (Liga Veneta per Salvini Premier)

Grazie, Presidente e colleghi.
Anch'io, come il collega che mi ha preceduto, voglio ringraziare tutti coloro che in questi anni hanno lavorato a testa bassa, dalla politica agli amministratori, ai cittadini, ai tecnici, agli elettori che hanno creduto e credono in questa trasformazione della nostra Regione, dando nuovi strumenti legislativi e funzionali per portare avanti il nostro Veneto.
Ringrazio, ovviamente, il Presidente Luca Zaia, che è venuto qui in Aula a delucidarci, a informarci fin dove siamo arrivati. Al di là delle considerazioni che hanno fatto tanti colleghi, per carità di Dio, giuste, lecite, ci mancherebbe altro, è anche vero che siamo in una fase iniziale, in una fase di discussione. Il primo tavolo di discussione è stato avviato qualche giorno fa dal ministro Calderoli, assieme ai rappresentanti delle altre Regioni interessate. Dunque, si sta cominciando a ragionare.
Mettere ancora una volta il carro davanti ai buoi credo sia veramente sbagliato.
Come è stato ribadito dal Presidente Zaia, l'autonomia è una riforma giuridica, una riforma amministrativa, soprattutto è una riforma culturale. Noto una difficoltà nel capire, nel voler veramente renderci conto dell'opportunità che ci viene data. Al di là del fatto che quella di oggi può essere sicuramente una giornata importante per avere altre informazioni, esco ancora una volta da questo Consiglio regionale un po' deluso, perché ho sentito parole come "non abbiamo ottenuto nessuna risposta, non abbiamo ottenuto nessuna novità, non abbiamo ottenuto nessuna visione, nessuna idea di gestione".
Se tanto mi dà tanto, a sette anni da quando abbiamo cominciato questo percorso, se ogni giorno c'è qualcuno che va in piazza a raccogliere firme, a bloccare, forse tra trenta anni saremo ancora da queste parti (chi ci sarà) a parlare di autonomia.
Io credo che, invece, si stia facendo il male del Paese Italia, ma soprattutto il male del Veneto. Si dimostra ancora una volta da che parte state, non siete certamente dalla parte dei veneti. Questa è la dimostrazione lampante. Nel momento in cui abbiamo la possibilità di cambiare le sorti di questa nostra Regione, gestita in termini nazionali, è la dimostrazione lampante che voi navigate per tutta un'altra area di gestione e di operatività.
Pertanto, sono molto deluso nell'apprendere ancora una volta che c'è una parte di rappresentanti del popolo che portano avanti solo l'aspetto ideologico, ma non di concretezza, nonostante la possibilità di portare fuori dalle secche anche il nostro Veneto, che si trova impigliato in un Paese Italia che sta sprofondando nella melma più assoluta.
Forse non ci rendiamo conto della grande opportunità che abbiamo, degli strumenti che possiamo cominciare ad avere, e ancora una volta ci ritroviamo con chi, solo per ideologie politiche e sindacali, sta mettendo in campo di tutto e di più. Fra poco andrete a suonare i campanelli a casa della gente, perché non avete più frecce al vostro arco. Non siete più capaci di lavorare nel territorio in maniera concreta.

PRESIDENTE

Silenzio in Aula, lasciamo parlare il collega Dolfin.

Marco DOLFIN (Liga Veneta per Salvini Premier)

Pertanto, ancora una volta ribadisco la delusione di avere...

PRESIDENTE

La seduta è sospesa.
La Seduta è sospesa alle ore 16.46
La Seduta riprende alle ore 16.47

PRESIDENTE

Colleghi, riprendiamo la seduta.
Consigliere Dolfin, prego.

Marco DOLFIN (Liga Veneta per Salvini Premier)

Abbiamo capito da che parte stanno alcuni veneti, che parlano da veneti, ma che in realtà, alla fine, non sono amanti dei veneti e non portano avanti gli interessi dei veneti. Mi riferisco a quel 97% di elettori. Come è stato ribadito, probabilmente quel 2%, presente in quest'Aula, pensa ancora di poter stravolgere le sorti attraverso un referendum. Sarà la Corte Costituzionale, sarà chi sarà. Dopodiché, vedremo il da farsi. Credo che ci sarà lungimiranza nel capire l'importanza e la bontà della trasformazione di questo Paese, del nostro Veneto, degli interessi all'interno di tutta l'Italia.
Viva il Veneto. Viva l'autonomia.

PRESIDENTE

Colleghi, sembra un Consiglio "chioggiacentrico", questo. Non esageriamo. In quest'Aula c'è il 6% di rappresentanza di Chioggia. Adesso torniamo seri.
Vi ringrazio per il dibattito che c'è stato su questo argomento. È passato appena qualche giorno dall'inizio delle trattative a livello nazionale per quanto riguarda il percorso dell'autonomia differenziata. Aver avuto un aggiornamento, anche precoce, rispetto a quello che può avvenire nei prossimi mesi è stato, secondo me, importante. Abbiamo capito i passaggi che ci saranno nei prossimi mesi, dettati dalla legge. Mi auguro che quest'Aula, questo Consiglio possa essere propositivo rispetto a quello che avverrà nelle prossime settimane, nei prossimi mesi.
Penso che questo sia un inizio di percorso e che la seduta di oggi, anche con gli interventi dei colleghi che si sono succeduti, sia stata utile per avere un aggiornamento sullo stato attuale, ma soprattutto per guardare avanti, mi auguro, con ottimismo su quello che il Veneto potrà ottenere.
Collega Masolo, su cosa chiede di intervenire?

Renzo MASOLO (Europa Verde)

Chiedo di intervenire per fatto personale.

PRESIDENTE

Non mi pare che il collega Dolfin l'abbia citata, collega Masolo.

Renzo MASOLO (Europa Verde)

Da parte del Presidente Zaia.

PRESIDENTE

Mi permetta, collega Masolo. È possibile chiedere di intervenire per fatto personale nell'immediatezza dell'avvenimento, contestualizzato rispetto alla discussione. Se qualcuno che l'ha citata non è presente adesso, non mi pare possa essere inquadrato nel fatto personale.

Renzo MASOLO (Europa Verde)

Il Presidente è uscito subito. È un'annotazione di cinque secondi, che ci tengo venga messa a verbale.

PRESIDENTE

Collega Masolo, facciamo uno strappo alla regola.
Qui operiamo in base a delle regole che ci siamo dati come Consiglio regionale. Dobbiamo mantenere un minimo di ordine, con 51 teste che ogni tanto la pensano in maniera diversa. Glielo sto dicendo per una prossima volta.
Prego.

Renzo MASOLO (Europa Verde)

La ringrazio.
È solo una nota alla quale tengo, per correttezza. Io ho citato un dato e sono stato contraddetto dal Presidente. Non è una critica nei suoi confronti, ma voglio che venga riportato a verbale correttamente ciò che ho detto.
Quando ho detto che per il referendum del 2017 sono stati spesi 14 milioni di euro, più 1,2 milioni di euro per la comunicazione, sono andato a cercare la delibera di Giunta, perché volevo avere certezza. Leggo: "Il budget previsto per la campagna informativa sul referendum è di 1,2 milioni euro e sarà ripartito secondo quanto previsto dall'articolo" eccetera "almeno il 50% in favore della stampa, anche online, e almeno il 15% in favore dell'emittenza radiotelevisiva".
Ci tenevo che fosse messo a verbale, per correttezza. Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
PUNTO
6



ELEZIONE DI UN COMPONENTE DELLA GIUNTA PER IL REGOLAMENTO: UN CONSIGLIERE ESPRESSO DALLE MINORANZE (ARTICOLO 19 COMMA 3 DEL REGOLAMENTO). APPROVATO (DELIBERAZIONE N. 75/2024)

PRESIDENTE

Passiamo al punto n. 6.
La collega Guarda, che è andata in Europa, era una rappresentante delle minoranze nella Giunta per il Regolamento. Dobbiamo reintegrare la Giunta, anche per metterla in funzione.
A breve procederemo a una votazione. Appariranno alcuni nomi esclusivamente relativi ai colleghi di minoranza da proporre, o meno, per la Giunta per il Regolamento. Non appariranno i nomi di chi è già presente nella Giunta per il Regolamento, vale a dire quelli della collega Camani e del collega Zanoni.
Le minoranze hanno un nome da proporre? Prego.

Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)

Presidente, proponiamo il consigliere Renzo Masolo.

PRESIDENTE

Benissimo.
Colleghi, dovete votare. Lo consiglio a tutti. Non vorrei che qualcuno, non votando, avesse conseguenze sulla presenza in Aula.
La scheda bianca va bene, è una votazione.
Procediamo all' elezione di un componente della Giunta per il Regolamento.
È aperta la votazione.
(Votazione elettronica)
È chiusa la votazione.
Comunico l'esito della votazione:
Votanti 42
Schede bianche 26
Hanno riportato voti:
Renzo Masolo 13
Jonatan Montanariello 2
Anna Maria Bigon 1
Risulta eletto componente della Giunta per il Regolamento il consigliere Renzo Masolo.
PUNTO
7



RISOLUZIONE PRESENTATA DAI CONSIGLIERI GUARDA, LORENZONI E ZANONI RELATIVA A ""END THE CAGE AGE": SOLLECITARE LA COMMISSIONE EUROPEA ALL'ADOZIONE DELLA PROPOSTA DI REVISIONE NORMATIVA IN TEMA DI BENESSERE ANIMALE, NEL RISPETTO DELL'INIZIATIVA DEI CITTADINI EUROPEI, DEL PROGRAMMA DI LAVORO DELL'OTTOBRE 2023, DEL GREEN DEAL EUROPEO E DELLA STRATEGIA FARM TO FORK". (RISOLUZIONE N. 103) RESPINTA

PRESIDENTE

Passiamo al punto n. 7.
Prego, consigliere Lorenzoni.

Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)

Grazie, Presidente.
Questa è una risoluzione proposta dalla collega Cristina Guarda, firmata anche da me, per sollecitare la Commissione europea a dare seguito a un'iniziativa dei cittadini europei che, con la raccolta di 1,4 milioni di firme, avevano chiesto di adottare la revisione della normativa sul benessere degli animali, che era stata già inclusa in una risoluzione del Parlamento europeo del 10 giugno 2021, "End the Cage Age", ripresa da un'altra risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 sul benessere degli animali.
Abbiamo presentato questa proposta di risoluzione il 12 ottobre 2023. Uno dei firmatari, insieme a noi, era anche il collega Zanoni, a cui lascerei la parola, Presidente, se posso.

PRESIDENTE

Assolutamente sì. Lei l'ha presentata. Siamo in discussione generale. Il collega Zanoni ne ha facoltà, senza problemi.

Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)

Lascio, quindi, la parola al collega Zanoni, che più di me entrerà nel merito della risoluzione.

PRESIDENTE

Collega Zanoni, prego.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Grazie, Presidente.
Questa mozione si basa soprattutto su una iniziativa dei cittadini, ovvero una forma di coinvolgimento popolare sulle procedure di stesura delle norme dell'Unione europea.
Sono state raccolte più di un milione di firme di cittadini europei, praticamente in tutti gli Stati membri, con le quali viene chiesta la fine dell'epoca degli animali d'allevamento in gabbia, "End the cage age". Questa nostra iniziativa rispecchia le preoccupazioni della società, sostenute da dati scientifici, in merito alla necessità di vietare le gabbie per determinate specie di animali d'allevamento e si allinea alle deliberazioni della Commissione volte a intraprendere azioni di tutela in questo settore.
La Commissione integrerà gli obiettivi dell'iniziativa nell'attuazione del Green Deal europeo e nella strategia "Dal produttore al consumatore", altra iniziativa molto importante per rendere più sostenibile tutta la filiera degli allevamenti, dell'agricoltura sostenibile.
Più nello specifico, la Commissione ha intenzione di presentare una proposta legislativa entro la fine del 2023 per abolire gradualmente e, infine, vietare l'utilizzo delle gabbie per tutte le specie e le categorie di animali contemplate dall'iniziativa. La Commissione, quindi, in un primo momento si era già fatta carico di questa iniziativa.
Ricordo che la mozione che ho sottoscritto, con prima firmataria la collega Guarda e poi il collega Lorenzoni, è stata depositata più di un anno fa, cioè il 12 ottobre 2023. Si dice che bisogna porre fine alla detenzione degli animali da allevamento contemplati dall'iniziativa, come galline ovaiole, scrofe, vitelli, conigli, pollastri, polli da carne riproduttori, galline ovaiole riproduttrici, quaglie, anatre e oche, nell'ambito della prevista revisione della legislazione dell'Unione in materia di benessere degli animali e condizioni, inclusa la durata del periodo di transizione da determinare sulla base dei pareri dell'EFSA ‒ dietro, quindi, ci sono anche pareri tecnico-scientifici della maggiore istituzione che si occupa di sicurezza alimentare, ossia l'EFSA, che tra l'altro ha sede in Italia, a Parma ‒ sui risultati di una valutazione d'impatto, in seguito a una consultazione pubblica.
Con questa mozione sollecitiamo la Commissione europea ad adottare la proposta di revisione della normativa in tema di benessere degli animali, nel rispetto delle iniziative dei cittadini, che si intitola (tradotto in italiano) "basta animali in gabbia", che ha ricevuto, come dicevo prima, più di 1 milione di firme, esattamente 1,4 milioni, convalidate in tutti gli Stati membri dell'UE.
Pensate, colleghi, che è la prima ICE, ovvero la prima iniziativa dei cittadini, valida sugli animali da allevamento, in ottemperanza alla tempistica adottata con il programma di lavoro dell'ottobre 2022, nel rispetto del Green Deal europeo e della discendente strategia "Farm to Fork".
Considerate, colleghi, che questi animali spesso sono oggetto anche di investigazione da parte di importanti programmi. Abbiamo visto alcune puntate di "Presa diretta" e anche di "Indovina chi viene a cena". Sono state fatte alcune indagini su questi allevamenti intensivi dalle quali risulta che la detenzione di questi animali in queste condizioni si ripercuote anche sulla loro salute. Dovete pensare che sono animali detenuti a volte in condizioni tali che per tutto il periodo della loro vita non riescono nemmeno a girarsi, quindi sono costretti a stazionare.
Pensiamo ai nostri cari, alle persone che non riescono per un'intera vita a spostarsi. Pensiamo semplicemente a persone ammalate, allettate. Siccome si parla anche di sicurezza alimentare, dovete considerare come si traduce in termini di sicurezza alimentare il fatto che questi animali per tutta la loro vita non riescono nemmeno a muoversi.
Ho sottoscritto questa mozione della collega Guarda perché credo sia ora di prendere misure utili a porre fine all'epoca delle gabbie.

PRESIDENTE

Collega Masolo, prego.

Renzo MASOLO (Europa Verde)

Anch'io necessariamente sostengo questa mozione, tenendo conto che l'ex collega Guarda, assieme ai due colleghi, l'aveva presentata diversi mesi fa.
Penso sia un gesto di civiltà adeguarsi alle richieste dei cittadini europei, che con questa ICE hanno portato all'attenzione della Commissione la necessità di porre fine all'era delle gabbie, porre fine a questa usanza che nel 2024 non dovrebbe più essere ammessa, non solo per motivi etici (non bisogna più permettere che pollame, scrofe, animali vivano in condizioni veramente inaccettabili), ma anche dal punto di vista sanitario. Come sapete, questi animali sicuramente sono più soggetti a patologie, per cui hanno bisogno di coperture antibiotiche massicce, con tutto l'inquinamento e il consumo di farmaci che si riversa sulla qualità stessa dell'alimento. Anche chi non ha questo tipo di sensibilità dovrebbe fare attenzione alla qualità del cibo. Questi animali non possono garantire un cibo di qualità: sono sempre fermi, spesso al buio, senza la possibilità di muoversi, soffrendo e spesso ammalandosi.
C'è tutta la questione, molto importante, che i cittadini portano all'attenzione, dell'educazione alimentare, di una filiera alimentare che sia sempre più attenta alla salute, all'ambiente, ad attività produttive che possano portare alla produzione di carne sempre più di qualità, ma anche allevata nel rispetto degli animali.
Sostengo, quindi, questa mozione e anticipo un emendamento, che ho depositato, che prevede di allargare il messaggio, l'appello non solo alla Commissione europea, ma anche al Parlamento europeo.

PRESIDENTE

Collega Gerolimetto, prego.

Nazzareno GEROLIMETTO (Zaia Presidente)

Grazie, Presidente.
Francamente, vista la data di presentazione di questa mozione e visto quello che è successo negli ultimi mesi, pensavo l'avreste ritirata. Vi siete accorti che gli agricoltori hanno fatto una movimentazione europea straordinaria, mai successa? Gli agricoltori non hanno nulla da fare, quindi vanno a protestare ogni tanto. Sappiamo, invece, che gli agricoltori hanno molto da fare e che raramente, molto raramente, si muovono per fare manifestazioni. Solo quando è in pericolo la sopravvivenza stessa della categoria si muovono.
La Commissione europea, a mio parere, stupidaggini ne ha fatte abbastanza. Mai vorrei che questo Consiglio votasse un provvedimento che va a sollecitare la conclusione del Green Deal, pur essendo il tema degli animali in gabbia un nobile intento. Bisogna, però, fare attenzione a quello che c'è dietro. È facile trovare cittadini che alla domanda "vuoi ancora vedere gli animali in gabbia?" rispondano "no, vorrei vederli liberi, che andassero anche al mare a prendere il sole". Questo, però, non deve essere codificato da qualcuno che non ha mai visto un animale o non ha mai seminato un pezzo di terra, ma da chi conosce il tema.
Parlo per esperienza personale. In Italia abbiamo un regolamento, dei disciplinari di produzione che sono davvero rispettosi del benessere animale, del consumo degli antibiotici. Abbiamo anche un programma, a livello nazionale, che misura il consumo degli antibiotici. Il benessere degli animali è il più possibile garantito. Non possiamo pensare di vedere i maiali a passeggio per le strade. Bisogna considerare quali animali si devono detenere (non "si possono").
Proprio per i motivi sopraelencati, mai dovremmo chiederlo a una istituzione europea che ha dimostrato quanto male sappia fare all'economia, a 360 gradi. Ricordiamoci, proprio in questi giorni, del discorso delle auto e di una serie di provvedimenti, compresa la legge sulla natura, che in maniera poco intelligente tenta di modificare il percorso soprattutto del nostro sistema.
Ricordo che le trasmissioni che citava il consigliere Zanoni sono finanziate da chi ha interesse a bloccare il consumo della carne, dal veganismo. Ci sono nomi e cognomi, compresi quelli che hanno finanziato la famosa trasmissione "Food for profit", che hanno interessi contrari all'interesse nazionale.
Ricordo che il nostro agroalimentare vale 600 miliardi di euro e che abbiamo un export di 64 miliardi di euro. Non stiamo attenti nel cercare di non essere utili a qualcuno che ha interesse a far soffrire o addirittura a far morire il nostro agroalimentare, così stimato e benvoluto in tutto il mondo.
Credo, quindi, che il nostro Consiglio non debba mai approvare e appoggiare una mozione che va in questa direzione. Lasciamo fare il lavoro a chi sa farlo e non a chi vuole solo distruggere la nostra economia.

PRESIDENTE

Collega Pan, prego.

Giuseppe PAN (Liga Veneta per Salvini Premier)

Solo ad adiuvandum rispetto all'intervento del collega Gerolimetto. Da una parte, parliamo di un'agricoltura bucolica e, dall'altra parte, di un allevamento reale. O viviamo questa esperienza oppure pensiamo che la bistecca o l'hamburger che troviamo nei supermercati o nei ristoranti si creino da soli, oppure con le macchine, visto che adesso va tanto di moda questo pensiero perverso della bistecca sintetica.
Noi allevatori e agricoltori – ce n'è qualcuno in quest'Aula – sul benessere animale abbiamo investito, negli ultimi anni, grazie anche agli interventi della Regione e ai contributi del Piano di sviluppo rurale, decine di milioni per migliorare la presenza dei nostri animali nelle nostre stalle. Ricordo che siamo tra i primi produttori di latte e di carne di questo Paese, insieme alla Lombardia e all'Emilia-Romagna.
Vi invito a visitare le nostre stalle. Tutto questo sistema che è stato descritto, di poveri bovini messi dentro le gabbie, non esiste più. Abbiamo stalle in cui c'è quasi l'aria condizionata, ventilatori, spazi per gli animali, acqua spruzzata in caso di caldo, eccetera. Sono coccolati più che strapazzati dai nostri allevatori. Anche perché un animale che sta male non produce né latte né carne buona, e si ammala, come è stato ricordato. Il primo interesse degli allevatori, quindi, è avere una stalla consona, pulita, lontana da quanto avete descritto.
Visitate anche gli allevamenti di polli. Forse il nostro è il primo distretto europeo di produzione di polli e tacchini nelle Province di Verona, Vicenza, Padova. Ci sono circa 1.500 allevamenti, tra polli e tacchini, forse anche molti di più. Produciamo, come Veneto, milioni di capi di carne bianca, che tra l'altro è la più usata dai consumatori, ultimamente. Quindi, produciamo anche una ricchezza importante per la nostra regione.
Se vi recate sul posto, intanto non vi lasciano entrare. Bisogna indossare uno scafandro e gli stivali, per una questione di sicurezza, per non contrarre malattie come l'aviaria, la peste suina, eccetera. Se andate a vedere, ormai quasi tutti gli allevamenti non sono più in batteria, come una volta, ma sono a terra: li vedrete liberi e numerosi, perché bisogna contenerli in queste strutture, curati, alimentati, eccetera. Quindi, di cosa stiamo parlando?
Il compito degli allevatori e degli agricoltori è dare da mangiare a milioni di bocche umane. Stiamo parlando soprattutto di una categoria che va difesa e va aiutata, non certo attraverso risoluzioni di questo tipo, che mettono in pericolo o mettono sempre il punto di domanda sull'attività dei nostri allevatori e dei nostri agricoltori. Va difesa con strumenti che aiutino, che programmino e, naturalmente, che diano sicurezza a tutte queste filiere.
Del resto, il mondo che ci guarda e che consuma i nostri prodotti non ha bisogno di risoluzioni di questo tipo. Ha bisogno che la Regione, soprattutto la nostra Regione, difenda queste filiere, questi allevatori. A questo mondo noi diamo da mangiare, quindi dobbiamo mandare segnali positivi, non certo segnali negativi legati a un ambientalismo di parte, sempre teso a mettere i puntini sulle "i", a puntare il dito verso queste categorie.
È ora di finirla di fare terrorismo ambientalista. È ora di aiutare i nostri agricoltori, i nostri allevatori.

PRESIDENTE

C'è un emendamento in fase di presentazione? Non è possibile farlo ai sensi dell'articolo 102?
L'emendamento è in fase di verifica del presentatore e poi deve essere caricato su Concilium, quindi ci vogliono almeno cinque minuti. Potremmo fare la Capigruppo nel frattempo.
Se aggiornate Concilium, vedrete l'emendamento caricato. Quindi, è visibile.
Emendamento n. M0001 presentato dal consigliere Masolo, premessa "X", dispositivo "X", modificativo, che prevede:
Dopo il penultimo punto della premessa è aggiunto il seguente punto:
"RILEVATO CHE:
- a ottobre 2023, il sondaggio speciale Eurobarometro (533) della Commissione Europea ha evidenziato che la protezione del benessere degli animali è essenziale per gli europei, infatti l'84% dei cittadini europei ritiene che nel proprio paese il benessere degli animali d'allevamento debba essere protetto meglio di quanto non lo sia attualmente; oltre il 90% degli europei ritiene che le pratiche agricole e di allevamento debbano soddisfare determinati requisiti etici di base;"
nel dispositivo, dopo le parole "Commissione Europea" sono inserite le seguenti parole "e al Parlamento Europeo".
Il collega Masolo lo ha già illustrato. Non so se vuol farlo di nuovo. Prego, lo illustri.

Renzo MASOLO (Europa Verde)

Ci tenevo a illustrarlo, anche alla luce degli interventi dei colleghi di maggioranza, perché mi stupiscono questi interventi. La risoluzione e l'emendamento in discussione non sono interventi ideologici, non hanno nulla di ideologico.

PRESIDENTE

Mi scusi, collega Masolo, si fermi. Lei ha già parlato in discussione generale, adesso deve illustrare l'emendamento. Se vuol dire altro, lo dirà in fase di dichiarazione di voto, non sicuramente adesso. È già intervenuto.

Renzo MASOLO (Europa Verde)

Va bene, Presidente.
L'emendamento alla risoluzione in esame propone di aggiungere il seguente punto: "Rilevato che: - a ottobre 2023, il sondaggio speciale Eurobarometro (533) della Commissione Europea ha evidenziato che la protezione del benessere degli animali è essenziale per gli europei, infatti l'84% dei cittadini europei ritiene che nel proprio Paese il benessere degli animali d'allevamento debba essere protetto meglio di quanto non lo sia attualmente; oltre il 90% degli europei – quindi, anche gli italiani – ritiene che le pratiche agricole e di allevamento debbano soddisfare determinati requisiti etici di base;".
Inoltre, propone di inserire nel dispositivo, dopo le parole "Commissione Europea", le seguenti parole: "e al Parlamento Europeo".
Grazie.

PRESIDENTE

L'emendamento è depositato.
Collega Zanoni, vuole intervenire sull'emendamento? Prego.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Credo che sia accoglibile da tutti questo emendamento del collega Masolo, perché fa in modo che il dispositivo si rivolga anche al Parlamento europeo. Come sappiamo tutti, ci sono state le elezioni, quindi il Parlamento si è rinnovato, pertanto è bene che questa informativa da parte della Regione, nel momento in cui l'approveremo, arrivi anche ai membri del Parlamento europeo, oltre che alla Commissione europea, che tra l'altro non è ancora stata del tutto definita ad oggi, ma sarà definita a breve, mentre come Parlamento ci siamo già da fine giugno, quindi già da fine giugno sappiamo a chi fare riferimento.
Credo, quindi, che non ci siano contrarietà ad accogliere un siffatto emendamento.

PRESIDENTE

Ci sono altri interventi sull'emendamento? Non ne vedo.
Metto in votazione l'emendamento n. M0001.
È aperta la votazione.
(Votazione elettronica)
Non avevo colto questa sfumatura, ma mi pare rappresenti fedelmente l'Aula. Il mondo al contrario è un'altra cosa. Non fa parte del nostro sistema informatico.
È chiusa la votazione.
Non esce l'esito, per cui andiamo a fiducia.
Il Consiglio non approva.
Siamo sulla risoluzione n. 103.
Ci sono interventi per dichiarazione di voto? Collega Zanoni, prego.

Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)

Devo ammettere che sono rimasto abbastanza perplesso dagli interventi dei colleghi Gerolimetto e Pan, perché è una risoluzione che punta al benessere animale. La stessa formulazione della risoluzione, riprendendo l'iniziativa dei cittadini, cita: "Il miglioramento del benessere degli animali si traduce nel miglioramento della salute degli animali e della qualità degli alimenti e in una minore necessità di medicinali, e può contribuire a preservare la biodiversità. Si tratta inoltre di un aspetto evidentemente desiderato dai cittadini."
Il collega Masolo ha ricordato anche la percentuale dei cittadini europei che sono a favore dell'eliminazione delle gabbie. Tra l'altro, abbiamo un Presidente di Regione che pochi giorni fa si è dichiarato animalista, prima di dire che la nutria distrugge gli argini. Comunque, ha detto che è un animalista. Quindi, la sorpresa sta in questo. Ma la vera sorpresa è sentire il collega Pan che dice che non ci sono più le batterie, ma gli animali sono allevati a terra. Allora, collega Pan, sottoscriva addirittura la risoluzione. La invito a sottoscrivere la nostra risoluzione a questo punto, perché noi, insieme naturalmente agli 1,4 milioni di cittadini europei, stiamo dicendo esattamente la stessa cosa: eliminiamo le gabbie, perché preferiamo che ci siano questi allevamenti a terra. Lei lo afferma, per cui non capisco la sua contrarietà.
Colleghi, gli allevamenti intensivi sono una brutta bestia per quanto riguarda la questione del contagio. Voi avete sentito, immagino, che recentemente ci sono stati casi di aviaria in un Comune qua vicino, a Mira, e che ci sono stati casi di peste suina un po' in tutto il Nord Italia, il che è dovuto soprattutto alla densità degli allevamenti. Difatti, si parla di allevamenti intensivi. Più gli allevamenti sono intensivi, più gli animali sono in contatto l'uno con l'altro, più è facile che prendano queste malattie. Conseguentemente, come ricordato anche dalla risoluzione, bisogna aumentare il numero e la quantità di somministrazione di antibiotici, medicinali e quant'altro.
Questa risoluzione va verso un futuro che preveda sostenibilità e maggiore salubrità anche dei cibi che arrivano nei piatti degli italiani e dei veneti, pertanto non si tratta di una posizione ideologica, ma si tratta di una sintesi di ciò che l'attuale mondo scientifico ci propone, ovvero sostenibilità anche negli allevamenti. Gli allevamenti intensivi, colleghi, non reggono e i soldi che ogni anno dobbiamo spendere per risarcire tutti questi allevamenti che si trovano a dover abbattere migliaia e migliaia di animali, come ben sappiamo, li versano i contribuenti. Questo, quindi, andrebbe a favore, oltre che della salute e del benessere animale, anche delle tasche dei cittadini contribuenti.

PRESIDENTE

Collega Masolo, prego, per dichiarazione di voto.

Renzo MASOLO (Europa Verde)

Io voterò sicuramente a favore di questa risoluzione, soprattutto in seguito alle dichiarazioni che voi stessi avete fatto. Non riesco proprio a capire. Queste sono barricate ideologiche, perché questo provvedimento è a favore prima di tutto degli allevatori. Togliere questa abitudine, che è controproducente sotto ogni punto di vista, di allevare un pollo, da carne o da uovo, su una superficie equivalente a un foglio A4, di allevare una scrofa per tutta la vita produttiva in una gabbia, dove sta per terra e spesso si ammala, per cui deve prendere un sacco di farmaci, va a vantaggio di chi? Degli allevatori, che possono così allevare gli animali in maniera più sana, utilizzare meno farmaci e fare una carne di maggiore qualità, magari da vendere a costi più alti, cosi da guadagnarci lo stesso anche allevando un numero minore di animali.
Nello stesso tempo – questa forse è la cosa più importante – mi viene da pensare che non abbiamo imparato nulla dalla pandemia. Le zoonosi si sviluppano proprio quando gli animali sono in grande densità di vita e hanno situazioni di salute precaria, perché i primi che si prendono le malattie sono proprio gli allevatori. Per questo mi stupisco dell'atteggiamento della maggioranza.
Voterò convintamente a favore della risoluzione.

PRESIDENTE

Collega Pan, prego, per dichiarazione di voto.

Giuseppe PAN (Liga Veneta per Salvini Premier)

Annunciando il voto contrario dei Gruppi di maggioranza, almeno i nostri, voglio solo ricordare ai colleghi che si strappano le vesti su questo tema da sempre che il nostro Paese è quello che ha la legislazione più stringente sul benessere animale rispetto a tutto il resto d'Europa. Se andate a vedere gli allevamenti europei – penso che a tal riguardo poi il collega Barbisan ci dirà qualcosa – in Romania, in Polonia, ma anche nella stessa Francia e nella stessa Germania, gli animali non sono tenuti bene come da noi. Chissà perché! Semplicemente perché da noi questo dibattito è già stato fatto più di qualche volta e ha portato a una filiera, a partire dagli allevatori per arrivare a tutto il mondo dell'agroindustria che dagli allevatori compra gli animali, li macella e li fa arrivare sulle nostre tavole, che sia super-controllata dal nostro sistema veterinario, che non ha eguali non solo nel resto d'Europa, ma forse addirittura nel mondo. Noi abbiamo un sistema di controllo, soprattutto per quanto riguarda le nostre DOP, che è una cosa veramente importante e grande.
Ricordo ancora, e concludo, per non tirare avanti visto che oggi è stata una giornata piuttosto lunga, cari colleghi Zanoni e Masolo, che chi porta l'aviaria nei nostri allevamenti, che sono sigillati, chi porta la peste suina nei nostri allevamenti, che sono sigillati, è la fauna selvatica che arriva dall'Europa e dal resto del mondo, sono gli uccelli migratori, sono le oche, sono le anitre.
Se bucolicamente mettessimo centinaia di migliaia di polli o di tacchini nei campi, all'aria aperta, sarebbe un disastro, perché è il contatto con questi animali che provoca queste pandemie. Quindi, la chiusura degli allevamenti, il sistema di controllo e le barriere sanitarie, che anche questa Regione ha fatto intorno agli allevamenti per diversi chilometri, sono l'unico sistema per difendere questi animali e per portare una carne sana e pulita all'interno delle filiere. Quindi, non diciamo stupidaggini.
Grazie.

PRESIDENTE

Collega Barbisan, prego, per dichiarazione di voto.

Fabiano BARBISAN (Gruppo Misto)

Grazie, Presidente.
Io voto contrario e intervengo brevemente per tentare di convincere i colleghi a fare altrettanto. L'Europa, matrigna dell'Italia, matrigna di noi italiani, ci vuole dare delle regole che gli altri Paesi d'Europa non rispettano, e sono tutelati. Perché in Ungheria e in Romania la carne di maiale è cotta? Perché non ci sono i salami? Perché non ci sono i prosciutti? Ditemi perché. Perché in Africa tutto viene bollito nel pentolone? Perché non si mangia la carne cruda?

PRESIDENTE

Silenzio, lasciate fare la dichiarazione di voto.

Fabiano BARBISAN (Gruppo Misto)

Perché, a causa dei parassiti presenti in quelle carni di animali che razzolano, per mangiarle bisogna trattarle in quella maniera: vanno cotte e stracotte. Tutto qua.
Noi dobbiamo essere consapevoli, ma l'Aula deve essere consapevole, perché poi andiamo fuori, che il problema poi ce lo portiamo. A terra cosa vuol dire? La salmonella delle uova come si trasmette? Io non sono un produttore di uova. Le uova, una volta deposte, vengono covate dalla gallina e se restano a contatto con quella particolare zona si sporcano di salmonella. Devono scivolare via. E mi fermo qua.
Io richiamo ancora una volta l'Aula a votare contro. Grazie.

PRESIDENTE

Grazie a lei.
Metto in votazione la risoluzione n. 103.
È aperta la votazione.
(Votazione elettronica)
È chiusa la votazione.
Il Consiglio non approva.
Colleghi Consiglieri, il collega Tomas Piccinini mi ha chiesto di rinviare la mozione n. 488. Penso che, sull'omogenitorialità, visto il clima che c'è in Aula, non sarebbe una discussione veloce. Sospendiamo qui la seduta.
Il Consiglio della settimana prossima si terrà martedì pomeriggio.
Convoco adesso la Capigruppo in Sala del Leone.
Grazie.
La Seduta termina alle ore 17.33
Il Consigliere segretario
Alessandra SPONDA

Il Presidente
Roberto CIAMBETTI

Resoconto stenotipico a cura di:
Cedat 85

Revisione e coordinamento testo a cura di:
Maria Concetta Miccoli

Elaborazione testo a cura di:
Maria Concetta Miccoli
Verbale n. 148 - 11^ legislatura
PROCESSO VERBALE
SEDUTA PUBBLICA N. 148
MARTEDì 15 OTTOBRE 2024


PRESIDENZA
PRESIDENTE ROBERTO CIAMBETTI
VICEPRESIDENTE ENOCH SORANZO
VICEPRESIDENTE FRANCESCA ZOTTIS

PROCESSO VERBALE REDATTO A CURA DELL'UFFICIO ATTIVITà ISTITUZIONALI

INDICE

Processo verbale della 148ª seduta pubblica – martedì 15 ottobre 2024
La seduta si svolge a Venezia in Palazzo Ferro-Fini, sede del Consiglio regionale, secondo le modalità ordinarie ed in conformità alla deliberazione dell'Ufficio di presidenza n. 31 del 30 maggio 2024.

I lavori si svolgono sulla base dell'ordine del giorno prot. n. 13811 del 10 ottobre 2024.

Il Presidente CIAMBETTI dichiara aperta la seduta alle ore 10.02.

Assume le funzioni di Consigliere segretario la consigliera Alessandra Sponda.

Punto n. 1) all'ordine del giorno

Approvazione verbali delle sedute precedenti


Il PRESIDENTE, poiché nessun consigliere chiede di fare osservazioni, dichiara che si intende approvato il processo verbale della 147a seduta pubblica di martedì 1° ottobre 2024.

Punto n. 2) all'ordine del giorno

Comunicazioni della Presidenza del Consiglio  [RESOCONTO]


Il PRESIDENTE comunica che sono in congedo i consiglieri Boron e Corsi; inoltre, la partecipazione da remoto è autorizzata ai sensi della deliberazione dell'Ufficio di presidenza n. 31 del 30 maggio 2024.

Punto n. 3) all'ordine del giorno

Interrogazioni e interpellanze


Ai sensi dell'art. 114, comma 3 del Regolamento l'elenco delle interrogazioni e delle interpellanze, allegato alla Convocazione, è dato per letto.

Punto 4) all'ordine del giorno

Interrogazioni a risposta scritta iscritte all'ordine del giorno ai sensi dell'articolo 111, comma 4 del Regolamento


Il PRESIDENTE, non essendoci argomenti per il punto in oggetto, passa al punto successivo e dà la parola al Presidente della Giunta regionale per informare il Consiglio sul percorso istituzionale relativo all'Autonomia differenziata previsto dalla legge 26 giugno 2024, n. 86.

Punto n. 5) all'ordine del giorno

Comunicazione del Presidente della Giunta regionale sul percorso istituzionale relativo all'Autonomia differenziata, ai sensi della legge 26 giugno 2024, n. 86 "Disposizioni per l'attuazione dell'Autonomia differenziata delle Regioni a Statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione".  [RESOCONTO]


Il Presidente della Giunta regionale Zaia (Liga Veneta per Salvini Premier) relaziona sul punto in oggetto.

Il PRESIDENTE dà inizio alla discussione generale secondo le modalità definite dall'art. 93 del Regolamento.

In discussione generale intervengono i consiglieri Camani (Partito Democratico Veneto), Valdegamberi (Gruppo Misto).

Durante l'intervento del consigliere Valdegamberi assume la presidenza il Vicepresidente Enoch Soranzo.

In discussione generale intervengono i consiglieri Villanova (Zaia Presidente), Baldin (Movimento 5 Stelle).

Durante l'intervento della consigliera Baldin assume la presidenza il Presidente Roberto Ciambetti.

In discussione generale intervengono i consiglieri Venturini (Forza Italia - Berlusconi - Autonomia per il Veneto), Montanariello (Partito Democratico Veneto), Zanoni (Partito Democratico Veneto), Pavanetto (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni), Bigon (Partito Democratico Veneto), Casali (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni), Zottis (Partito Democratico Veneto), Ostanel (Il Veneto che Vogliamo), Favero (Liga Veneta per Salvini Premier), Bozza (Forza Italia – Berlusconi – Autonomia per il Veneto), Soranzo (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni), Cestari (Liga Veneta per Salvini Premier), Masolo (Europa Verde), Pan (Liga Veneta per Salvini Premier) ed il Presidente della Giunta regionale Zaia (Liga Veneta per Salvini Premier).

La seduta è sospesa alle ore 14.12.

La seduta riprede alle ore 15.59.

Assume la presidenza la Vicepresidente Francesca Zottis.

In discussione generale intervengono i consiglieri Razzolini (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni), Scatto (Zaia Presidente), Formaggio (Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni).

Durante l'intervento del consigliere Formaggio assume la presidenza il Presidente Roberto Ciambetti.

In discussione generale intervengono i consiglieri Rigo (Liga Veneta per Salvini Premier), Giacomin (Zaia Presidente), Zecchinato (Zaia Presidente), Lorenzoni (Gruppo Misto), Barbisan (Gruppo Misto), Bet (Zaia Presidente), Dolfin (Liga Veneta per Salvini Premier).

La seduta è sospesa alle ore 16.46.

La seduta riprende alle ore 16.47.

Il consigliere Dolfin (Liga Veneta per Salvini Premier) prosegue il suo intervento.

Il PRESIDENTE formula un intervento conclusivo rispetto allo svolgimento del dibattito e chiude la discussione generale sul punto in argomento.

Il consigliere Masolo (Europa Verde) chiede di intervenire per fatto personale sull'intervento del Presidente della Giunta regionale Zaia e, con il consenso del Presidente, effettua l'intervento.

Punto n. 6) all'ordine del giorno

Elezione di un componente della Giunta per il Regolamento: un consigliere espresso dalle minoranze (articolo 19 comma 3 del Regolamento). APPROVATO (Deliberazione n. 75/2024)  [RESOCONTO]


Il PRESIDENTE espone il punto in oggetto ed illustra le modalità di votazione.

Interviene il consigliere Lorenzoni (Gruppo Misto) ,il quale indica a nome della minoranza la candidatura del consigliere Masolo.

Il PRESIDENTE pone in votazione col sistema elettronico in modalità telematica, a scrutinio segreto, l'elezione del punto in oggetto.

Il PRESIDENTE proclama il risultato della votazione.

Assegnati n. 51
Presenti n. 42
Votanti n. 42
Schede bianche n. 26

Hanno ottenuto voti:
Masolo Renzo n. 13
Montanariello Jonatan n. 2
Bigon Anna Maria n. 1

Risulta eletto:

Masolo Renzo quale componente della Giunta per il Regolamento.

Punto 7) all'ordine del giorno

Risoluzione presentata dai consiglieri Guarda, Lorenzoni e Zanoni relativa a ""End the cage age": sollecitare la Commissione europea all'adozione della proposta di revisione normativa in tema di benessere animale, nel rispetto dell'iniziativa dei cittadini europei, del programma di lavoro dell'ottobre 2023, del Green Deal europeo e della strategia Farm to Fork". (Risoluzione n. 103) RESPINTA  [RESOCONTO]


Interviene il consigliere Lorenzoni (Gruppo Misto) che illustra la risoluzione in oggetto.

In discussione generale intervengono i consiglieri Zanoni (Partito Democratico Veneto), Masolo (Europa Verde), Gerolimetto (Zaia Presidente) e Pan (Liga Veneta per Salvini Premier).

Il PRESIDENTE comunica il deposito dell'emendamento n. M1.

Sull'emendamento n. M1 intervengono i consiglieri Masolo (Europa Verde), che lo illustra, e Zanoni (Partito Democratico Veneto).

L'emendamento n. M1, posto in votazione col sistema elettronico in modalità telematica, è respinto.

In dichiarazione di voto intervengono i consiglieri Zanoni (Partito Democratico Veneto), Masolo (Europa Verde), Pan (Liga Veneta per Salvini Premier) e Barbisan (Gruppo Misto).

Il PRESIDENTE pone in votazione, col sistema elettronico in modalità telematica la risoluzione in oggetto.

Il Consiglio non approva

Il punto 8), all'ordine del giorno, mozione n. 488, è rinviato su richiesta del proponente consigliere Piccinini.

Il PRESIDENTE dichiara chiusa la seduta.

Il Consiglio regionale sarà convocato a domicilio.

La seduta termina alle ore 17.33.

Votazioni ai sensi dell'articolo 50 comma 4 dello Statuto.


Votazione aperta per il punto:
RISOLUZIONE n. 103 – EMENDAMENTO N. M1
Effettuata la votazione si hanno i seguenti risultati:
Consiglieri presenti: 40
Votanti: 40
Favorevoli: 9
Contrari: 31
Astenuti: 0
Non Votanti: 0
Quorum: Semplice 1/2 + 1
Esito: RESPINTA
Presenti:
Baldin Erika, Barbisan Fabiano, Bet Roberto, Bigon Annamaria, Bisaglia Simona, Bozza Alberto, Brescacin Sonia, Camani Vanessa, Cavinato Elisa, Cecchellero Andrea, Cecchetto Milena, Centenaro Giulio, Cestari Laura, Ciambetti Roberto, Dolfin Marco, Favero Marzio, Gerolimetto Nazzareno, Giacomin Stefano, Lorenzoni Arturo, Maino Silvia, Masolo Renzo, Michieletto Gabriele, Montanariello Jonatan, Ostanel Elena, Pan Giuseppe, Pavanetto Lucas, Possamai Gianpiero, Razzolini Tommaso, Rigo Filippo, Rizzotto Silvia, Scatto Francesca, Soranzo Enoch, Sponda Alessandra, Valdegamberi Stefano, Venturini Elisa, Vianello Roberta, Villanova Alberto, Zanoni Andrea, Zecchinato Marco, Zottis Francesca

Votanti:
Baldin Erika, Barbisan Fabiano, Bet Roberto, Bigon Annamaria, Bisaglia Simona, Bozza Alberto, Brescacin Sonia, Camani Vanessa, Cavinato Elisa, Cecchellero Andrea, Cecchetto Milena, Centenaro Giulio, Cestari Laura, Ciambetti Roberto, Dolfin Marco, Favero Marzio, Gerolimetto Nazzareno, Giacomin Stefano, Lorenzoni Arturo, Maino Silvia, Masolo Renzo, Michieletto Gabriele, Montanariello Jonatan, Ostanel Elena, Pan Giuseppe, Pavanetto Lucas, Possamai Gianpiero, Razzolini Tommaso, Rigo Filippo, Rizzotto Silvia, Scatto Francesca, Soranzo Enoch, Sponda Alessandra, Valdegamberi Stefano, Venturini Elisa, Vianello Roberta, Villanova Alberto, Zanoni Andrea, Zecchinato Marco, Zottis Francesca

Assenti:
Andreoli Marco, Boron Fabrizio, Casali Stefano, Cestaro Silvia, Corsi Enrico, Formaggio Joe, Luisetto Chiara, Piccinini Tomas, Puppato Giovanni, Sandonà Luciano, Zaia Luca

Non Votanti:
NESSUN NON VOTANTE

Favorevoli:
Baldin Erika, Bigon Annamaria, Camani Vanessa, Lorenzoni Arturo, Masolo Renzo, Montanariello Jonatan, Ostanel Elena, Zanoni Andrea, Zottis Francesca

Contrari:
Barbisan Fabiano, Bet Roberto, Bisaglia Simona, Bozza Alberto, Brescacin Sonia, Cavinato Elisa, Cecchellero Andrea, Cecchetto Milena, Centenaro Giulio, Cestari Laura, Ciambetti Roberto, Dolfin Marco, Favero Marzio, Gerolimetto Nazzareno, Giacomin Stefano, Maino Silvia, Michieletto Gabriele, Pan Giuseppe, Pavanetto Lucas, Possamai Gianpiero, Razzolini Tommaso, Rigo Filippo, Rizzotto Silvia, Scatto Francesca, Soranzo Enoch, Sponda Alessandra, Valdegamberi Stefano, Venturini Elisa, Vianello Roberta, Villanova Alberto, Zecchinato Marco

Astenuti:
NESSUN ASTENUTO
Votazione aperta per il punto:
RISOLUZIONE n. 103 - VOTAZIONE FINALE
Effettuata la votazione si hanno i seguenti risultati:
Consiglieri presenti: 40
Votanti: 40
Favorevoli: 9
Contrari: 31
Astenuti: 0
Non Votanti: 0
Quorum: Semplice 1/2 + 1
Esito: RESPINTA
Presenti:
Baldin Erika, Barbisan Fabiano, Bet Roberto, Bigon Annamaria, Bisaglia Simona, Bozza Alberto, Brescacin Sonia, Camani Vanessa, Cavinato Elisa, Cecchellero Andrea, Cecchetto Milena, Centenaro Giulio, Cestari Laura, Ciambetti Roberto, Favero Marzio, Gerolimetto Nazzareno, Giacomin Stefano, Lorenzoni Arturo, Maino Silvia, Masolo Renzo, Michieletto Gabriele, Montanariello Jonatan, Ostanel Elena, Pan Giuseppe, Pavanetto Lucas, Possamai Gianpiero, Razzolini Tommaso, Rigo Filippo, Rizzotto Silvia, Sandonà Luciano, Scatto Francesca, Soranzo Enoch, Sponda Alessandra, Valdegamberi Stefano, Venturini Elisa, Vianello Roberta, Villanova Alberto, Zanoni Andrea, Zecchinato Marco, Zottis Francesca

Votanti:
Baldin Erika, Barbisan Fabiano, Bet Roberto, Bigon Annamaria, Bisaglia Simona, Bozza Alberto, Brescacin Sonia, Camani Vanessa, Cavinato Elisa, Cecchellero Andrea, Cecchetto Milena, Centenaro Giulio, Cestari Laura, Ciambetti Roberto, Favero Marzio, Gerolimetto Nazzareno, Giacomin Stefano, Lorenzoni Arturo, Maino Silvia, Masolo Renzo, Michieletto Gabriele, Montanariello Jonatan, Ostanel Elena, Pan Giuseppe, Pavanetto Lucas, Possamai Gianpiero, Razzolini Tommaso, Rigo Filippo, Rizzotto Silvia, Sandonà Luciano, Scatto Francesca, Soranzo Enoch, Sponda Alessandra, Valdegamberi Stefano, Venturini Elisa, Vianello Roberta, Villanova Alberto, Zanoni Andrea, Zecchinato Marco, Zottis Francesca

Assenti:
Andreoli Marco, Boron Fabrizio, Casali Stefano, Cestaro Silvia, Corsi Enrico, Dolfin Marco, Formaggio Joe, Luisetto Chiara, Piccinini Tomas, Puppato Giovanni, Zaia Luca

Non Votanti:
NESSUN NON VOTANTE

Favorevoli:
Baldin Erika, Bigon Annamaria, Camani Vanessa, Lorenzoni Arturo, Masolo Renzo, Montanariello Jonatan, Ostanel Elena, Zanoni Andrea, Zottis Francesca

Contrari:
Barbisan Fabiano, Bet Roberto, Bisaglia Simona, Bozza Alberto, Brescacin Sonia, Cavinato Elisa, Cecchellero Andrea, Cecchetto Milena, Centenaro Giulio, Cestari Laura, Ciambetti Roberto, Favero Marzio, Gerolimetto Nazzareno, Giacomin Stefano, Maino Silvia, Michieletto Gabriele, Pan Giuseppe, Pavanetto Lucas, Possamai Gianpiero, Razzolini Tommaso, Rigo Filippo, Rizzotto Silvia, Sandonà Luciano, Scatto Francesca, Soranzo Enoch, Sponda Alessandra, Valdegamberi Stefano, Venturini Elisa, Vianello Roberta, Villanova Alberto, Zecchinato Marco

Astenuti:
NESSUN ASTENUTO

Consiglieri presenti o partecipanti in modalità telematica:
ANDREOLI Marco
MAINO Silvia
BALDIN Erika
MASOLO Renzo
BARBISAN Fabiano
MICHIELETTO Gabriele
BET Roberto
MONTANARIELLO Jonatan
BIGON Anna Maria
OSTANEL Elena
BISAGLIA Simona
PAN Giuseppe
BOZZA Alberto
PAVANETTO Lucas
BRESCACIN Sonia
PICCININI Tomas
CAMANI Vanessa
POSSAMAI Gianpiero
CASALI Stefano
RAZZOLINI Tommaso
CAVINATO Elisa
RIGO Filippo
CECCHELLERO Andrea
RIZZOTTO Silvia
CECCHETTO Milena
SANDONÀ Luciano
CENTENARO Giulio
SCATTO Francesca
CESTARI Laura
SORANZO Enoch
CESTARO Silvia
SPONDA Alessandra
CIAMBETTI Roberto
VALDEGAMBERI Stefano
DOLFIN Marco
VENTURINI Elisa
FAVERO Marzio
VIANELLO Roberta
FORMAGGIO Joe
VILLANOVA Alberto
GEROLIMETTO Nazzareno
ZAIA Luca
GIACOMIN Stefano
ZANONI Andrea
LORENZONI Arturo
ZECCHINATO Marco
LUISETTO Chiara
ZOTTIS Francesca





IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
f.to Alessandra SPONDA

IL PRESIDENTE
f.to Roberto CIAMBETTI
N.B. Gli emendamenti sono conservati nel sistema documentale del Consiglio regionale.
Le richieste di modifica delle votazioni diverse da quelle previste dall'articolo 89 del Regolamento sono menzionate nel Resoconto.

PROCESSO VERBALE
Redazione testo a cura di Paola Lombardo
Revisione testo a cura di Carla Combi e Alessandro Vian